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Sindrome di Takotsubo in corso di shock settico

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Sindrome di Takotsubo in corso di shock settico

Relatore:

Professor Francesco Forfori

Candidato:

Claudia Spadaccini

(2)
(3)

2

SOMMARIO

Introduzione ... 6

1

LA SEPSI ... 8

1.1 Definizione ... 8 1.2 Epidemiologia ... 11 1.3 Fisiopatologia ... 11

1.4 Diagnosi e SOFA score ... 12

2

LO SHOCK SETTICO ... 14

2.1 Definizione ... 14

2.2 Fisiopatologia ... 14

2.3 Trattamento della sepsi e dello shock settico ... 15

2.3.1 Initial Resuscitascion: supporto emodinamico ... 16

2.3.2 Diagnosi ... 16

2.3.3 Terapia antimicrobica ... 17

2.3.4 Controllo della fonte di infezione ... 18

2.3.5 Fluid Therapy... 18

2.3.6 Farmaci vasoattivi ... 18

2.3.7 Trasfusioni ... 20

2.3.8 Altri interventi terapeutici ... 20

3

LA SINDROME DI TAKOTSUBO ... 21

3.1 Definizione ... 21

3.2 Diagnosi: International Expert Consensus Document on Takotsubo Syndrome 22 3.2.1 Criteri diagnostici ... 22

3.2.2 Algoritmo diagnostico ... 23

(4)

3

3.2.4 ECG: diagnosi differenziale ... 25

3.2.5 Biomarkers ... 29

3.2.6 Imaging ... 30

3.3 Epidemiologia ... 34

3.4 Clinica ... 34

3.5 Classificazione ... 35

3.6 Stratificazione del rischio ... 36

3.6.1 Pazienti ad alto rischio ... 36

3.6.2 CHA2DS2VASC score e stratificazione del rischio ... 37

3.7 Trattamento ... 39

3.7.1 Trattamento preospedaliero ... 39

3.7.2 Trattamento nella fase acuta ... 39

3.7.3 Trattamento nel lungo termine ... 40

3.8 Gestione del paziente con TTS secondo le linee guida HFA-ESC ... 41

3.8.1 Pazienti a basso rischio ... 41

3.8.2 Pazienti ad alto rischio ... 41

3.8.3 Follow up ... 42

3.8.4 Ruolo del Levosimendan ... 43

3.9 Ipotesi patogenetiche ... 44

3.9.1 Attivazione del sistema nervoso simpatico ... 44

3.9.2 Aumento dei livelli circolanti di catecolamine ... 45

3.9.3 Ruolo della disfunzione endoteliale e della carenza di estrogeni ... 45

3.9.4 Disfunzione del ventricolo sinistro ... 46

3.9.5 Tossicità diretta delle catecolamine ... 46

3.9.6 Spasmo microvascolare ... 48

3.10 Fattori di rischio ... 48

(5)

4

3.10.2 Fattori genetici ... 48

3.10.3 Patologie neurologiche e psichiatriche ... 49

3.10.4 Altri possibili fattori di rischio ... 50

3.11 Fattori scatenanti ... 51

3.11.1 Fattori stressanti emotivi ... 51

3.11.2 Fattori stressanti fisici ... 52

4

LA SINDROME DI TAKOTSUBO IN CORSO DI SHOCK SETTICO ... 53

4.1 Epidemiologia ... 53

4.1.1 Differenze di genere ... 53

4.2 Meccanismo di correlazione ... 54

4.2.1 Sindrome di Takotsubo e sepsi ... 54

4.2.2 Reverse Takotsubo ... 56

4.2.3 Sindrome di Takotsubo e uso di catecolamine ... 57

4.2.4 Sindrome di Takotsubo nei pazienti ammessi in UTI ... 58

5

STUDIO CLINICO ... 61

5.1 Obiettivi ... 61

5.2 Materiali e metodi ... 61

5.2.1 Criteri di inclusione ... 61

5.2.2 Criteri di esclusione ... 61

5.2.3 Tabella utilizzata per la raccolta dati ... 64

5.3 Caso Clinico 1 ... 65

5.3.1 Anamnesi e motivo del ricovero... 65

5.3.2 Sintesi del decorso clinico e trattamento ... 65

5.3.3 Discussione ... 68

5.4 Caso clinico 2 ... 70

(6)

5

5.4.2 Sintesi del decorso clinico ... 70

5.4.3 Discussione ... 72

5.5 Caso Clinico 3 ... 73

5.5.1 Anamnesi e motivo del ricovero... 73

5.5.2 Sintesi del decorso clinico e Trattamento ... 73

5.5.3 Discussione ... 77

Conclusioni ... 80

Proposte per il futuro ... 81

Ringraziamenti ... 82

Appendice ... 83

(7)

6

INTRODUZIONE

La sepsi è una sindrome complessa, che altera profondamente l’omeostasi a livello sistemico, pertanto, non può essere inquadrata esclusivamente dal punto di vista infettivologico. Nella patogenesi è centrale il ruolo della risposta immunitaria, disregolata, che contribuisce al danno d’organo, il quale può manifestarsi in qualsiasi apparato o sistema1.

L’interessamento cardiovascolare è molto frequente e si traduce in alterazioni dei parametri emodinamici che possono portare a sospettare questa sindrome e guidare l’iter diagnostico2.

Le conseguenze cliniche possono molto gravi e raggiungono la loro massima espressione in corso di shock settico. Si esplicano sia a livello del circolo periferico, con l’incapacità di mantenere un adeguato tono vasomotorio e quindi con un calo delle resistenze periferiche, che a livello cardiaco, in termini di riduzione della portata3.

Il miocardio può essere interessato nella sua funzione contrattile e nella funzionalità elettrica. La cardiomiopatia da stress è stata oggetto di studio dapprima che venissero formulate le definizioni di sepsi e shock settico4,5, ma è solo in tempi recenti che si è scoperto

come l’interessamento del miocardio, in corso di sepsi, possa esplicarsi anche nella sindrome di Takotsubo, un’alterazione transitoria e completamente reversibile della contrattilità della parete del ventricolo sinistro che ha manifestazioni cliniche molto simile a quelle della sindrome coronarica acuta.

La sindrome di Takotsubo è stata descritta per la prima volta negli anni ’90 in Giappone6 ed

era considerata una patologia benigna, tipica delle donne in età post menopausale e causata da eventi stressanti emotivi. Negli anni diversi studi hanno avuto come oggetto questo argomento al fine di chiarirne i meccanismi patogenetici, che però rimangono tuttora non del tutto chiariti. Si è scoperto che la Sindrome di Takotsubo può anche essere secondaria ad eventi stressanti fisici di varia natura, accumunati dagli elevati livelli di catecolamine7.

Tra questi rientrano la sepsi ed in misura maggiore lo shock settico, condizioni nelle quali si hanno elevati livelli di catecolamine endogene ed esogene, somministrate a scopo terapeutico per sostenere il circolo; la tossicità da catecolamine potrebbe essere il fattore scatenante la sindrome, in una sottopopolazione di pazienti settici particolarmente suscettibili8.

(8)

7 Gli studi che hanno indagato la sindrome di Takotsubo nella popolazione di pazienti settici sono però in numero molto limitato. La reale incidenza è probabilmente sottostimata, i meccanismi di correlazione, i fattori di suscettibilità e di rischio ed i risvolti nella gestione terapeutica, rimangono da approfondire e sarebbero un interessante oggetto di studio.

(9)

8

1 LA SEPSI

1.1 Definizione

La prima definizione di sepsi è stata formulata nel 1992 durante la ACCP-SCCM Consensus Conference con la finalità di facilitarne il precoce riconoscimento al letto del malato ed il suo precoce trattamento, standardizzare i protocolli di ricerca rendendo possibile il confronto tra popolazioni omogenee di pazienti e la corretta esecuzione di studi clinici.

La sepsi viene definita come “risposta infiammatoria sistemica (SIRS) nei confronti di un’infezione”, intendendo con infezione un fenomeno microbico caratterizzato da una risposta di natura infiammatoria alla presenza di microorganismi o all’invasione microbica di tessuti normalmente sterili9.

La Consensus Conference proponeva inoltre una stratificazione del rischio definendo i concetti di sepsi grave e shock settico, ponendo l’accento sulla disfunzione d’organo e sull’ipotensione, processi che portano dal quadro di infezione e batteriemia, alla sepsi ed allo shock settico.

