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GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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Academic year: 2021

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Sessualità nell’uomo con diabete

Sexuality in male with diabetes

G. Corona

1

, D. Cucinotta

2

, C.B. Giorda

3

, E. Nada

3

, A. Sforza

1

, M. Maggi

4

1 Unità di Endocrinologia, Ospedale Maggiore-Bellaria, Dipartimento Medico, Azienda AUSL di Bologna; 2 Dipartimento di Medicina, Policlinico di Messina;

3 Unità di Diabete e Metabolismo AUSL Torinio; 4 Unità di Medicina

della Sessualità e Andrologia, Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze

RIASSUNTO

La sessualità maschile è profondamente influenzata dalla malattia diabetica. Il danno endoteliale e neuronale tipici del diabete mellito (DM) e conseguenza dell’iperglice- mia cronica rappresentano i principali meccanismi fisiopatologici organici coinvolti, sebbene anche fattori relazionali e intrapsichici possano giocare un ruolo importante in alcuni casi. Inoltre, l’ipogonadismo, frequentemente associato all’obesità e al DM tipo 2, rappresenta un altro fattore di rischio. Nel presente articolo verranno approfondite l’epidemiologica, la fisiopatologia e la terapia dei principali disturbi sessuali legati al DM. La disfunzione erettile (DE) rappresenta il disturbo sessuale più frequente con una prevalenza stimata che varia tra il 20% e l’85%. Un crescente numero di dati ha documentato come la DE possa essere considerato un marker precoce di eventi cardiova- scolari (CV) sia nella popolazione generale sia in quella diabetica. In particolare, le evidenze disponibili dimostrano come la presenza di DE nel soggetto diabetico aumenti del 74% il rischio complessivo per eventi CV e del 72% il rischio per la malattia coronarica, indipendentemente dai fattori di rischio CV tradizionali. Nonostante l’impatto epi- demiologico sopra evidenziato e il rischio CV intrinseco al sintomo, la DE è una condizione ancora estremamente sottostimata in ambito diabetologico. Altri disturbi sessuali quali le alterazioni del riflesso eiaculatorio e il desiderio sessuale ipoattivo possono essere riscontrati in un numero non trascurabile di casi. Tuttavia, la reale prevalenza e gli specifici determinati di tali disturbi nella popolazione diabetica non sono ancora stati del tutto stati chiariti.

SUMMARY

Sexuality is profoundly impaired in diabetic men. The endothelial and neuronal damage closely related with diabetes mellitus (DM) and secondary to chronic hyperglyce- mia are the main pathophysiological mechanisms, although relational and intra-psychic factors too may have an important part in some cases. Another risk factor is hy- pogonadism, frequently associated with obesity and type 2 DM. This article explores the epidemiology, pathophysiology and main therapeutic options related to the most common DM-associated sexual disorders. Erectile dysfunction (ED) is the most frequent complaint in DM, with an estimated prevalence ranging from 20% to 85%. There is ample evidence that ED can be considered an early marker of cardiovascular diseases (CVD) in the general population and in DM. In particular, ED in diabetic patients is associated with a 74% increase in the risk of overall CVD and a 72% greater risk of coronary heart disease independent of traditional CV risk factors. Despite the epidemio- logical statistics, however, ED is still underdiagnosed and underestimated in DM. Other sexual disorders such as ejaculatory problems and low libido may be associated with DM in a non-negligible proportion of cases. However, their real prevalence and their specific underlying factors are still not completely clear..

Rassegna

Corrispondenza: Giovanni Corona, Unità di Endocrinologia, Azienda Usl di Bologna, Dipartimento Medico, Ospedale Maggiore Bellaria, Largo Nigrisoli 2, 50133 Bologna – Tel. 051 647 8061 - Fax 051 647 8058 - E-mail: jocorona@libero.it Parole chiave: disfunzione erettile, ipogonadismo, eiaculazione precoce, desiderio sessuale ipoattivo • Key words:

erectile dysfunction, hypogonadism, premature ejaculation, hypoactive sexual desire Pervenuto il 14-11-2017 • Accettato l’1-12-2017

