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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.06 (1879) n.264, 25 maggio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno VI - Voi. I

Domenica

25

Maggio

1879

_____________________N.

IL PROTEZIONISMO E IL LIBERO SCAMBIO

NEL PARLAMENTO TEDESCO

Noi non abbiamo parlato prima d’ ora della di­ scussione avvenuta nel Parlamento federale tedesco, perchè ormai avevamo espressa la nostra opinione sulle idee del Principe di Bismarck, già fatte note dalle sue lettere, e perchè era facile a prevedersi che si sarebbe spezzata qualche lancia pel libero scam­ bio, ma che in ogni modo il Gran Cancelliere non foss’ altro che per ragioni politiche avrebbe avuta una forte maggioranza. E così è stato, se pel bene o no della Germania e dell’ Europa, non sappiamo. La votazione del l i a proposito dei dazi doganali sul ferro non ci lascia più dubbio sulla politica commerciale tedesca.

11 principe di Bismarck aveva annunziato senza ambagi P avviso che secondo lui l’ industria tedesca aveva" diritto ad essere protetta sul mercato tede­ sco. Ora ha ripetute con maggiore larghezza le stesse cose nel Parlamento e noi ci limiteremo a pochi cenni.

Il Grau Cancelliere dice da sò che non è econo­ mista, e questo si capisce senza che egli lo dica, e quel che è più se ne vanta col solito sprezzo dei cosiddetti uomini pratici per la scienza. Noi non vogliamo entrare nella questione politica, non vo­ gliamo cioè esaminare l’ intento dal Bismarck pro­ seguito di emancipare le finanze dello Impero da quello dei singoli Stati. Ci fermiamo alla questione economica e ci domandiamo se abbia scelto il mi­ glior modo per riformare il sistema tributario.

Egli vuole alleggerire le imposte dirette, a cui crede che siano preferibili le indirette. Certo non conviene esagerare le prime e nelle attuali condi­ zioni dei bilanci degli Stati più importanti bisogna chiedere alle seconde una larga parte dei proventi, ma non si deve dimenticare nemmeno che il mol ­ tiplicarle soverchiamente fa aumentare i prezzi dei prodotti e che questo aumento pesa sulla massa dei consumatori. L’ esempio dell’ Inghilterra non prova nulla in favore delle nuove teorie bismar­ chiane. Colà le classi superiori in seguito alla grande riforma che cominciata con Peel fu proseguita fino a Gladstone; le classi superiori, diciamo, che se­ devano sole in Parlamento, abolirono i dazi sui ce reli e sulle carni e colmarono il vuoto rifacendosi sulla income-tax, la quale, in un paese dove la proprietà e il capitale sono concentrati, e dove i redditi al disotto di 2500 Ir. sono esclusi e quelli da 2300 a 7500 non pagano sui primi 2000, pesa sulle classi più agiate. E non basta. Si tolse il da­ zio sullo zucchero e si scemò quello sul tè, cre­

scendo notevolmente quello sui tabacchi e sull’ al­ cool. E così operando si può veramente dire che si pensò ai più poveri.

Ma il Gran Cancelliere il quale _ reputa dovere dello Stato preoccuparsi degli operai, il Gran Can­ celliere che ha davanti a sè lo spauracchio del so­ cialismo, procede forse con quella larghezza di cri­ teri ? Secondo lui proteggere alcuni rami d’ indu­ stria come si è fatto fin qui sarebbe un privilegio; dunque bisogna proteggerli tutti per assicurare il mercato all’ industria 'nazionale. Con quali argomenti egli sostenga la sua opinione, può indovinarlo chiun­ que conosca i sofismi contro i quali Federico Ba- stiat rivolse tutte le forze dello ingegno elegante ed arguto. Il principe non si avvede che è proprio il caso di una folla notato dal Manzoni. Alzandosi tutti in punta di piedi, non ci vedono meglio per que­ sto, e ci guadagnano soltanto di stare più scomodi. Non contrasta che il prezzo dei prodotti abbia a crescere almeno fino a un certo punto, ma egli crede che cresceranno i salari in proporzioni mag­ giori. In una parola è la politica commerciale de­ gli Stati Uniti di America che il Gran Cancelliere propugna.

Ma avrebbe dovuto riflettere alla importanza degli interessi , libero-scambisti che si sano formati e vanno crescendo non già per ciò che tocca ai consumatori, di cui nessuno si occupa, ma fra gli industriali me­ desimi. Poiché, come giustamente osservava il De Mo- linari, quando il sistema proibitivo si è stabilito il commercio internazionale nasceva appena. Oggi in­ vece gli sbocchi esteriori delle nazioni industrial­ mente più progredite sono divenuti sette o otto volte maggiori di cinquant’ anni fa. Bisogna dunque per­ suadersi che il monopolio del mercato interno sa­ rebbe per molte industrie un magro compenso alla perdita di quelli stranieri. Su questi bisogna lottare colla bontà del genere e colla mitezza relativa dei prezzi, che la protezione tende per sua natura ad aumentare.

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impadro-322 L’ E C O N O M I S T A

25 maggio 1879

nirsene per ammonire l’ avversario che le sue idee devono essere nocevoli alla Germania, se piacciono all’estero. Imperocché a tale si è giunti che dal lirismo della fratellanza universale siamo precipitati agli isolamenti (l’un patriottismo esclusivo il quale adora se medesimo.... »

Fra gli oratori che hanno combattuto le idee del Gran Cancelliere citeremo il Richter, il quale ha rigettato una gran parte di responsabilità nella crise che attualmente traversa la Germania sulle guerre incessanti fatte dalla Prussia da venticinque anni in poi, ed ha aggiunto che il libero scambio che oggi si condanna ha impedito disastri maggiori. » E il libero scambio, egli ha detto, che ha'dato impulso a tutte le nostre forze economiche, vivifi­ cati i nostri rapporti internazionali, sviluppate le ferrovie, attivato la circolazione delle nostre risorse. E il mantenimento del libero scambio solo che può impedire la crise di diventare più pericolosa ancora di quello che sia in questo momento. »

Il Richter conviene che anco in altri paesi si fa sentire la corrente protezionista, ma sempre in se­ guito a grandi guerra, le quali già di per sé divi­ dono i popoli. Quando il commercio è a metà rovinato, si è più proclivi ad invocare l’intervento dello Stato. Ma è una buona ragione cotesta per mettersi su cotesta via? L’esportazione dei prodotti manifatturati supera in Germania tre volte la importazione. Chiu­ dendo il mercato, lo sviluppo commerciale si arre­ sterebbe e gli operai non avrebbero altra risorsa che 10 emigrare. L’ oratore non si oppone alla pari del partito a cui appartiene a una riforma fiscale, ma all’ insieme del progetto presentato, alla elevazione della imposta sui tabacco, all’ imposta sulla birra, ai diritto sul petrolio e sui grani.

Il Lasker che parlò aneli’ egli in nome del suo pari ito dopo un vigoroso esordio espose l’ idea che l’ agitazione protezionista riposa su inchieste incom­ plete e che chi ha redatto la nuova tariffa ha pro­ ceduto in modo molto superficiale. Bismark ha accettato un programma che è la guerra fra gli industriali, gli agricoltori e le città. Questa guerra economica avrà egualmente delle conseguenze disastrose sul terreno politico. Del resto le economie degli agricoltori sono aumentate e non già scemate fino all’ anno scorso, e quindi la situazione della agricoltura non è disperata' come si vorrebbe far credere, e sarebbe una grande sventura rimpiazzare le imposte dirette colle indirette.. Non le combatte tutte, ma non vuole i diritti di consumo propriamente detti.

Quanto al principe di Bismarck dopo avere risposto con violenza al Lasker, dichiarò di mantenere intatto 11 suo programma. « Il mio scopo prima come dopo è di alleggerire i comuni e la proprietà fondiaria collo stabilire imposte indirette, di abolire la imposta delle classi, l’indipendenza finanziaria dell’impero, di rialzare il lavoro nazionale nei campi come nelle città, nella industria come nella agricoltura e di proteggere questo lavoro per cjuanto è possibile senza recare pregiudizio alla generalità della popolazione. »

_ Non c’è dubbio, come abbiamo osservato da prin­ cipio, che le idee del gran Cancelliere, otterranno la vittoria. Quali ne saranno le conseguenze? Noi cre­ diamo funeste. Del resto il tempo è galantuomo e si incaricherà della risposta.

