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Le opportunià della Green economy

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Academic year: 2021

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SISTEMI E PROGETTI DI COMUNICAZIONE (CL. 101/S)

Nuove opportunità di business: comunicare nella Green Economy

CANDIDATO: Sig.ra

Gabriella Di Gangi

ANNO ACCADEMICO

UNIVERSITA’ DI PISA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SISTEMI E PROGETTI DI COMUNICAZIONE (CL. 101/S)

Curriculum Organizzazione

di business: comunicare nella Green Economy

DOCENTE RELATORE: Chiar.mo Prof

ANNO ACCADEMICO 2010\2011

SISTEMI E PROGETTI DI COMUNICAZIONE (CL. 101/S)

di business: comunicare nella Green Economy

DOCENTE RELATORE: Chiar.mo Prof. Luca Mori

(2)

I

INDICE

ABSTRACT 1

INTRODUZIONE 2

I capitolo

Escursione per le grandi vie del mondo green.

1. Cos’è la Green Economy. 5

2. La leva ambientale verso la Green Economy. 8

2.1 Interventi e provvedimenti in favore del clima. 9

3. La seconda leva: lo sviluppo economico. 13

3.1L’industria italiana delle rinnovabili. 15

3.2Il mercato verde nei diversi paesi: America,

Danimarca, Germania e Cina. 21

3.3La reazione dei colossi industriali: General Electric e

Siemens. 26

3.4Chi investe nel Green. 27

4. Le possibilità occupazionali: la terza spinta verso la

Green Economy. 28

5. Oltre le rinnovabili. 33

5.1La mobilità sostenibile. 34

5.2Il car sharing: nuova frontiera della mobilità

(3)

II

5.3L’auto elettrica. 37

5.4Il green in Italia. 39

5.5L’Italia virtuosa. 40

5.6Importanza economica di rispettare gli impegni

comunitari: gli incentivi. 43

5.7La differenziazione energetica e l’alternativa

nucleare. 46

5.8L’atteggiamento degli italiani nei confronti del

green. 47

II capitolo

Il Green Marketing per comunicare le virtù.

1. La responsabilità sociale. 49

2. La responsabilità ambientale d’impresa e la

sostenibilità. 51

3. Il nuovo consumatore. 53

4. La responsabilità sociale del marketing: il nuovo

marketing. 56

5. Il greenwashing. 61

6. Le caratteristiche del Green Marketing. 65

7. Il marketing verde. 69

8. Il marketing più verde. 75

9. Il marketing verdissimo. 80

(4)

III

III Capitolo

Il valore e gli strumenti della comunicazione per le imprese.

1. Il punto di partenza della comunicazione d’impresa. 85

1.1 La pubblicità. 91

1.2 Le relazioni pubbliche. 93

1.3 La promozione. 96

2. Gli strumenti funzionali alle tre aree della

comunicazione d’impresa. 97

2.1 La comunicazione fieristica. 98

2.2 La sponsorizzazione. 99

2.3 Il direct marketing. 100

3. La rivoluzione verde della comunicazione. 101

4. La comunicazione con il Web 2.0. 102

4.1 Community, Controllo, Creatività e Conversazioni

nel Web 2.0. 107

4.2Gli strumenti Web 2.0 per il marketing

conversazionale: i social network. 110

(5)

IV

IV Capitolo

Ghibli: un’azienda che cresce insieme al marketing e la comunicazione.

1. L’azienda. 116

1.1 I primi passi della comunicazione. 118

2. Analisi e valutazione delle attività di

comunicazione svolte durante il primo anno. 120

3. Una nuova prospettiva aziendale. 127

3.1Obiettivo cliente. 129

3.2Fiere ed eventi. 130

3.3Presenza sul web e social network: creare una

community aziendale. 131

3.4Riorganizzazione degli spazi fisici e virtuali. 132

4. Ultime considerazioni. 132

CONCLUSIONE 134

BIBLIOGRAFIA 136

(6)

1

Abstract

This work wants show the state of art of the new Green economy’s world and its different areas.

First will be analyzed why this business area is growing up thanks to the environmental situation, the economical and employment capability.

The real environmental issue start to involve an increasing number of people and we talk about a new kind of consumer. The “green user” wants more information about the new product of this area. He wants know, understand For these reasons different kind of organizations insert the social responsibility into their activities and, most of all, in the marketing’s activities.

In a second time will be analyzed the marketing’s rule in to the Green economy which is more responsible and works to offer eco-friendly solutions and services.

Tanks to the new tools of the word of Web 2.0 nowadays the consumer is able to know a different kind of information.

Social networks, blog, instant messaging, wiki, forum and file sharing are the main channels of communication between consumer and organization. The consumer can find all kind of information and the organizations can build her reputation.

At the end it will be analyzed the interesting case of an organization which shows all features of Green economy’s area.

Ghibli Srl is a company which moved his core business to planning and installation of sustainable energies.

(7)

2

Introduzione

Il presente lavoro si propone l’obiettivo di analizzare il nuovo mondo della

Green economy cercando di muoversi dinamicamente tra le differenti aree che

compongono un mercato così complesso.

La prima analisi è rivolta a definire questo settore e le motivazioni, le cosiddette “spinte”, che ne hanno determinato uno sviluppo potente e repentino.

La preoccupazione per la situazione ambientale, le potenzialità economiche ed occupazionali sono le basi per una sostanziale evoluzione del mercato verde. Rappresentata in gran parte dal comparto delle energie rinnovabili, la green

economy racchiude una serie di elementi caratteristici che hanno in comune il

rispetto per l’ambiente, l’ecologia, il risparmio energetico ma anche il benessere e la salute. Un settore, quindi, estremamente ampio che comprende, in generale, l’insieme di attività industriali e di servizio improntate all’aspetto ecologico.

La focalizzazione sui problemi climatici del pianeta ha iniziato a coinvolgere una quantità crescente di persone che si interessano, si informano e cerano di assumere sempre di più degli atteggiamenti eco-compatibili. Si parlerà, quindi, di un nuovo consumatore green, attivo, che richiede chiare informazioni sui prodotti presenti sul mercato e che vuole conoscere, sapere e approfondire senza fidarsi delle apparenze.

L’escursione per le grandi vie del mercato Green consentirà di valutare le varie opportunità di business che offre. Partendo dal settore delle rinnovabili, attualmente in crescente espansione in molti paesi, si analizzerà nello specifico

(8)

3

la situazione in America, Danimarca, Germania, Cina e, più dettagliatamente, in Italia in cui si sta timidamente facendo strada.

La veloce crescita di questo settore ha determinato lo sviluppo di una nuova forma di comunicazione dettata dalla crescente diffusione della responsabilità sociale e ambientale dell’impresa. Sia i consumatori che le aziende sono portate a prestare una maggiore attenzione a diversi tipi di comportamenti rivolti al rispetto dell’ambiente.

Le organizzazioni sono impegnate sul fronte della responsabilità sociale da molto tempo e in molti casi l’hanno integrata in tutte le attività, tra le quali rientra anche il marketing.

Il secondo tema trattato dal presente elaborato riguarda l’analisi di un nuovo modello di marketing responsabile nell’ambito della Green economy.

Si tratta di una nuova concezione che non si scontra con il concetto di Green ma che propone, invece, degli approcci autentici compatibili con le aziende, i marchi e i prodotti ecologici.

Il Green marketing è una definizione composta da due termini apparentemente in contrapposizione tra loro ma che in realtà non risultano totalmente incompatibili poiché, vendendo nuovi stili di vita, il nuovo marketing svolge una funzione necessaria per limitare gli effetti del cambiamento climatico. Il Green Marketing prende il posto di una vecchia impostazione imagewashing, in cui il pubblico era il destinatario passivo di un messaggio che “vendeva un’immagine”. Attento e responsabile, lavora per offrire sul mercato soluzioni di prodotti e servizi che siano ecologici e con un basso impatto ambientale. Sempre più adottate dalle diverse aziende, le pratiche del marketing verde si distinguono in Verde, Più Verde e Verdissimo correndo, però, il rischio di sconfinare in un’appropriazione ingiustificata di virtù ambientaliste, ovvero nel

Green washing.