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Introduzione

Recenti dati della World Health Organization (Global Report on Diabete) hanno documentato come la pre- valenza della malattia diabetica sia quasi duplicata nel corso degli ultimi 30 anni. Il numero di soggetti affetta- ti da diabete mellito (DM) è passato da 108 milioni nel 1980 a 422 milioni nel 2014 con una prevalenza globa- le stimata aumentata dal 4,7% al 8,5% nello stesso pe- riodo 1. In particolare, la prevalenza del diabete tipo 2 (DM2), strettamente legato a obesità e invecchiamento, sta raggiungendo valori epidemici con una prevalenza stimata di oltre il 30% in alcune popolazioni come gli USA e il Sud-est Asiatico 1. Fin dal tardo XVIII secolo il medico della marina inglese sir Rollo aveva dimostrato una possibile associazione tra DM e disfunzione erettile (DE) 2. Gli studi successivi hanno confermato come la DE rappresenti una comune complicanza del DM con una prevalenza che varia tra il 20 e l’85% 3. Le compli- canze croniche del DM, quali la neuropatia e la vasculo- patia costituiscono i principali meccanismi patogenetici coinvolti 3. L’ipogonadismo, frequentemente associato alla obesità e al DM2, rappresenta un altro fattore di ri- schio importante 4. Inoltre, è opportuno ricordare come accanto a fattori organici, anche fattori di rischio psico- logici e relazionali possano giocare un ruolo patogene- tico cruciale 3.

Sebbene la DE rappresenti il disturbo sessuale più fre- quentemente associato al DM, altri disturbi sessuali quali le alterazioni del riflesso eiaculatorio e il deside- rio sessuale ipoattivo possono essere riscontrati in un numero non trascurabile di casi. Nelle prossime sezio-

ni verranno approfondite l’epidemiologica, la fisiopato- logia e la terapia dei principali disturbi sessuali legati al DM.

Disfunzione erettile

Epidemiologia

Recentemente sono stati pubblicati i dati relativi a un’ampia meta-analisi che ha valutato tutti gli studi di- sponibili inerenti la prevalenza della DE nei pazienti con DM 5. L’analisi ha riguardato 145 lavori su totale di 88.577 pazienti sia con DM tipo 1 (DM1) sia con DM2 5. I dati di meta-analisi mostrano una prevalenza di DE che varia dal 35 a oltre l’80% con stime inferiori in Europa e Nord America (Tab. I). Lo stesso studio ha, inoltre, con- fermato come la prevalenza di DE sia strettamente lega- ta all’età e quasi doppia nel DM2 quando paragonata a quella riscontrata nel DM1 5. Tali dati non sorprendono e sono in linea con la maggiore presenza di comorbili- tà cardiovascolari (CV) nel DM2. È, inoltre, interessante sottolineare come i dati di meta-regressione dimostrino che, sebbene la durata di malattia e la presenza di com- plicanze croniche, e in particolare della neuropatia, pre- sentino un trend seppur non significativo per una preva- lenza maggiore di DE, l’ipertensione arteriosa è risultata essere l’unico fattore di rischio indipendente in tal sen- so 5. Ciò non sorprende poiché l’ipertensione arteriosa rappresenta sicuramente una delle complicanze più fre- quenti del DM incrementandone in modo significativo il rischio CV e quindi il danno endoteliale (vedi dopo).

Tabella I. Prevalente di DE in DM tipo 1 (DM1) o 2 (DM2) come derivato dai dati di meta analisi (da Kouidrat et al., 2017, adattato) 5.

Parametro Numero di studi Numero di partecipanti Prevalenza di DE

Dato completo Africa Asia Europa Nord America Sud America Oceania Età media 18-60 ≥ 60 Tipo di diabete DM1 DM2

145 15 61 48 17 1 1

55 23

12 70

88.577 2055 36.032

37.300 10.509 114 788

21.220 10.432

5.604 44.488

59,1 [55,5;62,7]

71,3 [63,2;78,2]

67,0 [60,4;73,1]

53,6 [48,7;58,3]

34,5 [26,1;44,0]

74,6 [71,2;77,3]

74,4 [71,2;77,3]

62,2 [56,1;67,9]

66,7 [57,5;74,8]

37,5 [30,8;44,6]

66,3 [61,5;70,9]

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strato come la presenza di DE nel soggetto diabetico aumenti del 74% il rischio complessivo per eventi CV e del 72% il rischio per la malattia coronarica (MC) indi- pendentemente dai fattori di rischio CV tradizionali qua- li l’età, l’emoglobina glicata, l’indice di massa corporea (BMI) la durata media del diabete e il rischio previsto di eventi CV o MC 15. Tali dati sottolineano l’importanza della diagnosi precoce delle DE e la necessità di una meticolosa analisi dei fattori di rischio CV nel paziente diabetico.

