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Valutazione medico-legale delle patologie flebologiche.

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Academic year: 2022

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Valutazione medico-legale delle patologie flebologiche.

Aldo Di Blasi* - Linda Di Blasi** - Patrizia Napoli***

Le malattie vascolari venose occupano uno spazio rilevante, sia per la frequenza che per la gravità delle manifestazioni, nell’ambito della patologia umana.

Quotidianamente infatti sono molte le persone che si lamentano di pesantezza e gonfiore alle gambe, a causa di insufficienze valvolari venose diagnosticabili solo con esami strumentali, o per vistose varicosità. Nel tempo possono comparire anche alterazioni trofiche della cute delle estremità inferiori, fino alle ulcerazioni. Altre accusano dolenzia, più o meno persistente, a livello scrotale da varicocele; alcuni lamentano i disturbi delle manifestazioni più gravi, senso di calore, dolore localizzato spontaneo o alla pressione, edema e cianosi, per tromboflebite o trombosi venosa profonda; in genere nei soggetti allettati insorgono le complicanze dell’ulcera venosa, o, più temuta, dell'embolia polmonare, talora asintomatica, o con tosse e sintomatologia dolorosa (1). Nelle donne in gravidanza (2) si riscontra spesso una varietà di flebotrombosi, la flegmasia alba dolens, come reazione venosa infiammatoria che si estende ai tessuti circostanti.

Uno stato di ipercoagulabilità, associato a cancro viscerale,è responsabile della tromboflebite migrante (segno di Trousseau), in diverse zone corporee. Non rara è, inoltre, con prevalenza nelle donne in gravidanza (11-27%),la “sindrome delle gambe senza riposo” (3), uno sgradevole disturbo del sonno di non ancora chiara etiologia, ma spesso associato a insufficienza venosa, che interviene nella fase di rilassamento muscolare precedente il sonno.

La più alta incidenza della patologia venosa, soprattutto degli arti inferiori, sembra essere statisticamente correlata con l’aumento della vita media e le modificazioni del tenore di vita in conseguenza del maggior benessere, quali la sedentarietà e l’aumento del peso corporeo fino all’obesità, condizioni che provocano un sovvertimento della circolazione venosa (1). Nella posizione eretta, la pressione venosa raggiunge i valori massimi, mentre durante la deambulazione si ha una riduzione per l’azione aspirativa prodotta dai muscoli del tricipite surale, dalla “suola venosa plantare” di Lejars, dalla vis a tergo della contrazione ventricolare residua e dalla vis a fronte,costituita soprattutto dalle variazioni della pressione addominale conseguenti all'attività respiratoria.

Venendo meno l’efficienza di questi meccanismi, si instaura un'ipertensione venosa, con conseguente formazione di varici. Patogeneticamente, le donne sembrano più predisposte, soprattutto dopo i 50 anni di età e le gravidanze (2) .

Si può ritenere approssimativamente reale una prevalenza di malattia nella popolazione europea tra i 30 ed i 70 anni del 40% per la malattia varicosa nel suo complesso.

Vari ambiti di valutazione medico-legale

Le malattie flebologiche, per la loro attuale incidenza esponenziale, giungono sempre più spesso non solo, come è ovvio, all'osservazione del medico e chirurgo flebologo, ma anche a quella del medico legale ,per alcune loro implicazioni in diversi campi: amministrativo, previdenziale, civile e penale.

La valutazione della patologia varicosa degli arti inferiori e delle sue ripercussioni sulla validità veniva in passato basata essenzialmente sui dati anamnestici, sull'esame obiettivo e sulla

* Primario Med. Legale - Presidente Comm. Med. di Verifica del Min.del Tesoro di Messina

** Int. Clinica Neurologica I Policlinico Universitario di Messina

*** Spec. Med. Legale - Resp. Serv. Anat. Patol. Az .Osp. Piemonte di Messina

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documentazione clinica esibita dal paziente, e questo costituiva un importante limite, per il medico legale, di ogni procedura di controllo (4) .

L’esame clinico del flebopatico fornisce ancora importanti informazioni sulla morfologia visibile e palpabile delle vene e ,indirettamente, sullo stato degli assi profondi venosi. Tuttora le classiche prove semeiologiche, di Trendelemburg, di Schwarz e Valsalva, di Perthes, sono utili, in mancanza di adeguata strumentazione.

Tenendo presenti i requisiti che devono improntare qualsiasi indagine strumentale in campo medico-legale e cioè la sensibilità, la specificità, l’accuratezza diagnostica, la ripetibilità, la semplicità e la rapidità di esecuzione, il costo contenuto, e soprattutto la non invasività, oggi è opportuno e necessario passare dall’empirismo valutativo, incentrato tutto sulla esperienza e talora il convincimento soggettivo del medico legale, a un criterio più scientifico di valutazione (5) .

