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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.06 (1879) n.289, 16 novembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA. SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno

VI - Yol. I

Domenica 16

L’ ULTIMA FASE DELU (JÜESTIOIE DI FIRENZE

Nei giornali politici dei giorni decorsi abbiamo letto con piacere che l’ accordo fra la nostra Giunta Co­ munale e la Commissione liquidatriee dei debiti di Firenze è pienamente raggiunto. Il Bilancio del Co­ mune fiorentino offrirà ai suoi creditori una somma che, incominciando da L. 1,500,000 nel 1880 ed aumentando per un decennio di 50,000 lire all’ anno giungerà ai 2,000,000 annui. Ignoriamo se sia stato fissato, perquanto tempo debba durare questo impegno.

Noi non abbiamo mai dubitato che si sarebbe ot­ tenuto un tale resultato, perchè sapevamo con quanto amore e con quanta competenza dessero mano alla compilazione del Bilancio sia la Commissione liqui­ datriee, sia la Giunta Comunale e la Commissione di finanza, che è quanto dire la maggior parte del nostro Consiglio Comunale. AlPaccordo noi eravamo certi si dovesse venire perchè non potevamo credere nè che la Commissione governativa volesse preten­ dere dalla nostra città più di quanto essa fosse in grado di dare, nè che la Giunta Comunale si volesse rifiutare di destinare ai creditori di Firenze quel tanto che essa fosse stata in grado di pagare.

A noi mancavano i dati necessarii per giudicare convenientemente delle divergenze fra Giunta e Com­ missione, e poi ci sembrava che le nostre parole sa­ rebbero riuscite inopportune ed inutili. Pertanto serbammo il silenzio su questo argomento, imitando in ciò i nostri confratelli della stampa cittadina.

Certo che la compilazione del Bilancio di Firenze, e non già di quello solo per 1’ anno prossimo, ma d’un bilancio normale che dovesse servire approssi­ mativamente per molti anni, doveva presentare gravi difficoltà. Larghissima doveva essere la parte riser- bata all’imprevisto sia nelle spese sia nelle entrate; impossibile o almeno difficile e duro il fare certe economie, altre possibili soltanto gradatamente e tali da dare un beneficio al bilancio solo fra qualche anno ; molti i riguardi dovuti ai contribuènti, anche nel- l’ interesse dei creditori.

Non farà dunque meraviglia a nessuno se le di­ scussioni fra le Autorità cittadine e la Commissione liquidatriee dovettero esser lunghe, animate e mi­ nuziose. La lotta era necessaria prima dell’ accordo e prevedibile come questo, anche per la differenza di origine delle due Commissioni, l’ uria necessaria­ mente più tenera pei contribuenti suoi mandanti quan­ tunque non dimentica dei creditori, l’ ultra avente in mira di preferenza l’interesse generale, il eredito dello Stato, specialmente all’ estero, e in particolar modo i creditori. Ma il tempo impiegato in queste discussioni non è stato perso davvero; perchè esse

No\embre 1879

N. *239

ci fanno sicuri dell’ adesione di una gran parte dei creditori a quel piano di liquidazione che ci auguriamo venga presto formulato. Quando il Consiglio Comunale e là Giunta liquidatriee d’ accordo diranno ai cre­ ditori : « Vi diamo tutto quanto Firenze può darvi » chi potrà mettere in dubbio la verità di questa as­ serzione? Chi potrà accampare maggiori pretese?

Noi non ci azzardiamo a proporre oggi un piano di liquidazione, nè ci pare si potesse far ciò con una certa serietà prima che si conoscessero: I o quali aggravi il Comune fiorentino po rebbe sopportare oltre quelli destinati ai pubblici servigi, di cui una città dell’importanza della nostra non può fare a meno; 2° Quale sorte sarà riserbata ai portatori delle De­ legazioni, i qualij dopo aver avùto due sentenze l’una favorevole e l’altra contraria al loro privilegio aspettano una decisione (che potrà essere definitiva) dalla Cas­ sazione fiorentina, davanti la quale verrà discussa la causa il 18 corrente.

Speriamo che la sentenza, vista l’ urgenza del caso, non si farà molto aspettare: e allora, se la sentenza confermasse quella della Corté d’Appello (cioè sé annullasse il privilegio, si potranno fare progetti, e la Commissione e là Giunta avranno luogo d’esporre e discutere quelli che verranno maturando. Già si parla di un progetto di sistemazione ideato dal con.è Bastogi, assessore per le linànzé, e noi non dubitiamo che esso sia quale si ha il diritto di aspettarsi dal- l’ illustre finanziere.

Noi non vogliamo far progetti e neanche esami­ nare e censurare quelli noti fino adesso, e che ci sembra debbano superare la dozzina. In molti dei proponenti con manca una certa acutezza di mente; taluna fra le proposte si può anche dire addirittura ingegnosa, ma forse questo è un difetto ; progetti più semplici sarebbero riusciti più graditi ai cre­ ditori, più intesi e meglio accolti dal pùbblico.

Volere o non volere i creditori del comune si trovano dinanzi ad un fallimento. — Ammettiamo

anche volentieri che a Questo stato di cose Si sia

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722 L’ E C O N O M IS T A 16 novembre 1879 È evidente che intorno all’ impiego della prima non

non vi dovrebbero essere due pareri, a meno che non si volesse ripetere l’errore commesso col prestito delle Cartelle Cessioni. I progetti e le opinioni va­ rieranno circa il modo di erogare l’annualità. Se fosse possibile di contrarre un nuovo prestito a buone con­ dizioni sia con la cassa dei Depositi e Prestiti, sia con qualcuno dei nostri principali istituti di credito, per esempio con una potente Cassa di Risparmio, ci sem­ bra che questo sarebbe il miglior partito da prendere. In tal modo si potrebbe offrire subito l’intero reparto in contanti il che contribuirebbe certo ad affrettare l’ accordo ed il consenso dei creditori. Se questo ideale non potesse raggiungersi, è evidente che l’an­ nualità dovrebbe esser pagata ai creditori ; in altre parole, questi oltre quel reparto che potrebbe offrir loro 1’ indennità governativa dovrebbero mutare i loro titoli attuali con altri titoli municipali; il nuovo prestito sarebbe l'atto con loro. In ambe­ due i casi ci sembrerebbe ben fatto, perchè il Co­ mune potesse ottenere il prestito a migliori condi­ zioni, di garantire 1’ annualità, col mezzo, per esem­ pio, di delegazioni sopra uno dei tributi o delle so­ vrimposte comunali; ciò che, sebbene sia conforme alle idee prevalenti fra i nostri uomini di Stato e ad un progetto di legge presentato dall’ ultimo Mini­

stero Depretis, allo l alo attuale della nostra legi­

slazione richiederebbe la sanzione del Parlamento. Abbiamo detto che preferirei! mo che l’ imprestito fosse fatm con un istituto e ciò, oltre per la ragione già addotta, anche perchè un istituto, specialmente se si im eg asse di non emettere al pubblico i ti­ toli del nuo o- imprestito, sarebbe più in grado di stimarne il g >-to valore. Potrebbe per esempio

calco are esattan e ite il v . 3 i alla quota d’am­

mortamento che per il p aio nei primi momenti non ne avrebbe alcuno sopratti ito nel caso che avesse bisogno di disfarsele. E noi crediamo che

il valore del nuovo ti tri sareb e sul mercato

inferiore al giuso anche per il di credito in cui sono caduti tutti i titoli i .un ripali e per la grande quan­

tità dei medesimi che n ol 0 probabilmente acuirebbe

in vend'ta in un mercato ristretto. Finalmente,

quanta 1 ilità non arrederebbe alle industrie e ai

commerci fiorentini questa somma in contanti dispo­ nibile ad un tratto che potrebbe venire in loro aiuto! Non bisogna dimenticare che una buona parte dei creditori di Firenze sono a Firenze, e sono banche e altri istituti fio'eutini.

Noi, lo ripetiamo, non intendiamo far progetti perchè del modo pratico di sistemare i debiti di Firenze sappiamo ebe si occupano persone che han­ no capacità finanziaria e tecnica indiscutibile. Di i queste non mancano nè la Commissione liquidatrice nè la Giunta municipale ; ci permettiamo soltan­ to, prima di chiudere il nostro breve articolo, di ri­ volgere ad esse una domanda ed alcune osserva­ zioni. Quale criterio prenderete per stabilire il vero ammontare attuale del debito rappresentato da ob- i bligazioni? È evidente che questa ricerca dovrà pre­ cedere la distribuzione del reparto.

