• Non ci sono risultati.

I RIMEDI DI EDWARD BACH ED ALTRI, FRA STORIA, LEGGENDE E TRADIZIONI.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "I RIMEDI DI EDWARD BACH ED ALTRI, FRA STORIA, LEGGENDE E TRADIZIONI."

Copied!
134
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITE’ EUROPEENNE JEAN MONNET

ASSOCIATION INTERNATIONALES SANS BUT LUCRATIF Bruxelles – Belgique

COURS DE

DOCTORAT PROFESSIONNELLE EN NATUROPATIE

I RIMEDI DI EDWARD BACH ED ALTRI, FRA STORIA, LEGGENDE E TRADIZIONI.

Daniela BRUSA

A.A. 2001/2005

n. matricola: 0907

(2)

INDICE

INTRODUZIONE

IL SENSO DELLA FLORITERAPIA COME AGISCE LA FLORITERAPIA IL METODO DI BACH

LE AREE EMOZIONALI

COME SI ASSUMONO I RIMEDI L’AZIONE DEI FIORI

CHE COSA CURANO CHE COS’E’ UN FIORE?

LA FILOSOFIA DI BACH UNA VITA CORAGGIOSA

- AGRIMONY, HEATHER I GENITORI DI EDDIE

- CHICORY - RED CHESTNUT 1903 – EDWARD

- SCLERANTHUS, IMPATINS AL PRONTO SOCCORSO

- MIMULUS

SOFFERENZE - ROCK ROSE

LA VITA CONTINUA - CLEMATIS IL MALE DI VIVERE

- GORSE

LA GUERRA

- OLIVE

RINASCERE

- PINE

LE PORTE DELL’ANIMA - HOLLY

(3)

LA LUCE CHE NON SI SPEGNE MAI LA PARTENZA

LA REALIZZAZIONE

- HONEYSUCKLE

TERRA, ARIA, SOLE E ACQUA

LA”PICCOLA VOCE TRANQUILLA”

LE ULTIME SCOPERTE

ANTOLOGIA DI ALTRI FIORI

MUSTARD, GENTIAN, OAK, HORNBEAM, ELM, CRAB APPLE, LARCH, ASPEN, BEECH, CENTAURY,CERATO, CHERRY PLUM, CHESTNUT BUD, ROCK WATER, STAR OF BETHLEHEM, SWEET CHESTNUT, VERVAIN, VINE, WALNUT,WATER VIOLET, WHITE CHESTNUT, WILD OAT,WILD ROSE, WILLOW

LA FLORITERAPIA DI BACH IL SENSO DELLA VITA

ALTRI FLORITERAPEUTI FLORITERAPIA CALIFORNIANA

LE ESSENZE DELL’ARIZONA LE ESSENZE AUSTRALIANE FLORITERAPIA FRANCESE FLORITERAPIA INDIANA FLORITERAPIA SCOZZESE FLORITERAPIA ITALIANA

FLORITERAPIA DELL’ALASKA LE ESSENZE DA COLLEZIONE DIETMAR KRAMER,

- LE TRIADI, LE MAPPE LE LUCI W.H.I.T.E.

FLORITERAPIA E P.N.E.I.

STORIA DI INES

BIBLIOGRAFIA

(4)

“Il medico di domani capirà di non avere, di per sé, il potere di guarire: ma, se dedicherà la sua vita: al servizio del fratello-uomo; a studiare la natura umana, così da poter, in parte, comprenderne il significato; a desiderare con tutto il cuore di alleviare la sofferenza;a rinunciare a tutto per aiutare i ma- lati; allora, tramite lui, può essere trasmessa la conoscenza per gui- darli ed il potere di guarigione per alleviare il loro dolore."

E.Bach.

(5)

INTRODUZIONE.

Ho incominciato a conoscere davvero Edward Bach in questi ultimi anni. Prima supponevo fosse semplicemen- te un medico che avesse studiato un sistema di cura

“placebo” per disturbi psicosomatici, basato su essenze vegetali, tra cui diversi fiori: in seguito, ho letto molto di quanto scritto da lui stesso e dalla sua instancabile col- laboratrice e biografa Nora Weeks. Ho letto anche ope- re di altri autori, che hanno ampliato le tesi di Bach, scoprendo altre modalita’ di impiego dei suoi rimedi.

Ma sempre piu’ spesso tornavo ad occuparmi di Bach, sentivo in quanto scriveva la passione vera, la perce- zione, l’istinto creativo, l’intuito. E, nello stesso tempo, avvertivo le difficolta’, ansie, preoccupazioni, dilemmi in cui si e’ imbattuto nel corso degli anni. Mi sono do- mandata: Bach nacque nel 1886 ma scopri’ i primi fiori nel 1928: a quel punto, un parte della sua vita, una par- te importante, era gia’ stata vissuta e si era snodata come tante, tra studi, scelte, lutti e scoperte. Ma come sarebbe stata la sua esistenza se avesse potuto, all’occorrenza, usare i suoi fiori?

Mi sono anche domandata: com’era Bach da bimbo?

E da adolescente?

Che peso ebbe la sua famiglia nella sua crescita, fisica e spirituale, che lo condusse alla scoperta dei rimedi?

Che peso ebbero, nelle sue scelte, amici, colleghi, a- mori, guerre?

(6)

Così vorrei illustrare la floriterapia di Bach nel suo com- plesso, nelle sue verità e motivazioni e, poi, rivivere la vita di questo grande medico che preferiva definirsi

“erborista”; mi piacerebbe, riscrivere la sua storia, co- struendola come lui stesso la ricordò da grande, quan- do ormai era troppo tardi per lenire le sue vecchie feri- te con rimedi allora di là da venire, che avrebbe sco- perto più avanti, quando tutto era ormai concluso.

Vorrei che fosse la vita di Edward Bach a dare un senso a questo viaggio alla scoperta della floriterapia e vorrei concludere l’escursus narrando una mia piccola ma si- gnificativa esperienza.

IL SENSO DELLA FLORITERAPIA

Nell'ambito della medicina naturale e psicosomatica la Floriterapia di Bach rappresenta uno dei sistemi di cura attualmente più conosciuti e diffusi. Questo metodo te- rapeutico naturale, scoperto ed elaborato negli anni trenta da Edward Bach, si basa sul principio che la maggior parte delle malattie fisiche sia causata da squilibri psicologici emozionali, come paura, ansia, insi- curezza, depressione, ipersensibilità. Tali stati disarmo- nici possono venire curati per mezzo di speciali essenze di fiori selvatici, piante intere, una gemma e l’acqua, i cosiddetti trentotto rimedi di Bach, ognuno dei quali corrisponde a uno specifico squilibrio della personalità, su cui è in grado di agire positivamente, riarmonizzan- done i sintomi. Le essenze si assumono oralmente sotto forma di gocce e inducono, nello stato d'animo della

(7)

persona, un cambiamento graduale ma profondo, che spesso si riflette positivamente anche su molti disturbi fi- sici. Si tratta di una cura dolce, priva di qualunque ef- fetto collaterale o tossicità, di facile applicazione, a- datta a persone di ogni età, anche ai bambini più pic- coli. Edward Bach, sensibile e geniale, convinto che la medicina dovesse tenere conto non soltanto dei sin- tomi fisici, ma specialmente del patrimonio emozionale e affettivo del malato, si allontanò progressivamente dalla medicina farmacologica, abbandonando un'atti- vità che gli aveva garantito ricchezza, successo e una carriera prestigiosa. Si dedicò alla ricerca di rimedi semplici e naturali, in grado di agire sullo stato disar- monico del paziente e di riattivarne l'innata forza di au- toguarigione. Solo dopo anni di studi e sperimentazioni, egli arrivò a individuare le essenze, le “nature liete”, come lui le chiamava, (happy fellows), capaci di cura- re i principali stati psicologici negativi che affliggono l'animo umano e favoriscono l'insorgere delle malattie.

Dopo la sua morte, la floriterapia si è sviluppata dap- prima in Inghilterra, dove i suoi collaboratori continua- rono la sua opera con la creazione del Bach Centre e della Fondazione Bach; in seguito il metodo si è pro- gressivamente diffuso negli altri paesi. Oggi i rimedi di Bach sono usati nel campo della medicina preventiva e psicosomatica, in pediatria, nel counselling psicologico, in associazione a diversi tipi di psicoterapia.

(8)

COME AGISCE LA FLORITERAPIA

Secondo il dottor Bach, esiste una strettissima interdi- pendenza tra problemi psicologici emozionali e malat- tie fisiche. La malattia è infatti da interpretare come il segnale di un disagio psicologico profondo, che si e- sprime sotto forma di sintomo, prendendo di mira un or- gano-bersaglio del nostro corpo. Se ci si limita a sop- primere questo sintomo attraverso l'assunzione di un farmaco, come avviene nella medicina tradizionale, non si rimuove la vera causa scatenante del disturbo, che va ricercata nello stato mentale disarmonico. Infat- ti le emozioni negative continueranno a somatizzarsi a livello fisico finché la persona non prenderà coscienza del proprio conflitto interiore. Solo se si elimineranno paura, ansia, depressione, così come odio, rabbia, invi- dia, rancore, gelosia, egoismo, superbia (le "malattie dell'anima" più gravi e pericolose), si potrà realmente tornare in equilibrio, e, quindi, guarire.

