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MEDICAL MALPRACTICE MEDICAL MALPRACTICE

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TAGETE 4-2008 Year XIV

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MEDICAL MALPRACTICE MEDICAL MALPRACTICE

Dr. Pierfranco Gabasio*

ABSTRACT

Insurance companies play an important role in the medical malpractice cases. The last court pronunciations in the civil trial have identified the medical liability as a contract and this means that the onus lies on the doctor, in other words when a medical accident happen is the doctor that has to account for his behaviour demonstrating it was correct. This makes the defence of the sued doctor very difficult and so the insurance companies are no more interested in insure hospitals and doctors. The few insurance companies that go on in insuring hospitals are offering policies with very high insurance premium and very high excess clause, moreover they tend to act only as a second insurance cover.

Key words: medical malpractice, contract liability, onus probandi.

Un sistema vicino al punto di rottura

Con il neologismo internazionale “medical malpractice” vengono condensati tutti i problemi giuridico-assicurativi che riguardano le richieste danni e la relativa gestione dei risarcimenti in campo sanitario.

* Dirigente Zurich Assicurazioni, Milano

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2 Su questo argomento si è scritto e si sta scrivendo moltissimo; può essere utile in questo dibattito considerare anche l’opinione di un assicuratore che opera nel settore, giacché le conseguenze delle molte elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali che governano i risarcimenti spesso finiscono per essere concretamente pagate dalle compagnie di assicurazione.

La situazione relativa alla responsabilità sanitaria nel nostro paese è a tutti nota. Negli anni si è passati, da una quasi impunità dell’errore medico, in origine disciplinata esclusivamente dall’art. 2236 c.c., in cui il medico rispondeva solo in caso di colpa grave o dolo, in un settore dove la maggior parte delle prestazioni vedeva la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, ad una situazione di responsabilità contrattuale, che vede il medico dover superare, in caso di peggioramento delle condizioni di salute del paziente, un pesantissimo onere probatorio gravante nei suoi confronti. Sistema confermato nella recente sentenza delle sezioni Unite (Cass. civ. Sez. Unite, 11-01- 2008, n. 577).

Queste impostazioni hanno posto in evidenza tutta una serie di errori medici, forse trascurati nel passato e nel loro complesso stanno però creando una situazione molto difficile da sostenere per tutto il sistema.

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3 Impostazioni di questo tipo, se facilitano l’azione dei pazienti lesi preoccupano molto gli operatori sanitari e gli assicuratori, poiché i danni causati in campo sanitario in genere vengono pagati da questi ultimi.

A motivo di ciò molte compagnie stanno valutando l’alta rischiosità di questo settore, che è, in molti casi, diventato antieconomico da assicurare, abbandonando conseguentemente questo tipo di rischio.

L’assicuratore, che spesso non brilla nell’immaginario collettivo, ha anche una funzione sociale importante: fa da cuscinetto in quel rapporto tra una realtà giuridica/legislativa sempre più sofisticata (e difficile da comprendere per i non addetti ai lavori) ed il quotidiano ed indispensabile lavoro delle strutture sanitarie.

Gli assicuratori dialogano attraverso le proprie strutture od i propri fiduciari sia con i giudici/istituzioni, sia ovviamente con i propri clienti, cercando di illustrare ai primi le legittime ragioni di chi opera quotidianamente in un settore delicato ed ai secondi i modi più corretti di operare in conformità alle prescrizioni di legge ed ai più recenti sviluppi giurisprudenziali.

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4 Una delle preoccupazioni degli assicuratori su materie come queste in cui, spesso, si tratta di casi a forte impatto emotivo, è che le valutazioni delle responsabilità possano essere orientate in modo più benevolo nei confronti del leso a causa delle gravità dei casi e della circostanza che spesso dietro ad un risarcimento di un danno in campo medico c’è un assicuratore.

Nella mia esperienza di molti anni di lavoro nel settore, credo che questi condizionamenti possano avere influito su qualche decisione, senza generalizzare ne enfatizzare la questione più di tanto; se così fosse sarebbe sbagliato, poiché stante il carattere mutualistico di tutto il sistema assicurativo i risarcimenti più che dalle compagnie assicurative sono erogati da tutti noi attraverso i pagamenti dei premi (o pagamenti indiretti delle spese sanitarie). Più aumentano i risarcimenti, più aumentano i premi, più i premi sono alti, meno persone hanno la possibilità di pagarli.

