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Sextantio Albergo Diffuso: la replicabilità del modello in Calabria

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Academic year: 2021

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Indice

PREMESSA pag. 3 PARTE I

1. Introduzione pag. 7 2. Turismo sostenibile pag. 10 3. Borghi in Italia parzialmente abbandonati: rinuncia o

valorizzazione? pag. 19 4. Albergo diffuso: nuovo modello di sviluppo territoriale pag. 37

PARTE II

1. Case study: Sextantio albergo diffuso

1.1. Introduzione pag. 64 1.2. Cenni storici pag. 67 1.3 Daniele Elow Kihlgren pag. 71 1.4 Progetto 'Sextantio' pag. 72 1.5 Recupero della cultura immateriale pag. 81 1.6 Recupero della cultura materiale pag. 83 1.7 Criticità del modello pag. 89 1.8 Aspetti normativi pag.95 2. Considerazioni sulla replicabilità del modello AD Sextantio in un

borgo calabrese.

2.1 Analisi preliminari sui borghi semi-abbandonati in

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2.2 Aspetti normativi pag. 103 2.3 Cleto? pag.104 2.4 'Pietramala' albergo diffuso di Cleto: stime e ipotesi

valutative pag. 111 2.5 Considerazioni conclusive pag. 125

Bibliografia pag. 129 Pubblicazioni pag. 130 Sitografia pag. 131 Ringraziamenti pag. 135

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Premessa

Il mio interesse verso il turismo responsabile mi ha spinta ad esplorare l'intero panorama turistico attraverso gli studi e ad approfondire nello specifico la sostenibilità dei sistemi turistici.

Alcune tendenze nei comportamenti di consumo e negli standard tecnico-organizzativi seguiti dalle imprese di servizi turistici sottolineano una sensibilità crescente attorno al tema della sostenibilità. In questo contesto stanno assumendo un ruolo importante le trasformazioni socio-economiche a cui stiamo assistendo negli ultimi anni che hanno portato a far ri-emergere i valori di fondo su cui basarsi e da cui ripartire per uscire dal 'limbo della crisi'. L'innovazione1 è un'ottima strada per ripartire ma bisogna innovare osservando i comportamenti sociali -quelle che Norman2 chiama le 'innovazioni sociali'- quindi conoscenze pratiche più che scentifiche. L'innovazione in questo senso è intesa come il risultato della capacità delle imprese turistiche e dei decision maker territoriali di migliorare la qualità delll'ospitalità delle destinazioni di riferimento attraverso il ricorso ad appropriati modelli tecnico-organizzativi, secondo una logica di adattamento reciproco e di compatibilità con le evoluzioni sociali, culturali e tecnologiche. Alla base del turismo sta il rapporto dinamico che lega fortemente tre loro l'impresa turistica, il territorio e il turista.

Il desiderio del turista di ultima generazione è 'vivere un'esperienza' durante la sua vacanza, è cercare nei luoghi l'anima di quei posti, la particolare identità che li caratterizza. Da diverse indagine su cosa si aspettano i turisti dall'Italia emerge chiaramente che ciò che si aspettano è proprio la 'Italianità', sono stanchi di trovare prodotti standardizzati frutto di una cultura generalista, sorda muta e ceca verso l'identità e il genius loci di un paese o di una località. Voglio citare, a tal proposito, le parole

1 P. Paniccia, Nuovi fermenti di sviluppo sostenibile nel turismo, pp. 4-5 2 R. Normann, La gestione strategica dei servizi

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dell'architetto ticinese Mario Botta in un intervista all'Avvenire3, quando sostiene che le città storiche italiane e i borghi sono percepiti come luoghi di fascino in quanto espressione formale della storia e della memoria:

“[...] in queste pietre noi riconosciamo un substrato di memoria del

quale abbiamo estrema necessità, perchè inconsciamente abbiamo bisogno di riconoscerci in una storia, quella dei nostri progenitori […]. il ragionamento da fare è questo: in una società come l'attuale attraversata dalla globalizzazione, la ricerca dell'identità passa attraverso il senso di appartenenza ad un territorio, e queste città della memoria sono un libro aperto, un'enciclopedia senza fine, un bene dell'umanità, un'avventura in cui scopro me stesso. Il turista deve cercare la relazione con la storia, col sentimento collettivo, non l'emozione letteraria dell'isola esotica imposta dal marketing.[...]”

Alle nuove tendenze turistico- culturali ottimamente si adatta il nostro Paese (una delle mete mondiali più ambite) dotato di un patrimonio capillarmente diffuso e pertanto assolutamente contestualizzato, che permette di seguire percorsi distribuiti policentricamente su tutto il territorio a beneficio delle località minori e periferiche. Alla luce di tutto ciò il turismo culturale si dimostra fondamentale sia per incrementare il numero e i tempi di permanenza dei turisti in un luogo, sia per raggiungere uno sviluppo turistico sostenibile.

Il mio percorso continua con la ricerca di un attrattore turistico che sia sostenibile -dal punto di vista certamente ambientale ma anche e soprattutto socio-economico-culturale- e che rispetti i bisogni dei turisti di ultima generazione. Un modello di sviluppo che rilanci le micro-economie locali italiane incremendando altresì il tasso occupazionale.

In Italia negli ultimi tempi stiamo assistendo alla nascita e al graduale sviluppo di alcune imprese turistiche fondate su un rinnovato senso del

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territorio. Dietro la spinta di un'utenza sempre più esigiente di esperienze autentiche e il problema dell'abbandono delle piccole e quanto mai tipiche realtà italiane dei piccoli borghi -ultimi testimoni di un'Italia che ormai è cambiata- sempre di più sono le esperienze imprenditoriali di valorizzazione turistico-immobiliare.

Il focus di questa ricerca è un modello di sviluppo territoriale creato in Italia e per l'Italia: una nuova e originale formula di ospitalità che prende il nome di 'Albergo Diffuso' (AD). Il Case Study è uno dei casi di eccellenza del panorama nazionale: Sextantio Albergo Diffuso di Santo Stenano di Sessanio (AQ), il cui proprietario unico Daniele Elow Kihlgren ha investito il suo patrimonio.4

L'Albergo Diffuso all'interno dei borghi parzialmente abbandonati e 'in via di estinzione' sarà dunque l'oggetto dello studio e l'ambizione sarà dimostrare l'efficacia del modello come motore di sviluppo turistico territoriale e la replicabilità del nostro Case Study in un borgo calabrese5. L'idea di base dunque è che sia necessario ripartire proprio da quelle realtà, come ha fatto lo stesso Kihlgren, sedi di antichi saperi e sapori, da quell'antica cultura che sembra ormai persa per riportare in auge territori un tempo forti per le loro bellezze e risorse.

Iniziamo con una panoramica generale sull'importanza che riveste il turismo nel mondo, analizziamo quindi quali sono le minacce che possono derivare da un consumo massiccio e standardizzato delle risorse e in fine i vantaggi portati da un turismo sostenibile. Un turismo sostenibile sviluppato all'interno dei piccoli borghi. In Italia abbiamo centinaia di Piccoli Comuni sofferenti di un forte 'disagio insediativo': una costellazione di piccole realtà adagiate sui 'cucuzzoli delle montagne' che custodiscono un sapere antico, un'identità ormai perduta a favore di una modernità standardizzata, si potrebbe quasi parlare di 'globalizzazione culturale'. Un

4 Ho conosciuto di persona questo mondo, per il progetto di stage universitario ho scelto proprio la Sextantio di Santo Stefano di Sessanio.

5 In Calabria esistono 327 Piccoli Comuni (ca l'80% sul totale, di cui almeno 30 sono del tutto spopolati).

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paesaggio, il nostro, che costituisce un 'Vantaggio Competitivo' per i suoi valori intrinsechi, e lo ha capito bene Daniele Elow Kihlgren. La lungimiranza di questo modello di sviluppo risiede nel binomio: ripristino del “Patrimonio storico minore”- strutturale e culturale- con metodo conservativo e utilizzo dello stesso attraverso la creazione dell'AD. Il modello si è rivelato sin dall'inizio vantaggioso per il territorio e, secondo Kihlgren, sarebbe auspicabile svilupparlo nell'intero sud Italia dove si sono conservati meglio i resti di un passato non troppo lontano.