Se non c’ inganniamo fin ora si sono proposti criteri poco esatti. Da taluno si è parlato del valore nominale dei titoli. Ci pare quasi inutile il mo­ strare che questo sarebbe un criterio sbagliato e che farebbe commettere una solenne ingiustizia di fronte ai possessori dei diversi titoli, la quale ingiustizia sa­ rebbe evidente in special modo di fronte ai creditori

per cambiali, che hanno versato al Comune una somma eguale al valor nominale del loro credito. Ugualmente errato ed anche più ingiusto ci sem­ brerebbe il sistema di prendere il valore di borsa dei titoli medesimi. Infatti questo valore non rap­

presenta che il grado maggiore 0 minore di discredito

in cui il Comune è caduto in dati momenti, com­ binato col bisogno di realizzare dei possessori e con la ristrettezza del mercato in cui soltanto in dati ¿momenti era possibile vendere. Un altro cri­ terio che è stato messo innanzi da persone compe­ tentissime, ma che secondo noi non è più razionale degli altri, è quello della somma realmente versata sopra ogni titolo. Prima di tutto questo criterio avrebbe l’ inconveniente di esser poco chiaro. Per somma versata s’ intende forse quella che fu real­ mente versata nelle casse comunali oppure quella che i sottoscrittori versarono all’ atto della sottoscri­ zione e nella quale era compreso il benefizio dell’as­ suntore del prestito? In secondo luogo perchè si dovrebbe fare una distinzione fra i portatori di ti­

toli di un medesimo imprestito 0 di prestiti a enti

le stesse ga-anzìe e la se^sa firma soltanto perchè furono emessi a prezzi diversi, in epoche diverse? La minor somma sborsata da taluni portatori in con­

fronto degli altri 1 on ci denota nuli’ altro che il

nnnor credito di cui in un dato momento godeva il comune, e se lu versato meno fu anche corso un rischio maggiore, che si credeva compensare con un maggior rimborso. Il criterio del versato darebbe luogo a liti, e queste, ci sembra, dovrebbero evitarsi in ogni modo.

0 noi erriamo 0 il solo criterio per la determina­

zione del valore attuale di ogni obbligazione do­ vrebbe essere il seguente. Bisognerebbe cioè attri­ buire ad ogni obbligazione di un dato prestito il valore attuale della serie di annualità destinata al servizio del prestito medesimo divisa per il numero delle obbligazioni tuttora esistenti. Il valore com­ plessivo delle diverse annualità, il giorno del re­ parto sarebbe detei minato deducendo da ciascuna di esse gli interessi compos i pel periodo di tempo che avrebbe dovuto trascorrere dal giorno del reparto fina alla scadenza di ciascuna annualità?

Tale valore complessivo sarebbe facilmente tro­ vato con la ben nota formula:

a

(l+ > > ~ *

r

A ( 1 + r ) »

in cui C è il valore attuale della somma comples­ siva delle annualità, a l’ammontare di ciascuna an­ nualità, r il saggio dell’interesse legale sopra ciascuna

lira, ed n il numero degli anni durante 1 quali le

annualità sono dovute.

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L’AGITAZIONE FRA GLI OPERAI IN FRANGIA

i.

Lo spirito turbolento e irrequieto degli operai francesi si è dato libero sfogo nelle enfatiche e cla­ morose declamazioni dei delegati riuniti qualche giorno addietro a Marsiglia. Si ha un bel dire che quei centoventisei delegati erano ben lungi dal rap­ presentare le aspirazioni e i sentimenti del ceto operaio di tutta la Francia; le recenti elezioni pei consigli comunali di Parigi e di Lione, le ovazioni prodigate al Blanqui, l’aperta simpatia manifestata in molti dei grandi centri agli uomini ed alle idee della Comune, sono fatti sufficienti a dimostrare che le visioni chimeriche dei riformatori radicali e degli apostoli, di ciò che i tedeschi chiamano la liquida­ zione sociale, formano sempre l’ideale favorito di una gran parte della popolazione industriale. Si ha un bel mettersi l’animo in pace, affermando che i veri operai si astengono per lo più dall’ andare a far sfoggio di eloquenza nei congressi, a declamarvi contro la borghesia, a risolvervi di sana pianta le più ardue questioni politiche, a decretare l’ egua­ glianza perfetta fra la condizione sociale dell’ uomo e quella della donna; ammettiamo pure che coloro i quali rappresentano le parti principali in queste riunioni siano agitatori di professione, gente dallo scilinguagnolo sciolto, e dotala di una mezzana col­ tura, bramosa di acquistar la fama del tribuno, ed il cui scopo sia soltanto di procacciarsi gli applausi del’a folla e di volgerne l’entusiasmo ed il favore a beneficio dei propri fini particolari ; ma che monta tuttociò, se essi giungono a riscaldare le più cieche passioni delle infime popolazioni, se, profittando della ignoranza di queste, sanno far breccia nel loro animo e procacciarsi larga schiera di aderenti? Gli errori e le illusioni con cui avranno pervertito le menti de'le classi lavoratrici, le quali come sono pronte a prestare orecchio alle loro parole si troveranno ugual­ mente disposte ad agire dietro ogni loro cenno, sa­ ranno forse meno funesti, perchè inculcati da essi, di quello che lo sarebbero se fossero derivati dai suggerimenti della riflessione individuale e produr­ ranno forse una convinzione meno risoluta e meno profonda ?

In seno al ceto degli operai francesi serpeggiano tuttora le tradizioni e le idee che vi ha gettato il socialismo dottrinario della prima metà del nostro secolo; le utopie dei Fourier, dei Cabet e dei Prou- dhon, propagate da un gran numero di organi e di satelliti subalterni, hanno ancora virtù di affascinare le menti a cui non si offre il correttivo delle no­ zioni fondamentali intorno ai principi che regolano i rapporti economici e dei criteri pratici che pos­ sono giovare all’ operaio per avvantaggiare la propria posizione e per rendere ascoltati, in ciò che hacino di legittimo, i propri reclami. L’ agitazione socialista in Francia non è come in Germania od in Russia principalmente un sintomo di un profondo males­ sere economico e sociale, ma deve in gran parte la sua origine alle fallaci seduzioni di cui si sono pa­ sciute le fantasie popolari ; non deriva tanto da un sentimento di reazione contro sofferenze presenti del proletariato, quanto da una potente aspirazione verso un ideale vago ed incerto di benessere futuro. Infatti noi vediamo quest’ agitazione mantenuta desta

ed attiva in un’ epoca in cui non mancano i segni più evidenti di un immenso sviluppo della pub­ blica ricchezza e mentre chiarissime prove attestano alla Francia, la progressione prodigiosa delle accu­ mulazioni annue del suo risparmio nazionale. E fors’ anco un tale fermento d’ idee malsane trova precisamente nell’ incremento della ricchezza un fo­ mite di più che ne aiuta la diffusione, imperocché si è sempre osservato che 1’ operaio il quale gode di una relativa agiatezza e che non si trova oppres­ so dal bisogno stringente di far convergere tutte le proprie forzo a provvedere al necessario sostenta­ mento suo e della famiglia, è appunto quello che suole più volentieri e più spesso abbandonare la sua mente ai fervidi voli delle più ridenti, ma più in­ composte utopie.

Di fronte ad una t le condizione di cose noi non possiamo nascondere che, a nostro avviso, agli eco­ nomisti nostri confratelli d’ oltr’Alpe ed in generale alle classi superiori e più illuminate di tutta la po­ polazione francese incombe una ben grave respon­ sabilità.

Gli economisti in generale si sono meritati il rimpro­ vero che ad essi rivolge il Gairnes di essersi adoperati a fare con troppa parzialità l’apologià del regime econo­ mico esistente. Forti dell’ inalterabile verità dei prin­ cipi fondamentali dell’ economia politica e sicuri che le porte infernali delle dottrine socialiste non pre- valebunt adversus illam, fiduciosi del progresso che a benefìzio di tutti dovrà realizzare lo svolgimento continuo delle forze della produzione e degli scambi, hanno forse trascurato la politica economica di tutti i giorni, hanno chiuso gli occhi alle discordanze ed agli attriti della vita pratica, nè si son voluti occu­ pare dei modi di eliminarli od almeno di attenuarli. Alle lagnanze delle classi operaie, le quali in mezzo a molti errori han pure qualche buona ragione da addurre, non si sono curati di porgere attento orec­ chio, discriminando il vero dal falso, ma a tutte hanno sempre risposto con la constatazione dei ri­ sultati che il progresso sociale ha permesso di con­ seguire e con la previsione di ulteriori benefieii eli’ esso promette per il futuro. Con imperturbabile freddezza hanno pronunziato la sconfortante parola che solo dalla paziente aspettazione di questi pro­ gressi poteva sperarsi un lento miglioramento delle condizioni attuali. Per chi vive in disagio i consigli di rassegnazione e di pazienza riescono raramente accetti; tan.o più se egli sa che un attento esame del suo stato potrebbe condurre alla scoperta ed alla cura di fina parte (tei suoi mali. Il miglior modo di dissipare gli errori, che si fanno strada nelle menti delle popolazioni lavoratrici, è di mostrarsi solleciti della loro sorte, di valutare coscenziosamente i loro reclami e di render giustizia a quelli che appari­ scono fondati e ragionevoli.