Batteriemia Presenza di batteri nel sangue, evidenziata da positività delle emoculture

SIRS Risposta infiammatoria sistemica ad una varietà di insulti clinici gravi che si manifesta con due o più delle seguenti condizioni:

• Temperatura corporea > 38°C oppure < 36°C • Frequenza cardiaca > 90 bpm

• Frequenza respiratoria > 20 atti respiratori al minuto o PaCO2< 32 mmHg

• Leucociti: leucocitosi > 12000/µL oppure leucopenia < 4000/µL oppure > 10% di forme immature

Sepsi SIRS con comprovata o sospetta infezione

Sepsi grave Sepsi associata ad uno o più segni di disfunzione d’organo, ipoperfusione o ipotensione. Le anomalie di perfusione possono includere, ma non sono limitate ad acidosi lattica, oliguria o alterazione acuta dello stato di coscienza

Shock settico Sepsi associata ad ipotensione nonostante un’adeguata ricostituzione del volume fluido circolante e ad anomalie di perfusione

(10)

9 A questa definizione vengono mosse delle critiche da diversi studiosi, in particolare per quanto riguarda il concetto di SIRS.10 le criticità si possono riassumere in tre principali punti

• I criteri di SIRS hanno una sensibilità tale da risultare positivi nel 90% dei pazienti ammessi nei reparti di terapia intensiva, ma la SIRS può essere causata anche da una serie di condizioni non infettive (traumi, pancreatite, ustioni, ischemia e riperfusione). Per cui se definiamo la sepsi come SIRS + infezione e teniamo conto del fatto che la maggior parte dei pazienti critici in acuto soddisfa i criteri SIRS, si arriva a far coincidere infezione e sepsi. Tutti i pazienti settici hanno un’infezione, ma non è vero il contrario. • Un certo grado di risposta dell’ospite è comunque inerente al processo infettivo e determina la differenza tra colonizzazione e infezione. Qualsiasi infezione, anche malattie virali di lieve entità, determina uno o più segni di SIRS; il realizzarsi di una risposta ha degli aspetti positivi: una reazione ridotta o assente può essere segno di immunodepressione.

• Non è chiaro il ruolo dell’infezione nel determinare la SIRS, infatti la risposta infiammatoria sistemica può essere presente anche in pazienti “sterili” e comunque nello stesso paziente spesso coesistono molti di questi fattori di stress

Nel 2001 una seconda Consensus Conference, riconoscendo i limiti della vecchia definizione e a alla luce delle nuove conoscenze fisiopatologiche accumulate dal 1992 in poi, formulò una nuova definizione di sepsi11:

“Presenza di infezione sospetta o documentata più almeno una delle seguenti alterazioni”: • Segni e sintomi generali

o Febbre (T corporea > 38,3°C) o Ipotermia (T corporea < 36°C) o Frequenza cardiaca > 90 bpm o Tachipnea

o Stato mentale alterato

o Edema significativo o bilancio dei fluidi positivo (> 20 ml/kg per più di 24 h) o Iperglicemia (glucosio plasmatico >120 mg/dL o >7mMol/L) in assenza di

diabete

(11)

10 o Leucocitosi (conta leucocitaria >12.000/µl)

o Leucopenia (conta leucocitaria <4.000/µl)

o Conta leucocitaria normale con >10% di forme immature o Proteina C-Reattiva >2 DS sopra il valore normale

o Procalcitonina >2 DS sopra il valore normale

Si mantiene il concetto di sepsi severa definita dalla presenza di sepsi e: • Alterazioni emodinamiche

o Ipotensione arteriosa (PAS <90 mmHg, MAP <70 mmHg o riduzione della PAS >40 mmHg)

o SvO2 >70%

o Indice cardiaco >3,5 l/min/m3 • Segni di disfunzione d’organo

o Ipossiemia arteriosa (PaO2 / FiO2 <300)

o Oliguria acuta (output urinario <0,5 ml/kg/h o 45mmol/l per almeno due ore) o Aumento della creatinina >0,5 mg/dl

o Anomalie della coagulazione (INR >1,5 o aPTT >60 s) o Ileo paralitico (assenza di borborigmi)

o Trombocitopenia (conta piastrinica <100.000/µL)

o Iperbilirubinemia (bilirubina plasmatica totale >4mg/dl o 70mmol/l • Segni di alterata perfusione tissutale

o Iperlattacidemia (>1 mmol/l)

o Tempo di riempimento capillare ridotto o presenza di marezzatura cutanea Lo shock settico venne definito come ipotensione refrattaria ad adeguato riempimento volemico o necessità di somministrazione di vasopressori per il mantenimento della pressione arteriosa media (MAP) superiore a 65 mmHg11.

Venne inoltre proposto il concetto di P.I.R.O. 11: (Predisposizione, Infezione; Risposta, Organ

Failure), uno score per fornire una sorta di stadiazione della sepsi, sull’esempio della TNM, ma che rimase poi scarsamente utilizzato nella pratica clinica.

(12)

11 La terza e più recente definizione internazionale della sepsi è stata formulata dalla Society for Critical Care Medicine insieme alla European Society of Intensive Care Medicine durante la Consensus Conference del 2016 e recita:

“Sepsis is defined as a life-threatening organ dysfunction caused by a disregulated host response to infection". 2

L’obiettivo della nuova definizione è quello di superare il concetto di sepsi come infezione associata a risposta infiammatoria sistemica e porre invece l’accento sul danno d’organo, pericoloso per la vita e sulla risposta immune disregolata dell’ospite, piuttosto che sull’infezione.

1.2 Epidemiologia

La sepsi rappresenta un importante problematica di salute pubblica a livello mondiale. L’incidenza dei casi riportati di sepsi è in aumento12 sia a causa dell’invecchiamento della

popolazione, con più comorbidità, che per il miglioramento delle capacità diagnostiche13.

Nonostante l’esatta incidenza non sia nota, le stime confermano che la sepsi è una delle principali cause di mortalità e morbilità a livello mondiale14. La sepsi severa rappresenta il

10-14% degli accessi in ICU nel mondo Occidentale. 15

Contestualmente sta emergendo la consapevolezza che i pazienti che sopravvivono alla sepsi sviluppano, nel lungo termine, disabilità da un punto di vista fisico, psicologico e cognitivo, con significative implicazioni di tipo socio sanitario16.

1.3 Fisiopatologia

Il concetto che l’elevata mortalità della sepsi sia da attribuire ad un’incontrollata risposta infiammatoria dell’ospite è stato recentemente messo in crisi. È ormai ampiamente accettato che la risposta dell’ospite alla sepsi coinvolga numerosi processi concomitanti, e spesso antagonisti, che determinano sia una risposta pro infiammatoria, sia immunosoppressione; tali processi sono volti all’eliminazione del patogeno, ma sono anche responsabili del danno d’organo. I patogeni e i meccanismi della risposta immune dell’ospite interagiscono in modo complesso e dinamico nel corso del processo infettivo ed è il risultato di quest’interazione a determinare l’outcome dell’ospite.1 Uno dei pathway della risposta immunitaria che si

(13)

12 verificano in risposta all’infezione si attiva quando antigeni microbici altamente conservati sono riconosciuti da recettori, come il Toll Like Receptor, esposti sulla membrana delle cellule dell’immunità innata17. Questa interazione innesca il rilascio di mediatori pro- e

antinfiammatori, attraverso l’attivazione dell’NF-KB e dei neutrofili18. Le citochine, come il

TNFα, le interleuchine 1, 6 e 8 causano l’adesione dei neutrofili all’endotelio, attivano il complemento e la cascata della coagulazione, portando alla formazione di microtrombi18.

I pazienti che sviluppano shock settico, grazie al miglioramento del supporto delle funzioni vitali, spesso recuperano, almeno parzialmente, dall’infezione che ha inizialmente precipitato le loro condizioni cliniche, ma frequentemente non sopravvivono alle successive infezioni, in particolare se acquisite in ambito ospedaliero o hanno la riattivazione di infezioni virali latenti. Le vie di segnalazione dell’IL7 e di PD-1 (Programmed Cell Death Protein 1) sembrano essere responsabili dell’inibizione della risposta adattativa mediata dai linfociti T che segue l’episodio settico. Studi recenti stanno mettendo in luce l’importanza della disfunzione del microcircolo, la quale è associata a peggior outcome19.

1.4 Diagnosi e SOFA score

Il concetto di disfunzione d’organo diviene centrale nella nuova definizione di sepsi e lo score utilizzato per quantificarlo è il SOFA - Sepsis-Related Organ Failure Assessment score-.

Si parla di disfunzione d’organo quando si ha un cambiamento acuto del punteggio SOFA maggiore di due rispetto al basale del soggetto. Se non si fosse a conoscenza dello score basale del soggetto, questo dovrebbe essere considerato uguale a zero.

