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Analisi delle caratteristiche produttive ed economiche delle aree irrigue : Regioni Obiettivo 1

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Rapporto Irrigazione

Rapporto Irrigazione

PROGRAMMA OPERATIVO MULTIREGIONALE Ampliamento e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e distribuzione

delle risorse idriche nelle Regioni Obiettivo 1

QCS 1994/99

SOTTOPROGRAMMA III MISURA 3

Studio sull'uso irriguo della risorsa idrica,

sulle produzioni agricole irrigate e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

Istituto Nazionale di Economia Agraria Unione Europea

Fondo Europeo di Sviluppo Regionale

Analisi delle caratteristiche

produttive ed economiche

delle aree irrigue

(2)

Analisi delle caratteristiche

produttive ed economiche

delle aree irrigue

Regioni Obiettivo 1

PROGRAMMA OPERATIVO MULTIREGIONALE

Ampliamento e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e distribuzione

delle risorse idriche nelle Regioni Obiettivo 1

QCS 1994/99

SOTTOPROGRAMMA III MISURA 3

Studio sull'uso irriguo della risorsa idrica,

sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro redditività

(3)

Programma Operativo Multiregionale

“Ampliamento e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e di distribuzione delle risorse idri-che nelle Regioni dell’Obiettivo 1”

Reg (CEE) n. 2081/93 - QCS 1994/99

Sottoprogramma III Misura 3

“Studio sull’uso irriguo della risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro redditività”

Coordinamento scientifico Gerardo Delfino

Coordinamento tecnico Guido Bonati

Comitato di indirizzo Guido Bonati (responsabile), Gerardo Delfino, Francesco Mantino,

Vincenzo Sequino Coordinamento Azioni

Azione 1 Guido Bonati

Azione 2 Claudio Liberati

Azione 3 Raffaella Zucaro

Azione 4 Corrado Lamoglie

Coordinamento editoriale Federica Giralico

Segreteria di coordinamento Fabiana Vizzani

Progettazione e impaginazione grafica Sofia Mannozzi

Il documento è il risultato dell’attività svolta dal Gruppo di Lavoro “Analisi economica della redditività degli ordinamenti irrigui”, coordinato da Claudio Liberati (INEA) e Francesco Mantino (INEA).

Il Gruppo di Lavoro è composto da Luigi Cavazza (Università di Bologna), Carmelo Sturiale (Università di Catania), Massimo Ruopoli (Ministero dei Lavori Pubblici), Roberto Iodice (Ministero per le Politiche Agricole e Forestali), Francesco Mantino (INEA), Gabriele Dono (Università di Viterbo), Davide Marino (Università del Molise), Roberto Henke (INEA), Claudio Liberati (INEA), Alfonso Scardera (INEA) e Alessandro Antimiani (INEA).

La stesura del testo si deve a:

• Davide Marino, che ha redatto la Presentazione del Rapporto, la Parte prima, i capitoli 1 e 2 della Parte Seconda e le conclusioni;

• Alfonso Scardera, che ha redatto i paragrafi da 3.8 a 3.17 della Parte Seconda, la Parte Terza e Parte Quarta; • Maria Grazia Rubertucci, che ha redatto i paragrafi da 3.1 a 3.7 della Parte Seconda.

Un particolare ringraziamento va a Stefano Dell’Acqua che ha curato l’estrazione delle informazioni dalla Banca dati RICA-INEA, ed a Mauro Santangelo che ha provveduto alla elaborazione degli stessi.

Si ringraziano, inoltre, per la fattiva collaborazione, gli Uffici di Contabilità Agraria, che hanno fornito prezio-se informazioni sull’importanza della risorsa idrica nei vari contesti regionali.

Un ringraziamento particolare va infine agli anonimi referee per avere letto e commentato una prima versione del Rapporto consentendo una migliore stesura finale dello stesso; la responsabilità di quanto scritto rimane comunque degli autori.

(4)

Presentazione

L’agricoltura irrigua sta assumendo sempre più rilevanza negli scenari di sviluppo del

Mezzogiorno. Gli ordinamenti colturali irrigui rappresentano infatti un punto di forza in termini

di reddito e di occupazione, per cui diventa strategico garantire una gestione dell’acqua più

efficiente, recependo i vincoli e le opportunità della nuova Politica Agricola Comunitaria. Al

tempo stesso, l’agricoltura irrigua deve sapersi relazionare alle necessità ormai imprescindibili

di uso razionale e di tutela di una risorsa naturale limitata. Il settore irriguo, infatti, più di altri

utilizza l’acqua, quindi, deve concorrere al risparmio della risorsa idrica, anche mediante il

riutilizzo delle acque reflue.

Altrettanto importante è il ruolo che l’agricoltura può svolgere rispetto alle esigenze di

tutela ambientale, soprattutto in relazione ai fenomeni di inquinamento delle acque e di degrado

del territorio. Una buona pratica agricola, infatti, può concorrere in maniera determinante alla

tutela dell’assetto idrogeologico e alla riduzione dei fenomeni di desertificazione in atto in

ampie fasce del territorio meridionale dell’Italia.

Nella fase di programmazione del Quadro Comunitario di Sostegno 1994-1999 per le

Regioni Obiettivo 1, lo Stato Italiano e la Commissione Europea hanno assegnato un ruolo

prio-ritario alle problematiche relative alle risorse idriche. È stato, infatti, previsto uno specifico asse

d’intervento, che ha dato origine al Programma Operativo Multiregionale (POM) “Ampliamento

e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e distribuzione delle risorse

idri-che”, di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici e, per la parte finalizzata all’utilizzo a fini

irrigui, del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali. Nell’ambito del Programma Operativo

Multiregionale, d’intesa con i servizi della Commissione Europea, i due Ministeri hanno affidato

all’INEA l’incarico di realizzare uno studio sull’uso irriguo della risorsa idrica nel Mezzogiorno,

volto a predisporre un quadro di conoscenze aggiornato del comparto irriguo nelle Regioni

Obiettivo 1, che risulti di supporto all’attività di programmazione degli interventi per il periodo

2000-2006.

Le finalità del programma affidato all’INEA dai Ministeri competenti sono principalmente:

• riorganizzare e implementare il sistema delle conoscenze sull’irrigazione del

Mezzo-giorno, che è risultato da subito polverizzato, contraddittorio e con scarsi collegamenti

fra le varie fonti informative disponibili;

• mettere a punto metodologie per la valutazione della redditività degli investimenti

irri-gui a livello comprensoriale e aziendale alla luce della Politica Agricola Comunitaria e

delle opportunità di sviluppo locale;

• approfondire, d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, le problematiche sul ruolo

dell’a-gricoltura in termini di tutela qualitativa della risorsa.

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Centrali e Regionali, Consorzi di Bonifica e Enti gestori della risorsa idrica, alle unità

produtti-ve agricole, al fine di contribuire a una più efficace attività di programmazione e di gestione

delle azioni di tutela e di valorizzazione economica della risorsa idrica in agricoltura.

L’INEA, fin dalle fasi di avvio dello studio, ha impostato l’attività per la costruzione di un

sistema con cui rendere possibile in futuro l’aggiornamento periodico delle conoscenze in

mate-ria di utilizzo della risorsa a fini irrigui, lo stato di manutenzione delle reti di captazione,

addu-zione e distribuaddu-zione, i fabbisogni idrici colturali in relaaddu-zione agli ordinamenti produttivi,

all’andamento meteorico e alle caratteristiche del suolo. I primi risultati dello studio potranno

essere utilizzati, a livello nazionale e regionale, per la programmazione, progettazione e

gestio-ne dell’intervento pubblico previsto dal Piano di Sviluppo per il Mezzogiorno 2000-2006 e che,

per la risorsa idrica, risulta profondamente innovativo.

Le numerose fonti informative utilizzate per lo studio, l’aggiornamento e la gestione delle

stesse, l’impostazione di metodologie, non devono apparire avulse dal contesto organizzativo

esistente a livello locale, in quanto l’esigenza di garantire processi di sviluppo sostenibili

impo-ne ormai l’adeguamento delle competenze e degli strumenti operativi presso gli organismi

pre-posti alla gestione della risorsa idrica a livello locale.

La produzione editoriale, di cui questo testo fa parte, affianca le attività del progetto e ha

lo scopo di fornire a tutti gli attori coinvolti spunti per la riflessione, il dibattito,

l’approfondi-mento. Gli argomenti trattati, tecnici e metodologici, riguardano i risultati delle attività in

corso.

