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L OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 51 (48.674) Città del Vaticano mercoledì 3 marzo 2021

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L

A BUONA

N

OTIZIA

• Il Vangelo della

III

Domenica di Quaresima (Giovanni 2, 13-25)

Un invito alla purificazione, non al perfezionismo

di CARLODEMARCHI

«E

gli infatti conosceva quello che c’è nel cuo- re dell’uomo» (Gv 2, 25). Queste parole del Vangelo di Giovanni concludono il racconto della cacciata dei mercanti dal tempio, e mostrano perché il passo ci viene riproposto nel percorso della Quaresima. Si tratta infatti di una pu- rificazione spirituale che ognuno di noi è chiamato a compiere.

Nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni, Giotto rappresenta Gesù che sferza i mercanti nel tempio con gesto solenne e imperioso, e viene guardato con sospetto dai sacerdoti. In realtà la presenza dei venditori di ani- mali e dei cambiavalute non era di per sé un abuso, perché essi svolgevano un compito che era necessario proprio per il culto nel tempio. Un dettaglio della rappresentazione di Giotto è a questo proposito illuminante: sul lato sinistro dell’affresco si vedono due bambini che sono spaventati dalla severità del Si- gnore e si rifugiano tra le braccia di Pie- tro e di un altro apostolo, che li accol- gono teneramente. Uno dei due bambi- ni, in particolare, stringe tra le mani una colomba, cioè proprio uno degli anima- li che erano in vendita nel tempio.

Gesù non condanna l’azione umana in sé (in questo caso il commercio), ma la pretesa di autonomia da Dio, la cen- tralità che l’uomo nel suo agire dà al- l’aspetto solo umano, mettendo in se- condo piano Dio e l’adorazione a lui dovuta. E Gesù stesso, proprio nel momento in cui esprime con forza quasi violenta la radicalità della chia- mata evangelica a dare priorità a Dio, affida agli apostoli il compito di acco-

gliere con tenerezza ogni umana debo- lezza.

La Quaresima è un invito alla puri- ficazione ma non al perfezionismo.

Dio sa bene cosa c’è nel cuore di ognuno di noi, e conosce di prima ma- no i grovigli che noi uomini e donne di ogni tempo siamo in grado di creare con le nostre fragilità e incoerenze, e con la tanta rumorosa confusione. Per questo ci promette che avremo sempre

accanto la compagnia affettuosa e mi- sericordiosa della Chiesa, che ha il compito di accogliere e valorizzare tutto ciò che è umano: «Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza» (Pa- pa Francesco). Una debolezza che la Chiesa accoglie e perdona in partico- lare nella celebrazione del sacramento della riconciliazione, momento specia- le del percorso della Quaresima.

Dio conosce il cuore di ognuno,

«con tante cose che vanno e vengono dentro di noi, con tanto movimento e nel contempo con tanta quiete; con tanto disordine e con tanto ordine; con tanto rumore e con tanto silenzio; con tanta guerra e con tanta pace» (san Jo- semaría Escrivá). E Gesù ci incoraggia a credere che è sempre possibile rico- minciare, nonostante e attraverso le tante m e rc a n z i e buone e meno buone che ognuno di noi si ritrova nel cuore.

Il Maestro che ci insegna il rifiuto ra- dicale all’egoismo e al disordine, allo stesso tempo ci promette che «in tre giorni farà risorgere» tutto il bene che c’è nel nostro cuore che, anche se a volte è un mercato, resta sempre la

«casa del Padre mio» (Gv 2, 16).

Giotto, «Gesù caccia i mercanti dal tempio» (Cappella degli Scrovegni)

Uccise tre giornaliste in Afghanistan

T

re giovani giornali- ste sono state brutal- mente uccise ieri in Afghanistan, nella cittadina di Jalalabad. Le tre donne, non ancora ventenni, mentre tornavano a casa dal la- voro sono state assassinate con un colpo di pistola alla testa in due attacchi distinti, ma coor- dinati, nei quali sono rimasti feriti anche diversi passanti.

Gli agguati avevano come obiettivo anche una quarta giornalista, unica sopravvissu- ta e ora ricoverata in fin di vita.

Lo riferiscono i media di Ka- bul, precisando che in entram- bi gli agguati sono entrati in azione uomini armati non identificati. Nessuno ha riven- dicato per ora le uccisioni.

