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Tutela del rischio sismico: esperienze internazionali a confronto

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea in Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

Tesi di Laurea Specialistica

TUTELA DEL RISCHIO SISMICO: CASI INTERNAZIONALI A CONFRONTO

Relatore

Prof.ssa Antonella Cappiello

Candidata

Giulia Bruschi

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Indice

Introduzione ...4

CAPITOLO I - IL RISCHIO SISMICO 1. Le calamità naturali, il concetto di rischio e il rischio sismico 1.1 Il significato di calamità naturali ...7

1.2 Il rischio sismico e le sue caratteristiche ...10

1.3 I danni derivanti dai principali terremoti nel mondo e in Italia ...13

1.4 Le compagnie assicurative e le banche dati ...18

1.5 Indagine Irpi-Cnr-Doxa ...24

CAPITOLO II- L’UE E I RISCHI CATASTROFALI 2. Solvency II e il Libro Verde sulle Assicurazioni 2.1 Il CAT risk e il Risk-Based-Capital (RBC) ...27

2.2 Solvency Capital Requirement e il Non-Life Risk ...30

2.3 La riassicurazione con Solvency II ...34

2.4 Il libro verde sull’assicurazione contro le calamità naturali e antropogeniche ....36

CAPITOLO III– LE COPERTURE DEL RISCHIO SISMICO 3. Le possibili tipologie di coperture assicurative 3.1 L’assicurazione primaria ...41

3.2 La riassicurazione ...45

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CAPITOLO IV – CONFRONTO TRA PAESI A RISCHIO SISMICO

4. Una partnership Pubblico-Privata come modello di gestione delle catastrofi naturali e confronto tra paesi comunitari ed extra-comunitari.

4.1 Il tasso di penetrazione delle assicurazioni e cooperazione Pubblico-Privata come

soluzione alle calamità naturali ...61

4.2 Come si assicurano i principali paesi comunitari 4.2.1 Il Belgio e la “Caisse nationale des Calamitès” ...65

4.2.2 La Francia e la Casse Centrale de Reassurance (CCR) ...69

4.2.3 La Romania e il Natural Disaster Insurance Pool (PAID) ...73

4.2.4 La Spagna e il Consorcio de Compensatione de Seguros ...75

4.3 L’Italia e il mancato decollo delle coperture assicurative sia per il rischio sismico che per le altre calamità naturali ...77

4.4 Le modalità di assicurazione dei paesi extra-comunitari ad elevato rischio sismico 4.4.1 La Nuova Zelanda e l’EarthQuake Commission (EQC) ...87

4.4.2 Il Giappone e la Japan Earthquake Reinsurance (JER) ...90

4.4.3 La Turchia e l’obbligatorietà del sistema assicurativo ...92

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3

CAPITOLO V- SISTEMA ASSICURATIVO OBBLIGATORIO A COPERTURA DEL RISCHIO SISMICO, ATTUABILE DALLO STATO ITALIANO, COME SOLUZIONE ALL’ATTUALE POLITICA DI INTERVENTO POST CATATSROFE

5. Il Risk Financing e l’obbligatorietà della copertura assicurativa contro il rischio sismico e le altre tipologie di rischi naturali

5.1 La percezione e la prevenzione del rischio della popolazione italiana ...96

5.2 Sistema di Contingent Capital e tradizionale assicurazione dei beni ...99

5.3 I possibili sistemi assicurati e soluzione adottabile dallo Stato Italiano ... 102

Conclusioni ... 110

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4

Introduzione

Il continuo mutamento del nostro Pianeta sta portando, sia dal punto di vista geofisico che da quello climatico, al sempre più frequente riproporsi delle calamità naturali, le quali a loro volta hanno risvolti disastrosi su cose e persone. Il presente lavoro nasce quindi dal voler illustrare in che modo lo Stato Italiano, rispetto agli altri paesi Comunitari ed Extra Comunitari, interviene a tutela dei danni causati da eventi sismici, evidenziando come il mercato assicurativo, dotato di diversi tipi di coperture, per i rischi in materia, possa rappresentare per il nostro Stato una possibile soluzione all’attuale sistema di finanziamento ex-post dei danni causati dai terremoti e dalle altre catastrofi naturali.

Nel primo capitolo verrà affrontato il tema delle calamità naturali, distinguendole in rischi a carattere ambientale e a carattere antropico, definendo nello specifico il rischio sismico, rientrante nella categoria dei rischi ambientali improvvisi, ed illustrandone le sue caratteristiche e conseguenze. Verranno evidenziati, a partire dal 1900, i danni provocati dai più violenti terremoti avvenuti sia in Italia che nel resto del Mondo; definendo come le compagnie assicurative possano gestire un portafoglio composto da questa tipologia di rischio e quali strumenti abbiano adottato per risolvere i problemi derivanti dalla loro stima e dalla quantificazione monetaria dei danni, dunque verrà definendo il ruolo delle banche dati europee e mondiali sui rischi. Infine verrà illustrata la percezione dei rischi derivanti da eventi calamitosi tra la popolazione italiana a cura di un’indagine effettuata dalla società di ricerca e analisi di mercato (DOXA) per l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irpi-Cnr). Nel secondo capitolo verrà illustrato, come il rischio catastrofale, viene definito dall’Unione Europea tramite la direttiva 2009/138/CE conosciuta come “Solvency II”. Verranno definite le linee guida della stessa direttiva che per la prima volta include i rischi catastrofali nel requisito patrimoniale per l’esercizio dell’attività assicurativa. Verranno distinti i “CAT risk” in due tipi di catastrofi: quelle provocate dalla natura e quelle provocate dall’uomo. Verrà poi definito il

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5

Requisito di Capitale (SCR), determinato attraverso la Standard Formula (SF), di una compagnia di assicurazione e riassicurazione per quantificare i “CAT risk”, secondo un approccio “Risk-Based-Capital” (RBC), e ne verrà descritta la nascita e lo sviluppo. Verrà poi definito il calcolo del “CAT risk”, distinguendolo in due metodi: il “metodo 1 o per scenari” che distingue a sua volta le catastrofi in base alla tipologia e verrà definito il calcolo per il “NatCat Risk” e “Man-Made Risk”; e il “metodo 2 o per fattori”. Verrà anche descritta la riassicurazione all’interno di “Solvency II”, definendo i vantaggi che derivano da questo strumento di gestione del capitale. Infine, data la sensibilità della Commissione Europea agli effetti provocati dalle calamità naturali, verranno esposte le materie inerenti una serie di questioni relative all’opportunità e alla disponibilità di un’assicurazione appropriata per le stesse, descrivendo sia l’obbiettivo della Commissione Europea, sia il modo in cui il Parlamento Europeo si è pronunciato sulla prevenzione e informazione, sul mercato assicurativo e sull’adozione di un’assicurazione obbligatoria a livello europeo in riferimento alle suddette calamità.

Nel terzo capitolo verrà fornita una descrizione dei vari tipi di coperture offerte dal mercato assicurativo per i danni causati da catastrofi naturali, distinguendole tra:assicurazione primaria, riassicurazione, cartolarizzazione. Per quanto riguarda la prima tipologia di copertura assicurativa verrà descritta nella sua forma e verranno forniti alcuni esempi di polizze assicurative contro le stesse calamità, offerte dalle compagnie assicurative più significative. Verrà poi fornita una descrizione, sia nella sua forma che nel suo funzionamento della riassicurazione, fornendo anche dati riguardanti questa seconda tipologia di copertura assicurativa. Per quanto riguarda la cartolarizzazione verrà descritta anch’essa nella sua forma e origine, descrivendola sia a livello generale che nel caso specifico del mercato assicurativo. Verranno descritti anche i così detti “Cat Bond”, che rappresentano una tipologia di “Asset-Class” caratterizzati da flussi finanziari di natura assicurativa (ILS), indicandone sia dati significativi che vantaggi e svantaggi.

