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Academic year: 2022

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L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 35 (48.658) Città del Vaticano venerdì 12 febbraio 2021

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L’augurio del Pontefice

Una comunicazione

capace di far vedere la verità

«Cari fratelli, buon anniversa- rio. È importante conservare la memoria della nostra storia ed avere nostalgia non tanto del passato, quanto del futuro che siamo chiamati a costruire.

Grazie per il vostro lavoro.

Grazie per l’amore che ci met- tete. La radio ha questo di bel- lo: che porta la parola anche nei posti più sperduti. E la co- niuga oggi anche con le imma- gini e con lo scritto. Andate avanti con coraggio e creativi- tà nel parlare al mondo e co- struire così una comunicazio- ne capace di farci vedere la ve- rità delle cose». Lo ha scritto Papa Francesco nel messaggio augurale fatto pervenire alla

comunità di lavoro della Ra- dio Vaticana, nel giorno in cui ricorre il novantesimo anniver- sario di fondazione. Nella cir-

costanza il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha presieduto la messa di ringra- ziamento all’altare della Catte- dra della basilica Vaticana, nel rispetto delle limitazioni im- poste dalla pandemia. Alla presenza di una rappresentan- za dell’emittente, guidata dal prefetto del Dicastero per la comunicazione, Ruffini, han- no concelebrato il segretario dello stesso Dicastero, monsi- gnor Ruiz, e alcuni sacerdoti legati all’emittente progettata e costruita da Guglielmo Mar- coni su incarico di Pio XI. La mattinata commemorativa si è conclusa con un incontro vir- tuale sulla piattaforma Zoom.

Nel Primo piano

il testo integrale dell’omelia del segretario di Stato, un articolo

del prefetto del Dicastero per la comunicazione, Paolo Ruffi- ni, e un’intervista all’ex diretto- re generale di Radio Vaticana,

padre Federico Lombardi.

PAGINE2E3 Il Pontefice a una delegazione dell’Istituto europeo

di Studi internazionali

Per una cultura dell’i n c o n t ro tra le religioni

PAGINA7

N

OSTRE

I

NFORMAZIONI

PAGINA7

Uno sguardo di speranza

in tempi di fragilità e incertezza

Il Papa sui bambini soldato

Criminale chi arma

i piccoli

«Chi mette armi nelle mani dei bambini, in- vece di pane, libri e giocattoli, commette un crimine non solo contro i piccoli, ma contro l’intera umanità». Sono parole di forte de- nuncia quelle che Papa Francesco ha messo nero su bianco nell’odierna Giornata interna- zionale contro l’uso dei bambini soldato, ri- lanciandole su Twitter dall’account @Ponti- fex l’hashtag #C h i l d re n N o t S o l d i e r s .

Sono decine, forse centinaia di migliaia, i bambini arruolati nei gruppi armati in alme- no 14 Paesi del mondo. Un fenomeno spesso dimenticato, che trae nutrimento dalla natura dei conflitti contemporanei.

Secondo l'Unicef, l’utilizzo — terribile — dei bambini nei conflitti armati costituisce una serie di violazioni dei diritti dei minori e non può continuare ancora nel 2021. I bambi- ni sono costretti a eseguire e assistere ad atro- cità. Vengono uccisi, feriti, mutilati, abusati mentalmente e sessualmente.

Solo nel 2019 — indica l'Unicef in base agli ultimi dati disponibili — sono stati circa 7.750 i bambini reclutati. Minori utilizzati da deci- ne fra guerriglie, gruppi armati ed eserciti re- golari. I Paesi più interessati sono: Afghani- stan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Ma- li, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, Nigeria, Filippine. La Somalia, se- condo fonti delle Nazioni Unite, è fra i Paesi più coinvolti, con oltre 1.500 bambini-solda- to, per lo più rapiti dal gruppo terroristico di al-Shabaab e costretti a imbracciare le armi.

C

ontiene uno sguardo di spe- ranza in questi tempi di fragili- tà e di incertezza il messaggio del Papa per la Quaresima, presentato stamane nel corso di una con- ferenza online dal cardinale Turkson e da monsignor Duffé, rispettivamente prefet- to e segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, interve- nuti dalla Sala stampa della Santa Sede insieme a Marcela Szymanski, di Aiuto alla Chiesa che soffre in video-collega- mento da Bruxelles, che attraverso il dise- gno di una ragazzina di 11 anni di Aleppo ha offerto una toccante testimonianza sul dramma del conflitto siriano. «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme...» è il passo del Vangelo di Matteo (20, 18) che fa da filo conduttore al testo pontificio, contenente una triplice proposta per vivere il tempo quaresimale come occasione di rinnova- mento della fede, della speranza e della carità. La prima, spiega Francesco, «chia- ma ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e a tutti i nostri fratelli e sorelle»; la seconda è “acqua vi- va” che «consente di continuare il cammi- no»; la terza «vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione, è la più alta espressione» delle prime due.

PAGINA8

Il messaggio di Francesco

per la Quaresima 2021

(2)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 2 venerdì 12 febbraio 2021

Oggi in primo piano - I 90 anni di Radio Vaticana

La triplice consegna del cardinale segretario di Stato

Apertura, universalità, contatto

Al servizio dell’inculturazione

La testimonianza di padre Federico Lombardi

U

NA MISSIONE IN NUOVI CONTESTI

È stato il cardinale Pietro Parolin a presiedere la messa per i novan- t’anni di Radio Vaticana, venerdì mattina, 12 febbraio, all’a l t a re della Cattedra della basilica di San Pietro. Insieme con il segretario di Stato — pubblichiamo integralmente la sua omelia in questa pa- gina — hanno concelebrato il cardinale Marcello Semeraro, che è membro del Dicastero per la comunicazione,

monsignor Lucio Adrián Ruiz, segretario dello stesso Dicastero, e alcuni sacerdoti le- gati all’emittente, tra i quali il gesuita Fede- rico Lombardi. Al termine del rito, prenden- do la parola per ringraziare il cardinale Paro- lin «a nome del prefetto e di tutto il Dicaste- ro», monsignor Ruiz ha detto che «rendere grazie a Dio, in chiave cristiana, ha un solo nome: Eucaristia!». Ed è qui, ha aggiunto,

«che vogliamo prendere la forza e l’a m o re per continuare la missione». Il prelato ha anche ricordato che il 24 dicembre è stato ce- lebrato «il 25° anniversario del sito www.vati-

can.va, che raccoglie i testi del Magistero dei Papi, quindi lo sbarco sulla grande rete internet» e che a luglio sarà la volta del 160° dalla nascita de «L’Osservatore Romano». «Per noi, come Dicastero per la comunicazione, creato da Papa Francesco, assumere il servizio e la missione della Radio Vaticana significa un nuovo slancio missio- nario, perché ci chiede — ha concluso — di rispondere al nuovo contesto culturale dove l’uomo, e quindi la Chiesa, camminano og- gi. Nella sinergia della convergenza di tutti i media, propria di questa cultura digitale, la missione viene arricchita e rilanciata».

di LUCA COLLODI

L

a Radio Vaticana celebra i 90 anni dalla sua nascita. In questi decenni l’emittente della Santa Sede ha vissuto e commentato momenti epocali della storia mondiale, come la fine della cortina di ferro, dal 1989 in poi. Pro- prio in quegli anni arrivava alla Ra- dio Vaticana padre Federico Lom- bardi, prima come direttore dei pro- grammi, poi come direttore generale, che spiega come quegli eventi abbia- no cambiato la comunicazione verso le Chiese uscite dal silenzio della clandestinità.

«Quelli — racconta — sono stati anni cruciali. Eravamo nel pieno del pontificato di Giovanni Paolo II, che aveva già agito molto con i suoi viag- gi per cambiare la situazione, e poi ci fu effettivamente il crollo dei muri. Si apriva una possibilità completamente nuova nel rapporto fra le redazioni dei Paesi oltrecortina, dell’est del- l’Europa, e l’ambiente a cui loro par- lavano. Diventava possibile avere in- terviste, voci, viaggi, contatti che pri- ma erano estremamente rari e ridotti.

Per me fu veramente importante fare capire che non è che con la caduta dei muri non ci fosse più bisogno di questi programmi per l’est perché il comunismo era caduto e l’avversario

era stato vinto. Noi facevamo un ser- vizio per una Chiesa, una società e dei popoli che si trovavano in un mo- mento di passaggio. E quindi dove- vamo rinnovare anche il nostro con- tributo per loro profittando delle nuove possibilità di comunicazione e affrontando i problemi nuovi e la si-

tuazione nuova dei nostri ascoltatori.