IL METODO DI BACH

Il metodo di cura ideato da Bach è una cura assoluta- mente naturale, che rispetta l'uomo nella sua totalità, che agisce sui piani più sottili dell'organismo, facendo- lo reagire positivamente in profondità. A differenza dei farmaci chimici, i rimedi di Bach non combattono né sopprimono un sintomo, ma agiscono sbloccando l'e- nergia della persona con progressione e gradualità, av- viando un naturale processo di autoguarigione. Le es-

(9)

senze vanno assunte sotto forma di gocce alcune volte al giorno, (di solito quattro); vi è poi un rimedio di e- mergenza, il Rescue Remedy, formato dalla combina- zione di cinque fiori e considerato il "pronto soccorso"

del sistema floreale. Ogni essenza corrisponde a un preciso stato psicologico e cura numerosi sintomi psico- fisici. Contiene le seguenti essenze:

Star of Bethlehem: per riprendersi dopo uno shock

Rock Rose: per trovare il coraggio di affrontare le si- tuazioni difficili

Impatiens: per lo stato di agitazione mentale

Cherry Plum: contro la paura di perdere il controllo

Clematis: contro la tendenza ad estraniarsi dalla re- altà come reazione all'emergenza

Il Rescue Remedy può essere assunto ogni qual volta ci si trova ad affrontare situazioni particolarmente delica- te dal punto di vista emotivo e psicologico; il rimedio ri- stabilisce, infatti, l'equilibrio emotivo, agendo spesso in poco tempo. Il rimedio è indicato anche per piccoli traumi fisici non gravi.

L’utilizzo del Rescue Remedy:

dopo una brutta notizia

(10)

prima di un colloquio importante, una conferenza al pubblico, un esame

dopo uno spavento o una puntura d'insetto

quando ci si trova in un'atmosfera carica di stress, come in un pronto soccorso o un ufficio pubblico so- vraffollato.

Il Rescue viene frequentemente utilizzato come coadiu- vante nei dolori mestruali, coliche dovute a calcoli, crisi epilettiche, emicrania, a patto di utilizzarlo nella fase preliminare di carattere psichico, cioè all'insorgere dei primi segnali premonitori. Quando il sintomo fisico è già palese, il Rescue può essere utilizzato solo per sopporta- re meglio il dolore: essendo un composto, ha una poso- logia differente rispetto ai rimedi semplici: nel bicchiere d'acqua vanno poste quattro gocce anziché due. L'uti- lizzo più proprio del Rescue è però quello di "pronto soccorso", va assunto puro direttamente dalla botti- glietta di concentrato nella quale è venduto. Esiste an- che la Rescue Cream, indicata per le scottature, contu- sioni tagli e eruzioni. La Rescue Cream contiene, oltre ai fiori già indicati, anche Crab Apple.

LE AREE EMOZIONALI

Bach ha suddiviso i rimedi secondo sette diverse aree emozionali per le quali sono indicati: rimedi per la pau- ra, la solitudine, l'incertezza, la depressione, l'ipersen- sibilità, l'eccessiva cura per il benessere altrui, il disin-

(11)

teresse per il presente. La scelta dei rimedi avviene se- condo un criterio di corrispondenza e analogia tra lo stato d'animo negativo della persona e il campo d'a- zione del fiore scelto. Le essenze, combinate tra loro secondo la necessità individuale del momento, agisco- no in sinergia in modo da coprire tutto l'insieme dei sin- tomi. Non esiste un rimedio standard adatto a tutti, perché uno stesso problema in persone diverse può da- re reazioni totalmente differenti; perciò bisogna analiz- zare con cura il tipo di disarmonia cui porre rimedio, in- dividuando poi le essenze utili alla guarigione.. .

ANALISI DEI RIMEDI ADATTI AL CORRISPONDENTE STATO D’ANIMO.

PAURA

* Rock Rose: Paura folle, terrore, attacchi di panico

* Mimulus: Paura di cose conosciute, fobie, timidezza

* Cherry Plum: Paura di perdere il controllo, di impaz- zire, di commettere atti violenti

* Aspen: Paure vaghe e inspiegabili, inquietudine, tremori;

* Red Chestnut: Paura e preoccupazione eccessiva per gli altri

INCERTEZZA

(12)

* Cerato: Influenzabilità, suggestionabilità, sfiducia nel proprio giudizio

* Scleranthus: Indecisione tra due possibilità, instabi- lità, mancanza di equilibrio

* Gentian: Depressione per cause note, scoraggia- mento, pessimismo

* Gorse: Disperazione, rassegnazione, dubbio di poter guarire

* Hornbeam: Stanchezza mentale, intolleranza al la- voro per eccessivo affaticamento

* Wild Oat: Incertezza sulla propria vocazione, diffi- coltà a orientarsi nelle scelte

INSUFFICIENZA DI INTERESSE NEL PRESENTE

* Clematis: Distrazione, tendenza a fantasticare e fuggire dalla realtà

* Honeysuckle: Nostalgia e rimpianto per il passato;

vivere di ricordi

* Wild Rose: Apatia, rassegnazione, mancanza di vitalità

* Olive: Grande stanchezza e esaurimento dopo ma- lattia o in convalescenza

(13)

* White Chestnut: Eccitazione mentale, continuo ri- muginare, insonnia da pensieri ossessivi

* Mustard: Malinconia e depressione profonda che appare e scompare senza motivo

* Chestnut Bud: Mancanza di volontà e di osservazio- ne; ripetere gli stessi errori

SOLITUDINE

* Water Violet: Riservatezza, orgoglio, senso di di- stacco e superiorità

* Impatiens: Impazienza, irritabilità, impulsività, ten- sione

* Heather: Eccessiva loquacità, aggrapparsi agli altri, concentrazione su se stessi

IPERSENSIBILITA' ALLE INFLUENZE E ALLE IDEE

* Agrimony: Ansia, tormento e angoscia mascherati da allegria e giovialità

* Centaury: Sottomissione, servilismo, debolezza di carattere

* Walnut: Protegge dalle influenze altrui e nei mo- menti di cambiamento

* Holly: Gelosia, rabbia, invidia, odio, sospetto, ven- detta

(14)

SCORAGGIAMENTO O DISPERAZIONE

* Pine: Senso di colpa, biasimo e rimprovero di sé

* Larch: Insicurezza, mancanza di autostima, senso di inferiorità

* Elm: Sentirsi sopraffatti dalle responsabilità, esauri- mento temporaneo

* Sweet Chestnut: Depressione e angoscia insostenibi- li, cupa disperazione

* Star of Bethlehem: Traumi, conseguenze di shock e dolori

* Willow: Rancore, amarezza, risentimento, rimuginare sul passato

* Oak; Esagerato senso del dovere, forza di lottare fi- no all'eccesso

* Crab Apple; Vergogna e disgusto verso se stessi, autosvalutazione; depura mente e corpo

PREOCCUPAZIONE ECCESSIVA PER IL BENESSERE ALTRUI

* Chicory: Possessività, gelosia, egoismo, pretendere attenzione

* Vervain: Eccesso di entusiasmo, fanatismo, stress, tensione

(15)

* Vine: Autoritarismo, dispotismo, prepotenza, brama di potere

* Beech: Intolleranza, criticismo, arroganza, rigidità

COME SI ASSUMONO I RIMEDI.

Come per gli antichi Greci, nella preparazione delle es- senze floreali si realizza l'atto trasmutativo della mate- ria, con la partecipazione dei quattro costituenti:

la terra (i petali dei fiori);

l'acqua (di fonte raccolta nel vaso di vetro per la solarizzazione);

il calore (del sole che solarizza l'acqua per almeno tre o quattro ore o del fuoco, con la bollitura)

l'aria (la carica energetica dello "spiritus mundi" trae la sua potenzialità dal cogliere i fiori, come prescritto da Bach "nelle prime ore del mattino in un giorno sere- no e senza nubi, nel momento di massima fioritura”. Ai costituenti naturali viene aggiunta quella che Paracelso chiama "la virtù": la presenza consapevole del terapeu- ta, la disposizione d'animo attenta, l'amore verso il prossimo, che diviene parte integrante della realtà e- nergetica incorporata nei rimedi Le boccette dei rimedi floreali assumono potere terapeutico differente a se- conda della "partecipazione" con cui vengono prepa- rate: una preparazione accurata emozionalmente, l'at- teggiamento di porsi al servizio del fratello-uomo, po- tenzia la forza delle essenze, con un'azione visibile sui risultati. A preparazione delle essenze base compiuta,

(16)

si versano due gocce di quelle scelte in un boccetto con contagocce da 30 ml.; si aggiungono due cuc- chiaini di brandy, come conservante, e si riempie con acqua minerale naturale. In genere si consiglia di non mescolare più di 5 o 6 rimedi per volta. La dose stan- dard, sia per gli adulti che per i bambini, consiste in quattro gocce da assumere quattro volte al giorno, sal- vo diverse prescrizioni specifiche; il Rescue Remedy, in caso di emergenza, può anche venire assunto più spes- so, fino alla scomparsa dei sintomi. Essendo una cura priva di tossicità, i fiori di Bach non presentano alcuna controindicazione, non provocano effetti collaterali, possono essere combinati senza problemi sia ai farmaci tradizionali sia a quelli omeopatici.

