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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani

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Silenzio-assenso, il Dl Semplificazioni blocca il dietrofront tardivo della Pa - Lo speciale sul decreto

di Federico Vanetti e Elena Macchi

A termini scaduti provvedimenti inefficaci. L'unico rimedio rimane l'annullamento in autotutela, ma bisogna tenere conto degli interessi dei privati Con il Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 - c.d. Decreto Semplificazioni – il legislatore è intervenuto anche sulle norme che regolano il procedimento amministrativo di cui alla legge 241/90, con l'intento di snellire le procedure, incentivare gli strumenti telematici e dare maggiore certezza e stabilità ai provvedimenti, al fine di sostenere il rilancio del Paese post emergenza Covid.

In particolare con gli articoli 12 e 13 del Decreto semplificazioni sono state introdotte le novità di maggior rilievo.

Perfezionamento del silenzio-assenso

Una delle modifiche più rilevanti riguarda il perfezionamento del silenzio assenso, in relazione al quale, al fine di assicurare maggiore definitività e stabilità ai provvedimenti della Pa, viene introdotto il nuovo comma 8-bis all'art. 2 della L. 241/90, secondo cui, una volta decorso il termine per provvedere e formatosi il silenzio assenso, gli eventuali provvedimenti e atti postumi della Pa sono inefficaci, fatta salva la possibilità per la Pa di intervenire in autotutela (ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 21-nonies).

La nuova disciplina non si applica a tutti i provvedimenti amministrativi, ma solo ad alcuni casi specifici, tra cui: le determinazioni da rendere in seno alla conferenza di servizi; gli assensi, concerti o nulla osta per l'adozione di provvedimenti normativi o amministrativi di competenza di altre amministrazioni anche in materia di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini; nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte, con esclusione di atti e procedimenti riguardanti i settori sensibili; in sede di conferenza di servizi simultanea, rispetto alle amministrazioni che non abbiano preso parte al procedimento, o partecipando non abbiano espresso la propria posizione, oppure abbiano espresso un diniego non motivato o non pertinente; in relazione alla decorrenza del termine per verificare la sussistenza di requisiti e presupposti ed eventualmente vietare la prosecuzione dell'attività e imporre la rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa nei casi di Scia e di Scia edilizia.

L'intento del legislatore è quello di porre rimedio ai casi in cui, successivamente alla formazione del silenzio per effetto del decorso del termine, l'Amministrazione che era rimasta inerte decida di pronunciarsi emanando un provvedimento "tardivo". Tale fattispecie infatti determinava molte incertezze, sia qualora il provvedimento tardivo sia in linea con la determinazione tacita – comportando difficoltà nell'individuazione del provvedimento da impugnare e nel calcolo dei termini per promuovere ricorso – che, a maggior ragione quando la statuizione tardiva sia in contrasto con il provvedimento formatosi con il silenzio.

Con il Decreto Semplificazioni viene data maggior certezza agli effetti del silenzio amministrativo, il quale assume inequivocabilmente carattere provvedimentale, esaurendo così l'esercizio del

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potere amministrativo ordinario. Con la formazione del silenzio, la Pa perde il potere di pronunciarsi e gli eventuali provvedimenti postumi sono inefficaci.

Il rimedio residuo in capo alla Pa è avviare un procedimento di annullamento del silenzio in autotutela che, tuttavia, non solo deve presupporre l'illegittimità del silenzio formatosi, ma deve essere esercitato entro 18 mesi dalla formazione del silenzio, previa ponderazione dell'interesse del privato che ha fatto affidamento sul silenzio rispetto all'interesse pubblico sottostante l'annullamento.

Obbligo di motivazione

Il Decreto Semplificazioni ha inciso anche sull'art. 10-bis L. 241/90 in relazione alle motivazioni che devono essere poste alla base dei motivi ostativi all'accoglimento di una istanza di parte.

Infatti ai sensi del nuovo art. 10-bis, la Pa è sempre tenuta a notificare agli istanti i motivi che impediscono l'accoglimento della domanda, assegnando un termine per presentare le proprie osservazioni e memorie (di cui l'amministrazione deve tenere conto).