Potevano essere fatti discorsi di for- mazione sulla visione della Chiesa, sui problemi della società, su che co- sa voleva dire vivere in una democra- zia, confrontarsi con una cultura oc- cidentale che faceva un ingresso ab- bastanza irruento in un mondo diver- so. Ecco questi erano tutti i problemi,

piuttosto importanti, che i program- mi dovevano affrontare in un modo nuovo. Era una situazione differente, quindi bisognava insistere sulla con- tinuità di un servizio in una situazio- ne cambiata.

Fin dal suo nascere la Radio Vaticana è stata caratterizzata dal multilinguismo, che è il suo tratto distintivo ancora oggi. Qual è stata la lettura di questo multilinguismo in tutti que- sti anni di storia della radio?

Era naturalmente una ri- chiesta fin dalle origini, quella di parlare in lingue diverse per raggiungere i di- versi popoli, prima soprat- tutto in Europa, poi anche degli altri continenti. Però non si trattava solo di una moltiplica- zione dello stesso discorso identico formulato nello stesso modo con le lingue diverse, ma si trattava di dire un messaggio comune, che era ap- punto quello della visione della Chie- sa e del Papa anzitutto, ma di dirlo per ascoltatori che si trovavano in culture e in situazioni diverse. Que-

sto si è sviluppato durante tutta la storia della Radio Vaticana in un mo- do continuo — io continuo a parlare volentieri del tema dell’inculturazio- ne — cioè non si trat-

tava solo di tradurre, ma si trattava di dire per un mondo, per una cultura specifica, da parte di persone che questa cultura la conoscevano, ne era- no dei rappresentanti pur essendo qui a Ro- ma.

Padre Lombardi, la Radio Vaticana, e in particolare la redazione italiana è sempre stato un luogo di

incontro e di dialogo. Qual è stato il suo ruolo sociale col mondo laico e anche con il mondo non cattolico?

Con il passare del tempo sono au- mentate le possibilità per la radio di essere un luogo di incontro e di dialo- go e non solo un microfono attraver- so cui si mandava un messaggio da un centro per una periferia. E questo

in particolare è andato aumentando nei decenni dal concilio in poi, anche come atteggiamenti vissuti. Quindi parliamo di tutti quelli che erano i messaggi della Chiesa del dialogo, su cui aveva tanto insistito già Paolo VIe che poi si sono sviluppati nella dire- zione dell’ecumenismo, e poi anche del dialogo con le diverse religioni, pensiamo a Giovanni Paolo II ad As-

sisi, e poi anche agli sviluppi adesso con Papa Francesco. Ecco, la radio è un luogo in cui se si avevano degli spazi di tempo per degli interventi un po’ più “rip osati” o anche per un dialogo degli ospiti in diretta — come avveniva soprattutto con il program- ma italiano — si rispecchiava la realtà della Chiesa in dialogo con il mondo.

di PIETRO PAROLIN

S

ono lieto di portare con voi all’al- tare il rendimento di grazie per i novant’anni di Radio Vaticana.

Nella gratitudine che eleviamo al Signore rientra quella per tutti coloro che in questo consistente lasso di tempo hanno offerto e continuano a offrire con generosi- tà il proprio contributo per tra- smettere la voce del Papa nel mondo. C’è quanto mai bisogno oggi di diffondere messaggi bene- fici, in un contesto comunicativo che sembra spesso puntare più al- l’utile che all’umano e richiede di essere risanato.

Per singolare, provvidenziale coincidenza, il Vangelo odierno ci parla proprio di una guarigione che permette di tornare a comuni- care, di parlare e di ascoltare nuo- vamente. Ho pensato perciò di trarre dall’episodio della guari- gione del sordomuto tre parole connesse alla missione di comuni- c a re .

La prima è a p e r t u ra . La desumo dall’espressione centrale del Van- gelo, quell’«Effatà! Apriti!» (Ma rc o 7, 34) riportato nella lingua stessa di Gesù, l’aramaico, a sottolinear- ne l’imp ortanza.

Radio Vaticana ha rappresenta- to fin dall’inizio un segno di aper-

tura al mondo, non solo dal pun- to di vista “geografico”, raggiun- gendo le latitudini più distanti, ma anche dal punto di vista “sto- rico”, divenendo una pietra milia- re nell’innovazione comunicativa.

L’invenzione di Guglielmo Mar- coni costituì un’avanguardia tec- nologica. Anche oggi è indispen- sabile aprirsi con uno sguardo nuovo alle mutate esigenze dei tempi: non è solo una strategia necessaria, è soprattutto un biso- gno della fede. Il Santo Padre ri- corda spesso che la fede autentica porta ad aprirsi, a lottare contro le chiusure e le rigidità che para- lizzano il cuore e rinchiudono nel

“si è sempre fatto così”. Ci sono d’esempio i primi cristiani, che lo Spirito condusse a superare il le- galismo religioso nel quale erano radicati purché non fosse in alcun modo limitata la diffusione del Va n g e l o .

È un messaggio contenuto an- che nel racconto della guarigione del sordomuto. Si trattava di un uomo che non era in grado di parlare bene — letteralmente era

“balbuziente” — in quanto era in- capace di ascoltare.

Ma il significato del miracolo trascende la pura guarigione fisi- ca e si radica nella storia della sal- vezza. Prima di Gesù, in tutto l’Antico Testamento, non com- paiono guarigioni di sordi e di muti. Tuttavia si parlava spesso di sordità, sempre in modo metafori- co, per designare la lentezza di cuore del popolo nell’accogliere il messaggio di Dio. «Ascolta, popolo stolto e privo di senno, che ha orecchi ma non ode» (Ger 5, 21), proclama il profeta Geremia per rimproverare al popolo la sua durezza di cuo- re .È un pericolo anche per noi:

ciascuno rischia di essere sordo ai richiami di Dio e muto nel ri- spondergli. Da soli non riusciamo a mantenere aperta la comunica-

zione con Dio. Ecco dunque il si- gnificato profondo del segno compiuto da Gesù: guarendo per la prima volta la sordità e il muti- smo dell’uomo, ci rivela che solo Lui è in grado di riaprire comple- tamente le nostre orecchie chiuse e di riabilitarci nella comunione con Lui.

Lo conferma la stessa parola

«effatà», che dice più di un sem- plice “apriti”: significa “apriti completamente”; apriti, cioè, per non chiuderti più.

Ciascuno di noi ha ricevuto, al- l’inizio della vita cristiana, questa

“apertura comunicativa con Dio”.

Nel Battesimo, infatti, “il rito del- l’Effatà” è il gesto finale che sigilla la vita nuova in Cristo, attraverso la benedizione delle orecchie e delle labbra. Siamo stati costituiti ascoltatori e annunciatori della Parola. È una chiamata originaria che ci rende amplificatori della novità di Dio nel mondo e ci ri- corda che la vita cristiana non può accontentarsi di gestire la grazia ricevuta, ma è chiamata a mettere in gioco i talenti, in un at- teggiamento di apertura creativa volta a incarnare, in ogni epoca, la novità del Vangelo.

Propongo una seconda parola:

u n i v e rs a l i t à . Radio Vaticana ha creato una rete che capillarmente si è diffusa ovunque, espressione dell’universalità della Chiesa cat- tolica e del ministero petrino. Di più, ha fatto pregare all’unisono persone lontane migliaia di chilo- metri. Il suo messaggio, riverbero moderno della Pentecoste antica, si è posato in lingue diverse su popoli distanti nel segno dello Spirito che tutti raggiunge e uni- sce. Radio Vaticana ha bucato persino la cortina di ferro, facen- do giungere la presenza di Dio nei totalitarismi che ne negavano l’esistenza.

Riscontriamo un messaggio di universalità nell’episodio evange-

lico, che è introdotto da articolate indicazioni geografiche: «In pieno territorio della Decapoli, uscito dalla re- gione di Tiro, passando per Sidone, verso il mare di Galilea» (cfr. Ma rc o 7, 31).

Tutto questo dice che si era in pie- no territorio pagano. La guarigio- ne del sordomuto segna così una sorta di svolta nel Vangelo, in quanto i discepoli di Gesù erano restii ad annunciare al di fuori dei confini di Israele.