Prof. Francesco Adornato

(6)

INDICE

Introduzione

IX

1 Obiettivi e struttura del rapporto IX

2 Metodologia X

3 Appendice motodologica XIII

PARTE PRIMA

L

A STRUTTURA PRODUTTIVA ED ECONOMICA DELL

AGRICOLTURA IRRIGUA MERIDIONALE

1 L’immagine dell’agricoltura irrigua meridionale 1

1.1 Alcuni dati introduttivi dai rilievi ISTAT 1

1.2 ... e il quadro fornito dalle aziende della RICA 5

2 Risultati economici, competitività e costi 8

2.1 I risultati economici 8

2.2 I fattori che influiscono sulla redditività 10

2.2.1 La produttività dei fattori 11

2.2.2 I costi di produzione 12

2.3 I fattori strutturali 13

PARTE SECONDA

G

LI ORDINAMENTI PRODUTTIVI DELL

AGRICOLTURA IRRIGUA MERIDIONALE

1 Premessa 27

2 La redditività degli ordinamenti produttivi

dell’agricoltura irrigua meridionale 27

3 L’analisi degli ordinamenti produttivi irrigui 34

3.1 Cereali e colture sarchiate 34

3.1.1 Risorse e struttura produttiva 34

3.1.2 I risultati economici 35

3.2 Colture ortive di pieno campo 36

3.2.1 Risorse e struttura produttiva 36

3.2.2 I risultati economici 37

3.3 Tabacco 38

3.3.1 Risorse e struttura produttiva 38

3.3.2 I risultati economici 39

3.4 Policoltura 40

3.4.1 Risorse e struttura produttiva 40

3.4.2 I risultati economici 41

3.5 Ortaggi in serra 41

3.5.1 Risorse e struttura produttiva 41

3.5.2 I risultati economici 42

3.6 Floricoltura in piena area 43

3.6.1 La struttura produttiva 43

3.6.2 I risultati economici 44

(7)

3.7.1 Risorse e struttura produttiva 45

3.7.2 I risultati economici 46

3.8 Viticoltura da vino 47

3.8.1 Risorse e struttura produttiva 47

3.8.2 I risultati economici 48

3.9 Viticoltura per uva da tavola 48

3.9.1 Risorse e struttura produttiva 48

3.9.2 I risultati economici 49

3.10 Frutticoltura e agrumi combinati 50

3.10.1 Risorse e struttura produttiva 50

3.10.2 I risultati economici 51

3.11 Frutticoltura a guscio 52

3.11.1 Risorse e struttura produttiva 52

3.11.2 I risultati economici 53

3.12 Agrumi 53

3.12.1 Risorse e struttura produttiva 53

3.12.2 I risultati economici 54

3.13 Olivicoltura 55

3.13.1 Risorse e struttura produttiva 55

3.13.2 I risultati economici 56

3.14 Coltivazioni permanenti combinate 56

3.14.1 Risorse e struttura produttiva 56

3.14.2 I risultati economici 57

3.15 Bovini orientamento latte 58

3.15.1 Risorse e struttura produttiva 58

3.15.2 I risultati economici 59

3.16 Bovini con latte, allevamento e carne combinati 60

3.16.1 Risorse e struttura produttiva 60

3.16.2 I risultati economici 61

3.17 Coltivazioni – allevamento 62

3.17.1 Risorse e struttura produttiva 62

3.17.2 I risultati economici 63

PARTE TERZA

I

PROCESSI PRODUTTIVI DELL

AGRICOLTURA IRRIGUA MERIDIONALE

1 I processi produttivi 65

2 La redditività dei processi produttivi: il confronto tra processi

in asciutto e processi irrigui 66

3 La redditività dei processi produttivi: l’analisi per i processi in regime misto 68

3.1 Pomodoro da industria 69

3.2 Albicocco 71

3.3 Pesco 72

3.4 Uva da tavola 73

3.5 Olivo da olio 74

(8)

PARTE QUARTA

I

L PESO DELLE AREE IRRIGUE

1 Il peso della produzione agricola da irrigazione 79

2 Il peso delle produzioni irrigue nelle economie regionali 81

3 La ripartizione della produzione irrigua tra i comparti produttivi 82

C

ONCLUSIONI

Ruolo e peso dell’irrigazione nell’agricoltura meridionale 87

Impiego delle risorse e risultati economici 88

G

LOSSARIO 93

(9)
(10)

Introduzione

1

Obiettivi e struttura del rapporto

Il presente Rapporto di Ricerca risponde all’obiettivo generale di compiere un’analisi delle caratteristiche produttive ed economiche dell’agricoltura irrigua delle regioni ricadenti nell’Obiettivo 1. Tale indirizzo generale è articolato poi in più obiettivi specifici, ossia:

1) analizzare, attraverso informazioni di carattere aziendale e strutturale, l’ossatura portante delle aree irrigue meridionali;

2) individuare i principali ordinamenti e processi produttivi irrigui, identificando la PLV, il VA, la redditività delle risorse impiegate;

3) stimare il peso delle aree irrigue nelle economie regionali (PLV, VA, occupazione).

Alla luce di questi obiettivi, ma anche della metodologia esposta più avanti, i risultati delle attività di ricerca sono condensati nel presente rapporto, che è strutturato nei seguenti punti: Parte I. La struttura dell’agricoltura irrigua meridionale;

Parte II. Gli ordinamenti produttivi dell’agricoltura irrigua meridionale; Parte III. I processi produttivi dell’agricoltura irrigua meridionale; Parte IV. Il peso delle aree irrigue.

Nella Parte I del Rapporto che risponde al primo degli obiettivi specifici su citati, viene presa in esame l’agricoltura irrigua meridionale attraverso l’analisi delle principali caratteristiche struttu-rali e dei risultati economici. Attraverso i dati disponibili, sia ISTAT che RICA, vengono prese in esame le strutture aziendali, le colture praticate, la loro localizzazione, i risultati economici delle aziende irrigue, comparati peraltro con quelli delle altre aziende, le determinanti di tali risultati. L’intento è di fornire al lettore una immagine a grandi linee dell’agricoltura irrigua.

Nella seconda Parte, che da seguito all’obiettivo 2 si scende di livello, prendendo in conside-razione non più l’insieme delle aziende irrigue, ma i singoli OTE, all’interno dei quali è stata opera-ta una suddivisione in funzione dell’utilizzo di acqua irrigua. Anche in questo caso si analizzano dati strutturali e risultati economici aziendali, effettuando una comparazione, per ogni OTE, in relazione all’uso della risorsa idrica.

Anche la Parte III è da porre in relazione all’obiettivo 2, ma, scendendo ulteriormente in det-taglio, non vengono più prese in esame le aziende ma i singoli processi produttivi. Anche in questo caso la finalità principale è di porre in evidenza la funzione delle risorse idriche nel determinare la struttura ed i risultati economici nella produzione agricola.

Infine la Parte IV, che risponde all’obiettivo 4, è dedicata ad una stima, peraltro complessa, del peso dell’agricoltura irrigua nel contesto produttivo meridionale. L’analisi è stata condotta par-tendo dal valore della PLV regionale, nel cui ambito, è stata “isolata” la componente ascrivibile all’u-so dell’irrigazione. La lettura è stata effettuata secondo diverse chiavi interpretative: geografica, per comparti produttivi per aggregazioni diverse.

Nel complesso, pur in presenza di difficoltà metodologiche e basandosi su dati non sempre aggiornati, lo studio qui presentato, ha risposto agli obiettivi posti, ponendo in evidenza il comples-so ed incomples-sostituibile ruolo che l’irrigazione possiede nell’economia agricola delle regioni meridiona-li itameridiona-liane.

(11)

2

Metodologia

Sotto il profilo metodologico, le analisi per giungere agli obiettivi posti, in virtù dell’econo-mia dell’intero Programma, dovevano essere basate su fonti consolidate, come ad esempio dati ISTAT, dati aziendali presenti nella banca dati RICA1, fonti documentati diverse (ad esempio ANBI), mentre andava esclusa l’ipotesi di compiere rilievi ad hoc. Tale condizione ha influito non poco sulla metodologia ed i risultati stessi del lavoro; infatti:

1. i dati in genere disponibili, relativamente agli obiettivi dati, sono in linea di massima datati, dif-ficilmente confrontabili tra loro, e pongono problemi di rappresentatività;

2. in questo senso difficoltà specifiche si pongono in termini di stratificazione territoriale, in quan-to le principali fonti utilizzabili (RICA e ISTAT) non sono cerquan-to tarate su base terriquan-toriale, in par-ticolare quando si prendono in considerazione fenomeni difficilmente individuabili sotto il pro-filo territoriale come l’irrigazione;

3. l’unità di base dell’indagine è l’azienda agraria, con difficoltà si di scendere su livelli di analisi più specifici (ordinamenti e processi produttivi), sia di utilizzare i dati per analisi di carattere macro, come richiesto dal 3° obiettivo assegnato all’indagine.

Risulta quindi opportuno chiarire all’utente del presente Rapporto la metodologia adottata per ognuno degli obiettivi specifici assegnati all’indagine.

Analizzare l’ossatura portante delle aree irrigue meridionali.

Per quanto concerne questo obiettivo si trattava di compiere una prima fotografia dell’agricol-tura irrigua meridionale, anche al fine di collocare in un quadro strutdell’agricol-turale più chiaro i dati elaborati nel corso delle altre parti dell’indagine. In prima battuta sono stati quindi utilizzati i dati ISTAT rela-tivi ai Censimenti dell’agricoltura ed alle successive indagini strutturali. Si è fatto ricorso sia ai volu-mi delle Caratteristiche strutturali delle aziende agricole, sia a quelli delle Caratteristiche tipologiche. Le elaborazioni sono state svolte per regione e sui dati dei due ultimi censimenti (1982, 1990).

