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MEDICINA LEGALE E DANNO ESISTENZIALE Prof. Gian-Aristide Norelli

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Academic year: 2022

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MEDICINA LEGALE E DANNO ESISTENZIALE

Prof. Gian-Aristide Norelli

Con frequenza crescente ricorre la “querelle” sul significato e sui contenuti del cosiddetto “danno esistenziale”, figura nuova, discussa e discutibile di ipotesi risarcitoria, proposta e propugnata da un’illustre Dottrina Giuridica (1) e già accolta a livello di talune corti di merito e da pronunce della Suprema Corte, collocata aggiuntivamente rispetto al danno biologico, al danno patrimoniale ed al danno extra-patrimoniale, con fondamenti di paternità civilistica la cui accettabilità, peraltro, ha trovato puntuali e talora ferme contestazioni (2). Potrebbe opinarsi, come del resto condivisibilmente ed a più riprese si è detto, anche da parte di chi scrive, che il danno esistenziale, nell’ottica perlomeno di alcuni dei proponenti, ha una matrice francamente estranea alla competenza “naturalistica” e quindi alla accertabilità medico-legale, tanto che di esso la Disciplina potrebbe lecitamente disinteressarsi. A richiamare l’attenzione del medico legale, peraltro, non solo è intervenuta, da parte di alcuni tribunali, la volontà di includere il danno esistenziale fra gli oggetti di consulenza addirittura richiedendosene una valutazione, con intuibile sconcerto del medico legale, ma anche la discussione dei contenuti del danno esistenziale ha finito per coinvolgere la Disciplina, nel momento in cui parametri d’indole naturalistica e quindi di apprezzabilità medica, chiaramente estromessi nella dottrina teorica che andava codificandone la nozione, finivano per riproporsi nella esemplificazione applicativa (basti pensare al modificato assetto psicologico, come esempio di danno esistenziale, per coglierne la sostanziale interferenza con il concetto di “salute”, elemento basilare del danno biologico). Si sono evocati, in tal modo, perplessità e dubbi di interpretazione nel merito valutativo, richiamandosi parametri comuni a differenti ambiti di valutazione, non riconducibili alla medesima ed univoca matrice di accertamento, prospettandosi nuove duplicazioni valutative ed addirittura ancora ridiscutendosi la nozione stessa di danno biologico, capillarmente esplorata ed ormai, con fatica, definita nei suoi molteplici e talora sfuggenti parametri costitutivi (3).

Orbene: posto che la Medicina Legale non può ignorare la materia, pur riconoscendo i propri limiti di competenza che è nostra cura non trascendere e rinviando, per non distrarre l’attenzione, a studi assai più approfonditi rispetto a quanto richiedano le necessità attuali, per la storia del danno biologico, ai presenti fini può dirsi in sintesi che:

Professore Ordinario della Sezione di Medicina Legale- Dipartimento di Anatomia Istologia e Medicina Legale- Università degli Studi di Firenze

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„ non v’è chi non veda, se non per mera speculazione, la necessità di abbandonare la ormai anacronistica polemica fra la nozione di danno alla salute e quella di danno biologico, accogliendo la proficua indicazione della Corte Costituzionale secondo cui i termini ben possono adottarsi come sinonimi, privilegiandosi, la voce “danno biologico” da intendere, peraltro, comprensiva sia della componente statica (classicamente riconducibile alla menomazione della integrità fisio-psichica della persona, compreso il danno estetico e quello alla vita sessuale) sia alla componente dinamica (più propriamente riconducibile alla personalizzazione della salute individuale, come perdita delle componenti relazionali e soggettive proprie alla quotidianità ed anche come rapporti ludici, ricreativi ed interpersonali di particolare valenza). Non potendo, dunque, che apparire superata e sterile ogni ulteriore diatriba sulla staticità del danno biologico a fronte della più complessa e personalizzata dinamicità del danno alla salute tradizionalmente inteso;