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Nel penultimo capitolo verrà illustrata l’importanza di un’adeguata penetrazione assicurativa in tema di catastrofi naturali, descrivendo come una cooperazione Pubblica-Privata possa risultare una soluzione per le stesse. Verrà effettuato un confronto tra l’Italia, con le sue politiche di interevento post catastrofe, e i principali Paesi Comunitari, dotati di una Partnership Pubblico-Privata e di un sistema assicurativo contro il rischio sismico e i principali paesi extra Comunitari caratterizzati da un elevato rischio sismico.

Nel quinto, ed ultimo capitolo, verrà indicata la percezione e prevenzione del rischio della popolazione Italiana, derivante da un’indagine condotta dal consorzio universitario no profit, CINEAS. Verranno inoltre indicate le possibili forme di finanziamento del rischio e i possibili schemi assicurativi, di cui può disporre il nostro Stato, inoltre verrà fornita una possibile soluzione adottabile dal nostro Governo per la copertura dei danni provocati da eventi sismici.

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1. LE CALAMITA’ NATURALI, IL CONCETTO DI RISCHIO E IL RISCHIO SISMICO

1.1 Il significato di calamità naturali

Una delle tante definizioni, che possiamo trovare in questo ambito, afferma che “Le catastrofi naturali sono considerate come l’impatto di un evento estremo, concentrato nello spazio e nel tempo, che eccede gradualmente le aspettative umane in termini di magnitudo e frequenza e che ha un profondo impatto sul sistema socio-economico” 1. In base agli eventi estremi che determinano le calamità naturali, vengo individuate le seguenti tipologie 2 :

1. Eventi a carattere geofisico:

Terremoti Tsunami

Eruzioni vulcaniche

2. Eventi a carattere climatico:

Frane Inondazioni Tempeste Freddo e gelo Valanghe Grandine Ecc…. 1

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag. 84

2

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.83-84

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Strettamente legato al concetto di calamità naturali è quello di rischio, che secondo una definizione generale è contraddistinto da 3:

- Imprevedibilità degli avvenimenti futuri: c’è rischio se esiste una, anche se minima, possibilità del manifestarsi o meno di un determinato avvenimento futuro, infatti il rischio non esiste quando si è certi che il fatto non accadrà,

- Oggettività dell’incertezza: l’incertezza è rischio quando essa non dipende né dalla sensibilità, né dal livello culturale del soggetto che fa la previsione.

- Polivalenza degli effetti economici degli eventi incerti: per avere un rischio occorre che un fatto incerto possa dare risultati diversi da quelli previsti ed abbia una manifestazione economica concreta. Sarà possibile individuare il più favorevole per l’individuo oppure quello più ragionevolmente atteso, in relazione alle conoscenze relative alla misura del rischio che lo stesso possiede 4.

- Differenze tra alee e pericoli e relativi rischi per la gestione d’impresa: l’alea è la causa di possibili perdite economiche, in altre parole è la causa del rischio.

Le alee che si manifestano senza l’intervento determinante dell’uomo sono chiamate dagli anglosassoni “Act of God” e sono quelli inclusi fra gli eventi catastrofali quali terremoti, inondazioni, mareggiate, alluvioni, grandine ecc… 5

I vari elementi che possono incrementare il rischio sono i pericoli. Essi sono delle circostanze capaci di aumentare la possibilità del manifestarsi di una data perdita, di un dato evento economico negativo 6. L’analisi dettagliata dei pericoli

3 A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi

catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.29-30

4 Cfr.Chiarlo.M , Risk Manager: un nuovo ruolo all’interno dell’impresa, Economia e Diritto del Terziario,

1992

5

Cfr. Chiarlo M., Economia dell’Assicurazione danni, ECIG ,Genova, 1993

6A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi

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è fondamentale per ridurre l’alea e quindi il rischio. Per uno studio razionale del rischio è necessario prendere in considerazione tutte le circostanze fisiche e morali che possono aumentarlo. Quindi il rischio è quello connesso alla possibilità di perdita; in campo assicurativo i rischi da assicurare sono riconducibili a quelli di tipo statico, cioè che possono provocare delle perdite. In altre parole il rischio è la probabilità che si verifichi un certo evento capace di produrre effetti indesiderati. Infatti per rischio catastrofale si intende quel rischio che al suo verificarsi reca danni ad una collettività di soggetti. Le calamità naturali possono essere suddivise in ambientali e antropiche 7, che a loro volta

possono essere suddivide in delle sottocategorie. I rischi ambientali si suddividono in 8:

 Improvvisi: terremoti, erosioni vulcaniche, alluvioni, frane, uragani, cicloni ecc.

 Lenti: variabilità climatica, desertificazione, siccità Mentre i rischi antropici si suddividono in:

 Ambientali:cambiamenti climatici, deforestazione, crescita delle città, depauperamento delle risorse

 Tecnologici: chimici, nucleari, fuoriuscite di idrocarburi  Conflittuali: guerre, terrorismo

L’espressione calamità naturale può essere fuorviante, in quanto non sempre la responsabilità delle conseguenze calamitose può essere attribuita ad eventi naturali, se si accerta la presenza di fattori ricollegabili all’attività umana, come molto spesso accade, occorrerà valutarne gli effetti sui processi derivanti, prima di ritenere come responsabile l’evento naturale. Il paesaggio terreste è molto

7

Deriva dal greco antrophos = uomo. Per azione antropica sull'ambiente e sul paesaggio in generale si intende qualsiasi attività esercitata dall'uomo. Questa attività può essere positiva (cioè reca beneficio all'ambiente in senso lato) oppure negativa (cioè reca danno all'ambiente in senso lato).

8

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, pag.88

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vario ed è il risultato di due grandi forze naturali 9: le forze interne dette

endogene e quelle esterne dette esogene. Le prime dipendono dalle condizioni

che possiamo riscontrare all’interno del pianeta, legate all’azione di vulcani e terremoti; le seconde dipendono dall’energia che la terra riceve dal sole e si manifestano con l’azione del vento, calore, e acqua. Oggi fra gli agenti esogeni, sono ricomprese anche le azioni dell’uomo, che interferiscono nei processi naturali accelerandoli o comportandosi in modo da impattare in maniera disastrosa sugli stessi 10. L’interconnessione tra fenomeni naturali, da un lato, e la gestione dell’ambiente e l’uso irrazionale del territorio non è sinonimo di fatalità.

1.2 Il rischio sismico e le sue caratteristiche

La terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composta al suo interno da rocce disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte 11. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le altre, deformandole. I terremoti sono un’espressione di questa continua evoluzione, che avviene in centinaia di migliaia e, in alcuni casi, di milioni di anni. Il terremoto si manifesta come un rapido e violento scuotimento del territorio e avviene in modo inaspettato, senza preavviso 12.

Un terremoto, soprattutto se si presenta in maniera forte, è caratterizzato da una sequenza di scosse chiamate “periodo sismico”, che talvolta precedono e quasi sempre seguono la scossa principale 13. Le oscillazioni provocate dal passaggio delle onde sismiche determinano spinte orizzontali sulle costruzioni e causano gravi danni, ad esempio il crollo di edifici che non vengono costruiti con criteri antisismici. Il terremoto inoltre genera effetti indotti o secondari, come frane,

9P.Migliorini, Calamità naturali, Enciclopedia della scienza e della tecnica Treccani, 2007

(www.treccani.it).