Si è inoltre fatto ricorso anche ai dati della RICA, procedendo ad un’analisi comparativa tra l’agricoltura irrigua e quella non irrigua, ossia prendendo in considerazione il sottoinsieme delle aziende degli ordinamenti produttivi irrigui e quello degli ordinamenti non irrigui2. L’analisi è stata rivolta a evidenziare le differenze strutturali ed economiche tra le due tipologie di agricoltura ed si è mostrata funzionale per calibrare meglio le successive analisi relative sia agli ordinamenti ed ai pro-cessi produttivi, sia quella volta a stimare il peso delle aree irrigue nelle economie regionali.

L’analisi, essendo centrata sul soggetto “azienda agraria” è stata articolata anche su una stra-tificazione aziendale, per la quale sono stati utilizzati i seguenti parametri:

I. la classe di Unità di Dimensione Economica, UDE3(0-12 UDE; 12-40 UDE; >40 UDE); II. l’ordinamento tecnico economico (OTE4), per il quale in questa fase si è lavorato sul livello

1 La RICA (Rete di Informazione Contabile Agricola), istituita con Reg. CEE n. 79/65, rileva le informazioni necessarie per misurare l’evo-luzione dei redditi degli imprenditori agricoli e raccoglie elementi utili per interpretare il funzionamento di quelle categorie di imprese che interessano maggiormente gli interventi della politica agricola comunitaria. Il campione italiano si compone di circa 18.000 aziende agri-cole, selezionate secondo criteri comunitari.

2 Per una migliore definizione di “agricoltura irrigua” e di “agricoltura non irrigua” si veda l’Appendice metodologica.

3 E’ un multiplo dell’ECU di riferimento con cui viene misurato il Reddito Lordo Standard (RLS) attribuito all’azienda. Dal 1995 viene adot-tato il RLS ’86 per il quale 1 UDE ’86 = 1.200 ECU ’86 = £ 1.783.200

4 La classificazione delle aziende agricole per OTE si basa sulla determinazione del peso economico delle varie attività produttive presenti in azienda e sulla loro combinazione. A tal fine utilizzando i RLS della zona in cui ricade l’azienda, si moltiplicano gli ettari coltivati o il numero dei capi allevati per il corrispondente RLS. La combinazione ottenuta si confronta con uno schema tipologico che serve ad indivi-duare gli OTE secondo criteri a livello comunitario e validi per tutte le statistiche ufficiali. Un’azienda viene detta specializzata quando il RLS di una o più attività produttive affini supera i 2/3 del RLS totale dell’azienda.

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più aggregato possibile ossia quello che comprende la suddivisione degli ordinamenti in 8 Poli principali;

III. l’incidenza aziendale della SAU irrigua sul totale della SAU (<10%; 10-50%; >50%); IV. le partizioni territoriali (regioni dell’obiettivo 1).

Le elaborazioni sono state effettuate su base biennale (1995/96) per ovviare alla consueta variabilità dei dati, e si è proceduto inoltre ad un raffronto con un biennio di riferimento, prendendo in considerazione un periodo precedente alla Riforma della PAC (1990/91).

L’individuazione e l’analisi dei principali ordinamenti produttivi e dei principali processi pro-duttivi

Per quanto riguarda l’individuazione dei principali ordinamenti produttivi irrigui i dati di base sono stati ancora i dati della banca dati RICA. In questo caso tuttavia si è scesi di livello, partendo dal livello di disaggregazione degli OTE a 48 specializzazioni. Questi verranno sono stati successi-vamente riaggregati distinguendo tra OTE irrigui e OTE non irrigui5. La stratificazione aziendale è stata basata sui parametri già esposti in precedenza (OTE, UDE, incidenza SAU irrigata, regioni).

Il livello più analitico di comparazione economica tra la tecnica irrigua e quella non irrigua è stato svolto a livello di processi produttivi, attraverso i dati relativi alle rese, i prezzi all’azienda, il valore delle produzioni e le spese specifiche. Mentre nelle analisi precedenti la base dei dati era rap-presentata dall’azienda (file aziende), in questo caso saranno presi in considerazione gli n processi di produzione (file colture) presenti nelle aziende.

Per rispondere alle finalità del presente studio si è provveduto a distinguere le colture in fun-zione del loro diverso grado di dipendenza dalla risorsa idrica per il conseguimento di un livello pro-duttivo soddisfacente, pur nella consapevolezza che tutte le coltivazioni si avvantaggiano della dis-ponibilità di acqua irrigua. Un primo gruppo di colture è costituito da quelle che possono conside-rarsi sicuramente praticabili in asciutto, senza cioè dover ricorrere necessariamente alla pratica irri-gua per il conseguimento di un adeirri-guato risultato produttivo. Si contrappone a questo un secondo raggruppamento fatto di colture la cui coltivazione ha significato produttivo ed economico solo in presenza di acqua di irrigazione. A cavallo tra questi raggruppamenti colturali vi sono quelle colti-vazioni che possono essere realizzate indifferentemente facendo ricorso o meno all’irrigazione ma, naturalmente, ottenendo risultati produttivi ed economici significativamente differenti.

Tale scomposizione ha permesso di evidenziare l’importanza assunta dalla risorsa idrica nel determinare i risultati produttivi ed economici per le diverse colture, attraverso il confronto, in primo luogo, tra la produttività e la redditività dei primi due raggruppamenti (colture in asciutto e colture irrigate), e successivamente mediante un approfondimento all’interno del terzo raggruppamento, vale a dire per quelle colture che è possibile realizzare sia in regime asciutto che irriguo. La rilevanza economica di quest’ultima analisi risiede nel fatto che le produzioni ottenute sono gli elementi essen-ziali per definire l’attivo di bilancio di tali conti colturali e valutare, quindi, le variazioni, il segno e l’ordine di grandezza delle stesse che l’adozione della tecnica comporta a livello di singole attività colturali. In secondo luogo, le voci di spesa considerate6e determinate dall’adozione della tecnica colturale irrigua, possono mettere in evidenza eventuali modificazioni nella loro struttura e nell’in-cidenza che ciascuna di esse ha sul valore delle produzioni.

Di queste colture sono stati messi a confronto i dati relativi alle rese, ai prezzi praticati

all’a-5 Si veda l’appendice metodologica

6 La metodologia di rilevazione contabile RICA non rileva produttiva importanti componenti di costo, quali il lavoro e la meccanizzazione, a livello di singola attività e pertanto queste spese non sono considerate nelle presenti analisi.

(13)

zienda, al valore delle produzioni e alle spese specifiche colturali. Tali informazioni sono state uti-lizzate per impostare dei bilanci colturali parziali, riferiti all’unità di superficie, che evidenziano il margine lordo di contribuzione di ogni singola coltura considerata.

La definizione del peso dell’agricoltura irrigua nei contesti regionali

Questa sezione dello studio è stata finalizzata a determinare il peso dell’economia irrigua in ambito regionale, ossia il valore della produzione proveniente da quella parte di agricoltura che fa ricorso all’irrigazione. Stando le informazioni ad oggi disponibili tale obiettivo ha posto seri proble-mi metodologici. Per far fronte all’insufficienza di informazioni si è fatto ricorso ad una serie di stime che, pur non potendo condurre ad un dato assolutamente attendibile, permettono di ottenere una valutazione che verosimilmente rappresenti il peso economico dell’agricoltura irrigata.

Nello specifico si è proceduto a valutare per ciascuna regione quanta parte della superficie destinata alla coltivazione di ciascuna coltura erbacea ed arborea, desunta dalle indagini strutturali dell’ISTAT, è irrigata. In tal modo è stato possibile discriminare immediatamente quelle coltivazio-ni che possono ritenersi senza dubbio irrigate, magari perché per esse una pratica colturale in asciut-to non ha alcun significaasciut-to economico, insieme a quelle sicuramente svolte in asciutasciut-to, dal resasciut-to delle colture, per le quali esiste sia da un punto di vista agronomico che economico la possibilità di ricor-rere o meno all’irrigazione. Naturalmente l’approssimazione introdotta nella stima della percentuale di superficie irrigata sul totale ha riguardato solamente la produzione proveniente da questa frazio-ne di coltivazioni.

Una volta definita la ripartizione della superficie delle singole colture tra irrigata e non, sulla base anche delle analisi svolte sui dati RICA nelle altre sezioni dello studio, si è svolta una ulterio-re analisi, ancora sui dati RICA, per stimaulterio-re la diffeulterio-renza di produttività per la stessa coltura tra la tecnica irrigua e quella in asciutto. Successivamente si è passato a valutare la quantità di produzio-ne complessivamente proveniente da tecniche di coltivazioproduzio-ne che prevedono il ricorso all’irrigazio-ne.

