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Academic year: 2022

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 22-23 aprile 2021)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 91 (48.714) Città del Vaticano giovedì 22 aprile 2021

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«Irradia sulla tua Chiesa la gioia pasquale, Signore»

di GIUSEPPEGAFFURINI

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li strumenti a fiato, le corde vocali e ogni voce stentano oggi a intonare l’inno alla gioia, e gioire è più un tem- po finito che l’infinito di questo verbo:

come si dice gioia? La pandemia ha la meglio anche sull’ipocrisia e a voce bas- sa lo ammettiamo: non va tutto bene!

A meno che? A meno che il nome proprio della gioia sia “pasquale”!

Nel mistero cristiano la teologia spesso insegna che l’aggettivo segna il sostantivo, ne qualifica il contenuto:

gioia pasquale! Non come la dà il mon- do io la do a voi!

Già San Bernardo nel sermone

LXXVI del Cantico dei Cantici doveva rispondere ai suoi monaci che gli chie- devano come mai il Risorto non si fosse presentato a Pilato, non fosse entrato nel Sinedrio e non avesse percorso le vie di Gerusalemme, così da convincere il mondo della sua Risurrezione! Gesù sapeva che non troviamo la gioia nei palazzi del potere, che basta una pol- trona, e sempre di poltrone si tratta, ad

offuscarla; Gesù sapeva che la gioia non è il frutto delle diatribe intra-eccle- siali risolte canonicamente; Gesù sape- va che non sono le strade delle città, i luoghi dell’aperitivo, i colori delle re- gioni a donare la gioia; Gesù Maestro della gioia non la dà come la dà il mon- do!Il nome proprio della gioia è: gioia pasquale! La via alla gioia è il ritorno al Pa d re !

Si tratta di un cammino non illuso- rio o utopico, come quello di andare da Pilato, dal Sinedrio e nelle vie delle cit- tà, ma realistico e possibile perché è la misericordia del Padre che offre sempre la possibilità di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicità.

Non pensare, è ancora Bernardo che parla, che Cristo non possa entrare nel- la sua gloria se prima la gloria della ri- surrezione non sarà manifesta davanti al mondo.

La gioia pasquale abbraccia intero il mistero pasquale dalla discesa agli infe- ri sino al più alto dei cieli, alla destra del Padre, unico mercante di gioia!

La gioia non è al disopra degli inferi,

non è estranea ad ogni situazione “infe- r i o re ” in cui ci muoviamo ed esistiamo:

la gioia pasquale, il Risorto ha infranto le porte degli inferi e ha ridato dignità piena alla natura umana, all’uomo. Poi ha riempito di sé angeli e santi fino a ri- tornare al suo posto. Quale posto? Alla destra del Padre.

Questo itinerario evangelicamente attestato è narrato in modo “divino”

dal Poeta che ha percorso per noi il pel- legrinaggio completo che va dalla selva oscura di ogni forma di miseria e di de- grado umano in cui la diritta via era smarrita al monte di Dio, alla felicità piena intesa sia come pienezza di vita nella storia sia come beatitudine eterna in Dio.

«Trasumanare. Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dell’umano non distruggesse il di- vino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell’umano»

san Giovanni Paolo II.

Dobbiamo imparare a leggere la Commedia come un «grande itinera- rio, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunita-

rio, ecclesiale, sociale e storico» infatti

«essa rappresenta il paradigma di ogni autentico viaggio in cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce “l’aiuola che ci fa tanto feroci”

(P a r. XXII, 151) per giungere ad una nuo- va condizione, segnata dall’armonia, dalla pace, dalla felicità».

L’itinerario di Dante, particolar- mente quello illustrato nella Divina Commedia, è davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e inte- riore di cambiare la propria vita per po- ter raggiungere la felicità e così mo- strarne la strada a chi si trova, come lui, in una “selva oscura” e ha smarrito la

“diritta via”. Appare inoltre significati- vo che, sin dalla prima tappa di questo percorso, la sua guida, il grande poeta Virgilio, gli indichi la meta a cui deve giungere, spronandolo a non cedere al- la paura e alla stanchezza: «Ma tu per- ché ritorni a tanta noia?/ Perché non sali il dilettoso monte/ ch’è principio e cagion di tutta gioia?» (Inf. I,76—78).

(cfr Candor lucis aeternae, Papa Francesco nel VIIcentenario della morte di Dan- te).

Giornata della Terra

(John Wessels / Afp)

Domani, memoria liturgica di san Giorgio e onomastico del Santo Padre, il nostro giornale non usci- rà. Le pubblicazioni riprenderan- no con la data del 24 aprile.

Papa Francesco e i «Racconti

di un pellegrino russo»

PAGINA8

L

A FOTO C’era una volta a Petit Mbao

Un bambino passa davanti ai resti di un hotel abban- donato a Petit Mbao, loca- lità nota per avere una delle più belle spiagge di sabbia bianca del Senegal. Dagli anni 60 nella zona si sono trasferite alcune fabbriche, tra le quali il più grande impianto chimico del Paese.

Un paradiso naturale detur- pato, dunque. E a pagare il prezzo più alto è stata la gente del posto. Molte per- sone a Petit Mbao per anni si sono lamentate dell’o dore e delle sostanze chimiche nell’aria che bruciavano gli occhi e finivano nei polmo- ni con gravi danni alla salu- te. Molti abitanti, tra cui numerosi bambini, e il be- stiame continuano ad am- malarsi anche a causa del- l’acqua tossica scaricata in mare dai canali di scolo delle fabbriche.

Il Papa al Vertice iberoamericano

La tutela della vita viene prima

del beneficio economico

P

er uscire dalla crisi provocata dalla pande- mia occorre «unire gli sforzi per creare un nuovo orizzonte di aspettative dove l’o- biettivo principale non sia il beneficio eco- nomico, ma la tutela della vita umana». Lo scrive il Papa in una lettera ai partecipanti al XXVIIVe r t i c e iberoamericano, svoltosi dal 20 al 21 aprile ad An- dorra. Per Francesco «è urgente considerare un mo- dello di ripresa capace di generare soluzioni nuove più inclusive e sostenibili, volte al bene comune uni- versale». In particolare il Papa segnala la necessità di

«riformare l’“a rc h i t e t t u r a ” internazionale del debi- to, come parte integrante della nostra risposta comu- ne alla pandemia, poiché la rinegoziazione del peso del debito dei Paesi più bisognosi è un gesto che aiu- terà i popoli a svilupparsi, ad avere accesso ai vacci- ni, alla sanità, all’educazione e all’occupazione». Si tratta di una misura che va accompagnata da «solide politiche economiche e da una buona amministra- zione che giunga ai più poveri»: in questo senso va la richiesta di consentire ai Paesi bisognosi «l’accesso a un finanziamento esterno». Dal Papa anche l’app el- lo a una più «equa distribuzione dei vaccini».

PAGINA7

La Spagna donerà 7,5 milioni di vaccini

all’America latina

AND ORRA LA VELLA, 22. La Spagna donerà quest’anno ai Paesi dell’America latina circa 7,5 milioni di dosi di vaccini contro il covid-19, che rappresentano tra il 5 e il 10 % del totale delle fiale che riceverà dall’Unione europea. Lo ha annunciato il presidente del Governo spagnolo, Pedro Sánchez, nel corso del suo intervento al ventisettesimo Vertice iberoamericano ad An- dorra. La consegna, ha detto Sánchez, avverrà attraverso lo schema Covax, appena sarà stato vaccinato il 50% dei 47 milioni di spagnoli.

NELLE PA G I N E 2E3ARTICOLI DIPIERLUIGISASSI,PRESIDENTE DIEARTHDAY ITA L I A ,DILUCAM. PO S S AT I E UNA I N T E R V I S TA DIADRIANAMASOTTI ADANTONIATE S TA DELMOVIMENTO DEIFO COLARI

@Pontifex, giovedì 22 aprile

«Abbiamo spezzato i legami che ci univano al Creatore, agli altri esseri umani

e al resto del creato.