Altra innovazione delle linee guida Sepsi 3 è l’introduzione di un test precoce (quick SOFA score) che può essere applicato anche in ambito non intensivo e che correla direttamente con la mortalità del soggetto. Il qSOFA tiene conto dei seguenti criteri:

• Alterazioni dello stato mentale (GCS) • FR ≥ 22 apm (tachipnea)

• PAS < 100 mmHg (ipotensione)

Il test è positivo se sono presenti almeno due criteri su tre; in questo caso si può passare alla valutazione del SOFA e se si riscontra una variazione ≥ 2 rispetto al basale si può parlare di sepsi.

(14)

13 SOFA score 1 2 3 4 Respirazione PaO2/FiO2 SatO2/Fi O2 < 400 221-301 <300 142-220 <200 67-141 <100 <67 Coagulazione Piastrine mm3 <150000 <100000 <50000 <20000 Fegato Bilirubina (mg/dl) 1,2-1,9 2-5,9 6-11,9 >12 Cardiovascolare ipotensione MAP < 70 mmHg Dopamina >5 dobutamina Dopamina >5 Noradrenalina <0,1 Dopamina > 15 Noradreanlina >0,1 SNC Glasgow Coma Scale 13-14 10-12 6-9 <6 Rene Creatinina (mg/dl) O diuresi (ml/die) 1,2-1,9 2-3,4 3,4-4,9 <500 >5 < 200

MAP: pressione arteriosa media; SNC: sistema nervoso centrale; SatO2saturazione arteriosa periferica di ossigeno

a) Preferire rapporto PaO2/FiO2

b) Farmaci vasoattivi somministrati per almeno un’ora (dopamina o noradrenalina: µg/kg/min)

(15)

14

2 LO SHOCK SETTICO

2.1 Definizione

La prima definizione di shock settico risale al 1992 con l’American College of Chest Physicians/Society of Critical Care (ACCP/SCCM) Consensus Conference Committee Report che riportava: “Lo shock settico è una ipotensione indotta dalla sepsi persistente dopo adeguata rianimazione con fluidi (20-30ml /kg)”9.

La SCCM insieme alla European Society of Intensive Care Medicine (ESCIM), con la Consensus Conference del 2016 ha proposto la seguente definizione per lo shock settico:

“Lo shock settico è un sottoinsieme della sepsi, in cui le sottostanti anomalie circolatorie e metaboliche cellulari sono tali da aumentare la mortalità in maniera significativa”2.

In pratica, lo shock settico viene identificato nei pazienti in cui la sepsi si associa alla necessità di impiego di vasopressori per mantenere MAP ≥ 65 mmHg e a valori di lattato sierico ≥ 2 mmol/l.

2.2 Fisiopatologia

Lo shock settico rappresenta l’evoluzione più grave della sepsi, nella quale le alterazioni fisiopatologiche descritte in corso di sepsi si presentano in forma più severa e determinano un peggioramento dell’outcome del paziente ed un aumento della mortalità20.

La compromissione del circolo è sicuramente uno dei meccanismi cardine di questa patologia; lo shock è per definizione l’espressione clinica di un’insufficienza cardiocircolatoria a cui consegue un inadeguato utilizzo dell’ossigeno da parte delle cellule. Nuove tecniche di microscopia consentono di acquisire immagini real time del microcircolo. In corso di sepsi si osserva una riduzione della densità capillare ed una eterogeneità della vascolarizzazione, con aree ipoperfuse alternate, in un processo dinamico, ad aree perfuse normalmente21. Si verifica

ischemia tissutale per un mismatch tra la richiesta di ossigeno tissutale e la perfusione e si manifesta con aumento dei lattati e del NADH, produzione di ROS ed espressione di fattori indotti dall’ipossia.

Le alterazioni del microcircolo non sono le uniche a cui è imputabile lo shock settico; l’alterazione della funzione mitocondriale può portare ad un’insufficiente estrazione di

(16)

15 ossigeno nonostante un’adeguata perfusione, definita ipossia citopatica22. L’ipossia tissutale,

la disfunzione mitocondriale, l’apoptosi sono importanti mediatori del danno d’organo indotto dalla sepsi.

Un altro meccanismo chiave è la disfunzione endoteliale: in corso di sepsi l’endotelio è meno responsivo, sia ai fattori vasodilatatori che vasocostrittori e risulta alterata anche la comunicazione tra le cellule endoteliali stesse, che in condizioni fisiologiche contribuisce a regolare il microcircolo. La superfice endoteliale interagisce in modo anomalo con le cellule circolanti, probabilmente per un’alterazione del glicocalice che risulta meno espresso23. Ne

deriva una maggior permeabilità endoteliale, un aumento dell’adesione dei leucociti e piastrine e della diapedesi. Gli eritrociti presentano una ridotta deformabilità, un’alterata produzione di ossido nitrico e adesione all’endotelio.

I mediatori dell’infiammazioni sono implicati anche nella coagulopatia di frequente riscontro in corso di sepsi e le manifestazioni cliniche, se presenti, possono variare da tromboembolismo massivo a deposizione di fibrina nel letto capillare. Una delle più gravi complicazioni che si possono verificare è la coagulazione intravascolare dissemina, caratterizzata da fenomeni di trombosi microvascolare ed emorragia24.

2.3 Trattamento della sepsi e dello shock settico

Nel 2016 sono state elaborate nuove linee guida internazionali: “Surviving Sepsis Campaign: international Guidelines for Management of Sepsi and Septic Shock 2016”, in aggiornamento alle precedenti linee guida del 2012. 20

Sono state formulate da una Consensus Conference di 55 esperti internazionali e pubblicate dalla SCCM (Society of Critical Care Medicine) e dalla ESICM (European Society of Intensive Care Medicine) allo scopo di fornire indicazioni per la gestione clinica del paziente adulto con sepsi o shock settico.

Essendo la sepsi una patologia tempo dipendente, le misure terapeutiche dovrebbero essere applicate entro le prime 3-6 ore dal riconoscimento di una condizione di sepsi o shock settico così da ridurne la mortalità. Questa consapevolezza ha portato alla grande diffusione nella pratica clinica di semplice indicazioni di comportamento e, tra queste, sono particolarmente popolari quelle sotto il nome di “Sepsis Six” da attuarsi entro un’ora dalla prima valutazione del paziente:

(17)

16 • Misurare la diuresi • Misurare i lattati • Prelevare le emoculture • Somministrare ossigeno • Somministrare antibiotici • Somministrare liquidi

Le nuove linee guida internazionali propongono un approccio al paziente settico basato su alcuni punti fondamentali:

1. Precoce supporto emodinamico 2. Precoce screening e diagnosi di sepsi

3. Precoce terapia antibiotica, inizialmente empirica, poi basata sugli esami colturali 4. Riconoscimento precoce della sede di infezione, così da contenerla ove possibile 5. Prevenire eventuali sovra infezioni

2.3.1 Initial Resuscitascion: supporto emodinamico

La sepsi e lo shock settico sono emergenze mediche, perciò il trattamento e il supporto emodinamico devono iniziare immediatamente, con l’infusione IV di fluidi cristalloidi, almeno 30 ml/kg, entro le prime 3 ore. Successivamente la terapia deve essere guidata dal monitoraggio dei parametri emodinamici e sulla base del tipo di shock. Il target pressorio raccomandato è un valore di MAP di 65 mmHg nei pazienti con shock settico che richiedono farmaci vasopressori. Nei pazienti con elevazione dei valori di lattati, segno di ipoperfusione tissutale, l’obiettivo è la normalizzazione20.

2.3.2 Diagnosi

La diagnosi di infezione viene fatta con l’esecuzione di esami colturali microbiologici di routine (incluse le emoculture) da campioni biologici ottenuti possibilmente prima dell’inizio dell’antibioticoterapia. Gli esami colturali di routine includono sempre almeno due emoculture (batteri aerobi ed anaerobi) e campioni prelevati da tutti siti che sono potenzialmente fonte di infezione (sangue, liquido cerebrospinale, urine, ferite, secrezioni respiratorie o altri), basandosi sul sospetto clinico. Ottenere il campione prima dell’inizio della terapia aumenta la probabilità di identificare il patogeno, consentendo di impostare un’antibioticoterapia mirata e un precoce decalage, con minor antibiotico resistenza, minor

(18)

17 costi e minori effetti collaterali per il paziente. Tuttavia, bisogna sempre tenere conto del rischio che può derivare dal ritardare l’inizio della terapia in un paziente criticamente malato e a rischio di morte, nel quale si dovrebbe optare per una terapia antibiotica empirica prima di effettuare i prelievi.