L'AD, in particolare il modello Sextantio, è un esempio sostenibile di sviluppo turistico di piccole realtà italiane che rischiano di scomparire, è la scommessa per un rilancio dell'identità italiana, è soprattutto “Made in

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PARTE I

1. Introduzione

Il World Travel and Tourism Council ha affermato che se prendiamo in considerazione la spesa dei turisti domestici ed internazionali che viaggiano presso altre comunità, visitando i loro ambienti naturali e artificiali, l'indotto economico dell'industria turistica è uno dei più significativi al mondo.

L’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO Barometer, January 2013)6 ha presentato i risultati del turismo internazionale nel 2012, vedi Grafico n.1:

Graf. 1 World inbound, International tourist arrivals. Fonte World Tourism Organization.

2012

Dall'analisi dei dati possiamo vedere che il turismo internazionale ha vissuto nell’anno trascorso una crescita del 4%, superando il record di un miliardo di turisti globali per la prima volta nella storia, con un incremento pari al 3,8% rispetto all'anno precedente.

6 UNWTO Barometer, January 2013.

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Il 51% dei viaggiatori a livello globale sceglie l'Europa come meta: il grafico 2 evidenzia il divario rispetto alle altre macro-regioni:

Graf. 2. World Inbound Tourism: International Tourist Arrivals, 2012. fonte World Tourism

Organization

Le previsioni dell’UNWTO per il 2013 sono egualmente positive: la crescita di arrivi internazionali dovrebbe attestarsi a livello mondiale a +3/4%.

Dal “Economic Impact of Travel & Tourism 2013 Annual Update”7 possiamo

vedere non solo il contributo diretto di Travel & Tourism ma anche gli impatti indiretti e indotti che questo settore genera:

Travel & Tourism’s direct contribution to world GDP and employment in 2012 was US$ 2.1 trillion (2012 prices) and 101 million jobs.

Taking account of its combined direct, indirect and 7 http://www.wttc.org/site_media/uploads/downloads/Economic_Impact_of_TT_2013_An

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induced impacts, Travel & Tourism’s total economic contribution in 2012 was US$ 6.6 trillion in GDP (2012 prices); 260 million in jobs; US$ 760 billion in investment (2012 prices); and US$ 1.2 trillion in exports (2012 prices).

This total contribution represents 9% of total economy GDP in 2012, 1 in 11 jobs, 5% of total economy investment and 5% of world exports.

Questi dati mostrano come il turismo abbia assunto una dimensione talmente notevole dal punto di vista economico da caratterizzarsi come fonte di stress per gli ecosistemi fragili, soprattutto se si tiene conto che

l’industria turistica è ritenuta, fra le altre, quella in grado di crescere più velocemente a livello mondiale.

Krippendorff8 sostiene che il paesaggio è la vera materia prima del turismo, ma essendo quest'ultimo una 'industria estrattiva' può consumare i paesaggi. Il politologo ritiene che “nel turismo l'ecologia dovrebbe venire prima dell'economia per il benessere stesso dell'economia e per tutti quelli che vi partecipano”. Dunque, se non viene gestito con sensibilità e lungimiranza, il turismo può diventare una seria minaccia sia per le risorse ambientali che per quelle socio-culturali: capacità di carico9 e sostenibilità sono concetti strettamente collegati e che non riguardano solo aree naturali, ma anche urbane e complessi monumentali.

Il tema della pianificazione sostenibile dei territori turistici o del riuso di territori10 dotati di un ricco patrimonio si carica di una necessità forte: affrontare il nodo di come conservare e magari rafforzare l'identità del luogo. Si pone quindi l'obiettivo di individuare ed attivare meccanismi di resistenza attiva del territorio ponendo al centro delle strategie di pianificazione i temi dell'identità, dei valori culturali e dei significati del

8 Politologo tedesco considerato uno dei principali esponenti nonché pioniere delle scienze della pace

9 L'OMT definisce la capacità di carico come: “il numero massimo di persone che possono visitare contemporaneamente una destinazione turistica senza provocare danni ambientali, economici o socioculturali e senza ridurre eccessivamente la qualità dell'esperienza fruita dai visitatori”.

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luogo. Tale esigenza si ripercuote anche su dinamiche di tipo economico, vediamo infatti che il mercato della domanda è ormai sempre più orientato verso un consumo del luogo inteso come fatto culturale oltre che ambientale. Recentemente l'OMT ha valutato le caratteristiche della domanda turistica arrivando a definire che il modello di scelta risulta costituito da molteplici variabili tra cui:

la scoperta e la rivalutazione della memoria storica e quindi anche delle motivazioni artistiche e culturali del turismo

l'utilizzazione di strutture ricettive sempre più integrate con la realtà locale.

2. Turismo sostenibile

Il modello turistico tradizionale, quello che oggi muove centinaia di milioni di persone l'anno, produce un temibile effetto boomerang, dimostrando così una tendenza suicida: a medio- lungo periodo questo turismo distrugge le risorse sulle quali si basa. Varie immagini sono state forgiate per esprimere questo effetto suicida come quella dalla gallina troppo grassa che schiaccia le sue uova d'oro Più elegantemente si potrebbe dire che il turismo oggi rischia di eliminare l'oggetto del suo desiderio o, come è stato affermato a proposito dei parchi naturali, “ama le sue destinazioni... da morire”11

Il rapporto tra territorio e turismo, sotto il profilo dell'impatto che quest'ultimo ha sul sistema di valori morfologici, rappresenta una dinamica assai complessa. Il concetto di sostenibilità è oggi esteso ad aspetti non solo fisici ma anche intangibili dei luoghi, ciò induce ad indagare possibili modelli di sviluppo sostenibile del territorio che garantiscano il mantenimento dell'insieme delle risorse endogene ambientali ma che,

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congiuntamente a queste, preservino anche l'identità del luogo stesso.12 L'aggettivo sostenibile deriva dal latino substinere che significa reggere. Negli anni Sessanta, al ritmo del rock and roll, i Paesi Occidentali godono degli effetti del boom economico: l'automobile lentamente prende il posto del treno, partono i primi voli transoceanici, la tintarella diventa di moda. Le ferie retribuite e l'aumento del reddito fanno crescere vertiginosamente il numero di chi può permettersi una vacanza a caccia delle delle quattro “S”:

Sea, Sand, Sun & Sex. L'industria turistica si impadronisce del mercato e

la logica del mercato si impadronisce del viaggio: mentre tour operator, catene alberghiere e voli charter creano il viaggio-prodotto-da-consumare, nasce il primo villaggio-vacanza Club Mediterranée. Estranei alla natura e alle tradizioni del luogo su cui sorgono, i villaggi-vacanza offrono sogni preconfezionati in cui non è tuttavia previsto uno spazio per la scoperta e l'incontro con chi la terra la abita e la vive. Il turismo sembra un'ottima opportunità anche per i Paesi in via di sviluppo, tant'è che l'ONU proclama il 1967 “l'Anno internazionale del Turismo”, invitando i Paesi del Sud del Mondo a spalancare le frontiere, accordare facilitazioni fiscali e investire nel nuovo settore che –si crede- permetterà la redistribuzione del reddito globale. Molti Paesi si lanciano nel nuovo business senza preoccuparsi dell'impatto sul territorio che, alla luce degli sviluppi futuri, risulterà negativo: purtroppo l'equilibrio naturale, gli assetti sociali e le tradizioni culturali dei Paesi ospitanti non sono risorse rinnovabili né impermeabili. Le prime voci di critica al turismo sono voci religiose: nel 1970 all'Accademia Evangelica di Tutzing, in Germania, si tiene la prima consultazione internazionale sul turismo promossa dal World Council of

Churches. Nel 1975 a Penang, in Malesia, durante la Conferenza Cristiana

dell'Asia, viene presentato il primo Codice Etico per il turismo. Nel 1980 a Manila, in opposizione alla conferenza dell'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), la Conferenza Cristiana dell'Asia organizza un contro-meeting per discutere del ruolo delle multinazionali e sollevare la questione

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del turismo sessuale. Viene elaborata una Dichiarazione13 dove è scritto:

“Nella pratica del turismo gli elementi spirituali devono prevalere su quelli tecnici e materiali”, reclama pertanto un atteggiamento rispettoso per

l'identità e la dignità degli uomini e un riconoscimento dell'originalità della cultura e rispetto per il patrimonio morale dei poveri. Nel 1982 il Consiglio Mondiale della Chiesa promuove la nascita a Bangkok la Ecumenical