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724 L’ ECONOMISTA 16 novembre 1879

dovuto rinunziare dal giorno in cui il sistema della grande industria si è sostituito al regime dell'indu­ stria domestica, la quale, mantenendo gli operai sotto la dipendenza e la vigilanza diretta dei loro padroni, erano, secondo eh’ egli dice, condizione precipua perchè si stabilisse fra loro uno scambio di relazioni vantaggioso al loro reciproco conoscersi, affiatarsi ed affezionarsi. Ma l’esempio di ciò che accade in Inghilterra, dove in mezzo a non lievi antagonismi d’ interessi regna per altro quasi costantemente mutua stima e rispetto fra il ceto dei salariati e le classi so­ ciali più elevate, e dove la grande industria è per fermo anche più sviluppata che in Francia ci è prova del contrario. Quante sono in Francia le persone serie e colte a cui gli operai possano rivolgersi per­ chè si facciano interpreti dei loro bisogni e delle loro più legittime aspirazioni dinanzi al Parlamento od alla pubblica opinione? In Inghilterra invece noi vediamo continuamente persone illustri assistere ai congressi annuali delle Trades Unions, ed illumi­ narli con la loro voce autorevole, parlando ad essi consigli di prudenza ed ammaestrandoli con gli studi e coll’ esperienza da essi fatta nelle questioni che più direttamente concernono gli interessi operai. Chi ha tenuto dietro alla storia recente di queste asso­ ciazioni, ha potuto convincersi che la loro evoluzione e lo spirito di moderazione da cui attualmente desse si mostrano animate, sono in gran parte dovuti al- 1’ ascendente che sui loro capi hanno potuto eserci­ tare gli uomini ragguardevoli che hanno preso a cuore la causa dei nullatenenti e che hanno additato gli argomenti intorno ai quali dovevano fondatamente rivolgersi le loro lagnanze e le riforme legislative che avrebbero potuto utilmente invocare, ed hanno contribuito a conseguirle, facendosene strenui pro­ pugnatori dinanzi alle as^emb ee legis ative. Non passa mese, non pas a quasi sett' nana senza che qualche riunione degli operai delle varie industrie non venga adunata, e che in essa, uom'ni, come il Brassey, il

Lefe Te, il Cbamberlain, pe .’ lenzionare solo quelli i

cui nomi ci si presentano primi alla memoria, non facciano ascoltare agli intervenuti parole elevate in­ torno agli interessi della !oro industria od al con.egno che ad essi si conviene di mantenere di fronte ai padroni. Ed è per tal modo che questa schiera eletta e numerosa di persone è riuscita a dominare la cor­ rente del movimento operaio ed a contenerla nei suoi giusti confini. Non vi ha nulla che quanto lo spirito di equità e di giustizia abbia potere d’imporre altrui reciproca corrispondenza di conformi sentimenti.

11 governo imperiale in Francia ebbe spesso ri­ corso all’ espediente di accarezzare le tendenze e le passioni delle classi lavoratrici, ma ciò esso faceva esclusivamente con i mezzi e con i fini di una po­ litica di corta vista, senza nessun criterio direttivo inteso a rialzarne il carattere e la moralità. Quando nel 1687, un gruppo di operai, costituitosi dei de­ legati delle corporazioni parigine per visitare l’Espo • sizione internazionale di Parigi e redigere intorno ad essa dei rapporti, ricevette indirettamente dal governo una sovvenzione di 20,000 franchi ed ebbe messo a sua disposizione un locale, in cui tenne le sue riunioni, questo appoggio, sebbene venisse dato in modo che noi non possiamo non reputar pessimo, bastò pure ad animare negli operai la speranza di vedere appagati alcuni loro voti e l’indusse a di­ scuterli pacatamente ed a farli valere con mezzi le­ gali. Una Commissione di quaranta membri di que­

sto gruppo si presentò al Ministro di agricoltura e commercio per esporre ad esso le loro lagnanze, ed il resultato di questo passo fu un rapporto ministe­ riale approvato dall’ imperatore, tendente ad accor­ dare la tolleranza ai sindacati degli operai ed a quelli dei padroni, ad abrogare 1’ articolo 1781 del Codice civile, in virtù del quale il padrone era creduto dietro semplice affermazione in caso di contestazione con gli operai e spettava a questi l’onere della prova, e finalmente l’abrogazione del libretto per gli operai, contro il quale essi hanno sempre mostrata la più profonda avversione. Da queti’ epoca ad oggi in Francia le disposizioni legislative più direttamente attinenti agli operai hanno fatto pochi progressi. Quel gruppo di operai lasciato dipoi a sè stesso, si fuse in seguito, o per dir meglio, si trovò assorbito nel- l’ Internazionale. Conseguito un regime di tolleranza, i sindacati operai cominciarono a trovare che sarebbe stata miglior cosa e più equa la completa libertà; la tolleranza, migliore della proibizione assoluta, lascia pur sempre I’ esistenza dei sindacati non solo, ma anco le pene comminate contro chi ne faccia parte in balìa dell’arbitrio della polizia, come meglio spie­ gheremo un’ altra volta.

Da anni ed anni gli operai vanno affermando que­ sto loro diritto, trovano consenzienti eminenti pub­ blicisti, ma nessuno si muove per agevolare ad essi il conseguimento di un tal fine.

La Commissione esecutiva nominata dall’ ultimo Congresso operaio tenuto a Lione, ed incaricata di promuovere l’attuazione dei suoi voti, avea doman­ dato ai senatori ed ai deputati del dipartimento del Rodano, di prendere in Parlamento l’ iniziativa di alcune proposte di legge reclamate da questo Con­ gresso. Un solo deputato vi si mostrò favorevole, tutti gli altri vi si ricusarono, sotto il pretesto di una risoluta avversione contro ogni intervento della legge nelle questioni del lavoro, e dichiarandosi con­ trari alla libertà pura e semplice d’associazione, che è il mezzo reclamato per permettere la formazione dei sindacali operai.

È egli dopo ciò da sorprendersi se gli operai francesi trovandosi isolati, senza nessuno che loro serva di guida, guardati con diffidenza dalle altre classi sociali, in una posizione che in alcuni casi, come in quello dei sindacati, li espone a vedere conculcato dalle autorità costituite un diritto di cui hanno giusto motivo di mostrarsi gelosi ; è egli da sorprendersi, diciamo, se continuano a vagheggiare i più strani progetti di riforme sociali e se nelle loro riunioni, come in quella testé tenuta a Marsi­ glia, e di cui parleremo in un prossimo numero, divaghino nelle più sfrenate declamazioni rivoluzio­ narie, invece di discutere seriamente gli interessi reali della loro classe e delle loro industrie?

I COSTUMI FINANZIARI!

I finanzieri e gli uomini politici — La ri­

forma delle Leggi sulle Società.

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di Vienna, di Berlino, di New-York, verificatesi qualche anno fa. Da noi la crisi è mollo meno gene­ rale e molto meno profonda; essa non tocca per nulla il grosso pubblico. I nostri fondi di Stato si sono mantenuti ad un livello elevato; poiché i corsi dell’ 81 per il 5 per cento, del 115 per il 5 per cento avrebbero meravigliato anche la generazione passata. I fondi di Stato esteri hanno pure mostrato un contegno assai buono. L’ italiano è al disopra di franchi 79 ; il russo di 91, il 4 per cento austriaco di 69; questi certamente non sono corsi di panico. Se noi consideriamo i differenti valori francesi, oltre i fondi di Stato, noi vediamo che per la maggior parte non sono ribassati che debolmente. Le obbli­ gazioni delle Strade ferrate sono intorno ai 380 fran­ chi ciò che rappresenta ancora un rialzo quasi del 15 per cento relativamente ai corsi degli ultimi anni dell’ impero. Se le azioni delle Strade ferrate sono alquanto ribassate, la colpa ne è dei progetti di riscatto e delie intenzioni più o meno machia­ velliche che si suppongono alla Camera. I buoni valori industriali, il gas parigino, gli omnibus, le piccole vetture, sono a dei corsi che, sebbene siano al disotto dei più elevati, non ne sono però molto lontani.