L’importanza che ha assunto l’aspetto ecologista delle attività induce le aziende in alcuni casi a darsi una “pittatina di verde”, attribuendosi erroneamente improprie virtù. Sincerità, trasparenza e coerenza dono gli elementi cruciali che legittimano e danno rilevanza alla comunicazione. Il marketing deve evitare qualsiasi strumentalizzazione dell’approccio etico

(9)

4

legato alla sostenibilità per evitare severe sanzioni dai consumatori e dalla società in generale.

Oggi più che mai il singolo consumatore è libero di accedere autonomamente ad una quantità infinita di informazioni grazie ai potenti strumenti messi a disposizione dal Web 2.0.

Social network, blog, instant messaging, wiki, forum e file sharing

rappresentano un canale preferenziale tra consumatore e azienda. Possono essere sfruttati dai consumatori per reperire informazioni e dalle aziende per creare e gestire la propria reputazione.

Strumenti del Web 2.0 e marketing conversazionale rappresentano quindi il terzo argomento di analisi, in quanto si ha una naturale intersezione tra le modalità di comunicazione offerte dai nuovi mezzi e le operazioni di green

marketing. Entrambe, infatti, devono essere autentiche, credibili e devono

coinvolgere i loro pubblici.

In ultima analisi viene riportato il caso interessate di un’azienda che incarna chiaramente tutte le caratteristiche di quanto affrontato.

Ghibli Srl è un’impresa che ha orientato il proprio core business nella progettazione ed installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili. Stimolata dagli incentivi statali è entrata nel mondo della green

economy, ha ampliato le proprie aree di business ed il proprio organico

scoprendo l’importanza che la comunicazione ha assunto in un settore così importante e altamente competitivo.

(10)

5

I capitolo

Escursione per le grandi vie del mondo Green.

1.

Cos’è la green economy.

“Un’economia capace di usare con efficienza l’energia e le materie prime, di

intervenire sugli ecosistemi senza danneggiarli, di guardare ai rifiuti come a una fase del continuo divenire delle merci e non come a un elemento da espellere con fastidio dal ciclo produttivo.”1

La Green Economy è più di una “razionale gestione delle risorse disponibili

per un determinato uso”2 ed il riferimento al classico concetto di economia non

basta per comprendere a fondo il significato di questo fenomeno in crescente diffusione.

Il Mercato Verde fa riferimento ad un settore estremamente ampio che comprende l’insieme di attività industriali e di servizio improntate all’aspetto ecologico. La fetta più consistente è costituita dal comparto delle energie rinnovabili che vengono proposte come sostitute dei combustibili fossili e che rappresenta un settore con un indotto in costante aumento in tutti i paesi europei. In generale questo mercato non comprende solo le aziende attive nel mondo delle energie rinnovabili ma anche tutti i soggetti e attività che mostrano particolare attenzione al tema della sostenibilità e che, adottando

1 A. Cianciullo-G. Silvestrini, La corsa della Green economy, Edizione ambiente, Milano

2010, p. 14.

(11)

6

comportamenti attenti alla salvaguardia dell’ambiente, contribuiscono alla loro diffusione all’interno della comunità. Il concetto di “green”, infatti, non si riferisce solo all’ambiente ma ad un sistema di abitudini molto vario. Un atteggiamento Green si ritrova nell’attenzione alla salute, nel fitness, nel mangiar sano, nel green buildings, nel fair trade, nella natura, nella qualità della vita, negli ideali altruistici, nel giving, nel rifiuto della guerra, fino alla tecnologia.3 In sintesi il Green oggi, può essere definito uno “stile di vita”. 4 «Non è una moda effimera, ma una vera e propria riconversione dell’economia mondiale in un sistema a più basse emissioni di carbonio»5, afferma Carlo Corazza, direttore della Rappresentanza di Milano della Commissione Europea, intervenuto in occasione del workshop “Green Economy, Italia. Idee, energie e

dintorni”.

Concretamente l’idea di Economia Verde nasce e si diffonde intorno al 2006 in seguito alla stesura e la diffusione del Rapporto Stern, il risultato di uno studio commissionato dal governo inglese all’ex capo economista della banca mondiale Sir Nicholas Stern.

Il Rapporto proponeva un’analisi economica rivolta alla valutazione dell’impatto ambientale e macroeconomico dei cambiamenti climatici giungendo ad un’innovativa teoria che denunciava il peso negativo dei cambiamenti climatici sul Pil mondiale.6 Stern concludeva affermando che il disastro ambientale potrebbe costare fino al 20% del PIL mondiale, mentre una riduzione delle emissioni comporterebbe la perdita del solo 1% del PIL annuo mondiale. Secondo l’economista britannico il prezzo di non agire sarebbe, dunque, maggiore di quello dell’azione. Tutti i paesi verranno colpiti ma, in particolare, saranno quelli più poveri a pagare il prezzo delle carestie, alluvioni o devastazioni naturali.

3 D. Masi, Go Green, Fausto Lupetti editore, Milano 2010, p. 36.

4 G. Martinelli, “Le crescita dell’economia verde”, in «Media Key Synthesis», Novembre

2010, n. 299, p. 60.

5 Rassegna stampa istituto ISTUD “Workshop Italian GreenDay”, Milano, 30 giugno 2010. 6

M. Niada, “Rapporto shock: economia mondiale minacciata dai cambiamenti climatici”, 30/10/2006,

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2006/10/md301006r apporto_clima.shtml?uuid=bade4bce-67f8-11db-a21f-00000e251029.

(12)

7

Per la prima volta questa relazione di più di 600 pagine ha focalizzato l’attenzione sul legame tra economia ed ambiente indirizzando gli economisti sul tema della sostenibilità. 7

Per anni il mondo dell’economia verde è stato considerato un territorio di specialisti, con decisioni che riguardavano prevalentemente politici e operatori del settore. Oggi la questione energetica, l’impatto ambientale e le conseguenze del cambiamento climatico hanno assunto un rilievo prioritario nel quadro dell’attuale crisi che ha comportato impatti forti sul piano economico e sociale.8

Il mercato del verde, il green new deal, sta assumendo un peso crescente soprattutto grazie ad un insieme articolato di spinte convergenti che derivano da differenti ambiti. 9 Le crisi di carattere economico, energetico ed ecologico in atto giocano, infatti, a totale vantaggio della green economy perché, in molti casi, le misure di rilancio sono caratterizzate da una forte connotazione verde determinando un considerevole aumento dei finanziamenti pubblici nel settore.10 Le rinnovabili vengono presentate come una valida opportunità anzitutto per la politica ambientale a cui seguono le opportunità di sviluppo dal punto di vista occupazionale ed economico.

7 Frederick Dooley “Il rapporto di Stern tra crescita economica e gli albori della Rivoluzione

climatica”, 14/11/2006,

http://www.loccidentale.it/autore/frederick+dooley/il+rapporto+stern++tra+crescita+economic a+e+gli+albori+della+rivoluzione+%22climatica%22.00295.

8 M. Caramazza, ISTUD e l’Osservatorio Green Economy, in M. Guandalini-V. Uckmar,

Green economy,Italia, Mondadori Education, Milano 2009, pp. IX-XX.

9 A. Cianciullo-G. Silvestrini, op. cit.,p. 22. 10

M. Niada, “Rapporto shock: economia mondiale minacciata dai cambiamenti climatici”, 30/10/2006,

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2006/10/md301006r apporto_clima.shtml?uuid=bade4bce-67f8-11db-a21f-00000e251029.

(13)

8

2.

La leva ambientale verso la Green Economy.

La questione ambientale costituisce la leva principale alla base dello sviluppo di un’economia ecosostenibile e si snoda su due punti: la disponibilità di petrolio e il riscaldamento globale.

La volontà di ridurre la dipendenza dalle risorse esauribili e sviluppare nuove forme per produrre energia in modo alternativo sono dovute al fatto che in poco tempo sono andate bruciate le scorte di petrolio e carbone accumulate sotto terra per milioni di anni.