Una domanda intanto che sorge spontanea si è questa. Che cosa avverrà della politica commerciale in Europa? È impossibile che il fatto di cui abbiamo

parlato non eserciti una notevole influenza, non tanto per la forza dell’ esempio, quanto perchè chi si trova colpito medita facilmente le rappresaglie. E intanto le difficoltà già gravi che hanno ritardato la con­ clusione dei negoziati si aumentano, e l’ avvenire si presenta sempre più incerto e malfido, e tuttociò non fa che rendere più penosa la crisi che l’ Europa

attraversa. r

L ’ Esposizione Finanziaria

La lucida e diligente esposizione finanziaria che il ministro Magliani faceva alla Camera dei Deputati nella tornata del 4 maggio decorso ha riportato l’ap­ provazione degli uomini spassionati di tutti i partiti come lavoro ispirato ad un nitido concetto delle no­ stre condizioni finanziarie, concetto formato dietro studio accurato e scevro da preconcetti partigiani. E d’ uopo considerare che il ministro non godeva della sua piena libertà d’ azione; il voto solenne del 7 luglio 1878 su cui la Sinistra ha, a torto o a ra­ gione, formato uno dei punti cardinali del suo pro­ gramma non solo finanziario, ma anco politico doveva richiamarlo continuamente alla preoccupazione di giu­ stificare questo programma ; ciò che non potendo facilmente conseguirsi con la sola ispezione degli esercizi attuali o immediatamente prossimi dei nostri bilanci ha dovuto spingere I’ on. Magliani a stabilire con sottilissima indagine e con analisi rigorosa le previsioni sulle condizioni della finanza italiana needi anni venturi lino a tutto il 1883.

11 ministro si parte dal render conto dei risultati finanziarii del 1878, e delle previsioni relative al 1879. L’ avanzo verificato sul bilancio di competenza del 1878 fu di 11,123,000 lire, di fronte al quale sta però il consumo patrimoniale dello Sfato cioè le ri­ sorse di cui esso si è spogliato o il maggiore inde­ bitamento incontrato, consumo patrimoniale"che ascese a 56 milioni in luogo che a lo come era stato pre visto superando le valutazioni di lire 10,722,000. Il 1878 fu un anno economicamente assai cattivo ; nelle entrate sì ordinarie che s'raordinarie vi fu di fronte alle previsioni una differenza in meno di 9 !|2 milioni, ma nonostante questa differenza, dice il mi­ nistro, le entrate furono nel 1878 maggiori di quello che fossero state nell’ anno precedente, il disavanzo di tesoreria alla fine del 1878, cioè la differenza fra le attività e le passività del Tesoro era di L. 183,762,000, ma questo disavanzo formato dall’aecumularsi dei de­ ficit delle annate precedenti, ascende a L. 225,070,000 se si eliminano dalle attività del Tesoro i crediti ri­ putati inesigibili o d’ incertissima esigibilità. Di fronte a questo disavanzo per altro il ministro ritiene che lo Stato possa contare sopra un’ asse patrimoniale fruttifero e disponibile di 300 milioni compresivi i beni ecclesiastici che sono ancora da vendersi.

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consoli-25 maggio 1879 L’ E C O N O M I S T A 323

data. Il ministro non crede nè equo nè ragione­ vole eliminare questa cifra dalie attività del bilancio poiché il governo si rimborserà di questo suo cre­ dito col capitale ricavato dall’emissione dei 3 mi­ lioni di rendita necessaria a saldare tutti i debiti della Società ed a compiere 1’ operazione di riscatto. Questa nuova passività di 3 milioni ridurrà da 15 a 12 milioni la cifra vera dell’ avanzo di compe­ tenza pel 1879.

Da queste poche cifre i lettori possono peraltro facilmente comprendere che il ministro Magliani nel proclamare altamente chiuso per sempre il ciclo funesto dei disavanzi, muove dagli stessi criteri spe­ ciali con cui è stata guidata fin qui 1’ amministra­ zione finanziaria italiana, criteri ben diversi da quelli che si userebbero in Inghilterra e forse anco in Francia.

Le molteplici distinzioni introdotte dai nostri si­ stemi di contabilità fra i bilanci di competenza e la situazione generale finanziaria dello Stato e la separazione assoluta che si è sempre voluta fare fra il disavanzo di competenza ed il consumo patrimo­ niale il quale peraltro occultamente strema le r i­ sorse e mina il credito dello Stato, producono quella specie d’illusione che potrebbe chiamarsi di ottica finanziaria che consiste nel fare apparire come avanzo del bilancio ciò che in sostanza non è che un re­ siduo di entrate straord;narie procurate mediante denari presi in presto.

Ma non torniamo adesso su questa questione. È da questo punto, dopo cioè di avere mostrato quale saranno i risultati probabili dell’esercizio corrente, che ha principio la parte più importante dell’espo­ sizione finanziaria ed il concetto ingegnoso colorito con singolare accuratezza è in seguente. Calcolare quali potranno essere le più importanti variazioni nelle entrate e nelle spese degli anni dal 1880 al 1883 per le quali potrà presagirsi in più o in meno l’avanzo calcolato pel 1879 in 12 milioni; addizio­ nare i risultati finanziari di questo quadriennio con le risorse che il governo intende di procacciarsi mediante le nuove leggi finanziarie presentate al Parlamento e che dovrauno essere approvate dentro l’anno corrente; confrontare l'eccedenza -li entrate, che con ciò l’erario si troverà disponibile, con la perdita cui anderà incontro per effetto della legge di abolizione del macinato.

Il ministro procede in questa minuta disamina incominciando dal valutare lo incremento delle en­ trate. Malgrado nonpertanto l’ illuminata ed esperi- mentata diligenza dell’ on. Magliani noi confessiamo di non poter dare alle cifre che egli adduce che un valore assai relativo, ammaestrati dagli insegnamenti degli anni decorsi che ci hanno mostrato quanto fosse difficile il fondare delle previsioni approssimative anco a scadenza assai più breve di un quadriennio e quanto le mutazioni politiche ed economiche valgano a scon­ volgere i calcoli più assennati e meglio impostati.

Analizzando partitamente il movimento di ogni singola imposta, prescindendo bene inteso dai pro­ getti dì riforma presentati alla Camera, il ministro valuta dal complesso delle imposte, escluso il macinato e i tabacchi, un aumento annuale medio di 6,700,000 lire; valutazione che non potrà invero tacciarsi di esagerata. A questo aumento annuale aggiunge quello derivante dai tabacchi su cui non si è ancora rea­ lizzato tutto il benefizio calcolato di conseguire me­ diante P applicazione della nuova tariffa andata in

vigore 1’ anno scorso, benefizio che il ministro pre­ vede dovrà completarsi nel 1880 e nel 1881 e che I coll’ appoggio di una dimostrazione circostanziata, al­ legata all’esposizione, valuta di 2,8 milioni nel 1880 di 5,0 nel 1881, di 7,8 nel 1882 e di 10 nel 1883. Aggiungendo a questi aumenti un altra cifra di non grande entità derivante dai rimborsi e concorsi delle provincie, dei comuni, dei consorzi ed altri corpi morali, alle spese ed opere pubbliche da eseguirsi per parte dello Stato e togliendo dal complesso di questi aumenti le diminuzioni di entrata che deri­ veranno dalle minori vendite dei beni demaniali e dell’ asse ecclesiastico e dal minor incasso sia dei residui prezzi e degli interessi sui medesimi, sia degli affitti dei beni, ha per risultato netto delle maggiori entrate che si otterranno negli anni ven­ turi di fronte all’ anno corrente le seguenti cifre :

Nel 1880 L.it. 7,481,442 >» 1881 . » 14,586,222 » 1882 » 21,578,622 » 1883 » 28,133,022