(14)

3

Appendice metodologica

Per quanto riguarda la prima sezione dello studio i dati ISTAT presi in considerazione sono stati:

I. Aziende irrigue per colture principali, classe di SAU e altimetria; II. SAU irrigata per colture principali, classe di SAU e altimetria; III. Aziende per forma di approvvigionamento e forma di conduzione; IV. Aziende per forma di approvvigionamento, classe di SAU e SAT; V. Aziende e SAU per classe di SAU e altimetria;

VI. Aziende che praticano irrigazione per forma di irrigazione e sistema di irrigazione; VII. Aziende irrigue per le principali colture;

VIII. SAU irrigua per le principali colture;

IX. Aziende per forma di approvvigionamento e OTE; X. Aziende per forma di approvvigionamento e UDE; XI. Aziende per forma di irrigazione e OTE;

XII. Aziende per forma di irrigazione e UDE; XIII. SAU irrigata e irrigabile per OTE; XIV. SAU irrigata e irrigabile per UDE;

XV. Aziende per principali colture irrigate e OTE; XVI. Aziende per principali colture irrigate e UDE; XVII. SAU per principali colture irrigate e OTE; XVIII. SAU per principali colture irrigate e UDE.

Mentre per i dati della RICA ci si è avvalsi di pochi parametri quali:

• OTE • UDE • altimetria • SAU media • PLV/ha • Rn/PLV • Rn aziendale • ULT/SAU • capitali/SAU • nuovi investimenti/SAU

• incidenza premi e sovvenzioni/PLV • tasso di variabilità della PLV

Per quanto riguarda la seconda sezione per la definizione dello schema di analisi, si è proce-duto ad alcune elaborazioni preliminari sulla banca dati RICA. Si è partiti così dalle 6.346 aziende presenti nel 1995 nella banca dati RICA per le regioni dell’Obiettivo 1, suddivise per OTE (nella massima disaggregazione possibile, per un totale di 61 ordinamenti), classi di incidenza della Sau irrigua (<10%; 10-30%, 30-50%; >50%) e UDE (0-12 UDE; 12-40 UDE; >40 UDE). Incrociando i

(15)

tre parametri si è giunti alla formazione di 732 gruppi differenti, alcuni dei quali con frequenze nulle o irrisorie. Queste prime elaborazioni hanno mostrato quindi l’opportunità di aggregare i gruppi in relazione ai parametri utilizzati nella stratificazione

In particolare le classi di Sau irrigua sono state ridotte a tre (<10%; 10-50%; >50%);), e si è verificata l’opportunità di procedere ad aggregare gli OTE in funzione della similarità degli ordina-menti. In primo luogo sono stati evidenziati gli OTE non irrigui che, nell’analisi, formano un unico insieme, ossia quello dell’agricoltura non irrigua. Gli ordinamenti non irrigui sono stati considerati quelli nei quali l’incidenza delle aziende con Sau irrigua superiore al 30% è risultata minima. Sono stati quindi accorpati, data la bassa incidenza delle aziende con Sau irrigua, o per la limitata nume-rosità delle aziende presenti nella RICA, gli OTE: 1110, 1243, 2013, 2023, 2031, 2032, 2033, 4210, 4220, 4410, 4420, 4430, 4440, tutto il POLO 5 ed il POLO 7.

Successivamente gli OTE dell’agricoltura irrigua sono stati accorpati tra loro, ottenendo così 17 “indirizzi colturali omogenei”; le aggregazioni sono state:

Codici OTE Descrizione colture

1210 +1220; piante sarchiate + sarchiate con cereali;

1230+2011; ortaggi

1241; tabacco;

1244+6020+6050+6061; agricoltura generale e policoltura;

2012; orticoltura in serra;

2021; floricoltura;

2022; floricoltura in serra;

3110+3130+3120; vino comune e DOC;

3141+3143; uva da tavola;

3211+3230; frutta;

3212; frutta in guscio;

3220; agrumi;

3300; olivo;

3400+6010+6030+6040+6062; colture permanenti diverse;

4110+4120; latte bovino ed ovino;

4310+4320; latte e carne;

Polo 8; coltivazioni ed allevamenti.

Si è arrivati quindi ad una base di indagine molto più aggregata, con 204 gruppi di numerosi-tà sufficiente. In definitiva sono stati ottenuti due sottoinsiemi: l’insieme degli OTE con aziende con Sau irrigua, che, nel 1995, conta 4.069 aziende su un totale di 6.346, e l’insieme degli OTE con aziende con bassa o nulla incidenza di Sau irrigua. Ad esempio mediamente nel primo insieme le aziende con una Sau irrigua > del 50% incidono per il 43,6%.

Compiute queste elaborazioni preliminari si è proceduto alla estrazione dei dati dalla banca dati RICA, per i due bienni presi in considerazione 1995/96 (che nel complesso conta su 13.236 aziende) e 1990/91 (in cui il totale delle unità di osservazione è pari a 15.496). Per ogni variabile estratta sono presenti 18 misure, derivanti dai due livelli temporali e dalle nove partizioni territoria-li (8 regioni, più il loro insieme) considerate. Le variabiterritoria-li, ed i relativi indicatori, sono stati poi stra-tificati in funzione della classe di UDE, dell’altimetria, dell’incidenza della Sau irrigua sul totale

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della Sau aziendale, secondo le modalità già indicate.

Il set di variabili ed indicatori utili per effettuare l’analisi strutturale, economico-gestionale, di redditività dei fattori produttivi; le variabili e gli indicatori estratti dalla banca dati RICA sono state:

• anno • regione • codice azienda • comune • altimetria • altitudine • OTE • UDE • ST • SAU • SAU in affitto • SAU irrigata • SAU ripetuta • riparto colturale • set-aside • titolo imprenditore

• fonte di approvvigionamento idrico • sistema di irrigazione

• appartenenza a cooperative (distinto per: acquisto mezzi tecnici, trasformazione, vendita prodot-ti, macchine, ecc.)

• ULT

• ULF

• ore totali • ore salariati

• CV

• UBA (distinte per: bovini da latte, carne, ovini e caprini, altri) • capitale di esercizio (distinto nelle sue diverse componenti) • capitale fondiario (distinto nelle sue diverse componenti) • investimenti fondiari (distinti nelle diverse voci)

• nuovi investimenti

• PLV (distinta per coltura e allevamenti) • premi (disaggregati nelle diverse componenti)

• costi variabili (distinti nelle diverse voci; fertilizzanti, sementi, antip. e dis., mangimi, noleggi, altri)

• spese colture e allevamenti (distinte nelle diverse componenti) • spese di trasformazione

• oneri sociali dei familiari • salari e oneri sociali

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• imposte e tasse

• ammortamenti

• debiti • costi fissi • costi totali

• Prodotto Netto Aziendale • Reddito Netto Aziendale • Reddito Netto familiare

Per quanto riguarda ancora questa sezione dello studio rimangono da precisare le modalità di redazione del bilancio colturale nell’analisi dei processi produttivi. L’attivo del bilancio colturale viene definito dalla Produzione Lorda (PL), ottenuta quale sommatoria del valore delle vendite (quantità venduta moltiplicata per il prezzo), dell’ammontare dei premi e delle sovvenzioni, del valo-re dei prodotti secondari e del valovalo-re dei prodotti destinati ad essevalo-re riutilizzati in altri processi pro-duttivi aziendali (reimpieghi). Per contro le Spese Specifiche, che costituiscono la parte passiva del bilancio, coincidono con la somma delle spese per sementi, fertilizzanti, antiparassitari, noleggi pas-sivi, irrigazione ed altre spese (di cui fanno parte le assicurazioni, se non espressamente indicate, le spese per altri mezzi tecnici non contemplati nelle voci precedenti). Il saldo tra le due componenti del bilancio rappresenta il Margine Lordo della coltura (ML). La mancanza di informazioni sui tempi di lavoro erogati per le diverse operazioni sia dalla forza lavoro che dai diversi mezzi meccanici impedisce di considerare importanti componenti dei costi colturali e, dunque, di approfondire l’ana-lisi effettuando comparazioni in termini di conti colturali totali; il margine lordo, pertanto, com-prende la remunerazione del lavoro e della meccanizzazione.

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P

ARTE

P

RIMA

L

A STRUTTURA PRODUTTIVA ED ECONOMICA DELL

AGRICOLTURA IRRIGUA

MERIDIONALE

1

L’immagine dell’agricoltura irrigua meridionale

1.1 Alcuni dati introduttivi dai rilievi ISTAT...

Prima di analizzare l’agricoltura irrigua delle regioni meridionali nei suoi aspetti economici e strutturali, attraverso i dati resi disponibili dalla RICA, può essere utile dare un primo sguardo ad alcuni parametri di fondo che caratterizzano l’irrigazione nelle regioni meridionali. Tale operazione viene fatta attraverso i dati dell’ISTAT, ed in particolare riferendosi al Censimento dell’Agricoltura del 1991, dell’indagine strutturale del 1995, nonché attraverso il confronto con i dati del Censimento del 19821.

