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THE ROLE OF THE LAWYER IN THE MEDICAL MALPRACTICE LITIGATION GESTIONE DEL CONTENZIOSO IN AMBITO GIUDIZIARIO

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TAGETE 1-2008 Year XIV

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THE ROLE OF THE LAWYER IN THE MEDICAL MALPRACTICE LITIGATION

GESTIONE DEL CONTENZIOSO IN AMBITO GIUDIZIARIO

Avv. Rodolfo Berti*

Oggi come non mai la responsabilità professionale, e soprattutto quella sanitaria, è divenuta uno strumento di speculazione, a un mezzo di vendetta, ma anche un mezzo per ottenere il giusto risarcimento dell’ingiusto danno subito.

Il diritto alla salute ha percorso nell’arco dell’ultimo decennio un lungo tragitto fino ad ottenere il massimo della tutela risarcitoria, o meglio quella minima tutela che il nostro ordinamento prevede che è appunto il risarcimento del danno.

*Avvocato Foro di Ancona

ABSTRACT

The author analyze the different law articles that in the Italian judiciary system regulate the medical litigation. In particular for the dentistry profession the author points out when the performance can be considered therapeutic and when can be considered only “aesthetic“, since in the second case the good outcome of the treatment is quite mandatory.

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2 Risarcimento del danno vuol dire reintegrazione per equivalente economico delle utilità perdute perché è quasi sempre impossibile che la menomazione permanente di un organo, di un arto, di un senso possa essere riparata in forma specifica.

Oggi come non mai dunque la classe medica, di qualsiasi specializzazione si tratti, è esposta al rischio giudiziario, rischio che non è possibile eliminare totalmente ma che è senz’altro possibile ridurre adottando condotte improntate alla diligenza prudenza e perizia che debbono appunto connotare la condotta medica.

La responsabilità degli odontoiatri non è diversa da quella degli altri medici specialisti né tanto meno diversa da quella degli altri professionisti essendo tutte le ipotesi inquadrate nell’ambito della responsabilità contrattuale e quindi disciplinate dal combinato disposto degli artt. 1218, 1176 II co. e 2236 cod. civ..

La prima norma pone a carico della parte inadempiente, in questo caso il medico, il dovere di risarcire il danno che con la inadempienza ha causato, presumendo quindi la responsabilità dalla quale il medico può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare l’inadempimento, prova che si sostanzia nell’accertamento di una condotta diligente prudente ed esperta.

Una volta la responsabilità sanitaria era grandemente limitata dal disposto dell’art.

2236 c.c. che solo in ipotesi di colpa grave o dolo riteneva colpevole il medico quando però la materia da trattare fosse non di facile soluzione, sicchè, nell’ipotesi di colpa lieve, il medico andava esente da responsabilità.

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3 Ciò ovviamente solo fintanto che la colpa sanitaria era disciplinata dall’art. 2043 c.c., cioè ricadeva nell’ambito della responsabilità da fatto illecito.

Il nostro ordinamento giuridico prevede solo due ipotesi di responsabilità, quella contrattuale e quella extracontrattuale, la seconda ponendo a carico del danneggiato l’onere di provare il fatto, la discendenza causale dell’evento di danno al fine di consentire il risarcimento dell’ingiusta perdita, il tutto sottoposto ad un breve termine di prescrizione di 5 anni; la prima invece, come appunto si diceva, inverte l’onere probatorio ponendolo a carico del medico che dovrà dimostrare che l’evento di danno è addebitabile a fatti contingenti, estranei alla sua condotta diligente, spettando solo al paziente danneggiato dimostrare il nesso causale tra la commissione o l’omissione della condotta imputabile e l’evento di danno, beneficiando di un termine prescrizionale di 10 anni.

Dunque per i medici la strada è in salita e che tale salita sia ripida lo dimostra il fatto che i premi assicurativi sono arrivati alle stelle e che sempre più spesso, anche alla prima denuncia di sinistro, gli assicuratori disdicono il contratto.

Si tratta invero di una materia estremamente specialistica non tanto perché riguarda fatti appartenenti ad un ambito clinico specialistico, quanto perché la difesa del medico deve essere appunto impostata in modo tale da fornire al giudice la c.d. prova liberatoria dell’altrimenti presunta responsabilità, il che comporta una approfondita ed aggiornata

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4 conoscenza delle evoluzioni dottrinarie e giurisprudenziali in tema di responsabilità sanitaria, materia che è in continua modificazione e in quasi perenne divenire.