Una sola categoria di valori è stata singolarmente colpita; ed è quella delle Società di credito e della maggior parte delle Compagnie fondate da poco. E pure là che 1’ aggiotaggio si era dato libero corso. Si erano alzati dei castelli di carte, che facevano onore alla destrezza dei loro costruttori, ma che il minimo soffio doveva rovesciare. Gli speculatori ed i rarissimi capitalisti che hanno avuta la strana idea di sottoscrivere alle azioni della Banca Europea, mal­ grado le poche garanzie che offriva la sua direzione, non hanno più adesso nelle mani che dei titoli in­ vendibili. Le azioni di Società che hanno, certamente, un patronato più serio ed una amministrazione meno irregolare, la Banca Ipotecaria, la Fondiaria ed altre sono ribassate di 150 e di 200 franchi sui loro più alti corsi; ma a dire il vero, esse non hanno di che lamentarsi, poiché nate da ieri, non avendo fatto ancora niente, quelle azioni si quotano ancora più di cento franchi sopra la pari. La Banca di Sconto di Parigi, i cui benefico sono stati enormi, è vero, durante il primo esercizio della sua esistenza, ma che non può ripromettersi, senza farsi illusioni, una serie indefinita di simili successi, è ribassata in qualche settimana di 2 o 300 franchi, ma essa è ancora quotata a più di tre volte il capitale versato, ciò che costituisce un aggio rispettabile. Alcune Società di credito più antiche, il Credito Fondiario, il Credito Mobiliare, malgrado i vantaggi che l’uno ritrae dalle sue obbligazioni a premi, e l’altra dal maggior valore del suo credito sulla Compagnia im­ mobiliare, hanno pure perduto qualche centinaio di franchi di fronte ai più alti corsi, ma esse si man­ tengono ancora del 40 e del 50 per cento al disopra dei prezzi che raggiungevano sei mesi fa. Il Credito Liouese, la Banca di Parigi, il Comptoir d’Escompte, che si tengono più al coperto dalle speculazioni p e­ ricolose, e die hanno delle considerevoli riserve, non sono neanche essi sfuggiti al deprezzamento; i due primi hanno ribassato di un centinaio di franche e r uLimo di una sessantina; ma conservano ancora la miglior parte del rialzo fatto da un anno.

Le crisi della Borsa è dunque limitatissima ; è uno scompiglio di speculazione, di cui i capitali di

impiego possono appena accorgersi. Noi assistiamo con qualche serenità ad uno spettacolo che era ine­ vitabile. Ma quali conclusioni dedurne? Qual rimedio per l’ avvenire?

I costumi finanziari sono divenuti in Francia, de­ plorabili. Ciascuno vuol speculare, guadagnare presto;

e per arrivarvi, si mette nel corteggio al se­

guito dei grandi avventurieri di affari, senza inquie­ tarsi dell’ indomani. Nove volte su dieci si pro­ vano perdite sensibili. La corruzione ha disgraziata­ mente guadagnato fino il Parlamento; senatori e deputati, di destra, di sinistra, del centro, si gettano sulle società finanziarie come su di una preda; è uno

scandalo. Il titolo di x-ministro vale un posto di

presidente del consiglio di amministrazione; la mag­ gior parte dei senatori e dei deputati divengono sem­ plicemente amministratori. In questa situazione si trovano già due o tre conto ; un giorno forse noi ne faremo ia nota, senza designare alcuno di essi per il loro nome, poiché ogni personalità ci è odiosa. Due o tre cento deputati o senatori invadono dunque le case di banca, le società industriali, più o meno oscure, e cercano di tagliarvisi qualche sinecura, ab­ bastanza magra per i profitti diretti che essa dà, ma che si spera dovere essere più produttiva per i pro­ fitti indiretti. Poiché sono 1200 franchi, 1500 franchi 2000 franchi all’ anno, raramente di più, che ren­ dono questi posti d’ amministratori di Società ano­ nime, è per questi 1200, 1500 o 2000 franchi che i nostri senatori ed i nostri deputati, non tutti senza dubbio, ma al meno un terzo od un quarto, vanno a mettersi al servizio di qualche audace finanziere? Bisognerebbe che fossero ben affamati per lasciarsi tentare da una così piccola pietanza. Ma accanto a questi stipendi officiali, vi sono i piccoli profitti che qualche volta divengono grossi; questi piccoli profitti, sono le emisssioni a premio, le partecipa­ zione nei sindacati, ecc.

Tutto ciò è lamentevole, tutto ciò è da riformarsi. Se le cose continuano nell’ andatura con cui esse vanno da un anno o due, i deputati ed i senatori che non faranno parte della amministrazione di società anonime finiranno per essere un eccezione. È questo ammissibile? Ma che possono contro ciò le leggi ed i costumi ?

(6)

726 L’ E C O N O M IS T A 16 novembre 1879 Ecco quello che ci pare tuttavia possibile ed utile ;

cioè di prendere delle garanzie perchè il capitale sottoscritto sia un capitale serio. La legge permette di emettere azioni di 500 franchi, liberate per 125 franchi; essa permette in seguito di trasfor­ mare questi titoli in azioni al portatore quando siano liberati per metà. Ebbene ! ciò non dovrebbe essere; ciò è un inganno, una vera frode. Che ne resulta in fatto? Ne resulta per esempio, che gli azioni­ sti della Banca Franco-Olandese, che è fallita da lungo tempo, possono esentarsi dal pagare la metà della loro posta, quantunque i depositanti ed i cre­ ditori perdano una parte dei loro crediti. Una so­ cietà il di cui capitale non è interamente versato, è una Società con capitale fittizio, che ne impone agli ignoranti, che si serve di una etichetta, alla quale non ha diritto per attirare la fiducia. Cosa è

infatti un capitale nominale di cui una parte

non è stata versata ed è necessariamente non ri- scuotibile se la società volge a male !

Questa parte della legislazione sulle società deve essere riformata : ve n’ è urgenza. Le azioni devono restare nominative fino ad intera liberazione, e ciò non basterà, poiché i primi sottoscrittori, che fanno il versamento del quarto, e quelli che succedono loro potrebbero benissimo essere degli uomini in­ solvibili ; bisogna prendere delle garanzie, delle cauzioni contro questa possibile insolvibilità. Ora, ecco quali devono essere queste cauzioni e queste garanzie. Noi intendiamo benissimo che certe società possano non avere immediatamente bisogno della totalità del loro capitale; in questo caso tuttavia sarebbe più semplice di emettere meno azioni da principio, e di creare più tardi, a mano a mano che vi è bisogno, delle nuove serie. La legge, nul- ladimeno, come concessione a delle pratiche inve­ terate, quantunque cattive, pc rebbe autorizzare l’e­ missione d’ azioni non liberate, ma ad una condi­ zione espressa, che il sottoscrittore depositerebbe, come garanzia del resto non versato, una somma equivalente in fondi pubblici francesi od in valori garantiti dallo stato francese. Questa somma reste­ rebbe depositata alla Cassa dei depositi e consegne o alla Banca di Francia; gli azionisti ne riscotereb- beco regolarmente gii interessi, ma in caso di liqui­ dazione o di fallimento, eventualità in una parola, che bisogna sempre prevedere, ciò sarebbe il pe­ gno dei creditori. Il meccanismo, come lo vedete, è semplicissimo; una società di credito si fonda col capitale di 50 milioni, di cui 12 1[2 versati; essa emette per conseguenza delle azioni di 500 franchi liberate solamente per 125 franchi ; il sottoscrittore avrà da pagare 125 franchi, e poi da depositare, come garanzia del pagamento del resto, dei titoli di ren­ dita sullo stato Francese o delle obbligazioni di strade ferrate, fino alla concorrenza di un capitale di 575 franchi.

Voi impedite gli affari, ci si dirà. Quali affari? Quelli che sono serii ? E perchè dunque ? Forse che un uomo che sottoscrive ad una azione di 500 fran­ chi, liberata per 125, non deve po.er provare che

pagherà i 375 franchi, quando ciò sarà utile ?

borse non deve egli già, se è prudente, avere que- s i 375 tranciti a sua disposizione? Quanto agli af­ fari, che non sono serii, se una misura legale, d’al- ' T de legittimissima, oppone loro qualche ostacolo; no i ce ne inquietiamo.