Le giovani croniste, tutte dipendenti della televisione e radio privata Enikass, sareb- bero finite nel mirino di tale- bani e altri gruppi jihadisti, secondo quanto riportato dai media locali. Il direttore di Enikass, Zalmay Latifi, aveva difatti denunciato qualche giorno fa che i dipendenti dell’emittente — come sem- pre più spesso accade per al- tre voci dell’informazione nella città afghana al confine con il Pakistan — erano stati presi di mira dai jihadisti pronti a una nuova guerra ci- vile nel Paese.

Non è ancora chiaro il mo- tivo dell’attacco, ma non si tratta di un caso isolato. Ne- gli ultimi sei mesi sono stati difatti massacrati 14 giornali- sti in Afghanistan.

N

OSTRE

I

NFORMAZIONI PAGINA7

All’udienza generale

Il Papa chiede preghiere per la sua visita in Iraq

e invoca la fine

delle violenze in Myanmar

È

la ferma volontà di «incontrare» un «po- polo che ha tanto sofferto» e una «Chiesa martire» a muovere i passi del Papa verso la

«terra di Abramo»: lo ha detto egli stesso al termine dell’udienza generale del 3 marzo, a meno di quarantott’ore dalla partenza per Baghdad. «Dopo- domani, Dio volendo, mi recherò in Iraq per un pel- legrinaggio di tre giorni», ha annunciato, sottoli- neando che «da tempo» desidera questo incontro, nella convinzione che «insieme con gli altri leader re- ligiosi, faremo un altro passo avanti nella fratellanza tra i credenti». Da qui la richiesta «di accompagnare con la preghiera questo viaggio apostolico». Del re- sto, ha ricordato, «il popolo iracheno ci aspetta;

aspettava san Giovanni PaoloII, al quale è stato vie- tato di andare». E quindi ora «non si può deludere un popolo per la seconda volta».

Ma non c’è solo l’Iraq tra le sue preoccupazioni:

anche dal Myanmar «giungono ancora tristi noti- zie di sanguinosi scontri, con perdite di vite uma- ne». Ecco allora da parte del Pontefice un appello

«alle autorità coinvolte, perché il dialogo prevalga sulla repressione e l’armonia sulla discordia», e

«alla comunità internazionale, perché si adoperi affinché le aspirazioni del popolo non siano soffo- cate dalla violenza». In particolare il suo pensiero è andato ai giovani e ai «leader politici incarcerati»

per i quali ha nuovamente chiesto la liberazione.

In precedenza, proseguendo nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico le catechesi sulla preghiera, Francesco aveva parlato della Trinità.

PAGINA8

I cristiani nelle terre della Mesopotamia

NELLE PA G I N E 2E3

ARTICOLI DIGIANNIVALENTE EDEBORADONNINI

(2)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 2 mercoledì 3 marzo 2021

Verso il viaggio del Papa in Iraq

I cristiani nelle terre della Mesopotamia

Fratellanza, cittadinanza comunanza di destino

Una presenza che risale agli albori del cristianesimo

di GIANNIVALENTE

«V

oi siete tutti Fratelli». Il motto ufficiale del prossimo viaggio di Papa Francesco in Iraq rie- cheggia il titolo dell’ultima en- ciclica papale Fratelli tutti, e si propone come un azzardo di scommessa lanciata sul presen- te e sul futuro del Paese. Nel contempo, quelle stesse parole, tratte da un richiamo di Gesù ai discepoli riportato nel Van- gelo di Matteo («Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli») incro- ciano per sentieri misteriosi an- che la storia bimillenaria dei battezzati nelle terre di Meso- potamia. Il riconoscimento di una comunanza di destino condivisa da tutti i figli di Dio

può toccare corde intime nella memoria condivisa di tanti bat- tezzati iracheni.

Nella loro vicenda storica, intrisa anche di sangue e dolo- re, i cristiani di quelle terre hanno attraversato tempi mi- gliori quando i contesti e le cir- costanze storiche li hanno con- dotti a riconoscersi come com- pagni di cammino e di destino con i conterranei loro contem- poranei. Mentre alla lunga hanno sempre pagato a caro prezzo ogni pulsione isolazio- nista, ogni apartheid subita o cercata. Ogni pur comprensi- bile riflesso — spesso condizio- nato da contesti e fattori ester- ni — a concepirsi come “mondo a parte”, entità separata e chiu- sa in se stessa, bisognosa di tu- tele e protezioni dall’esterno.