Quindi passa alla spesa tenendo conto della nuova rendita da emettersi per le costruzioni ferroviarie, degli aumenti derivanti dall’incremento naturale delle imposte che richiedono maggiori spese di percezione, di fronte a cui stanno le diminuzioni nelle spese di amministrazione dell’ asse ecclesiastico e negli inte­ ressi dei buoni del tesoro, che spera di poter dimi­ nuire nel 1880, calcolando inoltre le variazioni che in ciascuno degli anni 1880-83 risulteranno di fronte al 1879 nelle spese straordinarie derivanti da leggi speciali e ripartite in più anni e da quelle derivanti da progetti presentati o da presentarsi alla Camera, e finalmente valutando la differenza fra le somme annuali rappresentanti i debiti che si estingueranno per ammortamento e quelle dei nuovi debiti con­ tratti. Come resultato di tutto ciò, sottraendo la somma delle spese previste dalla cifra complessiva del civanzo verificatosi nell’ anno corrente e dei suc­ cessivi aumenti di entrata calcolati per gli anni ven­ turi, è quindi condotto a preannunziare nelle com­ petenze del quadriennio 1880—83 i seguenti avanzi delle entrate sopra le spese :

Nel 1880 L.it. 10,038,626 » 1881 » 2,009,786 » 1882 » 28,517,534 » 1883 » 38,893,714

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presa-324 L’ E C O N O M I S T A 25 maggio 1879

gire dalle altre minori leggi sul gratuito patrocinio sulla tassa dei teatri, sulle concessioni governative per le licenze di caccia e i porti d’arme e sulle carte da giuoco, In complesso i proventi di queste nuove imposte saranno 57 milioni circa, dei quali per altro il Ministro per andare coi piedi di piombo e aver la certezza di non esporsi a delusioni vuol porre in conto soltanto 50 milioni.

Presentiamo adunque nel seguente prospetto quali saranno i risultati degli esercizi finanziari da ora a tutto il 1883 ponendo le cifre risultanti dall’au­ mento derivante dalle nuove imposte aggiunto ai presunti avanzi di competenza sopra enunciati a riscontro con le perdite derivanti al bilancio in con­ seguenza della legge di soppressione del macinato, perdita calcolata al netto delle spese di esazione e dagli aggi. È superfluo l’avvertire che l’incasso dei nuovi proventi è calcolato pel 1879 a partire dal 1° luglio.

P ro v e n ti d elle n u o v e A v a n z i T o tale P e r d ita im p o ste p r e s u n ti d el m a cin ato

(m ilio n i d i lire ) 1879 15 - 12 = 27 18 2 1880 30 - 10 = 40 36 5 1881 30 - 2 = 32 36 5 1882 30 - 28 5 = 58 5 36 5 1883 30 - 38 8 = 68 8 75 5

Totale del quinquennio . 226 3 202 2

Assolutamente parlando non è dunque del tutto rigorosamente esatto il dire che l’epoca dei disavanzi annuali sia definitivamente chiusa. È vero che se fanno i calcoli con eccessiva cautela e con parsi ­ monia esemplare, ma è vero altresì che vi sono due anni il 1881 e il 1883 in cui si prevede una spesa maggiore dell’entrata e poiché le previsioni sono fatte nell’ipotesi ch’ esse possano verificarsi, si va d’accordo in questo caso di ripianare il vuoto degli esercizi deficienti con il di più degli altri che mostrano delle eccedenze. Ma questa è tale inezia su cui davvero non vai la pena di fermarsi. Il ri­ sultato complessivo della gestione dei 5 esercizi pre­ senta un avanzo definitivo dai 23 ai 24 milioni il quale per altro, aggiunge il Ministro, deve dimi­ nuirsi di 12 milioni poiché la maggiore entrata di 6 milioni all’anno derivante dal riordinamento del dazio consumo non potrà aversi prima del 1881 quando cioè scadranno i contratti di abbuonamento in corso con i comuni.

Arrivato al 1884 il ministro considera la situa­ zione come assicurata poiché in quell’ anno l’ erario avrà un benefizio molto maggiore degli anni pre­ cedenti dall’ estinzione dei debiti redimibili che rag- i giungerà la somma di 17 112 milioni di lire e avrà di più un maggior provento di 21 milioni dall’am­ ministrazione dei tabacchi dovuto alla scadenza del contratto con la Regia che gli permetterà d’ incassare | quella maggior somma la quale adesso va a profitto delja società.

È d'uopo riconoscere che ammessa la convenienza I economica di far precedere la riforma del nostro sistema tributario dall’abolizione del macinato e di rivolgere a questo scopo le prime risorse che si ren­ dessero disponibili nel nostro bilancio, non potevano i risultati finanziari di questa misura farsi emergere in modo più acconcio e più preciso. Potrà disputarsi intorno all'opportunità ed anco alla bontà di alcune delle nuove imposte progettate, ma certo è che il piano dell’insieme non poteva essere meglio archi­

tettato e presentato sotto una forma più seducente e più atta a cattivarsi l’ attenzione delle menti più serie.

Quello che con un certo fondamento può dirsi, ed è stato detto, si è che sotto il ben disposto assetto di questo piano trasparisce alquanto l’arduo compito di porre la finanza italiana sopra un letto di Procuste ed invero il margine di IO o 11 milioni che nel complesso del quinquennio rimane per far fronte alle spese impreviste che in questo periodo porsono ve­ rificarsi è molto ristretto. Può egli ritenersi che in sì lungo spazio di tempo, oltre agli impegni presi o da prendersi coi progetti di legge già presentati al Parlamento, il Governo italiano sarà in grado di astenersi da qualunque nuova spesa, saprà resistere alle insistenze politiche che lo trascinano continua- mente ad allargare i cordoni della borsa e cambiare addirittura il tenore di vita menato fin qui passando da una specie di spensierata correntezza al compassato regime di chi ha i denari contati? Eppure questa ò condizione indispensabile perchè le previsioni attuali non siano sconvolte. Ed il Ministro stesso ha accu­ ratamente raccolte tutte le risorse sulle quali può farsi fondatamente assegnamento, nè al di là di ciò ch’egli ha posto nel conto può aspettarsi con sicura previsione di trovar fonte di maggiori proventi fi­

nanziari. . . .

Non potranno nemmeno ([ireste fonti rintracciarsi nelle economie da realizzarsi nella pubblica ammi­ nistrazione. L’ on. Magliani confessa che non cre­ derebbe prudente nè savio il tradurre in una cifra concreta la somma delle economie che saranno per farsi la quale ben si comprende quanto debbano riuscire diffìcile in un bilancio in cui il 52,48 per cento della spesa totale di circa 1,400 milioni è assorbito dalle spese intangibili. La Francia di que­ ste spese ne conta soltanto il 40,31 Ojo sopra un totale di 2,700 milioni e 1’ Inghilterra il 54,64 0|0 sopra 2,242 milioni.

A nostro avviso una somma importantissima di economie potrebbero realizzarsi nei bilanci dell eser­ cito e della marina, quando 1’ Italia si contentasse di prender posto nel consorzio delle nazioni in quella posizione riservata e modesta che meglio si addice alle sue condizioni e alla sua storia, ed in cui dovrebbe cercare quel raccoglimento che le sa­ rebbe tanto necessario per lo sviluppo delle sue forze interne e perle affinamento delle sue istituzio­ ni; ma chi può pensare a persuadere perora gl’i ­ taliani della convenienza e della mancanza dì peri­ coli di una posizione da cui gli allontana il loro or­ goglio giovanile e la balda aspirazione di tener rango fra le grandi potenze europee.

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problema-25 maggio 1879 L’ E C ONOMI S T A 325

tica per l’ intiera nazione, in ferrovie che non ri­ munereranno di alcuno interesse il capitale d im­ pianto ed il cui traffico sarà quasi insignificante. Noi crediamo al contrario che sia un danno mani­ festo il sottrarre quei capitali alla libera circolazione ed agli impieghi molte volte più proficui e più fe­ condi per gl’ interessi generali dell’ agricoltura del- 1’ industria e del commercio che l’ iniziativa privata avrebbe saputo ad essi trovare, se il governo gli avesse lasciati nelle mani dei contribuenti o dei suoi sovventori.