Tuttavia viene esteso il termine di conclusione del procedimento, prevedendo che tale termine ricominci a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni da parte del privato o dalla scadenza del termine per avanzarle. Inoltre viene stabilito che nel provvedimento finale la Pa debba motivare l'eventuale mancato accoglimento non solo dell'istanza ma anche delle osservazioni del privato. La nuova formulazione dell'art. 10-bis statuisce poi che qualora il provvedimento finale venga annullato in sede giudiziale e la Pa si debba nuovamente pronunciare sull'istanza del privato, la Pa non può addurre per la prima volta motivi ostativi che emergevano già al momento dell'istruttoria del provvedimento annullato.

Con il nuovo ultimo periodo del comma 2 dell'art. 21-octies della L. 241/90, viene previsto che al provvedimento adottato in violazione dell'art. 10-bis sulla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza del privato, non si applica il secondo periodo del medesimo comma, il quale stabilisce che "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Pertanto il provvedimento adottato in violazione dell'art. 10-bis diventa annullabile a prescindere dall'incidenza che il rispetto della disciplina sul pre-diniego avrebbe potuto avere sul provvedimento finale.

Silenzio- assenso tra Pa

L'art. 17-bis L. 241/90 relativo al silenzio assenso tra amministrazioni o tra amministrazioni e gestori di beni o servizi pubblici, viere ri-rubricato dal Decreto Semplificazioni "Effetti del silenzio e dell'inerzia dei rapporti" e viene modificato prevedendo che il termine di 30 giorni per assensi, consensi o nulla osta sia esteso anche al caso in cui un'amministrazione, diversa da quella competente ad adottare l'atto, debba presentare una proposta di provvedimento (il termine decorre dal momento della richiesta).

Anche in tal caso, il termine può essere sospeso in caso di richiesta di integrazioni da parte della Pa proponente e riprende a decorrere dal momento di ricevimento delle integrazioni. Viene inoltre stabilito che, decorsi i termini senza che la proposta sia stata presentata, l'amministrazione cui spetta l'adozione del provvedimento finale può procedere, trasmettendo in ogni caso lo schema di provvedimento al soggetto che avrebbe dovuto formulare la proposta, per acquisirne l'assenso (espresso o tacito) a norma del medesimo art. 17-bis.

Digitalizzazione

Altra novità di rilievo riguarda gli strumenti telematici, che per effetto del Decreto Semplificazioni dovrebbero diventare la modalità ordinaria di lavoro per la Pa. Infatti, l'art. 3-bis della L.

241/1990, viene emendato al fine di qualificare l'utilizzo di strumenti telematici e informatici, non più come obiettivo, ma quale modalità ordinaria di lavoro e di comunicazione delle Amministrazioni, sia al loro interno così come nei rapporti con altre PA e con i privati. Inoltre, per effetto del Decreto Semplificazioni nell'avviso di avvio del procedimento (art. 8 L. n.

241/1990), deve ora essere contenuta l'indicazione delle modalità con cui, attraverso il punto di

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accesso telematico ai servizi della Pa, è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla L. 241/1990. La Pa è inoltre tenuta a specificare il proprio domicilio digitale, al fine di snellire e agevolare le modalità di partecipazione al procedimento.

Autocertificazioni

Con il Decreto Semplificazioni viene poi inserito il nuovo comma 3-bis all'art. 18 della L. 241/90 in modo da prevedere espressamente e "regolarizzare" la possibilità di ricorrere all'autocertificazione per certificare la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa di riferimento per l'erogazione di contributi economici, agevolazioni e per il rilascio di autorizzazioni o nulla osta (salvo quanto previsto dal codice antimafia), possibilità che era stata prevista in via eccezionale per ottenere alcuni benefici economici legati all'emergenza Covid e che in questo modo viene istituzionalizzata.

Riadozione di atti annullati

Il Decreto Semplificazioni introduce anche il nuovo articolo 21-decies della L. 241/90 – rubricato

"Riemissione di provvedimenti annullati dal giudice per vizi inerenti ad atti endoprocedimentali"

- il quale prevede che, in caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di Via, il proponente può richiedere all'amministrazione procedente (e/o all'autorità competente in caso di Via) l'attivazione di un procedimento semplificato finalizzato alla riadozione degli atti annullati. Qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto (fermi restando tutti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento), l'amministrazione che abbia adottato l'atto cassato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza. Entro 15 giorni dalla ricezione dell'istanza del proponente, l'amministrazione procedente trasmette l'istanza all'amministrazione che ha emanato l'atto da riemettere, che vi provvede entro trenta giorni. Ricevuto l'atto, o decorso il termine per l'adozione dell'atto stesso, l'amministrazione riemette, entro i successivi trenta giorni, il provvedimento di autorizzazione o di Via.