2.3.3 Terapia antimicrobica

La terapia antimicrobica empirica ad ampio spettro è impostata in modo tale da avere una copertura nei confronti di tutti i più probabili patogeni (batteri, ma anche miceti e virus, se esiste il sospetto clinico). La scelta dipende da diversi fattori correlati con la storia del paziente, con la sua condizione clinica e da fattori epidemiologici locali.

Si può poi ridurre lo spettro d’azione della terapia con l’identificazione del patogeno e stabilita la antibioticosensibilità e/o dopo un miglioramento delle condizioni cliniche.

Patogeni atipici dovrebbero essere presi in considerazione in particolari categorie di pazienti (pazienti neutropenici, infezioni nosocomiali, pazienti critici).

Terapia antibiotica empirica ad ampio spettro carbapenemi ad ampio spettro meropenem, imipemen/cilastatina o doripemen) o

penicilline a spettro esteso (piperacillina/tazobactam, ticarcillina/clavulanato)

+ cefalosporine di terza/quarta generazione

Sospetto di infezione da Pseudomonas Aeruginosa carbossipenicilline, ureidopenicilline

Sospetto di infezione da MRSA Aggiungere vancomicina o teicoplanina

Sospetto di infezione da Legionella Aggiungere macrolide o fluorichinolone

Sospetto di infezione da Candida Triazoli o echinocandine o anfotericina B

Diversi approcci possono guidare la de-escaltaion della terapia antibiotica: • Miglioramento clinico

• Risoluzione dell’infezione confermata dai biomarkers, soprattutto la procalcitonina. • Impostazione di tempi predefiniti per la terapia antibiotica (7-10 giorni, secondo studi

(19)

18

2.3.4 Controllo della fonte di infezione

L’individuazione della fonte infettiva consente di attuare manovre volte all’interruzione della diffusione dei patogeni come il drenaggio di ascessi, debridement di tessuto necrotico, rimozione di dispositivi infetti.

2.3.5 Fluid Therapy

La terapia con liquidi - fluids challange- va continuata fino al miglioramento dei parametri emodinamici. I cristalloidi sono i liquidi di prima scelta per il supporto emodinamico iniziale ed il rimpiazzo volemico. Al momento non si hanno dati che supportino il vantaggio della somministrazione di colloidi rispetto ai cristalloidi e, tenendo anche conto dei costi dell’albumina, è preferibile preferire questi ultimi. Non c’è una soluzione cristalloide migliore rispetto alle altre perché non sono ancora stati fatti studi di confronto tra soluzione salina fisiologica e ringer lattato in gruppi di pazienti settici 20.

2.3.6 Farmaci vasoattivi

Per definizione i pazienti in shock settico non sono in grado di mantenere una pressione arteriosa media maggiore di 65 mmHg con la sola somministrazione di fluidi, per questo necessitano la somministrazione di farmaci vasoattivi. Questi farmaci sono necessari per il mantenimento di un’adeguata perfusione, soprattutto a livello dei distretti critici, dal momento che al disotto di una MAP di 65 mmHg sono persi i meccanismi di autoregolazione e la perfusione diventa strettamente dipendente dalla pressione. I vasopressori devono essere titolati per raggiungere il target pressorio, tenendo conto delle caratteristiche del paziente; infatti pazienti giovani e sani possono tollerare valori di MAP inferiori, mentre pazienti anziani, ipertesi ed aterosclerotici possono richiedere un valore maggiore per garantire un’adeguata perfusione.

La noradrenalina è il farmaco vasopressore di prima scelta. Ad essa possono essere aggiunte la vasopressina (fino a 0,03 U/min) o l’adrenalina per raggiungere la MAP target o per ridurre il dosaggio di noradrenalina20. La noradrenalina aumenta la MAP grazie al suo effetto di

vasocostrittore, con un ridotto aumento della frequenza cardiaca e dell’output cardiaco rispetto alla dopamina. La dopamina aumenta la MAP principalmente con un meccanismo legato all’aumento dello stroke volume e della frequenza cardiaca. La noradrenalina è più potente della dopamina ed efficace nel trattamento dell’ipotensione nel paziente settico, ed

(20)

19 è associata a minor mortalità ed aritmie. La dopamina, invece, è più utile nei pazienti con una compromissione della funzione sistolica, ma è anche proaritmogena e causa più spesso tachicardia25. Sembrerebbe inoltre interferire con l’asse ipotalamo ipofisi ed avere un effetto

immunosoppressivo26. La dopamina può essere un vasopressore alternativo alla

noradrenalina, solo in gruppo molto selezionati di pazienti, con basso rischio di tachiaritmia o bradicardia. Basse dosi di dopamina non sono indicate per la protezione renale20.

Confrontando invece la noradrenalina con l’adrenalina, non sono dimostrate differenze nella mortalità ma quest’ultima è associata a maggiori effetti avversi27.

Anche la vasopressina può essere efficace nell’aumentare la pressione, soprattutto in quei pazienti che risultano “refrattari” ad altri inotropi. È stato dimostrato che nel paziente settico c’è un deficit relativo dell’ormone28.

Oltre ai farmaci vasopressori, in corso di shock settico può essere necessario l’utilizzo di farmaci inotropi per sostenere il circolo e mantenere un’adeguata funzione ventricolare. Nei pazienti che continuino ad essere ipotesi, nonostante la terapia con liquidi e la somministrazione di vasopressori, si può aggiungere la dobutamina alla terapia (fino a 20µg/kg), soprattutto in caso di aumento delle pressioni di riempimento o di riduzione dell’output cardiaco. È inoltre raccomandato in caso di segni di ipoperfusione, nonostante il raggiungimento di un adeguata volemia e un’adeguata pressione arteriosa media. Nei pazienti che fanno terapia con farmaci vasopressore si dovrebbe posizionare un catetere arterioso, per un monitoraggio continuo della pressione20.

Nonostante non si abbiano ancora molti studi, in alcuni casi possono essere presi in considerazione farmaci inotropi alternativi, come il levosimendan e milrinone. Il milrinone è un inibitore delle fosfodiesterasi che aumenta i livelli di cAMP a livello intracellulare ed ha un effetto inotropo indipendente dalla stimolazione beta adrenergica. Il levosimendan aumenta la sensibilità al calcio dei miociti ed apre i canali del potassio ATP dipendenti, con effetto inotropo e vasodilatatore. Considerando il ruolo dell’alterazione del metabolismo del calcio nel determinare cardiodepressione in corso di shock settico questo tipo farmaco può essere efficace29.

(21)

20

2.3.7 Trasfusioni

Nonostante la concentrazione ottimale di emoglobina, nello shock settico, non sia stata studiata in modo specifico, gli studi relativi al supporto trasfusionale nel paziente critico non dimostrano differenze di mortalità tra pazienti mantenuti a valori di 7-9 g/dL di emoglobina e pazienti con 10-12 g/dL. Le linee guida internazionali consigliano oggi di trattare con emotrasfusione il paziente settico che, anche come conseguenza di abbondante infusione di cristalloidi, abbia valori di emoglobina < 7 mg/dL20.

2.3.8 Altri interventi terapeutici

Numerosi altri interventi terapeutici possono essere messi in atto nel paziente settico, considerando l’evoluzione del quadro clinico e delle diverse possibili manifestazioni di insufficienza d’organo. Tra questi: trattamento steroideo, controllo della glicemia, supporto ventilatorio, dialisi, adeguata nutrizione, la profilassi della trombosi venosa profonda e dell’ulcera da stress20.

(22)

21

3 LA SINDROME DI TAKOTSUBO

3.1 Definizione

La cardiomiopatia di “Takotsubo” è stata descritta per la prima volta in Giappone nel 1990 da Sato. Il suo collega Dote nel 1991 la chiamò Takotsubo per la forma assunta dal ventricolo sinistro interessato da questa condizione che ricorda quella di uno strumento utilizzato per la pesca dei polpi, con la base rotonda e il collo stretto (fig. 1).