Stesso discorso per le persone giuridiche e quindi le strutture sanitarie.

Perché il mondo assicurativo tende ad abbandonare il settore? Perché l’equilibrio tecnico non regge (loss ratio): in questo campo, si paga per sinistri molto più di quanto

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5 si incassa in premi. Se una compagnia deve pagare o mettere a riserva 100 in un anno, per sinistri in campo sanitario significa che in quello stesso anno dovrà chiedere a quel settore almeno 100+una percentuale di costi fissi di premio; se l’anno successivo dovrà pagare 200 dovrà chiedere al settore quanto meno 200 oltre l’importo relativo ai costi fissi.

In un sistema con risorse economiche infinite questo meccanismo può risultare anche virtuoso, purtroppo il nostro sistema economico ha risorse piuttosto limitate e quando un assicuratore capisce che in un determinato settore non esistono, o non esistono più, le risorse finanziare che gli permettano di raccogliere i premi necessari per riservare prima e pagare poi i sinistri, non può che pensare di lasciarlo. E questo rischio è reale e quanto mai attuale.

Non è utopia pensare che, se questa situazione di incertezza si protrarrà, con risvolti anche di non poco conto su quanto può costare un sinistro da medical malpratice, le compagnie abbandoneranno il settore.

Conseguentemente, sofisticate costruzioni giurisprudenziali in tema di responsabilità e nesso di causa potranno determinare risarcimenti sempre più ingenti che rischieranno di rimanere virtuali per mancanza di soggetti solventi in grado di liquidare i danni. Si

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6 rischierà di realizzare in modo completo il concetto ben espresso nel brocardo latino

“summum ius summa iniuria”.

Già i primi passi di questa previsione si stanno realizzando; come utente di servizi sanitari preferirei rivolgermi a medici esperti nei singoli settori specialistici della medicina, piuttosto che ad esperti nella sofisticata arte della “medicina difensiva”:

professionisti sempre più concentrati a premunirsi da eventuali future contestazioni piuttosto che disponibili ad attività anche rischiose ma finalizzate alla guarigione del paziente. In questo contesto, come assicuratore sono costretto a citare come esempio virtuoso quei medici che tengono in conto anche dei principi della “medicina difensiva”.

Forse l’applicazione del concetto di “consenso informato” è il classico esempio della necessità di equilibrio in questo settore: i principi che animano la materia sono assolutamente condivisibili1, l’uso esasperato che a volte se né è fatto non è condivisibile.

1 Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: senza il consenso informato l'intervento del medico è, al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità, sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente; la pratica del consenso libero e informato rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi. Il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma - atteso il

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7 In una realtà sanitaria fatta di medici non assicurati, esperti nell’arte della medicina difensiva e preparati a fornire ai pazienti “consensi informati” sempre più dettagliati ( e quindi costretti magari a trascurare l’approfondimento nella scienza medica), esiste il rischio che la gente che ne ha le possibilità opti per cure all’estero dove la tutela del paziente è forse meno praticata, ma i sanitari riescono ad operare in modo sereno in un sistema complessivamente più equilibrato.

Emblematico è il caso della sentenza in nota, dove a fronte di un intervento chirurgico su aneurismi cerebrali eseguito a regola d’arte e videoregistrato, si è determinata nel paziente un’ischemia, complicazione prevedibile per quel tipo di intervento. A fronte di un modulo di consenso, individuato come generico, ma anche di più colloqui intervenuti tra medici e familiari della lesa, asl e medico sono stati condannati al risarcimento

principio personalistico che anima la nostra Costituzione (la quale vede nella persona umana un valore etico in sé e guarda al limite del "rispetto della persona umana" in riferimento al singolo individuo, in qualsiasi momento della sua vita e nell'integralità della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive) e la nuova dimensione che ha assunto la salute (non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico, e quindi coinvolgente, in relazione alla percezione che ciascuno ha di sé, anche gli aspetti interiori della vita come avvertiti e vissuti dal soggetto nella sua esperienza) - altresì di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. (Cassazione civile , sez. I, 16 ottobre 2007 , n. 21748)

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8 integrale del danno, circa €. 1.300.000, sul presupposto che i sanitari non sono stati in grado di provare che i famigliari della lesa e la lesa stessa avevano compreso che esisteva un rischio di complicanza che si attestava tra il 4-10.9 % pur avendo invece ben compreso che il rischio morte si attestava intorno al 2%.2

Questa giurisprudenza sembrerebbe introdurre un concetto soggettivo di sistema informato: non solo vi è un obbligo di informare, ma pure di accertarsi che l’informazione sia stata completamente compresa con oneri probatori a carico del medico veramente difficili da vincere.