È una tentazione che appartie- ne anche a noi oggi: è sicuramen- te meno difficile e più appagante rimanere tra i propri piuttosto che avventurarsi nella sfida della mis- sione in luoghi estranei. A tale proposito è interessante notare come nel brano, rispetto alla nar- razione precedente, i verbi siano coniugati al presente. Li abbiamo ascoltati al passato, ma nell’origi- nale sono al presente, come a se- gnalare l’attualità perenne di quanto raccontato. In ogni epoca i cristiani hanno bisogno di essere risanati dalle ristrettezze dei pro- pri particolarismi.

È un universalismo salvifico che chiama pure noi a dilatare i confini della nostra testimonian- za, perché il Signore, conserva i vicini, ma desidera anche ardente- mente raggiungere i lontani.

L’ultima parola riguardante il Vangelo e la comunicazione è con-

Non si tratta solo di tradurre

uno stesso discorso in lingue diverse ma di annunciare un messaggio comune in contesti culturali diversi

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L’OSSERVATORE ROMANO

venerdì 12 febbraio 2021 pagina 3

Oggi in primo piano - I 90 anni di Radio Vaticana

Fare memoria

per generare il futuro

Dar Trentuno che c’ebbe la licenza de irradà li Papi ne l’o re c c h i

ha cambiato un mijone de apparecchi, però in novant’anno mai un’assenza Li fatti ariccontati? So’ p a re c c h i : celi e inferni, er vero e l’a p p a re n z a de la Chiesa e der monno e l’insistenza de parlà de Iddio a gioveni e vecchi.

D all’onne ar digitale senza sosta, si serve co’ la tromba messa in mostra, a vorte in forma più anniscosta.

È vecchietta? Sarà ma nun dimostra:

quann’è l’ora se mette un’antra pelle e dietro a Pietro seguita la giostra.

ALESSANDRODE’ CAROLIS

La Radio der Papa

Annuncio e resoconto dell’inaugurazione della Stazione Radio nelle pagine de «L’O s s e r v a t o re Romano» del 12, 13 e 14 febbraio 1931

Pagine d’a rc h i v i o

Lo spazio dell’ecumenismo con le al- tre confessioni cristiane lo abbiamo sempre vissuto moltissimo. Siamo stati anche sempre fieri di avere nelle nostre redazioni dei cristiani non cat- tolici, ma con cui avevamo una per- fetta e piena collaborazione. Anche per quanto riguarda le altre religioni siamo stati sempre molto contenti di poter avere interviste, di potere in- contrare, dialogare. Naturalmente lo spazio di Roma è particolare, perché a Roma passano innumerevoli perso- ne, non solo rappresentanti della Chiesa che vengono per incontrare il Papa e il cuore della Chiesa cattolica, ma anche persone di altre confessioni e di altre religioni che vengono per incontrare la Chiesa cattolica o per motivi di rapporti internazionali. Ec- co quindi Roma è stata sempre, man mano che gli spazi sono diventati adeguati per ospitarli, un luogo di dialogo, di interviste, di incontri con persone che rappresentavano altre componenti dal punto di vista reli- gioso, sociale, politico, ma anche dal punto di vista delle grandi personali- tà. Noi qui, avendo programmi in tante lingue diverse, abbiamo avuto ospiti, interviste con personalità di tanti Paesi diversi che permettevano di approfondire le tematiche anche di carattere internazionale in un modo molto ricco e molto ampio.

tatto. Radio Vaticana, durante la seconda guerra mondiale, fu in- tensamente impegnata come

“braccio operativo” dell’Ufficio informazioni della Segreteria di Stato, sorto per rintracciare e con- tattare le famiglie dei dispersi e dei prigionieri. Si costituì una re- te solidale che arrivò a diffondere più di un milione di messaggi e riuscì a collegare molte persone con i loro cari.

La comunicazione tende al contatto vivo e diretto, come ha ricordato il Santo Padre nell’ulti- mo messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, evidenziando l’imp ortan- za di «comunicare incontrando le perso- ne dove e come sono». La parola è in- fatti «efficace solo se si “vede”, solo se coinvolge in un’esperienza», solo se tocca con mano la vita.

Anche in questo caso Gesù ci offre l’esempio, ponendo in essere alcuni gesti concreti, che potreb- bero apparire superflui, ma tra- smettono in realtà quanto vuole realizzare. «Gli pose le dita negli orec- chi e con la saliva gli toccò la lingua» ( v.

33). Sono gesti che denotano la volontà del Signore di non rima- nere in superficie, ma di toccare nel profondo la vita di quell’uo- mo. La saliva a quel tempo era ri- tenuta una sorta di “alito conden- sato”, che proveniva dal di den-

tro, dall’anima. Gesù tocca con la saliva la lingua del malato, come a comunicargli il suo stesso alito vitale, lo Spirito Santo.

Anche noi abbiamo bisogno di entrare tangibilmente in contatto con Gesù per essere risanati nel profondo. Altrimenti il rapporto con il Signore rischia di diventare un’abitudine e di ridursi a una se- rie di pratiche esteriori. Cristo de- sidera, al contrario, che gli portia- mo noi stessi, a partire dalle no- stre parti malate; che riscopriamo l’intimità con Lui, senza paura di presentargli le nostre miserie, di raccontargli le nostre falsità, di mettergli davanti le fragilità di cui ci vergogniamo.

Un’immagine può aiutarci, quella del contatto forse più fa- moso dell’arte sacra: le dita di Dio e di Adamo che si sfiorano nella volta della cappella Sistina.

Senza soffermarci sulle evoluzioni dell’affresco, possiamo cogliere un particolare di quanto appare oggi: il dito di Dio è teso e diretto verso l’uomo, ma quello di Ada- mo non è disteso, è piegato: può dunque sollevarsi un poco per toccare l’indice divino, oppure ri- trarsi e ripiegarsi su di sé. Questa immagine rende plasticamente l’oscillazione del nostro rapporto con Dio. E tuttavia Gesù, il nuo- vo Adamo, il Verbo fatto carne, ci ha definitivamente messo in con- tatto con il Dio dei cieli. Sta a noi alimentare un legame vivo con Lui, il solo che può guarirci dalla nostra mediocrità e farci toccare con mano il mistero di Dio, senso e fine della nostra esistenza.

A questo, cari fratelli e sorelle, vi incoraggio, affinché nelle im- mancabili fatiche di ogni giorno fondiate il vostro servizio sul con- tatto trasparente con il Signore.

Ciò vi permetterà di mantenere uno sguardo aperto alle esigenze dei tempi e di coltivare la dimen- sione universale che vi caratteriz- za. Nel rinnovarvi la mia sentita gratitudine, assicuro la preghiera per voi e per quanti beneficiano del vostro operato, perché possa- no essere toccati, attraverso le pa- role che trasmettete, dalla Parola che salva.

di PAOLO RUFFINI

R

adio Vaticana compie oggi 90 anni. Gli anniversari so- no sempre tempo di bilanci, di programmi. Fare memo- ria ci fa bene; perché solo mantenendo vivo il passato si possono costruire co- se nuove che non siano fondate sulla sabbia. La nostra storia, le nostre sto- rie, sono le nostre fondamenta.

Fare memoria ci fa bene; perché so- lo così possiamo tracciare la rotta sen- za cadere nella trappola di chi (come diceva Kierkegaard) la scambia con il menu del giorno.

Fare memoria significa da un lato valorizzare la ricchezza del passato e dall’altro generare il futuro.

La ricchezza della Radio Vaticana che oggi celebriamo è la sua apertura al mondo, così diverso eppure unico, unito, interconnesso.

È la cattolicità nel vero senso della p a ro l a .

Ciò che la caratterizza è la consape- volezza, incisa nel suo DNA, di essere

una grande comunità internazionale, multiculturale; unita dal suo essere al servizio della missione del Papa, dal compito di portare la sua parola nel mondo, nelle lingue del mondo.

È l’autorevolezza, l’identità ben de- finita, l’essere un punto di riferimen- to.È l’attenzione ai senza voce, alle si- tuazioni dimenticate, il rispetto per la pluralità delle culture e delle opinio- ni.La fede — ripete spesso Papa Fran- cesco — si trasmette in dialetto.

E la Radio Vaticana parla davvero come ci ha esortato a fare san Paolo VI

la lingua di chi ascolta. È l’emittente internazionale che parla più lingue al mondo (41), preservando il suo lin- guaggio digitale dalla piattezza di una comunicazione senza profondità.

Questa è la sua frontiera.

Oggi ci si può accontentare del pa- radigma tecnocratico, o si può cercare di costruire proprio attraverso la co- municazione un mondo più a misura d’uomo.

