• Non ci sono risultati.

COLLEGIO DI NAPOLI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "COLLEGIO DI NAPOLI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) CARRIERO Presidente

(NA) SANTAGATA DE CASTRO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) GATT Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) SILVESTRI Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(NA) SBORDONE Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - LUCILLA GATT

Seduta del 08/06/2021

FATTO Parte ricorrente riferisce che:

- l’11.12.2018 si recava presso una delle filiali dell’intermediario A (banca negoziatrice) al fine di versare sul conto corrente di cui è intestatario un assegno circolare, ricevuto da un terzo soggetto a fronte della vendita di un orologio;

- il giorno precedente il proprio referente bancario, come dichiarato anche all’autorità giudiziaria, aveva verificato la regolarità del titolo e a seguito di contatti telefonici con il personale dell’intermediario B (apparente emittente) otteneva il cd “benemissione”;

- in data 14.12.2018 veniva acclarata la contraffazione dell’assegno.

Con riferimento all’intermediario A, parte ricorrente eccepisce che:

- in sede di riscontro al reclamo, l’intermediario A ha declinato le proprie responsabilità in quanto il referente citato è un promotore finanziario non abilitato alla richiesta del bene emissione. Sul punto, il ricorrente riporta la giurisprudenza della Suprema Corte in merito alla responsabilità della banca per l’attività del promotore finanziario (Cass. 1741/11, Cass. 6829/11, Cass. n. 18928/17);

- circa il fatto che la contraffazione non fosse rilevabile ictu oculi con l’ordinaria diligenza riconosciuta all’operatore bancario, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 17 gennaio 2019 n. 1049, Cass. S.U. sentenza n. 12477/18) ha affermato che è la banca negoziatrice a dover dimostrare di aver agito con la diligenza dell’accorto banchiere e pertanto è responsabile nei casi in cui l’assegno negoziato sia risultato contraffatto;

(2)

- secondo il Collegio di Coordinamento, la procedura di Check Image Truncation (CIT) agevola la negoziazione degli assegni, ma comporta dei rischi che, in quanto inerenti all’attività bancaria, non possono ricadere sul cliente.

Con riferimento, poi, all’intermediario B, evidenzia che

- secondo l’ABF (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 7283/18) e la giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Torino, 22 gennaio 2020 n. 311), la banca emittente non è tenuta a fornire il benemissione ma, ove lo faccia, come nel caso di specie, assume una responsabilità contrattuale;

- le banche autorizzate ad emettere assegni circolari devono avere assetti organizzativi e controlli interni volti a ridurre il rischio di contraffazione degli assegni.

Pertanto, parte ricorrente si rivolge a questo Collegio chiedendo:

- in via principale, che si condanni disgiuntamente ovvero in solido le banche al versamento di euro 12.800,00;

- in via subordinata, che si condannino le medesime al pagamento di somma da definirsi in via equitativa a titolo di risarcimento.

Costituitosi, l’intermediario A eccepisce che:

- la vicenda in esame rientra nel fenomeno degli assegni clonati con tecniche sofisticate al punto da “confonderli” con un assegno originale;

- la truffa è ben nota ed è legata a operazioni di compravendita online di beni di lusso;

- sussiste un comportamento imprudente della controparte per aver riposto fiducia in una persona completamente estranea, dalla quale è stato contattato il giorno 10.12.2018 e con cui ha concluso nella stessa data l’accordo, senza neanche visionare il bene oggetto di vendita. Successivamente, ricevuta la copia dell’assegno, ha fatto richiesta di verifica della genuinità dello stesso al private banker, senza recarsi in filiale e quindi senza rivolgersi a un dipendente abilitato per la richiesta del “bene emissione”. Pertanto non risulta pertinente il richiamo alla posizione della Suprema Corte che si è espressa con riferimento alle attività di competenza del promotore;

- nel corso del 2018 ha pubblicato sul sito istituzionale una comunicazione di ammonimento ad astenersi dalle richieste di bene emissione e ribadito i contenuti in una mail inviata a tutte le filiali, avvertimento evidentemente disatteso dal referente del ricorrente;

- secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità la responsabilità della banca negoziatrice in materia di alterazione ovvero falsificazione di assegni sorge solo nel caso in cui l’alterazione sia visibile ictu oculi in base alle conoscenze del bancario medio.