Come dicevo, la difesa del medico deve essere specializzata, e quindi l’avvocato deve essere profondo conoscitore non solo e non tanto del rito processuale, che spesso serve a far vincere le cause con eccezioni di decadenza, prescrizione o nullità che paralizzano la domanda attrice, ma anche dei vari aspetti della responsabilità sanitaria e quindi delle condotte doverose che giurisprudenza e dottrina pretendono in determinate fattispecie.

Poiché non è possibile che l’avvocato conosca anche di medicina e soprattutto delle branche di specializzazione, come ad esempio odontoiatria, è ben evidente che la sua opera professionale debba essere coordinata e coadiuvata non solo dalla attiva partecipazione del medico cliente, che deve mettere in condizioni l’avvocato di conoscere profondamente il caso fornendogli tutta la documentazione, anche quella contraria alle proprie ragioni senza nulla omettere, ma anche e soprattutto dall’opera di un consulente tecnico di parte che sia specializzato nella specifica materia sanitaria.

La responsabilità degli odontoiatri non è diversa da quella degli altri professionisti, tuttavia vi sono dei casi in cui tale responsabilità può apparire più impegnata a causa di quelle specifiche metodiche e tecniche che il dentista a volte utilizza.

Mi spiego: l’obbligazione che i professionisti in genere e quindi anche i medici assumono nei confronti del cliente, viene definita di mezzi in quanto si assume l’impegno

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5 di mettere a disposizione del cliente la propria media esperienza e la propria organizzazione al fine di fargli raggiungere il miglior risultato possibile ma non il risultato voluto, che invece è il fine dell’obbligazione di risultato alla quale invece è tenuto il prestatore d’opera, per esempio il falegname che se costruisce una sedia la deve necessariamente costruire a regola d’arte con tutte e quattro le gambe identiche e non traballanti.

Dunque qualsiasi professionista, medico, avvocato, ingegnere, non può impegnarsi, il medico alla guarigione, l’avvocato alla vittoria della causa, l’ingegnere alla approvazione del progetto, a meno che la prestazione non comporti la soluzione di problemi tecnici ma di meri adempimenti formali e sostanziali ovverosia meccanico- dinamici.

Nel caso dell’avvocato, per esempio, costituisce obbligazione di risultato il fatto di proporre appello entro determinati termini previsti dal codice e quindi non si tratta di un risultato difficile da ottenere perché basta solo rispettare il termine segnandosi il giorno di scadenza nell’agenda.

Per i medici invece il discorso è diverso dal momento che ogni paziente ha una situazione biofisica diversa, reagendo l’organismo in modo diverso sicché, quand’anche l’intervento sia di facile soluzione, routinario, il raggiungimento del risultato voluto, cioè la guarigione, non sempre dipende dell’opera del medico ma in taluni casi, per talune

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6 specialità come appunto la odontoiatria, la prestazione riguarda un aspetto dinamico materiale che solo la negligenza non consente di risolvere favorevolmente.

Prendiamo per esempio una protesi dentaria che deve essere impiantata al paziente che vuole solo migliorare il suo aspetto esteriore, così come spesso vogliono gli attori, le modelle e molte gentili signore che non si accontentano delle protesi mammarie, delle labbra a canotto, dei lifting etcc.

La giurisprudenza di legittimità ha infatti ritenuto obbligazione di risultato quella del chirurgo estetico che impegnatosi con la paziente a farle avere un bel naso o delle belle labbra così come raffigurate nelle foto che le ha mostrato, si sia reso poi inadempiente non raggiungendo quel risultato: poiché non si trattava di una ipotesi di intervento terapeutico ma solo voluttuario (la cassazione lo ha definito a scopo commerciale), mancando lo scopo salvifico e il semplice non raggiungimento del risultato costituisce in colpa il sanitario.

Dunque bisogna distinguere tra le varie prestazioni odontoiatriche, quelle finalizzate ad una terapia curativa o ricostruttiva e quelle finalizzate al miglioramento estetico perché le conseguenze che ne discendono in caso di mancato raggiungimento del risultato sperato sono ben diverse.

E allora, tornando al discorso del consulente tecnico di parte, si comprenderà con grande facilità come la sua presenza sia assolutamente essenziale perché solo un consulente di parte che sia bravo ed obiettivo una volta esaminata tutta la

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7 documentazione clinica che il cliente gli ha fornito senza nulla omettere, potrà esprimere un giudizio valutativo sulla sussistenza o meno della responsabilità sul quale poi l’avvocato potrà elaborare la tecnica difensiva più utile per gli interessi del proprio cliente fino anche a consigliarlo, o consigliare la compagnia di assicurazione che garantisce la sua responsabilità civile e professionale, ad una transazione.