„ nella ricerca di una definizione sintetica ed unitaria del danno biologico come sopra considerato, dunque, ed anche per sopperire ad una ondivaga legislazione che addirittura definisce il danno biologico in modo vario e diverso, a seconda dell’ambito parziale (o addirittura minimalistico rispetto alla estensione della materia risarcitoria) in cui ne evoca la ricorrenza (4), la S.I.M.L.A. ha puntualizzato la nozione di danno biologico nel senso de “la menomazione permanente e/o temporanea all’integrità fisio-psichica della persona, comprensiva degli aspetti individuali dinamico-relazionali, passibile di accertamento e di valutazione medico-legale ed indipendente da ogni riferimento alla capacità di produrre reddito” (5). Auspicandosi, come sembra naturale e realistico, che la componente risarcitoria passibile di accertamento e di valutazione medico-legale risulti da una definizione unitaria e da un concetto univoco, a prescindere dall’ambito normativo in cui si propone; e se è vero, come sembra indubbiamente esserlo, tenuto conto dello spirito e della lettera della normativa fino ad ora espressa che il danno biologico è quanto del danno sia passibile di accertamento e di valutazione medico-legali, anche vero non può non essere, sillogisticamente, che ciò che può risultare passibile di accertamento e i valutazione medico-legale è danno biologico e non altro;

„ da ciò incontrovertibilmente deriva che sia la componente riconducibile alla partecipazione psicologica di un danno, sia la componente relazionale di esso, in quanto passibili di accertamento e di valutazione medico-legale sono certamente riconducibili alla sostanza del danno biologico. La componente psicologica, infatti, è indubbia costituente della personalità e della persona ed ogni sua alterazione, transitoria o permanente, può accertarsi e valutarsi da parte del medico-legale, rientrando a pieno titolo fra le circostanze che si richiamano alla menomazione propriamente intesa, della componente psichica (e psicologica) della integrità. Analogamente,

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come si è sopra anticipato, può dirsi, per la quota relazionale, che del danno biologico non solo è elemento costitutivo, ma addirittura ne rappresenta l’elemento di sostanziale personalizzazione, in carenza del quale l’indicazione valutativa del danno stesso ben potrebbe contenersi entro aride e schematiche parametrazioni tabellari. In tanto, infatti, le indicazioni tabellari possono definirsi tali, senza far loro assumere valore vincolante e perentorio, in quanto l’espressione numerica o comunque il range percentuale necessita di un adattamento personalizzante, che solo la specifica competenza del medico legale è in grado di tradurre in una motivata espressione percentualistica che differenzia la valutazione medico-legale dalla espressione più o meno casuale di un numero che, come tale, niente realmente adduce in termine di effettiva stima della menomazione, di omogeneità e ripetitività del modello valutativo, di corrispondenza univoca alla realtà della menomazione e del danno.

Vien da chiedersi, allora, in questa dimensione ed in questa forma di approccio all’argomento, quale spazio possa effettivamente riservarsi al danno esistenziale, nel momento in cui ogni ipotesi di elemento risarcibile abbia trovato la sua perfetta collocazione, sia in riferimento alla prescrizione normativa, sia allo spazio di valutazione che occupa nella teoria del risarcimento. Non è lo spazio, come si è detto, riservato alla componente psicologica, riconducibile ad ogni effetto alla sfera del danno biologico; e neppure è la componente relazionale, costituente dinamica dello stesso tipo di danno; non è il dolore od il disagio conseguente all’evento ed ai suoi esiti, di cui è espressione specifica nel senso del danno extrapatrimoniale, al cui interno è sussunta ogni ipotesi alternativa al danno biologico (danno all’immagine, alla reputazione e quant’altro). Ciò che, in altri termini, si intende qui significare è che, ferma restando la comprensibile opportunità che ciascuno sviluppi il proprio ruolo nella complessa vicenda risarcitoria, non è perseguendo ambiti a sfumata caratterizzazione che si assolve alla ricerca di un modello più completo ed equo di tutela, creandosi, al contrario, conflittualità fra le categorie di danno e tra loro fra le professionalità deputate ad accertarlo, che non giova ai fini della coerenza e della giustizia ed anzi evoca i dubbi propri alla ricerca di una “originalità ad ogni costo” che spesso induce soltanto confusione e ripetitività risarcitoria. Contravvenendosi, per di più, al positivo intento della Corte Costituzionale che aveva finalmente individuato nel danno biologico la metodologia più rispondente al miglioramento della tutela, prevedendosi il risarcimento di quanto prima ne era escluso, evitando spunti di assoluta inomogeneità, di equilibrismi valutativi e di duplicazioni inique, nel risarcimento del danno alla persona.