Coalition for Third World Tourism (ECTWT) per sostenere “buone pratiche”

nel settore turistico in una logica di autosviluppo. Contemporaneamente anche nel nord del Mondo si inizia a riflettere sul modello di turismo dominante: turismo di ispirazione “neocoloniale”, un turismo dorato si ma solo se visto con gli occhi occidentali. È nella Germania di fine anni '70 che nascono organizzazioni come Tourism Watch e Tourism European

Network e nel 1986 a Berlino il Tourism with Insight che riunisce

componenti etorogenei tra loro ma con un interesse in comune: dar vita ad un turismo responsabile e sostenibile.14

Il concetto di turismo responsabile e turismo sostenibile sono declinazioni in ambito turistico del concetto di sviluppo sostenibile. La definizione di quest'ultimo prese forma per la prima volta nel 1987, per merito della Commissione Mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, in un famoso rapporto commissionato dalle Nazioni Unite e intitolato “Our Common Future” meglio nota come Relazione Brundtland (dal nome del Presidente Gro Harlem Brundtland)15. Dal rapporto emerge una prima importante definizione “[...] L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo

sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di soddisfacimento dei bisogni di quelle future”. Uno sviluppo si può dire sostenibile quando assicura l'integrità

dell'ecosistema sul quale agisce ne conserva la biodiversità e ha la possibilità di durare nel tempo. Lo sviluppo cioè deve essere “equo” da un

13 http://www.valtiberina.toscana.it/agenda21/carte/32.pdf Dichiarazione Manila 1980 14 Manuali touring, Turismo responsabile, pp 8- 11

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punto di vista sia intra-generazionale che inter-generazionale.16 L'anno successivo l'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT o UNWTO -United Nations World Tourism Organization-), ispirandosi alla definizione di sviluppo sostenibile, declina il concetto di sostenibilità in chiave turistica identificando gli elementi caratterizzanti il viaggio sostenibile:

“Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo

tale da mantenersi vitali in un'area turistica per un periodo illimitato, non alterano l'ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”.

In questa definizione si trovano i tre pilastri su cui si basa il concetto di sviluppo sostenibile:

1. Matrice Sociale. 2. Matrice Ambientale 3. Matrice Economica

Segue la corrente della filosofia sostenibile anche il movimento Slow Food, infatti è sempre in questo periodo -1989- che nasce all'Opéra Comique di Parigi il Movimento internazionale Slow food e ne viene sottoscritto il Manifesto17. Il suddetto movimento oltre a celebrare il piacere per il buon

16 Manuali touring, Turismo responsabile, p.p. 12-14.

17 http://www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso. Manifesto Slow Food. In Italia, nelle Langhe in Piemonte -1986-, si costituisce l'Associazione Arcigola che da la

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cibo, attraverso i suoi progetti difende le culture locali di fronte alla crescente standardizzazione imposta dai moderni sistemi di economia di scala nella produzione e distribuzione alimentare, crea reti con diversi attori in modo da sviluppare un sistema diffuso di economie locali.

Il concetto di sostenibilità venne ribadito qualche anno dopo –1992- in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo, nota come Earth Summit di Rio de Janeiro: dopo la Conferenza 178 governi di tutto il mondo, tra cui l'Italia, hanno adottato l'Agenda 21 (letteralmente: cose da fare nel XXI secolo). Dal documento emerge che i principi del turismo sostenibili sono gli stessi del più generale sviluppo sostenibilie che quindi è possile conservare il nostro capitale naturale e culturale senza privarcene per il futuro, e questa ambizione è compatibile con lo sviluppo del presente.18

Nel 1995 a Lanzarota (l'isola più nord-orientale dell'arcipelago spagnolo delle Isole Canarie) si tenne la prima Conferenza mondiale sul turismo sostenibile dove venne redatta quella che è ancora oggi considerata una pietra miliare nella storia del Turismo Sostenibile: la Carta per il turismo sostenibile o Carta di Lanzerote19. Nel 1997 in occasione del World

Tourism Organization viene stilata poi la Dichiarazione di Manila20 che affronta il tema dell’impatto sociale del turismo, e invita a coinvolgere le popolazioni nei processi di pianificazione, gestione e valutazione del turismo. Introduce nella riflessione i temi che sono alla base del turismo sostenibile. Nello stesso anno il Bureau International du Tourisme Social (BITS) emana la Dichiarazione di Montreal21 che propone il “Turismo sociale” come possibile paradigma di una nuova forma di sviluppo: “social

tourism is a vehicle for social cohesion”. prima spinta verso il “mangiare lento”

18 P. Grigolli (a cura di), Turismi responsabili: teorie, preatiche, prospettive, p. 47

19 Sulla pagina: http://www.nembro.net/Agenda21Locale/dati/file/fck/File/1995%20-%20Carta%20di%20Lanzarote.pdf è possibile leggere per intero la Carta di Lanzarote. 20

http://www.peruresponsabile.it/admin/files/turismo_responsabile_in_peru_-_peruresponsabile_DICHIARAZIONE_DI_MANILA.pdf, MANILA DECLARATION ON THE SOCIAL IMPACT OF TOURISM, World Tourism Organization

21 http://www.tures.it/uploaddocumenti/2012/2_30_AVQCVRAEUUOH.pdf . Dichiarazione di Montreal

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Il primo ottobre del 1999 a Santiago del Cile si riuniscono in Assemblea Generale i Membri dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO) per crare un “Codice Etico Mondiale del UNWTO”. Esso sottolinea il bisogno di “promuovere un turismo responsabile e sostenibile”, è composto da nove articoli i quali dettano le regole per le destinazioni, i governi, i tour

operators, i promotori turistici, le agenzie di viaggio, i lavoratori e i

viaggiatori. Il codice riconosce il turismo come veicolo di soddisfazione individuale e collettiva e sancisce il diritto al turismo e la libertà di movimenti turistici, ma è anche una guida per uno svilluppo sostenibile capace di contribuire ad una reciproca comprensione e al rispetto tra coloro che ospitano e che sono ospitati. 22

Un ulteriore passo in avanti è stato fatto con la redazione nel 2012 di un documento programmatico23 nel corso della “Cape Town Conference on

Responsibility Tourism in Destinations”24: un piano di implementazione delle attività nell'ambito dei principi contenuti nel Global Code of Ethics for

tourism 25 ed in collaborazione con le Agenzie delle Nazioni Unite per lo

sviluppo del turismo sostenibile in ambito globale. Nel novembre 2008 si tiene a Rimini la Seconda Conferenza Internazionale sul Turismo Sostenibile -promossa dalla Provincia di Rimini, dall'UNWTO, dalla Commissione UE, dal Governo Italiano e dall'ICLEI- viene così approvata la “Seconda Carta per il turismo sostenibile” (la prima ricordiamo fu la Carta di Lanzerote) la cosiddetta “Carta di Rimini”. Tra le maggiori novità della carta vi è il concetto di sostenibilità del rapporto tra “città turistica” e “città dei residenti”, la salvaguardia della qualità della vita e la promozione dell'occupazione attraverso una minimizzazione dell'impatto ambientale e una massimizzazione del benessere sociale, secondo un piano d'azione

22 P. Grigolli (a cura di), Turismi responsabili: teorie, preatiche, prospettive, pp. 17-18 23 CAPE TOWN DECLARATION:

http://www.capetown.gov.za/en/tourism/Documents/Responsible %20Tourism/Toruism_RT_2002_Cape_Town_Declaration.pdf

24 La ”Cape Town Conference on Responsibility Tourism in Destinations” fu pensata come evento collaterale del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutasi a Johannesburg nel 2002.

25 Global Code of Ethics for tourism http://ethics.unwto.org/en/content/global-code-ethics-tourism

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che si esplica nelle raccomandazioni della Carta26.