Per quanto concerne i tempi di gestione del procedimento, il Decreto Semplificazioni prevede che, entro il 31 dicembre 2020, le amministrazioni e gli enti pubblici statali provvedono a verificare e a rideterminare, in riduzione, i termini di durata dei procedimenti di loro competenza ai sensi art.

2 della L. 241/1990; e che gli enti locali possono gestire in forma associata (in ambito provinciale o metropolitano) l'attuazione delle disposizioni in materia di autocertificazione di cui all'articolo 18 della L. 241/1990.

Conferenze di servizi

Da ultimo si segnala che è stata introdotta una disciplina speciale e temporanea per le conferenze dei servizi che debbano essere indette sino al 31 dicembre 2021, per accelerarne il procedimento.

Si prevede infatti la possibilità di ricorrere alla conferenza semplificata in tutti i casi di conferenza dei servizi decisoria, viene introdotto un termine unico perentorio di sessanta giorni per tutte le Amministrazioni per il rilascio delle determinazioni di competenza e, salvo quando le prescrizioni o le modifiche richieste incidano sulla sostanza della decisione oggetto di conferenza oppure gli atti di diniego siano superabili, la Pa procedente dovrebbe svolgere la riunione in modalità sincrona ai sensi dell'art. 14-ter.

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Gare telematiche: la tassa sulla piattaforma a carico di chi vince danneggia l'impresa, ma non inficia il bando

di Manuela Sodini

È la motivazione con cui il Tar Campania ha respinto il ricorso dell'Anac conro Asmel

Con la sentenza 3982, il Tar della Campania si è espresso respingendo il ricorso presentato da Anac che ha impugnato il bando di gara e gli atti a questo collegati pubblicato da un ente locale ritenendolo lesivo della concorrenza.

L'impugnazione e la richiesta di annullamento degli atti, aventi ad oggetto una procedura aperta in project financing riguardante la gara in concessione degli impianti di illuminazione, scaturiscono dalla volontà dell'ente locale di non conformarsi al parere 21/2020 dell'Autorità.

L'Anac ha impugnato il bando di gara e gli atti a questo collegati in quanto il disciplinare di gara contiene una clausola con cui si obbliga l'operatore economico, in caso di aggiudicazione, a pagare alla centrale di committenza il corrispettivo dei servizi di committenza.

Secondo l'Autorità la clausola in oggetto appare priva di espressa copertura legislativa, l'imposizione di un tale onere amministrativo si porrebbe in contrasto con l'articolo 23 della Costituzione secondo cui "Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge". Inoltre, la clausola del bando sarebbe anche in contrasto con l'articolo 41, comma 2 bis, del d.lgs. 50/2016, secondo cui "È fatto divieto di porre a carico dei concorrenti, nonché dell'aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all'articolo 58".

Anac ha impugnato il bando di gara facendo valere la legittimazione ad impugnare atti anticoncorrenziali attribuita dall'articolo 211 del codice dei contratti pubblici, la clausola nell'imporre un ingiusto ed illegittimo onere a carico dell'aggiudicatario del contratto, introduce una misura ingiustificatamente restrittiva della partecipazione alle gare, con danni alla concorrenza.

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Il Tar si è pronunciato ritenendo il ricorso infondato, in quanto la dedotta illegittimità della clausola del bando di gara non potrebbe condurre alla illegittimità del bando di gara nella sua interezza; infatti, anche qualora fossero fondate le doglianze della ricorrente, in ogni caso, l'esito finale non sarebbe la caducazione totale del bando di gara, ma l'espunzione dal bando della clausola ritenuta illegittima. Anac, invece, ha impugnato il bando di gara chiedendone l'annullamento nella sua interezza, perché ha ritenuto che una tale clausola alterasse la concorrenza in generale.

Per il Tar la clausola in oggetto non è lesiva della concorrenza in generale, ma può solo produrre un pregiudizio esclusivamente nei confronti dell'aggiudicatario a cui il corrispettivo è richiesto solo in caso di aggiudicazione e non con riferimento alla mera partecipazione alla gara.