Ci si può accontentare di una con- nessione sterile; oppure si può cercare una comunicazione vera.

Si può credere nella conversazione sincera che porta alla condivisione, oppure nel marketing delle opinioni, degli slogan.

In questo senso il metodo della ra- dio può essere misura, metro di para- gone.

La radio è una grande scuola di giornalismo. Sa usare le parole giuste.

Sa coniugare i riflessi pronti con le ri- flessioni.

In questo senso l’era digitale non sancisce la fine della radio. Semmai il contrario.

Il progetto che parte oggi delle web radio trasforma i nostri programmi, nelle diverse lingue, in vere e proprie radio, ciascuna con un suo palinsesto.

E fa di ogni smartphone una piccola radio.

Grazie alle nuove tecnologie la ra- dio, pur rimanendo un mezzo a bassa definizione, ha perfezionato la sua ca- pacità di raggiungere ognuno, e di raccontare, in profondità.

Ma non ha rinunciato alla sua es- senza.

La radio è bella perché ti entra nel profondo, perché senti la voce. Ti con- centri sulla voce. La radio non va di fretta. Chiede attenzione. Rispetta le parole, le lascia parlare.

Laddove la civiltà delle immagini fi- nisce con il confondere realtà e finzio- ne, la radio non occupa la scena, la racconta. Non crea scenografie, le tro- va.Sta qui il paradosso: che abbiamo comunque bisogno della profondità della parola. A certe immagini manca l’ombra, lo spessore, manca la capacità evocativa della parola nuda.

Conosciamo già il successo dei p o dcast.

Abbiamo visto come anche i social più recenti cerchino nella parola parla- ta il segreto di un nuovo inizio.

La parola detta e ascoltata è un an- tidoto fortissimo alla deriva mortale della pigrizia telematica.

La frontiera di Radio Vaticana, per quanto riguarda l’informazione, rima- ne quella di essere la fonte prima del magistero del Papa e lo scrigno di una memoria collettiva. È creare con Pie- tro, intorno a Pietro, non una torre di Babele ma una comunione di pietre vive, un edificio di pietre vive (cfr. 1 Pt 2, 5).

Il suo compito è quello descritto da san Paolo nella lettera ai Romani (Rom 10, 18): «Per tutta la terra è corsa la lo- ro voce, e fino ai confini del mondo le loro parole».

La sua ambizione mite è quella di far sentire i tanti che la seguono, e so- no milioni oggi anche attraverso il web e i social, protagonisti in prima li- nea di quell’avventura collettiva che è la storia che si fa, e che ha bisogno di una lettura cristiana per essere capita.

Di coinvolgerli, insomma, anziché la- sciarli solo spettatori.

L’obiettivo futuro non è puntare su una bulimia di idee brillanti, o coltiva- re l’ossessione di risultati immediati, ma non è nemmeno cedere alla tenta- zione di pensare che condividere sia un optional.

È ambire (al di là del puro dato nu- merico degli ascolti) a continuare a es- sere un punto di riferimento, capace di interpellare, scuotere le coscienze, sor- prendere, cercando una condivisione vera, una comunione.

È passare dalla logica della trasmis- sione, a quella della relazione; far par- lare le periferie dal centro, dall’origine dell’informazione vaticana, costruire una rete fondata sulla Parola.

(4)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Città del Vaticano w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 4 venerdì 12 febbraio 2021

Il Parlamento europeo condanna il golpe

Proteste in Myanmar sempre più estese

Il governo espelle oltre 100 persone. La Croce Rossa interviene sulle condizioni alla frontiera con la Bolivia

Crisi migratoria in Cile

D

AL MOND O

Le truppe di India e Cina si ritirano dal confine conteso

India e Cina hanno concordato il ritiro di truppe da una sezione del lungo confine conteso sull'Himala- ya, in un passo distensivo dopo i violenti scontri che a giugno hanno causato almeno 20 morti. L’intesa è arrivata dopo una serie di contatti diplomatici e militari fra le due po- tenze nucleari. Lo scontro di giu- gno è stato il più grave dal 1975 fra Cina e India, che condividono un confine lungo 3.500 sull'Himalaya.

Amlat: impatto negativo del covid sul lavoro femminile

La crisi dovuta alla pandemia di covid-19 ha avuto un impatto nega- tivo sull'occupazione e le condizio- ni di lavoro delle donne in America Latina e nei Caraibi, provocando una regressione di oltre un decen- nio su quanto raggiunto in termini di partecipazione al lavoro. Lo so- stiene un rapporto del Cepal, la Commissione economica per l’Ame- rica Latina e i Caraibi.

Afghanistan: 5 morti

nell'attacco a un convoglio Onu

Cinque afghani sono stati uccisi nella provincia di Kabul in un at- tentato diretto contro un convoglio dell’Onu. Lo ha fatto sapere la stessa missione delle Nazioni Unite.

Le vittime facevano parte del perso- nale di sicurezza dipendente dal ministero degli Interni afghano, che presta servizio a tutela delle amba- sciate e delle organizzazioni inter- nazionali. Il personale dell'Onu è rimasto illeso.

Richiamo dell’Oim all’Ue sui respingimenti

BRUXELLES, 12. Proseguono, per il settimo giorno conse- cutivo, le proteste in Myan- mar contro il colpo di Stato militare e l’arresto di Aung San Suu Kyi. Anche oggi, malgrado i divieti imposti dalla giunta, centinaia di mi- gliaia di persone si sono ri- versate in strada in numerose città del Paese asiatico per chiedere il ripristino della democrazia e il rilascio di tutte le persone arrestate.

Le nuove proteste seguo- no l’imposizione di sanzioni da parte del-

l’amministra- zione statuni- tense di Joe Biden. In par- ticolare, la Ca- sa Bianca ha annunciato che 42,4 mi- liardi di dolla- ri di aiuti al Myanmar sa- ranno negati al regime mili- tare insediato- si con il golpe dello scorso primo feb- braio. Da allo- ra sono state arrestate oltre 260 persone e

solo una ventina sono state rilasciate.

Ieri, i media statali hanno annunciato il rilascio di oltre 23.000 detenuti nell’ambito di un’amnistia, ma il gruppo Assistance Association for Political Prisoners (Aapp) teme che questa improvvisa decisione serva a fare spazio nei penitenziari per i prigio- nieri politici.

«Queste sanzioni non so- no permanenti», ha comun- que spiegato la Casa Bianca, ribadendo la richiesta ai ge- nerali di tornare sui propri

passi e la liberazione imme- diata di Suu Kyi. Tra i san- zionati figurano, tra gli altri, il generale Min Aung Hlaing e il suo vice, Soe Win, artefi- ce del colpo di Stato.

Con 667 voti a favore, uno contrario e 27 astensioni, il Parlamento europeo ha fer- mamente condannato ieri il golpe. In una nota, gli euro- deputati hanno auspicato a gran voce il ripristino imme- diato del Governo civile, la fine allo stato di emergenza (che dovrebbe durare un an-

no) e il rilascio incondizio- nato di tutti gli arrestati ille- galmente.

Nel documento chiedono che l’esito delle elezioni legi- slative dell’8 novembre 2020

— vinte nettamente dalla Le- ga nazionale per la democra- zia, il partito di Suu Kyi — sia rispettato e il potere resti- tuito alle autorità civili elet- te. Inoltre, esortano il Consi- glio a estendere le sanzioni mirate all’intera dirigenza dell’esercito, compresi tutti coloro che hanno preso parte al colpo di Stato.

SANTIAGO DELCILE, 12. Nei giorni scorsi un gran numero di migranti, in prevalenza ve- nezuelani e un gruppo più piccolo prove- niente dalla Colombia, ha raggiunto i piccoli paesi di Colchane e Huara, in Cile, per fug- gire dalla violenza e dalla fame. Secondo le prime stime sarebbero più di 1.800 gli stra- nieri che tra la fine di gennaio e la prima de- cade di febbraio sono entrati in Cile dal de- sertico confine nord con la Bolivia nella re- gione di Tarapacá, esattamente al valico di

frontiera tra il piccolo comune cileno di Col- chane, e quello boliviano di Pisiga, in una zona andina a più di 3.600 metri di altitudi- ne, conosciuta come "la grande terra degli Aymara". Mercoledì scorso, in un solo gior- no, 138 di loro sono stati rimpatriati. E ora al- meno altri 1.000 rischiano l'espulsione.