Nel 2010 in ambito europeo viene approvata la strategia «Europa 2014- 2020» dove: “In linea con le nuove priorità dell’Unione europea (UE)

stabilite nella strategia «Europa 2020» e affinché l’Europa possa mantenere il primato di principale destinazione turistica mondiale, la Commissione propone un nuovo quadro di azioni coordinate in materia di turismo a livello di UE al fine di rafforzare la competitività e la capacità di crescita sostenibile del turismo europeo.” Come sancito dal trattato di

Lisbona le azioni specifiche dell’UE nel settore turistico dovrebbero mirare ad incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in tale settore e favorire la cooperazione tra i paesi dell’UE, in particolare attraverso lo scambio delle buone pratiche. Le azioni a favore del turismo a livello di UE possono essere riunite attorno ai seguenti quattro assi:

1. Stimolare la competitività del settore turistico in Europa

2. Promuovere lo sviluppo di un turismo sostenibile, responsabile e di qualità

3. Consolidare l'immagine e la visibilità dell'Europa come insieme di destinazioni sostenibili e di qualità

4. Massimizzare il potenziale delle politiche e degli strumenti finanziari dell'UE per lo sviluppo del turismo

• migliorare l’integrazione e il coordinamento del turismo nelle altre politiche dell’UE

• promuovere e mobilitare strumenti e programmi comunitari di sostegno al turismo, come il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per la pesca.

Nel capitolo I.3 verrà trattato nello specifico l'allegato IV della suddetta strategia, “Patto europeo Borghi 2020”, dove si considera l'importanza

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strategica di valorizzare i borghi spopolati attraverso il turismo come motore di crescita e sviluppo territoriale dei paesi europei.

In Italia il concetto di turismo responsabile ha conosciuto una propria evoluzione che ha condotto ad una definizione diversa rispetto a quella elaborata dei paesi del nord Europa. Le due visioni non sono incompatibili, vediamo infatti che mentre nel mondo anglosassone il turismo responsabile è inteso come un approccio trasversale all'industria turistica, l'esperienza italiana ha adottato una prospettiva forse più rigorosa e ha circoscritto il concetto di turismo rsponsabile ad alcune tipologie di prodotto. Queste differenze sono ascrivibili al fatto che in Italia prima di altrove sono stati promossi viaggi di solidarietà e conoscenze nelle destinazioni del sud del Mondo già a partire dagli anni '80, frutto delle esperienze di commercio equo e solidale e di cooperazione internazionale. Non a caso uno dei primi tentativi di progettazione di esperienze di turismo responsabile in Italia è stato fatto da CTM: un operatore nel settore del commercio equo e solidale.27

Nel 1990 su proposta del Touring Club italiano viene creato il Comitato Etico Internazionale Turismo e Ambiente che nel 1993 redigerà la “Carta Etica del Turismo”. Nascono da questo momento diverse Organizzazioni, Associazioni di simpatizzanti e molte iniziative interessanti. L'Organizzazione che tra le prime ha teorizzato e sviluppato il turismo responsabile in Italia è stata l'associazione RAM –soggetto del commercio Equo e solidale (COMES)- che a partire dagli inizi degli anni '90 ha dato vita a un portfolio di esperienze di viaggio nei paesi del sud del Mondo sino a diventare nel 2005 un vero e proprio tour operator, “RAM Viaggi Incontro”.

Nel 1998 nasce l'Aitr -Associazione Italiana di Turismo Responsabile- per iniziativa di undici soci fondatori, per lo più ONG, organizzatori di viaggio e associazione ambientaliste e leggittimata da un documento molto importante: La Carta d'Identità per Viaggi Sostenibili28. I soci

27 P. Grigolli (a cura di), Turismi responsabili: teorie, preatiche, prospettive, pp. 49-50 28http://www.progettomondomlal.org/public/sitemin/Carta_AITR.pdf

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dell'Associazione nel documento scrivono:

«Questo è frutto di un lavoro di condivisione nell'ambito del Terzo

Settore che, a partire dal 1994, ha portato alla nascita di un Forum Nazionale sul Turismo Responsabile, alla firma della Carta stessa ed alla costituzione dell'Associazione Nazionale Turismo Responsabile per la diffusione e la realizzazione dei principi contenuti nella Carta».

Come abbiamo visto la promozione del turismo sostenibile in Italia, allo stato attuale, è sostenuta da associazioni ambientaliste e di settore. Riassumendo abbiamo:

Legambiente, sezione Turismo di qualità. Ha elaborato un proprio decalogo di azioni richieste alle strutture ricettive aderenti, declinate secondo le diverse vocazioni turistiche dei territori;

Touring Club Italiano conferisce il marchio Bandiera Arancione alle piccole località dell'entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità;

Centro Turistico Studentesco CTS propone specifici prodotti turistici orientati alla sostenibilità, campagne di sensibilizzazione in collaborazione con l'Unione Provincie Italiane64, incentivi al turismo in aree protette e la messa a punto di un disciplinare per gli “alberghi verdi” che intendono aderire al progetto;

WWF Italia, ufficio turismo promuove e sensibilizza attraverso la sua rete di diffusione stili di viaggio sostenibili;

Associazione Italiana Turismo Responsabile AITR, ONLUS che riunisce tutte le varie anime del turismo responsabile e che ha lo scopo di promuovere iniziative di solidarietà e di sostegno al Turismo Responsabile, sostenibile ed etico.29

Nella letteratura di settore italiano le locuzioni di Turismo Responsabile e Turismo Sostenibile sono quasi ritenuti sinonimi, anche nel presente

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elaborato fin ora sono stati utilizzati questi termini in maniera quasi interscambiabile. L'accostamento non è totalmente corretto: il viaggiatore può certamente assumere un comportamento responsabile ma difficilmente potrà essere classificato come sostenibile. Il concetto di turismo sostenibile può più facilmente essere accostato alla sfera della progettazione turistica ma sempre in riferimento al sistema territoriale dove il fenomeno turistico ha luogo. Utilizzando la terminologia aziendale possiamo dire che essere sostenibile è la mission del produttore, essere responsabile è la mission del consumatore/viaggiatore.

3. Borghi in Italia parzialmente abbandonati: rinuncia o

valorizzazione30?

“I 'paesi fantasma' rappresentano il 72% di tutti i comuni italiani, uno spaccato d’Italia in cui vive circa un quinto della popolazione nazionale, più o meno dieci milioni di persone. Questi piccoli paesi rappresentano la memoria storica di un’Italia che ormai non c’è più. L’urbanizzazione e lo sviluppo economico hanno fatto in modo che l’attenzione degli italiani si spostasse sempre più nelle grandi città, abbandonando in una specie di dimenticatoio sociale un grandissimo numero di piccoli paesi, che sono rimasti per lo più abbandonati. Il fenomeno ha avuto inizio nel secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione, quando migliaia e migliaia di persone abbandonarono le proprie case in montagna o in campagna per recarsi in città alla ricerca di nuove fortune. La vita doveva ricominciare e l’unico modo per trovare lavoro e sicurezza economica era quello di trovare un impiego sicuro nei grandi centri urbani. Il fenomeno provocò, come 30 VALORIZZAZIONE: il termine identifica “ogni attività diretta a migliorare le condizioni di

conoscenza e conservazione dei beni culturali e ad incrementarne la fruizione”. Art.148 D.Lg. 112/1998

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deteriore effetto collaterale, la scomparsa di gran parte dei mestieri legati all’artigianato. Dei 5838 «paesi fantasma», sono 2831 i comuni che rischiano di scomparire, veri e propri centri a rischio estinzione. Questi ultimi ricoprono una superficie di circa centomila chilometri quadrati. Il fenomeno dei «paesi fantasma» interessa molto il Centro-Sud e le zone appenniniche. I piccoli centri alpini si sono salvati grazie all’industria del turismo, quelli del nord invece hanno continuato a sopravvivere grazie alla vicinanza alle grandi città industrializzate e, fatto non secondario, grazie a infrastrutture tale da consentire agli abitanti di raggiungere le città in poco tempo e in modo piuttosto confortevole. Al Centro-Sud la situazione è invece molto diversa. Migliaia di paesini si sono spopolati. La situazione più pesante si registra in Basilicata dove ben 97 centri sono a rischio estinzione, nelle parti montuose della Sicilia e della Sardegna, nelle aree interne di Marche e Toscana e su tutto l’arco dell’Appennino Meridionale, dall’Abruzzo alla Calabria, passando per il Molise.”