Nella pronuncia il Tar ricorda come lo stesso Consiglio di Stato recentemente ha dato rilievo alla circostanza che lo strumentale impegno al pagamento del corrispettivo elevato ad elemento essenziale delle offerte, a pena di esclusione dalla gara, è previsto esclusivamente in capo all'aggiudicatario e solo questo può ritenersi danneggiato.

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Edilizia scolastica, sbloccati altri 400 milioni per i Comuni: aggiudicazioni entro 12-18

mesi

di Massimo Frontera

Entro un anno le aggiudicazioni dei lavori sottosoglia, entro 18 mesi quelli soprasoglia. Cento milioni vanno alla messa in sicurezza sismica del Centro Italia

Si sblocca la seconda tranche di finanziamenti per l'edilizia scolastica relativa annualità 2019 degli interventi inseriti nella programmazione nazionale triennale selezionata dalle Regioni. Dopo il primo Dm Miur di marzo che ha assegnato 510 milioni di euro, il Miur ha provveduto a ripartire con il successivo decreto firmato a luglio atri 320 milioni di euro. Dal momento che la Regione Calabria non ce l'ha fatta, il ministero di viale Trastevere ha congelato la quota di circa 22,5 milioni spettanti alla Regione, approvando il finanziamento degli interventi di tutte le altre Regioni.

Il Dm Miur 25 luglio 2020 che assegna 320 milioni

La pubblicazione in Gazzetta del decreto fa scattare i termini assegnati agli enti locali per beneficiare delle risorse. I comuni dovranno tagliare il traguardo della «avvenuta proposta di aggiudicazione dei lavori» entro 12 mesi per tutti gli interventi di importo inferiore alla soglia comunitaria ed entro 18 mesi per gli interventi di oltre 5,35 milioni di euro o comunque delle nuove costruzioni. Un tempo più che congruo, considerando che la lista degli interventi è già nota e che il decreto è stato firmato già il 25 luglio scorso dalla ministra Lucia Azzolina. Il provvedimento è stato poi inviato il successivo 29 luglio alla registrazione. La corte dei Conti lo ha analizzato a fondo, visto che lo ha licenziato oltre un mese dopo, esattamente il 1° settembre, dopo di che ci sono voluti altri 23 giorni per leggere le il decreto in Gazzetta.

Assegnati 100 milioni per la messa in sicurezza delle scuole in Centro Italia

Il Dm Miur 5 giugno 2020 che assegna 120 milioni a comuni, province e città metropolitane del Centro Italia

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Sempre in Gazzetta ufficiale, sono stati pubblicati altri due provvedimenti importanti per l'edilizia scolastica. Il Dm 5 giugno 2020 assegna 120 milioni alle quattro regioni dell'Italia Centrale colpite dai terremoti del 2016-2017 (Lazio. Umbria, Abruzzo e Marche) per realizzare opere di messa in sicurezza, adeguamento sismico e/o alla nuova costruzione di edifici nelle zone di massimo rischio sismico (classificate 1 e 2) di comuni, province e città metropolitane. In realtà, anche in questo caso, la somma reale assegnata supera appena i 100 milioni di euro perché non tutti i progetti avevano le carte in regola. Il resto dei soldi sarà assegnato agli enti locali in graduatoria ""all'esito delle positive verifiche" del Miur. anche in questo caso, la pubblicazione in Gazzetta del Dm, avvenuta il 22 settembre, fa scattare i termini per l'aggiudicazione dei lavori: 12 mesi per le opere sottosoglia e 18 mesi per quelle soprasoglia e per le nuove costruzioni.

Mutui Bei, "nuovi interventi" da aggiudicare entro il 21 febbraio 2021

Il Dm Miur 30 giugno 2020 che adegua il programma finanziato con i Mutui Bei Il secondo provvedimento pubblicato - sulla Gazzetta del 23 settembre - adegua alle novità del Dl Rilancio il programma di edilizia scolastica finanziato con mutui Bei autorizzati nel 2019 con il Dm Miur-Mef n.87. La novità più importante per gli enti locali è il differimento del termine di aggiudicazione - che slitta al 21 febbraio del 2021 - solo per i "nuovi interventi inclusi nell'allegato A" del decreto, mentre per tutti gli altri il termine resta quello fissato dal precedente Dm Istruzione 31 marzo 2020, n.188.