Paradossalmente verrebbe la tentazione di consigliare ai medici/strutture assicurate la formalizzazione della volontà di non essere informati ovvero una “rinuncia informata al

2 Tribunale di Forlì sezione distaccata di Cesena 21 giugno 2007-Paziente affetta da aneurismi cerebrali multipli, …i ctu che hanno potuto visionare la videoregistrazione dell’intervento hanno accertato che lo stesso fu condotto correttamente…l’obbligo di informazione da parte del medico si inserisce nell’ambito delle obbligazioni contrattuali accessorie, la sua violazione da luogo ad una responsabilità di tipo contrattuale… è a carico del medico l’onere di dimostrare di aver adempiuto all’obbligazione accessoria di informazione …non vi è dubbio che è del tutto inidoneo a comprovare, neppure col valore probatorio del mero indizio, una adeguata attività di informazione e la sottoscrizione della lesa del modulo di consenso inserito nella cartella clinica… del tutto generico e senza riferimenti personalizzati… In tutta evidenza, da tali dichiarazioni non può in alcun modo trarsi la prova che il medico avesse informato la lesa non solo sul rischio morte (pari all1-2 %) ma anche specificandone natura e grado di probabilità sul rischio di morbilità conseguente all’intervento rischio quest’ultimo rilevante sia per la natura delle conseguenze anche neurologiche purtroppo verificatesi, sia per la percentuale statistica non indifferente del 5-10 %.

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9 consenso”, che forse rispecchierebbe la volontà reale di molti pazienti, specie quelli affetti da malattie terminali, a non essere assolutamente informati né sui possibili esiti delle malattie né sulle diverse scelte terapeutiche attuate dal medico. Più banalmente non so che valenza terapeutica e forse psicologica possa avere illustrare in modo approfondito ad un paziente tutto lo spettro dei rischi a cui potrebbe andare incontro affrontando un intervento chirurgico.

Anche in questo settore, a mio parere, è preferibile avere medici esperti nella scienza medica, piuttosto che nella comunicazione sulle possibili conseguenze che ogni operazione sanitaria potrebbe determinare. Il medico, come tutte le persone, ha un tempo professionale limitato, personalmente, preferirei che investisse tale tempo ad aggiornare le sue conoscenze scientifiche, piuttosto che utilizzarlo nel miglioramento dell’arte della comunicazione relativa al consenso informato.

A volte rispettare i principi che animano la necessità di consenso informato è realmente complicato se pensiamo ai casi di pazienti extracomunitari che non comprendono appieno la lingua italiana.

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10 Ritengo poi che i criteri risarcitori riferibili alla responsabilità da mancato consenso informato non debbano essere direttamente o esclusivamente correlati al danno subito dal paziente, giacchè se il nesso di causa tra condotta omissiva ed evento può apparire evidente, l’ulteriore nesso tra evento e danno potrebbe essere spesso individuato in termini di possibilità3, e quindi il relativo risarcimento andrebbe liquidato solo dove fossero soddisfatte le regole ed i principi sull’onere di allegazione e prova del danno subito, o in via puramente equitativa come avviene per alcune pronunce in tema di danno da perdita di chance con importi contenuti.

Anche per quanto riguarda le aree emergenti di danno, e penso proprio al mondo del danno da perdita di chance, è auspicabile che a fronte di una miglior chiarificazione degli elementi di tali figure, siano individuati i criteri per il risarcimento del relativo danno con parametri certi e ovviamente contenuti, differentemente avremo un’ulteriore area di incertezza che contribuirà a mettere in crisi un sistema già vicino al collasso.

3Cassazione civile , sez. III, 16 ottobre 2007 , n. 21619… Va allora ribadito che, secondo l'opinione assolutamente prevalente, occorre distinguere nettamente: da un lato sta il nesso, che deve sussistere tra comportamento ed evento perchè possa configurarsi, a monte, una responsabilità "strutturale"

(Haftungsbegrundende Kausalitat); dall'altro, sta il nesso che, collegando l'evento al danno, consente l'individuazione delle singole conseguenze dannose, con la precipua funzione di delimitare, a valle, i confini di una (già accertata) responsabilità risarcitoria (Haftungsausfullende Kausalitat)…

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11 Spesso l’alta sofisticazione di alcune sentenze che caratterizza questi settori può risultare di difficile comprensione per gli operatori sanitari a cui sono destinate. Il tentativo di colmare tale frattura viene effettuato anche dagli assicuratori cercando di sensibilizzare i propri clienti su tutte le problematiche descritte. Un eventuale abbandono di questo settore da parte del mondo assicurativo anche lascerebbe pertanto una lacuna anche in questo senso.