Così Il Tempo, il 25 Luglio 2005, riassumeva lo stato italiano dei piccoli borghi. Oggi la situazione è variata di pochissimo. Come vediamo dalla tabella n.1 sono 5.693 (e non più 5838 come sopra) degli 8.094 comuni italiani hanno una popolazione residente inferiore o pari a 5.000 abitanti. I Piccoli Comuni italiani (PC) rappresentano il 70,3% (e non più il 72%) delle amministrazioni comunali nazionali e sono presenti in tutte le regioni italiane. La loro collocazione geografica rivela come la frammentazione del territorio in piccole realtà comunali sia un fenomeno diffuso non solo nelle aree montane e pedemontane -sia alpine che appenniniche- ma anche nei territori prossimi a realtà urbane consolidate e rilevanti. In Valle d’Aosta solo il capoluogo regionale ha una popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Nel Molise e nel Trentino Alto Adige i PC rappresentano oltre il 90% dei comuni regionali; in Piemonte, in Abruzzo, in Calabria e in Sardegna oltre l’80%. Percentuali superiori alla media nazionale si registrano anche per i

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PC della Lombardia (70,6%), del Friuli Venezia Giulia (71,1%), della Liguria (77,9%), delle Marche (72,5%) e della Basilicata (75,6%). All’opposto, la Puglia è la regione in cui si trova il minore numero di PC: 85 su un totale di 258 (il 32,9%). Analogamente, i PC di Emilia Romagna e Toscana rappresentano meno della metà dei comuni regionali (rispettivamente 45,1% e 47%), mentre quelli della Sicilia sono poco più della metà del totale regionale (50,8%). Nei PC risiede il 17,2% della popolazione italiana (10,378 milioni di abitanti). Il peso demografico di queste realtà risulta rilevante in molte regioni, a partire da Valle d’Aosta, dove il 72,6% della popolazione vive nei 73 PC. Anche in Molise e Trentino Alto Adige poco meno di un abitante su due risiede in un PC (49,2% e 45,3%, rispettivamente), mentre sono uno su tre in Calabria e Basilicata. Da segnalare anche il peso demografico dei PC piemontesi, friulani e lombardi (tutti con percentuali superiori al 20%). All’opposto, i PC della Puglia dove vive solo il 5,5% della popolazione regionale. Infine, poco meno del 10% dei residenti siciliani vive nei Piccoli Comuni dell’isola (che costituiscono il 50% delle amministrazioni comunali regionali).31

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Tab. 1 Numerosità e popolazione residente dei comuni italiani e dei piccoli comuni, per

regione, 2009- Fonte Cittalia su dati Istat del 31.12.2009

Cerchiamo di capire meglio il fenomeno della dismissione dei borghi in Italia. Innanzitutto cos'è un borgo?

La denominazione 'Borgo' (dal latino Burgus) nell'età tardo imperiale era riservata ai paesi di importanza che possedevano un mercato ed una fortificazione, era proprio la presenza di queste strutture che lo differenziava dal “villaggio”. Nel periodo Medievale il borgo era costituito da un gruppo di case che sorgevano intorno ad una piazza, erano costruiti e strutturati in modo da agevolare la vita in condizioni di assoluta precarietà: sfruttare la morfologia del territorio e chiudere i villaggi nelle mura (lasciando nell’immediato intorno i campi, le coltivazioni, la vita rurale). Questa era l’unica via per la sopravvivenza in epoche dove la carenza di

Regione Comuni Di cui piccoli comuni Di cui nei piccoli comuni

V.A. % V.A. %

Piemonte 1'206 1'072 88,9 4'446'230 1'322'778 29,8 Valle d'Aosta 74 73 98,6 127'866 92'788 72,6 Lombardia 1'546 1'091 70,6 9'826'141 2'153'835 21,9 Trentino Alto Adige 333 300 90,1 1'028'260 465'774 45,3 Veneto 581 313 53,9 4'912'438 802'591 16,3 Friuli Venezia Giulia 218 155 71,9 1'234'079 288'375 23,4 Liguria 235 183 77,9 1'615'986 249'540 15,4 Emilia Romagna 348 157 45,1 4'395'569 419'183 9,5 Toscana 287 135 47 3'730'130 330'514 8,9 Umbria 92 60 65,2 900'790 131'273 14,6 Marche 239 172 72 1'559'542 343'116 22 Lazio 378 252 66,7 5'681'868 459'947 8,1 Abruzzo 305 250 82 1'338'898 363'546 27,2 Molise 136 125 91,9 320'229 157'555 49,2 Campania 551 333 60,4 5'824'662 695'516 11,9 Puglia 258 85 32,9 4'084'035 223'854 5,5 Basilicata 131 99 75,6 588'879 196'006 33,3 Calabria 409 327 80 200'9330 672'556 33,5 Sicilia 390 198 50,8 5'042'992 480'987 9,5 Sardegna 377 313 83 1'672'404 528'753 31,6 Totale 8'094 5'693 70,3 60'340'328 10'378'487 17,2 Popolazione residente al 31/12/09

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cibo, la presenza di malattie, l’incombere delle guerre costituivano problemi con i quali la popolazione aveva a che fare quotidianamente. Queste condizioni, se un tempo avevano preservato l’integrità storica e culturale di un paese e ne avevano permesso la sopravvivenza, con l’avvento dell’età moderna ne stanno irreversibilmente decretando la morte.

La ricerca si concentra proprio attorno a questi luoghi: paesi che sono sparsi lungo tutta la penisola e che hanno caratteristiche ben precise: il fatto di non essere facilmente raggiungibili ne costituisce un esempio. Spesso infatti questi comuni si trovano sugli altipiani o nell’entroterra appenninico e sono distanti dalle principali vie di comunicazione. Il territorio italiano è costellato da un numero altissimo di piccoli comuni -5.693- che non solo svolgono un’opera insostituibile di presidio e cura del territorio, ma sono portatori di cultura, saperi e tradizioni. La peculiarità del paesaggio italiano è proprio quella dei piccoli centri, dei borghi arroccati sulle cime delle montagne o delle colline, circondati da mura con i loro vicoli stretti, simbolo di un passato ricco di tradizioni.

Vito Teti nel testo “Il senso dei luoghi” descrive i paesi abbandonati della Calabria attraverso le storie, le tradizioni e le usanze della popolazione che ha abitato e nello stesso tempo costruito quei luoghi:

«Quello dell’abbandono e della rinascita diventava un problema che

meritava non solo attenzione e riflessione, ma mi impegnava in un nuovo modo di guardare e di descrivere la regione. Giungevo a questo interesse non perché sollecitato dalle tante emergenze archeologiche, ma a partire da storie minute, da un diverso sguardo sui resti del passato, sui piccoli centri che si spopolavano, sulle feste intime che si svolgevano tra poche casupole sventrate, rivestite da piante di fico e da erbe.»32

A causa di catastrofi ambientali o di motivi di carattere

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demografico questi centri a partire dal secondo dopoguerra in avanti hanno visto diminuire drasticamente la popolazione. In alcuni casi l’abbandono è stato completo e oggi restano i ruderi a testimonianza di una vita passata: sono le cosiddette 'ghost town'. In altri casi il fenomeno dell’abbandono è stato parziale e oggi sono per lo più abitati da una popolazione anziana che non è più in grado di portare avanti l’economia: questo è il fenomeno detto del 'disagio insediativo'.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale avviene il più grande esodo di persone dai piccoli centri verso i grandi centri urbani. Quell'’isolamanto che in passato era una necessità, diventa sempre più un ostacolo nella vita dei paesi a causa dell'emarginazione dai processi di sviluppo che sta affrontando la società. È ovvio che l’accessibilità a questi insediamenti è difficile e faticosa, spesso sono mal collegati e non ci sono mezzi di trasporto utili. L’avvento degli anni cinquanta coincide con una profonda modificazione del rapporto tra popolazione e territorio, in particolare ci sono tre dinamiche demografiche:

• un diffuso e prepotente esodo rurale

• un grande processo di redistribuzione regionale della popolazione • un generale processo di urbanizzazione concentrata.

In questi anni l’Italia sta vivendo il periodo segnato dalla rivoluzione industriale e dallo sviluppo dei trasporti. Le nuove infrastrutture ferroviarie sono la spinta iniziale all’abbandono dei centri isolati a favore di zone maggiormente collegate, lo sviluppo ferroviario costituisce in effetti un “avamposto” alla nascita dei nuovi e grandi centri urbani.