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Casa, lo scatto dei prezzi (a sorpresa) che fa sperare l'immobiliare

di Massimo Frontera

Incremento di oltre il 3% (congiunturale e tendenziale) nel II semestre 2020, mentre la pandemia tagliava 43mila compravendite

Se il netto incremento dei listini registrato dall'Istat ieri, giovedì 24 settembre, è il segno della risalita dopo una sostanziale stabilità nel quadriennio 2016-2019, lo si capirà nei prossimi mesi.

Di certo, la variazione registrata nel II trimestre di quest'anno - in piena pandemia, dopo l'uscita dal lockdown - è significativa: + 3,1% sul trimestre precedente e +3,4% sul II trimestre del 2019.

Alla crescita hanno contribuito sia le case nuove che quelle esistenti, sia pure in misura diversa:

le abitazioni nuove sono cresciute di un +2,0% rispetto al trimestre precedente e +2,7% sull'anno.

Le abitazioni esistenti sono invece cresciute +3,3% rispetto al trimestre precedente e + 3,7%

sull'anno. In entrambi i casi i tassi sono in accelerazione rispetto alle variazioni tendenziali positve registrate nel I trimestre 2020: +1,0% per le abitazioni nuove e + 1,9% per quelle esistenti.

L'Istat sottolinea l'importanza della novità: «Dopo la lunga sequenza di flessioni che dal 2012, con l'eccezione della debole risalita del 2016, si sono susseguite fino a metà del 2019, i prezzi delle abitazioni crescono in modo marcato e per il quarto trimestre consecutivo. Accelerano, in particolare, i prezzi delle abitazioni esistenti che tornano sopra il livello medio del 2015». «La svolta - si legge sempre nella nota Istat - si determina però in concomitanza con la crisi dovuta all'emergenza sanitaria che ha fortemente ridotto le compravendite di abitazioni e i prezzi del periodo in esame fanno per lo più riferimento a contratti i cui termini sono stati stabiliti prima del lockdown».

Curiosamente, infatti l'incremento dei prezzi si è verificato mentre sul mercato degli scambi, lockdown e pandemia, tagliavano 43 mila compravendite residenziali - come ha certificato l'Osservatorio immobiliare delle Entrate nel rapporto trimestrale del 15 settembre scorso - colpendo ovunque: grandi città e piccoli centri, nord e sud. Ma è ancora più curioso è il fatto che l'incremento dei prezzi sia stato una sorpresa per gli stessi agenti immobiliari. Infatti, secondo l'ultimo sondaggio Bankitalia-Tecnoborsa condotto presso 1.352 agenzie di intermediazione tra il 18 maggio e il 18 giugno 2020, emergeva un quadro ancora molto pessimistico, con una crescita della quota di operatori che segnalano una diminuzione dei prezzi di vendita (34,0% rispetto al

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30,4% della precedente rilevazione) e una simmetrica diminuzione di chi segnala un incremento dei prezzi (3,5% rispetto al 7,7%).

Un altro dato che contrasta con un incremento generalizzato dei prezzi è il fatto che il 56,9% degli operatori intervistati ha segnalato una diminuzione dei potenziali acquirenti (nella precedente rilevazione la quota era sensibilmente inferiore: 19,4%). Non solo. Il 27,6% delle agenzie - sempre secondo l'utimo sondaggio Bankitalia-Tecnoborsa - ha segnalato che dalla loro riapertura dopo il lockdown sono pervenute richieste da parte dei venditori di accelerare la vendita dell'immobile mediante il ribasso del prezzo. Infine, il 65,5% degli intervistati ritiene che il Covid avrà riflessi negativi sui prezzi di vendita.

Eppure, mentre gli agenti immobiliari rispondevano al sondaggio, secondo l'Istat, l'incremento c'è stato, e pure sensibile. «La marcata crescita dei prezzi delle abitazioni - commenta sempre la nota del 24 settembre - consolida il trend che aveva iniziato a manifestarsi nella seconda parte del 2019 e fa riferimento a contratti siglati tra aprile e giugno ma le cui condizioni si sono perfezionate per lo più prima del lockdown. Il drastico calo del numero di compravendite di immobili residenziali ha riguardato la prima parte del trimestre in esame ed è stato in larga parte riassorbito a giugno, senza prefigurare, quindi, per ora, un calo generalizzato e persistente della domanda tale da influenzare l'andamento dei prezzi (di per sé molto vischiosi rispetto ai volumi) nel breve periodo». Ottimismo.