Alla data del Censimento del 1991 le aziende irrigue nelle regioni meridionali erano poco meno di 490.000 unità (Tabella I.1), con un incremento, rispetto al 1982, del 15,4%. In termini di superfici irrigate l’aumento verificatosi nel periodo compreso tra i due censimenti è stato più consi-stente. Infatti, passando da meno di 650.000 ha a quasi 782.000, l’incremento registrato è stato supe-riore al 20%. Se si considera l’evoluzione degli indicatori esposti, per il medesimo periodo e riferiti all’intero territorio nazionale, si nota come gli incrementi in termini di aziende irrigue (+12,01%) e, soprattutto, di superfici (+11,81%), siano stati ben più modesti. Questi dati fanno già intravedere come l’irrigazione rappresenti un fattore non solo importante, ma strutturale per l’agricoltura meri-dionale e per alcune regioni in particolare. Si pensi che le aziende irrigue merimeri-dionale rappresenta-vano nel 1991 oltre il 52% del totale nazionale, con un leggero incremento rispetto al precedente rilievo censuario (erano meno del 51% nel 1982). Tuttavia, in termini di superfici, l’incidenza del-l’agricoltura irrigua meridionale scende a meno del 29% (meno del 27% nel 1982). La discrasia tra i due dati mette in luce come alla diffusione dell’irrigazione, a livello aziendale, non corrisponda poi ad una effettiva possibilità di utilizzare in modo estensivo l’acqua irrigua. Ciò potrebbe essere dovu-to a diversi motivi: strutturali (ad es. ampiezza delle aziende), di effettiva disponibilità della risorsa idrica (che verrebbe utilizzata quindi soltanto per i processi produttivi più importanti), di convenien-za economica, di variabilità climatica, ecc.

Se tuttavia si prende in considerazione l’evoluzione più recente dell’utilizzo del fattore idrico nella produzione agricola italiana, ma soprattutto meridionale, la prospettiva muta (Figura I.1 e I.1bis). Infatti tra il Censimento del 1991 e l’indagine strutturale del 1995 si assiste ad un rilevante, e generalizzato, decremento delle aziende che utilizzano l’irrigazione. A livello nazionale l’Istat rile-va una diminuzione superiore al 30%. Il decremento è però più sensibile nelle regioni dell’Obiettivo 1, ove supera il 34%, contro il 25% che si registra nelle altre regioni. In termini di SAU la flessione è meno significativa, pari al 5% circa, ma non trascurabile, soprattutto se si considera che nelle rima-nenti regioni l’Istat registra un lieve incremento (+ 1,41%).

Scende, di conseguenza, anche il peso delle regioni meridionali nell’ambito dell’agricoltura irrigua nazionale: meno del 50% delle aziende irrigue e meno del 28% in termini di SAU (Figura I.2). 1 Al momento della chiusura di questo Rapporto non sono ancora stati resi noti i dati dell’ultimo Censimento che più specificatamente riguar-dano l’irrigazione. Naturalmente, vista la sensibile diminuzione che, secondo i primi dati provvisori diffusi dall’ISTAT (-412.000 unità circa), ha interessato le aziende agrarie tutto lascia supporre che tale decremento abbia interessato anche le unità e le superfici irrigue. Sarebbe interessante capire le eventuali differenze che, se presenti in positivo, potrebbero essere attribuite proprio alla presenza dell’irri-gazione.

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In sostanza i dati evolutivi dell’irrigazione nelle regioni del sud, comparati con quelli dell’Italia nel suo complesso, mostrano come sia in atto un riaggiustamento nell’uso del fattore idrico. In tutto il territorio nazionale si assiste ad un deciso decremento nel numero di aziende che fanno uso dell’irri-gazione. Tuttavia mentre nel centro nord questo fenomeno è accompagnato da un incremento, se pur lieve, delle superfici nel meridione si ha un decremento anche di queste. In definitiva se fattori come la maggiore scarsità delle risorse idriche e l’aumento dei costi hanno spinto le imprese del centro-nord verso un riaggiustamento strutturale lo stesso non è avvenuto nelle regioni dell’Obiettivo 1.

I dati del 1991 mettono in luce come, a livello regionale, spicca il peso che assumono regioni come la Sicilia, la Campania e la Puglia, mentre più modesto è l’apporto delle altre. In termini di aziende le prime due incidono, rispettivamente, per il 24% ed il 22% sul totale delle regioni meri-dionali, seguite da Puglia e Calabria. In termini di SAU la maggiore concentrazione di superfici irri-gate si ha invece in Puglia (29% della SAU), Sicilia e Campania (23% e 15%).

Naturalmente l’evoluzione segnalata tra il 1991 ed il 1995 non è analoga in tutte le regioni e muta anche i rapporti tra le diverse aree irrigue meridionali. Si possono individuare tre situazioni dif-ferenziate (Figura I.3). La prima, che si riscontra in Abruzzo e Campania, al decremento nel numero di aziende che fanno ricorso all’irrigazione (più notevole in Abruzzo, -63%, più modesto in Campania, -15%) si accompagna un lieve incremento della SAU irrigua. Di segno opposto l’evolu-zione che riscontra in Basilicata ed in Sardegna: qui alla diminul’evolu-zione delle aziende (rispettivamente -51% e -40%) fa riscontro anche una sensibile flessione delle superfici irrigate (-17% e -15%). Nelle altre regioni, infine, i valori nelle variazioni, negative, della SAU irrigata sono più contenuti, ma sono accompagnati da forti contrazioni nel numero di aziende. Complessivamente si può affermare che l’uso del fattore idrico nelle regioni meridionali stia attraversando un momento di ristrutturazione con una maggiore concentrazione della SAU irrigua. Di conseguenza, nel contesto delle regioni meridio-nali, la Campania vede aumentare il proprio peso in termini di numerosità di aziende interessate e di SAU, mentre nelle altre regioni assumono un ruolo minore, in termini di aziende, Sicilia e Abruzzo. Per quanto concerne la SAU le variazioni relative sono molto più contenute.

In definitiva tra il 1991 ed il 1995 la SAU irrigua mediamente disponibile nelle aziende meri-dionali è passata da 1,59 ha a 2,32; un incremento di riguardo, anche se non sufficiente a porre le aziende irrigue meridionali al livello di quelle delle regioni del centro-nord, che dispongono, media-mente, di una SAU irrigua di quasi 6 ha.

D’altronde un indicatore degli ostacoli strutturali ad un uso razionale delle risorse idriche è dato dal fatto che soltanto il 37% delle aziende irrigue meridionali si trovano in pianura (contro un valore del 50% nelle altre regioni), mentre la quota maggiore, pari al 45%, si ritrova in collina e ben il 19% è situa-to in montagna (Tabella I.4). Anche se il dasitua-to risente della mesitua-todologia di classificazione adottata dall’Istat, è da segnalare come in alcune regioni come Abruzzo e Molise non vi siano aziende irrigue situate in pianura e nelle quali circa il 40% delle aziende irrigue risulta dislocato in montagna (Figura I.4). L’incidenza delle aziende localizzate in montagna arriva poi al 60% in Basilicata. L’unica regione in cui l’agricoltura irrigua è concentrata in aree di pianura è la Puglia (83% delle aziende), mentre un peso minore, anche se superiore alla media, si riscontra in Sardegna (44%) e Campania (40%).

Sotto il profilo colturale l’agricoltura irrigua delle regioni meridionali appare imperniata sui prodotti ortofrutticoli (Tabella I.5). Questi nel loro insieme coprono più del 57% della SAU irrigua. In assoluto la superficie maggiore è occupata dagli agrumi (quasi il 20% delle superfici irrigate), cui seguono le ortive (il 17%), la vite (il 13,4%), i fruttiferi (il 7,4%). Se a questo fondamentale insieme di produzioni, per l’agricoltura meridionale, si sommano le superfici destinate a foraggere avvicen-date e a frumento duro si raggiunge il 75% della SAU irrigua. In particolare le prime incidono per quasi il 10% sul totale della SAU irrigua meridionale, ed il frumento duro per un affatto trascurabile quasi 8%. Anche in questo caso le differenze regionali possono essere notevoli (Figura I.5). Gli

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agru-mi assumono un peso riguardevole oltre che in Sicilia (oltre il 51% della SAU irrigua) anche in Calabria (38%) ed in Basilicata (16,7%). Le ortive sono il gruppo di colture che incidono in modo significativo in tutte le regioni meridionali; si va infatti dal 10% della Sicilia al 23% di Campania ed Abruzzo. Per tutte le altre colture si hanno situazioni quanto mai variegate. In Abruzzo, oltre alle già citate ortive, rivestono importanza le colture foraggere e industriali; in Molise il frumento duro e la barbabietola; in Campania, accanto agli ortaggi, spicca il ruolo dei fruttiferi; in Puglia, ancora insie-me alle ortive, diviene ragguardevole il peso della vite e del fruinsie-mento duro; in Sardegna diviene asso-lutamente preminente il ruolo delle foraggere avvicendate.