I Bilanci provinciali in Italia nel 1818

La direzione di Statistica presso il Ministero di agricoltura e commercio ha recentemente pubblicato il diciassettesimo resoconto annuale dei bilanci pro­ vinciali da cui togliamo alcune cifre che ci sembrano possano riuscire di maggiore interesse per chi tien dietro al movimento delle amministrazioni locali. Questa Statistica contiene 1’ annata 1878 e si fonda secondo il consueto sui bilanci di previsione per il solito motivo consistente nella tardanza e nella irre­ golarità con cui vengono dalla maggior parte delle amministrazioni compilati i bilanci definitivi. 1 bi­ lanci provinciali, dice la breve introduzione che precede questa Statistica, si prestano più difficilmente che non i comunali a comparazioni estese e sicure per la mancanza di uniformità che regna nella loro formazione, la quale dovrà essere oggetto di nuovi studi, condotti d’ accordo fra la direzione di stati­ stica ed il Ministero dell’ interno.

Il totale delle entrate di cui disposero J e ammi­ nistrazioni provinciali nel 1878 ludi L. it. 67,771,400 di cui poco meno dei quattro quinti somministrato dalle sovrimposte erariali, cioè dalle sovrimposte sui terreni e sui labbricati per L. it. 66,790,735 nella - qual cifra figurano per milioni 46,5 i terreni e 20,1 i fabbricati. Le entrate ordinarie, cioè 1° le rendite patrimoniali 2° le tasse provinciali che comprendono le somme pagate dai contribuenti per I aggio dovuto ai ricevitori provinciali sulle imposte governative e le sovrimposte delle, provincie e per ultimo 3° le rendite diverse, fruttarono L. it. 3,592,544. Le en­ trate straordinarie fornirono L. it. 14,707,098 e si compongono per milioni 7,1 dai mutui passivi e pel rimanente diviso in parte quasi egualissime dai re­ sidui degli anni precedenti e dai proventi diversi. Finalmente dalle entrate speciali si ricavarono lire

italiane 2,881,086. .

Le spese totali dell’ amministrazione provinciale ascesero a L. it. 87,871,463 di cui L. it. 50,879,731 devolute alla parte ordinaria, L. it. 53,611,511 alla straordinaria e L. it. 5,580,421 dipendenti da con­ tabilità speciali.

Ponendo gli occhi sui numerosi prospetti che de­ notano lo stato delle finanze provinciali nel 1878 confrontato con quello degli anni precedenti si scorge che nel 1877 si le entrate che le spese furono assai superiori oltrepassando le prime i 94,9 e le seconde i 94,8 milioni. La dilì'erenza è costituita intieramente dalle entrate straordinarie che nel 1877 ascesero alla cifra eccezionale di 22 milioni, a formare la quale contribuì naturalmente l’espansione data alla cifra dei mutui passivi. Se si fascia da parte l’esercizio anormale

del 1877, tanto le spese quanto l’ entrate totali sono rimaste nel 1878 poco superiori alla media costituita dalle cifre del periodo dal 1872 al 1876.

Queste cifre si aggirarono, con piccolo divario tra le entrate e le spese, intorno agli 88 milnni nel 1872, „j 79 1|2 nel 1873, agli 82 nel 1874, agli 83 lp2 nel 1875 e agli 86 nel 1876. In questo periodo si è adunque un poco rallentata la progressione dei bilanci provinciali che andava così rapidamente in­ grossando negli anni precedenti in modo da passare con aumenti costanti da 55 milioni nel 1866 ad 88 circa nel 1872. Le entrate ordinarie sono andate dal 1872 in poi continuamente decrescendo, esse ol­ trepassavano i 9 milioni nel triennio 1872—74 e sono ridotte nel 1878 a poco più di 5 milioni; sono an­ date invece continuamente aumentando le so v rim ­ poste che erano di 52,6 milioni nel 1872 ed han raggiunto con graduazioni costanti nel 1878 i 66,7. Più volte abbiamo avuto occasione di deplorare que­ sto aumento delle sovrimposte provinciali in cui le amministrazioni delle provincie trovano un modo cosi facile e sbrigativo di aumentare le loro risorse e sopperire a spese non sempre di utilità incontesta­ bile e spesso di esclusivo profitto pel capoluogo, re­ secando continuamente i proventi dei bilanci comu­ nali ed aggravando ognora di più gli imbarazzi delle amministrazioni dei com uni1); queste cilre valgono sempre più a confermare nella necessità di porre un freno efficace alla faco'tà delle provincie di sfruttare il campo su cui giustamente debbon fare assegna­ mento altri enti amministrativi.

Fra le spese delle provincie occupano un posto che apparisce veramente ragguardevole le spese am­ ministrative le quali raggiungono nel 1878 nella parte ordinaria 6,2 e nella straordinaria 0,5 milioni. Tuttavia vi è un qualche miglioramento in queste cifre che nell’ anno 1877 avevano toccato i 7,8 e nei due anni 1875-76 gli 8,9 milioni. Uopo le spese pei lavori pubblici, che nel 1878 lurono di 53,8 milioni e che dal 1872 in poi si sono sempre mantenute fra i 30 1 [2 milioni e i 54 1|2, le spese più im­ portanti sono quelle per la beneficenza (16,8 mi­ lioni). Vengono quindi gli oneri patrimoniali (11,3 ni.), l 'istruzione (5,3 in.), la sicurezza pubblica (3,7), e l’ igiene (0,8).

11 volume che abbiamo sott’ occhio contiene un prospetto specificato dei vari titoli dei bilancio sì dell’ entrata che della spesa paratamente per^ciascuna delle 69 provincie del Regno ed un altro prospetto in cui le varie categorie dell’ entrata e della spesa in ogni singola provincia pel 1878 sono poste in raffronto con quelle degli anni precedenti fino al 1866. Su questi prospetti non ci fermiamo poiché le con­ dizioni di ciascuna provincia per importanza, per vastità di territorio, per popolazione e per sviluppo economico sono così differenti che ogni osservazione comparativa da questo lato sarebbe destituita di qual­ siasi valore senza entrare in minutissimi particolari che richiederebbero ben arduo e voluminoso lavoro.

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326 L' E C O N O M I S T A 23 maggio 1879

Protezione e p i t o n e o libero scamMo ?

Il signor Giulio Borain scrivendo un libro di 274 pagine in ottavo, diviso nientemeno die in 48 capitoli e 7 pagine di annexes, tenterebbe tutte le vie, secondo lui pratiche e di fatto, per dimo­ strare non solo « Les énormités du libre óchange anglais » ma del libero scambio in generale.

Per il nostro scrittore, il libero scambio è una malvagità, un’atrocità, un’ infamia: i promotori della dottrina « mériteraient d’ètre bruiés, à partir d’Adam Smith jusqu’à Cobden »: gl’ inglesi gli sembrano iniqui, assassini, cannibali : gli economisti, senza distinzione di nazionalità, ma che si mostrano incli­ nati a favorire le teorie del libero scambio, li ca­ ratterizza gente scellerata che cospira contro l’ordine sociale.

Da qual fonte proviene la languidezza degli affari in tutta Europa ? Dal libero scambio inglese. Qual’ è la ragione della carestia dell’India e della morte di circa due milioni di indiani in poco tempo? Il libero scambio inglese. Perchè l’America settentrionale ha adottato tariffe protettive, e come mai il commercio degli Stati Uniti si è immensamente sviluppato negli ultimi anni ? Perchè gli americani sono previdentis­ simi, e i loro uomini di Stato hanno capito che il libero scambio era nocevohssimo ed impediva lo sviluppo delle industrie.

E Manchester, la terribile Manchester nemica del benessere delle popolazioni, egoista, crudele, nido di persone seuza cuore, non vede come i suoi operai chiedano riforme nelle ore di lavoro, protestino con­ tro il ribasso dei salari ? 0 spudorati fabbricatori di tele, o produttori di cotone, che dopo esservi arric­ chiti col sudore della fronte dei vostri operai volete ora scemare loro il salario per continuare a empire dolosamente i vostri scrigni a carico dei sofferenti, in qual modo il vostro cuore è chiuso per sempre ai gemiti di tante creature che stentano il pane?

