• Non ci sono risultati.

I contorni incerti e instabili della nozione di atto irripetibile hanno fatto si che spesso tali categorie di atti venissero identificati con i c.d atti a sorpresa. Pur in assenza di una definizione della sorpresa, questa può senz’altro individuarsi come tratto tipico comune ai mezzi di ricerca della prova. Secondo una diffusa tesi proprio la caratteristica di tali operazioni renderebbe intercettazioni, perquisizioni e sequestri annoverabili tra gli atti irripetibili a norma dell’art. 431 c.p.p. e i relativi verbali includibili nel fascicolo per il dibattimento134.

Ad una riflessione più attenta si può cogliere come la categoria degli atti a sorpresa non può coincidere pienamente con quella degli atti irripetibili, i due concetti hanno infatti implicazioni diverse. Venendo al comune significato di “sorpresa”, così come è stato sottolineato dalla dottrina, essa evoca avvenimenti improvvisi e non previsti; sul piano processuale una tale accezione è rinvenibile nel compimento di atti non preceduti dall’avviso alla persona sottoposta alle indagini135.

133 Cfr. F. Cerquea, op. cit, pag. 1478. 134 Cfr. L. Suraci, op. cit, pag. 201. 135 Cfr. C. Cesari, op. cit, pag.31 e s.s.

48

Secondo tale ragionamento quindi perquisizioni, intercettazioni e sequestri, sono atti a sorpresa e non potrebbe essere diversamente perché “lo scopo di reperire elementi di prova sarebbe frustrato se delle relative operazioni venisse data notizia prima dell’esecuzione, consentendo all’interessato di alterare lo stato di luoghi o persone, occultare o modificare cose, controllare flussi di comunicazione”136.

Date tali premesse si evince come l’irripetibilità non costituisce una conseguenza della sorpresa “processuale” tanto che un atto potrebbe non essere dotato di entrambi gli elementi.

Se gli atti a sorpresa137 fossero sempre irripetibili verrebbe meno la funzione di irripetibilità perchè sarebbero inseribili nel fascicolo dibattimentale tutti quegli atti di indagini di cui l’indagato non sia avvisato (tra cui i verbali di sommarie informazioni), non potendosi invece parlare di atti a sorpresa e quindi irripetibili fino a quando il procedimento penale non sia soggettivamente orientato.138 Per controverso alcuni atti acquisirebbero carattere dell’irripetibilità senza valide ragioni a seconda del coinvolgimento della persona sottoposta alle indagini; un esempio sono i confronti che diventerebbero ripetibili se anticipati da avviso, irripetibili in caso contrario.

Utilizzare una definizione più ristretta di atto a sorpresa non risolverebbe il problema ad esempio ritenendo che siano tali solo gli atti di indagine che si concretino in operazioni svolte all’improvviso,

136 Per analoghe ragioni sono a sorpresa le operazioni di acquisizione ed apertura di

plichi e corrispondenza (art. 353 c.p.p.), accertamenti urgenti (art. 354 c.p.p.); ancora sono a sorpresa gli atti di cui l’indagato non è notiziato cioè quelli previsti dall’art. 364 c.p.p. per i quali non si impone l’obbligo di dare tempestivo avviso alla persona sottoposta alle indagini: le ordinanze applicative di misure cautelari, l’arresto, il fermo.

137 Cfr. L. Suraci, op. cit, pag. 202.

138 Sarebbe da escludere l’irripetibilità di atti come gli accertamenti distruttivi ex art.

117 disp. Att. c.p.p. dove oltre al preavviso si esplica il contraddittorio in sede di assunzione di atti che comunque non potrebbero essere ripetuti.

49

sfruttando il fattore sorpresa così da cogliere impreparato chiunque vi sia coinvolto.

Si può quindi concludere che tra sorpresa e irripetibilità ci sia un legame, ma la sorpresa può essere una delle ragioni che rendono l’atto irripetibile e non l’unica.