L’AZIONE DEI FIORI.

La vita è unità, unità di mente-corpo-anima: quando questi tre aspetti raggiungono un certo equilibrio, il corpo ha la possibilità di innescare meccanismi di au- toguarigione e autoregolazione. Quando l'equilibrio viene meno, si apre la porta d’ingresso a malattie, debolezze, e così via. Lo scopo dei rimedi è quello di ri- stabilire l'originario equilibrio, in modo che ciascuno possa rimettersi in cammino sul proprio percorso evolu- tivo. La felicità e il benessere sono raggiungibili solo at- traverso una crescita personale, è nostro compito, nella vita, assimilare lezioni ed esperienze. In un seminario a Southport nel 1934 Edward Bach disse: "L'effetto di que- sti rimedi consiste nell'accrescere le nostre vibrazioni e

(17)

attivare i recettori del nostro Io spirituale, nell'inondare la nostra natura della particolare virtù di cui abbiamo bisogno e nell'eliminare gli errori che ci causano tanto dolore. Come la musica più sublime o tutto ciò che di glorioso esiste e può ispirarci, essi possono innalzare la nostra natura e farci avvicinare alla nostra anima, por- tandoci in questo modo la pace e alleviando le nostre sofferenze. Essi guariscono non attaccando la malattia, ma inondando il nostro corpo delle meravigliose vibra- zioni della nostra natura superiore, alla presenza della quale la malattia si scioglie come neve al sole." Quan- do si chiede alle persone che hanno assunto i rimedi floreali di raccontare la loro storia, una parola ne è de- nominatore comune: "la comprensione". L'effetto più immediatamente percepibile delle essenze floreali è quello di affinare le nostre capacità di capire cosa c'è di sbagliato dentro di noi. Da questa migliore compren- sione, o maggiore consapevolezza, deriva un aumento della nostra vitalità ed energia attraverso la creazione spontanea di pensieri positivi. L'azione dei fiori di Bach é graduale; non ci si deve aspettare un effetto imme- diato, come accade per i farmaci chimici. Le modalità di reazione hanno caratteristiche assolutamente indivi- duali e personali: c'è chi risponde nel giro di pochi gior- ni, chi ha invece bisogno di tempi più lunghi, special- mente se il problema è più grave, complesso o di vec- chia data. Generalmente sono i bambini a reagire più velocemente alle cure; comunque, dopo qualche set- timana, a volte molto meno, quasi tutti mostrano segni

(18)

di miglioramento. La durata media della cura può esse- re considerata di due o tre mesi. Non esiste ancora una spiegazione scientifica sul meccanismo d'azione delle essenze, che sono estremamente diluite e non conten- gono elementi chimici attivi né proprietà farmacologi- che. Si ritiene che la loro efficacia dipenda dalla forza vitale trasmessa dal fiore. Ogni fiore, infatti, possiede una sua specifica frequenza vibrazionale, una precisa proprietà terapeutica che, agendo per "risonanza", va a compensare una particolare carenza della persona, manifestata sotto forma di sintomo fisico o psichico. As- sumendo i preparati, si assume in realtà un'energia che va a colmare la disarmonia vibratoria, il deficit energe- tico che sta all'origine della malattia.

CHE COSA CURANO I RIMEDI DI BACH.

Con i fiori di Bach si possono trattare vari tipi di paure, fobie, timidezza, insicurezza, ipocondria, stati ansiosi di diversa origine, attacchi di panico, problemi relazionali e affettivi, traumi, disturbi da stress, stati depressivi, sen- si di colpa. L'azione profonda dei rimedi migliora e cor- regge anche svariati tratti caratteriali negativi, come l'intolleranza, l'autoritarismo, la gelosia e la possessività, la prepotenza, la distrazione, l'apatia, la rigidità, l'egoi- smo. Il recupero di uno stato d'animo più sereno, può comportare benefici anche a livello fisico, come il mi- glioramento di dolori e rigidità muscolari, di alcuni pro- blemi dermatologici, di disturbi del sonno, di coliti e ga-

(19)

striti nervose, di stanchezza e affaticamento causati dallo stress.

MA CHE COS’E’ UN FIORE?

Perchè un fiore può essere capace di curare? Certa- mente ognuno di noi ha un suo fiore preferito, che ma- gari non è tra i più belli o profumati; un fiore che ci mette allegria, che ci ricorda un attimo vissuto, l’odore di una persona cara, un fiore che amiamo in maniera particolare. Il fiore è una parte delicata e preziosa del- la pianta: nella sua esistenza relativamente breve deve provvedere all'impollinazione, quindi alla perpetuazione della specie. Il fiore si trasformerà in frutto, contenitore di semi, garanti della sopravvivenza genetica: rappre- senta una conquista evolutiva della pianta: basti ricor- dare che le specie filogeneticamente più antiche si propagano con altri sistemi. Il fiore è per definizione

"bello", poiché la sua funzione è di attirare verso di sé gli sguardi, l'odorato e l'appetito degli insetti. Racchiu- de tra i petali un'energia sottile, tutto il potenziale vita- le della pianta, ma, a differenza del seme e anche del- la gemma, che sono, a livelli diversi, un concentrato di potenzialità non ancora espressa, il fiore manifesta que- sta sua energia in una forma che potremo definire ete- rea, sublimata. L'anima della pianta non è nascosta al suo interno, come l'anima dell'uomo ma è estroflessa, attraverso il colore, la forma, il profumo. Osservare un fiore, (ma anche ogni altra cosa della natura), equivale a vedere l'espressione esteriore della nostra vita interio-

(20)

re. Bach dimostrò che ogni fiore è portatore di un mes- saggio capace di interferire positivamente con il nostro stato d'animo, mettendolo nella giusta risonanza emoti- va. La vita ci presenta, purtroppo, situazioni difficili e faticose da gestire, ed ognuno di noi ha provato talvol- ta il disagio, “male di vivere”, come lo definiva Cesare Pavese; ma, costretti al motto di “chi si ferma è perdu- to”, troppo spesso non diamo importanza al linguaggio del nostro corpo quando ci avvisa che qualcosa non va. La floriterapia è uno strumento che ognuno di noi può utilizzare, per arginare e curare stati d'animo dolo- rosi, patologie croniche che si sono insidiate e non riu- sciamo ad allontanare, squilibri psico-fisici che sovente sono causa di malattia, caratteri impossibili da gestire e sopportare. Ci insegna ad ascoltare i messaggi del no- stro corpo, risveglia in noi capacità sopite, nascoste da un quotidiano che non sempre ci appaga; ci permette di arrivare alla certezza che, se stiamo bene con noi stessi e gli altri, non ci sono malattie che possano farci paura.

LA FILOSOFIA DI BACH

La filosofia su cui Bach fonda i principi della sua terapia con i fiori e’ semplice: d’altra parte anche la natura e’

semplice: ognuno di noi non e’ da vedere come singo- lo, ma come una tessera di un mosaico globale. Secon- do Bach l'uomo è un "olos" costituito da tre componen- ti: anima, mente e corpo fisico. L'anima rappresenta la parte più vera, intima e genuina di ciascuno. E' l'aspet-

(21)

to che è in armonia con le leggi dell'Universo. In essa è inscritto una sorta di codice, che deve guidare nelle strategie fondamentali della vita. La mente (o persona- lità) è sostanzialmente al servizio della sopravvivenza quotidiana, ma soprattutto dell'anima, ponendo in es- sere una concretizzazione delle strategie inscritte nel codice dell'anima stessa. Il corpo fisico è l'aspetto ma- teriale ed è considerato da Bach una sorte di tempio, dove si svolgono e sono possibili i riti dell'anima. L'uo- mo, come "olos", segue le stesse leggi che regolano l'U- niverso. L'essenza stessa di ogni approccio olistico è quello di far derivare ogni cosa da un'Energia primor- diale, che impregna tutto ciò che esiste: l'Uno. Questo principio originario può essere indifferentemente chia- mato Dio, Energia Universale, Amore. Ognuno di noi e’

collegato al tutto tramite la forza di una vibrazione co- mune. Le essenze floreali sono un rimedio che agisce in virtù di una specie di DNA energetico, di cui i fiori sono portatori. Il concetto di energia e di vibrazione è fon- damentale: non è più la materia ad agire, ma qualcosa di difficilmente misurabile, anche se non meno reale.

“Vibrazione” sembra una parola grossa, che fa pensare a qualcosa di magico; in realta’, siamo continuamente circondati da vibrazioni energetiche, ma non siamo capaci di riconoscerle; ogni cosa "vivente" emana una vibrazione: e’ da questa invisibile energia che scaturi- scono le differenti sensazioni provate in un luogo piutto- sto che in un altro, verso una persona piuttosto che un’altra . Ogni scienza od arte, che considera l'essere

(22)

umano nella sua interezza, tiene conto delle vibrazioni energetiche e del suo rapporto con il macrocosmo: so- no i principi ispiratori di scienze come l'agopuntura, di arti marziali come il Tai Chi, di discipline come lo Yoga.