Un altro abuso gravissimo, sono le fusioni abusive

delle società. Noi detestiamo, lo dicevamo poco fa, le personalità. Tuttavia vi è un personaggio finan­ ziario che noi siamo proprio obbligati di nominare, poiché egli è un tipo, è l’ inventore di un metodo, è il signore Philippart. Il signore Philippart è resu­ scitato durante due mesi, poi di nuovo è sparito ! Noi non diremo niente dell'uomo, che, si afferma, abbia delle buone qualità; ma il suo metodo ci appartiene, ed abbiamo il diritto di censurarlo. Ebbene? con il metodo del sig. Philippart non vi è un solo valore, quantunque in se stesso sia buono, che sia sicuro del domani, che sia al coperto dalla rovina e dal fallimento. Questo metodo, infatti, i consiste nel fare una confusione di una massa di I società nettamente separate alla loro nascita; si dà loro una cassa comune, si prende a quella che è prospera per dare a quella che è in pericolo. Si rovinano, per esempio, ì portatori di obbligazioni della Yendée, che era una buonissima strada ferrata, per cercare di soccorrere l’Orlóans a Bouen che crolla. Vi è tal Società che si rialza e che è in buona strada ; il finanziere in questione si impadronisce del consi­ glio di amministranione e della assemblea degli azio­ nisti e fonde questa società con un’ altra che è affatto perduta: cosa ne risulta? Si prolunga di uno o due mesi la vita dell’ultima, ma si rovina la prima. Noi possiamo citare una Società che è minacciata da eventualità di questo genere, cioè quella dei Tram- ways generali; dopo molte prove, sembrava che fa­ cesse buoni affari, ma ecco che si progetta, si dice, di accoppiarla con una Società più moribonda ; se questo piano si eseguisce, è da temersi che il Tram- ways generale sia rovinato.

Queste fusioni di Società diverse dovrebbero essere rese più diffìcili. Quando una di queste Società ha degli obbligatari, il consenso di essi dovrebbe essere necessario, perchè la fusione fosse valida. Bisogne­ rebbe occuparsi un poco dei diritti degli obbligatari : molte Società sono condotte dagli azionisti che sono fittizii, poiché il capitale in azioni è completamente perso, e senza che si consulti mai i soli interessati veri che sono gli obbligatari. Cosa vi è di più r i ­ dicolo, per esempio, che la maniera di procedere nella liquidazione della Società Immobiliare. I liqui­ datori convocano gravemente ogni anno i pretesi azionisti per far loro un rapporto, e mai essi non si indirizzano agli obbligatari. Intanto ciascuno sa che gli obbligatari della Società Immobiliare sarebbero molto coutenti se alla fine ricevessero la metà dei loro crediti, mentre che gli azionisti sono assoluta- mente sicuri di non ricevere niente. Ecco la finzione legarle: gli azionisti di una Compagnia, di cui l’attivo è del 50 per cento al disotto del passivo, sono con­ siderati come i veri interessati, ed i creditori; che il totale di questo attivo non rimborserà che della mrtà del loro credito, sono considerati come estranei all’affare.

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ma bisognerebbe, almeno, che ciascuno ammini­ stratore che non limita le sue cure alla Gestione di una società ottenesse F adesione degli azionisti per la sua partecipazione all’ amministrazione di so­

cietà differenti. Quando gli azionisti saranno avvi­

sati che i loro amministratori amministrano sette, otto, nove, dieci società alla volta, forse giudiche­ ranno a proposito di mettere fine a questa confu­ sione. Su questo punto, d’ altronde, i costumi pos­ sono molto più che le leggi.

Avviene lo stesso per i deputati ed i senatori che sono così desiderosi di entrare nella ammini­ strazione di società. anonime. La maggior parte non conoscono niente di questa bisogna, e prendono per una capacità finanziaria l’ irresistibile desiderio che essi hanno di arricchirsi in poco tempo. Tuttavia non si può negare che vi siano anche nel Parla­ mento degli uomini d’ affari, molto intelligenti, che hanno fatto precisamente lo loro posizione, ammini- lustrando con prudenza e fortuna delle società ano­ nime : non si può imporre loro la scelta fra le funzioni di senatore o di deputato e quelle di amministratore. Tutto al più si potrebbe proporre d’ interdire ai senatori ed ai deputati d’ accettare per la durata del loro mandato, le funzioni d’ am­ ministratore, quando essi non le avessero già al momento della loro elezione. Ed anche in questi termini, noi crediamo che ciò sarebbe andare troppo oltre. Sono i costumi che devono fare giustizia di tutti questi rappresentanti della nazione che cer­ cano di farsi del loro ti.olo di deputalo o di Se- natoi una sorgente di fortuna privata e che espon­ gono il loro mandato a delle avventure. Ciò che, tuttavia, dovrebbe fare il Governo, sarebbe di evi­ tare di prodigare ai membri del Parlamento delle posizioni lucrative, che altri occuperebbero altret­ tanto bene quanto essi, e che non possono a meno di gettare un certo discredito sulla rappresentanza nazionale. Inoltre qualunque cosa si faccia, le leggi non potranno rimpiazzare i costumi.

(Dall’ Economiste français)

P. Leroy Beauuieu.

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di commercio di Siracusa. — In una delle ultime sedute di questa onorevole Camera venne letto il seguente rapporto:

« La questione delle tariffe ferroviarie pel tra­ sporto degli zolfi in Sicilia si fa sempre più viva. Il commercio siciliano ha chiesto sempre uguaglianza di trattamento con le altre provincie del regno ed unità di tariffe ferroviarie, non solo per gli zolfi, ma per moltissimi altri prodotti speciali che pagano sulle strade ferrate della Sicilia, molto più di quanto si paga sulle linee meridionali. Noi facciamo propri i voti espressi su questo argomento dalle illustri Camere di Commercio di Messina e di Palermo. Però ci pare la quistione non sia guardata ancora da tutti ì lati; e non la guarda se non da un solo lato (non quello della giustizia e dell equità, ma quello del tornaconto de 'a impresa) la recente memoria del Direttore Ge­ nerale della Società esercente le calabro-sicule. Questi ritiene che « qualsiasi modificazione di tariffe la quale

dovesse avere per effetto di diminuire l’introito od anche di mantenerlo, ma a costo di maggior lavoro e quindi di maggiori spese del trasporto, sarebbe inaccettabile. »

« Senza discutere su questa conclusione e rimet­ tendone alla giustizia del R. Ministero lo apprezza­ mento morale, noi crediamo di poter proporre qualche cosa che non è discorde da quanto ritiene la dire­ zione generale.

« Sta in fatto che con la tariffa generale a L. 0,1224 e con quella speciale II da Bicocca a Siracusa L. 0,06524 non viene a Siracusa neanche un quintale di zolfo per commercio, a u quello che serve alla solforazione degl’ i umensì vigneti della provincia, viene per mare. La provìncia di Siracusa intanto ha considerevoli quantità di rutta e di generi leggieri che vanno all’ estero et. anche in altre piazze del continente per via di ir e e pei quali la strada

ferrata non ha da sper direttamente alcun lucro.

Per avere la merce peso te necessai a all’ esporta­ zione dei generi leggieri i bastimenti rrovvedonsi sul luogo di pietra calcare o di zavort. inutili, si provvederebhero certamente di zolfo se questo potesse venire sino a Siracusa con una tariffa più mite di quella attuale. Non trattasi di attirare a Siracusa il commercio degli zolfi che avrebbe bisogno di una tariffa estremamente bassa e quasi privilegiata per vincere i 79 chilometri di differenza che stanno a prò di altra piazza più vicina alle zolfare: trattasi solamente di agevolare la esportazione delle frutta e dei generi leggieri dal porto di Siracusa o da quello di Augusta guadagnando alla ferrovia un movimento che ora non ci esiste. Si domanda una tariffa sotto condizioni determinate di quantità limitate o di termine breve per la esportazione, bassa in modo che lo zolfo possa giungere in Siracusa col minimo nolo ferroviario, essendoché la tariffa attuale dà una differenza poco maggiore di L. 4 per tonnellata tra il genere portato a Catania e quello portato a Siracusa; questa differenza rende impossibile il trasporto degli zolfi a Siracusa. Non è dunque per l’argomento della concorrenza delle piriti e dello zolfo estero con quello nazionale, ma sìbbene per la concorrenza dello stesso zolfo siciliano, che lo arrivo del genere a Siracusa, non è possibile con l’attuale tariffa. Tutti quelli che si interessano al commercio di questo prodotto sanno che gli ordini in derrate per zolfi si negoziano van­ taggiosamente anche con cinque centesimi al quintale; non è dunque possibile per noi questo commercio che richiede una differenza di 40 centesimi a quintale pel solo trasporto in ferrovia. Il ribasso che si do­ manda non sposta adunque dalle attuali vie quello che ò propriamente detto commercio degli zolfi; nulla ha da temere qualunque altra città dalla chiesta ta­ riffa sotto determinate condizioni, che per natura sua limita le quantità a quelle puramente necessarie per completare i carichi o per zavorrare i bastimenti, e che sono sparute in rapporto alle quantità commer­ ciabili.