La certezza della fine imminente dell’era del petrolio a basso costo porta a pensare che l’offerta non riuscirà a far fronte alla domanda. Ed anche se il fabbisogno di petrolio non dovesse aumentare nei prossimi anni, per ottenere l’attuale equilibrio energetico si dovrebbero trovare entro il 2030 nuovi giacimenti in grado di fornire una quantità di petrolio pari a 4 volte la produzione attuale dell’Arabia Saudita. 11

Questa situazione determina la volontà di abbandonare gradualmente la cosiddetta “energia dell’inferno” per rivolgersi a quella generata dalla natura: dal sole, dal vento e dalla terra. 12

La questione ambientale viene rincalzata dal secondo potente driver della svolta energetica: il riscaldamento globale.

Lo stato di salute del pianeta viene definito a pezzi e le previsioni degli esperti descrivono un futuro da incubo.13 La principale causa dei cambiamenti climatici in atto è l’aumento della temperatura del pianeta che viene determinata da un delicato equilibrio tra l’energia che proviene dal Sole e quella costantemente riflessa dalla Terra verso lo spazio. Parte di questa energia riflessa è intrappolata dai gas serra che costituiscono l’atmosfera e determinano la temperatura del nostro pianeta. Senza questi, infatti, la temperatura terrestre sarebbe circa 30° inferiore rispetto a quella attuale. 14

11 A. Cianciullo-G. Silvestrini, op. cit., pp. 19-21. 12 D. Masi op. cit. p. 12.

13 M. Guandalini-V. Uckmar, Green economy, Italia, Mondadori Università, Milano 2009, pp.

XII- XIV.

14 Ambiente informa, “Linee guida per l’educazione ambientale e lo sviluppo sostenibile”, in

Ambiente, rivista con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, n. 81, 2010, pp. 42 e 44.

(14)

9

A partire dalla rivoluzione industriale l’uomo ha iniziato ad immettere in atmosfera una quantità crescente di gas a, aumentandone la loro concentrazione e determinando un progressivo aumento della temperatura del pianeta. Il principale gas prodotto dalle attività umane è l’ anidride carbonica (CO2), prodotta soprattutto dalla combustione delle materie fossili (carbone, petrolio e gas naturale), che, al momento, sono le fonti di energia maggiormente utilizzate per produrre elettricità e calore, nonché come carburanti per i mezzi di trasporto.

Gli esperti del clima prevedono che l’aumento della temperatura media mondiale oscillerà tra 1,4° e 5,8° C entro il 2100. 15

In un quadro così definito le associazioni ambientaliste indicano tre obiettivi sostanziali: mantenere l’aumento della temperatura sotto i 2°C, tagliare le emissioni dell’80% entro il 2050 e investire 115 miliardi di euro l’anno per evitare il caos climatico.16

Gli effetti di un mancato intervento sarebbero molteplici e catastrofici. Sono a rischio, infatti, gli ecosistemi da cui dipende l’esistenza della vita sulla terra e la biodiversità, ovvero l’insieme delle forme di vita animale e vegetale presenti sul pianeta che rappresenta la nostra catena alimentare. Il cambiamento climatico causerebbe fenomeni climatici estremi rendendo più difficile soddisfare il crescente bisogno di acqua e cibo di Asia, Africa e America Latina.

Secondo le visioni più pessimistiche se si continua in questa direzione la specie umana sarebbe destinata all’estinzione per cui trovare delle soluzioni diventa principalmente una questione di sopravvivenza.

2.1 Interventi e provvedimenti in favore del clima.

Si è pienamente diffusa a livello globale la consapevolezza che, per combattere il cambiamento climatico, è necessaria un’ interazione tra le nazioni. Questa collaborazione nel corso del tempo si è andata intensificando e ha iniziato a porre importanti obiettivi e limiti.

15 Ibidem.

(15)

10

Nel 1988 è stato creato l’International Panel on Climate Change (IPCC), un ente che si occupa di studiare il fenomeno del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, diffondendo i risultati delle proprie ricerche e proponendo possibili azioni di intervento.

In un’atmosfera sempre più consapevole e sensibile alle tematiche ambientali e climatiche un primo trampolino per un’azione più energetica nel futuro si è avuta nel 1992 a Rio de Janeiro con l’adozione della “Convenzione Quadro

delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” un trattato che mirava alla

riduzione delle emissioni dei gas serra. Originariamente il trattato non poneva limiti obbligatori per le emissioni di CO2 per le nazioni individuali e non era legalmente vincolante. Esso includeva, invece, previsioni di aggiornamenti (protocolli) che avrebbero posto dei limiti obbligatori alle emissioni.154 nazioni firmarono per la prima volta un impegno non vincolante che diventò ufficiale nel 1994: da allora, ogni anno, tutti i partecipanti si riuniscono nella Conferenza delle Parti (COP) per fare il punto della situazione. 17

Un primo esame dell’adeguamento degli impegni assunti dai paesi sviluppati si è avuto a Berlino nel 1995 con la prima sessione della Conferenza delle Parti ma l’evento più significativo si è avuto nel 1997 a Kyoto in Giappone. Durante la Conferenza si approvò, per consenso, la decisione per l’adozione di un protocollo, il cosiddetto Protocollo di Kyoto, secondo il quale i paesi più industrializzati si impegnano a ridurre, per il periodo 2008-2012 il totale delle emissioni di gas ad effetto serra almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. Il trattato è entrato in vigore il 16 Febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia, determinando l’assunzione di impegni giuridicamente vincolanti da parte degli stati firmatari.

Il Protocollo di Kyoto definisce tre strumenti principali, i cosiddetti “meccanismi flessibili”, per supportare i paesi firmatari nel loro impegno. L’Emissions Trading che prevede la possibilità di scambiare le quote di emissione tra Paesi che hanno sottoscritto il Protocollo. Il Clean Development

Mechanism che da la possibilità di finanziare progetti nei Paesi in via di

sviluppo finalizzati alla riduzione delle emissioni di CO2. Per ultima la Joint

(16)

11

Implementation che consente di realizzare progetti per la riduzione delle

emissioni in Paesi industrializzati o con economie in transizione.

I paesi che hanno sottoscritto il Protocollo e le imprese che operano in essi devono limitare le loro emissioni in base a quanto definito dai Piani Nazionali di Allocazione. 18

In seguito alla stesura del Protocollo nel Dicembre 2009 ha avuto luogo la 15° “Conferenza delle Parti su clima energia e sviluppo” a Copenhagen che ha avuto prevalentemente un forte successo mediatico. Grazie a questa la questione climatica è entrata per la prima volta nelle case della gente come un problema universale e prioritario.

Da una parte sono state definite alcune importanti decisioni riguardo al fatto che l’aumento della temperatura non potrà superare i due gradi nel 2050 e che verranno conferiti 100 miliardi di dollari da distribuire tra i Paesi emergenti entro il 2020 per aiutarli nell’adeguamento delle nuove tecnologie e per affrontare meglio il loro cammino verso lo sviluppo.

Dall’altra parte, però, non viene assunto nessun impegno vincolante riguardo i numeri delle restrizioni sulle emissioni dei gas serra per singolo Paese o per area.

Nonostante ciò l’incontro di Copenhagen ha costituito di certo un passo avanti rispetto a Kyoto grazie alla partecipazione di America e Cina che in precedenza non si erano neppure presentate.

L’ultima Conferenza si è svolta nel 2010 a Cancun durante la quale è stato semplicemente incorporato nel sistema multilaterale dell’Onu quanto definito a Copenhagen.19

Come conseguenza degli accordi stipulati a livello internazionale anche l’Unione Europea pone la green economy al centro della strategia di ripresa economica per ottenere uno sviluppo sostenibile.

Con il Consiglio europeo di Goteborg del 2001 ha preso il via effettivo la “Strategia europea per lo sviluppo sostenibile” secondo la quale durante il

18

D. Masi, op. cit., pp. 158-160.

19 M. Magrini, “A Cancun mini-accordo sul clima”, 12\12\2010

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-12-12/cancun-miniaccordo-clima-081308.shtml?uuid=AYDRs3qC#continue

(17)

12

processo decisionale devono essere considerati tutti gli effetti economici, sociali e ambientali delle politiche.