È possibile che l’ India con 1,133,046 fusi faccia fronte ai 40 milioni di fusi dell’ Inghilterra, i quali corrispondono a 1180 fusi per ogni mille abitanti di popolazione ? Può darsi il caso che gli Stati Uniti con 9,600,000 fusi facciano concorrenza al numero spropositato di quelli inglesi? Che i 3 milioni di fusi della Francia, i 4 milioni e mezzo della Russia e Polonia, gli 800 mila dell’ Italia e periino i 230 mila dell’ Olanda siano capaci di porre un argine all' inondazione dei caìicots prodotti dai 40 milioni di fusi dell’ Inghilterra?

Popoli ciechi, dissennati, non vedete i bilanci dei vostri Stati? Non intendete che tutti i ministri delle finanze tentano di ingannarvi, mostrandovi cifre false, effetto del libero scambio? Ma ponderale bene quelle cifre mendaci, strappate loro la maschera e toglietela eziandio ai vostri uomini di Stato, i quali a poco a poco condurranno il paese alla bancarotta e voi alla rovina ! Volete le prove ? In tutti o in quasi tutti i paesi europei e in ¡specie nell’ India, la somma delie merci in entrata risulta sempre maggiore di quella in uscita. 1 milioni di più che mancano per costituire la bilancia commerciale donde si traggono? Non è un danno per le nazioni, e tutto ciò non viene dal libero scambio?

Queste ed altre simili querimonie partono dal cuore ulcerato del signor Giulio Borain. Egli non

può davvero darsi pace che un grandissimo stuolo di eletti ingegni segua la strada tracciata da quel­ l’uomo superiore, da quella mente feconda di Adamo Smith. Egli, stigmatizzando Cobden e schernendolo nei suoi meritati trionfi, tenterebbe di vilipendere quella scuola liberale da cui ebbero largo sviluppo il commercio e gli scambi internazionali.

Sarebbe proprio il caso di sussurrare all’orecchio di questo piccolo apostolo protezionista quelle parole del Nazareno : dimitte ille ecc.

Il signor Borain dovrebbe anzitutto sapere che cosa vuol dire libero scambio, non che penetrarsi delle sue ragioni d’essere. In secondo luogo con­ verrebbe ch’ei si formasse dei giusti e precisi cri­ teri sulla differenza che passa fra partigiano o pro­ motore di libero scambio e uomo di Stato.

Non intendo pormi in cattedra e dare lezioni di economia politica; d’altra parte l’ illustre Bastiat al Cap. X delle sue celebri Harmonies économiques tratta in modo chiaro, ampio e preciso tutte le que­ stioni poste dal signor Borain. Egli lo confuta, lo combatte, lo annienta ad ogni linea ; e gli prova come due e due. fanno quattro che la scienza non si di­ mostra e non si insegna col più comune, col più triviale senso pratico, ma collo studio universale dei fenomeni economici.

Io poi posso rispondergli che in generale coloro i quali professano I’ economia politica non possono razionalmente che eseguire ed insegnare la libera concorrenza ; sta nella monte finissima, penetrantis­ sima ed espertissima dell’ uomo di Stato il saperla applicare quando si sia e come si sia, o, in altri termini, adottare i temperamenti necessari alle cir­ costanze.

Parrebbe che il signor Borain fosse amico delle nuove scuole che ora sorgono in Germania. Ma ha pensato egli che nessun limite è stato scientifica­ mente e nettamente fissato da codeste scuole? Si vorrebbe egli porre a confronto con quegli ingegni acuti, pure volendo seguirne le vestigia?

Se il libero scambio non avesse tra i suoi avver­ sari che intelletti come quello del brussellese, oggi, sarebbe segnato il suo trionfo, trionfo che passate poche burrasche si mostrerà ben più grande che sotto i celebri iniziatori Peel e Cobden.

Circa agli scambi mi permetto poche parole, non parendomi degno di più lunghe osservazioni il libro del signor Borain. Egli osserva come le somme delle merci in entrata siano in molti Stati maggiori di quelle in uscita. Prima di tutto non so quanta fede si possa prestare alle cifre date dai governi; nè tampoco quanto sia possibile conoscere la latitudine dei contrabbandi. In secondo luogo, accordata l’esat­ tezza delle somme ed accordato eziandio che non si verifichino contrabbandi, sa il signor Borain quanti sono i mezzi per equilibrare la perdita apparente che risulta da un’ importazione maggiore della espor­ tazione? Gli ricorderò, per esempio, i servigi che una nazione può rendere ad altra nazione col mezzo della navigazione; gli ricorderò il movimento di valori internazionali. Fu con tali valori che la Fran­ cia nel 1870 potè pagare alla Germania, senza grave danno della nazione, i cinque miliardi di guerra.

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23 maggio 1879 L’ E C O N O M I S T A

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sua, a cagione del libero scambio. Il ragionamento non mi pare giusto. Egli doveva osservare non come si trovi oggi la Germania, ma come si trovava prima della guerra e quale fu il suo sistema amministra­ tivo durante gli ultimi anni, indipendentemente dal libero scambio ; oppure, e sarebbe ben più torneo, quali furono le perdite che la Germania ha effetti­ vamente fatte durante la guerra, come osservava con molto proposito il Richter al Reichstag, rispondendo alle nuove idee economiche esposte in questi giorni dal Gran Cancelliere.

Il signor Bora in mi fa I’ effetto del senatore Rossi industriale di Schio. Entrambi partono da interessi individuali per dimostrare il bene generale delle na­ zioni. È certamente il modo più strano e meno si­ curo per lar valere proficuamente le proprie ragioni. E di questo passo, con maggiore co-redo di scienza e con maggiore moderazione, continua il signor Raf­ faele MariamHn un discorso « Contro il libero scam­ bio » letto all’ Accademia dei Lincei in Roma.

Le idee dei chiarissimo autore riescono spesso molto buie e molto antiquate. Che egli non sembri pro­ gressista risulta da molti brani del suo scritto, come: « A sentir discorrere da noi di libero scambio, proprio 1 Italia avrebbe a recarsi ad onore di tenerne alta la bandiera, ed essere così al mondo baluardo di ci­ viltà e di progresso. Sembrami che questo vada di­ venendo un vero pregiudizio nazionale, da star bene appaiato con l’altro della pena di morte, per la quale, com è noto, parecchi, abbastanza ingenui, immagi­ nano veder I Italia mettersi a capo delle nazioni civili. »

Lamartiue aveva detto che I’ Italia era la terra dei morti. Mariano ia chiama terra di fanatici, per­ chè probabilmente non ha voluto ricordare le nostre tradizioni. Non mi occuperò della pena di morte; gli suggerirò piuttosto di dare una corsa al sunto storico « Du fibre échange en Toscane par Jaques Montgomery htuart » e di formarsi un concetto ab­ bastanza preciso di quello che sia stato li libero scam­ bio in Italia a partire dall'illustre Arcidiacono di Siena lino ai giorni nostri.