La sindrome di Takotsubo viene anche chiamata “transient apical ballooning”, “sindrome del cuore infranto” e cardiomiopatia da stress. 30

Figura 1: a sinistra la storica trappola giapponese per polpi. Ventricolografia del primo caso riportato di sindrome di Takotsubo. Diastole (A) e sistole (B) durante la fase acuta. Due settimane dopo l’evento acuto si osserva il ripristino della normale cinetica ventricolare (C e D). Immagine da “International Expert Consensus Document on Takotsubo Syndrome (Part I): Clinical Characteristics, Diagnostic Criteria, and Pathophysiology”; European Heart Journal (2018)

È opportuno parlare di “sindrome” perché non è identificabile una forma paradigmatica ma piuttosto un fenotipo clinico comune nel quale convergono molteplici processi fisiopatologici; è invece scorretto parlare di “cardiomiopatia” in quanto

1. Si ha “restitutio ad integrum” del miocardio disfunzionante nella fase acuta con il conseguente recupero della funzione contrattile a distanza, nonché, una volta superata la fase acuta, la prognosi favorevole a distanza;

2. Le evidenze fisiopatologiche sono più a favore di una disfunzione del microcircolo coronarico, attraverso vari meccanismi aventi in comune un aumento di attività delle

(23)

22 catecolamine, che a favore di una malattia primitiva del muscolo cardiaco, associata a disordini primitivi del miocardio, di origine genetica o sconosciuta. 31

Sebbene non sia propriamente una patologia “di genere”, la TTS si manifesta nel 90% dei casi in individui di sesso femminile, soprattutto in età post menopausale, ma anche in età fertile.

Un tempo si tendeva a confrontare questa patologia alle sindromi coronariche, ma dagli studi più recenti emerge che è più appropriato in confronto con l’insufficienza cardiaca acuta, in considerazione del fatto che la sua complicanza più comune è l’edema polmonare acuto in presenza di stunning del miocardio di probabile origine catecolaminergica. 32

3.2 Diagnosi: International Expert Consensus Document on Takotsubo Syndrome

La Consensus Conference di esperti internazionali tenutasi nel 2018 si è focalizzata sull’iter diagnostico, la gestione terapeutica e l’outcome della Sindrome di Takotsubo33.

3.2.1 Criteri diagnostici

1. Il paziente manifesta una transitoria disfunzione del ventricolo sinistro (ipocinesia, discinesia, acinesia) e mostra uno dei diversi pattern di alterazione (fig. 2): apical ballooning, medioventricolare, basale, alterazioni focali della motilità di parete. Oltre a queste alterazioni regionali della motilità di parete, possono essere descritti pattern intermedi tra i vari fenotipi. Le alterazioni regionali della motilità di parete di solito si estendono oltre il territorio di irrorazione di un singolo vaso epicardico; possono comunque esistere dei casi in cui l’anomalia della cinetica regionale di parete si estenda nel territorio di un singolo vaso coronarico (forme focali).

2. Un fattore scatenante fisico, emotivo o misto può precedere la sindrome di Takotsubo, ma non è obbligatorio

3. Patologie neurologiche (emorragia subaracnoidea, stroke ischemico, TIA, epilessia) o feocromocitoma possono essere fattori scatenanti della sindrome

4. Anomalie elettrocardiografiche di nuovo riscontro (sovraslivellamento del tratto ST, sottoslivellamento del tratto ST, allungamento del QT, onde T invertite); possono esistere rari casi senza alterazioni elettrocardiografiche

5. I livelli dei biomarcatori di danno cardiaco (troponina creatin chinasi) sono moderatamente aumentati; è frequente un aumento significativo del BNP

(24)

23 6. La presenza di malattia coronarica non è una controindicazione alla diagnosi di

Takotsubo

7. Nessuna evidenza di miocardite

8. Le donne in post menopausa sono la categoria più frequentemente affetta

Figura 2: i quattro diversi tipi di sindrome di Takotsubo durante la diastole (colonna di sinistra) e durante la sistole (colonna di mezzo). Nella colonna di destra la diastole è rappresentata in rosso e la sistole in bianco. Immagine da “International Expert Consensus Document on Takotsubo Syndrome (Part I): Clinical Characteristics, Diagnostic Criteria, and Pathophysiology”; European Heart Journal (2018)

3.2.2 Algoritmo diagnostico

Il comitato di esperti ha proposto un nuovo algoritmo diagnostico per i pazienti con dolore toracico e/o dispnea.

(25)

24 • I pazienti che presentano un sovraslivellamento del tratto ST dovrebbero effettuare una coronarografia d’urgenza, che comprenda anche la ventricolografia per escludere l’infarto del miocardio.

• Per i pazienti che non presentano il sovraslivellamento del tratto ST, si dovrebbe prendere in considerazione l’“InterTak Diagnostic Score”.

o Un punteggio ≤ 70 suggerisce una probabilità clinica di sindrome di Takotsubo medio- bassa. Questi pazienti dovrebbero essere sottoposti a coronarografia che comprenda ventricolografia sinistra

o Un punteggio ≥ 70 suggerisce un’alta probabilità clinica di Sindrome di Takotsubo. In questi pazienti dovrebbe essere considerata l’ecografia transtoracica.

▪ Nel caso in cui non si riscontri un pattern con “ballooning” circonferenziale all’eco si dovrebbe effettuare la coronarografia. ▪ Nel caso in cui si evidenzi un pattern di “ballooning circonferenziale”

• Nei pazienti emodinamicamente stabili l’angioTC coronarica può essere utilizzata per escludere definitivamente la malattia coronarica

• Nei pazienti emodinamicamente instabili sono indicate ecografia transtoracica e coronarografia per escludere con sicurezza l’ischemia acuta del miocardio ed evidenziare complicanze tipiche della TTS come l’ostruzione al cono di efflusso del ventricolo sinistro (LVOTO).

▪ Nei pazienti con coronarie indenni alla coronarografia e/o all’angioTC, che presentino il tipico “ballooning” circonferenziale e che non abbiano le “red flags” tipiche dell’endocardite infettiva, la diagnosi di sindrome di Takotsubo è al più probabile e può essere confermata con il follow up ecocardiografico.

▪ Nei pazienti con “red flags” della miocardite infettiva, dovrebbe essere effettuata una risonanza magnetica cardiaca per confermare la diagnosi

• Segni e sintomi di infezione virale • Aumento della VES o della PCR • Versamento pericardico

(26)

25

3.2.3 InterTak Diagnostic Score

L’InterTak Diagnostic score è stato sviluppato dall’ "International Takotsubo Registry” per fornire ai clinici uno strumento per stimare la probabilità clinica di sindrome di Takotsubo basandosi sulle caratteristiche cliniche e sull’ECG. Sono presi in considerazione sette parametri, ai quali viene assegnato un punteggio in base alla loro importanza diagnostica, fino ad un totale massimo di 100 punti. Tutti i parametri possono essere facilmente ottenuti in pronto soccorso e non richiedono di effettuare esami di imaging33.

Intertak Diagnostic Score

Sesso Femminile 25 pt

Stress emotivo 24 pt

Stress fisico 13 pt

Assenza di sottoslivellamento del tratto ST 12 pt

Malattie psichiatriche 11 pt Malattie neurologiche 9 pt Allungamento del QTc 6 pt • 30 pt: probabilità < 1% • 50 pt: probabilità = 18% • ≥70 pt: probabilità > 90%

3.2.4 ECG: diagnosi differenziale

Attualmente non si hanno a disposizione criteri elettrocardiografici affidabili ed universalmente accettati che consentano la diagnosi differenziale tra sindrome di Takotsubo e sindrome coronarica acuta e l’unico esame in grado di distinguere le due condizioni con una buona sicurezza è la coronarografia34. Le ragioni per cui un esame così ampiamente diffuso

non sia in grado di fornire un supporto adeguato alla diagnosi sono diverse. Non è stato ancora trovato un trattamento ottimale per questa condizione, molti medici nella pratica clinica somministrano terapia antiaggregante e anticoagulante come se si trattasse di infarto del miocardio, una diagnosi precoce di TTS non cambierebbe di molto l’approccio farmacologico. Inoltre, e forse questa è la ragione principale, sempre maggiori evidenze suggeriscono che l’ECG in corso di Takotsubo possa variare ampiamente, a seconda delle caratteristiche del paziente, del tipo di anomalia ventricolare e presentare diversi pattern di evoluzione nel

(27)

26 tempo (fig. 3), con delle modifiche che possono permanere anche mesi dopo l’evento acuto34.

Diversi studi hanno messo in luce alterazioni specifiche delle varie fasi.

Tratto PR

Il sottoslivellamento del tratto PR è dei marker elettrocardiografici tipici della fase acuta della pericardite, ma è anche riscontrato in circa 2/3 dei pazienti con TTS (fig. 3a) 35. Di questi

pazienti solo il 19% mostra segni di pericardite alla risonanza magnetica. Il rapido aumento delle catecolamine, nella fase acuta, potrebbe influenzare negativamente la ripolarizzazione atriale e il segmento PR nello stesso modo in cui sono coinvolti la ripolarizzazione ventricolare e il segmento ST35.