10

Gli agenti geomorfologici, Enciclopedia multidimensionale De Agostini

11 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/terremoti.wp 12

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp

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11

maremoti, liquefazione dei terreni, incendi, a volte più dannosi dello scuotimento stesso. A parità di distanza dalla faglia in cui si è generato il terremoto (ipocentro) 14, lo scuotimento degli edifici dipende dalle condizioni locali del territorio, in particolare dal tipo di terreni in superficie e dalla forma del paesaggio. Per definire la forza 15 di un terremoto sono utilizzate due grandezze differenti: la magnitudo e l’intensità macrosismica. La prima è l’unità di misura che permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala Richter. Per poterlo calcolare è necessario registrare il terremoto con un sismografo, ovvero uno strumento che registra le oscillazioni del terreno durante una scossa sismica anche a grandissima distanza dall’ipocentro. L’intensità macrosismica è l’unità di misura degli effetti provocati da un terremoto, espressa con i gradi della scala Mercalli. Essa viene attribuita in ciascun luogo in cui viene risentito il terremoto, dopo averne osservato gli effetti sull’uomo, sulle costruzioni e sull’ambiente 16

.

La sismicità indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti, ed è una caratteristica fisica del territorio. Se conosciamo la frequenza e l’energia associate ai terremoti, che caratterizzano un territorio, e attribuiamo un valore di probabilità al verificarsi di un evento sismico di una data magnitudo in un certo intervallo di tempo, possiamo definire la pericolosità sismica. La pericolosità sismica sarà tanto più elevata quanto più probabile sarà il verificarsi di un terremoto di elevata magnitudo, a parità di intervallo di tempo.

Le conseguenze di un terremoto dipendono anche dal tipo di resistenza delle costruzioni alle azioni di una scossa sismica. La predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata si definisce “vulnerabilità”. Quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione, qualità materiali ecc.) tanto maggiori saranno le conseguenze. La maggiore o minore presenza di beni esposti

14

L’ipocentro è la faglia in cui si è generato il terremoto. La faglia è il movimento delle rocce che quando si rompono formano profonde spaccature.

15http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp 16

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al rischio (quindi la possibilità di subire un danno economico, un danno a beni culturali o la perdita di vite umane) è definita “esposizione”.

Il rischio sismico 17 è il risultato della combinazione tra la pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione. È la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di “antropizzazione” cioè la natura, la qualità e la quantità dei beni esposti. La pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità. Essa viene definita come la probabilità che, all’interno di una data area ed in un certo intervallo di tempo, si verifichi un terremoto che superi una soglia di intensità, magnitudo o accelerazione di picco (Pga) 18. L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta per frequenza e intensità dei fenomeni, una vulnerabilità molto elevata per la fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi, e un esposizione altissima per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo.

Il nostro paese negli ultimi 2.500 anni, è stato interessato da più di 30.000 eventi sismici di media e forte intensità, (superiore al IV-V grado della scala Mercalli), circa 560 di intensità uguale o superiore al’VIII grado (in media uno ogni 4 anni e mezzo) 19. Solo nel XX secolo, 7 terremoti si sono verificati con una magnitudo uguale o superiore a 6.5. La sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola, la dorsale appenninica è stata colpita da alcuni degli eventi più forti e distruttivi, come ad esempio i terremoti del 1349 e del 1703 che colpirono l’Appennino centrale; ma anche il terremoto del 13 gennaio 1915 che interessò la Marsica, una subregione dell’Abruzzo montano o ancora i terremoti che colpirono l’Appennino meridionale. L’Irpinia è stata protagonista di alcuni dei più forti terremoti della storia sismica italiana, sino a quello del 23 febbraio del 1980. In Calabria e Sicilia, le conseguenze di eventi sismici come quelli del

17 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp 18 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=1#pag-content 19 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/emerg_it_sismico.wp

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1693, del 1783 e del 1908 hanno fatto registrare nel nostro paese le conseguenze più forti, avendo profondamente impattato sul tessuto sociale, economico e culturale delle aree coinvolte 20.

1.3 I danni derivanti dai principali terremoti nel mondo e in Italia

La concentrazione della popolazione 21 nelle aree metropolitane è la principale causa degli aumenti di costo degli eventi estremi. Le megalopoli sono caratterizzate da un elevato potenziale rischio di perdita economica perché spesso sono situate in zone ad elevato rischio e fortemente industrializzate, tale rischio aumenta poiché esse hanno la caratteristica di espandersi costantemente sia in dimensione che in popolazione. L’aumento della popolazione mondiale è un problema fondamentale e le statistiche parlano chiaro: ad oggi è pari a 7 miliardi e mezzo di abitanti.

Il numero di vittime e feriti è il peggior bilancio di un evento sismico, oltre ai costi economici come i danni agli edifici pubblici, quelli privati e alle infrastrutture, ma anche le ripercussioni che il sistema presenta a livello sociale sia nel breve che nel lungo periodo, anche se determinare i costi economici di un terremoto è difficile. Inoltre la maggior parte dei costi totali è rappresentata dai “costi indiretti” e cioè l’interruzione dell’attività economica, il mancato guadagno e il rallentamento di crescita della zona colpita.

Il nostro pianeta è stato da sempre vittima di eventi sismici, anche molto violenti, che provocano un elevato numero di morti e danni economici. Il paese che soffre di più per i sismi è la Cina. Il sisma avvenuto nella contea di Hua 22, ad esempio, è il più grave terremoto documentato per numero di vittime. Avvenuto nel gennaio del 1556 con una magnitudo di 8.0, provocò la morte di 830 mila persone. Sempre nello Stato sovrano asiatico, nel 1920, si verificò un sisma di

20

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/emerg_it_sismico.wp

21 A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi

catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, pag.95

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magnitudo 7.8 dove perirono 273 mila persone. Il terremoto di TangShan è risultato essere il sisma con il maggior numero di morti negli ultimi quarant’anni, ma non rappresentativo per i danni economici: avvenuto nel luglio del 1976 (con una magnitudo 7.8 e conseguenti vittime pari a 250 mila). Degno di nota fu inoltre il terremoto avvenuto sempre in Cina, nella Contea Wenchuan (provincia di Sichuan), il quale presentò una magnitudo di 7.9 e registrò 87.587 vittime, era il maggio del 2008.

Nell’agosto del 1999 in Turchia si verificò un terremoto con una magnitudo di 7,4 che uccise più di 20 mila persone, con danni per 6,5 miliardi di dollari. Il 26 dicembre 2003 un sisma di magnitudo 6.6 colpisce l’Iran provocando 31 mila vittime e distruggendo l’antica città di Bam 23

.

Il 26 dicembre 2004 un sisma di 9.1 di magnitudo colpisce l’Oceano Indiano, provocando più di 250 mila vittime, sia direttamente sia attraverso il conseguente maremoto manifestandosi attraverso giganteschi tsunami. È risultato essere il sisma più violento che colpì il Cile nel 1960 con una magnitudo di 9,5. Le stime parlano di 3.000 morti più di 2 milioni di sfollati e danni tra i 400 e 800 milioni di dollari, dati contenuti anche grazie alla bassa densità della popolazione e agli edifici costruiti principalmente in legno 24.

Il 12 gennaio 2010 Haiti venne devastata da un terremoto di magnitudo 7 che distrusse case, scuole, strade e lasciò il paese in una situazione di devastazione e miseria. Provocò più di 220 mila morti e ancora oggi il paese fatica ad uscire dall’emergenza sociale e sanitaria 25

.

L’11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 provocò uno tsunami in Giappone che uccise più di 18mila persone, provocando 30.000 vittime. Provocò gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima, causando il secondo incidente più grave nella storia nucleare dopo Chernobyl.

23 I terremoti più devastanti dal 1900, www.lastampa.it , 25/04/2015 24

https://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_e_maremoto_dell%27Oceano_Indiano_del_2004

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Nel 2015 anche il Nepal fu colpito da un fortissimo sisma di magnitudo 7.9, che provocò più di 1.500 vittime e gravissimi danni ad edifici nella capitale 26.