Nonostante l’impatto epidemiologico sopra evidenziato e il rischio CV intrinseco al sintomo, la DE è una condi- zione ancora estremamente sottostimata in ambito dia- betologico 1 16. Uno studio condotto su circa 400 medici diabetologi italiani 16 ha dimostrato come oltre il 50% di questi non fosse interessato ad affrontare il problema DE. Tra le motivazioni addotte a riguardo, la presenza di carenze strutturali e in modo particolare la mancan- za di una formazione adeguata in merito, sono risultati i problemi maggiormente sollevati 16. Tali dati sono an- cora più sorprendenti, quando viene considerata la pro- spettiva del paziente diabetico. Dati epidemiologici 17 dimostrano, infatti, una ridotta prevalenza di desiderio sessuale ipoattivo nella popolazione diabetica rispetto a quella non diabetica confermando le osservazioni fat- te in precedenza da Fedele et al. 7 che testimoniavano come il paziente diabetico fosse fortemente interessato, indipendentemente dall’età, a risolvere il problema DE quando questo veniva sollevato.

Fisiopatologia

Come sopra ricordato, i fattori organici, e in particolare, la disfunzione endoteliale e la neuropatia autonomica sono da sempre stati considerati i maggiori determina- ti della DE nel DM 1 (Fig. 1). La disfunzione neuronale interessa precocemente le fibre amieliniche che inner- vano il corpo cavernoso mentre solo più tardivamente sono colpite le fibre mieliniche, tipicamente coinvolte nella genesi della neuropatia periferica 1. Nel corpo ca- vernoso di soggetti diabetici è stata osservata una ridu- zione del numero delle fibre nervose non adrenergiche non colinergiche (NANC) in grado di liberare monossi- do di azoto (NO). Inoltre, è stata descritta una ridotta capacità di rilassamento del muscolo liscio, sia endo- telio- che neurogeno-mediata, strettamente associata a una ridotta attività delle principali isoforme dell’enzima monossido d’azoto sintasi (eNOS + nNOS vedi anche Fig. 1) 1. Più recenti studi hanno sottolineato un possibile ipertono della via RhoA/Rho chinasi principale mediato- re della detumescenza peniena 1. L’ingresso, insulino- indipendente, del glucosio all’interno delle cellule en- Inoltre, è opportuno ricordare come diversi farmaci anti-

pertensivi possono contribuire in modo significativo alla presenza di DE. Considerando la popolazione italiana, uno studio condotto da Fedele et al. 6 7 su circa 10000 soggetti di età compresa tra 20 e 69 anni, ha riportato una prevalenza di DE di circa il 30% strettamente legata a fattori quali età, compenso glicometabolico, durata di malattia, e presenza di complicanze croniche associa- te 6 7. In particolare, la diagnosi di neuropatia autonomi- ca o di piede diabetico, aumentavano il rischio di DE di circa 5 volte, mentre un’anamnesi positiva per cardiopa- tia ischemica di circa 3 volte nel paziente con DM1 e 2 volte in soggetti con DM2 6 7. Più recentemente è stato pubblicato un altro ampio studio di popolazione italia- na inerente 1500 soggetti con DM2 di recente diagnosi (< 24 mesi) arruolati in 27 centri afferenti alla Associa- zione Medici Diabetologi omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale (Studio SUBITODE) 8 9. La prevalen- za di DE riportata in quest’ultimo studio è leggermente superiore a quella precedentemente documentata da Fedele et al. 6 7. Le ragioni di tale discrepanza posso- no essere soggette a una duplice interpretazione. I dati relativi allo studio di Fedele et al. 6 7 sono relativi a un periodo immediatamente successivo all’introduzione in commercio del sildenafil avvenuto nel 1998. Le campa- gne informative e di prevenzione svolte negli ultimi 20 anni hanno inevitabilmente sollevato un problema pre- cedentemente poco indagato, specie nella popolazione diabetica 10. Non è possibile, tuttavia, escludere un re- ale aumento della prevalenza di DE in linea con l’invec- chiamento della popolazione e l’incremento della preva- lenza della malattia diabetica occorso negli ultimi anni 1. Molto minori sono i dati relativi alla incidenza della DE.