La filosofia di Edward Bach è profonda, dettata da una grande spiritualità che è parte essenziale della perso- nalità di Bach, che identifica nell'Anima l'Io reale del- l'uomo, un’Anima che è scintilla divina e che ci guida lungo la strada che dobbiamo percorrere in questa vi- ta, dandoci coraggio e proteggendoci. Secondo Bach questo passaggio sulla terra che chiamiamo "vita" è so- lo un momento della nostra evoluzione, come un giorno di scuola in confronto ad una vita intera. In accordo con il concetto di Karma delle filosofie orientali, Bach vede questa esistenza come una occasione di miglio- ramento e di correzione di sbagli, commessi magari in una differente forma di vita. La sofferenza e la malattia derivano dall'errore di non rispettare le direttive dell'A- nima, cioè essere divisi dal nostro Se' superiore, o dal- l'agire contro l'Unità, che egli descrive così:" il Creatore di ogni cosa è Amore e tutto quello che percepiamo ne è, nella sua infinita varietà di forme, una manifestazio- ne, che si tratti di un pianeta o di un ciottolo, di una stella o di una goccia di rugiada, dell'uomo o della più umile forma di vita".Quando la nostra personalità non è in collegamento con l'Anima, a causa della influenza degli altri o per le tentazioni del mondo, si instaura un conflitto, che è alla radice di ogni male e infelicità.

Bach pone in primo piano il compito che ci viene asse-

(23)

gnato dall'Anima e il dovere di proteggerlo dalle in- fluenze esterne, cercando, al nostro interno, la saggez- za e la vera conoscenza che derivano dalla nostra inte- riorità. Il concetto di “malattia” è, quindi, quello di un evento non materiale, che si manifesta nel corpo come il risultato di forze che hanno lungamente agito su altri piani; un trattamento materialistico produrrà solo un giovamento temporaneo, non andando ad incidere sul- la vera causa del male. Bach dice: "la malattia è es- senzialmente il risultato di un conflitto fra l'Anima e la Mente e non potrà mai essere estirpata se non con un lavoro di tipo spirituale e mentale", ed anche "la soffe- renza è un'opportunità per capire ciò che in altre ma- niere non siamo stati capaci di cogliere e non potrà venire meno sino a che non avremo imparato la lezio- ne". Egli individua, nei difetti quali orgoglio, crudeltà, odio, egoismo, ignoranza, instabilità e avidità, la “vera malattia”, quasi fosse un campanello d'allarme, per fo- calizzare l’attenzione su errori che stiamo compiendo, per renderci conto che non stiamo più rispettando le ri- chieste fondamentali del nostro essere, che ci guide- rebbero verso una condizione di equilibrio e serenità;

la malattia insorge quando la personalita’ umana si il- lude di poter progredire in un’esistenza separata, pre- scindendo da cio’ che non puo’ vedere o toccare. Un secondo aspetto che puo’ far ammalare e’ dato dalla personalità del singolo che agisce contro gli interessi dell’unita’ globale, facendo del male agli altri attraver- so l’egoismo, l’orgoglio, l’avidità: cioè perpetrando a-

(24)

zioni contrarie all’Amore. Queste asserzioni ricordano da vicino il Tao, sintesi impareggiabile di filosofia, scien- za medica ma, soprattutto, disciplina di crescita spiri- tuale, che persegue il ripristino dell'armonia tra "l'uomo vero" e ciò che lo circonda: una crescita interiore rea- lizzata in modo privilegiato attraverso la coltivazione del corpo e dell'energia che lo permea, il Qi. La tera- pia consiste non nel battersi contro un difetto, ma nel superarlo con l'aiuto della virtù opposta alla cattiva in- clinazione. In qualche maniera, la vibrazione dell'essen- za floreale ci aiuta ad armonizzare una frequenza del nostro campo energetico, alterata dalla malattia. Le piante scoperte da Bach "sono in grado di segnare le vie che permettono una più completa unità tra anima e corpo" e "che aprono i canali di comunicazione fra il nostro corpo e l'Io superiore" e ancora che "le vibrazioni positive del nostro Io superiore inondano la nostra per- sonalità con le virtù di cui abbiamo bisogno, per poter eliminare, grazie ad esse, i difetti del nostro carattere".

La radice della malattia non è materiale, ma è il risul- tato di un conflitto tra l'Anima e la personalità e non sa- rà mai estirpata senza uno sforzo spirituale e mentale. Il concetto di Anima o Sé rientra negli insegnamenti eso- terici di ogni cultura e rappresenta un quid superiore, in grado di guidarci nell'attuale esistenza, per farci raggiungere il massimo bene, aiutandoci a sviluppare qualità carenti ed eliminando tutto ciò che di cattivo è in noi, facendoci progredire verso la perfezione della nostra natura. I condizionamenti esterni, un’esistenza

(25)

rapportata al valore dei beni materiali, le condizioni di vita della nostra epoca, allontanano l'uomo dalla voce della propria Anima, sostituendola con dei luoghi co- muni privi di ideali, che sono il marchio troppo evidente della nostra cosiddetta “civilizzazione”. Edward Bach partì dal presupposto che trentotto "virtù" fungessero da collegamento tra la personalità e l'Anima. Secondo questi insegnamenti la sofferenza nasce quando l'uomo non agisce in armonia con il proprio Sé. Allora, secondo Bach, dalla virtù si sviluppa un atteggiamento interiore negativo.

Così nascono ad esempio:

• dal coraggio e dalla fiducia: le paure

• dalla fiducia in se stessi: i complessi di inferiorità

• dall'allegria: la tristezza

• dall'umiltà: l'orgoglio

• dal perdono: i sensi di colpa

• dalla speranza: la mancanza di speranza e la dispera- zione;

• dalla fede in qualcosa: lo scetticismo, il pessimismo.

Attraverso le loro vibrazioni, i fiori di Bach ristabiliscono il contatto con il Sé ed aiutano a sviluppare di nuovo la virtù corrispondente. "Questi stati d'animo negativi non vengono combattuti come sintomi organici, ma piutto- sto inondati da armoniche vibrazioni energetiche supe- riori, che li sciolgono come neve al sole". I rimedi di Bach provengono, come egli dice, da "piante di ordine

(26)

superiore" e ognuna di esse incarna un determinato at- teggiamento ulteriore e, come una specie di catalizza- tore, ristabilisce il contatto di volta in volta bloccato tra l'anima e la personalità. In questo modo, esse permet- terebbero di ripristinare lo scorrere fluido dell'energia vi- tale, stimolando la conoscenza di sé e favorendo lo svi- luppo armonico della personalità. Ognuno dei vegetali scelti da Bach secondo questa sua filosofia, corrispon- de ad una precisa frequenza di vibrazione e, se assunto in maniera corretta, ristabilisce il flusso di energia co- smica, porta alla guarigione, rimettendo il corpo in sin- tonia con la propria essenza. Non si tratta dell’azione di principi chimici presenti nel fiore, ma di messaggi vibra- zionali, gli stessi che gli erboristi dei secoli passati “sen- tivano”, guardando, toccando, annusando una pianta:

entrando in contatto con la sua stessa natura ne intui- vano l’utilità. Il campo maggiormente attivo dei Fiori di Bach e’ quello dell’emotivita’ e degli stati d’animo ma, come la medicina psicosomatica insegna, la mente non e’ staccata dal corpo e ciò che si mostra a livello men- tale ha un significato e un’influenza anche sul piano fi- sico. I segnali che danno le emozioni sono anteriori ai sintomi fisici, percio’ osservando l’aspetto emotivo si puo’ correggere anche quello che accade nel fisico.

D’altra parte, fino dai tempi piu’ antichi, si e’ sempre avvertita un’unione molto stretta tra il microcosmo dell’individuo ed il macrocosmo dell’Universo e lo stesso vale per il corpo e la mente: basta riflettere su come reagisce il corpo ad una sensazione di paura: tensione

(27)

muscolare, cefalea, dilatazione della pupilla, etc. Il me- todo di scelta dei rimedi richiede di conoscere gli stati d’animo corrispondenti ad ogni fiore e quali emozioni bloccate si possono riequilibrare: non importa quale sia il sintomo che l’individuo presenta, ma come l’individuo si rapporta al sintomo.

EDWARD BACH: UNA VITA CORAGGIOSA

1886 - Eddie.

Ogni angolo di mondo ha i suoi colori, profumi, contor- ni, vibrazioni e il luogo che ci vede nascere lascia u- n'impronta nella nostra vita. Siamo nel 1886, a Moseley, un paesino a cinque chilometri da Birmingham, in Inghil- terra, nella contea dello Warwickshire. Il 24 Settembre di quell’anno, nasce un bimbo, da una coppia gallese

(28)

abbastanza benestante, il cui capo famiglia gestiva una fonderia di ottone. Lo chiamano Edward, ma per anni resta per tutti il “piccolo Eddie” Cresce malaticcio, di costituzione gracile: non sembra predisposto ad una vita faticosa.