L’assicurazione della responsabilità civile ha storicamente garantito i danni da fatto illecito ex 2043 C.C., escludendo le obbligazioni nascenti da contratto giacché connesse ad un rischio di impresa per sua natura ritenuto non assicurabile. Il campo della responsabilità sanitaria in questi ultimi anni ha fatto un po’ da eccezione stante la possibile coesistenza tra un’azione di tipo contrattuale e la classica azione aquiliana.

Ora, come ho gia avuto modo di rilevare, la questione è stata modificata dagli orientamenti giurisprudenziali sempre più consolidati in tema di contratto/contatto sociale e responsabilità contrattuale (e ovviamente dei relativi vantaggi in capo al danneggiato in tema di prescrizione ed onere probatorio) culminati nella pronuncia

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12 delle Sezioni Unite4. Tutto ciò amplia di molto il rischio per l’assicuratore, la portata della garanzia, e rappresenta un ulteriore motivo di allontanamento delle compagnie assicurative da questo settore.

Le inefficaci soluzioni che il sistema assicurativo ha cercato di porre in essere

I pochi assicuratori nazionali rimasti nel settore lo fanno con particolari modalità, come franchigie frontali di importi rilevanti o franchigie aggregate, sistemi che sempre più coinvolgono nei risarcimenti gli assicurati stessi pubblici o privati che siano.

Altra soluzione assicurativa tipica dei contratti relativi alla responsabilità dei medici è il secondo rischio rispetto alla polizza della struttura sanitaria nei casi in cui, la stessa assicuri anche la responsabilità del medico; alla luce di tale impostazione le assicurazioni delle strutture (generalmente private), a loro volta hanno inserito nei

4 Più recentemente, invece, dalla giurisprudenza il suddetto rapporto è stato riconsiderato in termini autonomi dal rapporto paziente-medico, e riqualificato come un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull'inadempimento fissate dall'art. 1218 c.c.. (Cass. civ. Sez.

Unite, 11-01-2008, n. 577)

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13 contratti clausole di secondo rischio rispetto alle polizze dei singoli medici, sempre dove venga assicurata anche la responsabilità del medico.

In generale, nel caso di esistenza di due polizze, come appena accennato, che prevedano entrambe la clausola di secondo rischio, si ritiene applicabile l’art. 1910 c.c., seppure la questione sia spesso oggetto di discussioni e controversie.

Alcuni assicuratori per evitare tale problematica sostituiscono la clausola di secondo rischio con una franchigia pari al massimale dell’altra compagnia. Si verificano casi come quello di medico assicurato da due diverse polizze, una personale a secondo rischio rispetto alla polizza della struttura ed altra della struttura con una franchigia pari al massimale di quella del medico, con l’aberrante conseguenza che quest’ultimo, seppure assicurato con due diversi contratti, si verrebbe a trovare in una situazione di incertezza a causa delle discussioni tra i due assicuratori su chi debba effettivamente intervenire.

Questi atteggiamenti esasperati delle compagnie, rischiano di determinare sentenze

“particolari” come la pronuncia in nota che interviene a disciplinare la materia del

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14 secondo rischio in modo un po’ troppo scarno 5. Invece ritengo importante fare chiarezza sulla circostanza che la polizza a secondo rischio interviene a tutelare un assicurato una volta esaurito il massimale di quella a primo rischio specificatamente identificata o per casi nella stessa non compresi; in sostanza la polizza a secondo rischio dovrebbe avere un’incidenza di rischio minore e di conseguenza un premio molto più ridotto

Queste realtà già naturalmente complicate da diverse formulazioni contrattuali, vengono rese ancor più complesse dalle incertezze sulle valutazioni relative alle diverse responsabilità in gioco e alle ripartizioni delle quote interne giacchè spesso siamo in presenza di responsabilità diffuse: nei casi più semplici il medico e la struttura, nei casi più complicati più medici e più strutture.