Abbiamo bisogno di risanare queste relazioni danneggiate, che sono essenziali per sostenere noi stessi e l’intero tessuto della vita.

#EarthD ay»

(2)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 2 giovedì 22 aprile 2021

Oggi in primo piano - Giornata della Terra

di PIERLUIGI SASSI

V

entidue aprile 2021, scocca il 51°

compleanno della Giornata Mon- diale della Terra. Mezzo secolo di impegno civile che ha coinvolto decine di migliaia di organizza- zioni e mobilitato ogni anno mi- liardi di persone. Cinquantuno anni di alfabetizzazione climati- ca, di mobilitazione civile, di educazione ambientale, di ardite battaglie nella sempre più affolla- ta arena mediatica. Ma è servito a qualcosa? Certo qualcuno po- trebbe pensare che adesso è final- mente arrivato il momento degli ambientalisti, che finalmente il mondo si è accorto delle cogenti verità gridate al vento per cinque decadi. Ma la verità purtroppo è molto più graffiante di così. La verità è che dal 1970 ad oggi il ri- scaldamento globale si è trasfor- mato da una minaccia per il futu- ro ad una realtà che condiziona negativamente le vite di tutti noi.Negli ultimi 170 anni le nostre emissioni di anidride carbonica sono aumentate del 48% e la tem- peratura del pianeta è salita di 1,18 °C. Il mare ha assorbito mol-

ta parte di questa sostanza delete- ria è si è scaldato a sua volta di 0,33 °C. Sembrerebbero valori trascurabili ma, come il covid ci ha insegnato molto bene, il no- stro è un ecosistema molto fragile e cosi è successo che abbiamo co- minciato a riversare in mare 413 miliardi di tonnellate di acqua ogni anno dai ghiacciai polari e 199 miliardi di tonnellate da tutte le altre superfici nevose del pia-

neta. Risultato: il mare si è alzato di quasi 18 centimetri comincian- do a sommergere i territori costie- ri. Con gli attuali trend di riscal- damento, a fine secolo l’innalza- mento dei mari potrebbe toccare la sconvolgente misura di 1,8 me- tri con il conseguente sfollamento di 600 milioni di persone. A Pari- gi i Paesi membri delle Nazioni Unite si erano impegnati ad ab- battere le emissioni del 45% entro il 2030 ma ad oggi abbiamo piani di contenimento solo dell’1%. E dal 1992 ad oggi ben 25 conferen- ze internazionali sul clima delle Nazioni Unite non hanno saputo fermare questo progressivo peg- gioramento. Per dare un’immagi- ne di questo comportamento: è come se ci trovassimo ad avere il tubo di scappamento della nostra automobile che porta i gas di sca- rico nell’abitacolo, e mentre i pas- seggeri gridano all’autista di spe- gnere i motori, lui si limitasse a non andare troppo veloce con- dannando se stesso e i passeggeri a morte certa.

Di recente è stato pubblicato dall’economista indiano Sir Par- tha Dasgupta — professore a Cambridge e alla Stanford Uni-

versity — uno studio commissio- nato dal governo inglese per comprendere la situazione econo- mica globale. Credo che questo lavoro sia andato ben oltre la sua missione ed abbia offerto al mon- do un vero e proprio manifesto dell’unica economia oggi possibi- le se vogliamo superare l’attuale crisi socio-ambientale. Ci sono sette evidenze che caratterizzano molto bene l’economia della bio- diversità tratteggiata dal profes- sor Dasgupta.

In primo luogo le nostre eco- nomie sussistono proprio grazie alla natura dalla quale ricavano tutte le materie prime e nella qua- le riversano tutti i prodotti di scarto. In tale quadro l’unica di- fesa che abbiamo da una perdita della sussistenza stessa della no- stra economia è tutelare la biodi- versità che la rende capace di sopportare il carico di stress che le diamo con la nostra azione. La seconda evidenza del trattato in- glese riguarda la nostra evidente colpa di non aver mai voluto af- frontare in modo sostenibile il rapporto economico con la natu- ra. Certamente qualcuno singo- larmente l’ha fatto, ma collettiva- mente non abbiamo mai preso in carico questa primaria necessità.

Negli ultimi vent’anni il capitale umano pro capite è aumentato del 13% a livello globale mentre lo stock di capitale naturale pro capite è diminuito di quasi il 40%.Al terzo punto l’economista in- diano evidenzia come in tutto questo non abbiamo saputo resta- re neanche entro i limiti di tolle- ranza del nostro pianeta, gene- rando tassi di sfruttamento insop- portabili per la rigenerazione na- turale di cui pagheranno il prezzo soprattutto le future generazioni.

I tassi di estinzione sono da 100 a 1.000 volte superiori al tasso na- turale generando così una irrever- sibile perdita di biodiversità che nessuno potrà mai restituirci. La quarta evidenza definisce come alla base di tutto questo ci sia un profondo e diffuso fallimento isti- tuzionale. Il prezzo dei prodotti non è in alcun modo proporzio- nale al valore ambientale sotto- stante, quanto piuttosto al profit- to che questo deve generare.

Questa scelta è l’emblema di quanto distanti dalla verità siano oggi le istituzioni che arrivano addirittura a finanziare con trilio- ni di dollari operazioni che dan- neggiano l’ecosistema molte volte per semplice indifferenza al tema.

Le ultime tre evidenze guardano infine la soluzione che siamo

chiamati a trovare: a) in primo luogo dobbiamo tutti accettare che la natura non è solo da ri- spettare ma va considerata la pre- messa indispensabile di ogni pos- sibile economia terrestre. La na- tura è parte integrante dell’eco- nomia la quale deve fondare su di essa i propri modelli di produzio- ne e di scambio; b) dobbiamo cambiare il modo in cui pensia- mo, agiamo e misuriamo il suc- cesso. Chiunque di noi sarebbe disposto a rinunciare a qualche punto di guadagno se in cambio avesse garantite felicità e successo nelle relazioni umane, e certa- mente il Pil non potrà mai misu- rare tutto questo; c) infine è ne-

cessario comprendere quanto questa enorme trasformazione non sia affatto impossibile. Sem- bra una sfida senza speranza ma la verità è che l’unica condizione necessaria è che tutti siano dispo- sti a volerla davvero. Serve cioè solo un po’ di consapevolezza e di autentico impegno da parte di tutti. È questo a rendere incredi- bilmente prezioso il messaggio della Laudato si', che ha saputo portare nel cuore degli uomini, al di là del credo o della cultura di appartenenza, il desiderio di con- quistare una visione della vita meno centrata sul profitto e mol- to più attenta alla ricerca della nostra felicità.

Cinquantuno di allarmi anni

inascoltati

A fine secolo l’innalzamento dei mari potrebbe toccare la sconvolgente misura di 1,8 metri con il conseguente sfollamento di 600 milioni di persone.

Città del Capo assediata dalle fiamme

Le pendici della Table Mountain devastate dalle fiamme (Reuters)

Emergenza incendi a Città del Capo, in Sud Africa. Un piromane ha appiccato il fuoco e le temperature molto elevate e i forti venti hanno fatto il resto. Un enorme incendio è scoppiato alle pendici della Table Mountain e che ha soffocato Città del Capo con il suo fumo, distrug- gendo alcuni edifici storici tra i quali una biblioteca universitaria. Le autorità hanno impiegato almeno due giorni per arginare le fiamme ed evacuare migliaia di persone. Ora l’emergenza è calata, ma resta la devastazione che ha colpito la foresta e centinaia di abitazioni.

Amazzonia sotto attacco Deforestazione ai livelli massimi

La foresta amazzonica Mai così alti i livelli di deforestazione in Amazzonia. Secondo l’ultimo rap-

porto di Imazon (Instituto do Homem e Meio Ambiente da Amazônia), il mese scorso la deforestazione ha colpito un’area pari a 810 chilometri qua- drati: un aumento del 216% rispetto al marzo 2020. Il degrado, ovvero «il di- sturbo parziale causato dal disboscamento o dagli incendi», ha invece inte- ressato un’area pari a 64 chilometri quadrati, con un aumento del 156% ri- spetto al 2019. Sono in corso trattative tra i governi di Brasile e Usa per un fi- nanziamento miliardario contro la devastazione dell’Amazzonia.