La situazione si è fatta a dir poco comples- sa e la pandemia ha contribuito a innalzare il clima di tensione tra i migranti e i pochi resi- denti locali. Il sindaco di Colchane, Javier García, ha chiesto sia al governo cileno che a quello boliviano di intensificare i controlli per impedire l’ingresso irregolare di altri mi- granti, dicendosi "sopraffatto e impotente".

Il presidente Piñera, nei giorni scorsi, ha fir- mato un decreto per raddoppiare la presenza delle Forze Armate e consentire alle stesse di pattugliare il confine.

Due mercoledì fa due migranti, un vene- zuelano e un colombiano, hanno perso la vi- ta mentre tentavano di entrare in Cile. Sem- brerebbe siano morti di ipotermia a causa delle temperature molto basse nella zona montuosa.

Le organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani hanno denunciato la dram- matica condizione dei migranti. E hanno lanciato nei giorni scorsi un’iniziativa deno- minata “Nessun essere umano è illegale”, per esortare ad affrontare la problematica come un’emergenza umanitaria, con vere politiche di accoglienza per queste persone completa-

mente vulnerabili, spesso vittime della tratta e di fenomeni discriminatori, razzisti e xeno- fobi.

L’unica forma di assistenza che viene for- nita loro, al momento e per quanto possibile, è il controllo sanitario in materia di misure anti-covid. La Croce Rossa (Cri) ha emesso un bollettino che riflette sulla vulnerabilità dei migranti e sull’alto rischio di contagio vi- sta la situazione attuale: molti dei provvedi- menti per limitare le possibilità di contagio non possono essere rispettati a causa del so- vraffollamento, della mancanza di accesso all’acqua e agli articoli per l’igiene ed è forte la preoccupazione per le capacità delle strut- ture sanitarie locali; spesso i migranti arriva- no in condizioni di salute precarie, soggetti a disidratazione, ipotermia, polmonite, iper- tensione, malnutrizione, diabete e ipossia a causa dell’altitudine; la maggior parte di loro poi non dispone di dispositivi di protezione individuale o utilizza mascherine deteriora- te. Dal rapporto della Cri si evince che tra novembre 2020 e gennaio 2021 c'è stato un aumento del 530% dei migranti nella zona desertica.

Secondo gli analisti, il Cile, nonostante l’ondata di poteste che periodicamente attra- versa il paese dall’ottobre 2019, resta molto attraente per i migranti grazie alla sua stabi- lità politica ed economica. Attualmente ospita 1,4 milioni di migranti, oltre il 7% del- l'intera popolazione.

BRUXELLES, 12. L'Unione europea è stata richiamata con forza dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) al rispetto dei diritti umani delle centinaia di migliaia di profughi che premono, ricaccia- ti, alle sue frontiere. «L'uso della violenza contro i civili — si legge in un comunicato — è ingiustificabile». Alle frontiere terrestri e marine dell'Unione, si afferma, si pratica- no espulsioni di massa con azioni traumati- che e violente su migranti, rifugiati, aspi- ranti alla richiesta di asilo e protezione in- ternazionale, senza alcun riguardo neppu- re per i bambini, gli anziani, i malati.

Gli stati membri dell'Ue, per l'Oim non possono rinviare «misure urgenti» per por- re fine ad una «situazione allarmante». La sola strada, secondo l'organizzazione, è re- cuperare «la politica e la governance in materia di migrazione e asilo e di attuare pratiche umane e integrate basate sui dirit- ti». Respingere in mare o nei boschi masse di disperati a rischio della loro vita sono pratiche semplicemente vietate dal diritto

internazionale e dell’Ue. «Gli Stati devono adottare misure per porre fine a questi abu- si» aggiunge l’agenzia delle Nazioni Uni- te, secondo cui sono continue le segnala- zioni documentate di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, compre- sa la Convenzione europea dei diritti del- l’uomo. «La sovranità degli Stati, compre- sa la loro giurisdizione a mantenere l’inte- grità dei loro confini — sottolinea l’Oim — deve essere coerente con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale e rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti».

Intanto, questa mattina la guardia co- stiera tunisina ha intercettato due barconi diretti in Italia con a bordo un centinaio di migranti. Lo riporta l’emittente radiofoni- ca Mosaïque, citando un portavoce della guardia costiera secondo il quale le due im- barcazioni erano in pessime condizioni. I migranti bloccati, secondo la stessa fonte, sono stati poi trasferiti nel porto di Susa, nel nord-est del Paese.

Riprendono gli scambi con l’Irlanda del Nord

LONDRA, 12. Tregua nella cri- si alla frontiera fra Ue e Ir- landa del Nord, causata nei giorni scorsi dalla sospensio- ne dell'accordo che regola gli effetti della Brexit sugli scambi frontalieri.

Il vicepresidente della Commissione Maros Sefco- vic e il ministro del gabinetto britannico Michael Gove hanno affrontato il dossier che si era complicato sulla crisi seguita alla scarsità del- le dosi di vaccini Covid pro- dotti in Europa ed esportati in Gran Bretagna. I due han- no affermato di aver rag- giunto «un compromesso completo» sul pieno rientro in vigore del protocollo per l'Irlanda del nord, allegato agli accordi di uscita. Occor- reranno, però «ulteriori chia-

rimenti»: il Regno Unito vorrebbe altri due anni di re- gime più morbido per i pro- dotti alimentari di origine animale e per i controlli di dogana. Il dialogo continue- rà sui nodi che restano. Ma, al momento la situazione sul campo sembra tornare alla normalità. Sarebbe già così nel porto di Larne dove, se- condo la Bbc le attività sa- rebbero normalmente ripre- se. Le parti promettono che continueranno a lavorare per l'«implementazione adegua- ta del protocollo che ciob- senta il minimo impatto sulla vita quotidiana delle comu- nità dell'Irlanda del Nord e dellIrlanda». Il febbraio è previsto un altro incontro in- formale tra le parti per indi- viduare soluzioni pratiche.

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L’OSSERVATORE ROMANO

venerdì 12 febbraio 2021 pagina I

A atlante

C R O N A C H E D I U N M O N D O G L O B A L I Z Z A T O

Il dramma delle migrazioni

climatiche

ANNALISAANTONUCCI A PA G I N A II

A Najaf un cimitero per i morti che nessuno voleva

ELISAPINNA A PA G I N A III

di FABRIZIOPELONI

U

na impressionante inondazione

di acqua mista a fango e pietre si è abbattuta domenica 7 febbraio sulle vallate dei fiumi Alaknanda e Dhauliganga, situate nel distret- to di Chamoli nello Stato dell’Ut- tarakhand, a nord dell’India. Al momento, nonostante non sia sta- to possibile stabilire con esattezza la dinamica dei fatti, l’ipotesi più probabile formulata dagli esperti grazie alle registrazioni delle im- magini satellitari, sarebbe il cedi- mento — dovuto a uno smotta- mento roccioso — del segmento di un ghiacciaio sul massiccio del Nanda Devi, nella catena mon- tuosa dell’Himalaya. Arrivato a valle, l’enorme blocco di ghiac- cio, esteso quasi 700 chilometri quadrati, avrebbe causato l’eson- dazione dei due fiumi travolgen- do qualsiasi ostacolo trovatosi in- nanzi — dighe, ponti e abitazioni vicine alle sponde dei corsi d’ac- qua — e provocando almeno 36 morti e circa 170 dispersi.

È l’ennesima dimostrazione di un fatto ormai evidente: a pagare il prezzo del cambiamento clima- tico globale sono i più poveri, le popolazioni più indifese, quelli che non hanno voce.

Più di duemila persone sono impiegate al momento nelle ope- razioni di soccorso. È stato coin- volto personale dell’esercito in- diano, una squadra della marina, cinque elicotteri e uomini della polizia di frontiera, oltre alle for- ze nazionali e statali per i disastri naturali. «L’India è con l’Uttara- khand», il doloroso commento su twitter con cui il primo ministro Narendra Modi ha assicurato il continuo monitoraggio della si- tuazione nello Stato indiano. An- cora una dozzina di villaggi risul- tano completamente isolati.