Nel febbraio 2005 è iniziato un percorso di revisione della Strategia Europea conclusosi con l’adozione da parte del Consiglio di Bruxelles della nuova “Strategia europea per lo sviluppo sostenibile 2005-2010” siglata il 16 Giugno 2006. L’obiettivo della nuova strategia è perseguire l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale con quelli di sviluppo economico e sociale. In materia energetica vengono previste delle misure che mirano a combattere i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas ad effetto serra la dipendenza dalle importazioni di energia ed il conseguente aumento dei prezzi. In questo contesto la produzione di energia da fonti rinnovabili assume un ruolo fondamentale.

Il 3 Marzo 2010 la Commissione Europea ha proposto “Europa 2020” una nuova strategia per uscire dalla crisi occupazionale del prossimo decennio. 20 La commissione prevede uno sviluppo comunitario basato su una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Promuove, quindi, la conoscenza, l'innovazione, l'istruzione e la società digitale per favorire una crescita sostenibile. Introduce il bisogno di incentivare la partecipazione al mercato del lavoro, l’acquisizione di competenze e la lotta alla povertà per ottenere una crescita inclusiva. Ed infine, per garantire una crescita sostenibile, sottolinea la necessità di rendere la produzione più efficiente sotto il profilo delle risorse rilanciando contemporaneamente la competitività.21

Vengono fissati gli obiettivi che definiscono i traguardi che l’UE vorrebbe raggiungere entro il 2020 e nello specifico in materia di clima/energia l’obiettivo è raggiungere il traguardo “20/20/20/” ovvero:

1. Ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto al livello registrato nel 1990.

2. Migliorare del 20% l’efficienza energetica.

20

G. Martinelli, “Le crescita dell’economia verde” in «Media Key Synthesis» N.299, Novembre 2010, p. 60.

21 Comunicato della commissione europea “Europa 2020: la Commissione propone una nuova

(18)

13

3. Coprire del 20% (medio tra i vari paesi) dell’intero ammontare dei consumi finali di energia primaria attraverso fonti rinnovabili (le FER).

Per raggiungere questi e gli altri traguardi contenuti nel programma la commissione propone una serie di iniziative faro che richiedono interventi a tutti i livelli: organizzazioni dell’UE, stati membri, autorità locali e regionali. 22

3.

La seconda leva: lo sviluppo economico.

Gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili comportano, come si è visto, importanti conseguenze positive sia sul clima che sul piano economico. Il mercato delle FER si snoda in una filiera che coinvolge diversi attori e comparti.

A monte si ha la produzione industriale della tecnologia, a cui segue il settore relativo alla progettazione ed installazione.

La struttura del mercato è abbastanza simile nei diversi paesi europei e vi sono due tipologie di approccio.

Il primo viene definito downstream e consiste nel collocarsi a valle della filiera investendo nello sviluppo dei progetti e sulla realizzazione degli impianti. Soprattutto in Europa, gli incentivi sulla produzione di energia come i Certificati Verdi o le feed-in- tariff (tariffe incentivanti), sono stati il principale

driver di crescita per le rinnovabili e hanno avuto come impatto immediato

l’investimento a valle della filiera del mercato delle rinnovabili. Ma un modello del genere presenta delle difficoltà non indifferenti legate alla possibilità di una riduzione degli incentivi e allo shortage (insufficienza) del credito.

Un esempio lampante della forte instabilità di un approccio prevalentemente

downstream è la Spagna in cui una riduzione degli incintivi al solare e

fotovoltaico ha comportato una drastica contrazione del settore e messo in crisi un mercato che stava crescendo a ritmo vertiginoso.

22 V. Gamberale, “Energie rinnovabili: istruzioni per l’uso” in M. Guandalini, V. Uckmar in,

(19)

14

Il secondo approccio viene definito upstream e consiste nel collocare l’investimento a monte della filiera delle rinnovabili, ovvero nella produzione della tecnologia.

E’ importante considerare che affinché il settore delle rinnovabili possa conseguire l’obiettivo di creare valore sostenibile nel medio\lungo termine è necessario ottenere un approccio integrato distribuito lungo tutta la filiera. In tal modo si integrerebbero gli aspetti positivi di entrambi gli atteggiamenti. Si otterrebbe una riduzione del rischio legato agli incentivi godendo esclusivamente dei benefici che ne derivano, apertura e presidio dei canali di vendita internazionali e un’elevata redditività.

In Europa questo settore sta maturando e per potere competere e generare ricchezza sta diventando fondamentale avere un approccio integrato lungo tutta la catena del valore. 23

L’intera filiera coinvolge diversi attori e rappresenta un business redditizio per molti di questi. Sono coinvolti imprenditori, investitori istituzionali, finanziatori, fornitori di tecnologie, realizzatori degli impianti, enti locali e privati sul cui territorio o terreno viene costruito l’impianto, lo Stato e gli utenti. 24

E’ bene però sottolineare che non è solo investendo lungo la filiera delle rinnovabili che l’attenzione per i temi ambientali può generare valore.

La Green economy è un fenomeno alla portata delle imprese che possono proseguire lungo la strada da loro intrapresa adottando tecnologie o accorgimenti finalizzati alla sostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività. Molte imprese come Kellog’s, McDonald’s, Home Depot, Disney, UPS, Coca-Cola, Starbucks, PepsiCo sono state ripagate per il loro impegno in termini di sostenibilità e impatto ambientale.

Tutte le aziende dovrebbero interessarsi all’eco-sostenibilità della propria attività ma per alcune sarebbe meglio che l’impegno fosse maggiore. In primo luogo sono coinvolte le aziende con una forte esposizione mediatica, come ad esempio la Coca-Cola, McDonald’s o la Procter & Gamble. Seguono le

23 R. Cirillo “ Investire lungo la filiera” in M. Guandalini, V. Uckmar in, Green economy,

Italia, cit., p. 73.

(20)

15

aziende con un forte impatto ambientale che con il passare del tempo subiranno le pressioni di governi e consumatori. Inoltre le aziende che dipendono dalle risorse naturali si troveranno a dovere affrontare la limitatezza delle risorse su cui è basata la loro attività produttiva, oltre a quelle che utilizzano sostanze pericolose o grandi quantità di combustibili fossili. 25

Ovviamente non è facile essere verdi, soprattutto nei settori in cui è necessario trasformare profondamente un’ immagine molto distante dal verde. Le strategie di business possono fallire per molti fattori, soprattutto nel caso delle green

strategy si incombe nell’errore di concentrarsi su tematiche non adatte, non

comprendere il mercato e le possibili reazioni dei consumatori o non si riesce ad integrare il modo di pensare ambientalista con il modo di lavorare.26

Molte tra le maggiori realtà economiche si stanno dando da fare per diventare più green e presentarsi ai consumatori in regola per dichiarare il proprio impegno nella ricerca di un modello di business sostenibile.

3.1

L’industria italiana delle rinnovabili.

Il mercato delle energie rinnovabili in Italia presenta la classica impostazione

downstream in cui la maggior parte degli investimenti viene concentrata a valle

della filiera dalla progettazione all’installazione dell’impianto. Gli imprenditori ed investitori istituzionali ricevono una buona remunerazione per il capitale investito grazie all’elevato prezzo dell’energia elettrica e agli incentivi concessi dallo Stato. I principali rischi a cui vanno in contro sono concentrati nella fase autorizzativa degli impianti (che nel nostro paese è la più critica).

I finanziatori, ovvero le banche, operano nel settore come project finance, andando in contro ad un grado di rischio limitato alla costruzione e alla gestione degli impianti poiché il finanziamento si attiva solo ad autorizzazioni ottenute.

Nei settori dell’eolico e fotovoltaico i fornitori sono prevalentemente stranieri, ad esclusione di alcuni casi italiani che non riescono però a coprire la richiesta interna.