5 …Le assicurazioni quindi possono essere stipulate per lo stesso interesse, contro lo stesso rischio (o contro gli stessi rischi) e per lo stesso periodo di tempo: in particolare le assicurazioni sono così destinate ad operare congiuntamente e non in via sussidiaria o complementare l'una rispetto all'altra. Ed in tal senso - senza che parte ricorrente abbia saputo specificare le pretese violazioni di criteri di ermeneutica - è stata interpretata dal giudice di appello l'assicurazione de qua, con la pregnante considerazione che, altrimenti, e cioè se la S.p.A. Milano (Ausonia) avesse dovuto operare in seconda battuta e quindi la relativa clausola fosse operativa solo in tal senso, l'elevata copertura offerta dalla polizza "Globale fabbricati" renderebbe del tutto inutile la seconda: si tratterebbe in tal caso di contratto privo dell'oggetto (che è il rischio assicurato). Cassazione civile , sez. III, 28 giugno 2006 , n. 14962

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15 In questo scenario complicato, con spesso più strutture e più medici coinvolti, molti assicuratori non brillano per i loro comportamenti, a volte attendistici e defatigatori.

Spesso si creano vere partite a scacchi, con gli assicuratori che si reputano meno esposti (o con massimali più bassi) che fanno di tutto per rimanere nascosti e mandare avanti le società più esposte o più corrette che realmente operano per giungere a transazioni rapide. In tutte queste liturgie diventa difficile, anche per un assicuratore serio, perfezionare accordi e liquidare i danni. Generalmente chi viene maggiormente penalizzato è il leso, che attende anni un giusto risarcimento; ma in ultima analisi è tutto il mercato a soffrirne giacchè si innesta un meccanismo di immobilismo che determina aumento dei costi, aumento della litigiosità fino alla Cassazione, aumento dei risarcimenti e, non da ultimo, fuga delle compagnie dal settore.

Senza scomodare figure tipiche del diritto nord americano come “punitive damages” e difficili da integrare nel nostro sistema, é corretto che questi comportamenti non diligenti siano sanzionati.6

6 l'obbligazione dell'assicuratore, di tenere indenne l'assicurato da quanto il danneggiato richiede a titolo di risarcimento, diventa attuale dal momento in cui lo stesso assicurato, che ne abbia ricevuto richiesta dal danneggiato, a sua volta avanzi istanza di essere tenuto indenne nei confronti del suo assicuratore. Il quale, perciò, a tale istanza deve fare seguire l'offerta della somma che ritiene adeguata, essendo stato posto in condizione di valutare la sussistenza e l'entità del suo debito. Con la ulteriore considerazione che, ove l'assicuratore non provveda a formulare alcuna offerta e preferisca nel suo interesse - per il

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La Suprema Corte in tali circostanze non ha ancora fornito indicazioni certe in ordine ai criteri interni di ripartizione della responsabilità tra strutture sanitarie e singoli operatori medici, o almeno non tali da chiarire ogni dubbio.

E’ ius receptum una responsabilità solidale nei confronti del paziente leso7, ma una volta tacitato il leso quali sono i criteri di ripartizione interni tra corresponsabili?

beneficio che potrebbe di riflesso ricavare da una decisione favorevole all'assicurato - attendere l'esito giudiziale della resistenza che lo stesso assicurato oppone alla pretesa del danneggiato, di ciò non potrà che sopportare le conseguenze, nel senso che dovrà tenere indenne l'assicurato da tutto quanto quest'ultimo sarà tenuto a corrispondere, a titolo di risarcimento, per effetto della liquidazione finale complessiva del danno. La Corte di merito, limitandosi a condannare l'assicuratore al pagamento della somma corrispondente al danno nella misura originaria, non ha tenuto conto di quanto innanzi precisato, per cui la impugnata sentenza deve essere cassata. Cassazione civile, SEZIONE III, 11 febbraio 2002, n.

1885

7 Cassazione civile , sez. III, 09 novembre 2006 , n. 23918 Omissis...

In materia si deve ribadire il principio secondo cui il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura privata (o ente ospedaliere) ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento dal corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo "lato sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, dal personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessaria, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti dal paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., all'inadempimento dalle obbligazioni direttamente a suo carico, nonchè, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., all'inadempimento della prestazione medico - professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario la circostanza che il sanitario risulti essere anche "di fiducia" dello stesso paziente, o comunque dal

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17 medesimo scelto (Cass. 14 luglio 2004, n. 13066; 8 gennaio 1999, n. 103; 11 marzo 1998, n. 2678).