Dal 1970 il riscaldamento globale

da minaccia è diventato realtà evidente

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L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 22 aprile 2021 pagina 3

Oggi in primo piano - Giornata della Terra

Una partita geop olitica sempre più complessa

di LUCAM. PO S S AT I

C

o op erazione,

coordinamento e impegno a rilanciare gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Questi i punti cruciali del vertice straordinario sul clima che si apre oggi alla presenza di quaranta leader internazionali. Un vertice fortemente voluto dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, con l’obiettivo di celebrare il ritorno di Washington nell’a c c o rd o del 2015 dopo lo strappo del suo predecessore, Donald Trump. La lotta al riscaldamento climatico e l’imp egno per un modello di sviluppo sostenibile sono in cima all’agenda dell’inquilino della Casa Bianca, che vuol dare un segnale nuovo e in controtendenza.

Segnale che si concretizzerà presto in un piano — definito “ambizioso” dal

«Washington Post» — finalizzato a dimezzare le emissioni entro il 2030.

Al vertice targato Usa parteciperà anche la Cina, tra i principali

inquinatori del pianeta. «Affrontare il cambiamento climatico è compito comune dell’umanità – ha detto il presidente cinese Xi – e non dovrebbe essere usato come una scusa per lo scontro geopolitico». Un accordo di massima tra Washington e Pechino potrebbe essere dietro l’angolo. Al termine del vertice della scorsa settimana a Shanghai, l’inviato Usa John Kerry e il delegato cinese Xie Zhenhua hanno detto che i due Paesi sono pronti a collaborare con «azioni concrete per affrontare la crisi

climatica» in vista della conferenza internazionale di Glasgow a novembre, e questo in primo luogo con aiuti ai Paesi in via di sviluppo per agevolare la transizione verso le energie rinnovabili.

Tuttavia, la realtà che non traspare nei comunicati stampa è molto più complessa. Sul clima le due superpotenze hanno strategie difficilmente compatibili anche a causa della profonda diversità dei rispettivi modelli economici e sociali.

La vera partita è questa. Washington e Pechino hanno posizioni distanti su molti temi, come dimostrato anche dagli scarsi risultati del recente vertice in Alaska. Il clima può essere un terreno d’incontro? È possibile scindere la sfida climatica dal dossier economico, dagli interessi e dalle influenze politiche? Ridurre le emissioni significa varare nuove regolamentazioni, definire politiche di lungo termine sulla pubblica amministrazione, sul lavoro e sulle infrastrutture, ma questo implica anche investimenti, contratti, strategie finanziarie. Nel mondo di oggi tutto è connesso e la politica dei

“tavoli separati” non sembra l’opzione vincente. Sarà necessario un intenso lavoro diplomatico per raggiungere una vera intesa, e l’Europa potrebbe giocare un ruolo chiave.

Questo soprattutto in una situazione emergenziale come quella attuale.

Due giorni fa l’Agenzia

internazionale per l’energia (Aie) ha lanciato un pesante avvertimento: le emissioni di anidride carbonica aumenteranno nel 2021 ad un livello record, il secondo più alto della storia dopo quello di 10 anni fa in seguito alla crisi finanziaria. Tra le ragioni di questo aumento c'è la pandemia da coronavirus: molti governi stanno riversando stimoli nei combustibili fossili per finanziare la ripresa dalla recessione post-covid.

A colloquio con Antonia Testa del Movimento dei Focolari

Far vivere la speranza

di ADRIANAMASOTTI

A

promuovere il “Villaggio della

Te r r a ” a Roma, insieme a Earth Day Italia, il Movimento dei Focolari. Presente fin dalla pri- ma edizione, Antonia Testa, è tra i principali animatori della maratona multimediale con la quale anche quest’anno si cele- bra la Giornata Mondiale della Terra: 13 ore di diretta televisiva su RaiPlay, e tantissimi contri- buti in diretta e on demand sul- la piattaforma web e social www.onep eopleoneplanet.it.

Le abbiamo chiesto di spie- garci perché il Movimento nato dal carisma di Chiara Lubich, pur non essendo un movimento propriamente ambientalista, si trova assolutamente a casa nel lavorare per l’animazione di

#O nePeopleO nePlanet.

«È vero, è un’avventura nella quale il Movimento dei Focolari si sente pienamente a casa. D’al- tronde, un Movimento che ha per carisma l’unità che nasce dalla preghiera che Gesù ha ri- volto al Padre: “Che tutti siano una cosa sola”, non può non spendersi per l’ecologia integra- le, e l’ecologia integrale sappia- mo che si incentra primariamen- te sull’ecologia umana. Quindi, vuol dire attenzione alle perso- ne, alle culture — io direi culture sia religiose che non religiose —, impegnandosi con tutte le forze in un dialogo a 360 gradi».

Fonte di ispirazione innegabile per

“One People, One Planet”, sono le pa- role di Papa Francesco. Il suo pensiero interpreta il grido della Terra e dell’u- manità di oggi …

Sì, questa maratona è proprio su un percorso che è nato con lui che ci fece la visita a sorpresa

nel 2016, al primo Villaggio del- la Terra a Villa Borghese. La maratona vuole essere una ri- sposta a quel suo invito «tra- sformate i deserti in foresta». Il mio sogno è che questa marato- na — anche se on-line — sia un’e- xpo di speranza. Proprio qual- che giorno fa ho sentito Papa Francesco che diceva: «La spe- ranza è la più umile delle virtù, ma è quella che guida la vita», e quindi — immaginando le voci, i colori, le testimonianze di que- ste 13 ore di staffetta, io spero che sia proprio un segno di

quella speranza, segni concreti di persone che vogliono fare il cambiamento. E, aggiungo, mi piace fermarmi un attimo e ve- dere questo percorso dal 2016 a oggi: è singolare. Siamo partiti da un luogo fisico, questo pol- mone verde della capitale che è Villa Borghese: lì le persone hanno fatto un’esperienza che non era scritta a tavolino, ma hanno sperimentato che cosa vuol dire mettere insieme siner- gie le più varie, forze positive perché l’obiettivo era «mettia- mo in luce il tanto bene che c’è». Ci siamo trovati tra le mani un quid che ha dato una carica notevole a tutti noi. Ecco, dob- biamo pensare che per le circo- stanze, anche assolutamente ne- gative che stiamo vivendo nella pandemia, chi ha fatto quell’e- sperienza è uscito da quel pezzo di terra per andare a raccogliere persone, cuori, testimonianze e metterle insieme con questa co- sa comune: volere essere prota- gonisti di cambiamento.

Tredici ore di contenuti multimediali, tantissimi i temi che vengono affrontati e, come ha detto lei, il messaggio di fon- do è la speranza. Ma, in concreto, po- trebbe farci un esempio di una proposta che si vuole lanciare?

Le proposte sono tantissime.

Siamo partiti, nella preparazio- ne di questa maratona, con due immagini-chiave: i giovani e i ponti, e tutto questo sotto il grande cappello del Patto Edu- cativo Globale lanciato da Papa Francesco. Per esempio, sarà presente la bambina di Albino di Bergamo, che è stata insignita dal Presidente della Repubbli- ca, Mattarella, perché ha aiutato i suoi compagni nel momento della pandemia; interverrà il bambino undicenne colombiano perché è un giovane attivista — il più giovane attivista, proba- bilmente —; saranno poi ancora altri giovani a fare una proposta che può sembrare azzardata ma che è la loro proposta, quella dello United World Project, il Progetto Mondo Unito che

quest’anno si declina proprio con questa sigla: “Dare to Ca- re ”, cioè “osare prendersi cura”

nei modi più disparati, dalle azioni più piccole fino agli im- pegni più grandi sui tavoli inter- nazionali.

Tra i focus, uno è dedicato anche alla triste e purtroppo diffusa violenza sulle donne. Che legame c’è tra questa realtà e il tema della Terra?

