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EDWARD BACH: UNA VITA CORAGGIOSA

1886 - Eddie.

Ogni angolo di mondo ha i suoi colori, profumi, contor-ni, vibrazioni e il luogo che ci vede nascere lascia u-n'impronta nella nostra vita. Siamo nel 1886, a Moseley, un paesino a cinque chilometri da Birmingham, in Inghil-terra, nella contea dello Warwickshire. Il 24 Settembre di quell’anno, nasce un bimbo, da una coppia gallese

abbastanza benestante, il cui capo famiglia gestiva una fonderia di ottone. Lo chiamano Edward, ma per anni resta per tutti il “piccolo Eddie” Cresce malaticcio, di costituzione gracile: non sembra predisposto ad una vita faticosa.

E’ un bambino particolare, il piccolo Eddie: sempre a scorrazzare per i campi, a cercare piante e fiori, sem-pre alla ricerca di nuove curiosita’. La compagnia di al-tri coetanei lo interessa, ma spesso preferisce la solitu-dine della natura, i silenzi dei pascoli, la serenità degli ambienti aperti. Si immerge nelle foreste di rovere, am-mira i frassini che crescono lungo i fiumi e, alla loro om-bra, primule, violette ed orchidee. Scorge anche ciliegi selvatici, aceri e fragili piante come il falangio, un gi-glio unico nel suo genere, arrampicato tra le montagne.

Sua madre è ansiosa, come tutte le mamme, a causa della sua salute instabile: ne attribuisce parte dei motivi al suo vagabondare scalzo sull’erba, spesso umida, alla sua incuria per le intemperie; ma, più che dei raffred-dori, sua madre si preoccupa del suo modo di abbrac-ciare la vita, come un adulto in calzoni corti, al suo starsene acquattato in un mondo personale, fatto di piante piu’ che di amici, al suo senso dell’umorismo spiccato ma asociale, che lo classifica “strano” agli occhi di molti.

Il fiore di Agrimonia (AGRIMONY) gli sarebbe stato utile.

AGRIMONY –Agrimonia Eupatoria -

In realtà, il dr. Bach scoprì L’Agrimonia eupatoria, quando, ne1 1930, si stabilì a Cromer, un piccolo villaggio di pescatori sulla costa occidentale dell'Inghilterra. Bach riconobbe subito la natura gioviale di Agrimony: In questa pianta, egli

scoprì un rimedio per gli individui che nascondono agli altri, dietro una apparente allegria, preoccupazione, dispiacere e dolore morale. Gioia, capacità di godere la vita, ottimismo e una mente assennata e ragionevole sono le caratteristiche di una condizione positiva. Se, tuttavia, la gioia di vivere è intossicata da dispiacere o tormento interiore, oppure è eccitata artificialmente e temporaneamente con alcol o altre droghe, tossiche per il fegato, allora si ha a che fare con una condizione compromessa. In tal caso, Agrimony esplica, a livello psichico, un'azione tonificante, armonizzante e disintos-sicante, e l'individuo può tornare ad essere “gioviale”.

Questa pianta gli sarebbe stata preziosa, in quei suoi anni giovani, trasmettendogli allegria, spensieratezza, socialità, aiutandolo ad uscire dal guscio nel quale si nascondeva, spronandolo ad esprimere se stesso ed acquisire sicurezza. Chi necessita di Agrimony cerca di essere amato sempre e da ognuno. Raramente dice di no ed è disposto a tutto pur di evitare conflitti e discus-sioni. Zittisce le proprie tensioni riempiendo la giornata

di mille cose da fare e da disfare. Dissimula la propria preoccupazione, i propri lati nascosti dietro un aspetto cortese e tranquillo. Finge che non ci sia quella “parte oscura”, tende a chiudersi in se stesso, a non rivelare i propri problemi agli altri. E’ turbato dalle discussioni, e, pur di evitarle, scende a compromessi anche sfavorevo-li. Possiede una “doppia personalità”: apparentemente è sempre pieno di humour, col sorriso sulle labbra. In realtà vive attanagliato dall'irrequietezza, dall'ansia e dal tormento interiore.