Tralasciando i sistemi invasivi, come flebodinamometria, fleboscintigrafia e flebografia, l’attuale disponibilità di metodiche relativamente semplici e non invasive, quali l'ultrasonologia doppler, i sistemi ecotomografici (4), la pletismografia a straingauge o a luce riflessa, la termografia, la R.M.N.,ecc.,consente di ottenere una diagnosi definitiva in breve tempo, permettendone una buona documentazione e assicura utili indicazioni, in particolare, per rispondere ad esigenze collegate alla valutazione delle insufficienze funzionali (4) .

Valutazione della inabilità temporanea

Generalmente la patologia in questione ha soprattutto rilevanza nella valutazione dell'incapacità lavorativa temporanea specifica , mentre con minore frequenza essa produce un danno di natura permanente.

La disciplina legislativa attuale contempla la vigenza di due contemporanei sistemi di controllo medico-legale: uno, realizzato dalle AUSL, per competenza istituzionale, che si riferisce a tutti i lavoratori dipendenti; l'altro, attuato direttamente dall'Istituto previdenziale, per i lavoratori del privato (6) .

L'accertamento della incapacità lavorativa e la formulazione della prognosi non dipendono soltanto dalla natura e dallo stadio della particolare flebopatia, ma devono essere correlate al tipo e all'ambiente di lavoro, con riferimento anche alla gravosità ed all'eventuale pericolosità del lavoro stesso. Numerose pronunce pretorili hanno ribadito che il certificato di diagnosi deve attestare la sussistenza di un'infermità, nel nostro caso di una flebopatia, che renda inevitabile l'assenza dal lavoro fintanto che è in atto e che sia di portata tale da determinare un'incapacità lavorativa, in rapporto alle specifiche mansioni contrattuali. Il medico accertatore deve riconoscere alla malattia carattere temporaneamente inabilitante, impeditivo, cioè, dello svolgimento di qualsiasi attività, non essendo consentita la concessione per malattie semplicemente debilitanti, le quali, astrattamente, non impedirebbero lo svolgimento del servizio.

Nella classificazione nosologica dell’INPS per la certificazione di malattia, le flebopatie sono inserite al codice 07–9, fra le “Malattie dell’apparato cardiaco e vascolare”, sotto la voce: “Altre malattie vascolari (emorroidi, varici, vasi linfatici)”.

Anche nel rapporto giuridico di impiego pubblico le malattie flebologiche possono essere causa di inabilità temporanea: le assenze per malattia sono in atto regolamentate, ai sensi del D.

Leg. 3 febbraio 1993, n.29,che ha abrogato i congedi straordinari previsti dalla legge 3/57,dai vari contratti collettivi nazionali di lavoro.

I pazienti trattati con fasciatura compressiva secondo Fischer sono in grado di alzarsi ed esercitare attività lavorative lievi. Dopo un trattamento sclerosante si può riprendere in genere il lavoro, svolgendo attività poco faticose.

Temporaneamente inabili sono i lavoratori con embolia polmonare o trombosi delle vene del bacino o con ulcere trofiche in fase acuta, in particolare nei casi di atrophie blanche (7) .

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Valutazione per la fruizione di cure termali

Per la prevenzione e cura dell’invalidità, esiste nel nostro paese una tutela legislativa posta a difesa del danno-salute del lavoratore, finalizzata a soddisfare il bisogno bioetico di benessere attraverso cicli di terapie idrotermali, tutela affidata all’INPS e all’INAIL.

Il Ministero della Sanità a tal fine ha emanato dei decreti concernenti le patologie che possono trovare reale beneficio dall’erogazione, agli assicurati dell'INPS e dell'INAIL, previ accertamenti medico-legali secondo le condizioni e le modalità vigenti presso gli Istituti stessi, delle prestazioni idrotermali di competenza delle aziende unità sanitarie locali, con oneri a carico del Fondo sanitario nazionale.

Con decreto 27 aprile 1993 è stata aggiunta all’elenco delle patologie che possono trovare reale beneficio dalle cure termali, di cui all’art.1, comma 1, del decreto ministeriale 12 agosto 1992,fra altre voci, la patologia “postumi di flebopatie di tipo cronico”, confermata dal successivo decreto 15 dicembre 1994.

Per inciso, per il trattamento delle varici le cure termali indicate sono specialmente quelle carbo gassose (8) .