13/01/2005, n. 571; Cass. S.U. 1/07/2002 n. 9556) ………..per le ragioni sopra esposte in merito alla responsabilità della casa di cura per il comportamento del medico, anche non subordinato, è irrilevante stabilire se competente a disporre la dimissione della paziente fosse il chirurgo, che aveva effettuato l'operazione (cioè il L.) ovvero i medici dipendenti della casa di cura, poichè, in ogni caso il comportamento colposo (errore di diagnosi e terapia) del L. integra, a norma dell'art. 1228 c.c., responsabilità della casa di cura.

10.3. E' altresì irrilevante in questa sede di domanda risarcitoria contrattuale proposta dalla danneggiata il fatto che, successivamente alla dimissione (avvenuta dopo due giorni dall'intervento) il L. perseverò nell'errore fino all'8 giorno, in cui diagnosticò l'esatta affezione e provvide alla corretta, ma intempestiva, terapia.

Infatti una volta accertato che l'errore diagnostico e terapeutico del L. iniziò già durante la degenza nella casa di cura e cioè nei primi due giorni dall'intervento e che per questa ragione, stante il suddetto inquadramento giuridico, di tale inadempimento risponde contrattualmente anche la casa di cura, il fatto che l'inadempimento contrattuale del L., relativamente al contratto di prestazione d'opera professionale, continuò anche successivamente dalla dimissione dalla casa di cura della paziente attrice per ulteriori sei giorni, non esclude la solidarietà dei due convenuti.

Infatti per giurisprudenza consolidata di questa Corte quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie perchè i predetti soggetti siano corresponsabili in solido. Infatti, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se l'unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo di risarcimento, che le azioni o omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento (Cass. 15/06/1999, n. 5946; Cass., 28 gennaio 1985, n. 488; Cass., 4 dicembre 1991, n.

13039;Cass., 10 dicembre 1996, n. 10987).

10.4. Ciò discende non tanto, come pure si è sostenuto, dal fatto che l'art. 2055 c.c. costituisca un principio di carattere generale estensibile anche alla responsabilità contrattuale (Cass., 26 maggio 1995, n. 7231), ma dai principi stessi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di cause tutte egualmente efficienti della produzione di un determinato danno, di cui l'art. 2055 c.c. è un'esplicitazione in tema di responsabilità extracontrattuale.

Pertanto, poichè il danno subito dall'attrice, trova causa efficiente sia nell'inadempimento contrattuale realizzatosi durante la degenza nella casa di cura (inadempimento ascrivibile sia al L. che alla Villa Tiberia, per le ragioni sopra dette), sia in quello successivo alla dimissione, ascrivibile esclusivamente al L., entrambi detti soggetti sono responsabili solidalmente nei confronti dell'attrice del risarcimento dell'intero danno (art. 1292 c.c.).

10.5. Da ciò consegue che, una volta che è stato accertato dal giudice di merito che già nei due giorni di degenza postoperatoria presso la casa di cura si era verificato l'inadempimento contrattuale del L. (e quindi della casa di cura presso cui l'attrice era degente), poichè non è stata proposta azione di regresso della Villa Tiberio nei confronti del L. (a norma dell'art. 1299 c.c.), non ha rilevanza in questa sede (e conseguentemente non vi è interesse processuale della Villa Tiberio in questa causa sul punto) l'accertamento se la Villa Tiberio fosse tenuta a dimettere la paziente per la convenzione con la regione Lazio, se essa poteva opporsi alla dimissione disposta dal L.; se la terapia corretta poteva svolgersi anche

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18 Verrebbe da dire che una volta stabilita una responsabilità solidale di medico e struttura nei confronti del terzo leso, dovrebbe essere improbabile che in una ripartizione interna, uno dei due soggetti possa essere considerato non responsabile.

Tale criterio potrebbe determinare una responsabilità solidale e paritaria tra tutti gli enti interessati all’errore in quote uguali ai sensi dell’art. 2055 c.c. salvo ammettere quote diverse per casi particolari.

Se per una struttura pubblica dover rispondere in caso di un palese ed esclusivo errore del medico per culpa in eligendo /vigilando potrebbe essere accettabile, più difficile lo sarebbe per una struttura privata, che spesso ha la convinzione/intenzione di non vigilare sull’operato del medico libero professionista e frequentemente contrattualizza tale aspetto con il medico che opera presso di lei.