Nel caso in esame la verifica visiva del titolo non ha consentito di rilevare alcuna anomalia, in quanto l’assegno risultato “falso/contraffatto” aveva tutte le caratteristiche specifiche richieste dalla Circolare ABI- Serie tecnica n. 5 del 22.03.2016 e presentava i requisiti sia di forma che di contenuto imposti: il carattere, la spaziatura, la corrispondenza dei codici ABI e CAB della banca emittente, la corrispondenza numerica, le diciture codeline CMC7.

- in ossequio alla procedura CIT (Check Image Truncation) il giorno 10.12.2018, data del versamento, ha regolarmente inserito in procedura il titolo con trasmissione dell’immagine digitalizzata alla banca emittente e comunicazione dalla stessa di

“impagato” il medesimo giorno.

Ciò dedotto, l’intermediario A chiede al Collegio:

- in via principale, di rigettare il ricorso;

- in via subordinata, di riconoscere la corresponsabilità del ricorrente.

Costituitosi, l’intermediario B eccepisce che:

- non è mai stato contattato per il cd. “bene emissione”;

(3)

- il ricorrente è stato gravemente negligente, avendo consegnato il bene oggetto di vendita, senza attendere il previo accredito dell’assegno e a uno sconosciuto i cui documenti di riconoscimento risultano illeggibili;

- il ricorrente non ha provato in alcun modo l’asserito rilascio del “bene emissione” e agli atti non risulta provato che il promotore finanziario abbia realmente comunicato con la banca apparente emettitrice;

- che la banca negoziatrice, in violazione dei propri doveri di diligenza, non ha notato l’erronea indicazione sull’assegno sia dell’indirizzo della filiale sia del codice CAB, rilevabile ictu oculi;

- secondo il Collegio di Coordinamento, può sussistere la responsabilità della banca negoziatrice per legittimo affidamento nel cliente circa la genuinità dell’assegno, qualora richieda telefonicamente il bene emissione, attesa l’inidoneità di tale modalità di controllo;

- la propria filiale coinvolta in data 11.12.2018 non ha registrato alcun malfunzionamento delle proprie linee telefoniche.

Ciò dedotto, l’intermediario B chiede al Collegio:

- in via principale, di rigettare il ricorso;

- in via subordinata, di riconoscere la corresponsabilità del ricorrente e/o della banca e di diminuire l’entità della pretesa.

In sede di repliche, parte ricorrente ribadisce:

- la responsabilità della banca emittente in quanto avente l’obbligo di porre in essere tutti i presidi necessari volti a ridurre il rischio di frodi e quella della banca negoziatrice in quanto chiamata ad eseguire i necessari controlli secondo le regole tecniche ABI;

- di aver concluso la vendita del bene solo previa acquisizione del parere positivo del proprio referente.

In sede di controrepliche, l’intermediario A si riporta sostanzialmente alle proprie deduzioni.

In sede di controrepliche, l’intermediario B si riporta sostanzialmente alle proprie deduzioni e richiama le decisioni della Corte d’Appello di Venezia dell’11.01.2021 e del Giudice di Pace di La Spezia emessa in data 12.02.2020 in tema di responsabilità della banca negoziatrice per negligente verifica sulla regolarità formale dell’assegno circolare consegnato dal cliente.

DIRITTO

La domanda della parte ricorrente è relativa all’accertamento della responsabilità della banca negoziatrice (int. A) e della banca apparente emittente (int. B) in relazione a un assegno circolare contraffatto, oltre che della natura delle rispettive responsabilità.

Il ricorso è da accogliersi nei termini che seguono.

Giova, però, affrontare separatamente le responsabilità dei due intermediari resistenti e, in conclusione, la condotta del ricorrente, stigmatizzata da entrambe le controparti.

Per quanto concerne la responsabilità dell’intermediario A, ovvero la banca negoziatrice, questa va chiaramente calata entro il perimetro della responsabilità contrattualeex art.