E’ un bambino particolare, il piccolo Eddie: sempre a scorrazzare per i campi, a cercare piante e fiori, sem- pre alla ricerca di nuove curiosita’. La compagnia di al- tri coetanei lo interessa, ma spesso preferisce la solitu- dine della natura, i silenzi dei pascoli, la serenità degli ambienti aperti. Si immerge nelle foreste di rovere, am- mira i frassini che crescono lungo i fiumi e, alla loro om- bra, primule, violette ed orchidee. Scorge anche ciliegi selvatici, aceri e fragili piante come il falangio, un gi- glio unico nel suo genere, arrampicato tra le montagne.

Sua madre è ansiosa, come tutte le mamme, a causa della sua salute instabile: ne attribuisce parte dei motivi al suo vagabondare scalzo sull’erba, spesso umida, alla sua incuria per le intemperie; ma, più che dei raffred- dori, sua madre si preoccupa del suo modo di abbrac- ciare la vita, come un adulto in calzoni corti, al suo starsene acquattato in un mondo personale, fatto di piante piu’ che di amici, al suo senso dell’umorismo spiccato ma asociale, che lo classifica “strano” agli occhi di molti.

Il fiore di Agrimonia (AGRIMONY) gli sarebbe stato utile.

(29)

AGRIMONY –Agrimonia Eupatoria -

In realtà, il dr. Bach scoprì L’Agrimonia eupatoria, quando, ne1 1930, si stabilì a Cromer, un piccolo villaggio di pescatori sulla costa occidentale dell'Inghilterra. Bach riconobbe subito la natura gioviale di Agrimony: In questa pianta, egli

scoprì un rimedio per gli individui che nascondono agli altri, dietro una apparente allegria, preoccupazione, dispiacere e dolore morale. Gioia, capacità di godere la vita, ottimismo e una mente assennata e ragionevole sono le caratteristiche di una condizione positiva. Se, tuttavia, la gioia di vivere è intossicata da dispiacere o tormento interiore, oppure è eccitata artificialmente e temporaneamente con alcol o altre droghe, tossiche per il fegato, allora si ha a che fare con una condizione compromessa. In tal caso, Agrimony esplica, a livello psichico, un'azione tonificante, armonizzante e disintos- sicante, e l'individuo può tornare ad essere “gioviale”.

Questa pianta gli sarebbe stata preziosa, in quei suoi anni giovani, trasmettendogli allegria, spensieratezza, socialità, aiutandolo ad uscire dal guscio nel quale si nascondeva, spronandolo ad esprimere se stesso ed acquisire sicurezza. Chi necessita di Agrimony cerca di essere amato sempre e da ognuno. Raramente dice di no ed è disposto a tutto pur di evitare conflitti e discus- sioni. Zittisce le proprie tensioni riempiendo la giornata

(30)

di mille cose da fare e da disfare. Dissimula la propria preoccupazione, i propri lati nascosti dietro un aspetto cortese e tranquillo. Finge che non ci sia quella “parte oscura”, tende a chiudersi in se stesso, a non rivelare i propri problemi agli altri. E’ turbato dalle discussioni, e, pur di evitarle, scende a compromessi anche sfavorevo- li. Possiede una “doppia personalità”: apparentemente è sempre pieno di humour, col sorriso sulle labbra. In realtà vive attanagliato dall'irrequietezza, dall'ansia e dal tormento interiore.

Agrimony sblocca le tensioni e avrebbe insegnato al giovane Eddie a mostrarsi com’era, un bambino scalzo con tanta voglia di vivere e curiosare il mondo, senza timore di non essere accettato. Lo avrebbe aiutato ad affrontare i problemi invece di nasconderli a tutti, col coraggio di essere se stesso. Agrimony risveglia l’Armonia.

Ma Agrimonia è solo uno dei tanti nomi di questa pian- ta, nomi che cambiano di regione in regione e che so- no indizio della popolarità di cui tuttora gode, tra la popolazione rurale, che ne fa usi diversi: ad esempio, più d'una contadina ne prepara infusi contro le affezio- ni della milza, del fegato e contro la diarrea; ne ag- giunge all’acqua del bagno per curare ferite o ulcere;

ne fa un collutorio contro le infiammazioni della gola.

Presso i tedeschi della Pennsylvania l'Agrimonia è anno- verata insieme ad artemisia, assenzio, erba della febbre (Chrysanthemum parthenium), camomilla e menta tra le

(31)

apprezzate erbe sudorifere, utili per eliminare le impuri- tà con la traspirazione.

Probabilmente l'hanno imparato dagli Indiani, i quali in- cludono questa pianta appunto tra le erbe diaforeti- che.

Già dall'antichità il colore giallo oro dei fiori di agrimo- nia era, per gli astrologi, un segno infallibile per definir- la una pianta «gioviale»: nel corpo umano, Giove go- verna il fegato, ed è quindi ovvio che la pianta sia sta- ta utilizzata nelle affezioni epatiche. Si diceva che Giove comunicasse all'animo umano allegria, gioia di vivere, discernimento e soprattutto una lucida memoria.

Perciò i medici prescrivevano di portare con sé o di in- gerire quest'erba a chi soffriva di amnesia. Il nome la- tino della specie, (Eupatoria), ricorda Mitridate Eupator, re del Ponto, in Asia Minore, creatore del «mitridatismo», l’«antidoto universale». Con l’agrimonia curava il suo corpo, duramente messo alla prova dal bere sangue di anatre avvelenate, per immunizzarsi da eventuali so- stanze tossiche che gli venissero propinate. Non c'è dunque da meravigliarsi, se poi il suo fegato si rifiutava di lavorare.

Anche il fitoterapeuta londinese Culpeper associa que- st'erba a Giove e alla costellazione del Cancro, la qua- le potenzia l'azione di Giove. Culpeper scrive: «A tutte le parti del corpo che sono sotto il dominio di questo pianeta e di questo segno, Agrimony toglie, per attività simpatetica, le loro affezioni e scaccia anche le malat- tie che procedono da Saturno, Marte o Mercurio».

(32)

Il nome del genere, “Agrimonia”, significa semplice- mente «abitatore dei campi» (agros= campo, mone = residenza). Questa pianta predilige i terreni magri, argil- losi, i margini delle strade e le siepi. Risvegliata dal sole primaverile, fa crescere dalla rosetta invernale un fusto eretto, ricoperto di una ruvida peluria e poco ramifica- to, che in piena estate fiorisce dal basso verso l'alto, formando una lunga spiga con piccoli fiori d'un giallo brillante e piacevolmente profumati. I singoli fiori hanno l'aspetto di minuscole roselline selvatiche, che matura- no, formando lappole, che viaggiano per il mondo per- ché fornite di setole uncinate che si agganciano a qualsiasi essere che sfiori la pianta. Il botanico inglese John Gerard, assegna alla pianta la definizione Philan- tropus. “Le lappole”, afferma, “si attaccano agli uomini, perché Agrimony li ama e vuoI far loro del bene”. La bontà della pianta trova espressione anche nel lin- guaggio deI fiori: «Accetta la mia gratitudine!» dice chi regala uno stelo fiorito.

Come altre rosacee ha in sé qualcosa di aspro, di a- stringente, che si oppone alla putrefazione Gli Anglo- sassoni la conoscevano come garclive (squarcio da giavellotto) e con essa curavano le ferite beanti inferte appunto dai giavellotti. I chirurghi francesi preparavano con essa un’acqua apposita per curare le ferite da proiettili d'archibugio.

(33)

HEATHER - ERICA - CALLUNA VULGARIS – ERICACEE.

Il piccolo Eddie avrebbe potuto modificare il suo stato d’animo se avesse conosciuto HEATHER:

avrebbe raggiunto l’indipendenza affettiva, imparando a volersi bene senza più cercare la

solitudine. In un mattino d'autunno del 1933, Bach mise per la prima volta i piccoli fiori in una bacinella piena d'acqua e li espose al sole, scoprendo così in Heather vibrazioni che forniscono calore alle personalità solita- rie, le quali acquistano così la capacità di rapportarsi al loro prossimo. Perché Heather risveglia l’Empatia

Questa comune erica delle brughiere ricopre intere re- gioni, dal Portogallo, fino alle colline della Scozia. Si tratta del «brugo» - che ha lo stesso significato di «eri- ca» e da cui deriva il termine brughiera. Questo piccolo arbusto, che non supera i 20 centimetri di altezza, ca- ratterizza i terreni poco fertili, dove di solito crescono soltanto sparuti arbusti di ginepro, betulle, ginestre o alcuni abeti. Nel periodo della fioritura (da luglio fino all'inizio di ottobre) ricopre suoli poveri e acidi con un magnifico manto purpureo. Ogni singola pianta emette numerose radici secondarie, con estese ramificazioni a stretto contatto fra loro. Questo tappeto di radici è talmente compatto che ogni quattro anni i contadini delle brughiere ne traevano delle zolle, usate come strame per il bestiame o per coprire i tetti di capanne e