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728 L’ E C O N O M IS T A 46 novembre 187!) rebbe nulla, e creando un movimento, che oggi

manca del tutto, darebbe, senza suo prò nè danno, allo Stato e alla produzione locale un soprapiù di utile risultante dalla maggiore convenienza del com­ mercio delle frutta e dei generi leggieri ; quando invece di un trasporto di zavorre inutili i basti­ menti potessero caricare in Siracusa un genere vendibile all’ estero a patti non più gravi di quelli che si offrono da altre piazze, il conseguente au­ mento, di ricchezza locale, qualunque sia, non sa­ rebbe senza prò dello Stato.

« Nè si può dire che con questa proposta il tra­ sporto di frutta e di generi leggieri venga tolto alla strada ferrata ; anzi non può sperarsi, anche impedendo con alte tariffe il trasporto dello zolfo verso Siracusa, che si possa determinare il trasporto delle frutta in ferrovia verso Catania o Messina ; le carrube, per esempio, che hanno fra le frutta le più abbondevoli quantità non prendono mai la strada ferrata ; è impossibile che ciò facciano e per I’ ingombro dipendente dalla leggerezza, e per la relativa tenuità di valore, e per la loro ordinaria destinazione a Malta, a Napoli, a Genova od in al­ tri punti serviti egregiamente dalla via di mare ; lo stesso può dirsi di molti altri prodotti della nostra agricoltura. Ora se la Amministrazione ferroviaria trasporta attualmente la pietra lava e la pietra da costruzione a quattro centesimi e trova almeno compensativa questa base di tariffa, si può avere ragionevole fiducia che Essa accolga la stessa base per la chiesta tariffa sotto determinate condizioni. A questo proposito rileviamo dal rapporto della Di­ rezione Generale che il lavoro dinamico che oc­ corre sulle linee interne, cioè sulle linee dette degli zolfi per ragione delle pendenze più forti ripetute in molti punti ed estese a lunghi tratti sta al la­ voro dinamico della trazione di una eguale quantità di trasporto sulla linea Messina-Siraeusa, come 4,60 al 1 ; riteniamo anzi che questa linea più vicina a Siracusa sia la più piana ed agevole fra quelle si­ nora costruite in Sicilia e che sia quindi più con­ veniente all’ Amministrazione ferroviaria accogliere la base sopradetta per la tariffa sotto determinate condizioni, la quale :

4. crea e rende possibile sopra una parte delle linee un movimento che ora non esiste;

2. è compensativa od almeno non attenua gli utili dello esercizio ;

3. concorre a migliorare uno speciale com­ mercio con vantaggio di una provincia in partico­ lare e dello Stato;

4 non sposta il commercio degli zolfi dalle attuali vie.

« Si propone adunque che venga appoggiata questa preghiera il cui accoglimento fa molto bene al paese, un poco allo Stato, qualche altro poco alla impresa ferroviaria, e male a nessuno. »

Dopo la lettura di questa relazione il Presidente aprì la discussione sulle proposte; risultato della quale fu che la Camera approvò pienamente il rap­ porto sovraesteso, ed autorizzò la presidenza a fare istanze analoghe al R. Ministero, alla società eser­ cente delle ferrovie meridionali e simile, alla Com­ missione d’ inchiesta; — lo autorizzò ancora ad unire la sua opera a quella del Commercio di P a­ lermo e di Messina per ottenere un migliore e più equo trattamento di tariffe ferroviarie per la Sicilia.

Dopo di ciò fu dato lettura di un rapporto della presidenza sopra il progetto di legge per regolare il lavoro delle donne e dei fanciulli dì cui si sono occupate parecchie fra le nostre camere di com­ mercio.

Eccolo :

S. E. il signor Ministro di Agricoltura Industria e Commercio ha presentato al Parlamento un pro­ getto di legge sul lavoro dei fanciulli nelle miniere e nelle fabbriche, e con nota 2ò luglio 4879 si è degnato chiamare sul suo progetto il giudizio delle rappresentanze, delle associazioni, delle autorità e delle persone più competenti.

Perchè da parte nostra si possa giudicare sulla necessità od opportunità della legge occorre vedere avanti tutto qual è l’ importanza'numerica dei fan­ ciulli e delle donne impiegate nelle industrie.

La popolazione censita della provincia si è di N. 294,88-4 fra cui femmine adulte . . N. 96648 maschi minori di 15 a n n i ... » 53017 femmine minori di 45 anni . . . . » 51816

I nostri fanciulli minori di 15 anni, e le nostre femmine trovano impiego nelle industrie come dal seguente prospetto :

W MINORI DI 15 ANNI

H c3

fc

nascili ìemmine

Estrattive

Dal regno animale . . , 1 953 —

» vegetale . 4385 10438 1009

» minerale . . . .

Manufatturiere

— 60 —

Produzione di strumenti da la-voro $ macchine e utensili . ( mezzi di trasporto . 295 198 14 21 Industrie chimiche 4 27 1 Oggetti di consumo-abitazioni . 9 612 1 » toeletta . . 16945 684 2203 » alimenti. . » sodisfazioni 431 251 35 intellettuali — 4Scambi Commercio ed assicurazioni . Servizio di trasporti e della

275 152 45

p o s t a ... 35 503 10

Alberghi e trattorie . , 205 18 14

Professioni e mestieri

Libere ... 139 45 7

Uffici e servizi pubblici. . . 11 44 —

Servizi p e rs o n a li... Ecclesiastici e professioni

in-20331 207 6547

determinate . . . 4982 1296 724

O z i o ... 48570 39511 41199

96618 55017 51816

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non sono affatto impiegate in queste industrie ; vi sono bensì i fanciulli minori di lo anni nella se­ guente proporzione :

Maestri cavapietra e picconieri adulti N. 172 f a n c iu lli... N. 42.

Cavagesso a d u l t i ... » 26 fanciulli ...» 18.

Dunque sopra 498 operai adulti sonvi 60 fan­ ciulli.

Questi sono quasi tutti figli degli stessi operai ed apprendisti nell’ arte e trattati adunque con amor paterno. Constatiamo di conseguenza che nella nostra provincia abuso di lavoro giovanile non ci è, e quindi se dovesse guardarsi esclusivamente alle condizioni operaie di questa provincia la legge proposta non sarebbe affatto necessaria nè rispon­ derebbe ad un bisogno sentito. Che anzi dalle con­ dizioni nostre risulta essersi poco sviluppate le in­ dustrie manifatturiere, contandosi appena parecchi opifici che hanno più di 10 operai. In generale vi ha da lamentare scarsezza di lavoro anziché abuso di forze giovanili e di lavoro donnesco; infatti dal prospetto avanti esteso rileviamo esservi 129,280 oziosi dal cui numero togliendo 65,537 che non hanno compiuti i nove anni e che non sarebbero abili anche ad un leggiero lavoro, o che si suppo­ ne frequentino le scuole obbligatorie, rimangono sempre 63,743 disoccupati cioè — fem­

mine a d u l t e ... N. 48,570 minori di 15 anni

maschi N. 5790 ) » 15,173

femmine » 9383 )

ai quali bisognerebbe procurare tavoro ed occa­ sioni di impiego proficuo eccitando le industrie.

Per le sommesse condizioni di fatto di questa provincia I’ Ufficio trova lodevolissimo in massima il concetto del R. Ministero dì tutelare i fanciulli e le femmine dagli abusi degli intraprenditori, sup­ posto che abusi ci sieno nelle altre provincie, ma nulla ha da osservare che sia il portato della espe­ rienza o dei bisogni o dei fatti delle industrie lo­ cali. Onde per quanto riguarda questa provincia ri­ tiene non necessaria la legge proposta.

Camera di Commercio di Bologna. — Nella se­ duta del 15 settembre 1879, il segretario riferisce le osservazioni della Commissione Eeonomico-indu- striale intorno al progetto di legge sul lavoro dei fanciulli.

Aver essa per ottimo il pensiero di tutelare lo sviluppo fisico e 1’ educazione intellettuale delle gio­ vani generazioni dai danni del lavoro precoce e so­ verchio: e già tacciono le viete opposizioni, e tutta l’ Europa recò in atto quel pensiero, quando più quando meno estesamente, secondo le speciali con­ dizioni ed indoli delle singole Nazioni. Ma per ciò appunto eh’ esso è degno, abhiam debito di solleci­ tare che la legge nuova torni efficace, e tutti egual­ mente tuteli i fanciulli, e non già una sola parte. Laonde la Commissione avrebbe meglio applaudito ad una legge più comprensiva e più generale che la proposta, la quale avanza di ben poco il disegno della legge presentato nel 2 febbraio 1875; e l’altro di Codice Sanitario approvato dal Senato.