Negli anni ’60 e ’70, con il vero e proprio boom economico, le cose iniziano a cambiare definitivamente. In città infatti i simboli del benessere come la televisione e l’automobile iniziano ad essere alla portata di tutti. Tutti hanno a disposizione del tempo libero per le vacanze. Uno dei cambamenti più importanti è la diffusione dell’automobile connesso ovviamente allo svilupparsi delle nuove infrastrutture: la lontananza da quest'ultime,

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l’impossibilità di raggiungere facilmente i nuovi simboli del benessere sono elementi determinanti nell’inizio dell’esodo dai villaggi e dai borghi verso la città.

A partire da questi anni i centri iniziano a svuotarsi, fino ad arrivare in qualche caso all’abbandono totale. Naturalmente molti paesi sono stati abbandonati per altre ragioni: molto spesso si è trattato del verificarsi di fenomeni naturali, ad esempio i terremoti. I borghi abbandonati, rimasti inalterati nella loro estensione, sono tutt’ oggi presenti ma vuoti e ostentano il fascino decadente dell’abbandono. Il fenomeno è in qualche modo ancora in corso, vediamo infatti che i PC in cui è rimasta la popolazione anziana continuano a svuotarsi. La presenza di questi luoghi “fantasma” è riscontrabile in tutta la penisola italiana e soprattutto nel centro sud.33 Sono centinaia i piccoli borghi che rischiano lo spopolamento ed il conseguente degrado: un'Italia minore, più sconosciuta e nascosta, quella più emarginata dallo sviluppo e dalla modernità.

Non esistono studi approfonditi e nemmeno bibliografie specifiche riguardo all’argomento della dismissione dei borghi in Italia. Ci sono studi fatti da società pubbliche (Legambiente) e private (gruppo Norman) che mettono in evidenza alcuni aspetti del problema. I maggiori contributi al fenomeno sono i seguenti:

• L’Italia del disagio insediativo 1996-2005 (Confcommercio, Legambiente)

• L’Italia del disagio insediativo 1996-2016 (Confcommercio, Legambiente)

• PiccolaGrandeItalia di Legambiente • Paesi Fantasma (gruppo Norman Brian)

Gli studi di Legambiente e Confcommercio danno una lettura a larga scala del problema indagando la situazione complessiva dell’Italia. Il gruppo Norman, invece, si occupa nello specifico di questi paesi fantasma, ricercando per ognuno le cause di dismissione.

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Dal recente rapporto di Confcommercio-Legambiente su ”l'Italia del disagio insediativo”34, emerge chiaramente la situazione presente e futura del nostro Paese. “Se nel 1996 il 'disagio insediativo' colpiva 2.830 comuni, nel 2006 ne ha interessati 3.556 e la previsione è di 4.395 comuni per il 2016 -in pratica uno su due- e di 1650 città fantasma, ovvero a rischio di estinzione”. I caratteri del disagio, spiega il Rapporto, sono da ricercare oltre che in una debolezza insediativa della popolazione residente (calo delle nascite, aumento della popolazione anziana, ecc.) anche nelle condizioni di depauperamento delle potenzialità produttive e dei talenti, con indici economici che segnalano la debolezza strutturale di queste aree e, di conseguenza, la capacità di attrarre e accogliere nuovi cittadini, nuovi abitanti, nuove famiglie ed imprese.

I borghi costituiscono un'assoluta ricchezze, ancora poco conosciuta e perciò da valorizzare. Per assicurare un futuro a questa parte del Paese, Legambiente ha promosso PiccolaGrandeItalia35, una campagna il cui obiettivo è “tutelare l'ambiente e la qualità della vita dei cittadini che vivono in questi centri, valorizzando le risorse e il patrimonio d'arte e tradizioni che essi custodiscono e combattendo la rarefazione dei servizi e lo spopolamento che colpiscono questi territori. Affinché non esistano aree deboli, ma comunità messe in condizione di competere”. La PiccolaGrandeItalia è anche quella dei comuni minori, degli antichi centri che contano ormai poche centinaia di abitanti -come a Santo Stefano di

Sessanio-, dei borghi in via di estinzione: l’Italia che rischia di sparire, con

tutta la ricchezza di storia e tradizioni, costitiusce uno dei sostrati principali della cultura del nostro paese.

All’interno del Gruppo Norman -che opera nel settore della gestione dinamica di patrimoni immobiliari conto terzi- nel 2000 è stato costituito il Norman Brian, laboratorio di ricerca ed innovazione e nel 2001 prende

34 1996/2016, “Eccellenze e ghost town nell’Italia dei piccoli comuni” realizzato in collaborazione con Serico-Gruppo Cresm

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corpo un progetto di studio e ricognizione dei cosidetti 'Paesi Fantasma'.36 “Il progetto nasce dall’osservazione di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale; la morte dei borghi e dei paesi riguarda principalmente le comunità più isolate, distanti dai grossi centri, oppure quelle realtà insediative collocate in zone a rischio da un punto di vista naturale e idrogeologico. La loro posizione spesso lontana dalle direttrici di traffico e dalle principali infrastrutture ne ha impedito la crescita, e i fenomeni migratori verso le grandi città italiane ed estere, verificatisi soprattutto negli anni ’50, ne hanno decretato la lenta decadenza.”

Per cercare di invertire la marcia di questo processo di depauperamento, nel 2003 è stato approvato un disegno di legge: legge Realacci - Bocchino n.1942 del 2003, che prevede ”Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti”. Tali misure comprendono agevolazioni economiche e fiscali, incentivi per il recupero del patrimonio edilizio e l’avvio di attività commerciali, per la scuola e la formazione.

Sulla realtà 'Paesi Fantasma' l’attività del Norman Brain si è articolata su due fronti: la creazione di una banca dati di informazioni sul fenomeno, l’ideazione di soluzioni creative di valorizzazione.

Il progetto 'Paesi Fantasma' è infatti finalizzato alla valorizzazione e al recupero di questi borghi e frazioni attraverso la creazione di una rete di realtà turistico-residenziali e distretti produttivi, il recupero dei patrimoni storici- architettonici e ambientali e la riattivazione delle dinamiche socio-economiche, da realizzarsi in collaborazione con le istituzioni locali. Alla base di tutte le proposte l’attenzione verso lo sviluppo delle risorse inutilizzate presenti sul territorio e valorizzazione delle potenzialità del territorio nel rispetto di esigenze e caratteristiche del contesto considerato. I possibili interventi di riqualificazione vengono individuati, per le singole realtà, sulla base di fattori come la vocazione territoriale, la localizzazione, lo stato di conservazione, oltre che la volontà politica degli amministratori

36 Tratto dagli atti del convegno “Paesi Fantasma. Tesori nascosti dell’Italia minore”, 23 giugno 2005. in m. Bassanelli, Geografie dell’abbandono, p. 42

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locali.

Riguardo le politiche di Governo messe in atto dal nostro Paese per il recupero e la valorizzazione di queste aree la situazione non è del tutto definita ed è ancora molto frammentaria e disarticolata. Come una maledizione le disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia diventa materia di discussione di diverse legislazioni, vediamo infatti che il 19 marzo 2013 viene presentata nuovamente una proposta di legge (un percorso che come abbiamo anzi detto inizia nel 2002 con il disegno di legge Realacci- Bocchino) ed è nella stessa che si legge:

“La presente proposta di legge riproduce il testo unificato delle

proposte di legge recanti disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia approvato dalla Camera dei deputati nella XVI legislatura pressoché all’unanimità. Tale testo recepiva in larga misura il contenuto della proposta di legge n. 5470 della XIV legislatura, presentata il 1° dicembre 2004. [...] La Camera dei deputati aveva approvato un testo unificato di tali proposte nel corso della XIV legislatura, nella seduta del 25 luglio 2005. [...] Un testo sostanzialmente analogo è stato approvato dalla Camera nella XV Legislatura nel 2007, e, con qualche modifica, successivamente nella XVI Legislatura il 28 luglio 2011. [...] Purtroppo, la conclusione della XVI legislatura non ne ha consentito l’approvazione definitiva da parte del Senato. Si ripropone pertanto in questa legislatura, il testo approvato nel 2011, auspicandone la più sollecita approvazione.”37

Il testo risulta di grande snellezza e semplicità essendo composto da tre soli articoli:

Art. 1. Recupero e riqualificazione dei centri storici e dei borghi 37 http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?

codice=17PDL0000940

“Disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia” Presentata il 19 marzo 2013

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antichi d'Italia.