L’INAIL, ai sensi dell’art.86 del T.U., deve prestare, nei casi di infortunio, le cure necessarie per tutta la durata dell’inabilità temporanea e anche dopo la guarigione clinica, al fine del recupero della capacità lavorativa, per cui può concedere le cure termali per le flebopatie post- traumatiche (9). Non così invece l’INPS, per il quale, ai fini della tutela dell’invalidità, gli organi e apparati più esposti ad usura restano l’apparato osteoarticolare e quello respiratorio (forme artropatiche e bronco-catarrali) (10) .

Valutazione in invalidità civile

Per il riconoscimento della condizione di invalido civile occorre riscontrare la diminuzione della efficienza psicosomatica, a causa di minorazioni che comportino la riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni proprie della loro età (legge 30 marzo 1971 n.118) (11) .

La valutazione viene eseguita sulla base di tabelle, indicative delle percentuali di invalidità, approvate con decreti ministeriali.

Nelle vecchie tabelle in uso (D.M. 25 luglio 1980) erano contemplate nove fasce percentuali di invalidità e si faceva menzione specificamente della patologia varicosa nella fascia percentuale dallo 0 % al 10 % («Le varicosità non complicate e non emendabili»), mentre nella fascia percentuale dal 51 % al 60 % erano «Le alterazioni circolatorie periferiche con distrofia e gravi disturbi funzionali». La schematizzazione sommaria delle tabelle citate si spiegava col fatto che la valutazione proposta era indicativa, potendo essere variata a seconda dell'entítà del quadro clinico e delle ripercussioni sull'attitudine del soggetto; inoltre nelle avvertenze si chiariva che

“le affezioni non specificamente elencate nelle fasce indicative dei livelli percentuali” erano da

“ritenersi appartenere a quelle fasce che comprendono manifestazioni equivalenti “.

Le nuove tabelle, approvate con D.M. 5 febbraio 1992, non contemplano affatto la patologia vascolare, in analogia con la classificazione dell’OMS del 1980, basata sulle conseguenze delle malattie.

Nelle modalità d’uso, però, è chiarito che “Molte altre infermità non sono tabellate, ma, in ragione della loro natura e gravità, è possibile valutarne il danno con criterio analogico rispetto a quelle tabellate”.

Valutazione ai fini della causalità di servizio

La causalità di servizio, è, nel nostro ordinamento giuridico, la condizione essenziale per il riconoscimento di pensioni privilegiate e di altre prestazioni economiche (assegno temporaneo, equo indennizzo, pensione, ecc) (12-13-14)

Il riconoscimento delle cause di servizio, è stato a mano a mano esteso, dai soli dipendenti civili e militari dello Stato, a varie altre categorie di lavoratori.

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Trattamenti privilegiati sono stati previsti (L. 903/1965, L. 222/1984) altresì per i lavoratori dipendenti in genere, analogamente agli iscritti nei Fondi speciali di Previdenza gestiti dall'INPS.

L'accertamento medico-legale consiste in una prima fase, di riconoscimento del nesso causale fra l'infermità ed il servizio(coi tradizionali criteri di riferimento eziologico: topografico, cronologico, di efficienza qualitativa e quantitativa, di continuità fenomenologica, di esclusione) ed un’altra, di tipo risarcitorio, che prevede la valutazione del danno alla persona.

Alcune patologie vascolari possono conseguire ad un fatto di servizio, cioè essere in rapporto causale con fatti di servizio, con nesso finalistico con l'attività lavorativa.

Circostanze esterne possono agire come causa o concausa al fine di riconoscere le responsabilità e l'eventuale diritto al risarcimento, quali ad esempio una prolungata stazione eretta oppure un trauma contusivo o fratturativo. In caso di predisposizione individuale, come per alcune malattie del sistema emocoagulativo o di varici degli arti inferiori, sono sufficienti banali fatti traumatici oppure una prolungata postura ortostatica, purché derivati dagli obblighi o dai doveri inerenti il proprio ufficio, per vedere riconosciuto un nesso causale con l'insorgenza di una trombosi del circolo profondo od una varicoflebite superficiale.

Il grado di invalidità viene stabilito in base ad apposite tabelle, allegate al DPR 30 dic. 1981 n. 834, con fasce percentuali di riduzione della capacità lavorativa generica, le cui indicazioni tuttavia non sono esaustive per tutte le patologie, per cui si deve procedere per equivalenza.

Si fa specifico riferimento alla patologia varicosa nella tabella A, VII categoria (30-40%),ove si tratti di «varici molto voluminose con molteplici grossi nodi e i loro esiti, nonché i reliquati delle flebiti dimostratisi ribelli alle cure», e nella VIII categoria (20-30%), comprendente le

«varici degli arti inferiori nodose e diffuse».