E si osservò che uria legge parziale, non- solo non raggiunge Io scopo al quale mira: ma anzi può re­ care più male che bene, non si compensando ab­ bastanza, col ristretto benefizio de’ fanciulli, il danno

cui molte volte ne risentiranno le industrie: impe­ rocché la nuova legge, essendo parziale, metta in dispari condizioni le fabbriche, col vantaggiare il lavoro di alcune sul lavoro di altre: quelle essendo soggette alla legge le quali abbiano 20 operai, e perciò obbligate a denunzie, a registri, ad ispezioni, e a conseguenti sospensioni di lavoro, e a maggiori spese per dividere in squadre i fanciulli al fine di mantenere le ore del lavoro continuo, ovvero di mutare 1’ orario generale e le antiche consuetudini e i bisogni del lavoro stesso; che nessuno di tali impedimenti o danni sono fatti alle fabbriche mi­ nori.

Laonde da alcuno si avvertì che la legge debba provvedere ai bisogni i quali di fatto occorrono, e non prevenire e molto meno contrariare di troppo i costumi e gl’ interessi dell’ industria: contro i quali male si va per legge, dovendo anzi questa indirizzarla al meglio, e far sì che per gradi lo raggiunga. Ora mentre nelle miniere o in altre fatiche gravissime od insalubri accade, che per egoismo di taluno, siano messi a dure prove i fanciulli, ivi appnnto la legge deve intromettersi, chè così vogliono ragione e pietà: ma dove non si trascorra in abusi, ivi la legge, tra­ passando il bisogno, se anco non è nocevole, è tra­ sgredita, o almeno non è produttrice di quel bene­ fìzio al quale ella- intende. Pertanto non si potendo generalizzare la legge, nè (di pochi casi in fuori) essendo domandata, non fa meraviglia che paia mi­ glior consiglio che si stia contenti per ora dei suac­ cennati due progetti, i quali tendono appunto ad impedire 1’ abusivo lavoro dei fanciulli nelle miniere e ne’ luoghi insalubri. Anzi chi volesse trarre esempio dalla nostra Provincia direbbe che la proposta legge riesce vana, tra per essere qui pochi gli Stabilimenti, ove siano agglomerati più di 20- operai, e nessuno dove i fanciulli siano bistrattati, o sottommessi a fa­ tiche maggiori che la loro età comporti.

Benché le premesse cose abbiano sembianza di vero, pure la Commissione non ebbe in animo di contradire alla proposta legge; sapendo per esperienza, non potersi che per gradi e misuratamente introdurre alcuna novità ne’ costumi, e che d’altronde l’ottimo è sovente nemico del bene. Oltreché la Camera, qua­ lunque ne sia l’opinione sulla convenienza per astratto della legge, non può scusarsi di dire il suo parere intorno i singoli articolo, essendo ricercata dal Mi­ nistero; la Commissione se ne fece ella stessa1 un dovere di prenderla in disamina.

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730 L ’ E C O N O M IS T A 16 novembre 1879 nelle domèstiche pareli : scemarsi altrimenti l’auto­

rità che da natura è concessa ai genitori ; rompersi quel sacro legame di affetti che è il principale so­ stegno delle lamiglie ; ed ove pure un padre in­ giunga al figlio un lavoro soverchio, ciò accadere soltanto per necessità momentanee di provvedere alla vita ; non potersi quindi ai padre applicare le multe, se non accrescendo le necessità stesse, e col far cadere la pena non tanto su lui, quanto sul figlio stesso e sull’innocente famiglia: e contro un padre crudele (se alcuno ve n’ è) provvedere in altro modo la legge. Questo concetto per altro non fu accolto dalla Commissione, ritenendo uguale a tutti la legge fatta allo scopo di giovare i fanciulli; e sarebbe incomportabile in una fabbrica od officina vedere i figli del capo in condizioni più dure che gli altri fanciulli. D’altra parte poi si ha per troppo ipotetico, e non per pratico il caso di un padre povero, con 20 operai a suo servizio, e tuttavia a tale che una multa ne riduca all’estreme distrette la famiglia.

Oggettivamente poi si avvertì, esservi per l’Italia certi lavori in grande d i appalti e certi sterramenti, ne’ quali si ricerca l’opera de’ fanciulli. E comec­ ché quegli appalti e que’ sterramenti non si possano comprendere fra le miniere nè fra le cave, nè sono officine, o fabbriche, o stabilimenti, così là i fan­ ciulli lavorano fuori della tutela legale. E perciò parve meritare che la legge si faccia più compren­ siva che non è.

Rispetto al numero di 20 operai, ricercato dalla legge per determinare a quali fabbriche ella sia da applicarsi, la Commissione notò che se la legge tráncese da quel numero argomenta, noi per argo­ mentare dell’importanza comparativa delle industrie patrie colle francesi, dovremmo avere per fabbriche ed officine le esercitate con molto minor numero di operai. Se non che l’argomento tratto dal costoro numero non ha merito alcuno: chè l’essere 18 o 19, anziché 2Ü, è una mera accidentalità del giorno. E d’altra parte s ’incontra in fatto che lavorino in­ sieme 3 o 4 adulti con 10 o 12 e più fanciulli (come nelle fabbriche di zolfanelli); e perchè dun­ que questi, che son tanti, non saranno difesi dal­ l'egoismo di un industriale, mentre uno o due lo saranno colà dove fra questi e gli adulti ne con­ corrono venti ?

A rt. 2. Se per avventura in certe stagioni scen­ dono dai monti (dove non si abbia alcuna scuola), a ricerca di lavoro alcuni fanciulli dai 12 ai 15 anni di età, non potrà alcuno accettarli in fabbrica nel nostro Comune, dove si dichiarò obbligatoria l’istru­ zione ? Si domanda in sostanza se l’art. 2 disponga solo pei fanciulli domiciliati nel Comune, nel quale si presta l’opera, o per tutti indistintamente da qual­ siasi dove provengono. Il caso è pratico. Nella mag­ gior parte delle nostre filande di seta si esercitano a guadagno per due mesi dell’anno delle ragazzette montanine ignorantissime, chè nella loro terra non hanno verso d’istruirsi. Or bene, si dovranno esse ri­ mandare con somma loro miseria, e con danno al­ tresì del filandiere, al quale mancherebbe l ' opera loro 1

Art. 4, o. Se per astratto l’ impedire il lavoro soverchio de’fanciulli è lodevole cosa, non è sempre congruo il giudicare questo soverchio dalle ore del lavoro, chè tal maniera di giudicare non corrisponde p esso che mai ai atto. Chi potrà mettere ad uno

il lavoro di fanciulli in una miniera, e quello di fanciulli in una manifattura di cotone? E quello che si fa in luogo umido e malsano, con quello che si fa in luogo aperto e di buon’aria ? E poi a tale riesce grave di 6 e 8 ore che ad altri non lo è di 12, secondo la propria costituzione, gli alimenti, e il modo del vivere domestico, e le abitudini. Ma pur troppo le leggi non possono guardare ai casi singolari, e poiché ci hanno a essere delle leggi, esse non possono in Italia che tener conto delle generali condizioni dei fanciulli Italiani, lasciando i provvedimenti singolari all’ amorevolezza dei loro parenti, e alla vigilanza di chi per legge ne ha la cura.

Pure tornò in campo l'obbiezione (che il fissare le ore del lavoro ai fanciulli altera le consuetudini e i bisogni delle fabbriche, e in realtà ben poco giova ai fanciulli, cui preme più l’ intensità e qua­ lità del lavoro, che la durata. Aggiungersi nuocere anzi ad essi e alle loro famìglie il minor orario, per cagione di minore guadagno; usciti dopo alcune ore dalla fabbrica non sapersi a quali divagamenti andranno e dove e in quali ozii il tempo consume­ ranno, se (come spesso avviene) anche i genitori siano operai in alcuna fabbrica od opifizio ; e tor­ nati anche alle case loro, i più dovranno soggia­ cere a più gravi, più lunghi e penosi lavori, che quelli non sono dalla legge proibiti nelle, fabbriche. Le quali osservazioni, la Commissione sottopone alla Camera, senza accettarle, perchè è naturale che cose perfette non si, riesce a farne, e presso al bene s’incontra sempre alcun male : e 1’ esperienza delle altre Nazioni ne conforta a credere, che in effetto la legge sarà, come tutte le cose savie e in­ formate a moralità, molto vantaggiosa.