1218 c.c., derivante dalla fornitura di servizi a favore del proprio utente. Per la precisione, deve essere scissa nei seguenti profili, di cui il secondo quale diretta conseguenza del primo. Pertanto, è necessario verificare:

- quale sia la diligenza da tenere nelle attività di verifica della regolarità formale dell’assegno circolare;

- se vi sia un legittimo affidamento ingenerato nel cliente a seguito della dichiarazione

(4)

In ordine al primo punto – ossia la diligenza da osservare nelle attività di verifica dell’assegno – per costante giurisprudenza il dato normativo fondamentale in tema di attività bancaria in senso generale va rinvenuto nel dettato dell’art. 1176, co. 2 c.c., dove si statuisce che “Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.”, altrimenti definita – sempre con riferimento all’ambito bancario – “diligenza dell’accorto banchiere”.

Trattasi, chiaramente, di una disposizione inerente all’ambito della responsabilità da obbligazioni nascenti da contratto, che non sarebbe affatto applicabile a ipotesi di responsabilità totalmente estranee all’ambito dei contratti.

Unitamente a questa norma, poi, vanno considerate le disposizioni regolamentari della Banca D’Italia e dell’ABI in materia di procedure tecniche di controllo degli assegni circolari, atteso che – appunto – è necessario comparare la diligenza suddetta alla natura dell’attività esercitata e, quindi, al rispetto o meno delle norme tecniche che regolano tale attività.

Sul punto la Banca D’Italia, in applicazione dell’art. 8, comma 7, lett. e) del d.l. n. 70/2011, ha emanato il Regolamento 22 marzo 2016 che contiene le regole tecniche relative all’operatività dei pagamenti degli assegni in forma elettronica.

Secondo l’art. 7 di tale regolamento, la presentazione al pagamento in forma elettronica dell'assegno circolare “senza limiti di importo” da parte del negoziatore avviene con la trasmissione in via telematica all’emittente dei dati di cui al successivo art. 8 – tra i quali i codici ABI e CAB dell’emittente – mentre l’immagine dell’assegno deve essere fornita solo se il negoziatore rilevi incoerenze/anomalie sul titolo ovvero qualora sia richiesto dall’emittente.

Sempre in tema di trasmissione dei dati dell’assegno, i suddetti obblighi sono ribaditi dalla Circolare ABI n. 12 del 4 luglio 2018 in materia di procedure CIT. Non solo, per gli assegni più recenti – come quello oggetto del presente contenzioso – la Circolare ABI Serie Tecnica n. 5 del 22 marzo 2016 prevede che le banche appongano sui titoli un QR Code, un codice bidimensionale contenente informazioni che vanno raffrontate con quelle presenti sul titolo stesso, con obbligo di inviare un “Alert” laddove le informazioni non corrispondano o vi siano problemi nella lettura del titolo e del codice.

Ora, posto che per costante giurisprudenza la diligenza dell’intermediario va analizzata in base al combinato disposto dell’art. 1176, co. 2 c.c. e delle norme tecniche di verifica degli assegni circolari, va rilevato che l’intermediario A:

- ha trasmesso l’immagine del titolo;

- non si è tuttavia avvveduto dell’errata indicazione del CAB e dell’indirizzo della filiale della banca emittente, effettivamente rinvenibile ictu oculi;

- ha effettuato un contatto meramente telefonico, senza attendere una comunicazione scritta, per la conferma del cd. “bene emissione”.

Trattasi di condotta certamente non sussumibile in quella del cd. “accorto banchiere” e quindi idonea ad costituire ipotesi di responsabilità contrattuale in capo allo stesso e nei confronti del proprio utente in relazione al servizio da questi richiesto.

Da quanto appena asserito, discende anche la sussistenza di un legittimo affidamento in capo al cliente, derivante dalla condotta tenuta dalla banca negoziatrice.