A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione139 la quale, nella sentenza richiamata, ha sottolineato come devono considerarsi ormai superate le teorie che, per giungere al concetto di atto irripetibile, lo hanno assimilato “all’atto a sorpresa”, pur senza indicare spiegazioni a sostegno di tale conclusione140.

Un’altra categoria di atti che deve essere distinta dagli atti irripetibili è rappresentata dagli atti indifferibili o non rinviabili.

Prima di analizzare tale distinzione è opportuno fare una premessa logica.

L’irripetibilità può riguardare un atto del procedimento già compiuto e in questo caso si parlerà di irripetibilità “effettiva” o “in concreto” perché, nel momento della valutazione giudiziale concernente l’irripetibilità l’atto è già esistente e connotato dall’impossibilità di reiterazione nel corso del procedimento141. Il

concretizzarsi del requisito dell’irripetibilità legittima l’utilizzo di un modello acquisitivo di informazioni utili per la decisione diverso e eccezionale rispetto a quello ordinario; si tratta di dare rilievo ad un atto già composto attraverso il meccanismo della “lettura”.

Maggiori incertezze si sono verificate circa la possibilità di effettuare la valutazione di irripetibilità di un atto non ancora compiuto, cioè l’interrogativo concerne la possibilità di configurare un’irripetibilità soltanto “potenziale” o in “astratto”. All’apparenza la

139 Cass. Pen., Sez. un., 18 dicembre 2006, n.41281. 140 Cfr. L. Suraci, op, cit, pag. 203.

50

risposta sembra senza dubbio negativa perché sembra essere necessaria l’esistenza materiale di un atto per poter parlare di irripetibilità.

Analizzando la tematica più dettagliatamente appare che tale conclusione sia viziata perché non ricomprende il rapporto che c’è tra il concetto di irripetibilità e quello, appunto diverso, di indifferibilità o non rinviabilità142.

Tra gli atti originariamente non ripetibili troviamo oltre agli atti in cui l’irripetibilità è data dall’impossibilità di compiere l’atto una seconda volta (i verbali di atti compiuti da p.g, p.m) gli atti non rinviabili a dibattimento (art. 392 comma 1c.p.p. e 360 commi 2 e 3 c.p.p.). Si tratta di atti, questi ultimi, la cui assunzione risulta urgente e indifferibile per il rischio di modificazione inevitabile della situazione di fatto oggetto della prova o di condizioni che possono incidere sull’acquisizione o sulla genuinità dell’esame dibattimentale del soggetto fonte di prova; in tali ipotesi si parla, almeno in astratto, di una irripetibilità assoluta per il presumibile sopravvenire di cause oggettive o soggettive tali da pregiudicare irrimediabilmente l’acquisizione o la genuinità dell’atto utilizzabile come prova ai fini del giudizio143.

Quindi, per maggior chiarezza concludiamo che la necessità di distinguere i due concetti (irripetibilità e indifferibilità o non rinviabilità) è stata sottolineata dalla dottrina la quale evidenzia che la “non ripetibilità” presuppone che l’atto non sia riproducibile come fenomeno o comunque perda la sua efficacia probatoria se differito nel tempo. La non rinviabilità della prova significa che essa è per natura ripetibile e conserva intatta nel tempo la sua valenza probatoria, ma fattori esterni quali il pericolo di dispersione o di inquinamento della prova stessa ne rendono problematica l’assunzione in dibattimento144.

142 Cfr.L. Suraci, op. cit, pag. 23. 143 Cfr. A. Bassi, op. cit, pag. 2112. 144 Cfr. L. Suraci, op. cit, pag. 23.

51

La non rinviabilità delinea una situazione di urgenza tale da rendere non differibile l’atto al dibattimento secondo una valutazione effettuata ex ante. Si può dedurre quindi una nozione di indifferibilità basata su un giudizio prognostico relativo alla probabilità che un mezzo di prova non sia più esperibile in fase dibattimentale e allora qui si rileva una irripetibilità in “astratto” o “potenziale”145.