Mercoledì 10 gennaio Papa Francesco, al termine dell’udien- za generale, ha voluto esprimere il suo dolore e la sua vicinanza

«alle vittime della calamità acca- duta in India, dove parte di un ghiacciaio si è staccata provocan- do una violenta inondazione, che ha travolto i cantieri di due cen- trali elettriche». Si tratta delle centrali idroelettriche di Tapovan e Rishigang, entrambe in fase di costruzione, e delle dighe annes- se. Nel cantiere della centrale di Tapovan, di proprietà statale, se- condo fonti locali, vi stavano la- vorando circa 120 operai. Trenta- due quelli invece all’opera nella centrale di Rishiganga al momen-

to dell’arrivo della terribile onda- ta.Proprio nei pressi della centra- le di Tapovan i soccorritori stan- no compiendo una vera sfida con- tro il tempo per individuare e portare in salvo circa 30-35 lavora- tori rimasti intrappolati all’inter- no di un tunnel in costruzione lungo circa 2,5 chilometri. Sono stati rimossi al momento un centi- naio di metri di detriti e altrettanti rimangono da rimuovere per arri- vare al punto in cui il tunnel si di- rama. Le condizioni al suo inter- no sono state definite orribili da- gli uomini delle squadre di soc- corso, che però non hanno perso la speranza di salvare quelle per- sone ipoteticamente intrappolate nei punti del tunnel dove posso- no essersi create delle sacche d’a- ria. Domenica scorsa, poche ore dopo la paurosa calamità, dieci persone erano state tratte in salvo in un altro tunnel.

Nel sostegno alle popolazioni colpite dal disastro, si sono attiva- te anche la Caritas India e le suore della congregazione dell’Adora- zione del Santissimo Sacramen- to, presenti con una propria scuo- la a circa 15 chilometri dai villaggi più colpiti, dove vivono degli alunni, alcuni dei quali risultati

dispersi. Le religiose hanno con- segnato generi di prima necessità e offerto conforto. «Il mio cuore piange per le vittime e le loro fa- miglie. Molti lavoratori mancano ancora; prego che vengano trova- ti presto e ricevano assistenza me- dica», ha dichiarato il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana, in un comunicato stampa.

Secondo gli esperti negli ulti- mi due decenni la regione himala- yana, considerata il “terzo polo”

del pianeta, è stata quella mag- giormente colpita dagli effetti del cambiamento climatico, legato al riscaldamento globale. Nel 2019 uno studio analizzò per 650 ghiacciai dell’Himalaya i dati sa- tellitari raccolti a partire dalla me- tà degli Anni ’70 fino al 2016 rela- tivi ai cambiamenti dello spessore del ghiaccio. Dividendo l’analisi in due segmenti temporali, 1975- 2000 e 2001-2016, Joshua Maurer, ricercatore dell’osservatorio La- mont Doherty Earth dell’univer- sità della Columbia e coordinato- re dello studio pubblicato su

«Science Advances», ha dimo- strato come nel secondo periodo si siano sciolte in media ogni an- no 8 miliardi di tonnellate di ghiaccio, rispetto alle 4 tonnellate

per singolo anno del primo perio- do. Tra i due periodi è stata altresì registrata una differenza della temperatura media di un grado centigrado.

Inoltre, dai dati dell’agenzia indiana di meteorologia e sismo- logia, nell’Uttarakhand il gen- naio del 2021 è stato il più caldo degli ultimi sessant’anni. Questo potrebbe essere, a detta degli esperti, tra le cause di una possi- bile anticipazione della stagione delle valanghe generalmente pre- vista tra marzo e aprile. Tale feno- meno, riscontrabile nell’intera re- gione himalayana, rischierebbe di mettere in seria discussione la conservazione ambientale e gli equilibri ecologici. E comporte- rebbe, altresì, un incremento di disastri come valanghe, frane ed esondazioni dei laghi di origine glaciale, legati allo scioglimento dei ghiacciai. Questi infatti spes- so costituiscono un prezioso col- lante tra i vari rilievi rocciosi.

Tutto ciò si riflette chiaramente in primis sulle popolazioni resi- denti sull’Himalaya, circa 50 mi- lioni di persone, e successivamen- te su almeno altri 450 milioni di esseri umani che dipendono dalle risorse che tali montagne posso- no offrire.

Chi paga il prezzo

del cambiamento climatico Chi paga il prezzo del cambiamento climatico

La tragedia provocata dal cedimento di un ghiacciaio dell’Himalaya. Oltre trenta morti e 170 dispersi

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L’OSSERVATORE ROMANO

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atlante atlante

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Vietata la pena di morte in Pakistan per i detenuti con disturbi mentali

Con un verdetto storico, la Corte Suprema del Pakistan ha imposto ai tribunali il divieto di comminare sentenze capitali ai detenuti con seri disturbi mentali, in particolare se «incapaci di intendere la ragione della punizione». La sen-

tenza è giunta, mercoledì scorso, dopo l'appello contro le condanne a morte di tre prigionieri con disabilità mentale e ora dovrà essere appli- cata a tutti i casi simili. Nel 2019, secondo Am- nesty International, in Pakistan si trovavano nel braccio della morte circa 4.225 detenuti. Nello stesso anno, sono state comminate 623 condan- ne a morte, il 27,3% del totale in tutto il mondo.

Il tribunale ha ordinato ai governi federali e provinciali di istituire strutture giudiziarie per la salute mentale «ad alta sicurezza» per la valuta- zione, il trattamento e la riabilitazione dei dete-

nuti sotto processo o condannati che hanno svi- luppato disturbi mentali durante la detenzione.

Argentina: nuovi finanziamenti per la lotta alla fame

Per arginare l’aumento della povertà in Argenti- na provocato dalla pandemia di coronavirus, la Banca di sviluppo dell’America Latina (Caf) ha approvato un ulteriore credito di 300 milioni di dollari al Paese, dopo il prestito di pari importo concesso alla fine del 2020. L'obiettivo è quello di finanziare i programmi di lotta contro la fa-

Dalle periferie

Secondo i dati delle Nazioni Unite

Il dramma delle migrazioni climatiche

di ANNALISAANTONUCCI

D

al Nord al Sud del mondo gli

eventi atmosferici estremi, cau- sati dai cambiamenti climatici provocati dalla mano dell’uo- mo, costringono ogni anno mi- lioni di persone ad abbandona- re la propria casa, la propria ter- ra per cercare rifugio altrove.

Cicloni tropicali, piogge torren- ziali e inondazioni, desertifica- zione, aumento del livello del mare, l’acqua che invade e rovi- na per sempre il terreno fatico- samente coltivato, la siccità che

uccide il bestiame, le case di- strutte dai tornado, e dunque la fame e la povertà che obbliga a p a r t i re .

Un esempio tra tutti è il dramma che ha coinvolto le po- polazioni che abitavano le sponde del lago Ciad. In pochi anni le acque del lago, tra i più grandi dell’Africa, si sono ridot- te fino a trasformare l’enorme bacino quasi in un acquitrino, intorno al quale si sta consu- mando una delle crisi umanita- rie più gravi del continente afri- cano. Le aree della Nigeria nord-orientale, del Niger sud- orientale, del Ciad occidentale e del Camerun settentrionale che si affacciano su quel che resta del lago sono colpite da profon- di processi di desertificazione e siccità. Stagioni aride si alterna- no a periodi di rovesci torren- ziali senza precedenti che cau- sano inondazioni improvvise nei villaggi e nei campi costrin- gendo migliaia di persone a spostarsi. Fame e malnutrizione sono a livelli critici: secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite circa 10 milioni di persone nel- l’area vivono una grave situa- zione di insicurezza alimentare.

Per sopravvivere, queste po- polazioni sono costrette a mi- grare. I dati ci dicono che oggi, quasi 2 miliardi di persone nel mondo dipendono dai fragili ecosistemi delle zone aride e se- miaride, e il 90% di esse vive nei paesi in via di sviluppo. Queste condizioni sempre più estreme aumentano la migrazione co-

siddetta climatica che sta assu- mendo connotati da esodo bi- blico. Basti pensare che già nel- la prima metà del 2020, i disastri riconducibili al cambiamento climatico hanno provocato 9,8 milioni di sfollati e sono stati, anche in questo caso, il princi- pale fattore di nuovi sposta- menti interni a livello mondiale.

E si tratta di numeri destinati ad aumentare, secondo gran parte degli analisti e ricercatori. L’Al- to Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) stima che, entro il 2050, circa 200-250 milioni di persone si sposteranno per cause legate al cambiamento climatico.