L’Italia è caratterizzata dal rischio sismico più elevato nell’UE, ed è a livello mondiale uno dei paesi più industrializzati a maggior rischio sismico 27. Esso riguarda circa il 56,8% del territorio nazionale. In Italia i terremoti rappresentano da sempre un colpo particolarmente duro per le finanze pubbliche, ciò deriva sia da ragioni geologiche sia da ragioni politiche in quanto circa il 18% degli edifici italiani è costruito abusivamente, senza autorizzazione né rispetto delle norme di sicurezza. Anche l’Italia è stata oggetto di due fortissimi terremoti, il primo è quello avvenuto nel 1908 a Messina, verificatosi con una magnitudo di 7.2 e seguito da uno tsunami, è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo, danneggiò gravemente la città di Messina e quella di Reggio Calabria, metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese perse la vita, registrando rispettivamente 80.000 e 15.000 vittime. Il secondo fu il terremoto della Marsica, in Abruzzo, del 1915, con una magnitudo di 7.0 e causando 30.519 morti.

Secondo il CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri) dal 1968 al 2012 si sono verificati altrettanti importanti terremoti come quello del 1968 nella valle del Belice 28, in Sicilia, avvenuto con una magnitudo 6,1, causando circa 370 vittime e 90 mila sfollati. Il 90 % 29 del patrimonio edilizio rurale subì danni irreparabili, con gravi ripercussioni sull’economia, quasi esclusivamente in campo agricolo. Per i successivi 40 anni vennero prodotti 27 tra decreti legge e norme tradizionali, con stanziamenti destinati a impattare fino al 2018 per un totale di 9,2 miliardi di euro odierni. Tra il 1968 e il 1995 lo stato italiano ha pagato 2.272 miliardi di vecchie lire, ma la spesa autorizzata ammontava a 3.100 lire, ad oggi per completare la ricostruzione mancano ancora 390 milioni di euro.

26

Forte terremoto in Nepal più di 1.500 morti. Cade la torre patrimonio Unesco, www.repubblica.it, 25/04/2015

27

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.99

28 G.Di Girolamo, Belice, a 5 anni dopo il terremoto si parla ancora di ricostruzione,

www.Ilsole24ore.com , 14 gennaio 2013

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Il terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia, si è verificato con una magnitudo di 6,4 e causò circa 990 vittime, circa 3.000 feriti, 45 mila persone senza tetto e danni per 4.500 miliardi delle vecchie lire 30. Sono state prodotte nove norme che hanno stabilito lo stanziamento dal 1976 al 2006 pari a 18,5 miliardi attuali. Nel 1980 si registrò il peggior evento sismico avvenuto nella storia italiana che interessò la regione dell’Irpinia (oggi ricompresa nella provincia di Avellino), che si manifestò con una magnitudo pari a 6,9 gradi Richter, morirono 2.375 persone, novemila rimasero ferite e 394 mila si ritrovarono sfollati. Alcuni comuni vicino all’epicentro furono quasi rasati al suolo, altri gravemente danneggiati. I fondi predisposti, dalle 33 leggi prodotte, riguardano il periodo 1980-2023 e ad oggi ammontano a 52 miliardi di euro.

Nel 1997 Marche e Umbria vennero colpite da un terremoto con una magnitudo di 5,9 morirono 19 persone, 32 mila persero la propria abitazione e durante tutto l’anno si registrarono oltre 6 mila scosse. I danni al patrimonio storico-artistico furono enormi . I 32 decreti emanati prevedevano fondi dal 1997 al 2024 per un importo totale ad oggi di 13,5 miliardi di euro.

Nel 2002 tra il Molise e la Puglia si registrò un terremoto con una magnitudo di 5,8 e provocò 30 vittime, tra cui 27 bambini, circa 100 feriti e 2.925 sfollati 31. Le 24 norme elaborate prevedevano 1,28 miliardi da stanziare fino al 2023.

Alle 03:32 del 6 aprile del 2009, l’Aquila venne colpita da un terremoto di magnitudo 5,9 che causò la morte di 309 persone, 1.600 feriti e 60 mila senza tetto. Sono stati stanziati complessivamente 21 miliardi di euro dallo stato per far fronte alla ricostruzione pubblica e privata 32.

Il terremoto del 2012 in Emilia, è stato un evento sismico costituito da una serie di scosse localizzate nel “distretto sismico” della pianura padana emiliana. Si verificarono due violenti scosse, una con una magnitudo di 6 gradi Richter il 20

30

Terremoto:6 maggio 1976, La terra trema in Friuli. Poi la ripresa fu un modello, www.ansa.it, 6 maggio 2015

31

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/terremoto_molise_2002.wp

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maggio, e l’altra il 29 maggio con una magnitudo di 5,8. Il terremoto Emiliano provocò 27 vittime, 350 feriti, 19 mila sfollati. È stato il primo caso in cui, al momento di stimare i danni, si è cercato di prendere in considerazione anche i costi indiretti che comprendono il sostegno al reddito dipendente e autonomo, gli sgravi fiscali, le esenzioni, i costi della burocrazia e dei processi amministrativi, le spese mediche e di assistenza, così come i costi di ripresa dell’attività scolastica. Lo stanziamento iniziale ammontava a 9 miliardi. Le stime elaborate dalla regione ammontavano però a 13,3 miliardi 33.

l’Italia è stata nuovamente vittima di un sisma il 24 agosto 2016 34

, verificatosi con una magnitudo di 6,0 che ha colpito la provincia di Rieti distruggendo il comune di Amatrice e colpendo anche i comuni di Arquata, Accumoli e Pescara del Tronto. Sono proseguiti altri eventi sismici di magnitudo al di sopra di 5.0 ma in particolare si è registrato un terremoto di magnitudo 6,5 il 30 ottobre, il più forte mai registrato a partire dai primi anni ’80, dove fortunatamente non si sono registrate vittime, ma una ventina di feriti ed un numero di sfollati pari a 40 mila. I danni e i costi causati dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, fino all’ultima violenta scossa registrata il 18 gennaio scorso, ammontano a 23 miliardi e 530 milioni di euro, di cui 12,9 miliardi si riferiscono ai danni relativi agli edifici privati e 1,1 miliardi di euro agli edifici pubblici. Il bilancio finale dei morti ammonta a circa 300 persone.

Se si guardano le cifre relative ai costi sostenuti potrebbe essere utile l’introduzione di un sistema assicurativo sui rischi naturali, sia a livello nazionale che globale. 33 https://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_dell%27Emilia_del_2012 34 https://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_del_Centro_Italia_del_2016

(19)

18

1.4 Le compagnie assicurative e le banche dati

La maggior parte delle compagnie assicurative, sia in Europa che nel mondo, stipulano polizze che includono i rischi legati ad eventi inerenti le calamità naturali. In passato questa tipologia di assicurazione era considerata impraticabile per l’estrema aleatorietà dei fenomeni, ma soprattutto per la dimensione del danno e la stretta indipendenza tra i vari sinistri. I rischi legati alle calamità naturali sono degli eventi aleatori estremi ed hanno una bassa frequenza temporale, coinvolgono un rilevante numero di persone e cose, ed in particolare generano dei danni rilevanti. L’insieme di queste caratteristiche rendono impossibile una loro valutazione statistica. A scoraggiare le assicurazioni ad investire in questo ambito è il fatto che gli eventi calamitosi avvengono in maniera così casuale che risulta quasi impossibile azzardare un’esatta previsione. La previsione risulta possibile quando si conoscono simultaneamente 3 parametri dell’evento 35

:

1. Luogo (Dove?) 2. Tempo (Quando?) 3. Intensità (Magnitudo)

Le compagnie di assicurazione nella valutazione dei premi sui rischi convenzionali si basano sulle statistiche dei sinistri, nel caso dei rischi catastrofali causati dai fenomeni naturali e/o umani, i dati statistici presi in considerazione non vengono considerati affidabili dato che per queste tipologie di rischio, in assoluto, non vale la legge dei grandi numeri 36. Secondo questa legge, infatti, all’aumentare del numero di unità assicurate l’equilibrio migliora37.