Art. 2. Fondo nazionale per il recupero, la tutela e la valorizzazione dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia.

Art. 3. Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano

Nel 2010 abbiamo una importante iniziativa da parte del Ministero del Turismo e del Ministero dell'ambiente che hanno sostenuto la partecipazione di alcune località italiane al progetto europeo “EDEN” (European Destinations of ExcelleNce, attivo dal 2006) per la promozione delle destinazioni minori, che coniugano sostenibilità e crescita economica; esso ha evidenziato finalmente l'importanza dei cosiddetti “Centri Culturali Minori”.

La ricchezza materiale ed immateriale dei centri abbandonati fa sorgere seri interrogativi sul loro futuro, tanto più pressanti se il costruito è in serio pericolo di estinzione. Senza dubbio esiste per i centri abbandonati un problema di rifunzionalizzazione che deriva da una serie di fattori. Diversi sono i percorsi di ri-vitalizzazione in atto: casi di rinascita spontanea, esempi di conversione in poli culturali o di ricerca o in complessi educativi, modelli di sperimentazioni di ripopolamento di nuclei in parziale abbandono, di tentativi di reinsediamento degli antichi abitanti con parallelo recupero degli aspetti tradizionali locali, ed ancora, di trasformazione in veri e propri villaggi turistici o alberghi diffusi. In Europa questo tipo di interventi di rivitalizzazione è gestito molto a livello statale con la creazione di veri e propri programmi di ripopolamento, come le Paradores spagnoli38

38 Paradores de Turismo, questo è il nome completo per identificare la catena alberghiera di proprietà dello Stato spagnolo. Nel 1928 lo Stato spagnolo decide di costruire nella Sierra di Gredos (provincia di Avila) il primo Parador con lo scopo di attrarre turisti in località suggestive dal punto di vista artistico, culturale o paesaggistico ma prive di hotel. Non solo, ma lo Stato decide di intervenire anche in alcune località restaurando degli edifici di grande pregio storico ma abbandonati. Nasce così una catena di hotel assolutamente unica per la storicità degli edifici (monasteri, conventi, castelli e palazzi) e per la posizione (nel centro storico, in posizioni spesso molto panoramiche o nel cuore di aree naturali).Oggi i Paradores sono 93, distribuiti su tutto il territorio spagnolo, ad eccezione delle isole Baleari. http://www.parador.es/es

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o delle Pousadas portoghesi39, dei Relais & Chateaux francesi40. Anche in ambito extra-europeo abbiamo degli esempi simili come i Tourist

Bungalows in India, o ancora altre reti simili in Tunisia o Algeria.

In Italia esistono alcuni casi di recupero di borghi abbandonati; sono casi sporadici che rappresentano una piccola goccia all’interno di un problema molto vasto. Possiamo suddividere due tipi di interventi:

azioni “site-specific” sul singolo borgo che mirano alla valorizzazione di uno strumento tipo.

• azioni diffuse da parte di enti che cercano di valorizzare una serie di borghi attraverso delle reti di relazioni.

Oltre a enti pubblici e privati esistono anche interventi da parte di singoli proprietari che avendo grosse disponibilità di denaro hanno potuto finanziare interventi di recupero di borghi abbandonati. Un esempio è quello di Daniele Elow Kihlgren -”l’uomo che salva i borghi”-, che è riuscito a creare o ricreare il più autentico modello di Albergo diffuso, il Sextantio. Di questo caso specifico ci occuperemo più avanti.

Ma altri sono gli esempi in Italia di acquisizione di borghi abbandonati o di porzioni di borghi semi-abbandonati, il fenomeno sembra così accattivante da spingere l'offerta oltre i limiti dell'immaginario. Un articolo del Sole 24 Ore41 racconta ad esempio di un intero borgo disabitato, Valle Piola in Abruzzo, messo in vendita su eBay a soli €550.000, oppure del borgo del Ghirlandaio a Norcia – provincia di Perugia- dove l'agenzia Casaitalia

39 Le Pousadas sono alberghi tradizionali e storici tipici del Portogallo. Ciascuna Pousada ha caratteristiche proprie per stile ed arredamento e la gradevole eleganza e l’atmosfera tipica portoghese. nascono agli inizi degli anni ’40 del secolo scorso gestite dallo Stato portoghese. A metà del ‘900 si crearono anche le Pousadas storiche, all'interno di castelli, edifici di rilevanza storica, monasteri e conventi. Nel 2003 il governo del Portogallo decide di alienare una parte del capitale di Enatur (la società dello stato che gestisce le Pousadas) privatizzando il 49% e di cedere la gestione delle Pousadas ad una società privata tramite concorso e dal settembre di quell’anno la gestione passò a PPG per un periodo di vent'anni. http://www.pousadas.pt/historic-hotels-portugal/en/pages/home.aspx

40 Relais & Châteaux è un’esclusiva collezione di 500 dei migliori hotel di charme e ristoranti gourmet in 60 paesi. Costituita in Francia nel 1954 poi estesasi in altri paesi, la missione dell’Associazione è di divulgare la sua unica art de vivre nel mondo, selezionando strutture d’eccezione con una tradizione e un patrimonio ineguagliabili.

http://www.relaischateaux.com/it/

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International, dopo un accurato restauro integrale, ha messo in vendita su Immobiliare.it a € 22,8 miliardi 59 appartamenti indipendenti, un ristorante e alcune botteghe.

Mauro Guerra, coordinatore dei Piccoli Comuni per l'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), afferma la straordinaria capacità del patrimonio immobiliare dei PC in Italia e dice che è importante sfruttare le opportunità dei prossimi fondi europei 2014-2020 dove è presente una linea di finanziamento per la valorizzazione delle aree interne e dei Piccoli Comuni. Nell'allegato IV della strategia «Europa 2014-2020», infatti, troviamo il “Patto europeo Borghi 2020”42: un impegno dei governi regionali e locali europei per la valorizzazione dei borghi storici, rurali e marittimi periferici” promosso dall’associazione EuroIDEES aisbl di Bruxelles. Evidenziamo i passaggi chiave:

considerato che “[...] i programmi già sperimentati dall’Unione

europea per il recupero dei borghi storici e dei territori rurali e marittimi, in particolare con le iniziative URBAN, LEADER, JESSICA, JEREMIE, AGENDA 21 Locale, hanno dimostrato la possibilità di rivitalizzare i suddetti borghi e territori, ricreando le condizioni per uno sviluppo economico, sociale e culturale delle popolazioni interessate [...]”, i governi si impegnano a “[...] attivare per ciascun territorio di area vasta coinvolto nel processo di valorizzazione di borghi storici, rurali e marittimi periferici, un programma operativo finanziato con una sovvenzione globale con i fondi dell’Unione europea, in grado di attivare ulteriori fondi pubblici nazionali regionali e locali e fondi privati di origine sia locale e regionale, come pure di origine nazionale ed internazionale. [...]”.

Ma quando il turismo inizia ad interessarsi dei borghi?

La storia del turismo nei borghi può essere descritta analizzando quattro

42 http://www.provincia.rc.it/listituzione/presidenza/pubblicazioni/borghi-vivi-in-provincia-di-reggio-calabria/borghi-vivi-piana/Allegato%20IV-%20Patto%20europeo%20Borghi %202020%20%20-w03.pdf Allegato IV, strategia Europa 2020.

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momenti distinti43:

I. Prima fase : I borghi magnetici.

La fase iniziale dello sviluppo turistico dei borghi mostra che questo non è stato il frutto di una scelta pianificata bensì un fenomeno subìto. Grazie alla loro storia e alle loro peculiarità, o alla loro posizione alcuni borghi sono stati scoperti dai turisti e successivamente suggeriti ad altre persone come mete turistiche con prevalente accezione “culturale”. Per molto tempo si è fatto a meno di strategie di sviluppo turistico, di piani di promozione e di campagne di marketing del territorio. Il posizionamento “spontaneo” di alcuni borghi italiani è la risultante di un “effetto calamita” e della successiva “rendita di posizione” nei confronti della domanda, che ha dato vita prevalentemente a forme di escursionismo e di turismo breve. Il sistema di offerta locale, sull'onda di questo fenomeno, ha ben presto avviato iniziative di comunicazione orientate al prodotto (product oriented), ha organizzato eventi di richiamo o attività di animazione (mostre, fiere o mercatini).