È interessante notare anche il peso che i diversi ordinamenti o colture irrigue meridionali assu-mono rispetto al totale nazionale delle stesse. Così se appare scontato che gli agrumi irrigui delle regioni meridionali rappresentino praticamente il 100% del totale nazionale, quote significative riguardano anche frumento duro e vite. Nel primo caso si trova localizzato nelle regioni meridionali l’87% della SAU irrigua, nel secondo si arriva al 65%. Il peso delle regioni meridionali supera il 57% anche nel caso delle ortive, mentre scende a meno del 30% nel caso dei fruttiferi. Come dire che, non solo l’ortofrutticoltura rappresenta l’asse portante dell’agricoltura irrigua meridionale, ma che il peso delle regioni meridionali per questi comparti è centrale per l’intera agricoltura italiana.

Come si è visto una differenza fondamentale tra l’agricoltura irrigua meridionale e quella com-plessiva nazionale è data dalla discrasia tra numero di aziende interessate all’irrigazione e relative superfici. Le ipotesi possono essere diverse, tra cui quelle legate alle differenze tra domanda ed offer-ta della risorsa idrica, sia in termini assoluti, sia in termini di variazioni soffer-tagionali. In effetti tra l’a-gricoltura irrigua del centro-nord e quella meridionale esistono grandi differenze in termini struttu-rali, e in modo specifico in relazione ai sistemi di approvvigionamento dell’acqua irrigua e dei siste-mi di irrigazione. Per quanto riguarda il primo aspetto colpisce il fatto che più del 64% delle azien-de irrigue meridionali si rifornisse, nel 1991, ancora in forma indipenazien-dente, contro un complementa-re 36% che faceva ricorso a forme dipendenti (Tabella I.6). Nelle complementa-restanti complementa-regioni del centro-nord la percentuale di aziende che ricorre alle fonti indipendenti, anche se in aumento tra i due ultimi censi-menti, si attesta su meno del 53%. Il decremento in termini relativi, cui si assiste tra i due ultimi cen-simenti, è così leggero da fare considerare il fenomeno come strutturale, anche alla luce del fatto che comunque in termini assoluti le aziende che ricorrono a questo insieme di fonti è cresciuto del 29% circa. Nell’ambito delle fonti indipendenti la quota più significativa (praticamente i 3/4 delle azien-de) è rappresentata dalle “altre fonti”, ossia dall’approvvigionamento da falda idrica. Tale fonte risul-ta tra l’altro in significativo aumento nel periodo intercensuario: le aziende interessate sono cresciu-te infatti dal 68,78% al 74,98% di quelle che ricorrono a fonti indipendenti. Le restanti opzioni - corsi d’acqua superficiali e laghi naturali o artificiali - risultano quindi minoritarie e in regresso. I motivi si possono ricondurre ai costi crescenti per il rifornimento, ma anche alla crescente aleatorietà dello stesso o alla competizione nell’uso della risorsa. Il restante 36% delle aziende irrigue meridionali che utilizza fonti dipendenti, ha quale interlocutore principale un Consorzio di irrigazione, presente in quasi l’80% delle aziende che ricorrono a fonti dipendenti.

A questo proposito giova ricordare il contributo dell'agricoltura ai fenomeni di abbassamento della falda che conduce sia fenomeni di subsidenza sia, in vicinanza delle coste, alla intrusione nelle falde stesse di acqua salmastra proveniente dal mare. Anche se in mancanza di dati ufficiali il feno-meno sembra rilevante specialmente in alcune aree come il tratto terminale del Po e la Puglia (Baratti S., 1991; Maf, 1990).

Le differenze che si riscontrano tre le diverse regioni sono in questo caso particolarmente significative in quanto possono fornire informazioni in merito alla struttura stessa dei sistemi irrigui meridionali. (Figura I.6) Se il ruolo delle fonti indipendenti è notevole in tutte le regioni (con punte del 76% e del 78% rispettivamente per Calabria e Campania), colpisce soprattutto l’incidenza che le

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“altre fonti” - ossia il prelievo da falda - assume in alcuni contesti. In particolare le acque di falda riforniscono un numero elevato di aziende nelle quattro regioni che rappresentano, nel loro insieme, l’asse portante dell’agricoltura irrigua meridionale, ossia Campania (87% delle aziende), Puglia (97% delle aziende), Sicilia (79% delle aziende), e Sardegna (78% delle aziende). Si riscontrano poi situazioni particolari e differenziate. Così l’approvvigionamento da corsi d’acqua assume rilievo in Abruzzo, Molise e Calabria. I consorzi di irrigazione sono quasi sempre il soggetto erogatore quasi esclusivo per quanto riguarda le fonti dipendenti. Fanno eccezione Campania, Puglia e Sicilia ove un certo peso rivestono anche le stesse aziende agricole. In Sicilia poi per quasi il 23% delle aziende che ricorrono a fonti dipendenti il soggetto erogatore è rappresentato da “altra forma”.

Altrettanto importante per l’analisi dei sistemi irrigui meridionali è il metodo irriguo. Per quanto riguarda questo indicatore l’agricoltura irrigua meridionale appare ancora imperniata su meto-di a bassa efficienza. Si pensi che quasi il 56% delle aziende utilizza ancora lo scorrimento superfi-ciale e l’infiltrazione laterale (Tabella I.7). Se a questi sommiamo un ulteriore 6% che utilizza la som-mersione si capisce come la strada per razionalizzare l’uso delle risorse idriche sia ancora lunga. C’è da dire inoltre che, se nel periodo intercensuario ambedue i metodi hanno fatto registrare decremen-ti significadecremen-tivi del loro peso reladecremen-tivo, soltanto nel caso della sommersione ciò è corrisposto ad una diminuzione in valore assoluto (-38,51% di aziende interessate), mentre nel caso dello scorrimento e dell’infiltrazione il numero di aziende che ha fatto ricorso a tali metodi è cresciuto del 16% circa. Le forme irrigue più efficienti di contro, pur crescendo in termini relativi in modo significativo, rivesto-no in termini assoluti un peso ancora modesto. Nel caso dell’aspersione si registra una crescita dell’80% che porta questo metodo ad essere il secondo come frequenza di utilizzazione (il numero delle aziende interessate è passato dal 31% al 36%). Notevoli i progressi anche dei sistemi più avan-zati (goccia, spruzzo, sorso) per i quali l’incremento registrato è stato del 330%. Il peso complessivo di tali metodi è tuttavia ancora basso, ancorché in rapido aumento (dal 4,4% al 14,2% di aziende).

I dati mostrano come la via per un impiego più razionale ed efficiente, sia sotto il profilo eco-nomico che ambientale, dell'acqua in agricoltura, deve essere incentrato tanto sulle reti di adduzione quanto sulla diffusione dei sistemi irrigui più avanzati. Soprattutto per quest'ultimo aspetto il pas-saggio decisivo sembra essere la revisione dei sistemi tariffari. Per molto tempo il canone di conces-sione dell'acqua irrigua è stato così basso che la “stessa riscosconces-sione costa più di quanto lo Stato ne ricava” (Nebbia, 1993).

Anche in questo caso le differenze regionali sono rilevanti (Figura I.7). L’irrigazione localiz-zata, ad esempio, riveste un ruolo non trascurabile in Puglia (dove interessa il 36% delle aziende) ed in Sicilia (21,5% delle aziende). Ma quest’ultima regione è anche l’unica nella quale si registra una diffusione significativa (22% delle aziende) della sommersione (legata probabilmente alla pratica della “forzatura” nella tecnica colturale del limone).

I dati sinora analizzati consentono una fotografia a livello macro dell’agricoltura irrigua meri-dionale. Il profilo che se ne ricava è che essa rappresenti un sottoinsieme di grande importanza per l’agricoltura meridionale, ma afflitto da carenze strutturali profonde. La diffusione, in termini di aziende e, in misura minore, di superfici, e la centralità dei comparti maggiormente interessati dalla pratica irrigua contrastano infatti con lo stato di arretratezza tecnologica ed organizzativa che sembra emergere soprattutto dall’analisi delle fonti e dei metodi irrigui. Di fronte alla necessità di raziona-lizzare e rendere efficiente, sotto il profilo agronomico ed economico, l’uso della risorsa la questio-ne dell’approvvigionamento e della distribuzioquestio-ne appaiono come centrali. Inoltre mentre questio-nelle restan-ti regioni si è assisrestan-tito, nel corso dei primi anni ‘90, ad una certa razionalizzazione che ha portato verso un minore numero di aziende che utilizzano l’irrigazione, ma con una maggiore specializza-zione, lo stesso non è avvenuto, tranne alcuni casi (ad esempio in Abruzzo e Campania) nelle regio-ni meridionali. Qui la presenza di aziende irrigue, anche se in lieve decremento, è diffusissima e

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riguarda circa il 50% delle unità produttive, ma si accompagna ad un minor peso delle superfici che risultano quindi polverizzate, con conseguenti limiti di natura strutturale che ostacolano efficienza tecnica ed economica nell’uso della risorsa idrica.