Sarebbe ipocrita occuparsi del tema dell’ambiente dimenti- cando il cuore delle relazioni. E se ci lasciamo sopraffare da una tentazione predatoria, questo è essere contro l’ecologia, essere contro il pianeta Terra che ci ospita. Il possesso dell’altro, lo sfogo della nostra violenza che toglie la libertà, toglie la digni- tà, toglie il rispetto. Quindi, non si può lavorare per il piane- ta Terra dimenticandosi queste relazioni che ci toccano dal vi- vo, perché conosciamo la nobil- tà dell’essere umano, ma cono- sciamo anche le crude tentazio- ni che ci possono fare, appunto, possessori dell’a l t ro .

Il mondo sta ancora affrontando la pandemia. In molti abbiamo pensato che questo ci avrebbe cambiati, avrebbe cambiato la politica, l’economia. Un’il- lusione? Oppure ci sono degli elementi che fanno sperare in questo cambiamen- to?Di fronte a questa domanda, penso che il cuore di tanti di noi si senta a volte un po’ strano.

Perché, da un lato è innegabile che, per chi vive nel benessere, c’è un rischio notevole di essere schiacciati dal grigio, dalla tri- stezza; e chi vive invece in luo- ghi di tragedia, ma anche della precarietà totale del lavoro che non c’è più, o ai vastissimi terri- tori dove non c’è accesso alle cu- re, in quelle persone può vera- mente subentrare una tristezza infinita. Dall’altro lato, durante questo anno tanti di noi si sono aggrappati a quelle speranze quasi da sognatori, per dire:

«Ma no, adesso cambierà tutto, adesso non saremo più gli stes- si...». Io, personalmente, sento che devo avere un forte equili- brio dentro, non lasciarmi schiacciare dal negativo ma nemmeno essere superficiale e credere, così, in un sogno idillia- co. Mi rimetto ogni giorno nel cercare di essere, con altri, reali- sta, capace di far vivere la spe- ranza. E allora questo mi aiuta a dire ogni giorno: «Ma guardati attorno, cogli dei segni, quelli piccoli ma anche quelli grandi».

È innegabile quello che può av- venire alla Cop26 a novembre, è innegabile quello che si sta fa- cendo come solidarietà tra alcu- ni Stati ed è innegabile che John Kerry, inviato degli Stati Uniti per il clima, abbia incon- trato la sua controparte cinese e abbia dato segni di speranza. È innegabile che tanti di noi — io in prima persona, con altri pro- fessionisti — si stia lavorando anche sul tema della internazio- nalizzazione dei vaccini. Sono innegabili, questi segni dei tem- pi, e quindi secondo me non ca- diamo nelle illusioni, ma nean- che ci dobbiamo lasciar schiac- ciare dal pessimismo: dobbia- mo, appunto, far vivere la spe- ranza.

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ORGHESE NEL

2016

Era domenica 24 aprile 2016 quan- do Papa Francesco compì una visita a sorpresa alla Mariapoli di Roma, nell’ambito del Villaggio per la Ter- ra, la manifestazione organizzata a Villa Borghese da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari.

Accolto, tra gli altri, dall’allora pre- sidente del movimento, Maria Voce, e dal co-presidente Jesús Morán, a dargli il benvenuto si alternarono Donato Falmi e Antonia Testa, re- sponsabili del movimento a Roma, Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia, e alcuni dei presenti.

Francesco ascoltò testimonianze sul valore della solidarietà verso i più poveri, i detenuti, e sulla lotta al gioco d’azzardo. Poi ricevette da un ragazzo il “dado della terra”, un cu- bo che, come un gioco, insegna al- cuni principi da vivere per la difesa del creato.

Parlando a braccio, il Papa indicò la

«gratuità» come «parola-chiave», perché «fa sì che io dia la mia vita così com’è, per andare con gli altri e fare che questo deserto diventi fore- sta». E anche «perdono, perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire sempre, non distruggere, costruire».

«Vi dò un compito da fare “a casa”:

guardate un giorno — fu la proposta di Francesco — la faccia delle perso- ne quando andate per la strada: so-

no preoccupati, ognuno è chiuso in sé stesso, manca il sorriso, manca la tenerezza, in altre parole l’amicizia sociale, ci manca questa amicizia so- ciale. Dove non c’è l’amicizia socia- le sempre c’è l’odio, la guerra. Noi stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”. Guardate la car- ta geografica del mondo e vedrete questo. Invece l’amicizia sociale,

tante volte si deve fare con il perdo- no. Tante volte si fa con l’avvicinar- si: io mi avvicino a quel problema, a quel conflitto, a quella difficoltà».

Insomma, un invito anche a rischia- re «per cambiare il deserto in fore- sta».

(4)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Città del Vaticano w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 4 giovedì 22 aprile 2021

Per riannodare i fili lacerati

Il diritto a una pena riabilitativa

A sei mesi dalla crisi nel Tigray

Etiopia: un milione di sfollati

D

AL MOND O

Gli Usa pronti alla revoca di alcune sanzioni all’Iran

L’amministrazione statunitense di Joe Biden è pronta a revocare alcune delle sanzioni imposte da Donald Trump contro settori economici cruciali del- l’economia iraniana, compreso quello finanziario e petrolifero, per contri- buire a ridurre le divergenze nei collo- qui sul nucleare in corso di svolgi- mento a Vienna. Lo scrive il «The Wall Street Journal», citando due au- torevoli fonti a conoscenza del dos- s i e r.

L’Opac sospende la Siria

L’Opac, l’Organizzazione per la proi- bizione delle armi chimiche, ha sospe- so i diritti della Siria in seno allo stes- so organismo, a causa del presunto uso di armi chimiche. Si tratta di una decisione senza precedenti nella storia dell’Opac. La Siria è accusata di avere utilizzato sarin e gas al cloro in tre at- tacchi nel marzo 2017 sul villaggio di Latamné. Damasco ha sempre nega- to.

Via della seta: l’Australia annulla l’intesa con la Cina

Il Governo dell’Australia ha deciso di sospendere gli accordi con Pechino sulla Belt and Road, la nuova via del- la seta, il colossale piano di infrastrut- ture in tutto il mondo lanciato nel 2013 dal presidente cinese, Xi Jinping.

Per Canberra, l’intesa «è incompatibi- le con la politica estera dell’Australia e contraria alle relazioni estere». Con l’uscita australiana, i Paesi aderenti al- l’iniziativa diventano 138. Il governo di Pechino ha definito la mossa del- l’Australia «una provocazione».

Nella Repubblica Democratica del Congo

Dieci civili uccisi

di ANNALISAANTONUCCI

L

a figura del Garante nazionale delle per- sone private della li- bertà, di breve isti- tuzione in Italia, nasce dal- l’esigenza di “v e d e re ” all’in- terno di una realtà chiusa co- m’è quella del carcere. «Un mondo troppo spesso chiuso in se stesso, visibile solo al suo interno e opaco all’ester- no, perché questa è ancora la logica che ne governa regole, ritmi e quotidianità, anche nelle situazioni migliori».

A spiegare il compito di questa Istituzione, nata nel 2016, è stato il Garante na- zionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, nella sua Conferenza istitu- zionale all’Accademia nazio- nale dei Lincei. L’opera del Garante si richiama a quel

“bisogna aver visto” p ro n u n - ciato da Piero Calamandrei nel sostenere, il 27 ottobre 1948 alla Camera dei deputa- ti, il proprio ordine del gior- no sulla previsione di una Commissione d’indagine sulle carceri e sulla tortura.