La Medicina Legale, in definitiva, non rivendica certo competenze che non ha, nei riflessi della valutazione di un sedicente danno esistenziale,

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nè si definisce capace di promuovere e sostenere un dibattito che trascende la mera componente definitoria per entrare nel merito sostanziale di una espressione giuridica che per una specifica Dottrina è certamente lecito evocare; e ciò soprattutto nel caso in cui si intenda notare che addirittura vi è bisogno di una categoria simile al "danno esistenziale” allorchè, ad esempio, la risarcibilità dell'illecito non discenda dalla presenza di una lesione, versandosi, cioè, in assenza di danno biologico. Ed anche in tale ipotesi si conferma l’importanza e la funzione del medico legale, che se da un lato è la figura professionale preposta all’accertamento ed alla valutazione del danno biologico, è del pari, di conseguenza, la figura professionale preposta ad escluderne eventualmente la ricorrenza, aprendo in tale ipotesi la strada alla affermazione ed alla altrui definizione equitativa proprio del danno esistenziale. Ciò da cui, peraltro, la Medicina Legale non può nè deve astenersi è da qualsiasi formula di danno che investa la matrice naturalistica, in ognuna delle sue espressioni, che non può essere sottratta al danno biologico e quindi alla Disciplina che alla sua stima è preposta. In tanto, dunque, non convince la proposizione del danno esistenziale, in quanto espressione di una nuova parcellarizzazione del danno, ancorata a componenti che in qualche modo investono la persona nel suo modo di essere, di vivere e di relazionare e che si credeva ormai superata, come superato si sperava che fosse quel modo di concepire l’UOMO, privo di un forte richiamo alla unità ed alla unicità dell’organismo come alla individualità della persona; contraria alla concezione che finalmente il danno biologico aveva dimostrato di perseguire e di intendere.

NOTE

1) Si veda, per tutti: MONATERI P.G.: Danno morale e danno esistenziale (alle soglie di una nuova categoria)”, in MONATERI P.G., BONA M., OLIVA U.: Il nuovo danno alla persona”, Ed. Giuffrè, Milano, 1999. CENDON P. e ZIVIZ P. (a cura di): “Il danno esistenziale - Una nuova categoria della responsabilità civile”, Ed. Giuffrè, Milano, 2000.

Cfr. Inoltre: “Vulnera Mentis - Il anno organico e psicologico del cervello sono oggi correttamente valutati ed equamente risarciti? - Le nuove frontiere del danno risarcibile”, in atti, CD, Collana Medico Giuridica, n.10, con intervento anche del sottoscritto.

2) Un interessante e recente confronto in Resp. Civ. Prev., 66, 2001, con saggi di:

FRANZONI M.: “Il danno esistenziale come sottospecie del danno alla persona”, p.777;

NAVARRETTA E.: “Il danno alla persona tra solidarietà e tolleranza”, p.789; ROSSETTI M.: “Il danno esistenziale fra l’art. 2043 e l’art. 2059 c.c.”, p.809; ZIVIZ P.: “Equivoci da sfatare sul danno esistenziale”, p.817.

3) Cfr. Per tutti ROSSETTI M. :Il danno da lesione della salute. Biologico, Patrimoniale, Morale”, Ed CEDAM, Padova, 2001.

4) Decreto legislativo n.38/00; Legge n.57/01.

Mozione approvata dal Consiglio Direttivo della S.I.M.L.A. e votata all’unanimità dalla assemblea dei partecipanti al Congresso Nazionale S.I.M.L.A. “Il danno biologico - danno base....”, Riccione, 9 - 11 maggio 2001.

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*Prof.Gian Aristide Norelli.Professore Ordinario di Medicina Legale.Firenze

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