(34)

stalle. Si potrebbe supporre che il brugo, crescendo a stretto contatto con i suoi simili e formando estesi tap- peti, potrebbe essere un simbolo appropriato dello spiri- to di socialità. Ma non è così. Nel linguaggio dei fiori, portare con sé un ramo di brugo o di erica significa so- litudine. Infatti, l'erica «sta di preferenza nei luoghi sel- vaggi e non ama la compagnia». L'antica parola ger- manica haithio, dalla quale derivano il tedesco Heide e l'inglese heath, significa «terreno incolto, selvaggio, de- sertico», e Heiden (pagani) erano definiti coloro che si rifiutavano di aggregarsi alle pecorelle della nuova fe- de e si rifugiavano in quelle regioni solitarie. Il qualifica- tivo scientifico della specie,Vulgaris, significa “comu- ne”. Il nome del genere, Calluna, dal greco kafynein, significa “spazzare, pulire o abbellire”. Infatti i rametti del brugo erano utilizzati per fame scope. Ma il nome è particolarmente appropriato, anche perché la pianta ama l'aria pura, la luce e il pulito suolo sabbioso, con scarso humus nutritivo. Per la sua intrinseca purezza, una volta si credeva che un fascio di brugo potesse te- ner lontani i lupi e le serpi: legando un fascio di brugo all'albero del cortile, lo schiamazzo delle gazze ne a- vrebbe avvertito l'avvicinarsi. Per la sua azione purifi- cante, il brugo era considerato anche un mezzo contro il malocchio. Con le erbe apposite, solitamente di colo- re dal giallo al violetto (i colori dell'invidia), si prepara- va un infuso col quale si lavava la persona colpita dal maleficio, poi si buttava l'acqua e con essa la maledi- zione. La virtù depurativa del brugo è ancora apprezza-

(35)

ta in medicina. L'infuso è considerato emodepurativo, espettorante, diuretico, detergente per le ferite, in quanto il brugo contiene molto acido tannico, notoria- mente astringente e antisettico. Anche l'omeopatia uti- lizza una tintura di brugo come rimedio diuretico e di- sinfettante urinario, mentre la spagirica estrae dalla pianta un'essenza per i disturbi reumatici e artritici.

Maurice Mességué prepara con i fiori un bagno per le- nire i reumatismi. La pianta, può vivere fino a quaran- t'anni sul suolo acido ghiaioso, con i suoi rametti asciutti e tenaci, le foglioline piccole, coriacee, fitte come te- gole. Le malattie artritiche e reumatiche possono esse- re alleviate dalle virtù diuretiche del brugo. La struttura psichica degli artritici è spesso caratterizzata da ego- centrismo, dalla tendenza a imporre la propria volontà a chi sta intorno. Saturno è appunto il vecchio pianeta duro e freddo ed anche i reumatismi hanno una com- ponente saturnina. È spesso uno stato di raffreddamen- to interiore, che può essere alleviato dal calore e dalla luce che il brugo assorbe copiosamente. Infatti, la pian- ta non fiorisce soltanto alla sommità dei rami. Essa as- sorbe il calore in profondità, nelle parti fogliari e nel fu- sto, e l'abbondanza di calore immagazzinato si manife- sta nell’abbondanza di fiori e nettare. Così, questa pianta può contrastare con successo le forze fredde e umide, dappertutto: nel rigido clima atlantico come nel microcosmo umano. Le Ericacee hanno crescita lenta, sono tenaci, e ricordano un po' i bonsai giapponesi. I loro fiori campanulati e carichi di nettare sono, in gene-

(36)

re, rivolti verso il suolo. Il nome del genere, Ericaceae, potrebbe derivare dal greco ereikein (fragile). Ma po- trebbe derivare anche dal nome della dea dell'amore Venus-Erycina, alla quale l'erica era consacrata. Nel- l'alfabeto celtico degli alberi, il brugo sta per la vocale

“U” -(Ura = brughiera).

I GENITORI DI EDDIE.

Ritornando alla famiglia di Bach, penso che i suoi geni- tori abbiano sicuramente avuto un ruolo primario nello sviluppo della sua personalità.

Sua madre e suo padre, forse, avrebbero voluto Eddie diverso: sua madre si prodigava per lui, al fine di riscri- vere la vita del figlio a sua immagine. Esigente ma ge- nerosa di fondo, era caritatevole verso i problemi di tut- ti, ma quasi li obbligava ad accettare le sue premure.

Confondeva possessività con affetto, senza tener conto delle reali esigenze del figlio. Aveva sempre qualcosa da proporre o modificare: il suo affetto era intriso di volontà di controllo.

Si prodigava in raccomandazioni eccessive, spesso as- surde e inutili, creando un cordone ombelicale di di- pendenza e non di amore. Coglieva il lato negativo di ogni situazione temendo il peggio, quasi attirando le si- tuazioni non favorevoli. Non sapendo vivere la sua vita, cercava di vivere quella degli altri.

Il padre, dunque, cercava di pianificare, pur a fin di bene, la vita di Eddie, mentre la madre era convinta che "solo lei sapeva come rendere felice il proprio fi-

(37)

glio", e credeva di meritare amore per le proprie azioni, non per la qualità del suo operato. Metteva Eddie al centro della propria vita, confondeva il possesso con l’affetto, il controllo con l’attenzione e la cura. Ar- mata di raccomandazioni reiterate, impediva a Eddie di diventare autonomo. Il suo era un amore invadente, geloso. Naturalmente, la sua devozione era disinteres- sata, il suo interesse spassionato, l’amore per la famiglia reale e sincero: secondo alcuni autori, una madre così potrebbe andare incontro, se non armonizzata, a ma- lattie psicosomatiche come raucedine, asma, stipsi, do- lori articolari e reumatici, depressione.

Le avrebbe fatto bene CHICORY.

CHICORY - CICORIA- CICHORIUM INTYBUS Le immaginazioni sulla cicoria,

che hanno trovato riflesso in leggende ed aneddoti accennano tutte alle ca-

ratteristiche scoperte nel fiore da Edward Bach. Chicory aiuta gli individui a superare una

personalità iper possessiva ed a convertire questa quali- tà negativa in un vero, altruistico sentimento; insegna a dare senza chiedere niente in cambio, così che l’amore possa essere realmente libero e ispirato, e non in qual- che modo imposto, dovuto, comprato. Insegna anche ad essere tolleranti con gli altri, perché tutti hanno il di- ritto di essere se stessi, anche a costo di fare qualche

(38)

errore. La persona che ha bisogno di Chicory è felice quando si sente necessaria e può aiutare qualcuno, deve però stare attenta a non soffocare gli altri con il troppo zelo.

Chicory aiuta a donare in modo altruistico ed a farlo soltanto se ciò che si dona è gradito, senza aspettarsi qualcosa in cambio: si agisce senza programmare al- cun vantaggio.

Molti bambini hanno bisogno di Chicory. Li si riconosce già nella culla, per il fatto che esigono sempre l'atten- zione dei familiari per sé e che reagiscono con pianti impazienti se li si lascia soli. Quando crescono ed il pianto non serve più, ricorrono ad altri trucchi, passan- do dalla lusinga attraverso lo zelo sino alla malattia od a piccole estorsioni del tipo "Faccio i miei compiti, ma solo se non devo andare in palestra domani". E' utile anche per quelli eccessivamente attaccati alle gonne della mamma, che vorrebbero per sé un'attenzione co- stante e che diventano possessivi nei confronti dei gio- cattoli e degli amici.

CHICORY armonizza L’Altruismo

La cicoria sta ai margini delle strade e dei campi, su terreni secchi e duri; si erge per oltre un metro verso l'alto e rivolge i suoi fiori celesti al sole del mattino. Più d'uno, passando, se ne raccoglie un mazzetto; ma, arri- vato a casa, scopre che tutti quei fiori sono spariti. L'in- genuo botanico dovrebbe sapere che la cicoria ha un suo ritmo tutto particolare: al mattino, verso le sei, di- schiude i suoi fiori; intorno alle undici li richiude. Se il so-

(39)

le è coperto da nuvole scure, non apre affatto i sui ca- polini. Comincia a fiorire dopo il solstizio d'estate, quando i giorni iniziano a riaccorciarsi. Intorno all'equi- nozio d'autunno, quando la forza del sole s'indebolisce, sono già appassiti gli ultimi fiori. La pianta si abbando- na totalmente al sole. L'alchimista Alberto Magno la chiama, a ragione, la «sposa del sole». Una leggenda popolare ne fa una principessa incantata che, con i suoi occhi blu, guarda continuamente verso oriente, giù per la strada lungo la quale se ne andò il suo cavaliere partendo per Gerusalemme. Un'altra leggenda raccon- ta di una fanciulla che per sette lunghi anni pianse il suo amato caduto in guerra. Quando alla fine la esor- tarono a sceglierne un altro, rispose:

“Prima che io smetta il mio pianto Me ne vado lungo la strada

Per diventare un fiore di campo”

Questo fiore narra, dunque, di un amore che non si ras- segna ma, in un certo senso, anche di auto- commiserazione e perfino di egocentrismo. Gli steli late- rali scarni, quasi senza foglie, sui quali sono posti i capolini, richiamano infatti alla mente le smunte figure di quelle persone che si struggono di nostalgia.

Se i fiori celesti appaiono come un simbolo di pazienza, c'è in essi ugualmente una inaspettata vivacità, una te- sa impazienza. Al minimo tocco di un insetto, gli stami si ritraggono immediatamente.

Nel tradizionale linguaggio dei fiori si dice: “Come la cicoria, che si gira sempre verso il sole, così niente può

(40)

distogliermi da te”. Una monaca di Augusta, del 15° se- colo, scrisse che, chi porta con sé la cicoria, vuoI signi- ficare «che non riesce a trovare la via per compiacere il suo amato e desidera che qualcuno gliela indichi».