Trattandosi di stima della capacità lavorativa, l'iter diagnostico deve essere impostato, sia nella semeiotica clinica che strumentale, in senso funzionale.

Valutazione in ambito I.N.A.I.L

L'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è regolata, nel nostro Paese, dal Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (D.P.R. n. 1124 del 1965); l'infortunio sul lavoro viene definito come «infortunio che avvenga per causa violenta in occasione di lavoro, che produca una menomazione della capacità lavorativa oppure la morte» (9).

Nella valutazione dei postumi dell'infortunio sul lavoro, di competenza dell'INAIL, non si esclude il riconoscimento di infermità preesistenti all'evento lesivo, anzi esse contribuiscono in modo codificato allo stato di inabilità finale.

Il legislatore, nel redigere le tabelle INAIL, non ha affatto affrontato il problema della patologia vascolare, lasciando al medico la stima, per analogia, di questa fattispecie di danno.

Valutazione in ambito I.N.P.S.

L’INPS non adotta tabellazioni, perché il giudizio medico-legale sulla validità è di tipo globale, con la valutazione dell’incidenza del complesso delle menomazioni sulla capacità lavorativa in occupazioni confacenti le attitudini del soggetto, per l’assegno di invalidità, e sulla capacità a disimpegnare qualsivoglia generica attività produttiva, per la pensione di inabilità, ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 222/84. Per i lavoratori iscritti ai fondi speciali di previdenza vigono norme particolari (10) .

Il requisito di permanenza prevede essenzialmente «il radicarsi dello stato morboso in manifestazioni a lunga durata» (15), anche se tale condizione non deve essere necessariamente immutabile né durare tutta la vita,per cui può esserci la possibilità di emendamento del quadro morboso per evoluzione spontanea o per trattamento terapeutico spontaneamente accettato. La patologia venosa di per sé non risulta quasi mai causa di inabilità pensionabile, data la sua

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relativamente modesta incidenza sulla capacità lavorativa, eccezion fatta per i casi di embolie polmonari recidivanti, con cuore polmonare cronico e insufficienza cardiaca.

Dai dati statistici INPS ,emerge una frequenza di flebopatie elevata, oltre il 24% dei lavoratori visitati, di cui appena il 5-6 % del totale è stato riconosciuto invalido per la sola patologia varicosa, con ruolo causale unico o concausale, quasi esclusivamente soggetti affetti da ulcere trofiche (7) . Rari casi sono pensionati per patologie vascolari non ulcerose, come la sindrome di Klippel-Trenaunay. Nella restante percentuale di lavoratori riconosciuti invalidi, la patologia flebologica è associata ad altri stati morbosi ad essa correlati, come nei numerosi casi di obesità e di fratture degli arti inferiori complicate da turbe del circolo venoso di varia gravità, o a malattie di altra natura.

Per una valutazione medico-legale come quella richiesta in ambito previdenziale in cui si tiene conto della capacità di lavoro in occupazioni confacenti, appare chiara l'importanza patogenetica delle attività che comportino un ortostatismo protratto con immobilità.

In un soggetto con varicosi o complicanze, anche la permanenza in ambienti particolarmente caldi, come pure la prolungata sedentarietà, o patologie associate, possono avere ripercussioni sfavorevoli su una circolazione venosa già compromessa, aggravando la stasi venosa e di ciò va tenuto conto nella valutazione, per la possibile insorgenza di episodi flebo-trombotici o per la difficoltà della loro risoluzione.

Alcune categorie di lavoratori (commercianti, camerieri, cuochi) sono più esposte ai suddetti fattori patogenetici, altre (coltivatori diretti, braccianti agricoli) hanno maggiori probabilità di pervenire a complicanze ulcerose.

E’ evidente quindi che una patologia varicosa iniziale o non complicata non è automaticamente invalidante e può permettere l’espletamento di attività lavorative anche pesanti, con l’ausilio di blandi trattamenti elasto-compressivi blandi e con l’attività motoria (16). Per ciò che riguarda le complicanze flebo-trombotiche, quelle superficiali vanno incontro in genere a guarigione senza postumi e quindi comportano solo un periodo più o meno prolungato di incapacità lavorativa da malattia,mentre la

trombosi venosa profonda in fase acuta comporta l’ospedalizzazione, per cui non viene riscontrata dai medici legali dell’INPS. E’ necessario in tali casi attendere la stabilizzazione degli esiti, almeno 6-8 mesi .