25D. Masi, op. cit. , pp. 69-71. 26Ibidem.

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I realizzatori degli impianti operano generalmente attraverso contratti di tipo EPC (“chiavi in mano”) intercettando circa il 50% del valore dell’investimento. Gli enti locali che ospitano gli impianti spesso vengono remunerati con una percentuale annua sul fatturato (royalties). Si hanno anche casi in cui i privati mettono a disposizione i terreni o tetti per realizzare impianti. Viene definito il mercato dei tetti o terreni in affitto che riesce a generare elevati canoni, maggiori rispetto a quelli percepiti per l’affitto di terreni adibiti ad uso agricolo.

Lo Stato italiano attraverso l’incentivazione di impianti ad energia rinnovabile può risparmiare sulle sanzioni previste per il superamento dei limiti di emissione di gas serra in atmosfera previste dagli accordi stipulati, oltre che beneficiare dello sviluppo economico del settore.27

Il nostro paese non ha saputo valutare le opportunità che derivavano dagli impegni di Kyoto, muovendosi in ritardo, mentre paesi come la Germania hanno colto al volo l’occasione creando interi comparti industriali.

In realtà l’Italia ha compiuto passi in avanti nella produzione di energia da fonti rinnovabili ma riguardo l’industria manifatturiera, in particolare per l’eolico ed il fotovoltaico, non ha effettuato grossi investimenti.

I fornitori delle tecnologie impiegate negli impianti ricevono tra il 40 e il 70% dell’investimento ed i paesi più maturi hanno saputo investire da decenni nella produzione di queste tecnologie trovandosi oggi in una posizione di controllo dei mercati.28

Questi, oltre che ridurre le emissioni e aumentare la produzione di energia da fonti alternative istituendo un sistema di incentivazione, hanno sviluppato una rete di produzione della tecnologia necessaria per la costruzione di impianti. Il ritardo italiano ha radici lontane ed è collegato all’occasione persa dopo l’uscita dal nucleare che ha impedito di sfruttare la possibilità di virare verso uno scenario energetico alternativo.29

27 V. Gamberale, “Energie rinnovabili: istruzioni per l’uso” in M. Guandalini, V. Uckmar in

Green economy, Italia, cit., p. 13.

28 R. Longo, “Da qui al 2020: la ripresa viene dall’Europa e passa attraverso la green

economy” in Green economy, Italia, cit., pp. 37-43.

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Produrre il “cuore tecnologico” dell’impianto in Italia ridurrebbe notevolmente i costi e le importazioni, determinando un conseguente aumento del PIL.

La maggior parte dei nuovi imprenditori si è focalizzata sul fare impresa sullo sviluppo di progetti, sulla realizzazione “chiavi in mano”. Pochi hanno optato per avviare una vera produzione industriale, sebbene in know how tecnico e tecnologico nel paese non manchi. 30

Attualmente la produzione “made in italy” c’è ma non è tale da soddisfarne il fabbisogno interno. Aereo generatori, pannelli fotovoltaici, turbine idrauliche, motori ad olio combustibile e molti altri componenti degli impianti per energie rinnovabili sono prevalentemente di produzione estera. Soprattutto nel fotovoltaico i fornitori sono principalmente Germania, Spagna, Danimarca e Cina. Solo nei settori dell’idroelettrico e delle biomasse operano dei produttori italiani.31

Alcuni sporadici casi mostrano quanto gli investimenti nella produzione di tecnologia possano essere utili per salvare industrie dalla crisi che le ha investite negli ultimi anni. Ne è un esempio la storia della Equipolymers, un’azienda di Ottana, in Sardegna, specializzata nella produzione di plastica per bottiglie. Sull’orlo del tracollo è passata in mano ai thailandesi con i quali si è trovato un accordo che prevede la riconversione della centrale elettrica aziendale in biocombustibile e la costruzione di un impianto solare termodinamico da 20 megawatt per la costruzione e l’assemblaggio di pannelli fotovoltaici e componenti per l’eolico. 32

Una sorte simile è toccata all’ex fabbrica dell’Electrolux di Scandicci, in Toscana, che nel 2009 è passata a Italia Solare. Si rischiava il definitivo licenziamento di 360 dipendenti che sono stati invece riassunti passando dalla produzione di frigoriferi all’assemblaggio di moduli fotovoltaici.

In generale altri comparti in difficoltà sono riusciti a sopravvivere adattandosi ai nuovi bisogni.

Il settore dei laterizi, ad esempio, ha iniziato a produrre mattoni ad alto risparmio energetico. Inserendo dei materiali isolanti nei mattoni sono riusciti a

30 R. Cirillo, art. cit., pp. 73-75. 31 V. Gamberale, art. cit., pp. 13-22.

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proporre un prodotto competitivo e in linea con le nuove esigenze del mercato.33

Seguono quest’onda anche i produttori di ceramiche che propongono piastrelle fotovoltaiche ottenute con tecniche di deposizione di film sottili direttamente sulla superficie sostituendo lo smalto che viene solitamente applicato ed anche le fabbriche di caldaie si propongono sul mercato con prodotti efficienti. 34 Non rimane tagliato fuori neppure il settore delle tende da sole nel quale l’inventività da spazio alla nascita di nuove proposte. Di ciò ne è esempio l’italiana Aurora una società che nasce dalla collaborazione di due aziende, Frama e KFEnergy, provenienti rispettivamente dal settore delle tende da sole e delle energie rinnovabili che hanno immesso sul mercato la tenda fotovoltaica.35

Oltre gli investimenti diretti nel settore delle energie rinnovabili, anche in Italia le PMI si impegnano nella riduzione dell’impatto ambientale, uno dei tanti provvedimenti individuati dall’Unione Europea all’interno della Strategia Europa 2020.36

Secondo degli studi condotti dall’Istituto Fondazione Impresa riguardo l’atteggiamento delle PMI nei confronti della sfida verde, 1\3 delle piccole imprese manufatturiere hanno introdotto tecnologie per ridurre l’impatto ambientale.

Si preferisce acquistare macchinari a basso consumo, ridurre gli imballaggi o utilizzare materiali riciclati, ed installare pannelli fotovoltaici o solari usando tecnologie eco-compatibili “semplici” piuttosto che sistemi di gestione ambientale certificati poco incentivati, costosi e complessi.

C’è anche una minore quota di imprese che hanno riqualificato gli edifici introducendo sistemi di gestione ambientale.37

33A. Cianciullo-G. Silvestrini, op. cit., pp. 140-144. 34Ibidem.

35 Sito ufficiale della società Aurora www.auroraenergy.it

36 Comunicazione della commissione – Europa 2020 Una strategia per una crescita intelligente,

sostenibile inclusiva. Bruxelles 3\3\2010. Consultabile:

http://ec.europa.eu/italia/documents/attualita/futuro_ue/europa2020_it.pdf .

37

“Piccole imprese e green economy. Indagine sulla riduzione dell’impatto ambientale delle piccole imprese in Italia” di Fondazione Impresa http://www.fondazioneimpresa.it/wp- content/uploads/2011/07/Piccole-imprese-e-green-economy.-Indagine-sulla-riduzione-dellimpatto-ambientale_Fondazione-Impresa.pdf

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L’avventura industriale dell’italo-francese STMicroelectronics costituisce l’interessate caso di un’azienda che è riuscita a risollevarsi dalla crisi investendo sulla sostenibilità della propria attività.

Il motto “Ecology is free”, lanciato da Pasquale Pistorio alla guida dell’azienda e una filosofia di riduzione degli sprechi e dell’inquinamento hanno portato la società a guadagnare, nel 2008, 260 milioni di dollari dagli investimenti in efficienza ambientale.