Con altra citazione proverò che. l’Autore è in ef­ fetto lilosolo e pensatore ma non economista, come, per rendergli giustizia, egli stesso dichiara nel di­ scorso in parola. A pag. 30 egli vuol dire che la vita economica delle nazioni è collegata colla vita politica e colla morale; che il lavoro partecipa del loro connubio ; che perciò gli Stali non possono tenere una medesima condotta economica per la diversità dei bisogni delle popolazioni. Riassunte le idee, riporto il testo. « In generale, la vita econo­ mica delle nazioni, che preceda o segua nel tempo, ciò eh’ è indifferente, alle forme e manifestazioni politiche e morali, è nell’idea e nella realtà con queste compenetrata ; ond’ essa è storia ; è natura, tempo, spazio; è un divenire, un crescere e sce­ mare, un essere e non essere, un campo sempre m moto, un flusso continuo, soggetto a contingenze molte e il più spesso inopinate, a correnti e flut­ tuazioni diverse e mutevoli, secondo luoghi, tempi e circostanze; insomma è il campo non dell’assoluto ma deil’assolutamente relativo. E la vita del lavoro, quasi feto nel seno materno, partecipa a codesta totalità del movimento e svolgimento dell’ esistenza nazionale, e sempre e senza interruzione si risente del- I ambiente morale e storico che la circonda. A tanta instabile variabilità e differenziabilità di grado, di

forme, di potenza, come mai applicare indistinta­ mente una misura identica e rigida? Non dovrà dirsi piuttosto, che il più o il meno, che popoli e Stati possono qui permettersi, nel rallentare o re­ stringere i freni, dipende tutto dalla loro indivi­ dualità, dalle loro condizioni peculiari, quali pra­ ticamente sussistono ? E ciò appunto rende inam- messibile la dottrina del libero scambio ; voglio dire, rende inammessibile quella spinta iniziale verso il di fuori, che le è insita, quel suo moto centrifugo, che tende a cancellare, a trascendere, a fare astrazione dali’ individualità ed unità dello Stato e della nazione. »

La diversità del carattere e dei bisogni delle na­ zioni rendono inammissibile la dottrina del libero scambio ? Mi perdoni il signor Mariano, ma da pre­ messe così insignificanti non si viene a dedurre la condanna di una dottrina, dottrina che in nessun caso si può condannare irremissibilmente appunto in forza delle stesse premesse da lui poste. Come ho detto al signor Borain, ripeto che in definitivo tutte le nazioni possono avere bisogno di un siste­ ma doganale poco più o poco meno libero scam­ bista. L’ applicare questo o quel temperamento sta nella saggia previdenza dell’uomo di Stato. E non si può assolutamente biasimare il libero scambio nè i suoi cultori per semplici interpretazioni o per studi troppo leggeri dei fenomeni sociali.

Non basta al signor Mariano il mettere per sempre in ¡stato di riposo il libero scambio, quale arma assai vecchia ed inservibile ai bisogni attuali ; egli gl’ intenta un processo e l’accusa come l’origine di gravissimi mah che pesano sull’ umanità. Quindi egli scrive: « Tra le cause precipue, fornentatrici del socialismo, gli spiriti più avveduti ed assennati, e non certo poco amanti e desiosi di libertà, sono unanimi nell’annoverare il libero scambio. » (pag. 16)

Se ho detto poc’ anzi che I’ Autore del discorso ha scordato le nostre tradizioni, qui devo aggiun­ gere che lui e « gli spiriti più avveduti ed assen­ nati » hanno scordato anche la storia. Il socialismo non è un fatto nuovo. Da Platone a Fourier (e ricordo Fourier come uno fra i più celebri socialisti anteriori ali’ attuazione del libero scambio) il socia­ lismo di quando in quando ha dato segni abba­ stanza rigogliosi della sua vita. L’essersi propagato con maggiore intensità e più rapidamente in questi ultimi tempi, dipende dalla libertà accordata dai governi e dalla più grande facilità di comunica­ zione. Soggiungo poi che nulla è più falso e più assurdo dell’ accusa che s.i dà al libero scambio di fomentatore del socialismo. Tutti gli economisti della scuola di Smith hanno costantemente condannate le idee socialiste, anche quelle « sobiie, assennate, civili e cristiane » che l’Autore vorrebbe introdotte.

Io credo e credo per davvero che il sig. Ma­ riano abbia tirato via il suo discorso senza formarsi un’idea che le teorie che si combattono vanno so­ stituite da altre teorie. Lo scrittore se non ha una mèta a cui giungere riescirà male nel suo intento. Dico che non s’è formato un concetto, prima per­ chè il concetto non emerge dal suo discorso, poi perchè ho troppa stima di lui per crederlo super­ ficiale come il Borain.

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328 L’ E C O N O M I S T A 25 maggio d879

qual legge cioè, necessaria, benefica e provvida per tutti, destinata a farsi via via valere universalmente, essa è apparsa uno teoria, una formola, che per se non dice niente, e che sarebbe astratta e vuota, se nella pratica non diventasse perniciosa e pericolosa, avvegnaché nè risponda all’essenza dello Stato e ai bisogni delle Nazioni, nè possa soddisfarli. » Ecco condannato il libero scambio ; esso non serve e bi­ sogna ripudiarlo.

Vediamo ora che cosa dice del sistema proibitivo a pag. 41. « La proibizione per sistema, escludendo i contatti, gli scontri, le utili reciprocanze e trasfusioni della storia, assopisce le industrie, le rende soddi­ sfatte, svogliate, e col tempo può ucciderle; e può quindi creare un ristagno, uno stato d’immobilità, e può anche, a suo modo, condurre all’ignavia, alla bassezza ed alla morte. » Lungi questo sistema che ci può condurre all’ ignavia, alla bassezza, alla morte! e respingiamolo come lo respinge il signor Mariano. Ma se il libero scambio e il sistema proibitivo non servono al bisogno delle nazioni, sentiamo quale sa­ rebbe l’ideale dell’Autore. Nella stessa pagina 41 così espone la nuova teoria: « Ad una certa libertà bi­ sogna quindi mirare, come ad ideale; e questa è l’unica interpretazione vera del libero scambio, grazie alla quale se ne schivano le esagerazioni e le in­ temperanze. Ma che l’ideale possa essere pienamente attinto, non è da tenere per cosa fattibile ora nè mai. » Non aveva detto da principio (pag. 24) che il libero scambio era « una teoria, una formola che per sè non dice niente? » Come mai crede ora d’avere trovato di esso una « vera interpretazione »? E non scrisse eziandio a pag. 23: « Non credo, che sia la crisi (la crisi industriale che oggi imperversa per tutto) che uccide il libero scambio; ma che ben piuttosto sia questo la causa generatrice, o meglio una delle cause generatrici di quella? » Scusi, questa è una contradizione evidentissima, è un dare corpo all’ombra. Se il libero scambio è una teoria, una formola che non dice niente, non può essere nè ucciso dalla crisi, nè il generatore della crisi. Nota poi che neppure colla sua interpretazione sul libero scambio, l’ ideale non « può essere attinto (sic) ora nè mai. » Allora vade retro Satana, via anche l’ideale. Ma, ripeto, quale sarà il nuovo sistema doganale?

Scommetto cento contro uno che chiunque pen­ serebbe al protezionismo. Eppure esso non mi pare più fortunato della sua consorella la proibizione, nè del suo grande avversario il libero scambio. « Le aumentate esportazioni, egli scrive, in fondo sono valse a rincarare derrate di prima necessità... » (pag. 47) Dunque si chiudano tutte le comunicazioni coll’estero. — E più avanti: « Quando ci saremo as­ sicurato lo smercio de’ nostri aranci e de’ nostri olì su’ mercati stranieri, avremo fatto, nulla più nulla meno, del protezionismo a rovescio. » (pag. 47) Il protezionismo a rovescio dovrebbe essere il libero scambio, per evitare il quale non bisognerà esportare mai più i nostri prodotti sui mercati stranieri. Dunque converrà vietare ogni importazione e ogni esportazione.

Non so che genere di ragionamento sia codesto. Può darsi eh’ io sia di una intelligenza assai limi­ tata, e che non arrivi a capire i pensieri troppo alti del signor Mariano.

Intanto apparecchiamoci a suonare le campane a morto, perchè il libero scambio se non è ito sta certo per andarsene nel numero delle teorie con­ dannate dal progresso. Lo crede lo stesso Autore

a pag. 325 : « Guardando bene nel fondo fondo, a me sembra, che il libero scambio se ne va, perchè le teorie economiche se ne vanno. »

Concludendo, sostengo quanto ho detto del signor Mariano sino da principio. Egli non è economista, ma filosofo e pensatore. Sostengo eziandio che il suo discorso « Contro il libero scambio » non fu studiato, ma molto e molto tirato via, (orse per troppa bramosia di accontentare in furia gli amici a cui accenna nella introduzione.