Fedele et al. 11 in uno studio inerente 1010 pazienti con un follow-up medio di 2,8 anni ha riportato un’incidenza di 68 casi per 1000 persone-anno, dato oltre 2 volte su- periore a quello riscontrato nella popolazione generale.

Una maggiore incidenza (166,3 per 1000 persone-anno) è stata riportata da De Berardis et al. 12 in un’altra inda- gine italiana che ha riguardato 670 soggetti con TDM2 seguiti ogni 6 mesi per un massimo di 3 anni. Un’inci- denza inferiore (25 per 1000 persone-anno) è stata in- vece riportata da Klein et al. 1 3 in uno studio americano inerente 264 pazienti con DM1 ed età inferiore ai 30 anni all’arruolamento e seguiti per circa 10 anni.

L’importanza dei dati epidemiologici sopra ricordati ac- quista ancora maggiore significato clinico, consideran- do il fatto che un crescente numero di dati ha documen- tato come la DE possa essere considerato un marker precoce di eventi CV sia in popolazione generale 14 sia nella popolazione diabetica 15. L’analisi degli studi epi- demiologici attualmente disponibili ha, in effetti, dimo-

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“primum movens” sia della micro- che della macroan- giopatia diabetica (Fig. 1) 1.

Diverse evidenze epidemiologiche mostrano un incre- mento della prevalenza di ipogonadismo nel soggetto con DM2 4, solo parzialmente interpretabile con la ridu- zione dei livelli circolati della proteina legante il testoste- rone (T), sex hormone binding globuline (SHBG), indot- ta dall’aumento della massa grassa. Il T rappresenta un ormone essenziale per la funzione sessuale maschile agendo sia a livello centrale, stimolando il desiderio, sia doteliali e delle cellule nervose le rende particolarmente

suscettibili a danni indotti dall’iperglicemia cronica. I meccanismi molecolari sottostanti coinvolgono sia la via dei polioli, sia la formazione di diacilglicerolo (DAG), oltre al danno ossidativo e secondario alla formazione prodotti di glicosilazione avanzata (AGE; Fig.  1) 1. La produzione di AGE e il loro conseguente accumulo nelle cellule endoteliali e muscolari lisce comporta, la forma- zione di macromolecole resistenti alla proteolisi determi- nando un progressivo ispessimento, perdita di elasticità

Figura 1. Rappresentazione schematica dei principali meccanismi molecolari coinvolti nel danno endoteliale del pa- ziente diabetico. L’iperglicemia cronica tipica del diabete mellito comporta una aumentata attivazione della via dei po- lioli, della formazione di diacilglicerolo (DAG), oltre a un danno ossidativi (ROS) e secondario alla formazione prodotti di glicosilazione avanzata (AGE). Ne derivano un danno endoteliale che comporta una ridotta attività della monossido d’azoto sintasi endoteliale (eNOS) con conseguente riduzione dei livelli monossido d’azoto principale mediatore coin- volto nel processo di erezione. Al danno sembra contribuire anche una aumentata attività della via RhoA/Rho kinasi tramite un processo di inibizione di eNOS. L’ipogonadismo strettamente correlato all’insulino-resistenza tipica dei pa- zienti con diabete mellito tipo 2 (DM2) sembra possa essere coinvolto nel fenomeno.

Iperglicemia cronica

DM2/insulino-resistenza

Ipogonadismo

RhoA/Rho kinasi Danno endoteliale

eNOS ROS

AGE Via dei polioli DAG

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lisi longitudinale dello studio SUBITO-DE ha dimostra- to, infatti, che l’ottimizzazione dei fattori di rischio e del compenso glicometabolico possono determinare un miglioramento della DE nel 20% dei casi 25. Tuttavia, è opportuno ricordare, che nel paziente complicato, con lunga durata di malattia, tale approccio da solo può non essere risolutivo. Un recente studio, randomizzato ha, in effetti, dimostrato come l’efficacia della combinazione tra modifiche dello stile di vita e del controllo glicemico e sildenafil sia superiore al solo controllo dei fattori di rischio 26.