La piccola azienda italiana nel campo della microelettronica era in rosso fisso da dieci anni. Alla base del rilancio c’è stata la caparbietà nell’innovare e nell’anticipare i tempi. Dopo la fusione nel 1987 con la francese Thomson Semiconducteurs, che ha proiettato l’azienda in una dimensione internazionale, è partito il check up energetico di tutte le fabbriche del gruppo nel mondo. La sfida ecologica ha permesso di ottenere in un colpo solo standardizzazione, risparmio, miglioramento dell’immagine aziendale, coinvolgimento di tutti i dipendenti in un obiettivo con una forte carica etica. Queste operazioni hanno richiesto forte impegno organizzativo ed economico, entrambi ripagati, alcuni in breve tempo, altri in tempi un po’ più lunghi. Nel 1995 gli obiettivi ecologici erano stati fissati in un decalogo che comprendeva direttive relative all’acqua, rifiuti ed impegno sociale. In breve tempo la riduzione dei rifiuti e dei livelli d’inquinamento hanno corrisposto un aumento degli incassi. I materiali di scarto, che inizialmente rappresentavano un costo, sono diventati, grazie ad i processi di separazione e trattamento, una voce all’attivo in quanto materiali regolarmente venduti.

L’effettivo salto di qualità si è avuto nel momento in cui la società ha avviato la certificazione di tutte le fabbriche del gruppo con Emas e ISO 14.001, i due standard europeo ed americano di certificazione ambientale in un periodo in cui quasi nessuno la possedeva. Ottenute tali certificazioni per gli impianti ha poi richiesto che tutti i fornitori della filiera si qualificassero in modo da estendere la catena virtuosa all’intero ciclo di produzione.38

Il rilancio dell’economia può passare attraverso la green economy, sia basandosi su una particolare attenzione nei confronti degli aspetti ecologici, ma

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20

anche sulla combinazione di più elementi differenti. Alcune aziende, ad esempio, hanno ottenuto il successo integrando ecologia e legame con il territorio.

Il caso Loccioni mostra in che modo la green economy ed un forte legame con il territorio possono produrre successo e benessere.

Il gruppo di Enrico Loccioni che dà lavoro a 300 persone, fatturando 50 milioni di euro ha resistito bene al biennio di crisi 2008-2009. Per 40 anni il filo conduttore delle attività è stato il rapporto tra ambiente ed energia.

Si tratta di una realtà marchigiana che ha concentrato le proprie forze nell’innovazione in campo energetico. L’esperienza più interessante è quella della realizzazione della casa ad emissioni zero, la “casa foglia” (Leaf House), realizzata nella provincia di Ancona con la consulenza di Federico Butera, docente di fisica del Politecnico di Milano, con l’aiuto dell’Enel, interessata alla gestione delle reti intelligenti ed il supporto di Whirpool che doveva testare elettrodomestici intelligenti.39

L’impegno nell’innovazione tecnologica si associa ad altri elementi caratteristici che vanno dalla particolare organizzazione del lavoro di stile “olivettiano”, al concetto di impresa come insieme coordinato di conoscenze, ad un forte radicamento territoriale che proietta la tradizione contadina sulla scena internazionale. L’organizzazione del lavoro è improntata sulla motivazione personale: invece di fare la guerra ai dipendenti che decidono di mettersi in proprio, l’imprenditore marchigiano ha incoraggiato la nascita di nuove strutture formate dagli ex impiegati che danno lavoro ad altre 400 persone. Anche con queste nuove realtà nate dalla casa madre, il gruppo Loccioni ha sviluppato l’idea di valorizzare la cultura imprenditoriale del territorio. Attraverso il progetto Nexus si è creato un network di aziende in comunicazione tra loro, che partecipano alla rete, si incontrano in momenti formativi e aderiscono a progetti europei.40

L’obiettivo dell’ideatore dell’iniziativa, Ernico Loccioni, era proprio di “cercare di instaurare un rapporto intenso con il territorio, favorendo periodi di

39A. Cianciullo-G. Silvestrini, op. cit., p. 104. 40 ivi. pp. 104-109.

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21

formazione e di crescita degli studenti del luogo a partire dalle elementari, per finire agli stage post-universitari”.

3.2

Il mercato verde nei diversi paesi: America, Danimarca,

Germania e Cina.

Il primo a cogliere con forza le potenzialità del messaggio della green economy è stato Barack Obama che ha fatto del green new deal un elemento centrale della sua campagna elettorale. Presentando un programma energetico e ambientale assolutamente innovativo, ha reso il “business verde” l’elemento fondamentale della rinascita americana.41

L’egemonia incontrastata degli Stati Uniti iniziata con la crisi e il crollo dell’Unione Sovietica e del comunismo negli Stati satellite, è terminata con l’era Bush, con la perdita di potere da parte dell’asse petrolio-auto-banche e con il tramonto della fonte di energia principale, il petrolio.42

Nel momento più buio della finanza mondiale Obama ha lanciato l’ Economy

Recovery Plan, uno speciale piano nazionale che rappresenta una virata verso

l’economia verde.43 In questo programma vengono individuati i punti di forza per fronteggiare la crisi economica: la lotta all’effetto serra, l‘indipendenza dalle importazioni petrolifere e la creazione di 5 milioni di posti di lavoro. La parola d’ordine del programma americano è “efficienza energetica” e le energie verdi sono considerate lo strumento principale per uscire dalla crisi. Il programma prevede di mettere fine entro 10 anni alla dipendenza dal petrolio; di produrre, entro 4 anni, il 10% di energia da fonti rinnovabili; di ridurre in 10 anni del 15% i consumi di elettricità e, entro il 2050, le emissioni di cO2 dell’80%.

Nel 2009 il progetto americano di riforma dell’energia ha subito un primo stop in seguito alla sconfitta in Senato. Le idee di Obama vengono contrastate da più parti e non solo dall’opposizione repubblicana, ma nonostante ciò il

41

Nicola De Nardi, “Il futuro del pianeta e la green economy”, in «Energy Days Magazine», 2009, p. 3.

42 D. Masi, op. cit., pp. 88-90.

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22

presidente riparte all'attacco con una piattaforma fortemente pro-ambiente.44

Durante il discorso sullo stato dell'Unione, pronunciato davanti al Congresso in seduta congiunta e trasmesso in prime time a reti unificate il 25 Gennaio 2011, il presidente ha ribadito che per rilanciare il Paese servono anche investimenti nelle energie pulite.45 Negli ultimi 100 anni la politica energetica degli Stati Uniti è stata basata fondamentalmente sul principio del petrolio costruendo una società che non prendeva in considerazione i cambiamenti climatici.46 L’obiettivo di Obama continua ad essere quello di investire nel settore delle rinnovabili per ottenere l’indipendenza energetica.

Un esempio di successo è quello della Danimarca, piccolo paese scandinavo che è riuscito ad aumentare il Pil del 74% e contemporaneamente ridurre le emissioni di anidride carbonica del 17% 47. Alla base di tale successo sta la decisione strategica di bloccare la costruzione delle centrali a carbone e passare ad un sistema decentrato basato sulle energie rinnovabili: eolico e cogenerazione in parte alimentata con biomasse riescono a coprire il 27% del fabbisogno energetico.

Lo sviluppo eolico danese ha una lunga storia che ha origine dal geniale inventore Poul La Cour che convertì uno dei tanti mulini a vento in un aerogeneratore in grado di illuminare la scuola del suo paese. Il geniale Edison Danese riuscì ad apportare un sostanziale contributo al miglioramento della produzione di energia eolica con l’obiettivo di migliorare la vita nelle campagne, evitando che i giovani dovessero abbandonarle.

Dopo la crisi petrolifera del 1973 l’interesse della Danimarca per l’energia eolica riprese con forza attraverso diverse iniziative ed il coinvolgimento di piccole imprese. A poco a poco, grazie anche agli incentivi del governo, si è andata diffondendo l’autoproduzione di energia elettrica derivante dall’eolico

44Sito ufficiale del «Sole 24 Ore» Daniela Roveda, “Obama rilancia la green economy”,

26/01/2011, http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-01-26/rilancio-energia-rinnovabile-131215.shtml?uuid=AalU862C

45 Sito ufficiale del «Corriere della Sera» “Usa: stato Unione, Obama apre a riduzione tasse a

aziende”, 26/01/2011

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Usa-stato-Unione-Obama-apre-riduzione-tasse-aziende/26-01-2011/1-A_000169869.shtml

46 M. Guandalini e V. Uckman, op. cit., p. XVI. 47 A. Cianciullo-G. Silvestrini, op. cit., pp. 43-46.

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23

ed il sistema si è poi evoluto verso una progressiva liberalizzazione della produzione elettrica.