Il complesso QRS

Studi recenti enfatizzano come bassi voltaggi del QRS (LQRSV) e attenuazione dell’ampiezza (AAQRS) siano marker di Sindrome di Takotsubo, in particolare con una specifica distribuzione nelle derivate inferiore anteriore e laterale nel 93% dei casi36. Il riscontro di queste alterazioni

può essere utile nella fase di valutazione iniziale, insieme all’ecografia e alla coronarografia. Sono riconoscibili due diverse fasi di modificazione del QRS37:

• Riduzione dell’ampiezza del QRS

• Recupero dell’ampiezza del QRS, in associazione con la riduzione dei marker di danno cardiaco e con il recupero della funzione ventricolare sinistra.

Onda J

Le onde J di Osborn sono deflessioni positive che avvengono nella giunzione tra il complesso QRS e il segmento ST, dove il punto S, anche conosciuto come punto J, ha un'elevazione simile a quella dell'infarto miocardico acuto (fig. 3b). Esperimenti su animali hanno dimostrato che le onde J sono il risultato di un gradiente transmurale di voltaggio tra epicardio ed endocardio.

L’onda J è stata descritta come un marker molto precoce di TTS in circa 1/3 dei casi e sembra essere correlata alla vulnerabilità del ventricolo alle aritmie. La sua presenza è transitoria e regredisce nelle prime ore, lasciando spazio all’elevazione del tratto ST. per questo motivo l’onda J può essere considerata un marker “iperacuto” di Sindrome di Takotsubo ed essere un ausilio nella diagnosi differenziale con la sindrome coronarica acuta.

(28)

27

Onda Q

L’onda Q, detta anche Q “di necrosi” è tradizionalmente considerata come secondaria alla necrosi del miocardio che si verifica in corso di infarto, ed è stata esclusa come caratteristica della sindrome di Takotsubo, che è per definizione una patologia transitoria che non lascia sequele nel miocardio affetto. Tuttavia, uno studio giapponese38 ha riportato una prevalenza

del 27%, al momento della presentazione, nei pazienti con TTS (fig. 3c). Pur essendo rare, le onde Q sono descritte e sono più frequentemente localizzate nelle derivazioni da V1 a V4. Di solito scompaiono nella fase subacuta, a cui segue la ricomparsa dell’onda R, la normalizzazione dei voltaggi del QRS e la risoluzione dell’edema dimostrato alla risonanza magnetica cardiaca39. Non si dovrebbe perciò escludere a sindrome di Takotsubo in un

paziente che presenti dolore toracico, segni e sintomi di TTS e onde Q, soprattutto se la presentazione è tipica ed entro le prime 24h dalla presentazione dei sintomi.

Il tratto ST

A causa dell’elevata prevalenza dell’elevazione del tratto ST al momento della presentazione dei sintomi, la Takotsubo è stata tradizionalmente comparata all’infarto del miocardio di tipo STEMI40. Infatti, l’ECG di questi pazienti “mima” un infarto transmurale

dovuto all’occlusione completa prossimale dell’arteria coronaria discendente anteriore sinistra con un’elevazione del tratto ST in V1-V440 (fig. 3d). L’evoluzione del tracciato è

dinamica, sono state individuate e descritte quattro diverse fasi41:

• Elevazione del tratto ST dopo l’inizio della sintomatologia

• Normalizzazione del tratto ST e prima comparsa delle onde T negative (giorni 1-3) • Transitoria normalizzazione dell’onda T (giorni 2-6)

• Sviluppo di onde T giganti

“The international Takotsubo Registry” (www.takotsubo-registry.com; ClinicalTrials.gov number NCT01947621) è il più ampio database internazionali relativo alla sindrome ed uno dei suoi punti di forza è la suddivisione in TTS con e senza elevazione del tratto ST, categorie che vengono rispettivamente confrontate con infarto STEMI e NSTEMI. Secondo gli autori di questo registro di dati l’elevazione del tratto ST in aVR e nelle derivazioni precordiali che esplorano la regione anteriore e apicale ha un’elevata specificità la TTS dallo STEMI.

(29)

28

L’onda T

L’inversione dell’onda T è l’anomalia di più frequente riscontro all’ammissione nei pazienti caucasici con sindrome di Takotsubo (nel 40% dei pazienti nelle prime 12 h dall’inizio dei sintomi), non necessariamente preceduta dall’elevazione del tratto ST42. l’inversione dell’onda

T nei pazienti con Sindrome di Takotsubo, coinvolge generalmente più derivazioni, più frequentemente V2-V6, meno frequentemente II, III, aVL e aVR43. L’inversione è in genere di

maggiore ampiezza rispetto a quanto si verifichi nei pazienti con infarto, in alcuni casi tanto da essere definite” onde T giganti”41 (vedi fig.3e); questo reperto, insieme alla depressione del

tratto ST, si ritrova anche durante l’emorragia intracranica, suggerendo ancora una volta il ruolo dell’iperattivazione simpatica nella patogenesi della sindrome.

• Una prima inversione si presenta dopo 24-72 h dalla presentazione dei sintomi • Parziale normalizzazione delle onde T

• Seconda inversione delle onde T, di maggiore durata (da una settimana a due mesi) e di maggiore entità e per questo definite “onde T giganti”. Il recupero della funzione sistolica inizia in questa fase41.

Il pattern di inversione delle onte T è talmente peculiare che potrebbe, secondo alcuni, essere utilizzato per avvalorare la diagnosi differenziale tra Takotsubo e infarto44 in presenza

di:

• Inversione dell’onda T in almeno 6 derivazioni • Picco negativo dell’onda T di almeno 3 mm

L’intervallo QT

Il tempo di ripolarizzazione del ventricolo è significativamente aumentato nella fase acuta e subacuta della sindrome di Takotsubo, portando ad un allungamento del tratto QT (fig. 3f), che può persistere fino a 6 mesi dopo il completo recupero della funzione ventricolare e dei marker di danno cardiaco41. Onde T invertite a allungamento del QT acquisito sono comuni

anche in altre condizioni, come nelle emorragie intracraniche e nei pazienti affetti da feocromocitoma, suggerendo un ruolo del sistema nervoso simpatico nel pattern di ripolarizzazione42.

(30)

29 In particolare, l’intervallo QT, nei pazienti con TTS, presenta un incremento lineare dal giorno uno al giorno 3, fino a 500 ms. l’allungamento del QT decresce gradualmente nei giorni successivi, rimanendo al disopra dei valori normali durante l’intero periodo di ospedalizzazione45. Nonostante l’aumento patologico della lunghezza del QT, il rischio di

aritmia nei pazienti con Takotsubo, sembra essere relativamente basso, sebbene sia stato riportato qualche caso di tachicardia ventricolare come manifestazione iniziale46. Sarebbe

comunque opportuno avere cautela nel dimettere pazienti con QT persistentemente lungo, soprattutto se la funzione ventricolare sinistra non è del tutto ripristinata.

Figura 3: sottoslivellamento del tratto PR (a), onda J (b), onda Q (c), sovraslivellamento del tratto ST (d), onda T negativa “gigante” (e), allungamento del QT(f). Immagine da: Federico Guerra, Irene Giannini & Alessandro Capucci (2016): The ECG in the differential diagnosis between Takotsubo cardiomyopathy and acute coronary syndrome, Expert Review of Cardiovascular Therapy

Marker di recupero

Il recupero della normale ampiezza del QRS va di pari passo con la normalizzazione dei marker di danno cardiaco e con il recupero della frazione di eiezione del ventricolo sinistro.

Un altro potenziale marker di recupero è la scomparsa delle onde Q, che di solito è sincrona con la normalizzazione dell’ampiezza del QRS, la ricomparsa dell’onda R e la risoluzione dell’edema alla risonanza magnetica39.

3.2.5 Biomarkers

Marker di miocardionecrosi

I livelli di troponina risultano aumentati praticamente in tutti i pazienti con sindrome di Takotsubo. In particolare, all’ammissione, possono essere dosati livelli di troponina paragonabili a quelli tipici della sindrome coronarica acuta47. Elevati livelli di troponina

(31)

30 all’ammissione sono un fattore prognostico negativo. La creatin chinasi è invece sono leggermente mossa47.

L’estensione dell’area di alterata motilità del ventricolo sinistro eccede, in proporzione, i livelli di marcatori di necrosi, probabilmente perché riflette un’estesa area di miocardio “stordito” ma non necrotico33.