Voglio provarlo ancora in altro modo, citando cioè dapprima due periodi del suo scritto ampollosi e sformati. Egli scrive: « Una grande nazione col suo mercato interno, purché operoso, ed è operoso, o lo diventa, perchè libero e abbastanza rassicurato verso il di fuori, basta già, a che la gara fra pro­ duttori nasca di per sè e mano roano grandeggi. » E p i s o t t o : « Ma poi, il tornaconto esclusivo ilei consumatori, il buon mercato, posto che si verifi­ chi, ciò che, in realtà, è molto problematico, non può, non deve essere qui criterio determinante. » (pag. 28) Poi qualche paragone improprio, come : » E la vita del lavoro, quasi feto nel seno materno.. » (pag. 30) In fine, una enormità di frasi barocche, per esempio : « il fecondo combinamento (pag. 25), ii pratico sviluppamento (46), la religiosità di un popolo (26), per manco di lavoro e di prosperità (26), le reazioni ostacolate (40), le cateratte di una con­ correnza mondiale (28), le utili reciprocanze e tra­ sfusioni della storia (41), la libertà commerciale che si disposa con un vigoroso sviluppo indu­ striale (41), ecc. »

In quanto al resto, ha risposto egregiamente L ’Economista nel suo numero dell’ 11 maggio. Da parte mia ho voluto sol col testo alla mano far ri­ levare alcune cose che non mi parvero ampiamente trattate.

E qui lascio il signor Mariano, sperando di ve­ dere ben presto qualche altro lavoro di lui, che meglio risponda ai suoi studi e al suo bell’ ingegno.

Firenze, maggio 1879.

Francesco G. A. Campana.

Il commercio italiano nel Io trimestre del 1819

Dalla consueta statistica, pubblicata per cura della Direzione generale delle Gabelle, del commercio spe­ ciale d’importazione e di esportazione in Italia dal 1° gennaio a tuttodì 31 marzo dell’anno corrente resulta che le importazioni ascesero a L. 287,966,561; ed erano state di L. 284,676,066 nello stesso periodo del 1878, e le esportazioni ascesero a L. 303,955,359 di contro a L. 270,069,779 che rappresentano le esportazioni del primo trimestre 1878.

L’aumento di L. 3,290,495 nelle importazioni ri­ sulterebbe assai maggiore e sarebbe di L. 22,686,550 se si applicassero alle merci nel 1879 i valori deter­ minati per il 1878, ma si arresta a quella prima cifra attesa una diminuzione di L. 19,397,055 nei valori segnati alle merci importate.

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25 maggio 1879 L’ E C O N O M I S T A

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Ecco il prospetto dettagliato del movimento com merende repartito a seconda delle diverse categorie della nostra tariffa.

IMPORTAZIONI 1879 1878 S p ir iti, B ev an d e ed O lii L. G e n e ri co lo n iali, D ro g h e e T a b a c c h i ... # P r o d o tti ch im ic i, g e n e ri m e d ic in a li, re s in e e p ro fu m e rie ... C olori e g e n e ri p e r tin ta e p e r co n c ia... C a n a p a , L in o , I u ta ed a l t r i v e g e ta li filam e n ­ to s i, escluso il cotone. C o to n e... L a n a , C rin o e P e li . . S e ta ... L eg n o e P a g lia . . . . C a r ta e L i b r i ... P e l l i ... M in e ra li, M etalli e loro

la v o r i

P ie t r e , T e r r e , V a s e lla ­ m i, V e tri e C ris ta lli. C e re a li, F a r in e , P a s te e

p ro d o tti v e g e ta li, n o n co m p resi in a ltr e c a te ­ g o rie ... A n im a li, p ro d o tti e spo­

g lie d i a n im a li, n o n com presi in a ltr e c a te ­ g o rie ... O g g etti d iv e rsi 10 571 070 37 742 830 5 961 429 5 586 818 5 404 990 37 548 535 23 759 940 31 505 440 15 566 093 1 473 578 10 311 346 14 518 048 28 527 367 6 531 485 5 779 812 Differenza — 3 946 978 -I- 9 215 463 570 056 192 994 7 486 305 41- 329 140 27 717 190 29 305 940 I l 541 655 1 711 936 8 776 942 2 081 315 6 780 605 3 957 250 2 199 500 4 024 438 238 358 1 534 404 23 797 322 27 846 899 — 4 049 577 16 839 839 15 699 025 1 140 814 35 557 484 29 977 456 + 5 580 028

volissima nei tessuti di lana pei quali oltrepassa mi­ lioni 6,7. In ciò può facilmente scorgersi 1 effetto delle

attuali tariffe. , ■

Quanto /all’esportazione 1 aumento piu notevole si riscontra negli oli d’oliva, milioni 29,6 di cui fu ab­ bondante il prodotto in alcune provinole d tana, specialmente nelle Puglie. Altri simili aumenti dovuti ai migliorati raccolti nel -1878 di fronte all’anno pre­ cedente sono quelli degli agrumi, milioni 2,o, del uso 1 3 delle uova 1,5, e gli altri non indifferenti delle frutta fresche, delle mandorle e delle noci. L espor­ tazione dèlio zolfo si accrebbe di milioni 2,5 e quella del corallo lavorato di 1 ,4 Diminuì l esportazione dell’ oro greggio di milioni 4 0 ,5 e dell oro monetato di 1,8. Più”’sconfortante è la diminuzione di mi­ lioni 8,2 nei cappelli di paglia. Quanto alle materie tessili presentano diminuzione di milioni 3,1 in com­ plesso, le canape greggie, le pettinate, ì filati e i cordami; un leggero aumento vi e nell esportazione dei tessuti di lana ed uno assai notevole nelle sete oreo-ine milioni 17,6, nei bozzoli 2,2 di fronte a cui sta una diminuzione non tanto lieve (milioni l,o) nei I cascami greggi. 19 942 842 6 397 005 17 891 506 7 035 360 -j- 2 051 336 __ 638 355 To t a l e . . . 287 966 561 284 676 06G -1- 3 290 495 ESPORTAZIONI S p iriti,B e v a n d e ed O lii L . G e n e r i co lo n iali, D ro g h e e T a b a c c h i ... P r o d o tti c h im ic i, g e n e ri m e d ic in a li, re s in e e p ro fu m e rie ... C o lo ri e g e n e ri p e r ti n ta e p e r co n c ia... C a n a p a , L in o , I u t a ed a l t r i v e g e ta li filam e n ­ to s i, escluso i l cotone. C o t o n e ... L a n a , C rin o e P e li . . S ei a ... ... L eg n o e P a g lia . . . . C a r ta e L i b r i ... P e ll i... M in e ra li, M eta lli e loro la v o r i... P ie t r e , T e r r e , V a s e lla ­ m i, V e tri e C r is ta lli. C e re a li, F a r in e , P a s te e p ro d o tti v e g e ta li, n o n co m p resi in a l tr e c a te ­ g o rie ... A n im a li, p ro d o tti e spo­

g lie d i a n im a li, n on co m p resi in a ltr e c a te ­ g o rie ... O g g etti d iv e rsi 1879 1878 67 977 393 37 416 215 665 435 1 159 206 Differenza + 30 561 180 _ 493 771 8 326 923 2 755 335 9 833 380 4 041 540 2 568 180 72 828 815 15 219 600 2 257 640 5 712 992 8 672 293 2 217 375 13 379 125 1 622 950 1 739 690 59 146 940 22 871 234 1 754 690 3 56'v 780 345 370 517 960 3 545 745 2 418 590 828 490 13 681 875 . 7 651 634 £02 950 - 2 148 212 - 11 217 121 27 321 542 38 538 663 15 807 368 12 383 661 + 3 423 707 29 887 248 29 103 734 + 783 514 36 820 770 33 722 443 1 951 196 2 776 780 4 - 3 098 327 — 825 584 To t a l e. . 303 955 359 270 069 779 + 38’ 885 580 Alcuni aumenti nelle importazioni devono spe­ cialmente attribuirsi alle previsioni di aggravamento nei balzelli doganali. Tale è evidentemente l’aumento di milioni 7,9 nello zucchero non raffinato e proba­ bilmente anco quello di milioni 2,7 negli olii mine­ rali rettificati, di 2 nel caffè ed 1,4 nello zucchero raffinato. Altri non hanno questo carattere come Talimento di 43 milioni nel frumento, di 6,3 nei semi di bachi da seta e di 5,6 nei legnami da co­ struzione. Una notevole diminuzione si scorge negli oli vegetali non d’ oliva (milioni 4,4). Fra le materie tessili i filati di lino e canapa, quelli di cotone, ed il cotone in massa presentano ciascuno una diminu­ zione di poco più di un milione, i lilati di seta di 2,3;

la lana greggia presenta invece un aumento di 2,7. I tessuti di canapa e lino, come quelli di cotone sono generalmente in diminuzione, ma questa è poi

note-L A COMMISSIONE D’ INCHIESTA

sull’ esercizio delle Ferrovie in Torino

Seduta del 2 i aprile.