Ma chi regala uno stelo di cicoria parla invece dell'ar- dore del suo amore disinteressato: “la cicoria si volge sempre come meglio può verso il sole, quantunque ne tragga sofferenza; tuttavia le è di conforto la convin- zione di far la cosa giusta”.

Culpeper scrive: “Chicory muove gli umori flemmatici, riattiva i blocchi del fegato, della colecisti e della mil- za” In effetti, l'infuso di cicoria è un insuperabile rimedio epatico. In omeopatia è indicato come depurativo del fegato, della milza e del sangue; nella spagirica è utiliz- zato come rimedio contro i disturbi del fegato, dello stomaco, nonché nei casi di calcolosi biliare. La fanta- sia popolare riconobbe nella cicoria anche un aspetto negativo, freddo ed egocentrico, soprattutto nelle re- gioni cattoliche, dove era chiamata “fiore del povero peccatore”. Nella pianta vedevano, non la fanciulla che aspetta il suo diletto, bensì una povera egoista che rifiutò di dar da bere al Salvatore che, assetato, le pas- sava accanto. Perciò fu condannata a restare, come cicoria, ai margini della strada, fino alla sua redenzione nel giorno del giudizio.

Gli psicoanalisti hanno constatato che alcuni individui non vogliono riconoscere la loro inconscia sete di do- minio o la durezza d'animo e cercano di compensarla con un eccesso condizionante di premurosità e preoc-

(41)

cupazione nei confronti del loro prossimo. Questi stati psichici negativi si ripercuotono, di solito, sull'apparato digerente: disturbi gastrici e intestinali cronici tradisco- no il desiderio, predisposto nella primissima infanzia, di essere amati e sfamati e di poter costringere gli altri a farlo e possono anche esprimersi in stipsi. Sul piano fisi- co e a livello psichico, giova il fiore celeste, come con- statò Edward Bach. Basta dare uno sguardo al fiore e, almeno per un breve istante,ci si dimentica delle delu- sioni e dell'autocommiserazione.

La cicoria è una pianta composita. Ciò significa che la bella creatura che ci appare come un singolo fiore è invece un intero cesto, una minuscola aiuola nella qua- le numerosi fiori, stretti gli uni agli altri, si raggruppano a fondare simmetrici «superfiori». Come un individuo uma- no si inserisce nella società, così il singolo fiore si inte- gra armonicamente in una unità superiore. L'apparente

«egoismo» della cicoria viene dunque superato nella sua infiorescenza.

Le antiche tradizioni hanno molte altre cose meraviglio- se da raccontare su questa pianta. Essa veniva appesa alla trave di colmo come protezione contro i temporali.

Chi, il giorno di san Giacomo, (25 luglio), ne scavava la radice usando un attrezzo d'oro -mai di ferro -e la por- tava sempre con sé, diventava invulnerabile.

(42)

RED CHESTNUT -CASTAGNO ROSSO - AESCULUS CARNEA).

La madre di Eddie avrebbe potu- to trarre giovamento anche dall’assunzione di RED CHESTNUT, che avrebbe trasformato il suo comportamento ansioso e protet- tivo, alleggerendo la paura e

preoccupazione eccessiva per suo figlio.

Il rimedio aiuta a ridimensionare i propri timori e ad amare senza un'iper protezione soffocante, ad emette- re pensieri di armonia, che rappresentano un sollievo per le persone care. E' utile per coloro che sono a stret- to contatto con le sofferenze altrui, per le mamme nel periodo dello svezzamento, nei casi di incubi notturni oppure quando vi sono dei desideri ossessivi o delle bramosie incontrollabili. La persona che ha bisogno di Red Chestnut teme sempre il peggio e vive la vita altrui come se fosse la propria. Non si preoccupa di se stessa ma dei suoi cari e lo fa in modo esagerato. Se riveste il ruolo di madre esorta i suoi figli alla prudenza anche se sono adulti.

E' utile per quelli che si preoccupano al punto di perde- re l'appetito ed avere paure morbose durante il giorno e la notte.

Il castagno dai fiori rossi è un albero molto decorativo:

più piccolo del castagno bianco, ossia dell'ippocasta- no. Il denominativo botanico della specie, “carnea”, è dovuto ai suoi fiori quasi color carne, riuniti in grandi

(43)

pannocchie piramidali. A differenza del comune ippo- castano, le gemme non sono collose. Il fogliame è den- so e getta un'ombra più scura di quella del castagno bianco.

L'utilità medicinale del castagno rosso è simile a quella dell'ippocastano, perché le due piante sono parenti stretti. Il castagno rosso deriva dall'incrocio tra il red buckeye (Aesculus pavia) del Nordamerica e l'ippoca- stano eurasiatico. La cosa insolita è che questo ibrido riesca ancora ad esistere come specie autonoma fin dall'inizio del secolo diciannovesimo. È usato per om- breggiare i viali perché, grazie alla sua natura, soppor- ta bene l'aria inquinata delle città e, in maggio e giu- gno, presta alle grigie fughe di strade un aspetto più gradevole, con la sua copiosa fioritura.

Il nome del genere, “Aesculus”, era in origine il nome romano del leccio, una fagacea sempreverde; poi ven- ne attribuito a tutti i generi appartenenti alla famiglia delle ippocastanacee. Secondo alcuni linguisti, Aescu- lus deriva dal latino “esca”, (cibo, nutrimento). Curio- samente, quest'etimo porta ai cavalli. Nel sanscrito si trova, in proposito, tutta una serie di associazioni termi- nologiche: ashana = fame; ash = muovere, raggiungere, mangiare; ashu = rapido; ashua = cavallo.

Le castagne dell'ippocastano himalayano, (Aesculus indica), non solo vengono date da mangiare ai cavalli, ma, nei tempi di carestia, sono state usate, - macinate e trattate con acqua per togliere l'amaro, - come ag- giunta alla farina per il pane. Anche gli Indiani d'Ameri-

(44)

ca utilizzavano i loro ippocastani per l'alimentazione. In California i semi del castagno rosso erano, accanto alle ghiande, addirittura uno dei più importanti mezzi di ali- mentazione. Venivano messe in una fossa rivestita di pietre roventi, ricoperte con cenere calda e foglie di salice e lasciate cuocere per circa dieci ore. Poi, veni- vano sgusciate, spezzettate o pestate, messe in reci- pienti fatti di rete a maglia finissima e poste, per diversi giorni, in un flusso d'acqua fresca, che asportava tutte le sostanze amare. Quando il loro gusto diventava dol- ce, le castagne erano commestibili. La pappa poteva essere consumata subito, oppure esser lasciata seccare al sole per essere utilizzata più tardi come farina per il pane o per sedici minestre.

Queste castagne sono legate alla preoccupazione per la sopravvivenza della famiglia e della stirpe. Non si tratta di ghiottonerie e nemmeno di alimenti di base:

rappresentano il pane dei tempi duri, delle carestie. Le castagne crude, non solo sono amare, ma anche asso- lutamente non commestibili. In piccole quantità provo- cano stordimento e intorpidiscono la coscienza; in grandi quantità causano nausea, mal di testa e mal di pancia ed infine dispnea e delirio.

L'albero, coi fiori carnei a simmetria bilaterale, i frutti pesanti, amari, incapsulati in un involucro spinoso e l'ombra scura, si adatta, come i proverbiali cardi e spi- ne, all'uomo terreno, questo spirito incarnato pungolato dalla paura e dalla preoccupazione.

(45)

Bach scoprì nei fiori rosati del castagno rosso un rimedio per coloro che sono troppo in ansia per gli altri; per co- loro la cui eccessiva apprensione pesa spesso come u- n'ombra cupa sul loro prossimo. “Spesso smettono addi- rittura di preoccuparsi per se stessi, ma, si preoccupano e soffrono molto per coloro che amano, e vivono nel timore che possa accadere loro qualcosa di grave”- scrive Bach.

Red Chestnut aiuta queste personalità a “ricordarsi”del

“cocchiere” che con mano sicura guida attraverso la vita i cavalli dei sensi e dei pensieri terreni. È come se il bene augurante fiore roseo sussurri alla personalità:

“L'uomo propone e Dio dispone”

La mitologia Indù narra di tre cavalli di colori diversi.

Sattva, il cavallo bianco, è puro, nobile e di elevata statura intellettuale. Rajas, il cavallo rosso, è incalzato dalle passioni, dalle preoccupazioni e dalle proprie proiezioni, e perciò intrappolato in una incessante atti- vità. Il pigro cavallo nero, Tamas, appartiene alla morte ed al lato notturno della vita. Si potrebbe dunque dire che Red Chestnut aiuta la personalità a “cambiare ca- vallo”, a passare da quello rosso a quello bianco, per conseguire la tranquillità d'animo e un senso di sicurez- za. E, per il bene degli altri, irradiare energia mentale positiva.

(46)

1903 - EDWARD

Intanto, il piccolo Eddie, verso il 1903, ormai adolescen- te, si riappropria del suo nome intero,Edward.