35

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.84

36 Teorema di Bernoulli. Teorema tipico della scienza statistico-attuariale che sta alla base del calcolo

delle probabilità. Essa consente all’assicuratore la previsione sull’andamento futuro dei rischi assicurati e, dunque, la precisa determinazione del premio. Secondo la legge dei grandi numeri, la probabilità che la frequenza futura di un rischio (ad esempio, il rischio di incendio di una abitazione) sia pressoché uguale alla frequenza osservata nel passato per il medesimo rischio (il numero di incendi di abitazioni già verificatisi) è tanto maggiore quanto più grande è il numero delle osservazioni effettuate (in altri termini, quanto più elevato è il numero dei sinistri considerati).

37

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.89

(20)

19

Ciò accade spesso perché nell’area colpita dallo stesso evento calamitoso la dimensione dei sinistri tende ad aumentare progressivamente al crescere del numero dei rischi assicurati 38. In Giappone le compagnie assicurative provvederanno al risarcimento dei danni valutando le immagini satellitari ad alta definizione o le fotografie aeree, senza indagini in sito, a causa della difficoltà di accedere alle aree danneggiate e contaminate.

I modelli previsionali 39 attualmente utilizzati dalle compagnie assicurative per la gestione di un portafoglio di rischio sismico, o più in generale di rischi catastrofali naturali, sono costruiti con riferimento ad uno scenario preciso e cioè sulla determinazione del sinistro ragionevolmente prevedibile (SRP) e del sinistro massimo prevedibile (SMP) oltre al numero dei sinistri e del danno medio, considerando 3 elementi:

1. La tipologia di rischio; 2. La vulnerabilità; 3. I valori esposti.

La compagnia assicurativa, in base ai dati storici e per ogni tipo di rischio, valuta il grado di rischio aggiungendo una componente casuale che rappresenta un elemento correttivo alle ipotesi effettuate. Sulla base di questi elementi le compagnie di assicurazione individuano l’indice di esposizione e il grado di rischio per lo sviluppo di efficienti strategie di distribuzione del rischio all’interno del territorio, sia nazionale che mondiale. Infatti per il rischio terremoto, la cui previsione rimane quasi totalmente imprevedibile, la misurazione dell’esposizione avviene attraverso due metodi:

1. Determinazione del numero dei sismi osservati, ordinati per gradi di intensità durante l’arco temporale considerato, successivamente si ha la divisione della durata dell’arco temporale per il numero di eventi osservati e si determina il periodo di ricorrenza dell’intensità corrispondente;

38 Miani. S, La gestione dei rischi climatici e catastrofali, G.Giappichelli Editore, Torino 2004 39

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.102

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20

2. Definizione del numero di eventi per classe di magnitudo all’interno di una certa area.

Il problema principale affrontato dalle assicurazioni nella valutazione dei rischi delle calamità naturali, è legato alla loro bassa frequenza temporale. Esse dispongono generalmente di un insieme di dati non significativi, e quindi poco rappresentativi degli eventi estremi. Questo perché dispongono di una ridotto arco temporale dei rischi e di una limitata frequenza relativa ai dati dei parametri che governano le catastrofi quali le misure strumentali su frequenza di accadimento, magnitudo, periodo ecc… . In passato, per assolvere a questi problemi, vennero costruite a partire dagli anni ’70 delle banche dati 40

sui rischi. In Italia la prima ricerca sistematica di ampie dimensioni degli eventi estremi è stata condotta dall’ENEA insieme alla SGA41

(Società Geofisica Ambientale) con la creazione nel 1990 della banca dati GIANO (opera non pubblicata).

In duemila anni di storia italiana, l’analisi degli effetti dei territori e degli altri eventi naturali estremi nel lungo periodo, ha consentito la costruzione di un primo criterio di valutazione dei rischi ambientali per rappresentare scenari di disastri ricorrenti o possibili. L’esperienza pioneristica della banca dati Giano, in cui erano riportati i primi elenchi su carta dei rischi naturali avvenuti in Italia portò alla realizzazione della prima banca italiana delle catastrofi naturali, EVA (EVenti Ambientali), che oltre a raccogliere i testi sugli antichi terremoti e i loro effetti, raccolse anche altri eventi naturali (frane, alluvioni, eruzioni vulcaniche ecc.). La banca dati era costruita da una biblioteca informatizzata su supporti magnetici costruiti da dischi ottici, la sua caratteristica era quella di distinguere due macro-famiglie genetiche: le cause climatiche e geofisiche ed una famiglia minore, ovvero le cause astronomiche, oltre alle cause antropiche. Da ciascuna di queste famiglie genetiche si originarono una serie di eventi principali i quali, a

40

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.89,90,91

41 SGA è la società di ricerca specializzata nello studio storico dei fenomeni geodinamici (terremoti,

maremoti, eruzioni vulcaniche ) e di altri eventi estremi di origine naturale (frane, alluvioni, variazioni climatiche…)

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21

loro volta, potevano causare altri eventi secondari. L’approccio che venne utilizzato dall’ENEA era di tipo multidisciplinare con dei tempi di ritorno degli eventi più severi che andavano a considerare degli archi temporali di osservazione maggiori di quelli disponibili, per esempio gli ultimi 1.000 anni per i terremoti. L’obiettivo della prima banca dati EVA era di fornire una rappresentazione corretta della pericolosità ambientale del territorio nazionale per una valutazione probabilistica sulla possibilità di manifestazione di eventi similari nel futuro ai fini della pianificazione territoriale e progettuale 42.

Si sono sviluppate negli anni anche altre banche dati come quella riguardante i rischi di natura idrogeologica (alluvioni e frane) realizzata negli anni 1991-1992 dal CNRGNDCI (Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche). La banca dati AVI (Aree Vulnerate Italiane) riportava il censimento delle alluvioni e delle frane storiche verificatesi nel secolo scorso (1918-1990), aggiornata dal 1991-1994, costituendo il primo data-base per la mitigazione del rischio idraulico in Italia. Tale banca indicava le aree suscettibili a rischio idrogeologico e rappresentava il più completo ed aggiornato archivio storico di notizie su frane ed inondazioni avvenute in Italia 43.

Si sono sviluppate altre banche dati europee e mondiali sui rischi in cui vennero inserite anche delle valutazioni economiche dei disastri costituendo un punto di partenza da cui le compagnie assicurative e le società di sicurezza potevano ricavare i dati per lo studio delle polizze, e quindi simulare possibili scenari di rischio. I rischi catastrofali presentano notevoli difficoltà nella loro stima preventiva e nella loro quantificazione monetaria dopo il verificarsi dell’evento, in quanto bisogna tenere conto dell’impatto che l’evento calamitoso produce nell’immediato (danneggiamento alle infrastrutture civili e industriali), ma anche nel lungo periodo, cioè nella fase di ricostruzione, sia a livello di produzione potenziale, sull’economia del paese, sia sul mercato dei capitali interno ed esterno, che sul commercio estero e sul rischio paese, ad esempio il disagio

42 Clemente G.F e Margottini.C , SISTEMA EVA: una biblioteca su dischi ottici per le catastrofi naturali

del passato, 1991

43

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22

sociale. Esse sono state realizzate dalle principali compagnie assicurative europee quali Munich Re e Swiss Re 44, dalle istituzioni dell’Onu quali la EM-DAT della CRED (Centro delle Ricerche sull’Epidemiologia delle catastrofi) dell’università di Lovain in Belgio e la CATNAT, il sito di informazione francofono sui rischi naturali. Il più complesso data-base sulle catastrofi naturali è quello della Munich Re 45 operativo dal 1974.