Il dosaggio del T e l’esclusione di un ipogonadismo de- ve rappresentare una tappa essenziale nella gestione del paziente diabetico con DE. La terapia con T deve rappresentare l’approccio di elezione nel paziente ipo- gonadico (T totale < 12 nM o 3,5 ng/ml). Recenti me- ta-analisi hanno confermato come il T sia in grado di migliorare tutti gli aspetti della sessualità nel paziente ipogonadico (T totale < 12 nM o 3,5 ng/ml) 27 28. Tutta- via, l’efficacia della sola terapia con T, nel paziente con DE, è limitata in presenza di danno vascolare noto co- me nel caso di obesità e DM 27 29. In questo caso è ne- cessaria la combinazione con inibitori delle fosfodieste- rasi di tipo 5 (PDE5i). I PDE5i rappresentano la terapia di prima linea in tutti i pazienti diabetici con DE ove sia stato escluso un ipogonadismo. L’efficacia dei farmaci attualmente disponibili è paragonabile e non esistono studi che dimostrino una superiorità di un PDE5i rispet- to a un altro sia nella popolazione generale sia in quella diabetica 29. Un recente studio di meta-analisi ha dimo- strato come un uso cronico di PDE5i possa associarsi a un miglioramento dei marker di funzione endoteliale nel paziente diabetico 30. Ulteriori studi sono, tuttavia, ne- cessari per dimostrare se tale approccio possa essere di maggiore giovamento verso la terapia al bisogno nei pazienti diabetici. Dato inconfutabile è invece quello re- lativo a una minore efficacia dei PDE5i nel DM quando paragonata a quella riscontrata in popolazione genera- le 29. Nel caso di mancata riposta ai PDE5i, è possibile ricorrere a una terapia di secondo livello come l’utilizzo di farmaci iniettivi quali la prostaglandina E1, da sola o in combinazione con papaverina e fentolamina, o in ul- tima analisi a una terapia di terapia terzo livello quale l’impianto protesico 29.

Al di là dell’effetto sulla funzione sessuale, è interessan- te sottolineare come studi di meta-analisi abbiano dimo- strato come la terapia con T sia in grado di migliorare la composizione corporea nel soggetto ipogonadico dimi- nuendo la massa grassa e migliorando il contenuto di massa magra 31 32. Tali modificazioni si accompagnano a un miglioramento del compenso glicometabolico sia in popolazione generale 31 sia nel soggetto diabetico 32. a livello periferico, contribuendo al mantenimento e al

trofismo dei corpi cavernosi 18 19. Gli esatti attori respon- sabili della associazione tra obesità, DM2 e ipogonadi- smo non sono ancora del tutto chiariti, ma fattori ragio- nevolmente candidati sono rappresentati da estrogeni, insulina, leptina, TNF-alfa o altre molecole di origine adi- pocitaria. Una ipotesi largamente condivisa riguarda il possibile ruolo giocato dagli estrogeni. Un’aumentata aromatizzazione degli androgeni, obesità-correlata, può infatti determinare un incremento dei livelli circolanti di estrogeni con conseguente riduzione della secrezione di LH giustificando il quadro di ipogonadismo seconda- rio prevalentemente osservato 4.

D’altro canto è opportuno sottolineare come sia stato di- mostrato il ruolo inibitorio del T nella regolazione della attività della lipoprotein-lipasi, principale enzima coin- volto nell’immagazzinamento di trigliceridi da parte del tessuto adiposo 4. Pertanto, l’ipogonadismo può contri- buire al peggioramento del quadro incrementando la quota di massa grassa corporea 4. Infine, anche l’insuli- na di per sé può agire direttamente a livello ipotalamico stimolando la sintesi e il rilascio del gonadotropin relea- sing factor (GnRH) 4.

Sebbene la componente relazionale, legata alla dinami- ca di coppia, possa giocare un ruolo chiave nella pa- togenesi della DE in alcune circostanze 20, un ampio studio trasversale su pazienti che si rivolgevano a un ambulatorio andrologico per DE, non ha documentato nessuna differenza nel peso di questa componente tra soggetti diabetici e non 21. Questo suggerisce che la coppia di un paziente diabetico con DE è in genere ben consolidata e abituata a reagire ad avversità che possa- no minarne la loro stabilità.