Nella valutazione di una sindrome post-TVP occorre considerarne la gravità (entità dell'edema, eventuale comparsa di lesioni trofiche cutanee) e la parziale emendabilità coi trattamenti elasto-compressivi. Lo stato di invalidità andrà valutato in queste circostanze caso per caso, tenendo conto delle attitudini lavorative dell'assicurato, della possibilità di deambulazione periodica consentita dal lavoro svolto e dalle caratteristiche dell'ambiente di lavoro stesso, oltre che dalla tolleranza dei pazienti nei confronti dei trattamenti (7) .

Le ulcere inveterate, sia perché non trattate adeguatamente, sia perché resistenti ad ogni terapia medica, per le quali si porrebbe l'indicazione all'intervento chirurgico di legatura delle perforanti incontinenti (non proponibile sul piano medico-legale), rappresentano i casi più frequentemente invalidanti.

Nei casi di flebodisplasie che, essendo congenite, risultano antecedenti alla costituzione del rapporto assicurativo, in conformità con quanto previsto dalla Legge 222/84, è pensionabile il rischio precostituito, purché vi sia stato un aggravamento del quadro di stasi venosa e linfatica, con progressivo aumento dell'edema elefantiasico degli arti.

Valutazione in responsabilità civile

Nell’ambito della responsabilità civile, in cui è riconosciuto il principio del danno alla persona, considerato come compromissione della integrità somatopsichica o biologica dell’individuo, il medico legale ha il compito di indicare l’incidenza percentuale della menomazione subita sulla validità, descrivendone altresì la ripercussione eventuale sull’attività lavorativa.

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Comunemente vengono utilizzate delle tabelle, proposte da vari Autori (4), con riferimento alla capacità lavorativa indifferenziata dell’uomo medio, ai fini del risarcimento ,in alcune delle quali sono esplicitamente considerate le flebopatie.

I parametri base comuni a queste Guide sono rappresentati dalle menomazioni della integrità psico-fisica con conseguenze negative sullo svolgimento degli atti ordinari del vivere comune, che riconoscono in gran parte una etiologia traumatica.

Le vene sono frequentemente danneggiate in caso di trauma osseo o dei tessuti molli o in concomitanza di un trauma arterioso e nel corso di molti interventi chirurgici. Sfortunatamente, molti danni venosi passano inosservati al momento del trauma e sono soltanto sospettati successivamente, anche dopo molti anni, quando si sviluppa la sindrome post-trombotica, come, particolarmente, in seguito a frattura della tibia. In genere, infatti, il trattamento della frattura è predominante e non si pensa di sottoporre i pazienti a flebografia.

I danni arrecati alle vene (17) possono essere così schematizzati:

♦ Incisione o lacerazione,di solito conseguente ad una forza esterna (ad esempio, una ferita da taglio o trafittiva, da colpo d'arma da fuoco o da frammento di granata o di bomba), o iatrogeno;

♦ Contusione, conseguente a trauma da corpo contundente o da schiacciamento, senza interruzione della continuità della parete venosa;

♦ Stiramento,quando la vena è molto vicina a un struttura ossea fratturata o a una articolazione lussata.

Nel 1984 C. Romano elaborò una proposta di Valutazione del Danno da Insufficienza Venosa degli Arti Inferiori, attribuendo alle varici, a seconda della entità, un valore dal 5% per quelle lievi, al 60% per quelle complicate da turbe trofiche.

F. Mainenti, nella sua Proposta di Tabelle di Valutazione Medico-Legale del Danno alla Persona in Responsabilità Civile, del 1985,ha considerato espressamente i danni conseguenti alle flebopatie, andando da una valutazione del 5% per la “Flebite di un arto inferiore con disturbi lievi”, al 25% per le “Flebiti multiple e bilaterali (con edemi, turbe trofiche cutanee rilevanti, minaccia di ulcere)”, e, per le ulcere varicose, dal 5% per quelle “recidivanti di piccole dimensioni “, al 15% per quelle di grandi dimensioni.

La Guida alla Valutazione medico-legale dell’invalidità permanente, del 1986, di Luvoni Mangili e Bernardi , non contempla, fra le voci di danno valutabile, le patologie venose ,come peraltro, nella sua Valutazione dei postumi permanenti, del 1992, G.Umani Ronchi .

De Trizio, Tornotti e Nutini (4) nel 1987 hanno elaborato una propria tabella, ”Sud-divisione valutativa del danno biologico delle flebolinfopatie degli arti inferiori”, distinguendo quattro stadi: un primo stadio, iniziale (0-10%), con lievi segni di flebolinfostasi o con varici senza segni di stasi; uno stadio medio(10-20%),con varici primitive e/o secondarie con chiari segni di stasi;

uno stadio medio-grave (20-35%), con sindrome post-flebitica totalmente o parzialmente ricanalizzata con importanti segni di stasi e/o turbe trofiche, o con varici primitive complicate;

un quarto stadio, grave( 35-60%),con trombosi venosa profonda, o malattia post-flebitica con ostruzione permanente dei collettori profondi e importanti segni di stasi, o linfedema grave ed irreversibile.

