22 GIUGNO 2014
Fondazione per l’Arte ➽ Ah, si va a Oriente!
Fo ndazi o ne per l ’ Arte
➽ Ah, s i v a a O ri ente!
A N D REA KV A S , S EN ZA TITOLO, PA RTICOLA RE, TECN ICA MIS TA S U MU RO. FON D A ZION E PER L’A RTE, ROMA , 2 014
Il 3 Giugno ha inaugurato Ah, si va a Oriente!, mostra finale della prima residenza organizzata dalla Fondazione per l’Arte nel suo nuovo spazio espositivo al Mandrione, nella periferia romana.
Ideata e curata da Daniela Bigi, la residenza ha visto coinvolti Giuseppe Buzzotta, Giallo Concialdi, Andrea Kvas e Vincenzo Schillaci.
Alcune domande a Daniela Bigi.
ATP: Da quali premesse e necessità nasce questa residenza?
Daniela Bigi: “Mandrione.1 Ah, si va a Oriente!” è la prima di un ciclo di residenze dedicato alla scena emergente italiana. Le premesse risiedono nella necessità di individuare i tratti, verificare gli assunti, valorizzare gli esiti di questa nuova scena. C’è un cambiamento forte in atto, c’è un superamento consapevole e desiderato che va esplicitato, messo a fuoco, esplorato. Una residenza/cantiere, ossia un periodo di tempo e un luogo dedicati esclusivamente alla concentrazione sul lavoro e sulle problematiche sia pratiche che teoriche ad esso connesse, nel clima di condivisione e quindi di scambio che ne conseguono, ci è sembrata una modalità necessaria.
Un lavoro enorme, in tal senso, è stato svolto dagli artisti stessi, che hanno scelto l’auto-organizzazione come risposta ad un sistema chiuso e schematico quale è stato, soprattutto in Italia, quello degli anni zero. Dagli spazi autogestiti, dagli spazi progetto, si è fatta strada una generazione alla quale ci è sembrato importante, con la Fondazione, fornire strumenti, spazi e supporto per continuare il proprio percorso.
ATP: Secondo quale criterio hai selezionato gli artisti? Trovi ci sia qualcosa che accomuni la loro
Ar ti s t(s ): Andr ea Kva s, G i a nl uca C o nci a l di, G i us eppe B uzzo tta, Vi ncenzo Schi l l a ci
ricerca?
DB: Ho scelto innanzitutto artisti che avessero lavorato nell’ambito degli spazi autogestiti, che fossero in grado di operare non solo entro i confini della propria dimensione ma spendendosi anche per la crescita degli altri, perché il processo di valorizzazione che ho in mente non ha a che fare con l’assistenzialismo ma con un percorso che continui a maturare dal proprio interno, attraverso risorse da mettere in comune.
In secondo luogo ho pensato ad artisti che avessero dei tratti forti di disuguaglianza rispetto a quanto è stato fatto fin qui, che avessero una autonomia di ricerca palese, un pensiero proprio, e rispecchiassero in modo convincente lo spirito e il senso di questo passaggio generazionale. Con tre di loro ho un rapporto di conoscenza e di collaborazione di anni, ho seguito i passaggi della loro ricerca e mi sono trovata in altre occasioni ad esporne gli esiti. Il quarto è un artista che seguo comunque da tempo seppure a distanza, soprattutto dalle pagine di “Arte e Critica”. Abbiamo cominciato un dialogo serio alcuni anni fa e lo stiamo portando avanti.
Mi interessava, in accordo con la Fondazione, lanciare da Roma un progetto che tornasse a renderla un luogo di incontro autentico e costruttivo a partire da provenienze diverse, in una visione che certo risente del pensiero meridiano e che intende esprimere una indipendenza rispetto alle più scontate geografie degli ultimi vent’anni.
In comune questi artisti hanno molti aspetti, primo fra tutti un analogo e profondo interrogarsi sulla costituzione dell’immagine e poi la riappropriazione dei tempi, dei processi, dei materiali, delle tecniche che portano all’opera, la ricerca di una relazione anche fisica con il suo farsi. Tutto questo all’interno di una precisa postura etica.
A H, S I V A A ORIEN TE, IN S TA LLA TION V IEW, FON D A ZION E PER L’A RTE, ROMA , 2 014 (IN PRIMO PIA N O GIA N LU CA CON CIA LD I, PA D IGLION E A RROTOLA TO)
ATP: Il titolo della residenza e della mostra è una libera citazione da una poesia di Pasolini. Nel contesto del vostro progetto, a quale “oriente” si fa riferimento?