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Il 110% attende certezze sul limite di spesa per i lavori trainati

di Gian Paolo Tosoni

Per gli interventi collegati a quelli principali non è chiaro quale sia il limite di spesa ammissibile, per l’incrocio tra la formulazione del decreto Rilancio, della legge istitutiva dell’ecobonus e de Dm Requisiti. Per la sostituzione delle finestre, ad esempio, non si capisce se la spesa massima su cui calcolare il 110% sia 132mila, 66mila e 54.545 euro.

La detrazione del 110% in presenza di interventi di risparmio energetico ed antisismici sta suscitando molto interesse in quanto consente di raggiungere un forte miglioramento delle proprie abitazioni con poca spesa, se consideriamo anche la possibilità della cessione del credito o dello sconto fattura (articolo 119, comma 2, Dl 34/2020).

Ovviamente i dubbi interpretativi non mancano mai, anche se non devono compromettere l'operatività della normativa. Una questione particolare riguarda il limite di spesa sul quale applicare la detrazione del 110% sugli interventi cosiddetti "trainati".

Si tratta di quelli di efficientamento energetico di cui all'articolo 14 del Dl 63/2013 convertito nella legge n. 90/2013, quali ad esempio:

a) sostituzione degli infissi, schermature solari, nonché sistemi evoluti di termoregolazione e cioè dispositivi multimediali per controllo da remoto;

b) impianti fotovoltaici anche con sistemi di accumulo;

c) micro-generatori in sostituzione di impianti esistenti con un risparmio di energia primaria stabilita con decreto;

d) installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

Invece gli interventi trainanti nell'ambito del risparmio energetico sono i seguenti tre:

1) Isolamento termico delle superfici opache che interessano l'involucro dell'edificio con incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell'edificio (cappotto) per i condomini. Vale anche su abitazioni unifamiliari o plurifamiliari se l'abitazione dispone di uno o più accessi autonomi all'esterno.

La spesa massima è di 50.000 euro per unità immobiliare singola che si riduce nei condomini a 40.000 euro quando le unità immobiliari sono da due a otto e a 30.000 euro quando le unità

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immobiliari sono più di otto.

2) Interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento e la fornitura di acqua calda a condensazione con efficienza rientrante nella classe A, o a pompa di calore anche abbinati ad impianti fotovoltaici.

La spesa massima è di 20.000 euro per ogni unità immobiliare ridotto a 15.000 euro se le unità immobiliare sono più di otto.

3) Sostituzione dell'impianto di climatizzazione su edifici unifamiliari o plurifamiliari con accesso autonomo, con efficienza almeno pari alla classe A con limite di spesa pari a 30.000 euro.

La detrazione sugli interventi trainati, che a regime può essere del 50% o 65%, è aumentata in questa circostanza al 110% essendo previsto direttamente dalla norma.

Sorgono invece dei dubbi in ordine al periodo in cui la detrazione può essere usufruita tenuto conto che la norma non ne parla.

Sopperiscono le indicazioni contenute nella guida “L’Agenzia Informa" in cui viene specificato in un esempio che la detrazione sugli infissi si recupera in cinque anni.

Questo significa che come avviene per la percentuale di detrazione, anche il periodo di recupero della detrazione per gli interventi trainati coincide con quello dei trainanti.

Resta quindi il rebus del limite di spesa. La norma dispone che la detrazione si applica nei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente.

Ad esempio per gli infissi, a regime è previsto un limite di spesa di 120.000 euro a cui corrisponde una detrazione al 50% di 60.000 euro.

Applicando la norma alla lettera si dovrebbe ritenere quindi che il limite della detrazione è di 132.000 euro cioè il 110% di 120.000. Ma qui è la stessa legge non chiara in quanto il 110%

determina una detrazione e quindi il richiamo alla spesa è improprio.

Quindi, si dovrebbe ragionare sull'importo della detrazione originaria che è di 60.000 euro e pertanto la detrazione al 110% dovrebbe risultare di 66.000.

Invece nell'allegato 1 al decreto ministeriale sulle asseverazioni viene indicato l'importo di 54.545 euro che moltiplicato per il 110% risulta di 60.000 euro che è il limite della detrazione per gli infissi stabilito dalla norma originaria.

La procedura non convince poiché l'interpretazione ministeriale sostituisce il limite di spesa previsto dalla norma con il limite di detrazione.