La spinta di base a favore delle rinnovabili non è mai stata messa in discussione neppure quando nel 2002 una coalizione di centro destra ostile alle rinnovabili provò a bloccare l’espansione dell’eolico. Inoltre nel 2008 il Parlamento ha stabilito che entro il 2025 il paese dovrà soddisfare il 30% dei suoi consumi energetici totali con le rinnovabili. Il vento dovrà quindi coprire la metà della produzione di energia, la produzione supererà la richiesta e si dovranno trovare dei metodi per accumulare l’eccedenza.

Anche la Germania è un paese che a poco a poco va modificando il classico metodo di produzione centralizzata di energia e da l’impressione di un sistema energetico in profonda trasformazione basato sulla crescente realtà diffusa dei microimpianti e l’inserimento di centrali di maggiore potenza basate sulle rinnovabili. In pochi anni la quota di energia verde si è triplicata arrivando al 15% dei consumi: sono collegati alla rete circa un milione di impianti fotovoltaici ed oltre ventimila aerogeneratori.

La chiave del successo deriva da diversi fattori ma alla base sta l’introduzione di un meccanismo di incentivazione, la feed in law, che valorizza con un contributo prelevato dalla bolletta l’energia prodotta con il sole. La proposta fu sostenuta fortemente da Hermann Scheer, considerato uno dei padri del successo delle rinnovabili in Germania, ed era principalmente basata sul libero accesso alla rete, la garanzia del prezzo per l’elettricità prodotta e l’obbligo delle compagnie di acquistare l’energia pulita.

L’intelligente azione mirata allo stimolo della domanda e dell’offerta di tecnologie ha determinato lo sviluppo di una potente industria che nel 2008 alimentava un giro d’affari di 29 miliardi di euro e dava lavoro a circa 280.00 unità tra il settore solare eolico e delle biomasse.48

E’ in Germania che nasce e si sviluppa il cosiddetto “Re del solare”. La Solarworld, azienda nata sotto la direzione di Frank Asbeck che costituisce un tipico esempio da manuale di azienda di successo.

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24

Nel 1998 l’ingegnere cinquantenne appassionato di energia solare, fonda una società che a poco a poco è riuscita a conquistare gli anelli della catena del fotovoltaico integrandosi perfettamente anche nel mondo del solare. Dopo i primi anni di crescita la Solarworld è stata quotata in borsa sfoggiando la migliore performance delle società tedesche quotate in borsa. Nel 2006 la società di espande con l’acquisizione della Shell Solar, diventando così leader indiscusso nella produzione di celle e moduli negli Usa.

Il successo economico dell’azienda si associa ad una peculiare attenzione agli aspetti ambientali della produzione. Nel 2008 riceve il German Sustainability

Award come impresa tedesca con la produzione ambientalmente più sostenibile

e si inserisce come membro fondatore del PV Cycle, un’associazione che intende affrontare volontariamente lo smaltimento e riciclaggio dei moduli fotovoltaici non più funzionanti.

Frank Asbeck viene anche ricordato per un’audace mossa di marketing che ha fatto parlare di se e suscitato l’interesse dell’opinione pubblica nei confronti delle rinnovabili. Nel 2007, infatti, si presentò in Vaticano portando una cella fotovoltaica al Papa e donandogli, come regalo di natale, un impianto da 221 chilowatt.

Grazie alla dichiarata opposizione di Asbeck al nucleare ed alle sue brillanti iniziative di marketing, la Solarworld oggi è tra i maggiori produttori di celle e moduli.49

Sia nel caso danese che in quello tedesco l’elemento vincente, infatti, è stata la capacità di coinvolgimento dal basso associata ad un sentimento anti nucleare presente in entrambi i paesi. In Germania per la chiusura delle centrali già esistenti, in Danimarca per evitarne la costruzione.

Quando nel 2007 il Consiglio europeo riuscì a far passare sotto la presidenza di Angela Merkel l’impegno a soddisfare i consumi energetici del 2020 con il 20% di fonti rinnovabili e negli Usa arrivava Obama deciso a rilanciare l’economia con forti investimenti sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica la Cina dedicava alle rinnovabili una percentuale del 38% delle risorse stanziate per fare ripartire l’economia. Il paese ha investito su entrambi

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25

i versanti del mercato verde cogliendo al volo l’opportunità green: la produzione di energia e la produzione della tecnologia necessaria.

Sono sorprendenti le grandi dimensioni delle nuove mega fattorie del vento che riescono a produrre elettricità quanto cinque centrali nucleari da 1.000 megawatt alle quali vanno associate le importanti installazioni fotovoltaiche sul territorio nazionale. Grazie all’introduzione nel 2009 di un incentivo di 2,94 dollari per watt si prevede di realizzare circa 1.000 megawatt entro il 2011-2012. E’ inoltre importante considerare le grandi aree desertiche della Cina che consentono di parlare di grandi numeri. Il gigante Suntech e l’americana First Solar intendono realizzare rispettivamente 4 impianti da 1.800 megawatt complessivi e un impianto da 2.000 megawatt. Numeri esorbitanti che costituiscono la base per un deciso ritorno della Cina alle rinnovabili. Si parla di ritorno in quanto negli anni ’70-’80 Pechino rappresentava già un importante esempio di successo nello sviluppo delle fonti rinnovabili. L’assenza della rete elettrica in molte zone rurali costituiva la base per la necessaria spinta dal basso ma si è poi puntato sul carbone arrivando a costruire anche una centrale elettrica alla settimana.50

Nel modello cinese la pluralità delle vie è la base dello sviluppo economico. La situazione attuale che vede anche la presenza di un gigantesco impianto idroelettrico delle Tre Gole sul fiume Chang Jiang dal devastante impatto ambientale e sociale e che produce 85 terawattora l’anno, non può però essere definita di produzione centralizzata.

Oltre a soddisfare rapidamente una parte crescente della domanda interna, le industrie cinesi sono diventate velocemente leader globali nel settore del solare. Di queste potenzialità ne è un esempio indiscusso la Suntech, azienda numero uno nella produzione di moduli solari nel mondo. Una società nata nel 2001, sotto la guida di Shi Zherngrong, un ingegnere figlio di contadini. Suntech venne quotata alla Borsa di New York divenendo nel 2008 la società numero uno nel mondo con 8.000 addetti. Puntando sulla domanda interna e contando sulla rapidità di risposta alla crisi del governo la società è riuscita a superare la crisi finanziaria del 2009 tagliando 800 posti di lavoro ma

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26

rimanendo in attesa della forte ripresa del mercato internazionale firmando accordi per la fornitura di 490 megawatt di moduli solari da consegnare in Europa.51

3.3

La reazione dei colossi industriali: General Electric e

Siemens.

Gli esempi della Suntech o della Solarworld nate appositamente per soddisfare le esigenze del settore non sono gli unici. Altre società hanno trovato terreno fertile in questo mercato, riuscendo in alcuni casi a risollevarsi dalla crisi, riconvertendo il proprio core business o ampliandolo.

Accomunate dalla globalità dell’interesse collettivo nei confronti dell’ambiente i due colossi d’Europa e Usa hanno compiuto scelte simili mostrandosi aperte all’innovazione indipendentemente dalle scelte dei propri governi. General Electric e Siemens, leader mondiali nella produzione di energia elettrica, sono riuscite, infatti, ad accogliere e sfruttare la sfida delle tecnologie verdi.