1.2 ... e il quadro fornito dalle aziende della RICA

La centralità dell’agricoltura irrigua nelle regioni meridionali risulta evidente anche attraverso la fotografia, che della stessa, fornisce la RICA. Naturalmente tutti i risultati e le analisi che qui ver-ranno fatte non possono essere basate su un principio di rappresentatività, che in parte inficia anche il confronto intertemporale tra il biennio 95/96 e quello 90/91. Del resto la base di dati risulta suffi-cientemente ampia per potere descrivere, senza timore di proporre una insieme irreale, l’agricoltura meridionale. Le elaborazioni effettuate sui dati RICA, per questo primo livello di confronto tra l’a-gricoltura irrigua e quella non irrigua, si basano su tre diverse stratificazioni: per altimetria, per clas-se di UDE, per clasclas-se di incidenza di SAU irrigua sulla SAU totale.

Il primo dato che emerge dalla RICA è la frequenza delle aziende che appartengono ad OTE irrigui rispetto a quelli non irrigui (Figura I.8). Nel biennio 1995/96 su un totale di 13.236 aziende le prime sono più di 8.900, ossia più del 67%. L’incidenza, molto elevata, se, da un lato, non senta l’universo, dall’altro potrebbe essere assunta quale indicatore, nell’ipotesi che la RICA rappre-senti maggiormente l’agricoltura professionale. In altre parole se la RICA è maggiormente presente nella fascia più professionale dell’agricoltura, se ne ricava che, in questo sottoinsieme dell’universo produttivo, l’irrigazione è un fattore fondamentale, ancorché di ampia diffusione. Sembra invece meno utile in questo caso il raffronto temporale, proprio per i problemi di rappresentatività esposti e perché il tasso di ricambio delle aziende presenti nella RICA può essere tale da cambiare radical-mente l’insieme rilevato nel giro di pochi anni.

È bene ribadire, prima di addentrarsi nell’analisi degli indicatori strutturali ed economici, che il criterio di selezione, esposto nell’Appendice metodologica, ha portato ad includere nell’insieme degli OTE irrigui tutti gli OTE che mostrassero una certa presenza, anche non molto elevata, di azien-de con SAU irrigua superiore al 50%, e quindi anche ordinamenti nei quali, complessivamente, il peso delle aziende con una SAU irrigua superiore al 50% è basso. È il caso delle coltivazioni-alle-vamenti (Polo 8), o dell’olivo (codice 3300). Tuttavia si noti che anche in questi ordinamenti se si vanno a considerare le aziende con dimensione economica superiore alle 40 UDE, l’incidenza delle unità in cui la SAU irrigua è superiore al 50% sale significativamente (rispettivamente 22% e 26%). Se, più in generale, si va ad esaminare, all’interno di quella che qui viene assunta come agricoltura irrigua, l’incidenza delle aziende con una superficie irrigata superiore al 50% si vede che questo sot-toinsieme pesa per circa il 35%, contro il 52% delle aziende la cui SAU irrigata è inferiore al 30% del totale. Questo rende possibile, dunque, mettere a confronto, anche nell’ambito dello stesso OTE, l’impatto dell’irrigazione.

Una prima, semplice ma significativa, indicazione sull’impatto del fattore idrico sulla struttu-ra aziendale si ha attstruttu-raverso l’analisi della distribuzione delle aziende per classe di UDE. L’incidenza delle aziende che ricadono nella classe di UDE superiore alle 40 è infatti dell’11,4% nel caso degli OTE irrigui, contro appena il 3,2% di quelli non irrigui. Nel complesso l’88% delle aziende che, nella RICA, appartengono a questa classe di dimensione economica sono irrigue. Di contro va notato che, ancora nell’ambito dell’agricoltura irrigua, ben il 58% delle aziende ricade nella classe di UDE infe-riore a 16. L’agricoltura irrigua mostra, quindi, una “doppia personalità”: da un lato rappresenta la quasi totalità delle imprese di grandi dimensioni economiche, dall’altro è caratterizzata da una ele-vata incidenza di aziende di piccole dimensioni economiche. Queste tuttavia fanno pensare, più che ad una agricoltura accessoria, ad un part-time professionale ed orientato al mercato.

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Al peso in termini di numerosità aziendale si noti che, per nessuna delle chiavi di lettura qui considerate, non corrisponde una pari incidenza in relazione alla SAU (Figura I.8), come peraltro già risulta attraverso l’analisi dei dati ISTAT. Infatti i 318.802 ha di SAU rilevata dalla RICA per il bien-nio 1995/96 si distribuiscono soltanto per il 42,5% negli OTE irrigui, mentre il restante 58% afferi-sce l’agricoltura non irrigua. Da segnalare, per procedere correttamente nei confronti, che nel bien-nio di riferimento il rapporto tra SAU irrigua e SAU non irrigua era esattamente l’inverso: il 58% afferiva alla prima ed il 42% alla seconda.

Naturalmente la discrasia tra i dati in termini di aziende e quelli relativi alla SAU è da riferirsi alla diversa ampiezza aziendale dei due insiemi qui esaminati (Figura I.15): l’azienda irrigua è mediamente estesa su 15 ha di SAU, mentre quella asciutta sfiora i 43 ha. Si deve notare che per ambedue le tipolo-gie si è assistito ad un incremento tra i due periodi di riferimento; nel caso delle aziende irrigue tuttavia tale crescita della SAU aziendale ha sfiorato il 34%, mentre per quelle asciutte non raggiunge il 20%.

All’interno del sistema produttivo irriguo si possono cogliere differenze notevoli in relazione alla classe di UDE ed a quella di SAU irrigua. Nel primo caso infatti le aziende di dimensione supe-riore alle 40 UDE concentrano il 24,4% della SAU, grazie, naturalmente alla loro maggiore ampiez-za media (32,5 ha contro 18 ha e 10 ha, rispettivamente delle due classi dimensionali minori). È signi-ficativo notare che, nell’ambito del sistema produttivo non irriguo, l’ampiezza media delle aziende con dimensione maggiore di 40 UDE supera i 111 ha; come dire che per raggiungere la stessa dimen-sione economica le aziende dell’agricoltura non irrigua devono avere una dimendimen-sione fisica 3,5 volte maggiore di quelle irrigue. Di segno inverso la relazione tra ampiezza aziendale ed incidenza dell’ir-rigazione. Qui maggiore è la classe di incidenza della SAU irrigua minore è la dimensione media aziendale: le aziende con più del 50% di SAU irrigata sono mediamente estese per 8 ha circa, contro più di 20 di quelle in cui l’incidenza della SAU irrigata è inferiore al 30%. Anche in questo caso l’in-dicazione che se ne ricava è semplice ma significativa: maggiore è la presenza dell’irrigazione, mino-re la necessità di superficie produttiva.

Quando si va ad esaminare l’incidenza della SAU irrigua sul totale della SAU aziendale i due sottoinsiemi qui esaminati, naturalmente, si differenziano notevolmente: questa incide infatti per quasi il 24% sul totale negli OTE irrigui, mentre si attesta sul 2% in quelli non irrigui. Il dato è rima-sto pressoché invariato tra i due bienni di rilievo. La percentuale di SAU irrigua potrebbe apparire, a prima vista, piuttosto bassa, ma in realtà, con un esame più attento, la prospettiva cambia. Si ricorda peraltro che l’obiettivo di questa fase della ricerca è di fornire un quadro - realistico - dell’agricoltu-ra irrigua meridionale, quantificando alcuni padell’agricoltu-rametri macrostruttudell’agricoltu-rali (PLV, VA, occupazione) ed i risultati economici. Basta così mettere in evidenza che, nell’ambito dell’universo RICA, ben il 54% delle aziende degli OTE irrigui ricade in collina e che un ulteriore 15% in montagna. D’altronde que-sti dati sembrano coerenti, per grandi linee, con quelli ISTAT espoque-sti prima. Se quindi si va ad esa-minare l’incidenza della SAU irrigua in funzione dell’altimetria la prospettiva cambia: in pianura l’incidenza sale a più del 47%, in collina si attesta sul 17% ed in montagna non raggiunge il 10%. Un altro fattore che mostra di influenzare il dato è poi la dimensione economica dell’azienda, al cresce-re della quale aumenta, in modo lineacresce-re, anche l’incidenza della SAU irrigua. Si passa infatti dal 16% delle aziende con dimensione inferiore alle 16 UDE, al quasi 23% delle aziende comprese tra 16 e 40 Ude, sino al 37,5% delle aziende la cui dimensione supera le 40 UDE.

Terzo fattore che determina il valore medio dell’incidenza di SAU irrigua sul totale è l’OTE, con le avvertenze espresse in precedenza. Quindi accanto ad OTE (come ad esempio gli agrumi, gli ortaggi in piena aria ed in serra, la floricoltura in serra, la frutticoltura) in cui l’incidenza media della SAU irrigua supera il 60% (per raggiungere in pianura pesi più elevati), se ne ritrovano altri (come la frutta in guscio, l’olivo, alcuni OTE misti) in cui l’irrigazione è meno importante. Tuttavia per que-sti (accanto agli OTE zootecnici) grande importanza rappresenta l’altimetria; baque-sti pensare che nelle

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aziende specializzate nella produzione sia di latte che di latte e carne l’incidenza della SAU irrigua si attesta sul 41% in pianura, mentre in collina e montagna varia tra l’8 ed il 16%.