Gli Autori hanno previsto anche altri parametri , per la completezza di valutazione del danno biologico-funzionale delle flebolinfopatie degli arti inferiori:

♦ Interessamento di un segmento di un arto, dell'intero arto, di entrambi gli arti;

♦ Interessamento del solo circolo venoso superficiale o del solo circolo profondo o di entrambi;

♦ Efficienza di eventuali circoli collaterali e la presenza ed il numero di eventuali comunicanti incontinenti;

♦ Interessamento secondario a distanza, attuale o progresso, di altri organi (forme emboliche);

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♦ Eventuale possibile emendabilità della flebolinfopatia.

La Guida alla valutazione del danno delle vasculopatie periferiche delle affezioni vascolari degli arti, sia arteriose che venose ,proposta nel 1988 da Cittadini e Quarto (4) fa riferimento a tecniche diagnostiche per verificare e precisare, più e meglio della sola obiettività clinica, l’entità della patologia.

Nella “Patologia venosa degli arti inferiori” sono distinte tre classi:

Classe I (0-15%): Pazienti con edema solo transitorio e comunque completamente emendabile con adeguata elastocompressione, ovvero situazioni in cui è presente edema persistente, ma di grado medio, solo parzialmente controllato da supporti elastici. In questa classe non si riscontra riduzione della capacità lavorativa, o, se esiste, risulta di tale minima entità da richiedere solo modificazioni delle abitudini lavorative posturali del soggetto.

Classe II (16-40%): Quadri in cui si riscontra edema marcato, solo parzialmente controllato da elastocompressione adeguata. In caso di edema ad eziopato-genesi venosa, gli Autori indicano valori limite di pressione doppler per la vena tibiale posteriore e per la vena safena interna. In questa classe sono compresi anche i soggetti con ulcerazione superficiale attiva, o con ulcerazioni estese o profonde ad una sola estremità.

Classe III (41-70% o più): Quadri in cui si riscontra edema marcato che non può essere controllato con elastocompressione adeguata. Se l'edema riconosce una eziopatogenesi venosa, spesso al doppler si rileva un'assenza di flusso, per una obliterazione senza ricanalizzazione in livelli a valle della vena poplitea; oppure una pressione a livello della vena tibiale posteriore superiore a 100 mm Hg e, nei casi più gravi, anche più di 120 mm Hg. Sono compresi in questa classe i soggetti con persistenza (almeno 12 mesi) di ulcerazione estesa e/o profonda coinvolgente entrambi gli arti inferiori.

Nella Guida Orientativa per la Valutazione del Danno Biologico(1996), redatta, sotto l’egida della S.I.M.L.A., Bargagna, Canale, Consigliere, Palmieri, Umani Ronchi (18) hanno tenuto conto, nel capitolo “Flebolinfopatie”, dei danni da patologie vascolari che primitivamente insorgono a carico del circolo venoso e/o linfatico degli arti inferiori ,in quanto di più frequente osservazione medico-legale.

“Il parametro valutativo è rappresentato dal pregiudizio funzionale correlato all'insorgenza di dolore notturno o diurno, all'importanza dell'edema e possibilità di contenzione, all'entità dei disturbi trofici cutanei, alla resistenza alla marcia ed alla stazione eretta. Altri utili parametri di riferimento possono essere dati dall'interessamento di un singolo arto o di entrambi, dal coinvolgimento del solo circolo superficiale o profondo, dall'efficienza di eventuali circoli collaterali”.

Le Percentuali indicative fanno riferimento a quattro classi di patologia:

♦ Classe I (iniziale, < 5%):

Caratterizzata da compenso emodinamico, con scarsa sintomatologia.

Anamnesticamente riferito senso di pesantezza agli arti, comparsa di lieve edema declive serotino o dopo protratto mantenimento della stazione eretta regredibile con il ricorso, peraltro non continuativo, ad elastocompressione. Obiettivamente varicosità (varici reticolari o safeniche appena accennate), con cute senza turbe trofiche significative.

♦ Classe II (medio-grave, 10-35%):

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Fase di scompenso venoso. Riferito edema costante per lo più scarsamente controllabile da supporti elastici, «gambe senza riposo», senso di pesantezza agli arti; pregressi episodi flebitici con comparsa di prurito ed iperestesia cutanea. Obiettivamente varici safeniche diffuse complicate da flogosi (varico-flebiti), estesa discromia cutanea bilaterale, ulcera venosa.