Le possibili soluzioni

domiciliarmente, come in effetti, sia pure tardivamente, avvenne; se il danno subito dall'attrice trovava causa anche in altri successivi comportamenti colposi del L…..

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19 In questo scenario veramente complicato è evidente quanto sia importante che tutte le problematiche del settore siano gestite con molto equilibrio da tutte le componenti del sistema.

Equilibrio di cui dovrebbero tenere conto anche gli assicuratori della responsabilità sanitaria che, in considerazione dei trends giurisprudenziali in tema di criteri di responsabilità e quantificazione del danno, stanno abbandonando questo tipo di rischio.

Il mio auspicio personale è che in tale materia sia fatta chiarezza, anche con l’intervento della giurisprudenza di legittimità, con particolare riguardo alle ripartizioni interne di responsabilità e alle diverse formulazioni assicurative adottate, in modo da permettere una chiara applicazione quotidiana da parte di tutte le strutture liquidative delle compagnie di assicurazioni.

Una situazione chiara e stabile sui criteri di risarcimento e sulle regole di ripartizione della responsabilità è l’unica soluzione che potrebbe permettere alle compagnie la permanenza in questo settore con la creazione di tariffe sostenibili, anche in un sistema quasi prossimo alla responsabilità oggettiva.

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20 In questo senso ben vengano pronunce come la recente sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite (Cass. civ. Sez. Unite, 11-01-2008, n. 577), che pur non facendo fare salti di gioia a noi assicuratori e riproponendo un orientamento consolidato da tempo, ha il pregio di essere molto chiara e difficilmente discutibile.8

Anche un maggior dialogo tra le compagnie di assicurazione in ordine alle ripartizioni relative alla responsabilità dei rispettivi clienti ed alla portata delle diverse formulazioni contrattuali porterebbe a liquidazioni più rapide a favore dei danneggiati, senza che ciò possa venire interpretato come una violazione delle normative antitrust. Anzi riterrei auspicabile una concertazione tra tutte le parti sociali interessate e con l’eventuale coinvolgimento di garanzia dell’autorità antitrust stessa.

8 In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio, l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l'aggravamento della patologia o l'insorgenza di un'affezione ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante. (Cass. civ. Sez. Unite, 11-01-2008, n. 577)

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21 Altra soluzione possibile potrebbe essere fornita dal legislatore con un riordino del sistema e con l’introduzioni di normative in stile risarcimento diretto auto.

E’certo che un settore così importante per l’intera collettività quale la sanità richiede che tutti i propri componenti possano operare con efficienza ma anche con serenità in un contesto di generale equilibrio.

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L‘ESPERIENZA DI UNA MULTINAZIONALE

ASSICURATIVA SUL RISARCIMENTO DEL

MACROLESO DA MEDICAL MALPRACTICE

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© Zurich - 2

• Il danno in ambito di medical malpractice non differisce dalle figure di danno in altri settori:

• danno patrimoniale

• danno non patrimoniale (biologico, morale, esistenziale)

• rimborso spese

• danno iure hereditatis in caso di sopravvivenza

• il danno da perdita di chances

• il danno da difetto nel consenso informato

(24)

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Il nesso di causa con particolare attenzione alla condotta omissiva

Sent. Cass. Civ. 16 ottobre 2007 n. 21619

Sent. Sezioni Unite 11 gennaio 2008 n. 581

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La responsabilità contrattuale

Cass. civ. Sez. Unite, 11-01-2008, n. 577

(26)

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Il danno da perdita di chance

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• le prime pronunce risalgono agli anni 80 in materia di responsabilità professionale legale

• nella seconda metà degli anni ’90 il danno da perdita di chance si estende al campo della lesione fisica e quindi alla medical malpractice

la nozione di “chance”: concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato (sent 4400 4-3-2004 Cass civ)

• non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante,

giuridicamente ed economicamente suscettibile d'autonoma valutazione

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• la sua perdita, configura un danno concreto ed attuale svincolata da qualsivoglia rapporto di genus con il danno biologico

• la citata sentenza n.4400/2004 la definisce diversa dalla domanda di risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato

• non si tratta della perdita di un risultato favorevole

bensì la perdita della possibilità di conseguire un risultato favorevole (danno

certo, danno emergente anche se non certo nel suo ammontare, non si tratta di un

danno da lucro cessante)

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….in tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di chance - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta …

Cassazione civile sez. un.