Se non che è facile prevedere, che limitato il lavoro dei fanciulli, non vorranno tuttavia gl’indu­ striali mutare l’orario e le consuetudini dell’ indu­ stria : e perchè non s’arresti il lavoro degli altri operai, dovranno dividere quelli in due squadre, l’uua per le ore antimeridiane, l’altra per le pome­ ridiane. Ciò essendo, accade il dubbio che un fan­ ciullo, dopo il lavoro del mattino in una fabbrica, si conduca in altra per il lavoro della sera. Così la legge andrebbe tradita. Il qual dubbio ( secondo l’opinione de' più nella Commissione) non ha con­ sistenza fra noi, per poca diligenza si ponga nel raffronto delle denunzie dei fanciulli operai. Nul- ladimeno non ovunque può riescire la cosa egual­ mente piana, e non ovunque gl’ ispettori avranno eguale diligenza. Comunque sia, la previdenza della legge non è mai troppa : onde se la frode si com­ metta, ella debbe averne fissata la pena, Ora fra i due fabbricanti quale sarà da multarsi? Nessuno, se ambi siano di buona fede. Pure gl’ispettori, rile­ vato il fatto, pare che dovranno mettere suil’avviso i fabbricatori o manifattori (salvo ai genitori del fanciullo, o a chi ne fa le veci di preferire 1’ uno all’ altro) e sia punito dei due quegli che è pospo­ sto, il quale non tenga conto dell’avviso ; e non essendo dichiarata la preferenza, lo sia dei due l’ultimo di loro.

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luta de’fanciulli è pregiudicevole agli uni e agli altri. Ma la Commissione ebbe per salutare il riposo e il ristoro ; nei dì festivi, molte scuole a quelli essere aperte sì per istruzione, che per dare il corpo ad utili esercizi ginnastici ; e non doversi togliere le occasioni di sollevare lo spirito, e di ingagliar­ dirsi.

Altri invece non trovò ragione bastevole che la legge non si curi dei ragazzi che abbiano raggiunta l'età di 13 anni. Che la legge lasci liberi a sè co­ loro die di sè sono padroni all’età maggiore, è lodevole: ma non sembra che del pari lo sia l’ab­ bandonare coloro i quali un’ industriale può ancora premere e mortificare con eccessivo lavoro. La Commissione, guardando alla cosa cogli occhi del- 1’ esperienza, osservò che i ragazzi di 16 anni ai nostri giorni hanno una piena conoscenza di sè, e sanno benissimo (od anzi lo sanno troppo) resistere, non che all’indebite pressioni, persino alle oneste esigenze de’ loro capi. Ed anzi è da augurare che in loro tanto sia l’amor dell’ industria, che anche nelle ore, nelle quali i fanciulli non travagliano, essi si tengono fedeli al lavoro.

A rt. 7. Vi si fecero due appunti.

Il primo si riferisce al tempo dato alle denunzie de’ fanciulli, che è di 10 giorni e par soverchio, che intanto manca la vigilanza della legge; e fa­ cendoci passare di fabbrica in fabbrica e di squadra in squadra, può riuscire a nulla ogni tutela. Per lo che ia Commissione propose che il tempo si fìssi a tre giorni, salvo un ulterior termine da assegnarsi in ragione della distanza del capo-luogo alla fab­ brica.

In secondo luogo la Commissione avvertì bene essersi provveduto, richiedendo la prova che il fan­ ciullo adempì all’ obbligo dell’ istruzione; ma con­ viene altresì statuire che, per mezzo del Sindaco, 1’ analfabeta giustifichi quella non essere obbligatoria nel suo Comune, e ciò la line di ammetterlo al la­ voro nelle fabbriche.

Art. 8. Benché poca si ravvisi la relazione del lavoro delle donne coll’ argomento relativo al lavoro de’fauciulli, pure la Commissione non reputò disdire la proposta, perchè in lei prevalse il sentimento di umanità, a cui s’ informa 1’ art. 8 ; ed anzi ne sa­ rebbe stata meglio soddisfatta, se venisse alle donne ancora più pietosa che non è.

A rt. 9. La facoltà agl’ ispettori di potere in qua­ lunque giorno ed ora visitare gli Stabilimenti, è molto contrariata dai Fabbricatori e dai Capi-officina ; i quali I’ assomigliano alla facoltà di violare il do­ micilio. Dolgonsi inoltre che sia lecito agl’ ispettori d’ interrogare adulti e fanciulli, e per conseguenza tener in sospeso il lavoro ; temono sia mezzo code­ sto di rilevare la singolare maniera dell’industria, e altrui comunicarla. Vorrebbero perciò che gl’ Ispet­ tori attingessero le notizie da altre fonti, e fuori delle fabbriche, o mentre gli operai vi entrano o mentre ne escono; o almeno vi abbiano accesso essi Ispettori a quando a quando e periodicamente; salvo che una ragion sufficiente vi abbia di una visita per accertarsi di violazione della legge sui fanciulli. Inol­ tre alcun esercente avrebbe in animo che gl’ Ispet­ tori non potessero mai visitare quegli Stabilimenti, ove non sia denunziato il concorso dei fanciulli. Le quali contrarietà tutte la Commissione credette im­ meritevoli di seria considerazione : come quelle le quali, facendosi studiose d’ impedire la vigilanza ne­

cessaria alla difesa de’fanciulli, metterebbero al r ulla la legge stessa. Nè punto piace che gl’ Ispettori ac­ cedano negli Stabilimenti sol quando vi abbia so­ spetti di frode; chè non si sa come esso sospetto possa giustificarsi e da chi; e mentre si metterebbe in atto una legge di sospetti odiosissima, si reche­ rebbe troppo grave danno ai fabbricanti ogni volta che l’ Ispettore intendesse di fare un’ispezione nelle loro fabbriche, chè ognuno I’ attribuirebbe alla ma­ lizia loro, e senza meno tornerebbe a loro discredito. Gioverà per altro (e in questo fu unanime la Commissione), gioverà statu.re che gl’ispettori nelle loro ricerche non trapassino la legge ; e cioè le ri­ feriscano ali’ età de’ fanciulli e alle ore e giorni di lavoro. E inoltre è da raccomandare chè usino della loro facoltà con moderazione, chè lo spesseggiare delle visite non accagioni altrui un inutile fastidio.

Art. 14. La precipua considerazione non fu in­ torno le dispense, ma anzi intorno alla convenienza di generalizzare la logge. E comecché non sia con­ gruo trarre dal numero degli operai la ragione della vigilanza sul lavoro de’ fanciulli, la Commissione portò opinione che mantenendo pure fa ri. 1, debba lasciarsi al Regolamento d’ ingiungere, nelle forme volute dall’ art. l i , la vigilanza altresì delle minori fabbriche ed opifizii, secondo che per condizioni speciali di luogo, di tempo e della qualità del la­ voro, si giudichi opportuno di farlo. Parimenti di­ casi per gli sterramenti o appalti che la legge espressamente non comprende. La quale vigilanza a mano a mano che occorra, e dove occorra, dovreb­ be essere deliberata sull’ istanza di qualunque per­ sona od Ente Morale o degl’ Ispettori, sentiti in precedenza il Comune, la Deputazione Provinciale, la Camera di Commercio, ov’ esista, e nei casi d'industrie insalubri, riportato inoltre il parere di valenti medici.

Alle dispensazioni dell’ osservanza della legge, la Commissione non si mostrò punto inchinevole, chè per dispensazioni si apriranno le vie di togliere ogni valore alla legge, cui anzi vorrebbesi osservata com­ piutamente. Pure l’ esperienza insegna, che anche il rigor della legge trascorre, se non si temperi a misurata equità. Pertanto la Commissione annuì che possa consentirsi alle seguenti dispense :

a) Se trattisi di lavori temporanei, ai quali sia urgente metter mano e definire ; come nel caso delle filande indicate nell’osservazione all’ art. 2.

b) Nelle industrie non faticose, non insalubri, ed esercitate in luoghi di buon’ aria, nelle quali per giudizio dei periti, il lavoro prolungato di un’ ora o più, vuoi di giorno, vuoi di notte, non possa tor­ nare a scapito de’ fanciulli, secondo l’ età rispet­ tiva.

c) Quando il fanciullo occupi il giorno nell’istruir- si, nell’ educarsi, nelle preghiere e nei diporti; e si met'a alla fatica manuale nell’ ore pomeridiane e la continui oltre l’ ora fissata dalla legge: ben inteso che lì lavoro non sia ad ore avanzate della notte.

Le quali cose non vedesi come possano prestabilirsi nella legge, dipendendo da condizioni speciali. Laonde esse dispensazioni dovrebbero essere fatte dalle An- torità locali; e la Legge e il Regolamento fissarne soltanto i principii, e determinare i modi dell’ ap­ plicazione.

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