«È nella capacità di vedere — ha detto Palma — che nasce l’efficacia concreta dell’azio- ne e dei pronunciamenti del Garante». Dunque è attra- verso la sistematicità delle proprie visite, che il Garante nazionale pone l’attenzione ai diritti delle persone ri- strette e alla possibilità del loro concreto esercizio, per- ché — ha aggiunto Palma —

«i parametri giuridici non valgono da soli a costituire la base per un effettivo godi- mento dei diritti». «L’obiet- tivo del lavoro del Garante è, quindi, la riduzione della persistente distanza che se- para i diritti affermati e i di- ritti agiti nella concretezza di questi luoghi implicitamente poco trasparenti», ha ag- giunto. Ma se «occorre in- tervenire per migliorare mol- ti aspetti della materialità quotidiana del vivere interno e, tra questi, la costrizione in spazi angusti e densi di altre difficili vite», secondo Pal- ma, è importante dare alla commissione di un delitto

«una risposta che non sia so- lo sottrattiva», ma che abbia

«una dimensione progettua- le, che possa avere una parte, in taluni casi anche ampia, di privazione della libertà e che però non perda la finali- tà di un ritorno consapevole e diverso al contesto esterno nonché una visione del per- corso per giungere a tale me- ta». Invece, ad oggi, «sono circa mille le persone in car- cere per scontare una pena inflitta della durata inferiore a un anno e altre più di due- mila una pena compresa tra uno e due anni: una popola- zione detenuta sempre più connotata dalla preponde- ranza di autori di reato che eseguono sentenze di breve

durata e che entrano in car- cere con frequente ripetitivi- tà». Questa realtà cosiddetta di “porta girevole” per le continue entrate e uscite dal carcere esclude la possibilità di «sviluppare un percorso rieducativo all’interno di questo mondo chiuso e ri- schia per un settore conside- revole di persone ristrette di vanificare la tendenza riedu- cativa della pena». In questo senso, dunque, «pene di tipo diverso, di carattere reinte- grativo, interdittivo o propo- sitivo, di utilità sociale — ha detto Palma — p otrebb ero avere maggiore incisività ri- spetto al rischio di reitera- zione del reato». Ma il pro- blema è anche che «nono- stante esistano misure che permettono di avere accesso a forme alternative alla de- tenzione per pene molto bre- vi», ha sottolineato il Garan- te, si registra una presenza altissima di persone che a es- se non accedono. «Non vi accedono perché prive di una rete sociale di supporto o di una difesa adeguata o anche per la non conoscenza di tali possibilità: la differen- za sociale che ne caratterizza la vita esterna trova un’am- plificazione nella relazione con il sistema della giustizia penale». E tra le cause evi- denziate dal Garante c’è «la crisi del modello di welfare che si è compiuta con la dra- stica riduzione di servizi in grado di prevenire e armo- nizzare il disagio economico e individuale». Ciò, oltre a respingere di fatto al di là delle mura della segregazio- ne chi è rimasto privo di reti solide di sostegno, non solo materiale, «ha reso spesso privo di significato il termine

“rieducazione” nella concre- tezza dell’esecuzione pena- le». Da qui, «la presenza ri- petuta di brevi detenzioni per reati seriali anche di mi- nore rilevanza, ma di forte incidenza sulla percezione di sicurezza collettiva o per rea- ti connessi a stili di vita», ne è un esempio il numero di persone in carcere per deten- zione e spaccio di lieve entità di sostanze psicotrope. Dun- que, ha aggiunto Palma, «è un diritto del detenuto che l’esecuzione penale sia effet- tivamente indirizzata alla fi- nalità che la Costituzione le assegna».

Per questo ogni punizione deve sempre avere la dimen- sione del futuro. «In primo luogo nella direzione del non volere che quanto avve- nuto possa ripetersi, ma pa- rallelamente nella direzione della ricomposizione del tes- suto ordinato che il reato ha spezzato, riannodando fili lacerati, recuperando così per la sanzione penale una dimensione non meramente inibente, ma in grado di ri- costruire» ha concluso il Ga- rante.

ADDISABEBA, 22. «La crisi nel Tigray è or- mai al sesto mese. Oltre 1 milione di perso- ne sono state sfollate, mentre i combatti- menti continuano». A lanciare l’allarme sulla situazione in Etiopia è stato, ieri, il portavoce dell’Unicef, James Elder. In una dichiarazione denuncia che «l’accesso e la sicurezza» nello stato regionale del Tigray restano un serio problema. L’Unicef è pro- fondamente preoccupata soprattutto per le conseguenze della crisi sui bambini. Si trat- ta di una crisi di protezione, istruzione e nu- trizione, spiega Elder rimarcando come stia emergendo «una fotografia di gravi e conti- nue violazioni dei diritti dei bambini».

Il conflitto è esploso in Etiopia lo scorso 4 novembre, quando il governo federale ha

ordinato l’avvio di operazioni militari nello stato regionale contro il Fronte di liberazio- ne popolare del Tigray (Tplf), accusato di aver attaccato alcuni campi militari nell’a- rea. Si stima che da allora migliaia di perso- ne, combattenti e civili, siano state uccise.

«Ho ricevuto personalmente notizie strazianti di bambini stuprati o testimo- nianze di donne vittime di violenza sessua- le. Ho ascoltato storie traumatiche di so- pravvissuti, di stupri di gruppo. Il livello di crudeltà descritto in questi attacchi era sconcertante», afferma il portavoce del fon- do Onu.

Per quanto riguarda l’istruzione, i bam- bini sono stati colpiti sia dal covid-19 sia dal conflitto: 1.4 milioni di bambini non vanno a scuola da più di un anno. Secondo il mini- stero dell’Istruzione, circa il 25% delle scuole sono state danneggiate. Inoltre, av- verte Elder, la riapertura delle scuole richie-

de una ricollocazione di centinaia di mi- gliaia di sfollati interni che attualmente so- no rifugiati proprio nelle strutture scolasti- che.I combattimenti, riporta Elder, «sono scoppiati quando la gente avrebbe dovuto fare il raccolto», che rappresentava il loro reddito per un anno. «Molti hanno anche subito il furto del bestiame, perso l’accesso ai fertilizzanti e ai vaccini per il loro bestia- me». Stiamo assistendo a un picco di mal- nutrizione in una regione che già prima di questa crisi aveva registrato un forte au- mento di bambini malnutriti.

I servizi igienico-sanitari rappresentano un’altra grave preoccupazione. La presen- za di un ampio numero di sfollati «è una bomba a orologeria, soprattutto con l’avvi- cinarsi della stagione delle piogge, il prossi- mo mese, in cui ci sarà un grave rischio di colera e di altre malattie».

KINSHASA, 22. Non si fermano le violen- ze nella Repubblica Democratica del Congo. Dieci civili sono morti nell’attac- co di un gruppo armato nella città di Nyar, nella provincia nordorientale del- l’Ituri. Lo ha detto all’agenzia di stampa Afp una fonte della Monusco, la missio- ne di pace delle Nazioni Unite nel Paese africano, aggiungendo che durante l’at- tacco gli aggressori hanno anche sac- cheggiato numerosi negozi della zona.

La Monusco ha attribuito la responsa- bilità della strage alle Forze patriottiche e integrazioniste del Congo (Fpic). Se- condo l’organizzazione non governativa Kivu security tracker (Kst), che monitora le violenze nell’est della Repubblica De- mocratica del Congo, i civili uccisi dai

guerriglieri del Fpic sarebbero dodici, tra cui sei bambini.

Un capo tradizionale locale ha detto che l’attacco armato è iniziato prima del- l’alba e che i miliziani hanno incendiato numerose abitazioni. Le Forze patriotti- che e integrazioniste del Congo sono uno dei gruppi armati che operano nelle province orientali dell’Ituri, del Nord Kivu, del Sud Kivu e di Tanganyika.

Secondo gli analisti del Kst, il gruppo è costituito principalmente da giovani di etnia bira, in lotta contro il Governo pro- vinciale perché esclusi dalla gestione del potere locale e desiderosi di riconquista- re le terre occupate dal popolo di etnia hema. L’esercito di Kinshasa ha confer- mato l’attacco a Nyar.

A f ro a m e r i c a n o ucciso dalla polizia

WASHINGTON, 22. Un altro afroamerica- no è stato ucciso ieri dalla polizia negli Stati Uniti, nel giorno della sentenza nel processo Floyd. Si tratta di Andrew Brown, 42 anni, ucciso da un agente a Elizabeth City, in North Carolina, men- tre gli notificava un mandato di perqui- sizione. Decine di persone si sono radu- nate nel luogo della sparatoria per chie- dere giustizia e trasparenza, in particola- re che la polizia diffonda il video della body cam del poliziotto, che nel frat- tempo è stato sospeso dal servizio. Pa- dre di 10 figli, in passato Brown aveva avuto problemi di droga.