Diverse evidenze epidemiologiche suggeriscono un maggior peso di fattori intraspsichici negativi, e in par- ticolare dei sintomi depressivi, nei pazienti diabetici, quando paragonati con soggetti non diabetici, con con- seguente peggiore qualità di vita 1 22. La relazione tra sintomi depressivi, farmaci antidepressivi e DE è am- piamente documentata 23. I meccanismi eziologici alla base di questa associazione non sono del tutto chiari.

Interessante ricordare come una meta-analisi dei dati disponibili ha documentato l’esistenza di un’associazio- ne bidirezionale tra depressione e disfunzioni sessuali in popolazione generale 23. Risultati simili sono stati ri- portati anche per i pazienti con DM2 24.

Terapia

Il controllo stretto della malattia diabetica e delle sue complicanze deve rappresentare il primo approccio te- rapeutico al paziente diabetico che lamenta DE. L’ana-

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volte al giorno o imipramina 25 mg, due volte al giorno) possono essere di giovamento aumentando il tono sim- patico delle vie genitali maschili e dello sfintere uretrale interno 1. Tali farmaci sono controindicati i soggetti iper- tesi o con sottostante patologia CV 1.

La terapia con T può essere di giovamento in soggetti con riduzione del volume dell’eiaculato ed eiaculazione ritardata, non associate a ER 27 28.

Il trattamento della EP si basa sull’utilizzo di farmaci specifici come la dapoxetina e può giovare dell’uso di anestetici locali 40. In caso di associazione con DE i far- maci PDE5i debbono rappresentare la prima scelta 40.

Desiderio sessuale ipoattivo

Epidemiologia

Secondo la definizione proposta dall’ultima revisione del “Diagnostic and Statistical manual of Mental disor- ders (DSM-5; 41), il disturbo da desiderio sessuale ipo- attivo (DDSI) viene definito come una disfunzione ses- suale caratterizzata da

“Pensieri o fantasie sessuali/erotici e desiderio di atti- vità sessuale persistentemente o ripetutamente carenti (o assenti), protratti per un periodo minimo di circa 6 mesi e causa di disagio clinicamente significativo. La disfunzione sessuale non deve è dovuta a un disturbo mentale non sessuale o alle conseguenze di un grave distress (sofferenza) nelle relazioni o ad altri rilevanti fat- tori di stress e non è attribuibile agli effetti di una sostan- za/farmaco o di un’altra condizione morbosa”.

Diversi fattori legati alla malattia diabetica possono con- tribuire alla presenza di un desiderio sessuale ipoattivo (DSI) secondario. Tra questi ricordiamo, l’uso di farmaci (antidepressivi, antipertensivi ecc.; vedi Tab. II) come la presenza di un ipogonadismo o di una DE associata.

Pochi studi tuttavia hanno realmente documentato la prevalenza di DSI nella popolazione diabetica e dei fat- tori a esso correlati. Lo studio SUBITO-DE ha riportato una prevalenza nel 58,4% di DSI. Una severa sintomato- logia depressiva, una iperprolattinemia, l’obesità e una eiaculazione ritardata sono risultati i fattori più importanti a esso correlati 9. L’associazione negativa tra iperprolat- tinamia e DSI è ben documentata 19. Diverse evidenze hanno dimostrato come sia l’eccitazione (erezione) sia l’orgasmo (eiaculazione) sono spesso inibiti nei soggetti che riportano un DSI 42. In questo caso il DSI rappresen- ta frequentemente una reazione evasiva per ridurre l’an- sia correlata alla disfunzione sessuale (“Non ho alcun desiderio di rapporti sessuali”, per evitare la frustrazio- ne del fallimento delle prestazioni). Al contrario, l’eiacu- lazione ritardata può essere secondaria alla DE e alla Infine è opportuno ricordare che recenti dati hanno sug-

gerito un possibile ruolo dei PDE5i sul miglioramento del compenso glicometabolico sebbene non vi siano anco- ra dati definitivi in tal senso 33.