Questo significa che in un fu- turo non troppo remoto, una persona su quarantacinque nel mondo sarà un migrante am- bientale. Secondo il gruppo in- tergovernativo sul cambiamen- to climatico delle Nazioni Uni- te, infatti, entro il 2100 si regi- strerà un incremento dell’innal- zamento del livello dei mari di 98 centimetri. Inoltre se si rag- giungessero e superassero i due gradi centigradi di aumento della temperatura, potrebbe ve- rificarsi un innalzamento del li- vello del mare di 5 metri nell’ar- co di 50 anni. Ciò causerebbe la perdita della maggior parte del- le città costiere, con conseguen- ze catastrofiche considerando che delle 50 città più grandi del mondo, ben 30 si trovano sull’o- ceano. E se questi argomenti sembrano lontani da noi nel tempo e nello spazio, forse è im- portante considerare l’allarme lanciato dall’Unhcr e dall’O r- ganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) secon- do cui il momento è drammati- co per tutti perché l’e m e rg e n z a climatica si combina ora con le conseguenze della pandemia di covid-19, i conflitti in corso, il numero record di persone sradi- cate dalla loro terra, la crisi eco- nomica e i crescenti disordini so ciali.

Nel corso di una conferenza sul tema, Unhcr e Oim hanno dunque invitato gli Stati a raf- forzare la protezione e l’assi- stenza alle popolazioni costret- te a migrare a causa delle cata- strofi naturali. «Dobbiamo in- vestire ora per anticipare le fu- ture esigenze di protezione e prevenire ulteriori spostamenti causati dal cambiamento clima- tico. Aspettare che la situazione diventi critica non è un’opzio- ne» ha detto l’Alto Commissa- rio Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, annunciando che la re- te migratoria delle Nazioni Unite, creata per sostenere l’at- tuazione del Global Compact on Migration, ha fatto della mi- grazione legata ai cambiamenti climatici una priorità assoluta per il 2021.

di GI O VA N N I BENEDETTI

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l termine di un anno di in-

tense attività, la Camera pre- liminare incaricata dalla Cor- te penale internazionale (Icc) di pronunciarsi sulla giurisdi- zione del tribunale sul terri- torio palestinese ha raggiunto un verdetto. Lo scorso 5 feb- braio l’Icc ha infatti rilasciato un comunicato ufficiale, nel quale annuncia l’estensione della sua giurisdizione «ai territori occupati da Israele dal 1967, ovvero la striscia di Gaza e la Cisgiordania, com- presa Gerusalemme est».

Il verdetto giunge in se- guito ad un lungo processo:

il territorio palestinese era in- fatti sotto osservazione da parte del tribunale interna- zionale fin dai bombarda- menti della striscia di Gaza nel 2014, i quali avevano cau- sato numerose vittime civili.

La Palestina, diventata poi ufficialmente Stato membro della Corte nel 2015, aveva presentato formale richiesta al tribunale perché conduces- se un’indagine per crimini di guerra nel maggio 2018. La domanda non poteva però essere accolta immediatamen- te a causa dello status inter- nazionale della Palestina e della mancata adesione di Israele all’Icc. Lo Stato israe- liano aveva infatti firmato la Carta del tribunale nel 2002, ma senza poi ratificarla. Nel gennaio 2020, il procuratore capo della Corte penale in- ternazionale Fatou Bensouda ha annunciato la sua inten- zione di avviare un’indagine approfondita sul territorio palestinese, dando così il via alle attività dei giudici della Camera preliminare.

È quindi molto probabile che nei prossimi mesi venga aperta un’indagine formale nella zona per possibili crimi- ni di guerra, compiuti da parte sia dell’esercito israelia- no che dei gruppi armati pa- lestinesi. La decisione è stata raggiunta nonostante una fer- ma opposizione del governo israeliano, il quale ha soste- nuto che la Palestina non fos- se idonea a presentare richie- ste all’Icc in base al suo sta- tus. La Corte ha infatti re- spinto questa obiezione, asse- rendo nel comunicato che «la Palestina ha accettato di sot- tostare ai termini dello Statu- to di Roma della Corte pena- le internazionale e ha il dirit- to di ricevere lo stesso tratta- mento di ogni altro Stato membro per le questioni rela-

tive all’implementazione del- lo Statuto». Il tribunale, che in base al suo Statuto non può processare Stati naziona- li ma esclusivamente singoli individui, ha inoltre dichiara- to che non prenderà alcuna posizione rispetto alle dispu-

te territoriali in atto sul suolo palestinese. Le reazioni scate- nate dal verdetto sono state contrastanti: il primo mini- stro della Palestina Moham- mad Shtayyeh lo ha infatti definito come «una vittoria per la giustizia e per l’umani-

Dopo il verdetto in base al quale l’organismo estenderà la propria giurisdizione sui territori palestinesi

Scontro sulla Corte penale internazionale

Multilateralismo A p p ro f o n d i m e n t i

Tutti i nodi delle relazioni tra due Paesi chiave della regione

Turchia, Grecia e il futuro del Mediterraneo

di ANDREAWA LT O N

L

e relazioni diplomati- che tra Grecia e Tur- chia sono segnate da tensioni ed incom- prensioni che ne comprimono le potenzialità di sviluppo. I due Paesi, pur condividendo l’ap - partenenza all’Alleanza Atlanti- ca (Nato), si trovano spesso in disaccordo sullo scenario inter- nazionale a causa di una serie di complessi trascorsi storici. A di- videre Ankara ed Atene c’è la questione delle frontiere marit- time, oggetto di una lunga serie di colloqui bilaterali giunti alla sessantunesima fase.

Le parti hanno provato a trovare una soluzione alla con- troversia dando vita ad una se- rie di colloqui bilaterali, che per il momento non hanno avuto particolare successo e che sono giunti al sessantune- simo appuntamento. Il dialo-

go è stato interrotto nel 2016, in seguito al colpo di stato che provò a rovesciare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ed è ripreso solamente que- st’anno. La Turchia rivendica il possesso di alcune isole e pre- tende la demilitarizzazione di altre mentre la Grecia intende discutere unicamente di que- stioni frontaliere di tipo econo- mico.

Erdoğan ha recentemente ricordato al primo ministro greco Kyriakos Mītsotakīs che se Atene vuole mantenere il dialogo con Ankara dovrà evi- tare provocazioni. L’osserva - zione di Erdoğan fa seguito al- la proposta fatta da Mītsotakīs per provare a risolvere la que- stione cipriota. Mītsotakīs si è espresso in favore della crea- zione di una federazione bizo- nale sull’isola, con pari dignità per le comunità greco-cipriote e turco cipriote, ma ha anche

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II venerdì 12 febbraio 2021 venerdì 12 febbraio 2021 pagina III

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me. È quanto annunciato in occasione della pri- ma riunione del 2021 del Consiglio federale ar- gentino contro la fame, presieduto dal presiden- te Alberto Fernández. Il denaro servirà per fi- nanziare la Carta di credito alimentare di cui di- spongono milioni di famiglie povere. A partire dal terzo venerdì di febbraio — ha detto Fernán- dez — il denaro inviato alle famiglie con un fi- glio passerà da 4.000 a 6.000 pesos, e da 6.000 pesos a 9.000 pesos per quelle con più di un fi- glio. «Nel 2020 abbiamo aumentato l’azione della copertura alimentare, passando da otto a

undici milioni di persone», ha ricordato il mini- stro per lo Sviluppo sociale, aggiungendo che ora la sfida è «migliorare la qualità nutritiva».

Algeria: la riduzione dei sussidi rischia di erodere il potere d'acquisto dei cittadini

In Algeria — dove la pandemia da covid con- tinua a incidere su economia e dinamiche socio- politiche interne — lo Stato continuerà a sov- venzionare il pane, ma per altri alimenti a base di grano i produttori dovranno dovranno pa- garne il prezzo reale. L'impatto di questa politi-

ca — riporta il quotidiano «El Watan» — sarà presto avvertito dai cittadini, che vedranno ero- dere il loro potere d'acquisto. Il ministro dell'A- gricoltura ha annunciato martedì la strategia del settore, ponendosi l'obiettivo di ridurre le im- portazioni a 2,5 miliardi di dollari entro il 2024.

«Le misure per rafforzare la produzione e con- trollare le sovvenzioni faranno risparmiare 220 milioni di euro. Le quantità destinate a panifici e grossisti saranno controllate», ha spiegato.

A Najaf un cimitero per i morti

che nessuno voleva

di ELISA PINNA

N

on ci sono cartelli per segnalare “La nuova valle della pace”, ma non è difficile trovarla: basta chiedere alla gente di Najaf, la città santa degli sciiti iracheni. È un terreno ad una trentina di chilometri dal mausoleo dell’Imam Ali, dove lo scorso anno fu predisposto, in tutta fretta, un cimitero per accogliere i morti che nessuno voleva: le vittime del covid-19.