Discorso di Putin all’Assemblea federale

MOSCA, 22. Nel tradizionale discorso di ieri all’Assemblea federale, il presidente russo, Vladimir Putin, ha parlato soprat- tutto di questioni interne: il covid, mo- dernizzazione dell’economia, aumento dell’aspettativa di vita, maggior reddito disponibile, migliori servizi pubblici, più sussidi in arrivo per chi ha figli.

Non è però mancato un monito all’O c- cidente. Chi vorrà contrastare gli «inte- ressi nazionali russi e mettere a rischio la sicurezza del Paese, attraversando le li- nee rosse stabilite dalla stessa Russia, lo farà a proprio rischio e pericolo», ha so- stenuto Putin.

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L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 22 aprile 2021 pagina I

L A S E T T I M A N A D I P A P A F R A N C E S C O

una consolazione Come nella pandemia

A questo tendono le vocazioni: a generare e rigenerare vite ogni giorno. Il Signore desidera plasmare cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze (19 marzo 2021)

Il tema della settimana Nella Giornata mondiale di preghiera

per le vocazioni il Papa ordinerà 9 nuovi sacerdoti per la diocesi di Roma

di FABIOROSINI*

Q

uando una diocesi celebra l’o rd i n a z i o n e di nuovi presbiteri sta contemplando la generosità di Dio: è lui che la rende fer- tile e la fa sbocciare nei suoi frutti.

I nove sacerdoti novelli — che verran- no ordinati da Papa Francesco domenica 25 aprile, nella basilica di San Pietro — vengono da tre diversi seminari della diocesi di Roma, e questo è un segno di quella ricchezza e di quella pluriformità che è la comunione della Chiesa.

Bisogna stare attenti, in questo senso, a ricordare le parole di Paolo ai Corinzi:

«Né chi pianta né chi irriga vale qualco- sa, ma solo Dio, che fa crescere» (1 Cor 3,7). I percorsi personali e le strategie formative possono essere di varia forma, ma ciò che vale sempre e comunque di più, è vedere in filigrana l’opera di Dio in questi giovani uomini.

Vedere l’opera di Dio. Vedere «Dio, che fa crescere».

Percepire la Provvidenza. Scoprire che

il Creato è il luogo della relazione con Dio, dove si sperimenta la sua paternità, dove si apprende l’arte di compiere la sua volontà nell’a m o re .

Tante sono le vocazioni, quanto sono molteplici le forme dell’amore del Padre per noi, Lui, che genera la vita nuova nei suoi figli e la guida perché divenga manifestazione della sua natura paterna.

Ma fra gli operai della sua messe, i presbiteri sono quelli che costruiscono direttamente la Chiesa e la confortano in modo tale che tutte le altre vocazioni ne siano sostenute, consolate, alimentate e corrob orate.

L’inizio del ministero di questi sacer- doti avverrà in un contesto peculiare, quello di un mondo sofferente, ossia nell’epoca di un morbo che sta vessan- do l’umanità. Speriamo che questa tri- bolazione stia volgendo al termine, ma questo pensiero è anche un po’ ego cen- trico: forse per noi nord-occidentali si inizia a vedere una qualche soluzione, ma in molte parti del mondo le cose so-

no nel pieno del dramma. Questo fatto, i nostri giovani sacerdoti, non potranno mai dimenticarlo: dovranno essere ordi- nati con le mascherine, celebreranno le loro prime messe con il distanziamento sociale, non potranno festeggiare la loro ordinazione se non in modo assai sobrio e cauto.

È una situazione infelice? Siamo sicu- ri?Un medico ospedaliero bergamasco, nell’aprile 2020, mentre fra un turno massacrante e un altro tirava il fiato, stremato dalla stanchezza, oppresso dalla tristezza e dalla cappa che tutte quelle morti a cui doveva assistere gli avevano messo nel cuore, vide un altro medico sedersi accanto a lui su quella panca do- ve riposare un momento, e dirgli: «Ma la sai una cosa? Non vorrei essere in nessun altro posto che questo!». E quel medico ritrovò la luce e il senso di quel momento.

SEGUE A PA G I N A IV

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II giovedì 22 aprile 2021 giovedì 22 aprile 2021 pagina III

La settimana di Papa Francesco La settimana di Papa Francesco

@Pontifex

Perfino la morte trema quando un cristiano prega, perché sa che ogni orante ha un alleato più forte di lei:

il Signore Risorto. #Preghiera #Pa s q u a

(15 aprile) Solo l’amore di Gesù trasforma la vita, guarisce le ferite

GIOVEDÌ 15

Unità e riconciliazione per il Brasile

Desidero rivolgermi a tutti i brasiliani in un momento in cui questo amato Paese affronta una delle prove più difficili.

Centinaia di migliaia di famiglie piangono la perdita di una persona cara.

Giovani e anziani, padri e madri, medici e volontari, ministri sacri, ricchi e poveri: la pandemia non ha escluso nessuno nella sua scia di sofferenza.

Penso ai vescovi vittime del covid. Chiedo a Dio di concedere alle persone decedute il ri- poso eterno e di consolare i cuori afflitti dei fa- miliari che spesso non hanno neppure potuto dire addio ai loro cari.

Questo andarsene senza potersi dire addio, nella solitudine più spoglia, è una delle soffe- renze grandi.

Non possiamo arrenderci! Possiamo supe- rare questo tragico momento.

La speranza ci dà coraggio per alzarci. La carità ci esorta a piangere con quanti piango- no e a dare una mano ai bisognosi.

E la carità esorta noi vescovi a spogliarci.

Non abbiate paura di spogliarvi, ognuno sa di che cosa.

È possibile superare la pandemia e le sue conseguenze, solo se saremo uniti.

La Conferenza episcopale deve essere una, perché il popolo che soffre è uno.

In Brasile, nel riferirmi alla storia di Nossa Senhora Aparecida, ho [definito] quell’imma - gine ritrovata rotta come simbolo della realtà brasiliana: «Quello che era spezzato, riprende l’unità... un messaggio di ricomposizione di ciò che è fratturato, di compattazione di ciò che è diviso. Muri, abissi, distanze presenti anche oggi sono destinati a scomparire. La Chiesa non può trascurare questa lezione e de- ve essere strumento di riconciliazione» (All’e- piscopato, 27 luglio 2013).

Essere strumento di riconciliazione, di uni- tà. Questa è la missione della Chiesa in Brasi- le. Oggi più che mai! Mettere da parte le divi- sioni, le divergenze.

Solo così, come pastori, potrete ispirare cattolici, cristiani, e uomini e donne di buona volontà — a tutti i livelli della società, istituzio- nale e governativo —, a lavorare insieme, per superare non solo il coronavirus, ma anche il virus dell’indifferenza, che nasce dall’egoismo e genera ingiustizia.

Quest’assemblea dia frutti di unità e ricon- ciliazione per il popolo brasiliano e nella Con- ferenza episcopale. Unità non è uniformità, ma armonia; l’unità armoniosa che dà sola- mente lo Spirito Santo.

Imploro Nossa Senhora Aparecida che, co- me Madre, ottenga per i suoi figli la grazia di essere custodi del bene e della vita degli altri e promotori di fratellanza.

(Videomessaggio alla 58aassemblea generale della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani) Una politica

di fraternità è la vera risp osta ai populismi

Vi saluto all’inizio di questa conferenza, or- ganizzata dal Centro per la Teologia e la Co- munità a Londra su temi del libro Ritorniamo a s o g n a re , soprattutto per quel che concerne i movimenti popolari e le organizzazioni che li sostengono.

Saluto la Campagna Cattolica per lo Svi- luppo Umano che celebra cinquant’anni di aiuto alle comunità più povere negli Stati Uniti perché vivano più degnamente, pro- muovendo la loro partecipazione alle decisio- ni che le riguardano.