Primo ad essere interrogato è 1’ avv. Cesare N ani professore di Storia del diritto.

Egli giudica sbagliato il sistema attuale di legi- slazionerei trasporti, e specialmente pei trasporti ferroviari. Nell’Impero austro-ungarico c’ è pei tra­ sporti una legislazione speciale. In Germania i re­ golamenti sono imposti alle Società e promulgati dal Cancelliere dell’Impero. In Svizzera c è una legge di 44 o 45 articoli. Perfino m Inghilterra, ove5 c’è tanta scarsità di leggi, furono introdotte parecchie disposizioni in una legge del 1856. In Francia i cahiers de charme sono veri atti ammi—

sfrativi. . . .

(10)

330 L’ E C O N O M I S T A 23 maggio 1871

Il professore Nani ha preparato al riguardo un lavoro e lo presenta alla Commissione.

; Secondo il professore Nani, le linee fondamentali d’una legislazione pei trasporti sarebbero le se­ guenti : '

1° L condizione essenziale che nessuna conven­ zione possa modificare le disposizioni di legge im­ poste alle ferrovie ;

2° La responsabilità per le ferrovie dovrebbe es­ sere minore che per gli altri vettóri. Tale que­ stione si collega con quella delle tariffe ; i vetturali ordinari possono innalzare le tariffe come loro pare e piace; le ferrovie no. Nel Belgio, la responsabi­ lità delle ferrovie è minèna. Il Governo le ritiene come un servizio pubblico, e non vuol rimetterci ; 5° La iegge deve esaminare tutti i generi di tra­ sporto; distinguere fra le merci che si trasportano, e variare le responsabilità secondo le merci.

Interrogato dal comm. Brioscbi se la legislazione non potrebbe essere più semplice quando'lo Stato fosse proprietario, il prof. Nani risponde che le stesse regole stanno per il Governo come per le Società. Nel caso che le ferrovie avessero ad essere nelle mani del Governo, converrebbe inscrivere nel Co­ dice che lo Stato è soggetto alla giurisdizione com­ merciale. Quando si trattasse di Società, il Governo dovrebbe poi dare ai regolamenti valore di leoge ed imporli.

Sulla questione di scelta fra l’esercizio governa­ tivo e l’esercizio privato, il prof. Nani si pronunzia con un po’ di esitanza. Crede che non vi possano essere criteri assoluti, che non si possa giudicare a priori. Darebbe la preferenza all’esercizio governa­

tivo, ma lo spaventa la facilità d’introduzione della corruttela politica nel corpo ferroviario. Ciò, vera­ mente, si è veduto anche in esercizi non governa­ tivi : vi fu un caso in cui 1’ amministrazione della ferrovia Paris-Lyon-Méditerranée s’impose agli im­ piegati nelle elezioni. In Inghilterra, c’erano pochi anni fa, nella Camera dei Comuni i 24 direttori di ferrovie. All’infuori di questo, le preferenze del pro­ fessor Nani sono per l’esercizio governativo, perchè le Società ferroviarie fanno prima di tutto l’interesse proprio : questo inconveniente nell’esercizio gover­ nativo non c’ è, od almeno potrebbe non esserci. L’ esercizio governativo può risponder meglio al ca­ rattere di servizio pubblico, perchè il Governo può non volerci guadagnare nè perdere. Una Società non potrebbe ; essa deve guadagnare per forza, deve dare, oltre l’interesse del capitale, un dividendo. Il Governo può contentarsi dell’ interesse del ca­ pitale.

Il comm. Ranco gli fa osservare che si potrebbe riservare al Governo l’esercizio, le tariffe e gli orari e dare all’industria privata quello che nelle ferrovie ha veramente carattere d’ industria, cioè l’ attrezza­ tura, la manutenzione, l’approvigionamento del ma­ teriale, ecc. — Il prof. Nani riconosce che ciò è possibile, ma teme nascano fra i due rami del ser­ vizio attriti che degenererebbero presto in vere lotte.

11 sig. Montalenti, capitano di stato maggiore, insegnante alla Scuola di guerra, viene interrogato sulla parte militare del questionario, e spiega l’or­ ganizzazione militare con molta dottrina.

Dice che, dal punto di vista militare, è sempre meglio che le ferrovie siano in mano dello Stato, tanto più che anche appartenendo a Società private,

in tempo di guerra appartengono allo Stato. Du- rante la guerra del 1870-71 le ferrovie si presta­ rono in ogni modo al servizio della guerra ; tuttavia Freycinet, ministro della guerra durante la guerra, ed ora ministro del lavori pubblici, ebbe a dire

f

cbe in tempo di guerra lo Stato deve essere asso­ luto padrone delle ferrovie.

Interrogato sul materiale che abbiamo nelle fer­ rovie italiane, risponde che mancano, pei bisogni militari in tempo di guerra, circa 750 locomotive.

Il comm. Nervo osserva che esse rappresente­ rebbero un costo di 40,000,000, che aggiunti agli altri bisogni della ferrovia per soddisfare alle altre esigenze militari, verrebbero a dare 150,000,000.

11 capitano Montalenti risponde che la spesa delle locomotive è la prima e la primogenita.

Pel servizio sarebbe necessario die vi fossero sem­ pre in stazione quattro treni : ora sono pochissime in Italia, non più di 5 o 0, le stazioni che rispon­ dano a questi grandi concentramenti di materiale mobile. Mancano i piani caricatori ed i carri speciali pel trasporto delle artiglierie.

In caso d’improvvisa mobilizzazione di tutto l’eser­ cito le nostre ferrovie, stando il loro stato attuale, si dovrebbe il servizio considerare in due periodi ; di concentramento, durante il quale esso gravite­ rebbe egualmente su tutte'le linee; di mosse stra­ tegiche.

Nel primo si può supporre, che, con uno sforzo si potrebbe ottenere buon servizio sia in personale che in trazione; pel secondo periodo nulla si può pronosticare, non potendo prevedersi quali e quanti sieno i bisogni improvvisi ed urgenti.

Al comm. Torelli risponde che la Direzione di trasporti già si preoccupò della grave questione che nasce dal trovarsi a servizio delle ferrovie e de’te- legrafì molti militari in congedo illimitato. Questo numerosissimo personale troverebbesi, in caso di mo­ bilizzazione dell'esercito, distolto dai servizi con gran­ dissimi inconvenienti e pericoli di non poter ad essi sopperire.

Risponde ancora che a’nostri uflìziali si danno sempre istruzioni sui servizi medici, e specialmente in quanto riguardano l’ambulanza, sui trattati per l’applicazione della benefica istituzione della Crote Rossa.

Viene introdotto uno dei fratelli Diatto, fabbri­ canti di carri e carrozze.

Si associa a quanto già disse il comm. Ajello. Si possono qui fabbricare vagoni e carri per la fer­ rovia allo stesso prezzo per cui vennero fabbricati in passato all’estero. La fabbricazione dei vagoni non è per nulla difficile: la ditta Diatto ne ha costruiti dieci per la ferrovia di Ciriè, che fanno uh buonis­ simo servizio, e vennero nel collaudo giudicati inap­ puntabili, la ditta Diatto ha costruito 500 carri di artiglieria: è questo un lavoro ben più diffìcile della costruzione dei vagoni.

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