Agrimony sblocca le tensioni e avrebbe insegnato al giovane Eddie a mostrarsi com’era, un bambino scalzo con tanta voglia di vivere e curiosare il mondo, senza timore di non essere accettato. Lo avrebbe aiutato ad affrontare i problemi invece di nasconderli a tutti, col coraggio di essere se stesso. Agrimony risveglia l’Armonia.

Ma Agrimonia è solo uno dei tanti nomi di questa pian-ta, nomi che cambiano di regione in regione e che so-no indizio della popolarità di cui tuttora gode, tra la popolazione rurale, che ne fa usi diversi: ad esempio, più d'una contadina ne prepara infusi contro le affezio-ni della milza, del fegato e contro la diarrea; ne ag-giunge all’acqua del bagno per curare ferite o ulcere;

ne fa un collutorio contro le infiammazioni della gola.

Presso i tedeschi della Pennsylvania l'Agrimonia è anno-verata insieme ad artemisia, assenzio, erba della febbre (Chrysanthemum parthenium), camomilla e menta tra le

apprezzate erbe sudorifere, utili per eliminare le impuri-tà con la traspirazione.

Probabilmente l'hanno imparato dagli Indiani, i quali in-cludono questa pianta appunto tra le erbe diaforeti-che.

Già dall'antichità il colore giallo oro dei fiori di agrimo-nia era, per gli astrologi, un segno infallibile per definir-la una pianta «gioviale»: nel corpo umano, Giove go-verna il fegato, ed è quindi ovvio che la pianta sia sta-ta utilizzasta-ta nelle affezioni epatiche. Si diceva che Giove comunicasse all'animo umano allegria, gioia di vivere, discernimento e soprattutto una lucida memoria.

Perciò i medici prescrivevano di portare con sé o di in-gerire quest'erba a chi soffriva di amnesia. Il nome la-tino della specie, (Eupatoria), ricorda Mitridate Eupator, re del Ponto, in Asia Minore, creatore del «mitridatismo», l’«antidoto universale». Con l’agrimonia curava il suo corpo, duramente messo alla prova dal bere sangue di anatre avvelenate, per immunizzarsi da eventuali so-stanze tossiche che gli venissero propinate. Non c'è dunque da meravigliarsi, se poi il suo fegato si rifiutava di lavorare.

Anche il fitoterapeuta londinese Culpeper associa que-st'erba a Giove e alla costellazione del Cancro, la qua-le potenzia l'azione di Giove. Culpeper scrive: «A tutte le parti del corpo che sono sotto il dominio di questo pianeta e di questo segno, Agrimony toglie, per attività simpatetica, le loro affezioni e scaccia anche le malat-tie che procedono da Saturno, Marte o Mercurio».

Il nome del genere, “Agrimonia”, significa semplice-mente «abitatore dei campi» (agros= campo, mone = residenza). Questa pianta predilige i terreni magri, argil-losi, i margini delle strade e le siepi. Risvegliata dal sole primaverile, fa crescere dalla rosetta invernale un fusto eretto, ricoperto di una ruvida peluria e poco ramifica-to, che in piena estate fiorisce dal basso verso l'alramifica-to, formando una lunga spiga con piccoli fiori d'un giallo brillante e piacevolmente profumati. I singoli fiori hanno l'aspetto di minuscole roselline selvatiche, che matura-no, formando lappole, che viaggiano per il mondo per-ché fornite di setole uncinate che si agganciano a qualsiasi essere che sfiori la pianta. Il botanico inglese John Gerard, assegna alla pianta la definizione Philan-tropus. “Le lappole”, afferma, “si attaccano agli uomini, perché Agrimony li ama e vuoI far loro del bene”. La bontà della pianta trova espressione anche nel lin-guaggio deI fiori: «Accetta la mia gratitudine!» dice chi regala uno stelo fiorito.

Come altre rosacee ha in sé qualcosa di aspro, di a-stringente, che si oppone alla putrefazione Gli Anglo-sassoni la conoscevano come garclive (squarcio da giavellotto) e con essa curavano le ferite beanti inferte appunto dai giavellotti. I chirurghi francesi preparavano con essa un’acqua apposita per curare le ferite da proiettili d'archibugio.