BNP e NTproBNP

La sindrome di Takotsubo è frequentemente associata ad un rialzo dei livelli plasmatici di BNP (peptide natriuretico di tipo B) e NT-proBNP (frammento ammino terminale del BNP), che raggiungono il picco massimo dopo 24-48 ore dalla presentazione dei sintomi, riflettendo la disfunzione ventricolare48. I valori ritornano gradualmente entro i range di normalità nei mesi

successivi. Il grado di aumento di BNP e NT-proBNP è correlato con: • Il grado di iperattivazione simpatica

• Il picco di concentrazione della proteina C reattiva (suggerendo che il rilascio di BNP possa essere almeno in parte di origine infiammatoria)

• La disfunzione sistolica del ventricolo sinistro calcolata con il “wall motion score index” (WMSI)

I livelli di BNP sono proporzionali anche con l’estensione dell’edema visibile alla risonanza magnetica cardiaca48.

Altri possibili markers

• Interleuchine: i livelli di IL-7 risultano più alti nei pazienti con TTS rispetto a quelli con IMA, ma le differenze sono piccole e l’utilità diagnostica scarsa49

• miRNA: secondo recenti studi la fase acuta della sindrome di Takotsubo sarebbe associata al rilascio in circolo di miRNA, in particolare miR-1, miR-16, miR-26a, miR133a potrebbero essere utilizzati come marker all’ammissione per differenziare i pazienti con TTS da quelli con IMA50.

3.2.6 Imaging

Coronarografia e ventricolografia

Sebbene esami di imaging non invasivi, come l’ecocardiografia siano molto utili nell’inquadramento del paziente con sospetta sindrome di Takotsubo, per la diagnosi

(32)

31 definitiva è necessario eseguire una coronarografia che comprenda la ventricolografia sinistra. Questo esame permette di distinguere la sindrome di Takotsubo dal classico infarto del miocardio in un paziente con CAD, consentendo di individuare eventuali mismatch tra l’estensione dell’area di anomalia cinetica e il territorio di perfusione del vaso occluso51.

Ecocardiografia

L’ecocardiografia è lo strumento più comunemente utilizzato per riconoscere alterazioni della funzione ventricolare come anomalie regionali simmetriche della motilità di parete. (symmetric regional wall motion abnormalities – RWMAs). All’ecocardiografia possono essere riconosciute le quattro diverse varianti (apical ballooning, medioventricolare, basale, forme focali). Nel caso in cui sia coinvolto solamente il ventricolo destro, esso appare dilatato con ipo- , acinesia della parete libera e dell’apice52. Nella sindrome di Takotsubo le anomalie

cinetiche della parete del ventricolo sinistro si estendono ben oltre il territorio di irrorazione di un singolo vaso53.

Un interessante parametro che può essere calcolato ecograficamente è il wall motion score

index, (WMSI), che si ottiene assegnando un punteggio ai segmenti del ventricolo in base alla

loro motilità (normali, ipocinetico, acinetico, discinetico) e dividendo per il numero totale di segmenti esaminati. Un WMSI ≥1,75 con più di quattro segmenti disfunzionanti identifica la TTS con una sensibilità dell’83%e una specificità del 100%54.

Nei pazienti in cui la coronarografia non può essere effettuata a causa di un sanguinamento attivo o di comorbidità tali da rendere sfavorevole il rapporto costi benefici, l’utilizzo di mezzo di contrasto ecografico può rappresentare una valida alternativa e facilita il riconoscimento di anomalie cinetiche, soprattutto a livello apicale. L’opacizzazione del miocardio è ridotta nelle aree disfunzionanti, con un difetto di perfusione transmurale, evidente soprattutto nelle fasi molto precoci54. La riserva coronarica, stimata con il doppler è ridotta da 1,6 a 2,6 volte a

livello della coronaria di destra e di sinistra e correla con la funzione sistolica (ma non diastolica).

Nello STEMI, i segmenti di miocardio vitale appaiono accorciati, nella TTS, invece, sono allungati passivamente dalla contrazione dei segmenti anomali; questo aspetto è presente nelle fasi iniziali e si risolve con il follow up. L’ecocardiografia consente di riconoscere tutte le complicanze della sindrome di Takotsubo tra cui LVOTO55. L’ipercinesia dei segmenti basali

(33)

32 può causare un’ostruzione meccanica del cono di efflusso del ventricolo sinistro, soprattutto se in presenza di un preesistente aneurisma del setto interventricolare. Come conseguenza si possono avere riduzione dello stroke volume e rigurgito mitrale a causa del movimento sistolico anteriore (SAM) del lembo anteriore della valvola mitralica55. Quest’ultimo reperto

può essere dovuto anche ad una disfunzione reversibile dei muscoli papillari. L’ecografia può inoltre mostrare la rottura “coperta” della parete anteriore del ventricolo sinistro, la presenza di trombi murali. Fattori predittivi di peggior outcome valutabili ecograficamente sono: riduzione della frazione di eiezione, aumento della pressione di riempimento del ventricolo sinistro, rigurgito mitrale presente a 4-6 settimane dall’inizio dei sintomi56. Tipicamente la

contrattilità recupera completamente in 4-8 settimane, ma alcuni segmenti recuperano prima di altri causando rotazione apicale, torsione e detersione del ventricolo sinistro e poi recupero della forma del ventricolo. LVOTO e rigurgito mitrale regrediscono con il recupero della funzione cardiaca57.

AngioTC cardiaca

In presenza di comorbidità pericolose per la vita, come neoplasie maligne in fase terminale, sanguinamenti intracranici, paziente anziano, fragile con diatesi emorragica, la coronarografia può essere controindicata e comportare rischio di complicazioni. In questi pazienti, l’angioTC può essere un’alternativa per porre diagnosi in modo non invasivo58. L’angioTC coronarica

fornisce informazioni sull’anatomia dei vasi coronarici e sulla cinetica ventricolare. Lo studio della cinetica del ventricolo sinistro richiede però l’acquisizione di immagini durante l’intero ciclo cardiaco, e questo comporta, per il paziente, l’esposizione ad elevate dosi di radiazioni. L’angioTC può essere presa in considerazione anche in altre categorie di pazienti33:

• Pazienti stabili con ridotta probabilità di sindrome coronarica acuta, in cui si sospetti TTS ricorrente

• Pazienti con elevazione degli enzimi cardiaci e/o alterazioni ECG tipiche della TTS, in presenza di patologie acute severe come: sepsi, emorragia subaracnoidea, o altre condizioni critiche che possono complicarsi con la sindrome di Takotsubo

Risonanza magnetica cardiaca

La risonanza magnetica cardiaca è difficilmente utilizzabile nella fase acuta, ma lo è maggiormente nella fase subacuta59. Oltre a mostrare le anomalie della cinetica regionale

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33 eventuali altre anomalie associate (versamento pleurico e/o pericardico, trombi murali) e caratteristiche del tessuto miocardico (edema, infiammazione, necrosi, fibrosi)60. I criteri per

la diagnosi di sindrome di Takotsubo alla risonanza magnetica sono33:

• Tipica RWMA • Edema

• Assenza di danno permanente (enhancement tardivo con il gadolinio)

Quest’ultima caratteristica è sempre assente, mentre la fibrosi può essere presente ed è associata a peggior outcome. Nella maggior parte dei pazienti con TTS è evidenziabile l’edema nelle regioni con anomalia della funzione sistolica e può essere dovuto all’infiammazione, all’aumentato stress di parete o all’ischemia transitoria.

Imaging Nucleare

La SPECT con tallio201 o 99Tn-sestamibi che fornisce informazioni semiquantitative e la PET

con 13N-ammonio o 82rubidio, che fornisce informazioni quantitative, sono utilizzate per sono

state utilizzate nella sindrome di Takotsubo per lo studio della perfusione, metabolismo e innervazione33

Negli studi di perfusione SPECT si evidenzia un apparente riduzione della perfusione delle aree discinetiche, che però non compare negli studi PET, dove si osserva una normale perfusione nella regione apicale e un’aumentata perfusione nelle regioni basali ipercinetiche61.

Lo studio del metabolismo non è ancora utilizzato nella pratica clinica ed è per ora limitato alla ricerca e allo studio della patofisiologia. I dati attualmente a disposizione basati su studi PET con 18FDG mostrerebbero una riduzione del metabolismo nelle aree discinetiche, mentre

il restante miocardio apparirebbe normale.

La SPECT con 123I-MIBG è utilizzata per studiare l’innervazione simpatica del cuore. La captazione è ridotta per mesi nelle aree disfunzionanti, mentre la perfusione è normale e questo conferma ancora una volta come l’alterata funzione del sistema nervoso simpatico abbia un ruolo centrale nella patogenesi62.