Disturbi eiaculatori

Epidemiologia

La neuropatia diabetica può deteriorare i nervi che con- trollano gli sfinteri uretrali determinando l’insorgenza di disturbi eiaculatori. L’eiaculazione retrograda (ER) è ri- tenuto essere il disturbo eiculatorio più frequentemen- te associato al DM. Un recente studio prospettico ha documentato una prevalenza di ER in circa il 30% dei pazienti 34. Risultati simili sono stati riportati nello stu- dio SUBITO-DE 9. È opportuno ricordare come anche un ipogonadismo possa associarsi a una riduzione del vo- lume dell’eiaculato e una eiculazione ritardata che inevi- tabilmente entra in diagnosi differenziale con l’ER 1. Il rapporto tra eiaculazione precoce (EP) e DM è poco studiato. In una serie consecutiva di 676 pazienti ma- schi con T2DM, El-Sakka ha riportato una prevalenza media di circa il 40% di EP 35. Una prevalenza decisa- mente inferiore è invece stata riportato dallo studio SU- BITO-DE (28%) 9. Le ragioni di tale discrepanza non so- no del tutto note. È possibile ipotizzare, come la relativa bassa durata di malattia (<  24 mesi) che caratterizza lo studio SUBITO-DE, possa spiegare almeno in parte queste discordanze 9. Nessuna differenza in termini di prevalenza di EP è invece stata riportata da Bellastella et al. 37 paragonando soggetti con DM1 e un gruppo di controllo (24 vs 23,5%). Viceversa una prevalenza mag- giore di EP, strettamente associata con la presenza di DE, è stata riportata in pazienti con DM2 quando para- gonati a un gruppo di controllo 38. L’associazione tra DE e PE è nota e bidirezionale 39. La presenza di DE può aggravare lo stato di ansia prestazionale favorendo una EP. Analogamente l’EP può associarsi a una ridotta qua- lità della vita e a sintomi di ansia e depressione determi- nando una DE 39.

Terapia

La presenza di ER può giovarsi dall’utilizzo di farmaci anticolinergici, antistaminici e alfa-adrenergici 1. In sog- getti refrattari a tale approccio è stato utilizzato con suc- cesso l’uso di collagene tipo 2 iniettato a livello del collo vescicale per potenziare l’efficacia dello sfintere ure- trale 1. Farmaci alpha-adrenergici (efedrina, 25/50 mg/

quattro volte al giorno; pseudoefedrina, 60 mg quattro

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Terapia

In caso di ipogonadismo o iperprolattinemia la tera- pia medica si deve basare sull’utilizzo di T o farmaci dopamino-agonisti, rispettivamente 19. Se la causa de- gli elevati livelli di prolattina è legata all’uso di farmaci specifici, una modificazione della terapia deve essere considerata ove possibile 19. Farmaci con azione mista sulla ricaptazione della serotonina e delle catecolami- ne hanno un impatto inferiore sul desiderio e sui livelli di prolattina quando paragonati a inibitoti puri della ri- captazione della serotonina 19. Quando una condizione medica associata viene esclusa un approccio piscote- rapeutico deve essere perso in considerazione.

Conclusioni

Il diabete e le complicanze croniche ad asso associate si associano frequentemente a una perturbazione della funzione sessuale maschile. Una diagnosi precoce di DE e dei fattori a essa correlati può ridurre il rischio CV.

Inoltre, il sintomo DE e i disturbi sessuali a esso correla- ti può essere utilizzato per persuadere i propri pazienti a intraprendere un ciclo virtuoso, ove il miglioramento della funzione sessuale è la ricompensa per adottare uno stile di vita sano e per ottenere un migliore controllo glicometabolico.

riduzione del piacere legato all’incontro sessuale a essa associato 9. Allo stesso modo la associazione tra obesi- tà e DSI può essere spiegata dagli attuali atteggiamenti culturali verso la bellezza e la sessualità, che vedono nell’obesità un segno di riduzione della attrazione ses- suale riducendo l’autostima 9.

Tabella II. Principali farmaci possibile causa di deside- rio sessuale ipoattivo.

Antidepressivi con attività serotonergica

SSRI

Antidepressivi triciclici

Inibitori delle monoamino-ossidasi

Antipsicotici Tipici

Atipici Farmaci che interferiscono

con l’attività o la produzione di androgeni

Antiandrogeni steroidei e non steroidei

Steroidi anabolizzanti Analoghi del GnRH

Inibitori della 5alpha-reduttasi Antiepilettici

Altri Litio

Clonidina Reserpina Oppioidi

SSRI: selective serotonin reuptake inhibitors; GnRH: gonadotropin releasing homone.

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