♦ Classe III (grave, 36-60%):

Fase di scompenso venoso, linfatico e trofico; riferita ingravescente impotenza al mantenimento delle fasi statico-dinamiche della postura con notevole edema persistente, flebiti superficiali e profonde ricorrenti.

Oltre al quadro superficiale della classe precedente si possono dimostrare linfedema, segni di trombosi profonda mono- o bilaterale, evidenti segni di fatti flebitici progressi con una o più ostruzioni permanenti dei collettori profondi da cui deriva stasi anche importante con ulcerazioni profonde plurime e bilaterali, estese anche a manicotto a tutta la caviglia.

♦ Classe IV (gravissimo, 61-75%):

Pressoché totale impossibilità alle fasi statiche e dinamiche della postura.

Obiettivamente, in un quadro di gravissima compromissione trofica degli arti, linfedema, eventualmente elefantiasico, di entrambi gli arti inferiori con o senza insufficienza venosa profonda.

E’ importante comunque tener presente che, se i “barèmes” da un lato sono di facile impiego, dall’altro costituiscono pur sempre un’astrazione concettuale e possono dare risultati valutativi inadeguati, se usati in modo semplicistico, senza un attento studio della situazione complessiva somatopsichica dell’individuo danneggiato.

Valutazione nelle assicurazioni private

Nelle assicurazioni private, specie nelle polizze sulla vita , il giudizio del medico in tema di prognosi "quoad vitam" è indispensabile al fine di accertare il rischio di morte prematura in rapporto alla classe di età cui appartiene il periziando e, quindi, tarare il rischio stesso come soprapremio da pagare (19) .

Le “varici degli arti inferiori se di scarsa rilevanza” sono ritenute da accettare con un contratto normale, ma “se notevolmente sviluppate e con segni di ulcerazioni pregresse” vengono tarate con soprapremio dal 50% al 100%.

Alcune compagnie prevedono l'assicurazione sull'invalidità permanente conseguente a malattia, insorta successivamente alla data di effetto del contratto e che abbia determinato la perdita o la diminuzione definitiva e irrimediabile della capacità all'esercizio della propria professione o mestiere e di ogni altro lavoro confacente alle attitudini e abitudini dell'assicurato.

L'indennizzo concordato si realizza di solito con il 34% di invalidità permanente, ma nel caso della insufficienza venosa periferica cronica, la sua entità deve essere notevole, tale da incidere anche sulla funzione deambulatoria, impedendola.

Nelle Polizze infortuni (20) ,essendo elevata la prevalenza delle vasculopatie degli arti inferiori nella popolazione, ed essendo tale patologia frequentemente presente prima dell'evento infortunio, può comportare spesso particolari problemi valutativi.

Per questo le forme assicurative private (polizza infortuni) escludono il riconoscimento di fatti patologici che non siano in rapporto causale diretto ed esclusivo con l'evento lesivo.

Valutazione ai fini di idoneità militare

L’idoneità, per gli iscritti, gli arruolati e i militari di leva, ai sensi del Decreto del Min. della Difesa del 29.11.1995, “è la condizione di efficienza psico-fisica che consente, sia in tempo di pace che in emergenza bellica o civile, l’espletamento di tutte le attività proprie della vita militare e degli incarichi previsti in relazione al grado, alla qualifica ed al ruolo di appartenenza, senza pregiudizio per la salute dell’interessato o per quello della collettività. Il giudizio di inabilità permanente che determina il provvedimento di riforma viene adottato: immediatamente,

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per le imperfezioni gravi e le infermità croniche e al termine del periodo massimo concedibile di temporanea inabilità ” (12) .

Anche la patologia venosa può essere riconosciuta causa di inidoneità al servizio militare.

Questa condizione, ai sensi del DPR 28 maggio 1964, n.496, art. 73 e successivo DPR 2.9.1985 n.1008, si realizzava in presenza di “varici estese e voluminose o accompagnate da disturbi del circolo profondo o flebiti e loro esiti, dopo osservazione in ospedale militare”.

L'osservazione in ospedale militare è sembrato provvedimento superfluo, trattandosi di patologia non suscettibile di simulazione, mentre il limitare l'esonero dal servizio militare ai casi di varici estese e voluminose o complicate è sembrato eccessivo, essendo l'integrità fisica del soggetto presupposto indispensabile per l'espletamento del servizio di leva.