(35)

34 3.3 Epidemiologia

Secondo i dati attuali63 la Sindrome di Takotsubo è stimata rappresentare circa l’1-3% dei

casi e il 5-6% nel sesso femminile, di pazienti che si presentano con sospetto STEMI. Il tasso di recidiva è stimato essere dell’1,8% per paziente nel primo anno dall’evento. Basandosi sui dati pubblicati in letteratura il 90% dei pazienti sono di sesso femminile con età media tra i 67 e 70 anni e circa l’80% hanno più di 50 anni63. Le donne con età maggiore di 55 anni hanno un

rischio 5 volte maggiore di TTS rispetto alle donne con età minore di 55 anni, e un rischio 10 volte maggiore rispetto agli uomini. La maggior consapevolezza dell’esistenza di questa sindrome sta però portando ad un aumento delle diagnosi anche nel sesso maschile, soprattutto a seguito di eventi fisici stressanti.

Esistono casi in letteratura riportati anche nella popolazione pediatrica64, di cui il più

giovane è un neonato prematuro nato alla 28° settimana di gestazione65. Per quanto riguarda

le differenze nelle varie etnie i dati sono ancora incompleti, ma sembrerebbe che la sindrome di Takotsubo sia più frequente nei caucasici66 e meno comune negli afroamericani e negli

ispanici67. Gli afroamericani sono però più suscettibili di complicanze, richiedono maggior

supporto ventilatorio e presentano più frequentemente alterazioni elettrocardiografiche (aumento del QT e onde T negative)68.

In Italia il “Tako-tsubo (stress) cardiomyopathy (TTC) Tuscany Registry”, un registro multicentrico osservazionale prospettico si è posto l’obiettivo di definire la prevalenza, epidemiologia e prognosi della TTC nella regione Toscana. Dal primo gennaio al 31 dicembre 2009 sono stati prospetticamente arruolati 105 pazienti ospedalizzati le 14 unità di Cardiologia ed emodinamica della Toscana con la diagnosi di sindrome di Takotsubo, secondo i criteri diagnostici modificati della Mayo Clinic. Dalla casistica emerge che la prevalenza della TTC in Toscana è sovrapponibile a quella riportata in altre casistiche nazionali ed internazionali. I dati confermano che la MTT può coinvolgere anche il sesso maschile e soggetti di età minore di 50 anni. La prognosi a medio termine è buona ma non esente complicanze legate all’insufficienza cardiaca nella fase acuta.69

3.4 Clinica

I sintomi più comuni della sindrome di Takotsubo sono dolore toracico acuto, dispnea o sincope, un quadro difficilmente distinguibile dalla classica sintomatologia dell’IMA. In alcuni

(36)

35 pazienti, però, la TTS è diagnostica in seguito al riscontro di alterazioni elettrocardiografiche o rialzo degli enzimi cardiaci. Nei casi in cui la sindrome di Takotsubo sia indotta da uno stress fisico il quadro clinico può essere dominato dai segni e sintomi della patologia sottostante, ad esempio i pazienti con TTS indotta da stroke ischemico o epilessia raramente hanno dolore toracico, a causa dell’alterato stato di coscienza, delle complicanze neurologiche o per l’improvviso shock emodinamico. Al contrario i pazienti che hanno un evento stressante emozionale come fattore scatenante hanno comunemente dolore toracico e palpitazioni. Un sottogruppo di pazienti con TTS può presentarsi con i sintomi delle complicanze acute (insufficienza cardiaca, shock cardiogeno, edema polmonare, arresto cardiaco, stroke). Le principali complicanze acute sono rappresentate da:

• Scompenso cardiaco (12-45%) • Shock cardiogeno (6-20%)

• Aritmie ventricolari maggiori (tachicardia /fibrillazione ventricolare 4-9%) • Tamponamento cardiaco (<1%)

• Rottura di parete (<1%)

• Alterazioni meccaniche: ostruzione dinamica reversibile del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOTO) nel 10-25% dei casi.31

3.5 Classificazione

Secondo i criteri della HFA-ESC la sindrome di Takotsubo può essere classificata, sulla base della natura dei fattori scatenanti in due sottotipi clinici.

• La Takotsubo primaria si associa ad un trigger emotivo, classicamente eventi drammatici, come un grave lutto, la paura durante un’aggressione o una rapina, ma anche eventi della vita quotidiana come litigi, rabbia, controversie; questi eventi possono fungere da fattori scatenanti soprattutto in individui che hanno una base predisponente come disturbi del tono dell’umore, patologie tiroidee e respiratorie. • La Takotsubo secondaria è una forma in cui patologie differenti causano la disfunzione

miocardica

o Patologie che evocano condizioni di dolore acuto: pneumotorace, colecistite, pancreatite, fratture ossee, travaglio del parto.

(37)

36 o Patologie che evocano uno stress catecolaminergico: feocromocitoma,

tireotossicosi,

o Condizioni iatrogene legate alla somministrazione di catecolamine: ecostress con dobutamina, terapie intensive, terapie psichiatriche, pratiche ostetriche Miocardite e cardiomiopatia ipertrofica sono invece criteri di esclusione e rientrano nelle diagnosi differenziale.

3.6 Stratificazione del rischio

Sebbene la sindrome di Takotsubo sia considerata un’entità clinica “benigna” poiché la prognosi a lungo termine, una volta superato l’episodio acuto, è favorevole, l’unico evento significativo a lungo termine è la possibilità di recidiva tra il 4 e 10% a seconda delle casistiche.

Non è tuttavia esente da complicanze in acuto la cui mortalità intraospedaliera varia tra 1e 4,5% ed è perciò necessaria un’adeguata stratificazione del rischio al fine di ottimizzare la gestione terapeutica.

Il riscontro di LVOTO presenta delle implicazioni terapeutiche e prognostiche. La presenza di un gradiente di 25 mmHg è considerata significativa, un gradiente di 40 mmHg è considerato un fattore di instabilità emodinamica grave, soprattutto se associato a shock cardiogeno e ipotensione in questi casi l’uso di nitrati può risultare controindicato in quanto peggiora il grado di ostruzione intracardiaco e portare ad un peggioramento emodinamico. In caso di ipotensione estrema, invece, si ha indicazione all’uso di beta bloccanti, che riducono il gradiente e migliorano le condizioni cliniche.

Ad una condizione di ipercinesi delle basi si può associare movimento sistolico anteriore della mitralica (SAM) e LVOTO, con insufficienza mitralica acuta reversibile con la risoluzione della disfunzione miocardica. L’insufficienza valvolare acuta può essere causata anche da un meccanismo di tathering apicale dell’apparato sottovalvolare mitralico, condizione che si associa a FE più bassa e aumentato rischio di edema polmonare.

3.6.1 Pazienti ad alto rischio

• Età maggiore di 75 anni

• Pressione sistolica < 110 mmHg • Edema polmonare acuto

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37 • Sincopo o aritmie ventricolari maggiori

• Severa disfunzione sistolica (FE < 35%) • LVOTO > 40 mmHg

• Insufficienza mitralica moderata severa • Trombosi intraventricolare sinistra

• Rottura del setto interventricolare o di parete libera

• Alcuni studi considerano il coinvolgimento del ventricolo destro un fattore prognostico negativo70

3.6.2 CHA2DS2VASC score e stratificazione del rischio

Il CHA2DS2VASC score è predittivo del rischio di stroke nei pazienti con fibrillazione atriale,

consente la stratificazione del rischio di tromboembolia e sanguinamento per decidere la terapia appropriata.

Fattori di rischio tromboembolico punteggio

C scompenso cardiaco/ disfunzione ventricolare sinistra (Congestive heart failure/left ventricular dysfunction)

1

H Ipertensione (Hypertension) 1

A2Età >= 75 anni (Age >= 75 years) 2

D Diebete mellito (diabetes melliitus) 1

S2 pregresso ictus/ attacco ischemico transitorio (previous stroke/ transient ischemic

attack)

2

V Malattia vascolare (pregresso infarto miocardico, arteriopatia periferica, placca aortica) Vascular desease (prior miocardical infarction, peripheral artery desease, or aortic plaque)

1

A età 65- 74 anni (age 65- 74 anni) 1

Sc Sesso femminile (sex category: female gender) 1

È stato dimostrato avere un ruolo prognostico anche nei pazienti con sindrome coronarica acuta. Dal momento che la sindrome di Takotsubo ha una presentazione clinica che mima la sindrome coronarica acuta e che può avere complicanze acute, incluso lo stroke, lo score può essere preso in considerazione anche nella stratificazione del rischio di questi pazienti.

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