Infatti, il Collegio di Coordinamento, con decisione n. 20978/2020, ha statuito che, in conseguenza della necessità di una condotta qualificata e riconducibile nell’alveo della diligenza ex art. 1176, co. 2 c.c., è necessario che “la richiesta all’emittente di bene emissione sia almeno accompagnata da una conferma scritta, restando altrimenti la negoziatrice responsabile per il legittimo affidamento ingenerato nel cliente circa la genuinità dell’assegno (cfr. Collegio di Coordinamento n.7283/2018; Collegio di Torino

(5)

n.10545/2019; Collegio di Roma n.20544/4.9.2019). E tale affidamento deve reputarsi particolarmente elevato perché, trattandosi appunto di un assegno circolare, il bene fondi, dichiarato dalla banca negoziatrice come proveniente dalla banca emittente, dà certezza sull’autenticità del titolo e del suo importo, a differenza del bene fondi di un assegno bancario che attesta semplicemente che, nel momento dato, c’è la provvista di denaro sul conto di traenza, ma non può ovviamente escludere che il titolo sia contraffatto ovvero che nelle more tale disponibilità venga meno e l’assegno resti così insoluto. Ne discende che, in caso di mancato incasso del titolo, la dichiarazione di bene emissione dell’assegno circolare, non accompagnata dalle indicate cautele e riserve, frustrando l’aspettativa del portatore, non può non comportare la responsabilità della banca negoziatrice, su cui grava il già menzionato principio di autoresponsabilità per le informazioni inesatte rese nello svolgimento del rapporto contrattuale (Cass., n.10492/2011; Cass., 24084/2008).”.

In questi termini, sussiste una responsabilità di tipo contrattuale – qualificazione che emerge chiaramente anche dalle parole del Collegio di Coordinamento – dell’intermediario A per l’assenza della “diligenza dell’accorto banchiere” e per aver ingenerato un legittimo affidamento nel proprio cliente.

Trattandosi di responsabilità di tipo contrattuale, poi, a nulla vale il richiamo al fatto che il ricorrente si sia rivolto al proprio referente, un promotore finanziario, anziché allo sportellista della filiale.

Infatti, si consideri che comunque l’intermediario negoziatore consente al promotore di operare a suo favore, rendendolo chiaramente un proprio ausiliario e con ciò configurandosi a proprio carico una chiara responsabilità per fatto degli ausiliari ex art.

1228 c.c., laddove si statuisce che “Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.”, fattispecie nella quale ben si può ricondurre la condotta di un promotore finanziario che, non osservando le comunicazioni della propria banca, ponga in essere attività che esulano dalle proprie competenze, sia pur per agevolare il cliente.

Con riferimento, poi, alla responsabiità dell’intermediario B, si è in presenza di una posizione del tutto differente, per i motivi che seguono.

Il Collegio di Coordinamento, infatti, con le decisioni n. 7283/18 e n. 20978/20 ha statuito che la responsabilità dell’intermediario apparente emittente, da inquadrarsi nella fattispecie di cui all’art. 2049 c.c., sorge laddove il titolo negoziato sia stato creato e comunque sia entrato in circolazione per mano ovvero per colpa dell’intermediario apparente emittente.

Altresì, sussiste una responsabilità dell’apparente emittente nel caso in cui:

- non adotti un sistema di controlli interni e di assetti organizzativi idonei a gestire regolarmente lo strumento di pagamento;

- non adotti iniziative ovvero attivi procedure di sicurezza quando abbia contezza di circostanze costituenti veri e propri segnali di allarme (quali conclamate intrusioni nei propri sistemi);

In primo luogo, non sussiste la prima ipotesi di responsabilità, dal momento che non è possibile in alcun modo affermarsi che il titolo negoziato sia circolato per mano ovvero colpa dell’intermediario apparente emittente, dal momento che quest’ultimo era del tutto ignaro di siffatta circostanza.