In questa dimensione lavorano anche altre organizzazioni del Regno Unito, della Ger- mania, e di altri Paesi, la cui missione è accom- pagnare il popolo nella lotta per «la tierra, el techo y el trabajo» — le famose tre “T”, [“la ter- ra, il tetto e il lavoro ”] — e rimanere al suo fian- co quando si scontra con atteggiamenti di op- posizione e disprezzo.

La povertà e l’esclusione dal mercato del la- voro che derivano da questa pandemia hanno reso più urgente la vostra opera.

Uno dei vostri obiettivi è dimostrare che la vera risposta al populismo non è più indivi- dualismo ma una politica di fraternità, radica- ta nella vita del popolo.

In un recente libro, il reverendo Angus Rit- chie descrive questa politica come «populi- smo inclusivo»: a me piace usare «popolari- smo» per esprimere la stessa idea. Quello che importa è la visione: trovare meccanismi per garantire a tutte le persone una vita degna.

Questa la chiamo «Politica con la P maiu- scola», politica come servizio, che apre nuovi cammini affinché il popolo si organizzi e si esprima.

È una politica non solo per il popolo ma con il popolo, radicata nelle sue comunità e nei suoi valori.

Invece i populismi seguono piuttosto come ispirazione «Tutto per il popolo, nulla con il popolo», paternalismo politico.

Il popolo nella visione populista non è pro- tagonista del suo destino, ma finisce debitore di un’ideologia.

Quando il popolo è scartato, viene privato del benessere materiale e anche della dignità dell’agire, dell’essere protagonista della sua storia, del suo destino, dell’esprimersi con i suoi valori e la sua cultura, della sua creatività, della sua fecondità.

Per la Chiesa è impossibile separare la giu- stizia sociale dal riconoscimento della cultura del popolo, includendo i valori spirituali che sono fonte del suo senso di dignità. Nelle co- munità cristiane questi valori nascono dall’in - contro con Gesù, che cerca instancabilmente chi è scoraggiato o perso.

Molti di voi lavorano nelle periferie e ac- compagnando i movimenti popolari. A volte può essere scomodo. Alcuni vi accusano di es- sere troppo politici, altri di voler imporre la re- ligione. Ma rispettare il popolo è rispettare le sue istituzioni, anche quelle religiose.

Le diocesi collab orino con i movimenti p op olari

Il vero pastore è colui che ha il coraggio di camminare davanti, in mezzo e dietro al po- polo. Davanti per indicare il cammino, in mezzo per sentire con il suo popolo e non sba- gliarsi, e dietro per aiutare quanti sono rimasti indietro e per lasciare che il popolo con il suo olfatto trovi a sua volta cammini.

Desidero che tutte le diocesi del mondo ab- biano una collaborazione sostenuta con i mo- vimenti popolari.

Andare incontro a Cristo ferito e risorto nelle comunità più povere ci consente di riac- quistare vigore missionario, perché così è nata la Chiesa, nella periferia della Croce.

Una politica che si disinteressa dei poveri non potrà mai promuovere il bene comune.

Una politica che si disinteressa delle periferie non saprà mai comprendere il centro e con- fonderà il futuro con un proiettarsi attraverso uno specchio.

Un modo di disinteressarsi dei poveri è di- sprezzare la loro cultura, sia scartandoli sia sfruttandoli. Il disprezzo della cultura popo- lare è l’inizio dell’abuso di potere.

È imprescindibile che le comunità di fede s’incontrino per lavorare «per e con il popo- lo». Ora più che mai dobbiamo costruire un futuro dal basso, da una politica radicata nel p op olo.

(Videomessaggio alla Conferenza internazionale

“A Politics Rooted in the People”) La santità

è la vocazione di tutti i credenti

L’espressione «donna eccezionale» la uti- lizzò san PaoloVI. La riconosciuta rilevanza di santa Teresa non è altro che la conseguenza di ciò che per lei era importante: la sua «determi- nata determinazione» di perseverare nell’u- nione con il Signore attraverso la preghiera.

Teresa di Gesù è eccezionale, prima di tutto perché è santa. La sua docilità allo Spirito la unisce a Cristo e resta «tutta infiammata di grande amore di Dio».

L’audacia, la creatività e l’eccellenza di Te- resa, come riformatrice, sono il frutto della presenza interiore del Signore.

I nostri giorni hanno molte similitudini con quelli del XVIsecolo in cui visse.

Come allora, anche ora noi cristiani siamo chiamati a far sì che, attraverso di noi, la forza dello Spirito continui a rinnovare la terra nella certezza che sono i santi a permettere che il mondo avanzi.

È bene ricordare la chiamata universale alla santità di cui ha parlato il Vaticano II, che non è solo per alcuni «esperti del divino», ma è la vocazione di tutti i credenti.

L’unione con Cristo, che i mistici come Te- resa sperimentano in modo speciale per pura grazia, la riceviamo attraverso il battesimo. I santi ci stimolano e ci motivano, ma la santità non si copia. Ognuno ha il suo cammino.

La stessa Teresa avverte le sue monache che la preghiera non è per sperimentare cose straordinarie, ma per unirci a Cristo.

Il segno che questa unione è reale sono le opere di carità.

Il cammino che l’ha resa una donna ecce- zionale e una persona di riferimento attraver- so i secoli, è aperto a tutti coloro che umilmen- te si aprono all’azione dello Spirito nella vita, e il segno che stiamo avanzando è essere sem- pre più umili, attenti ai bisogni dei fratelli.

Questo cammino non si apre a quanti si considerano puri e perfetti, i catari di tutti i se- coli, ma a quanti, consapevoli dei loro peccati, scoprono la bellezza della misericordia di Dio. Lui non si stanca mai di perdonare.

Noi ci stanchiamo di chiedere perdono, e lì è il pericolo.

Donna creativa

e innovatrice La preghiera fece di Santa Teresa una don- na creativa e innovatrice.

A partire essa scoprì l’ideale di fratellanza che volle rendere realtà nei conventi da lei fon- dati.

Nella preghiera lei si è sentita trattata come sposa e amica da Cristo. Attraverso la preghie- ra si è aperta alla speranza.

Viviamo, come Teresa, tempi per nulla faci- li, che hanno bisogno di amici fedeli di Dio.

La grande tentazione è cedere alla delusione, alla rassegnazione, al funesto e infondato pre- sagio che tutto andrà male.

Questo pessimismo infecondo. Alcune persone, impaurite da questi pensieri, tendo- no a chiudersi, a rifugiarsi in piccole cose.

Ricordo un convento, dove tutte le mona- che si erano rifugiate in piccole cose. Lo chia- mavano il «convento cosina, cosina, cosina»

più profonde, libera dai circoli viziosi dell’inso ddisfazione, della rabbia e della lamentela

(17 aprile) Vi invito a pregare per la popolazione dell’Ucraina orientale.

Auspico fortemente che si eviti l’aumento delle tensioni e, al contrario, si pongano gesti capaci di promuovere la fiducia reciproca e favorire la riconciliazione e la pace Oggi si celebra la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che da cento anni svolge un prezioso servizio.

Possa continuare la sua missione educativa per aiutare

i giovani ad essere protagonisti di un futuro ricco di speranza (18 aprile) Dio non si rassegna, a Lui stai a cuore proprio tu che ancora non conosci la bellezza del suo amore, che non hai ancora accolto Gesù al centro della vita, tu che non riesci a superare il tuo peccato

(19 aprile) Per Dio tu sei quella piccola moneta che il Signore cerca senza sosta: vuole dirti che sei prezioso ai suoi occhi, unico. Nessuno ti può sostituire nel cuore di Dio

(20 aprile)

Il magister o

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II giovedì 22 aprile 2021 giovedì 22 aprile 2021 pagina III

La settimana di Papa Francesco La settimana di Papa Francesco

@Pontifex

Purtroppo, in questo mondo che ha sviluppato

le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane, sfruttati, maltrattati, schiavizzati, profughi. Di tutto questo noi ci vergogniamo davanti a Dio. #EndChildSlavery

(16 aprile)

perché tutte rinchiuse in progetti egoistici che non edificano, piuttosto distruggono.