La sua salute si tempra, il corpo si irrobustisce, pur man- tenendo comunque una conformazione gracile; resta un irriducibile sognatore, sensibile ed intuitivo, convinto che ogni cosa, in natura, abbia un'anima e parli un lin- guaggio sottile e misterioso, che tuttavia lui riesce a cogliere.

Edward ha diciassette anni e suo padre pensa sia giun- to il momento di scegliere: o lavorare o studiare. Lo sprona al lavoro, ricordandogli che la fonderia di pro- prieta’ gli consentirebbe un’occupazione stabile e red- ditizia; allo studio avrebbe pensato poi. Suo padre a- vrebbe voluto pianificargli l’avvenire, comunque a fin di bene, cosi’ come molti genitori si comportano con i propri figli, mettendoli al centro della propria vita, sempre pronti a dare una mano o un consiglio. Infatti, Edward ascolta le parole del padre e lavora in fabbrica con lui per tre anni, come apprendista. Però continua ad occuparsi di teologia e filosofia, approfondendo, per conto proprio, le tematiche della vita che gli stan- no a cuore. Quel suo lavorare col padre rappresenta una sorta di “tempo sabbatico” per far ordine nei suoi pensieri: le aspirazioni verso la cura ed il bene del pros- simo, i suoi ritmi veloci gli fanno apparire gli altri non rispondenti alle sue aspettative, perché non lo seguono nei suoi intuiti, non lo accompagnano nella determina-

(47)

zione a scoprire, non comprendono al volo, non scatta- no.

Immagino l’adolescente Bach come irrequieto, iperatti- vo, impulsivo e nervoso, spesso solo. Refrattario ai lavo- ri di routine, non s’inserisce bene nei gruppi, non ne ac- cetta le regole. Fa da sé, non si fida. Ingigantisce ogni minuto ‘perso’. Intelligente, non tollera ritardi, esitazioni o ripensamenti.

Pero’, nello stesso tempo, oscilla da un estremo all’altro, non sa decidere fra alternative possibili: (un lavoro ben pagato, (o comunque sicuramente “paga- to”, rispettabile, in linea con i tempi), o altre due: il medico del corpo o il medico dell’anima, obiettivi avvincenti, ricchi di promesse. Non esprime le sue preferenze con decisione, non sa cosa vuole.

E’ alla ricerca di sé ed alterna emozioni contrastanti. Si arrovella ma non si confida, la mente oscilla in silenzio, senza tracce esteriori.

E’ indipendente, non ambizioso, non gli interessa co- mandare o convincere, solo fare in fretta e bene, senza rilassarsi mai. Per un certo periodo, nonostante gli o- biettivi al di fuori del lavoro in fabbrica fossero di natu- ra medico-spirituale, é molto combattuto se indirizzare la propria vita verso la medicina o, piuttosto, la teolo- gia, perché la sofferenza di qualsiasi essere gli invade profondamente l’anima, spingendolo a cercare nella religione una forma di conforto; ma poi, seguendo la sua natura sensibile ed introspettiva, decide di diventa- re medico. L’attività temporanea nella fonderia fu de-

(48)

terminante, rappresentando un “incipit”: si rese conto che gli operai si ammalavano, sì, si ammalavano, e non avevano denaro per pagare un medico o le medicine;

la povertà e gli effetti delle condizioni economiche di- sagiate non l’avevano mai sfiorato da vicino: la fami- glia benestante e l’educazione religiosa l’avevano convinto di vivere in un mondo giusto, dove c’erano, sì, sperequazioni sociali, malattie incurabili ed eventi drammatici, ma la solidarietà, l’amore verso gli altri e la divina Provvidenza avrebbero aiutato gli uomini a non abbattersi, alleggerendo la fatica di vivere. Però, lavo- rando in fonderia, Edward capisce che la mancanza di denaro e di altre forme di sostentamento impedivano agli operai di curarsi, provocando conflitti psicologici, rancori, rabbie, che neanche la speranza dell’aiuto di- vino riusciva a placare. Era il periodo della Rivoluzione industriale Inglese e le condizioni di lavoro, a quel tem- po, erano pessime. Nacque in lui prepotente il desiderio di fare qualcosa di utile per queste ed altre persone nelle stesse condizioni. Questa inclinazione maturò col tempo, sino a concretizzarsi nell'idea di creare “medi- camenti” a misura d'uomo, basati su rimedi semplici, naturali ed alla portata di tutti.

Questo obiettivo lo convinse a diventare medico.

Studiò dapprima a Birmingham e poi a Londra e, nel 1913, fu abilitato alla professione e divenne responsabi- le del pronto soccorso dell'University College Hospital.

Naturalmente si dimostrò la scelta piu’ giusta, alla luce dei fatti successivi. Ma l’indecisione, l’alternanza tra o-

(49)

biettivi diversi, avrebbe potuto essere risolta da due dei suoi fiori, SCLERANTHUS e IMPATIENS.

SCLERANTHUS - - SCLERANTO, FIORSECCO, SCLERANTHUS ANNUUS.

Bach scopri’ Scleranthus alla fine di settembre dell’anno 1930: i giorni si facevano gradatamente più corti, il sole aveva già perso gran parte della sua forza e Bach si era già rassegnato

all'idea che in quel periodo non avrebbe più scoperto piante medicinali. Ma un giorno trovo’, in un campo di stoppie, alcuni esemplari di scleranto, proprio nel punto dove erano depositati i sacchi della semenza per la primavera. Bach scoprì che questa pianta poteva esse- re il rimedio appropriato contro l'indecisione e le con- seguenze organiche di questa disposizione d'animo.

Lo scleranto fu l'ultima scoperta di Bach in quell’anno:

si tratta di una piccola pianta erbacea «da fame», cioè una di quelle specie che crescono su suoli poco fertili, la cui presenza fa prevedere raccolti scarsi, che si dif- fonde nei pascoli, nelle brughiere, sui terreni agricoli magri, acidi, sabbiosi. I minuscoli fiori si raggomitolano nelle ascelle fogliari, quasi non osassero uscir fuori alla luce dell'esistenza. Non osano nemmeno dichiarare un proprio colore, hanno petali privi di pigmenti. Ad avvol- gere pistilli e stami ci sono soltanto sepali appuntiti, ru- vidi, verdi, talvolta con una sfumatura rossastra, con

(50)

margini membranacei e secchi. Da questa caratteristi- ca deriva il nome scleranto (skleros = duro, anthos = fio- re).

Non v'è alcuno sfoggio di eleganza, di colori vividi che possano attirare l'occhio dell'esteta o gli insetti. Ciò è tanto più stupefacente, in quanto si tratta di una cario- fillacea, cioè appartiene a una famiglia di piante dai magnifici fiori profumati, che fanno concorrenza alle ro- se e sono così espressivi che nel linguaggio dei fiori so- no diventati simboli di amicizia e affetto. «A corona- mento di tutta la copia di fiori, la natura genera il garo- fano, che con la sua grazia conquista qualsiasi occhio e ammalia col suo profumo» Questo non vale certamen- te per lo scleranto. Come una persona troppo riservata, che ritrae la testa fra le spalle, la pianticella genera, col suo comportamento nella crescita e nella fioritura, un'impressione di indecisione, insicurezza ed esitazione.

Le Cariofillacee hanno un fusto che cresce ritmicamen- te da nodo a nodo e, talvolta, si biforca o emette delle foglioline strette. Si tratta per lo più di foglie simili a steli d'erba che non si allargano, ma conservano piuttosto il portamento dello stelo. Lo scleranto, dalle ramificazio- ni oblique, nelle sue foglioline quasi aghiformi non si dif- ferenzia molto dal resto della famiglia. Anche in questo esprime la sua riservatezza.

Come altre cariofillacee, lo scleranto, invece di far terminare il suo ritmo di crescita in una luminosa, colo- rata metamorfosi fiorita, si blocca, si raggomitola, dà l'impressione di essere compresso. Ma quello che perde

Riferimenti

Documenti correlati

Ecological zones - Comparison of the GARP eco- logical risk model prediction and the GDD-WB model prediction of the distribution of VL in the state of Bahia to the ecological zone

L’episodio di Stoccolma non si presenta, quindi, come un caso eccezionale, ma come una variante del rischio della presenza, che l’esserci incontra dappertutto, anche laddove la

Il terzo capito si occuperà di analizzare le fonti letterarie ed epigrafiche in relazione alla cura per mezzo della magia, e il legame tra la cura e la mitologia. Nel caso specifico

➤ L’idea che una malattia sia una disfunzione è al centro del concetto teorico di malattia, vale a dire a quello della.

☞ Al momento abbiamo a disposizione un armamentario di trattamenti utili per molte delle afezioni psichiatriche più comuni, anche se non ci sono cure per le malattie

Impossibile legarle ad una rivoluzione astronomica (Copernico, Keplero), crede nell’esistenza della sfera delle stelle fisse, del centro dell’universo e non attribuisce un

descent may become eligible to apply for citizenship by means of a good faith civil or customary marriage to a Namibian citizen (or, in the case of a marriage that

Fausto Fantò - Orbassano, TO Eleonora Gallo - Orbassano, TO Paola Gamba - Orbassano, TO Guido Giustetto - Torino, TO Claudia Gobbi - Orbassano, TO Antonella Granieri - Torino,