In un recente congresso a Roma organizzato dalla Associazione AMAMI, che è quella che difende i medici ingiustamente accusati, illustri relatori, tra i quali pubblici ministeri, consiglieri di cassazione, giuristi e professori universitari, si è trattato della responsabilità dei consulenti tecnici di ufficio e di parte e si è concluso che la loro opera è determinante per le sorti della causa.

Questa figura è fondamentale perché, come vi dimostrerò, le cause di responsabilità professionale sanitaria si risolvono tutte con l’accertamento medico-legale specialistico della condotta del sanitario.

E’ quindi fondamentale che il consulente tecnico sia bravissimo ma che lo sia anche quello del giudice e soprattutto, quando si tratta di fatti che riguardano una certa specialità, non è possibile che un giudizio valutativo su una condotta che riguarda tale materia specialistica sia espressa da un medico-legale se non supportato da un parere di uno specialista odontoiatrico.

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8 Il medico-legale è un po’ medico e un po’ avvocato e quindi deve esprimere un giudizio tecnico giuridico che certamente dovrà essere fondato su un parere specialistico sulla specifica materia da trattare.

Per dimostrarvi quanto sia importante il consulente d’ufficio e di parte nell’ambito della responsabilità sanitaria, basterà che vi citi un paio di casi che ho di recente trattato.

Un odontoiatra, dovendo sottoporre a trattamento le arcate dentarie di destra di un paziente, gli praticò anestesia infiltrativa plessica locale con carbocaina al 2% e al 3%

senza adrenalina per un totale di tre fiale e mezzo.

Visto lo scarso effetto anestetico però gli praticò una ulteriore mezzo fiala questa volta con carbocaina al 3% e adrenalina al 2.

Dopo tre ore di intervento la paziente cominciò ad accusare acufeni ad entrambe le orecchie via via sempre più intensi fino a risultare affetta da ipoacusia sinistra con acufeni da cocleopatia percettiva bilaterale di origine vascolare.

Nel contenzioso che ne è seguito la paziente sosteneva che la patologia di cui soffriva era stata causata dall’eccessivo ed improvvido uso dell’anestetico e soprattutto dall’errata infiltrazione che le avrebbe causato danni neurologici.

Chiedeva pertanto un sacco di soldi di risarcimento.

Solo all’esito di una CTU, effettuata da uno specialista odontoiatria con l’ausilio di un medico-legale, si è accertato che, provata la diligenza nell’intervento da parte del dentista, l’osservanza delle regole tecniche di normale prudenza, l’intervento, che

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9 peraltro aveva interessato l’arcata superiore destra, non poteva essere in nesso causale con la patologia e la domanda fu respinta.

In un altro caso un odontoiatra ha sottoposto a trattamento riabilitativo un paziente per edentulia della emiarcata superiore sinistra, impiantandogli protesi su impianti osteointegrati.

Lo studio preparatorio si era basato solo sull’esame ortopantotomografico.

Il dentista dunque posizionò 4 impianti al paziente il quale però dopo l’intervento accusavaa cefalee ed epistassi.

Espelleva altresì uno degli impianti per cui tornava dal dentista che verificava un fenomeno di rigetto e rimuoveva i 3 impianti residui non trovando però traccia del 4°.

È stata riconosciuta la sua responsabilità non solo perché l’accertamento preparatorio doveva essere più approfondito soprattutto per accertare la consistenza ossea che avrebbe consentito un impianto più sicuro e duraturo, ma anche perché, accertata la labilità ritentiva degli impianti e constatata la mancanza di uno, non avrebbe dovuto presumere che fosse stato ingerito ma che la vite fosse finita nel seno mascellare, dove fu poi reperita dopo numerosi interventi anche di maxillofacciale, rimanendo comunque il paziente portatore di una patologia sinusale mascellare.

In questo caso il medico è stato condannato al risarcimento.

In un altro caso molto simile, che riguardava la rottura del pavimetno del seno mascellare nel corso di una estrazione, si è ritenuta non sussistente la responsabilità del

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10 dentista in quanto tale fatto costituisce una nota complicanza che non può essere evitata ma deve necessariamente ed adeguatamente trattata con idonea terapia, che nel caso di specie era stata effettuata.

E allora consiglio vivamente coloro che disgraziatamente dovessero finire accusati di malagestio sanitaria, di rivolgersi a dei professionisti legali e a dei consulenti di parte che siano in condizioni di poter offrire loro il massimo della tutela a patto che loro stessi forniscano il massimo delle informazioni.

E a proposito dell’informazione credo sia necessario parlare, seppure brevemente, della informazione ovvero del consenso informato che il medico deve ottenere dal paziente prima dell’atto curativo.