Nel caso specifico della compagnia assicurativa tedesca ogni anno vengono aggiunte, fino a 1.000 nuovi pericoli naturali, al database NatCatService, le informazioni e le analisi sono disponibili sotto forma di statistiche annuali dal 2004 in poi. Le statistiche mostrano il numero di eventi e decessi, perdite complessive e assicurative e le ripartizioni percentuali per diversi continenti 46.

Figura 1: totale annuale delle catastrofi naturali considerato l’arco temporale 2004-201547.

44 “Swisse Re è una compagnia svizzera di riassicurazione. È la seconda compagnia riassicuratrice più

grande al mondo. Fu fondata nel 1863 e ha sede a Zurigo e opera in più di 25 paesi nel mondo”.

45 “Munich Re è un gruppo assicurativo tedesco con sede a Monaco di Baviera, nata nel 1880, è una

delle maggiori compagnie al mondo. Con una rete di 5.000 agenzie in 160 paesi, i principali settori in cui opera sono l’assicurazione delle piattaforme petrolifere e dei danni derivanti da catastrofi naturali o da satelliti”.

46Munich Re, NatCatSERVICE, annual statistics 47

Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft, Geo RisksResearch, NatCatSERVICE

640 675 850 960 750 850 960 820 905 890 980 1060 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

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23

In riferimento alle statistiche annuali effettuate da Munich Re, su un arco temporale che va dal 2004 al 2015 (come si può notare anche dalla figura 1), il 2015 è stato l’anno in cui si è verificato il maggior numero di catastrofi naturali per un totale di 1.060, infatti nel 2015 si sono verificate ben 80 catastrofi in più rispetto al 2014. Possiamo inoltre constatare come negli ultimi anni il numero delle catastrofi sia in potenziale crescita e ciò potrebbe essere ricondotto all’aumento della concentrazione della popolazione in aree metropolitane a causa dei cambiamenti climatici globali, dovuti al fenomeno dell’effetto serra 48.

Figura 1.1: percentuale di ogni tipo di catastrofi naturali considerato l’arco temporale

2004-2015. 49

Munich Re divide le catastrofi naturali in quattro tipi di eventi 50 : 1. Eventi geofisici: terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche 2. Eventi meteorologici: tempeste tropicali e extra tropicali ecc… 3. Eventi idrogeologici: inondazioni ecc…

4. Eventi climatici: cambiamenti di temperatura, incendi boschivi ecc…

48 Munich Re, NatCatSERVICE, annual statistics 49

Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft, Geo RisksResearch, NatCatSERVICE.

50

Munich Re, NatCatSERVICE, annual statistics

0% 20% 40% 60% 80% 100% 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Geophysical events (Earthquake,tsunami, volcanic activity) Meteorogical events (Tropical-extratropical storm, local storm…) Hydrological events (Flood, mass movement)

Climatological event (Extreme temperature, forest fire…)

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24

e in riferimento ad esse, ogni anno effettua delle statistiche per calcolare con che percentuale si verificano i singoli eventi. Come si può vedere dalla figura 1.2, nei diversi anni presi come riferimento, le percentuali sono rimaste più o meno le stesse e considerando gli eventi geofisici si può notare come nel 2004 essi rappresentavano il 15%, percentuale in aumento rispetto agli anni passati. Ciò potrebbe essere ricondotto ad un forte tsunami verificatosi nell’Oceano Indiano, causato da un violentissimo terremoto di magnitudo 9,0. Il 2015, anche se è stato protagonista di un fortissimo sisma avvenuto in Nepal (M= 7.9), è caratterizzato da una minor percentuale rispetto agli anni precedenti 51.

1.5 Indagine IRPI-CNR-DOXA

È utile misurare la percezione dei rischi di eventi calamitosi tra la popolazione per poter impostare strategie di sensibilizzazione e informazione. A questo scopo in Italia nell’ambito della convenzione, finanziata dal dipartimento della protezione civile, l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irpi-Cnr) ha commissionato un’indagine 52 alla Doxa 53. In riferimento a ciò è stato preso un campione di 3.126 persone, e dalle risposte fornite tra gennaio e febbraio 2013, emerse come gli italiani mettano al primo posto tra i rischi percepiti quelli derivanti dall’inquinamento ambientale (il 67% si sente molto o abbastanza esposto), seguono quelli da incidenti stradali (55%), sismico (45%), da alluvioni (24%), frane (17%) ed eruzione vulcanica (12%). La percezione varia da regione a regione.

Alla domanda “lei pensa di essere molto, abbastanza, poco o per niente esposto ad uno dei seguenti rischi”, l’esposizione al rischio sismico è percepita come molto o abbastanza elevata in Campania per il 66%, nelle Marche per il 65%,

51 Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft, Geo RisksResearch, NatCatSERVICE 52

Irpi-Cnr-Doxa, Rischio:gli Italiani temono più l’uomo che la natura, Roma 7 maggio 2013

53

DOXA è la prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia. Fondata nel 1946 e continua ad essere un punto di riferimento per le aziende e per lo sviluppo strategico del loro business. Opera in tutti i mercati, ed è composta da un team di 100 professionisti con due sedi operative a Milano e a Roma.

(26)

25

Emilia-Romagna per il 64%, in Sicilia per il 63%, e in Calabria e Abruzzo per il 61%. La percezione di rischio molto elevato è notevolmente cresciuta rispetto al 2012 in Emilia ed è del 30% con un incremento del 19%, in Calabria è del 33% con un aumento del 6% e in Abruzzo è del 26% con un incremento del 15%, questo potrebbe essere ricollegato agli eventi verificatasi in quegli anni. Le regioni dove l’esposizione molto elevata è ritenuta minore sono il Trentino-Alto Adige con il 2%, la Lombardia con il 3% e la Sardegna con il 4%.

Il rischio frana, è considerato molto o abbastanza elevato soprattutto in Valle d’Aosta ed è pari al 56%, in Calabria è del 42%, in Campania pari al 27% e in Liguria è del 24%, con una percezione di rischio molto elevata, in aumento, in Valle d’Aosta con più 33%, Calabria con più 2%, Marche con più 8%, e Sardegna con più 6%.

Il rischio alluvione è percepito molto o abbastanza elevato in Liguria pari al 49%, in Calabria al 46% e in Valle d’Aosta pari al 44%, il rischio molto elevato è in aumento in Calabria e Sardegna con più 7%.

L’esposizione al rischio di eruzione vulcanica è percepita molto o abbastanza elevata soprattutto nelle due regioni dove sono presenti vulcani attivi, e cioè in Campania pari al 51% e in Sicilia è del 30%.

Il 41% degli italiani “ritiene che frane o alluvioni possano minacciare la loro incolumità” maggiormente in Liguria con il 66%, in Calabria con il 63%, in Campania pari al 54%, in Valle d’Aosta pari al 48% e in Veneto con il 46%, mentre la percentuale minore è degli abitanti della Lombardia pari al 29%. Il 42% delle Donne si sentono più minacciate rispetto agli uomini (40%), e anche il 5% dei giovani fino a 34 anni rispetto ai 35-54enni e gli over 54 (37%).

L’indagine inoltre evidenzia le cause che, secondo gli italiani, provocano frane e alluvioni: una cattiva gestione del territorio per il 28% del campione, abusivismo edilizio per il 25%, abbandono del territorio e cambiamenti climatici per il 16% e caratteristiche geomorfologiche del territorio per il 9%. Anche questa domanda registra variazioni significative a livello regionale, ed i cambiamenti climatici

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26

sono considerati la prima causa in Trentino Alto Adige (45%) e Valle d’Aosta (30%), l’abusivismo edilizio è in cima alle risposte dei cittadini Pugliesi (38%), Siciliani (33%), Campani (28%) e Calabresi (26%).

Inoltre è risultato che il 41% considera frane e alluvioni una minaccia, ma inquinamento e incidenti stradali sono temuti più delle calamità naturali, la responsabilità delle quali è attribuita soprattutto al fattore umano.