II. Seconda fase : Il turismo minore

In questa fase si rafforza l'idea della necessità di un posizionamento strategico “distinto” per quei borghi che puntano ad ospitare forme di turismo non solo di tipo spontaneo o non solo frutto di escursionismo. Il tema sul quale si decide di operare diventa quello del “turismo minore”, una forma di turismo percepito come diverso rispetto a quello dei grandi flussi del turismo culturale e da quello dei grandi itinerari turistici abituali. Almeno inizialmente il turismo minore è in gran parte generato da flussi interni, gli stranieri sembrano ancora attratti solo dalle grandi città d'arte. Il tema del turismo minore -colto ed intelligente- sembra offrire alle destinazioni lo spazio adeguato per un posizionamento in grado di:

• migliorare ed ampliare la stagionalità dei flussi

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• stimolare forme di turismo anche di tipo individuale, non solo escursionistiche

• valorizzare aspetti e risorse meno note, a cominciare dall'ambiente e dalla qiete

• evitare forme di impatto sociale e ambientale generate dal cosiddetto “turismo di massa”

• sviluppare attività turistiche e creare occupazione

• rispondere alle esigenze di una domanda che chiede qualcosa di nuovo rispetto alle mete tradizionali.

In questa fase il sistema di offerta cerca di comunicare con la domanda privilegiando le relazioni con i media e con le guide turistiche, oltre alla presenza nelle fiere specializzate.

III. Terza fase : Le eccellenze turistiche

Sempre più spesso vengono pubblicate ricerche o monitoraggi dalla stampa estera che mostrano che i piccoli borghi sono percepiti come una delle eccellenze turistiche del nostro paese, delle vere e proprie “perle” dell'offerta italiana. Nel comportamento dei turisti dei primi anni 2000 i desideri di conoscenza tendono a rafforzarsi a scapito di quelli di puro

leisure. In questa fase il termine “integrare” diventa un concetto chiave:

prendono vita molti progetti di sistemi di alleanze e progetti di “rete”. Il sistema di offerta locale cerca di arricchire la gamma di proposte e servizi, e di integrare le risorse naturali e storiche con quelle gastronomiche e o di nicchia. Un monitoraggio sulla stampa estera presentato alla Bit 2007 mostrava come un soggiorno nei borghi fosse percepito “all'insegna del

wellness, delle attività ricreative, dell'enogastronomia e del folklore”44. La stessa indagine sosteneva che è nei piccoli borghi che arriva un nuovo modo di fare turismo, sempre più richiesto dagli stranieri che non si accontentano più di vivere passivamente le vacanze. “il soggiorno in Italia si trasforma in un'esperienza all inclusive per portare a casa una fetta di

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italianità”. “Nei borghi a scuola di italian way of life”. Lo strumento di

marketing privilegiato continua ad essere quello della pubblicità, dei

cataloghi, della presenza alle fiere turistiche anche se inizia a prendere piede l'idea che questi strumenti non siano più sufficienti e che sia necessario rivisitare le modalità della promozione tradizionale, lavorando di più sul prodotto e l'innovazione e inquadrando le iniziative in un ambito più strategico.

IV. Quarta fase: Il borgo ospitale.

Alcuni dati mostrano che sta iniziando una nuova fasa. Lo stesso XVI Rapporto sul Turismo Italiano parla di città minori diventate ormai un prodotto autonomo all'interno del segmento “turismo culturale”. Tra i segnali nuovi si evidenzia che mentre fino a metà degli anni '90 si preferiva soggiornare nei grandi centri per visitare quelli minori oggi sta crescendo il numero di coloro che alloggiano nelle piccole destinazioni e si muovono come escursionisti verso le grandi mete. Il rapporto sottolinea poi un altro dato importante e cioè del maggiore senso di ospitalità che caratterizza i residenti dei P.C. È a partire dagli anni 2000 che si inizia a definire meglio il tema dei borghi ospitali, quelle realtà che si caratterizzano per una vocazione ospitale che si manifesta in un'attenzione ai temi della qualità, del decoro, della sostenibilità, della sensibilizzazione/coinvolgimento dei residenti verso le tematiche del turismo e dell'accoglienza, per un sistema di servizi all'ospite, dal commercio a momenti di convivialità che fanno parlare anche di turismo di comunità. La cosa che sembra affascinare maggiormente i visitatori è l'atmosfera che si può respirare in un borgo: lo scenario urbanistico e umano, dalle cose che si possono vedere e da quelle che si possono fare, dal cibo che si può assaporare alle esperienze che si possono godere. Lo strumento di marketing privilegiato in questa fase è il web.

Una visita o un soggiorno in un borgo è percepito anche come la possibilità di vivere qualcosa di nuovo, di accedere ad uno stile di vita diverso da

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quello abituale. Con il passare del tempo si è dato ascolto alla domanda turistica cercando di recuperare prima di tutto l'antica tradizione dell'ospitalità e l'idea di considerare il turista non più solo come consumatore ma come ospite45.

In Italia i principali enti che si occupano attualmente della valorizzazione di borghi in Italia sono: Associazione e marchio di qualità “Borghi più belli d’Italia”; Borghi Srl; l'Associazione Borghi Autentici; Gruppo Touring Club Italiano con il marchio di qualità “Bandiera Arancione”.

I Borghi più belli d'Italia46

Nel marzo del 2001 nasceva il club de “I Borghi più Belli d'Italia” su impulso della Consulta del Turismo dell´ Associazione dei Comuni Italiani (ANCI). Inizialmente il gruppo comprendeva un centinaio di borghi, successivamente cresciuti fino a 206 (Giugno 2013). Questa iniziativa è sorta dall´esigenza di valorizzare il grande patrimonio di Storia, Arte, Cultura, Ambiente e Tradizioni presente nei piccoli centri italiani che sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti. Il Comitato promotore ha nominato un Direttivo di 11 sindaci e un Comitato scientifico di 5 esperti che hanno redatto lo statuto e la Carta di qualità in cui sono indicate le caratteristiche per accedere al Club. Due sono le condizioni preliminari:

1. la caratteristica di “borgo”,ossia una popolazione inferiore ai duemila abitanti nel centro storico (e ai 15 mila nell’intero Comune);

2. una notevole qualità urbanistica e architettonica, certificata dalla

45 Il detto “l'ospite è sacro” è emblematico di una mentalità e di un tempo in cui l' host era colui che compensa il "dono" con un "contro-dono". Nelle culture latine l'ospite è sia chi ospita che chi viene ospitato, mentre ad esempio in inglese (che ha comunque accolto il termine di derivazione latina host) il significato è solo attivo e designa solo che è ospitato

46 http://www.borghitalia.it/documenti/11_300004242_cartaqualita.pdf Carta di qualità de “I Borghi più belli d'Italia

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Soprintendenza alle Belle Arti.

Borghi Srl47

Costituita a luglio del 2008, BORGHI Srl nasce con l’obiettivo di promuovere e sviluppare progetti di valorizzazione turistico-immobiliare di Borghi e Centri Storici. BORGHI Srl sostiene e applica un modello di intervento che assume la riqualificazione del patrimonio immobiliare come struttura portante di un sistema di ospitalità diffusa, mirando allo sviluppo di un prodotto turistico unico ed originale (anche Sextantio, albergo diffuso è partner dei Borghi Srl). Svolge altresì attività di consulenza, assistenza tecnico-finanziaria e coordinamento. Michele Esposito, presidente della Società dice48 <l'obiettivo è favorire il matching tra domanda e offerta di progettualità, dalla ricerca di canali di finanziamento alla promozione presso gli investitori, italiani ed esteri, il cui interesse scatta per rendimenti minimi del 7-8% [...]>

Borghi Autentici49

Nasce il 28 marzo 2007, si tratta di un’Associazione indipendente sul piano politico, economico ed istituzionale; essa è aperta ad ogni forma di confronto e collaborazione con altri soggetti pubblici e privati che siano impegnati su iniziative di sviluppo locale caratterizzate da obiettivi di

47 http://www.iborghisrl.it/ Borghi Srl

48 Art. di F. Nariello, Da Terni a Isernia, recuperi per il turismo 17 Ottobre 2013, <Il Sole 24Ore>

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