Io credo che tutti sappiate di che cosa stiamo parlando, tanto è vero che più o meno tutti si sono provvisti di quei fogli di consenso informato che poi si fanno firmare al paziente anche se molto spesso non si riportano quelle informative che invece i giudici di merito e di legittimità ritengono sempre più necessarie.

Per esempio, laddove l’intervento possa prevedere alternative, il medico dovrà informarne il paziente e poi consigliarlo a scegliere quella che a suo giudizio è meglio, ma l’ultima parola resta sempre al paziente il quale deve anche conoscere quali siano i rischi e anche i benefici.

L’art. 32 della Costituzione dispone che il trattamento sanitario è solo volontario e dunque nessuno può esservi sottoposto senza il suo consenso.

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11 Da qui è nata tutta la casistica intorno al consenso informato che ha avuto drammatici sviluppi soprattutto in penale.

Forse non tutti sanno della vicenda Massimo.

Costui era un chirurgo che sottopose una paziente ad un intervento del tutto diverso rispetto a quello che era stato preventivato perchè, aperto l’addome, si era reso conto che la diagnosi iniziale era sostanzialmente errata.

A causa di un colpevole errore però la paziente decedeva.

Il Dr. Massimo è stato condannato a 6 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale.

L’omicidio preterintenzionale è quell’omicidio che sia conseguenza non voluta di una lesione volontaria: per esempio voglio colpire con un pugno il mio avversario ma costui cadendo a terra batte la testa e muore.

Non volevo certamente la sua morte, volevo solo fargli male.

Fino al 2002 vi è stata un grande rivolgimento dottrinario e giurisprudenziale intorno alla rilevanza del consenso come esimente dell’altrimenti lesione volontaria perché si sosteneva che la lesione chirurgica tuttavia costituiva lesione e dunque era volontaria, sicchè il conseguente decesso appariva quell’evento non voluto che comunque perfezionava il reato di omicidio oltre l’intenzione.

A un certo punto però la Suprema Corte di Cassazione ha detto basta e con la sentenza Volterrani, di circa 10 anni successivi a quella Massimo, ha definito “massaggio

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12 mentale” l’ipotesi sostenuta inizialmente dalla stessa Corte di Cassazione, perché a differenza della lesione volontaria che è sempre caratterizzata dall’hanimus necandi, quella chirurgica, anche se non consentita, e anche se errata, è sempre caratterizzata dall’hanimus bonus e dunque, ammesso che non vi sia una volontà per inimicizia, non potrà mai parlarsi di fatto doloso tranne che nei casi in cui sia evidente l’inutile esposizione al rischio del paziente, come per esempio nei casi di medicina sperimentale ed estetica.

In certa misura dunque il consenso informato non gioca più un ruolo fondamentale ai fini penali, ma invece è fondamentale nell’ambito della responsabilità civile.

Abbiamo detto che il rapporto che si instaura tra medico e paziente è sempre contrattuale e poichè si tratta di un contratto tra due parti, paziente che chiede la cura e medico che gliela fornisce, l’incontro delle volontà perfeziona il contratto stesso e tale momento perfezionativo coincide, secondo alcuni e anche secondo me, proprio con il consenso alla cura preceduto dall’informazione.

Dunque solo se vi è un consenso ampiamente informato nel quale si prevedano tutti i rischi, tutte le alternative, e ogni altra notizia utile perché il paziente possa esprimere la propria opinione definitiva ai fini della cura, potrà andare esente da responsabilità quel medico che non è riuscito ad ottenere la guarigione del paziente per via di complicanze prevedibili per quella metodica.

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13 E’ dunque fondamentale che otteniate dai pazienti un consenso ampiamente informato spiegando dettagliatamente loro, e procurandovi la prova di tale spiegazione, quale sia la tecnica più utile, quali siano i risultati, quali i rischi.

Sappiate peraltro, e con questo ho finito, che nel caso di inadempienza contrattuale oltre al risarcimento del danno causato alla persona , e quindi del danno biologico, del danno morale e del danno non patrimoniale in genere, la vostra parcella dovrà essere restituita, ma attenzione: mentre il risarcimento del danno è coperto sempre dall’assicurazione della vostra responsabilità civile professionale, il rimborso della parcella no perché esula dall’ambito della copertura dal momento che il pagamento per qualcosa che non è stato fatto o che è stato fatto male non è ammissibile e dunque qualora non venisse restituito costituirebbe ipotesi di indebito, il quale esula dall’ambito di qualsiasi copertura assicurativa.

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