Fausto Guzzetti, direttore dell’Irpi-Cnr, sostiene che “è importante conoscere dove avvengono gli eventi calamitosi e i livelli di rischio reali, è importante anche capire la percezione che la popolazione ha di tali rischi, per dare strumenti di conoscenza e consapevolezza attraverso una corretta e adeguata informazione. Inoltre l’analisi indica che tale percezione è elevata e in crescita , ma non sempre in funzione del rischio reale, quanto alla sua comunicazione mediatica” 54

.

54

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27

2. SOLVENCY II E IL LIBRO VERDE DELLE ASSICURAZIONI 2.1 Il Cat Risk e il Risk-Based-Capital (RBC)

Dal 1° gennaio 2016 55, il sistema di vigilanza sulle assicurazioni in Europa, ha adottato un nuovo sistema definito Risk-Based basato sulla qualità e quantità del rischio che ogni impresa si assume con le proprie decisioni di impegno verso gli assicurati e di investimento delle disponibilità finanziarie. Il parlamento europeo, dopo un iter preparatorio di quasi 10 anni, approvò le nuove regole di Solvency II, contraddistinta dalla direttiva 2009/138/CE. È una direttiva dell’unione europea avente lo scopo di estendere la normativa di Basilea II 56 al settore assicurativo. I principi generali della nuova regolamentazione riguardano le modalità di calcolo dei nuovi requisiti di capitale, indirizzi in materia di Corporate Governance, controllo dei rischi delle imprese assicuratrici, obblighi informativi, che vengono articolati in una struttura composta da 3 pilastri:

55

IVASS, Solvency II, la nuova regolamentazione prudenziale del settore assicurativo:una guida semplificata, 2016 pag.3-10

56 Basilea II: è il nuovo accordo sui requisiti minimi di capitale. È un accordo internazionale di vigilanza

prudenziale. È composto da 3 pilastri: requisiti patrimoniali, controllo autorità di vigilanza e disciplina di mercato e trasparenza. È entrato in vigore nel 2007.

PILASTRO

Requisiti

quantittativi

- Valutazione di attività e passività e regole di inevstimento - Calcolo delle riserve tecniche (SCR e MCR) - Elementi di capitale disponibili (fondi propri)

PILASTRO

Requisiti

qualitativi

-Governance -Risk Management - Principio della persona

prudente

PILASTRO

Reporting

- Trasparenza e disclosure -Supervisione mediante il supporto di meccanismi di mercato

(29)

28

Nel 2014 furono apportate importanti modifiche inseguito alla crisi globale, e nel 2015 il sistema è stato completato 57. La commissione europea ha sottoposto al parlamento e al consiglio, gli atti di Solvency II ed EIOPA 58, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali. Ha inoltre proposto alla commissione gli standard tecnici di implementazione ed ha emanato le linee guida per l’applicazione pratica del nuovo regime. Solvency II è una regolamentazione prudenziale nata con l’obiettivo di misurare ogni rischio rilevante per una compagnia allo scopo di determinare le quantità di capitale che le occorrono per evitare il fallimento qualora si materializzi un determinato rischio.

Il principale requisito patrimoniale 59 previsto dal nuovo regime, contenuto nel 1° pilastro, è il Solvency Capital Requirement (SCR) che è pari al Value At Risk (VaR) dei fondi propri dell’impresa con riferimento a un livello di confidenza del 99,5% con orizzonte temporale di un anno. L’SCR dovrà capire la perdita inattesa e sarà calibrato in modo da considerare tutti i rischi quantificabili a cui è esposta l’impresa, potrà essere calcolato tramite la formula standard o tramite un modello interno alle singole imprese. Le misure di attuazione dovranno prevedere le modalità di calcolo, i parametri da utilizzare per i singoli moduli di rischio, i casi in cui i parametri standard potranno essere sostituiti da parametri specifici dell’impresa e le semplificazioni di calcolo adottate per certe categorie di rischio.

Il 1° pilastro prevede anche il Minumum Capital Requirement (MCR) che rappresenta la soglia patrimoniale minima al di sotto della quale il livello di rischio diviene inaccettabile per gli assicuratori. La direttiva prevede che esso sia calcolato in modo verificabile, chiaro e semplice, inoltre deve essere calibrato al

57 IVASS, Solvency II, la nuova regolamentazione prudenziale del settore assicurativo:una guida

semplificata, 2016 pag.6-7

58 È un organismo dell’Unione Europea che dal 1°gennaio 2011 ha il compito di sorvegliare il mercato

assicurativo europeo. Il suo compito è di proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo temine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’UE e dei suoi cittadini e delle sue imprese. Opera nel settore delle attività bancarie dei collegamenti finanziari, delle imprese di investimento, degli istituti di pagamento e degli istituti di moneta elettronica.

59

(30)

29

value-at-risk dei fondi propri dell’impresa con riferimento ad un livello di confidenza compreso tra l’80% e il 90% su un arco temporale di un anno. Deve avere una soglia minima pari ad un milione di euro per l’assicurazione non vita e a due milioni di euro per l’assicurazione vita.

Per la prima volta Solvency II fa rientrare i rischi catastrofali nel requisito patrimoniale per l’esercizio dell’attività assicurativa, per i quali viene fornito un modello normativo di quantificazione e cioè un sottomodulo del rischio di sottoscrizione nei rami danni. Dal 2016 quindi, le compagnie sono tenute ad effettuare una quantificazione dell’entità dei rischi catastrofali per valutarne l’impatto sulla solvibilità patrimoniale. Solvency II distingue tali rischi in catastrofi provocate dalla natura e quelle provocate dall’uomo (Man made risk). Da una definizione di evento catastrofale considerandolo come “il rischio di perdita o di variazione sfavorevole del valore delle passività assicurative derivanti dall’incertezza significativa delle ipotesi relative alla fissazione dei prezzi e alla costruzione delle riserve in rapporto al verificarsi di eventi estremi o eccezionali (rischio catastrofale per l’assicurazione non vita)” 60

. Il rischio catastrofale è un elemento chiave nel calcolo del capitale di Solvency II, infatti per quantificare il CAT risk viene calcolato il requisito di capitale (SCR) di una impresa di assicurazione/riassicurazione, secondo un approccio

Risk-Based-Capital (RBC), parte dell’underwritting Non Life Risk.

La Commissione Europea, riunitasi l’ 11 ottobre 2011, si è pronunciata sul RBC definendolo come “un sistema in cui il requisito patrimoniale minimo è funzione del rischio, o dei rischi, assunti dall’impresa di assicurazione” 61

. Questo sistema può inglobare la regola europea del margine minimo attraverso degli indicatori, essa tenta di fissare un requisito patrimoniale in rapporto ai “rischi dell’esercizio” che nascono una volta che l’impresa ha costituito riserve tecniche sufficienti e detiene investimenti appropriato.

60 G. Gionta, Eventi catastrofali : Solvency II e la riassicurazione, Aon Benfield Italia- ordine degli attuari ,

pag.9

61

(31)

30

L’RBC 62 è stato introdotto negli anni ‘90 negli Stati Uniti dall’National

Association of Insurance Commissioners (NAIC). In passato i requisiti di solvibilità erano diversi da uno stato all’altro e consistevano in un requisito fisso di capitale relativamente basso. Il principio dell’RBC è quello di determinare un requisito patrimoniale per ciascuno dei principali “rischi” assunti dalle imprese di assicurazione. Il requisito patrimoniale complessivo dell’impresa si ottiene assemblando i requisiti patrimoniali connessi a ciascun rischio, esso viene poi confrontato con i fondi propri dell’impresa. Il sistema RBC per il ramo danni individua due grandi categorie di rischi:

1. Rischi degli attivi o Asset risks: rischi derivanti dal deprezzamento del valore degli attivi o l’inadempimento (default) degli emittenti;

2. Rischi tecnici o Underwriting risks: rischi derivanti dall’insufficienza delle riserve sinistri e insufficienza dei premi.