Così il nuovo Decreto del 29.11.1995, nell’elenco delle imperfezioni e infermità causa di non idoneità al servizio militare, all’art.17 ora cita:

a) le ectasie venose con incontinenza valvolare o i disturbi del circolo venoso;

b) la flebite e le altre malattie del circolo venoso ed i loro esiti con disturbi trofici e funzionali;

trascorso, ove occorra, il periodo di inabilità temporanea…”

Valutazione in responsabilità professionale

Il medico legale spesso è chiamato a valutare danni alla persona conseguenti all’attività professionale di colleghi, in sede sia civile che penale (21) .

L'obbligazione contrattuale medico-chirurgica, rientrando nelle obbligazioni inerenti l'esercizio di una attività professionale è dalla giurisprudenza e dalla dottrina considerata come una obbligazione di mezzi, non di risultato; il sanitario non è responsabile se il risultato non viene conseguito, o se non viene raggiunto nella forma prevista; pertanto l'inadempimento contrattuale si concretizza nella violazione dei doveri attinenti allo svolgimento dell'attività professionale ( 22) .

L'unica eccezione sono stati, fino a pochi anni fa, gli interventi di chirurgia angiologica, considerati rientranti nella chirurgia estetica, in cui l'impegno contrattuale trova la sua ragione d'essere nel risultato finale. Ma recentemente ha assunto rilevanza la tesi secondo cui la chirurgia estetica deve essere considerata come una branca della chirurgia comune, in considerazione delle implicazioni di tipo psicologico che spingono un paziente a sottoporsi a un intervento chirurgico estetico (23-24).

In caso di intervento chirurgico, sia a fini funzionali, sia a fini estetici, comunque particolarmente complesso tanto che, nelle sue varie fasi, presenti rischi specifici e distinti, l'obbligo di informazione si estende a tutte le singole fasi ed ai rispettivi rischi.

Per l'estensione della pratica della chirurgia vascolare e della radiologia interventistica, sono aumentate infatti le possibilità di lesioni iatrogene dei vasi venosi o di complicanze post- operatorie (23-24) .

In tema di responsabilità professionale, non è superfluo accennare alla responsabilità per i farmaci prescritti. Il medico deve conoscere e prevenire i rischi connessi all’uso di determinati farmaci o manovre terapeutiche. Alcune terapie di uso comune, quali i contraccettivi orali e la terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa, hanno fatto evidenziare effetti collaterali sul sistema vascolare, di tipo trombo-embolico venoso(trombosi venosa profonda ed embolia polmonare).

Anche un bendaggio troppo stretto o la semplice puntura venosa e il posizionamento di cateteri sono spesso causa di flebite.

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Conclusioni

In conclusione, appare evidente la complessità delle molteplici implicazioni cliniche e sociali che il medico-legale è chiamato a indagare nell’ambito dei danni alla persona o delle minorazioni causate da affezioni flebologiche. Ciò comporta la necessità di conoscenze ed esperienze specifiche e di approfondimenti clinici e strumentali, al fine di uscire dal campo dell’approssimazione ed offrire maggiore professionalità e qualità nella valutazione delle affezioni del sistema venoso.

Riassunto

Le malattie vascolari occupano uno spazio rilevante, sia per la frequenza che per la gravità delle manifestazioni cliniche, nell’ambito della patologia umana.

In particolare la malattia venosa degli arti inferiori ha mostrato un notevole incremento negli ultimi decenni, tanto da poter essere considerata alla stregua di una malattia sociale.

La più alta incidenza della patologia venosa sembra essere statisticamente correlata con le modificazioni del tenore di vita conseguenti al maggior benessere, quali la sedentarietà, l’aumento del peso corporeo fino all’obesità, l’uso di taluni farmaci, la prolungata esposizione a fonti di calore, condizioni tutte che provocano un sovvertimento della circolazione venosa degli arti inferiori.

Le malattie venose, per la loro attuale esponenziale incidenza, giungono sempre più spesso all’osservazione del medico legale, il quale deve prenderle in considerazione ai fini di una idonea valutazione del danno alla integrità psico-fisica dell’individuo, sia in campo amministrativo, che civile e penale.

Generalmente le flebopatie hanno soprattutto rilevanza nella valutazione dell'incapacità lavorativa temporanea specifica .Con minore frequenza esse producono un danno di natura permanente.

A tal proposito vengono presi in esame i parametri valutativi medico-legali delle patologie flebologiche nei vari ambiti: assicurazioni private, responsabilità civile, infortunistica del lavoro, assicurazione obbligatoria INPS, invalidità civile, pensionistica privilegiata, idoneità militare.

Va infine ricordato che il medico legale spesso è chiamato a valutare danni alla persona conseguenti all’attività professionale di colleghi, in sede sia civile che penale.

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