Naturalmente la combinazione dei diversi fattori esaminati si esprime attraverso i valori che i parametri considerati fanno segnare in relazione alla classe di incidenza di SAU irrigua su quella totale. Così anche nell’ambito dell’agricoltura irrigua si passa da una incidenza media del 3,7%, rela-tiva alla classe delle aziende con incidenza inferiore al 30%, ad una dell’86%, per quelle in cui l’in-cidenza supera comunque il 50%. Questo dato è abbastanza importante perché consentirà di analiz-zare, all’interno dello stesso OTE, l’importanza dell’uso della risorsa idrica.

La distinzione, abbastanza dicotomica, tra i due universi che qui si stanno confrontando, ossia l’agricoltura irrigua e quella asciutta, emerge ancora più chiaramente attraverso il rilievo delle Unità Lavorative (Figura I.8). Il carattere intensivo della prima tipologia qui si rileva chiaramente; in que-sto caso il peso dell’agricoltura irrigua arriva a quasi il 70% delle 10.151 unità lavorative impiegate dalle aziende RICA delle regioni meridionali. Naturalmente il peso degli OTE, e della combinazione OTE-altimetria, è molto evidente. In pianura il peso dell’agricoltura irrigua in termini di Unità Lavorative sale a più dell’87%, contro meno del 50% in montagna.

Come in precedenza le Unità lavorative si distribuiscono diversamente, all’interno dell’agri-coltura irrigua, in funzione della classe di UDE e di quella di SAU irrigua. Nel primo caso le azien-de di dimensione superiore alle 40 UDE impiegano il 21% azien-delle Unità lavorative di tutta l’agricoltu-ra irrigua. Visti i pesi in termini di SAU e di numerosità aziendale se ne deduce che la maggiore dimensione economica (e fisica) è accompagnata da un processo di razionalizzazione dell’uso del fat-tore lavoro che porta ad una minore pressione dello stesso sulla terra. l’impatto dell’uso dell’irriga-zione porta di contro ad una notevole intensivizzadell’irriga-zione, sotto il profilo dell’impiego di lavoro, dei processi produttivi. Infatti le aziende in cui la SAU irrigata è mediamente superiore al 50% del tota-le, pur essendo il 35% in termini di unità e pesando per il 21% sulla SAU, concentrano ben il 41% delle Unità lavorative totali. Aziende, quindi, non solo di dimensione fisica minore, ma con un alta intensità di lavoro, da attribuirsi alla tipologia di processi produttivi presenti.

Un altro parametro che sottolinea la differenza tra i due sistemi produttivi è la presenza di lavo-ro salariato. Questa è in genere bassa nell’agricoltura italiana, ed in particolare in quella rilevata dalla RICA. Infatti il valore medio dell’incidenza del lavoro familiare su quello totale si attesta poco sopra l’85%. Tuttavia nell’agricoltura irrigua il valore dell’indicatore scende ad 80,9% mentre in quella asciutta questo sale al 94,6%. È evidente, quindi, che il maggior ricorso alla manodopera salariata (che scende significativamente in alcuni OTE come l’orticoltura o l’olivicoltura, specie in pianura e per le aziende di più grande dimensione economica) rappresenti un segnale di produttività e dinami-smo, oltre ad essere un indicatore della valenza sociale, in termini di distribuzione della ricchezza.

La presenza di lavorio salariato varia, come è logico aspettarsi, in funzione della “dimensione irrigua” e di quella economica dell’azienda. In ambedue i casi la variazione è lineare. Nel primo si passa dall’86% di lavoro familiare delle aziende con SAU irrigua/totale < al 30%, al 75% di quelle con SAU irrigua/totale > al 50%. Nel secondo caso le differenza sono ancora più accentuate: nelle unità con dimensione economica inferiore alle 16 UDE il lavoro familiare supera il 93%, in quelle con dimensione superiore alle 40 UDE si attesta sul 52%.

Per completare il quadro che emerge da questa prima analisi, a livello macro, dei due sistemi pro-duttivi si può fare riferimento alla dimensione economica degli stessi (Figura I.8). Anche in questo caso spicca il dato dell’agricoltura irrigua, il cui peso sul totale della PLV prodotta, nelle regioni meridiona-li, nell’universo RICA sfiora il 68%, contro il 32% di quella asciutta. Medesima proporzione si ha con-siderando il Prodotto Netto aziendale che rappresenta la nuova ricchezza ottenuta dal settore.

All’interno del sistema produttivo irriguo emerge il peso delle unità tecniche di maggiore ampiezza economica e con maggiore presenza di SAU irrigua. Le due classi maggiori di queste

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stra-tificazioni pesano infatti, rispettivamente, per il 33% e per il 43,5% sul totale della Plv ottenuta dal-l’agricoltura irrigua.

Quanto sinora esposto indica, sinteticamente, come esista una separazione piuttosto netta fra le due tipologie qui esaminate. L’agricoltura irrigua rappresenta l’asse portante in termini di impre-se, unità lavorative, manodopera salariata, dimensione economica dell’intera agricoltura meridiona-le. In termini territoriali il maggiore dinamismo e l’intensità nell’uso delle risorse sono senz’altro più evidenti nelle aree di pianura, ma anche in quelle collinari e montane - come si vedrà più avanti - la presenza dell’irrigazione, pur su superfici di minore importanza, garantisce risultati economici e quindi prospettive di competitività all’agricoltura meridionale.

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Risultati economici, competitività e costi

In questa sezione del lavoro si cercherà di fornire un’analisi preliminare dei risultati economi-ci dell’agricoltura irrigua meridionale, per come la stessa è stata definita nelle pagine precedenti. Allo stesso tempo si effettuerà un confronto con i sistemi produttivi irrigui, comparando l’evoluzione di tali risultati per i due periodi qui presi in esame (1995/96 e 1990/91). Ove significativo si scenderà di livello analizzando le partizioni altimetriche e la dimensione economica aziendale. Non si scende-rà qui a livello dei raggruppamenti di OTE, in quanto questo rappresenta l’oggetto della seconda parte di questo rapporto.

Nell’analizzare i risultati economici si è fatto riferimento in primo luogo al Reddito Netto aziendale, in quanto lo stesso rappresenta la remunerazione di tutti fattori produttivi apportati dal-l’imprenditore. Lo stesso parametro viene considerato nel valore che si esprime a livello aziendale, viene rapportato all’unità di superficie ed al totale delle Unità di Lavoro. È stato poi considerato il Reddito da lavoro familiare, rapportato all’Unità di Lavoro familiare.

Successivamente sono state analizzate le variabili che possono influenzare il livello di reddi-to, e quindi la produttività dei fattori, i costi, l’efficienza. Infine sono stati esaminati i principali para-metri strutturali, che possono, a loro volta, contribuire a spiegare i risultati emersi.

2.1 I risultati economici

Il reddito netto aziendale ottenuto, mediamente, nelle aziende dei sistemi irrigui meridionali è stato nel biennio 1995/96 di poco superiore ai 35 milioni di lire (Figura I.9). Nel biennio di riferi-mento, ossia il 1990/91, il reddito prodotto era stato inferiore ai 21 milioni, con un increriferi-mento, in valore assoluto, superiore quindi ai 14 milioni (+69%). Tuttavia negli stessi periodi i sistemi non irri-gui hanno fatto registrare valori medi superiori. Infatti nel 1995/96 il Reddito Netto aziendale assom-mava a 37 milioni, con un incremento rispetto al 1990/91 di quasi 16 milioni (+75%).

Questo risultato, a prima vista abbastanza sorprendente, va tuttavia letto in funzione delle stra-tificazioni adottate e delle loro combinazioni, in primo luogo dell’altimetria e di come la stessa influenza la composizione della banca dati RICA. Infatti nelle aree di pianura, che si è visto sono quelle ove è nettamente più rilevante la presenza di superfici irrigue, il Reddito Netto aziendale è maggiore nel caso dei sistemi irrigui. In questi ultimi infatti le aziende producono un Reddito Netto di 34 milioni contro i 32 milioni di quelle non irrigue.

La ricchezza prodotta, mediamente, dalle singole unità produttive varia in modo rilevante anche in funzione della classe di UDE. Anche in questo caso si rilevano migliori performance nelle aziende non irrigue. Ad esempio nella classe di dimensione economica superiore alle 40 UDE il red-dito netto ottenuto dall’unità dei sistemi non irrigui è di 142 milioni di lire contro i 97 delle aziende

Figura

Tab. I.2 - Aziende che praticano l'irrigazione con relative superfici (%)
Tab. I.6 - Aziende che praticano l'irrigazione per forma di approvvigionamento dell'acqua irrigua
Figura I.1 - Evoluzione del numero di aziende irrigue
Figura I.3 - Distribuzione di aziende e SAU irrigue per regione, 1995
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