La General Electric è entrata con decisione nel comparto dell’energia eolica rafforzando in pochi anni la posizione nella produzione di aerogeneratori arrivando nel 2008 alle spalle del leader mondiale danese, la Vestas. Anche nel campo dell’illuminazione la società ha continuato ad impegnarsi dopo l’invenzione della lampadina di Edison, inventando la lampada fluorescente e le più efficienti nuove tecnologie al LED. L’interesse e l’impegno del colosso nei confronti delle innovazioni si associa alla volontà di migliorare la negatività dell’impatto ambientale. Nel 2005, infatti, la necessità di ricreare un’immagine aziendale e il cambiamento del contesto globale, hanno portato al lancio dei programmi Ecomagination e Healthymagination. Il primo punta al binomio tra economia ed ambiente: sviluppare soluzioni innovative sul fronte di materiali, fonti rinnovabili e celle a combustibili e del clima, impegnandosi a ridurre dell’1% le emissioni di gas serra creando maggior beneficio agli azionisti.

(32)

27

La seconda iniziativa invece rappresenta l’impegno della compagnia nel garantire una salute sostenibile nel tempo attraverso l’innovazione tecnologica e servizi.52

Anche la Siemens ha mostrato una netta apertura al cambiamento ed oggi presenta circa un terzo del fatturato totale legato a soluzioni per la protezione del clima. Nel settore dell’illuminazione è il secondo produttore mondiale di LED ed è entrata con forza nel mercato delle rinnovabili. Aspira a posizionarsi al terzo posto dopo Vestas e General Electric nel campo eolico ed è già leader mondiale per la produzione di turbine eoliche per le quali sta puntando ad un progetto innovativo che consentirà di installare aerogeneratori galleggianti su acque profonde, il cosiddetto off-shore impianti installati ad alcune miglia dalla costa di mari o laghi per meglio utilizzare la forte esposizione alle correnti di queste zone. Inoltre, la società si muove con decisione nel settore del solare puntando su diversi progetti innovativi ed acquisizioni importanti.53

3.4

Chi investe nel Green.

Come analizzato finora, migliaia di operatori intravedono un business redditizio nel mondo verde ed in particolare nel mercato delle energie rinnovabili. Chi è in possesso di grandi capitali si occuperà della realizzazione di nuove centrali che produrranno energia sfruttando le fonti rinnovabili, chi è dotato di mezzi più modesti farà il farm maker o installerà pannelli solari. In tanti credono nel cambiamento, sia persone che aziende, investendo in un’economia più sicura e salutare.

Le aziende che ruoteranno intorno o che saranno attratte dalla Green Economy sono infinite e possono essere raggruppate in 4 grandi segmenti:

1. Le aziende che nascono appositamente per il green market e sono già pronte al passaggio perché hanno messo a punto tutti i requisiti necessari per essere all’avanguardia. Dovranno solo adattarsi ai nuovi standard.

2. Le aziende che, intravedendo forti potenzialità di marketing nello sviluppo delle vendite e dei consumi, stanno adeguando i loro prodotti

52D. Masi, op. cit., p. 163.

(33)

28

al mercato verde. Devono sviluppare nuovi prodotti e l’operazione richiede tempi molto lunghi.

3. Quelle imprese i cui prodotti sono dannosi per l’ambiente.

4. Le imprese che non potranno mai puntare su prodotti verdi ma che dovranno elaborare standard di processo molto accurati.

Queste aziende possono appartenere ed operare in differenti aree. Nel retail, ossia la grande distribuzione; nei mall, gli agorà del nostro tempo; nel mondo digitale, dove il no profit avanza con forza e determinazione; nella produzione, con la nascita dei prodotti verdi; e infine le città, le nuove green town. 54

4.

Le possibilità occupazionali: la terza spinta verso la

Green Economy.

Come delineato finora, lo sviluppo di un’economia sostenibile, indipendentemente dalle motivazioni che stanno alla base delle scelte (economiche o ambientali), otterrebbe importanti esternalità positive in ambito occupazionale determinando la nascita dei cosiddetti green jobs. Questo nuovo termine fa riferimento a tutte le opportunità lavorative che possono emergere dallo sviluppo del settore della green economy e che appartengono a svariati ambiti occupazionali.

Studi e ricerche condotti da istituti e associazioni come Greenpeace International, Erec ( European Renewable Energy Council), Iefe (Centre for reserch on Energy and enviromental economics and policy), ed Ires (istituto ricerche economiche e sociali) sostengono che grazie alla Green Economy solo nel settore energetico si potrebbero creare milioni di posti di lavoro in più. Le analisi di queste ricerche delineano un futuro allettante confrontando due scenari: uno che considera la possibilità della conversione all’energia verde, l’altro basato sul mantenimento dell’economia tradizionale.

Nello specifico i rapporti di Greenpeace International e Erec sull’ “Energy

Revolution” evidenziano che “attraverso lo scenario della Rivoluzione

Energetica, si raggiungerebbero circa 2,7 milioni di posti di lavoro in più nel settore energetico nei prossimi 20 anni, rispetto allo scenario

(34)

29

usual. In alternativa, in assenza di interventi volti a compiere il passaggio

all’energia pulita, si verificherebbero delle perdite di posti di lavoro nello stesso periodo di tempo per circa mezzo milione di unità.”

Il rapporto aggiunge che “entro il 2020, in base allo scenario della Rivoluzione Energetica, si raggiungeranno circa 10,5 milioni di posti di lavoro, 2 milioni in più rispetto allo scenario di riferimento. Entro il 2030 le politiche per creare la Rivoluzione Energetica potrebbero determinare la nascita di 11,3 milioni di posti di lavoro nel settore dell’energia, circa 2,7 milioni di posti di lavoro in più rispetto allo scenario di riferimento. Oltre 8 milioni di posti di lavoro sarebbero impiegati nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, tre volte in più rispetto allo scenario business-as-usual”.55

Emerge, dunque, un’eccellente prospettiva che delinea la green economy come un settore in controtendenza dal punto occupazionale. Neolaureati e laureandi possono avere una grande opportunità rivolgendosi ai nuovi green jobs che nella maggior parte dei casi sono strettamente correlati al settore delle energie rinnovabili. 56

In particolare su questo mercato si sono affacciate sia società di ingegneria e consulenza sia produttori di macchine e impianti. Le aziende, prevalentemente di piccole dimensioni (PMI), creano nuove posizioni nell’organigramma aziendale inserendo competenze mancanti e sviluppando nuovi filoni di business.

Il mercato richiede figure in grado di essere versatili nella propria area di competenza, sia tecnica che commerciale operando con una visione a tutto tondo sul business e con grande apertura mentale. Il più delle volte sono richieste figure professionali molto tecniche che siano in grado di fornire il necessario supporto nella consulenza relativa al risparmio energetico, ma non solo. In molti casi si presenta la necessità di trovare qualcuno che possa ricoprire ruoli tecnico-gestionali e tecnico-commerciali, i cosiddetti project

manager che gestiscono i progetti e gestiscono la relazione con il cliente; i business developer che identificano e portano avanti iniziative di business; gli

55 “Energy [R]evolution 2010” rapporto di Greenpeace International e Erec. Giugno 2010. 56 “Con l’economia verde il futuro sarà più roseo”. Articolo di Gabriele Martelozzo,

(35)

30

uomini di marketing ai quali viene spesso richiesto di elaborare un business

plan e divulgare una nuova cultura aziendale.

Altri profili richiesti sono quelli relativi agli analisti specializzati in energie rinnovabili nel mondo della consulenza: giuristi, specialisti di contrattualistica del mondo finanziario, energy manager. A tutti questi è richiesta una forte base tecnica, conoscenza della normativa e dei regolamenti di riferimento, sensibilità commerciale e capacità di muoversi in contesti poco strutturati; insomma, non solo competenze tecniche ma anche doti manageriali e relazionali.57

I nuovi lavori green sono particolarmente interessanti. Glenn Croston ne ha fatto un elenco individuando 11 aree principali di attività che ruotano attorno al Green business: 58

57

Alessandra Zubiani, “Le energie rinnovabili e il mercato del lavoro” in M. Guandalini, V. Uckmar in, Green economy, Italia, cit., pp. 51-54

58 Gleen Croston, “75 Green Business, you can start money and make a difference”,

Entrepeneur Press, Canada 2008.

Gli undici settori dei nuovi lavori green individuati da Glenn Croston.

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