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Superbonus, architetti e ingegneri: chance per oltrepassare la crisi

di Adriano Lovera

Cappochin: «attingere alle risorse del Recovery Fund»; Armando Zambrano: «Servono impianti più efficienti»

Scuola e lavori pubblici, settore residenziale e miglioramento delle norme in fatto di appalti, come richiesto dalle professioni. Sono questi i pilastri da cui dovrebbe arrivare la ripresa per architetti e ingegneri, alla fine di un'estate 2020 ancora pienamente in fase "post-Covid", quindi con incarichi e fatturato ridotti al lumicino.Durante la pandemia le cifre parlavano chiaro: nonostante i professionisti non fossero obbligati alla chiusura, la riduzione dell'attività era stimata almeno nel 60% e i mesi appena trascorsi non erano quelli idonei per intravedere un'accelerazione. Il centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri ha previsto per il 2020 una possibile perdita di fatturato di 800 milioni per studi professionali e società di ingegneria e architettura. Se le previsioni saranno confermate sarebbe un effetto devastante su professioni che forse solo la vulgata comune associa alla ricchezza, dal momento che parliamo di figure con un reddito annuo medio di 27.897 euro, con valori superiori per gli ingegneri (34.128 euro).

Le aspettative autunnali

Ad ogni modo, le aspettative sono tutte per settembre e per l'ultimo trimestre dell'anno. Molte delle speranze sono riposte nell'ecobonus al 110 per cento. È determinante la classe energetica raggiunta dagli edifici sottoposti ai lavori. Molti tra ingegneri e architetti sono già abilitati alla redazione dell'Ape (Attestato prestazione energetica) a partire dai laureati magistrali o del vecchio ordinamento. Ma per chi non fosse in possesso dei requisiti, sarebbe un'ottima idea affrettarsi per iscriversi a un apposito corso di formazione organizzato dal proprio Ordine territoriale. E sul tema

"ecobonus", c'è da registrare l'accordo siglato dalla Fondazione Inarcassa con Eni Gas e luce insieme a Harley&Dikkinson per corsi di formazione sul funzionamento della detrazione (compreso il sisma-bonus). I professionisti che aderiranno all'iniziativa potranno cedere alla società di energia i crediti d'imposta maturati, dal momento che la misura prevede la possibilità di anticipare lo sconto in fattura attraverso la cessione del credito fiscale.Sempre a livello di accordi istituzionali, che si spera abbiano presto effetti pratici sul lavoro quotidiano, entra nel vivo l'intesa siglata tra le Rete delle professioni tecniche e il ministero della Giustizia, che riguarda il monitoraggio dell'applicazione dell'equo compenso negli appalti. I consigli nazionali e territoriali degli Ordini coinvolti, tra cui architetti e ingegneri, dovrebbero segnalare al Garante eventuali bandi fuori norma.

Le chance nella sanità

Altra novità, anche se parzialmente di nicchia, riguarda gli ingegneri afferenti al settore medicale.

In estate è stato finalmente approvato il regolamento sui requisiti richiesti per iscriversi al particolare Albo degli ingegneri biomedici e clinici, che ancora risaliva a una legge del 2018. È il primo passo per rafforzare l'importanza e la presenza di questa categoria di ingegneri, a maggior ragione in un momento in cui il Governo sembra intenzionato a investire sul tema della digitalizzazione della sanità. A questo proposito, è sorto un tavolo tecnico che mette insieme il Consiglio nazionale degli ingegneri e l'Agenzia Italia digitale, che dovrà stilare linee guida relative alla telemedicina e, in particolare, coinvolgere i professionisti nell'individuare quali device siano conformi alla gestione in sicurezza dei dati dei pazienti, nell'ottica dell'implementazione del fascicolo sanitario elettronico. Anche questo potrebbe essere un filone promettente per dare fiato alla categoria.

Le Stp

Per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, infine, resta sullo sfondo il tema dimensionale

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che andrebbe corretto. L'autonomia è un tassello qualificante della libera professione, ma se prendiamo ancora gli ingegneri, un sondaggio effettuato dal Consiglio nazionale durante la pandemia, su un campione di 8.500 iscritti, ha rilevato che quasi il 74% della platea opera in uno studio individuale, solo il 6% in studi condivisi e 5,5% di studi associati. E meno del 9% dispone di personale dipendente. Sia per reggere ai periodi di crisi, ma anche solo per la condivisione di costi e di competenze, la strada delle società tra professionisti dovrebbe essere maggiormente battuta, ma per ora non è decollata.