Pertanto, laddove “terzi abbiano creato un documento del tutto falso con le fattezze, neppure ben riprodotte (come nel caso di specie) di un assegno riferibile a quell’apparente emittente, viene in considerazione un comportamento che sfugge del tutto alla sua possibilità di controllo o di interdizione, così che non può esso ritenersi responsabile se altri intermediari negozino un documento falso avente sembianze di un suo assegno

(6)

Ugualmente non è rinvenibile nessuna delle altre due ipotesi di responsabilità atteso che:

- lo stesso intermediario B ha eccepito l’assenza di manomissioni del proprio sistema telefonico in quella data;

- non è dato evincersi alcunchè, dall’attuale impianto probatorio, né in termini di inidoneità dei sistemi di controllo interni nella gestione degli strumenti di pagamento né circa intrusioni nelle linee telefoniche, circostanze che, come recentemente ricordato dal Coordinamento, devono essere oggetto di “rigorosa prova”.

Da ciò discende l’esclusione della responsabilità con riferimento alla condotta tenuta dall’intermediario B.

Concludendo, si analizzano eventuali profili di responsabilità del ricorrente derivanti dalla sua condotta. Sul punto, atteso che sussiste un rapporto contrattuale tra il ricorrente e l’intermediario negoziatore, il dato normativo di riferimento è l’art. 1227, co. 1 c.c., che statuisce come segue: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.”.

Ebbene, il ricorrente ha provveduto alla consegna del bene solamente dopo aver ottenuto dall’intermediario negoziatore il cd. “bene emissione”, sia pure con modalità inadeguate e che, comunque, hanno ingenerato nello stesso un legittimo affidamento.

Sul punto, si richiama nuovamente la suddetta pronuncia del Coordinamento, che ha analizzato una condotta pressoché identica a quella stigmatizzata in sede di controdeduzioni e nella quale si ricorda come spetti alla banca negoziatrice identificare il terzo acquirente del bene “dovendo altrimenti svuotarsi del tutto il valore che l’ordinamento attribuisce negli scambi tra i privati al rilascio degli assegni circolari come mezzi di pagamento di massima affidabilità, a fronte del generale principio di contestualità nella esecuzione delle prestazioni contrattuali sinallagmatiche. Proprio per questo, il rifiuto del creditore di ricevere un assegno circolare come mezzo di pagamento è generalmente ritenuto contrario a correttezza e buona fede (ex plurimis, v. Cass.SU, 18.12.2007, n.26617; Cass., 7.7.2003, n.10695), a meno che, ovviamente, non sussista un motivo giustificato. Ma qui il motivo giustificato certo non sussisteva, dato che il ricorrente si era recato in banca proprio per avere conferma dell’autenticità del titolo e aveva ottenuto una risposta affermativa, sicché sarebbe assurdo ravvisare nel suo comportamento una qualche colpa concorrente con quella dell’intermediario.”.

Ne consegue, quindi, la non censurabilità della condotta del ricorrente, fondata sul legittimo affidamento conseguente alla condotta tenuta dall’intermediario negoziatore.

P.Q.M.

In accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario A (banca negoziatrice) tenuto alla restituzione dell’importo di € 12.800,00.

Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Riferimenti

Documenti correlati

1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma

Costituirebbe un indice di colpa grave della ricorrente, a dire del resistente, il breve lasso di tempo intercorso tra l’emissione del duplicato della SIM da parte del

Nel contratto di specie il TAEG viene indicato nella misura del 13,92%; parte ricorrente sostiene che tale misura non corrisponde al TAEG effettivo, che afferma essere pari al

carta di credito di cui il ricorrente era titolare, dal momento che ciascuna transazione è stata effettuata mediante l’inserimento dell’OTP, del codice numerico monouso, che

Qualora il prestatore di servizi di pagamento abbia adottato un sistema di autenticazione forte del cliente, si ricade nelle fattispecie regolate dai commi terzo e quarto dell’art.

5 del DM, apponendo sul modulo cartaceo della precedente serie “P”, due timbri: (i) sul fronte del titolo, il timbro recante la lettera di appartenenza della “serie Q/P” e (ii)

 corrisponde al vero che il compromesso sia stato firmato a novembre 2018 e quindi prima della concessione del credito ma la sottoscrizione del contratto non deve apparire

L’intermediario sostiene che il processo di installazione dell’App sul cellulare e di configurazione dispositiva dello strumento di pagamento all’interno dell’App stessa può