(Videomessaggio al Congresso “Mujer excepcional”

nel 50° anniversario della proclamazione di santa Teresa d’Ávila a Dottore della Chiesa)

DOMENICA18

Nel Cenacolo a

G e ru s a l e m m e In questa domenica ritorniamo nel Cena- colo, [dove] il risorto si presenta ai discepoli.

Ma essi sono spaventati, credono «di vede- re un fantasma»... Allora Lui mostra loro le fe- rite e dice: «Guardate le mie mani e i miei pie- di — le piaghe —: sono io! Toccatemi».

E gli Apostoli “per la grande gioia ancora non credevano”.... non potevano credere che quella cosa fosse vera. Ed erano stupefatti, stupiti; perché l’incontro con Dio porta sem- pre allo stupore: va oltre l’entusiasmo.

Questa pagina evangelica è caratterizzata da tre verbi, che riflettono la vita personale e comunitaria: guardare, toccare e mangiare.

Tre azioni che possono dare la gioia di un vero incontro con Gesù vivo.

G u a rd a re non è solo vedere, è di più, comporta anche l’intenzione, la volontà. Per questo è uno dei verbi dell’a m o re .

La mamma e il papà guardano il loro bam- bino, gli innamorati si guardano a vicenda; il bravo medico guarda il paziente.

È un primo passo contro l’i n d i f f e re n z a , contro la tentazione di girare la faccia da un’altra parte, davanti alle difficoltà e alle sof- ferenze degli altri.

To ccare Gesù indica che la relazione con Lui e con i nostri fratelli non può rimanere “a distanza”, non esiste un cristianesimo soltanto sul piano dello sguardo.

L’amore chiede il guardare e chiede anche vicinanza, contatto, condivisione della vita.

Il buon samaritano non si è limitato a guar- dare quell’uomo mezzo morto lungo la strada:

si è chinato, gli ha medicato le ferite, lo ha toc- cato e portato alla locanda.

E così con Gesù: amarlo significa entrare in una comunione di vita.

M a n g i a re esprime bene la nostra umanità nella sua più naturale indigenza, cioè il nostro bisogno di nutrirci per vivere.

Ma il mangiare, quando lo facciamo insie- me, in famiglia o tra amici, diventa pure espressione di amore, espressione di comunio- ne, di festa.

Quante volte i Vangeli presentano Gesù in questa dimensione conviviale! Il Convito eu- caristico è diventato segno emblematico della comunità cristiana.

Gesù non è un “fantasma”, ma una Persona viva. Essere cristiani non è una dottrina o un ideale morale, è relazione: lo guardiamo, lo tocchiamo, ci nutriamo di Lui e, trasformati dal suo amore, guardiamo, tocchiamo e nu- triamo gli altri come fratelli.

Beatificati i martiri di Casamari

Ieri, nell’Abbazia di Casamari, sono stati proclamati Beati Simeone Cardon e cinque compagni martiri, monaci cistercensi.

Nel 1799, quando soldati francesi in ritirata da Napoli saccheggiarono chiese e monasteri,

questi miti discepoli di Cristo resistettero per difendere l’Eucaristia dalla profanazione.

Il loro esempio ci spinga a un maggiore im- pegno di fedeltà a Dio, capace di trasformare la società e di renderla più giusta e fraterna.

Di nuovo

in piazza Grazie a Dio possiamo ritrovarci di nuovo in questa piazza per l’appuntamento domeni- cale e festivo... Sono contento.

(Regina caeli dalla finestra dello studio del Palazzo apostolico)

MERCOLEDÌ21

La preghiera diventa parola sulle labbra dei semplici

La preghiera è dialogo con Dio. Nell’e s s e re umano, la preghiera diventa parola, invoca- zione, canto, poesia. Le parole sono nostre creature, ma sono anche nostre madri e ci pla- smano.

Nascono dai sentimenti, ma esiste anche il cammino inverso: quello per cui le parole mo- dellano i sentimenti.

La Bibbia educa l’uomo a far sì che tutto venga alla luce della parola, che nulla di uma- no venga escluso, censurato.

Soprattutto il dolore è pericoloso se rimane coperto, chiuso dentro… Un dolore che non può esprimersi o sfogarsi, può avvelenare l’a- nima; è mortale.

La Sacra scrittura insegna a pregare anche con parole talvolta audaci.

Gli scrittori sacri non vogliono illuderci sull’uomo: sanno che nel suo cuore albergano anche sentimenti poco edificanti, addirittura l’o dio.

Nessuno nasce santo, e quando questi sen- timenti cattivi bussano alla porta bisogna es- sere capaci di disinnescarli con le parole di D io.

Nei salmi troviamo anche espressioni mol- to dure contro i nemici, che i maestri spirituali ci insegnano a riferire al diavolo e ai nostri p eccati.

Eppure sono parole che appartengono alla realtà umana e sono finite nell’alveo delle Sa- cre Scritture per testimoniare che, se davanti alla violenza non esistessero le parole, per ren- dere inoffensivi i cattivi sentimenti, per inca- nalarli così che non nuocciano, il mondo ne sarebbe sommerso.

La prima orazione umana è vocale

La prima preghiera umana è sempre una re- cita vocale. Per prime si muovono sempre le labbra.

Anche se sappiamo che pregare non signifi- ca ripetere parole, la preghiera vocale è la più sicura ed è sempre possibile.

I sentimenti invece, per quanto nobili, sono sempre incerti.

La preghiera del cuore è misteriosa e in cer- ti momenti latita. La preghiera delle labbra, quella che si bisbiglia o si recita in coro, è inve- ce sempre disponibile, e necessaria come il la- voro manuale.

Ai discepoli, attratti dalla preghiera silen- ziosa del Maestro, questi insegna una preghie- ra vocale: il Padre nostro.

Tutti dovremmo avere l’umiltà di certi an- ziani che, in chiesa, forse perché ormai il loro udito non è più fine, recitano a mezza voce le preghiere che hanno imparato da bambini, riempiendo la navata di bisbigli.

Quella preghiera non disturba il silenzio, ma testimonia la fedeltà al dovere dell’orazio - ne, praticata per tutta una vita.

Questi oranti dalla preghiera umile sono i grandi intercessori delle parrocchie.

Sono le querce che di anno in anno allarga- no le fronde, per offrire ombra al maggior nu- mero di persone.

Alla preghiera vocale si può restare sempre fedeli.

È come un’àncora: aggrapparsi alla corda per restare fedeli, accada quel che accada.

La giaculatoria del pellegrino ru s s s o

Abbiamo tutti da imparare dalla costanza di quel pellegrino russo, di cui parla una cele- bre opera di spiritualità, il quale ha appreso l’arte della preghiera ripetendo per infinite volte la stessa invocazione: “Gesù, Cristo, Fi- glio di Dio, Signore, abbi pietà di noi, pecca- tori!”.

Ripeteva solo questo. Se arriveranno grazie nella sua vita... è perché ha insistito nella reci- ta di una semplice giaculatoria cristiana che diventa parte del suo respiro.

È bella la storia del pellegrino russo, un li- bro alla portata di tutti. Consiglio di leggerlo:

aiuterà a capire la preghiera vocale.

Non dobbiamo disprezzare la preghiera vocale. Qualcuno dice: “Eh, è cosa per i bam- bini, per la gente ignorante”.

Non bisogna cadere nella superbia di di- sprezzare la preghiera vocale. È la preghiera dei semplici, quella che ci ha insegnato Gesù.

Le parole che pronunciamo ci prendono per mano; destano anche il più assonnato dei cuori; risvegliano sentimenti di cui avevamo smarrito la memoria, e ci portano verso l’esp e- rienza di Dio.

E soprattutto sono le sole, in maniera sicu- ra, che indirizzano le domande che Lui vuole ascoltare. Gesù non ci ha lasciato nella neb- bia.

(Udienza generale nella Biblioteca privata)

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