Giuseppe Cappochin (Cna): «Grazie al Recovery Fund si trovi il coraggio di ridisegnare il territorio»

«La situazione da cui ripartono i nostri studi è difficile. Iniziando a tirare le somme dell'emergenza Covid, possiamo stimare che il 20% sia a rischio chiusura, specialmente in assenza di sostegni adeguati». A Giuseppe Cappochin - presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori - non sono andate giù diverse misure varate dal Governo nei mesi scorsi, a partire dall'esclusione dei professionisti dai contributi a fondo perduto.Allo stesso tempo, però, mostra fiducia sulle possibilità di ripartenza. A patto che da Roma si mettano in campo idee e risorse utili per cambiare finalmente marcia. «Servirebbe una capacità di visione complessiva, più che il continuo susseguirsi di interventi. L'ecobonus, per esempio, è una boccata d'ossigeno e senz'altro trainerà un po' l'edilizia. Ma restiamo nella gestione dell'esistente, mentre ci vorrebbe il coraggio di ridisegnare tutto il nostro territorio, soprattutto in vista dei fondi in arrivo grazie al Recovery Fund. In alcune periferie degradate occorrerebbe buttare giù interi quartieri e rifarli, riportando ospedali e presidi sanitari e garantendo servizi, a partire dai trasporti. In questo gli architetti e i pianificatori avrebbero un ruolo di primo piano, però serve una cabina di regìa a livello centrale, non si può demandare la pianificazione a singole regioni o ai sindaci. E peggio ancora lasciare l'iniziativa ai privati, se vogliamo evitare il sorgere di palazzine in mezzo al nulla, in cui la gente attende anni per vedere arrivare un centro commerciale, una metropolitana o una scuola».Gli edifici per l'istruzione pubblica sono un altro volano molto atteso per la ripartenza. Degli 1,6 miliardi previsti dal decreto legge Rilancio, molti saranno spesi in edilizia. Ma gli architetti sperano ancora di poter correggere le modalità di gara. «I sindaci hanno poteri commissariali e gli incarichi possono essere affidati con la logica del massimo ribasso», nota il presidente. «Svilire le tariffe dei professionisti non serve a velocizzare le procedure, ma senz'altro abbassa la qualità del servizio offerto».

Armando Zambrano (Cni): «Risorse all'industria per puntare su impianti più moderni ed efficienti»«In questi anni ci sembra di aver dato tanto e ricevuto poco. Dal 2011 in poi ci siamo adeguati all'obbligo di formazione continua, a quello della Rc professionale, ora vigiliamo affinché l'equo compenso non si trasformi in un boomerang. In cambio, siamo stati snobbati dai vari decreti che disponevano fondi anti-Covid. Comunque guardiamo avanti: ci sono elementi per sperare nella ripresa». Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, punta su edilizia, lavori pubblici e settore It. «Per noi ingegneri è vitale il settore dell'edilizia, che purtroppo dalla crisi del 2008 non si è mai ripreso del tutto. L'ecobonus e il sisma bonus possono dare una forte accelerata. E anzi, su questo stiamo sottoscrivendo accordi con gruppi finanziari grazie ai quali i professionisti potranno incassare subito i benefici fiscali, a fronte della cessione del credito permessa dalla normativa».Ma l'edilizia residenziale è solo un capitolo.

«Accanto a questo, c'è l'aspetto importantissimo del settore industriale, da cui ci aspettiamo molto, ma che va sostenuto con risorse che vadano nel senso del risparmio energetico e dell'ammodernamento degli impianti. E si aprono tante porte anche per gli ingegneri esperti di reti informatiche, specialmente adesso che l'emergenza Covid ha imposto una diffusione su larga scala dello smart working».Intanto, il Consiglio nazionale prende atto con soddisfazione dei numeri che confermano la forza crescente dell'ingegneria come scelta del percorso di studi:

50mila laureati l'anno (il dato è del 2018), +7% su base annua, con una componente femminile arrivata al 28,4% del totale, ma che per alcune classi come ingegneria biomedica e ingegneria edile-architettura supera la quota maschile. «La richiesta di formazione ingegneristica resta alta, anche se bisognerebbe correggere alcuni trend, come quello ancora evidente della migrazione da Sud a Nord di molti ingegneri, in cerca di maggiori possibilità di impiego».

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