Il sistema RBC prevede anche un rischio collegato agli impegni fuori bilancio e alle partecipazioni detenute in imprese di assicurazione del gruppo. La somma di questo quest’ultimo, alla radice quadrata, del quadrato dei rischi degli attivi e dei rischi tecnici, è pari al RBC totale del ramo danni.

RBC= RInvest.FuoriBilancioePartecipaz.Gruppo

2.2 Solvency Capital Requirement e il Non-Life Risk

L’SCR viene determinato attraverso la Standard Formula (SF) di Solvency II 63,

ed è il capitale economico che un’impresa assicurativa o riassicurativa dovrebbe detenere per assicurare che la sua insolvenza si manifesti non più di una volta ogni 200 anni, cioè essa potrà, con una probabilità di 99,5%, far fronte alle

62

Commissione Europea, Sistemi “Risk-based capital” (RBC), Bruxelles, 11 ottobre 2001, pag.3-9

63

(32)

31

obbligazioni nei confronti dei propri assicurati e beneficiari nei successivi 12 mesi.

Gli esperti devono verificare che l’SCR in futuro risulti sufficiente per coprire i rischi catastrofali. I requisiti di capitale con la formula standard sono calcolati utilizzando due metodi 64 alternativi o utilizzando una combinazione tra di loro. Il requisito di capitale complessivo per il Non-Life Risk, quindi il CAT risk è :

NL_CAT=

Nel metodo 1 o per scenari standard 65, vengono suddivise le catastrofi per

tipologia:

 Catastrofi naturali (NatCat risk): gli scenari standard degli eventi naturali sono definiti per paese e per tipologia di evento. Forniscono per ciascun rischio un fattore differenziato per ogni stato, definito Qcountry,

calcolato in base ad una probabilità di accadimento di 1/200 anni all’interno di ciascuna zona CRESTA 66. Il requisito di capitale per

ciascuna zona CRESTA e ciascun rischio al lordo della riassicurazione è Qcountry volte il valore aggregato delle somme assicurate totali pesate geograficamente per il rischio relativo di ciascun paese, dove i pesi sono i fattori di relatività differenziati per ogni zona di ogni stato (Fzone) previsti dalla Standard Formula. Per considerare la correlazione e tener conto dei diversi CAT risk, il requisito di capitale per ciascun rischio (peril) è aggregato tra le zone CRESTA all’interno di ciascun paese usando matrici

64

Solvency II, Standard Formula and NAIC Risk-Based Capital RBC, Pag.13,14

65

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.183-185

66

Organizzazione fondata nel 1977 che opera come un organismo indipendente che determina delle specifiche zone per paese tramite un rendiconto dei dati di esposizione relativa ad eventi naturali.

(33)

32

di correlazione definite da EIOPA, che riflettono la correlazione per venti estremi che accadono 1 volta ogni 200 anni.

Catastrofi derivanti dall’attività umana (ManMade risk): la Standard

formula prevede specifici sinistri che sono considerabili come possibili scenari di catastrofi e il requisito di capitale per ciascuno di essi. Considerando l’indipendenza tra ciascun evento catastrofale causato dall’uomo, il requisito patrimoniale complessivo è uguale alla radice quadrata della somma dei quadrati dei requisiti di ciascun evento catastrofale, ridotto per riflettere gli effetti della mitigazione dei rischi.

Il requisito di capitale complessivo per i CAT risk 67 è dato dalla radice quadrata del quadrato del requisito di capitale per le catastrofi naturali a cui viene sommato il quadrato del requisito di capitale per le catastrofi provocate dall’uomo:

NL_CAT=

Il Metodo 2 o per fattori (factor based) prevede che il requisito di capitale al lordo della riassicurazione sia determinato dal prodotto dei premi attesi relativi a segmenti di business per dei prescritti fattori lordi per singolo evento, che contengono pericoli multipli e, se rilevanti, applicabili a ciascun paese. Il

67 A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi

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33

requisito di capitale totale al netto della riassicurazione è ottenuto nettando il requisito di capitale lordo degli effetti di mitigazione del rischio, nello stesso modo del metodo 1. Il metodo 2 viene utilizzato solo se le compagnie non sono in grado di utilizzare il metodo 1 68.

L’uso della Standard formula comune a livello europeo può rappresentare una scelta obbligata per le medie e piccole compagnie assicuratrici, derivante dai costi necessari per l’implementazione di un modello interno ma potrebbe riflettere il reale profilo di rischio della singola impresa dell’UE o del paese in cui essa opera. Per l’assicuratore potrebbe emergere anche un rischio di liquidità oltre al rischio di insolvenza, infatti esse, per i CAT risk, sottoscrivono trattati di riassicurazione che però non esonerano la compagnia cedente dalle sue obbligazioni nei confronti dei proprio assicurati, così può accadere che grandi sinistri o una serie di sinistri catastrofali potrebbero determinare problemi di liquidità all’impresa di assicurazione, soprattutto se si verificano ritardi nelle compensazioni, o nella prova del danno con il riassicuratore. La corretta tipologia, nella regolamentazione dei requisiti di capitale per i rischi catastrofali, risiede nell’equilibrio politico tra l’esigenza di evitare l’onere dell’insolvenza delle imprese assicurative e i costi sociali per rendere questa scelta praticabile, in quanto questa scelta potrebbe risultare molto costosa. Andrebbe scelto un sistema che determini costi sociali più bassi, ciò dipende dal requisito di capitale per il CAT risk e da come i premi e i sinistri catastrofali sono ripartiti nei rami di bilancio 69.

Nei modelli interni, per le catastrofi sotto Solvency II, l’assicuratore in genere stima l’esposizione ai sinistri con alta frequenza e basso impatto e con elevato impatto e bassa frequenza, mentre per i sinistri dovuti a catastrofi naturali attraverso modelli di simulazione, modelli stocastici o deterministici, in cui i

68

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.185

69

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.185,186

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risultati sono validati con analisi di sensitività o stress test. La compagnia determina anche i possibili scenari di danni ed il capitale di rischio necessario a coprirli anche tenuto conto del tipo di struttura riassicurativa disponibile, della ritenzione netta dei premi/rischi assunti e della copertura. Specifiche analisi dei rischi consentono alla compagnia di definire per ciascun business il tipo di struttura riassicurativa, il livello di ritenzione e la capacità riassicurativa necessaria per mitigare l’esposizione per singolo rischio/evento, che deriva dai contratti assicurativi in portafoglio 70.

2.3 La riassicurazione in Solvency II

La riassicurazione, nella suddetta normativa, rappresenta uno dei più efficienti strumenti per la gestione del capitale. Gioca un ruolo importante nella riduzione dei requisiti di capitale per le compagnie se vi è un effettivo trasferimento del rischio. È presente nel calcolo del premium risk, del reserve risk e del CAT risk, calcolo che viene effettuato al netto e quindi dopo l’interevento della riassicurazione. La scelta della miglior struttura riassicurativa può mitigare la necessità di capitale (SCR) 71.

La riassicurazione nell’ottica di Solvency II non può essere percepita solo come un costo mirato a ridurre il rischio ma deve essere anche percepita come un bilanciamento nel lungo periodo dei premi e recuperi. L’idea di Solvency II è che la riassicurazione venga intesa come uno strumento che può liberare del capitale ad un costo per la compagnia, che può essere più conveniente rispetto ad altre forme presenti sul mercato.

70

A.Coviello, Calamità naturali e coperture assicurative. Il risk management nel governo dei rischi catastrofali, Palermo: D.Flaccovio, 2013, Pag.187

71

G. Gionta, Eventi catastrofali : Solvency II e la riassicurazione, Aon Benfield Italia- ordine degli attuari , pag.25

Riferimenti

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