Nei primi mesi della pandemia, quando del virus si sapeva poco o nulla, tra la popolazione si era sparso il timore — dovuto in parte a una profonda sfiducia nel sistema sanitario nazionale e in parte a superstizioni e credenze locali — che i contagiati dal virus, una volta deceduti, potessero infettare e rendere pericolosa la terra e i luoghi in cui erano sepolti. I cimiteri chiusero loro le porte.

«Ho cominciato a vedere scene terribili in televisione. C’erano cadaveri lasciati fuori dalle camere mortuarie degli ospedali, senza che nessuno se ne prendesse cura. Parenti disperati che non sapevano dove seppellire i loro cari», ha raccontato all’Associated Press Tahir Al Khaqani, residente a Najaf e capo di una milizia di sciiti iracheni, la “Divisione di combattimento al Ali”.

Il gruppo di Tahir per anni ha lottato contro il sedicente stato Islamico (Is), e fa capo al grande ayatollah Ali Al Sistani, guida spirituale degli sciiti iracheni e di gran parte della popolazione sciita del Golfo Persico (con il leader religioso, Papa Francesco si incontrerà il prossimo 6 marzo, durante la visita apostolica in Iraq, ndr).

Proprio a Sistani, oltre che alle autorità locali di Najaf, Tahir si rivolse per proporre la sua soluzione al dramma dei morti respinti dai cimiteri nazionali: la sua idea era quella di creare un luogo speciale dove le vittime del covid potessero finalmente essere seppellite. In pochi giorni ricevette la notizia che era stato messo a disposizione un terreno di 600 ettari, situato tra il deserto e le distese di milioni di tombe del cimitero storico della città, conosciuto come Wadi al Salam, la valle della pace. I volontari della brigata crearono così “la Nuova Valle della Pa c e ”.

Da allora una squadra di sanitari si è occupata di accogliere i morti per spogliarli e lavarli, come prevede il rito musulmano, e poi rivestirli di una tunica bianca prima di seppellirli. Altri ex combattenti anti-Is si sono incaricati di scavare le fosse e di accompagnare i parenti a pregare sulle tombe dove riposano i loro cari. Fila dopo fila, i sepolcri sono arrivati ad essere migliaia, anche se il ritmo ormai si è fermato. La pandemia ha allentato la sua presa sull’Iraq e anche certe fobie superstiziose sembrano scomparse.

Sebbene il nuovo cimitero sia gestito dagli sciiti iracheni, l’ayatollah Sistani ha voluto che fosse aperto anche ai sunniti e a tutte le altre minoranze religiose e che la sepoltura fosse gratuita per tutti.

Tra le tombe, ve ne sono anche alcune di cristiani, tra cui quella del papà di Arik Sahak Dirthal, un armeno. «Lo scorso primo luglio andai subito a Baghdad, perché sapevo che mio padre voleva essere seppellito lì. Qualcuno mi disse che non era possibile e di recarmi al cimitero per i morti di coronavirus a Najaf», ha raccontato Dirthal al New York Times. «Mentre guidavo da solo, disperato, con il corpo di mio padre sistemato nel retro della macchina, cercavo di pregare».

Dirthal alla fine arrivò all’ingresso della “Nuova valle della pace”, dove gli dissero che suo padre poteva essere seppellito ovunque volesse. «I volontari lo trattarono con rispetto e pietà. Mi inviarono un video della sepoltura, perché avevo potuto assistere solo da lontano: un medico dello staff, vestito con una tuta protettiva, aveva anche tentato un segno della croce sopra il corpo di mio p a d re » .

tà», mentre il premier israe- liano Benjamin Netanyahu si è espresso molto criticamen- te, ribadendo il rifiuto della giurisdizione dell’Icc su Israele in virtù della sua non adesione all’o rg a n i z z a z i o n e internazionale. Anche Ha-

mas, il movimento islamico che controlla la striscia di Gaza, ha commentato la de- cisione della Corte, dichia- randosi favorevole a un’even- tuale indagine.

Il governo degli Stati Uni- ti, altro Paese non membro

dell’Icc, si è dichiarato in di- saccordo rispetto al verdetto della Corte. L’amministrazio- ne di Joe Biden sembra però orientata verso un’ap ertura parziale nei confronti del tri- bunale, avendo annunciato l’intenzione di rivedere le

sanzioni inflitte dalla prece- dente ad alcuni membri del- l’Icc fra cui la stessa Bensou- da. Un portavoce del Dipar- timento di Stato americano ha dichiarato che il Paese po- trebbe collaborare con la Corte “in casi eccezionali”.

Dopo il verdetto in base al quale l’organismo estenderà la propria giurisdizione sui territori palestinesi

Scontro sulla Corte penale internazionale

Il verdetto giunge in seguito ad un lungo processo.

La decisione è stata raggiunta nonostante una ferma opposizione

del governo israeliano. Ma il primo ministro della Palestina Mohammad Shtayyeh lo ha definito «una vittoria per la giustizia

e per l’umanità»

Appunti di viaggio

Tutti i nodi delle relazioni tra due Paesi chiave della regione

Turchia, Grecia e il futuro del Mediterraneo

posto l’accento sulla necessità di porre fine all’o ccupazione t u rc a .

La comunità internazionale si è spesa in più occasioni, ne- gli ultimi decenni, per provare a ricomporre l’unità di Cipro ma sempre senza successo. Le classi politiche greco-cipriote e turco-cipriote, che hanno ri- spettivamente in Atene ed An- kara degli importanti punti di riferimento, sono talvolta riu- scite ad intessere un dialogo proficuo ma non hanno supe- rato del tutto gli ostacoli che si sono frapposti sul loro cammi- no. Nel 2004 il coinvolgimen- to delle Nazioni Unite, che avevano redatto un piano per la riunificazione da sottoporre a referendum popolare, aveva suscitato nuove speranze. Il piano si era però scontrato con la ferma opposizione dei tur- co-ciprioti, che lo avevano re- spinto con il sessantaquattro

per cento dei voti ed è stato poi abbandonato.

A dividere Grecia e Turchia c’è anche la questione energe- tica: la disputa per il possesso delle risorse di gas naturale scoperte nel Mediterraneo orientale. La presenza dei gia- cimenti avrebbe potuto unire i Paesi della regione e dar vita ad una collaborazione volta a sfruttare al meglio questa risor- sa. Le cose però non sono an- date in questo modo e si è sfio- rato il conflitto tra le parti. La Grecia e Cipro possiedono la maggior parte dei giacimenti e la Turchia ha bisogno di gas per supportare il processo di industrializzazione della pro- pria economia. Il recente invio di navi militari turche nel Me- diterraneo orientale ha fatto temere il peggio. L’esclusione della Turchia dal Mediterra- nean Gas Forum, un’alleanza energetica creata nel gennaio

del 2019 e che vede la parteci- pazione di Cipro, Egitto, Gior- dania, Grecia, Israele e Italia, può inoltre aver contribuito ad irritare Ankara.

Sullo sfondo, poi, c’è la complessa questione dei mi- granti che transitano dalla Tur- chia per raggiungere l’E u ro p a e che ha creato frizioni tanto con Atene quanto con Bruxel- les. Il dramma dei migranti, che si ritrovano in condizioni precarie ed al limite della di- gnità, dovrà essere inquadrato in una soluzione che soddisfi in prima battuta le loro esigen- ze e che contribuisca ad abbas- sare in maniera significativa le tensioni tra Grecia e Turchia.

Una nuova fase nelle rela- zioni tra Ankara ed Atene può realizzarsi nel prossimo futuro e ciò porterebbe un notevole beneficio alla sicurezza com- plessiva del Mediterraneo orientale.

La pandemia, che ha scon- volto i sistemi produttivi e pro- vocato gravi crisi economiche in tutto il mondo, può essere un terreno di cooperazione tra le parti. Il superamento della fase più complessa dell’emer - genza sanitaria può aprire a nuove opportunità di investi- mento in ambito internaziona- le ed allo sviluppo di rapporti fruttuosi sul piano economico.

Il 2021 sarà, probabilmente, l’anno della ripresa economica in Europa e questa occasione può rivelarsi foriera di sviluppi positivi. La Turchia e l’Unione europea potrebbero dar vita ad una nuova fase dei rapporti bi- laterali e ciò potrebbe rassere- nare il clima anche tra Ankara ed Atene. Nel mondo multipo- lare, infatti, le relazioni tra Sta- ti sono ormai legate agli svi- luppi del quadro regionale ed alle iniziative delle organizza- zioni internazionali.

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