Data: 27 marzo 2008

Numero: n. 7943

(30)

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Corte d’Appello civile di Milano, 1 aprile 2006. La Corte Ambrosiana ha riformato la decisione di primo grado riconoscendo agli eredi la somma omnicomprensiva di euro 100.000 per la perdita di “chance” sofferta.

La quantificazione del danno è totalmente svincolata da

qualsivoglia parametro relativo al danno biologico o morale, ma

si avvale del principio del criterio equitativo ex art. 1226 c.c..

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Il danno da difetto di consenso informato

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• Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario

• senza il consenso informato l'intervento del medico è, al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità, sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente

• la pratica del consenso libero e informato rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi

• Il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse

possibilità di trattamento medico, ma atteso il principio personalistico che anima la

nostra Costituzione e la nuova dimensione che ha assunto la salute , altresì di

eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in

tutte le fasi della vita, anche in quella terminale

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• Il danno esiste solo nella misura in cui dalla lesione dell’interesse siano scaturite o possano scaturire delle conseguenze nella sfera del danneggiato

• l’applicazione del concetto di “consenso informato” è il classico esempio della necessità di equilibrio in questo settore: i principi che animano la materia sono assolutamente condivisibili. L’applicazione che a volte se né è fatto non è condivisibile

i criteri risarcitori riferibili alla responsabilità da mancato consenso informato

non devono essere direttamente o esclusivamente correlati al danno subito dal

paziente

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L’esperienza dell’assicuratore nel campo

del medical malpractice

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• la situazione relativa alla responsabilità sanitaria nel nostro paese è a tutti nota

• il mondo assicurativo sta valutando l’alta rischiosità del settore sanitario, che è in molti casi diventato antieconomico assicurare, pertanto alcuni operatori assicurativi stanno abbandonando o meditano di abbandonare questo tipo di rischio

• l’abbandono da parte del sistema assicurativo di questo settore creerebbe una significativa lacuna sociale

• una delle preoccupazioni degli assicuratori su materie come queste è che le

valutazioni delle responsabilità possano essere orientate in modo più benevolo nei

confronti del leso a causa delle gravità dei casi

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• perché il mondo assicurativo tende ad abbandonare il settore?

• perché l’equilibrio tecnico non regge

• sofisticate costruzioni giurisprudenziali rischieranno di rimanere virtuali

• medici esperti nei singoli settori specialistici della medicina o esperti nella sofisticata arte della “medicina difensiva” ?

• l’assicurazione della responsabilità civile ha storicamente garantito i danni da fatto

illecito ex 2043 C.C., escludendo le obbligazioni nascenti da contratto

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essere

• franchigie frontali di importi rilevanti o franchigie aggregate

• altra soluzione assicurativa tipica dei contratti relativi alla responsabilità dei medici è il secondo rischio

• incertezze sulle valutazioni relative alle diverse responsabilità in gioco e alle ripartizioni delle quote interne

• In questo scenario complicato, con spesso più strutture e più medici coinvolti, molti

assicuratori non brillano per i loro comportamenti, a volte attendistici e defatigatori

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essere

• la Suprema Corte in questa materia non ha ancora fornito indicazioni certe in ordine ai criteri interni di ripartizione della responsabilità tra strutture sanitarie e singoli operatori medici, o almeno non tali da chiarire ogni dubbio

• è ius receptum una responsabilità solidale nei confronti del paziente leso, ma una volta tacitato il leso quali sono i criteri di ripartizione interni tra corresponsabili ?

• si potrebbe ipotizzare una responsabilità tra tutti gli enti interessati all’errore in quote

uguali ai sensi dell’art. 2055 c.c. salvo ammettere quote diverse per casi particolari?

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• equilibrio di tutte le componenti del sistema

• necessità di chiarezza, anche con l’intervento della giurisprudenza di legittimità, con particolare riguardo alle ripartizioni interne di responsabilità e alle diverse formulazioni assicurative adottate

• maggior dialogo tra le compagnie di assicurazione in ordine alle ripartizioni relative alla responsabilità dei rispettivi clienti ed alla portata delle diverse formulazioni contrattuali

• soluzione legislativa

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Un settore tanto importante quale la sanità richiede che tutti i propri componenti possano operare con efficienza ma anche con serenità in un contesto di

generale equilibrio

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