DB: A quell’idea di oriente alla quale pensava Pasolini stesso, che più che una geografia indicava una condizione, una possibilità di distanza dalle degenerazioni del modello occidentale. Il Mandrione, area cittadina frequentata da Pasolini così come da altri intellettuali, a “oriente” della città, ossia nell’immediata periferia est, con la sua vis artigianale ancora attiva, con le tracce indelebili del passato romano, con le case basse e il verde spontaneo, rimanda ad un certo modo di esistenza, ad una differenza. E via dicendo, per via di metafora…
ATP: Vorrei sapere in che modo avete lavorato in queste tre settimane, in particolare del tuo ruolo di curatrice nella “costruzione” della mostra finale.
DB: Abbiamo trasformato il grande capannone – sede operativa ed espositiva della Fondazione – in un laboratorio attivo h24. C’era chi lavorava anche fino a tarda notte, o dall’alba. Avevamo in testa questi obiettivi: portare avanti un progetto che rappresentasse un’urgenza per ciascun artista, in linea con quanto stava ricercando nei mesi precedenti; lavorare in quello spazio e per quello spazio tenendone presenti le caratteristiche sia strutturali che contestuali; mettersi in costante riferimento con le problematiche e le esigenze del lavoro degli altri; dibattere.
Il mio ruolo è stato soprattutto di interlocutore oltre che di complice. Non avevo alcun modello a priori, nessun contenuto da far sviluppare, nessuna griglia da imporre. Ho pensato che fosse importante ascoltare le loro direzioni, assecondare le loro attitudini e soprattutto accordarle, assumermi la responsabilità di condividerle fino in fondo, senza intervenire con una presenza normalizzante, che in
altri contesti, mossi da altre finalità, si sarebbe resa necessaria. Ho voluto liberarmi, e soprattutto liberare gli artisti, dal politically correct dello standard corrente. Mi interessava piuttosto il ruolo attivo e costante all’interno del dibattito così come nelle microquestioni quotidiane. Mi premeva garantire l’autonomia e condividere tutti insieme un certo margine di rischio. E così è stato.
La mostra è stata pensata, fin dall’inizio, come la restituzione naturale dei lunghi giorni di convivenza, di sperimentazione e di confronto. Non è stata progettata a tavolino. Ma è stata “curata”
scrupolosamente giorno dopo giorno. E’ “accaduta”. Questo volevamo.
V IN CEN ZO S CHILLA CI, CA TA S TROFI ED A LTRE TRA S FORMA ZION I, CERA V ERGIN E, 2 014 . FON D A ZION E PER L’A RTE, ROMA
ATP: Il luogo in cui si è svolta la residenza non è stato pensato solo come luogo di lavoro, ma anche come spazio di incontro con artisti, curatori, collezionisti, galleristi, direttori di musei, di riviste e di fondazioni. In che modo si sono svolti gli incontri? Quale è stata la risposta di questo pubblico specializzato alla residenza?
DB: La risposta è stata straordinaria. Abbiamo avuto diversi studio visit individuali ma soprattutto molti momenti di incontro collettivi, organizzati con grande energia e attenzione dalla Fondazione e da tutti noi. Abbiamo ricevuto un riscontro entusiasta e si sono create relazioni di un certo peso. Il dato più significativo è stato la forte concentrazione proprio su quello che si stava facendo e sulle modalità con cui si svolgeva, in termini strettamente di laboratorio, di procedimenti, di realizzazione. C’è stato un forte interesse per le idee e le posizioni che emergevano dagli artisti, dal cantiere, per la loro visione.
Si è sviluppato un dialogo intenso a partire dalla dimensione di ricerca, di studio, e questo è stato particolarmente significativo anche per gli artisti, per alimentare una riflessione acuta, lucida, intorno al loro lavoro.
ATP: In che modo proseguirà l’attività della Fondazione?
La Fondazione, presieduta da Ilaria Bozzi, sta mettendo a punto l’articolazione della propria attività, che prevede un impegno in termini di mobilità internazionale degli artisti e un ampliamento ad altre discipline.
Al momento, in linea con quanto fatto a partire dal 2011, anno di costituzione, è concentrata soprattutto sul sostegno ai giovani artisti.
(Intervista di Matteo Mottin) Fino al 3 Luglio.
ahsivaaoriente.tumblr.com fondazioneperlarte.org
U N ’IMMA GIN E D EL CA N TIERE RES ID EN ZA MA N D RION E. 1 A H, S I V A A ORIEN TE!, PHOTO: CLEO FA RIS ELLI
U N ’IMMA GIN E D EL CA N TIERE RES ID EN ZA MA N D RION E. 1 A H, S I V A A ORIEN TE!
GIU S EPPE B U ZZOTTA , IL CU ORE RECIS O D ELLA TERRA , 2 014 . FON D A ZION E PER L’A RTE, ROMA
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