Al tempo delle guerre tra Impero romano e Impero per- siano, il cristianesimo di lingua e cultura siriaca radicatosi ne- gli antichi territori persiani aderisce al nestorianesimo (la dottrina cristologica attribuita al vescovo di Costantinopoli Nestorio, condannata come eresia al concilio di Efeso del 431 d.C.), e questo libera i cri- stiani locali dal sospetto di es- sere “quinte colonne” della su- perpotenza rivale. La Chiesa

“nestoriana” (denominata Chiesa assira d’Oriente) dà vi- ta dal VIIsecolo a un’esaltante espansione missionaria verso est, portando l’annuncio cri- stiano fino in Cina. Quando i cavalieri islamici travolgono la Persia, la Chiesa assira d’O- riente continua la sua crescita,

di DEBORADONNINI

L

a lettera Nun. Il marchio che usaro- no i miliziani del sedicente Stato islamico a Mosul per indicare le ca- se dei N a s s a ra h , i seguaci di Gesù, i

“N a z a re n i ”, in quella strategia del terrore che portò all’esodo in massa dei cristiani dalla Piana di Ninive nel 2014: dai centri di Qaraqosh o Bakhdida, Telkaif, Tel Eskof, Bar- tella, Qaramlesh, Bashiqa. Costret- ti a convertirsi, pagare una tassa o fuggire. Eppure i “N a z a re n i ” lì vi- vevano dagli albori del cristianesi- mo. Lì avevano le loro radici e il do- lore di doversene andare lasciando non solo le proprie cose ma la pro- pria “geografia” deve essere rima- sto impresso, assieme alla paura, nei loro cuori.

La vita di questa comunità, sud- divisa oggi tra caldei, siri, armeni, latini, melkiti, ortodossi e prote- stanti, non è stata facile segnata da discriminazioni e persecuzioni nel corso dei secoli.

Le radici bibliche

Eppure quella dei cristiani in Iraq è una presenza antica e testi- moniata anche negli Atti degli Aposto- li. Si tratta di una Chiesa che ha le sue radici nel primo secolo con la predicazione dell’apostolo san Tommaso e dei suoi discepoli Tad- deo, conosciuto in Oriente con il nome di Addai, e Mari che evange- lizzarono in Mesopotamia e a loro è attribuita la composizione di una particolare anafora.

Ma la terra dell’attuale Iraq già prima del cristianesimo si intreccia con le radici del popolo d’Israele.

Da Ur verso Carran uscirà Abramo diretto verso le terre di Canaan. È poi interessante notare come Nini- ve, che sorge di fronte alla città di Mosul, più e più volte compaia nel- la Bibbia. Capitale dell’Assiria rag- giunse il suo splendore massimo nel VIIsecolo avanti Cristo e alla fi- ne di quello stesso venne distrutta, come preannunciato dal profeta Naum. Citata in vari libri dell’Anti - co testamento, il profeta Giona vi fu mandato da Dio per preannun- ciarne la distruzione ma «i cittadini di Ninive credettero a Dio e bandi- rono un digiuno, vestirono il sacco,

grandi e piccoli» e «Dio si ravvide riguardo al male che aveva minac- ciato di fare loro e non lo fece».

E anche Gesù fa riferimento a questi luoghi attestando l’imp or- tanza di queste terre nella geografia e nella storia della salvezza: «Quel- li di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanne- ranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona».

In questa terra il popolo ebraico soffrì l’esilio babilonese. Culla di antichissime civiltà, sono anche i santuari, i monasteri e le chiese a te- stimoniare la presenza del cristia- nesimo fin dai primi passi.

La conquista araba e la Chiesa d’O riente

La Chiesa d’Oriente fu molto fiorente, testimonia in una nostra intervista il sacerdote libanese ma- ronita Jean Azzam, parroco e pro- fessore di Sacra scrittura alla Ponti- ficia facoltà di Teologia dell’Uni - versità Santo Spirito di Kaslik a Ju- nieh, in Libano. Da 12 anni tiene conferenze su temi biblici e teologi- ci in Iraq soprattutto nella zona di Erbil, dove ha anche visitato le co- munità locali. È anche padre spiri- tuale al seminario Redemptoris Mater di Beirut. «Nel VII secolo dopo Cristo quando arrivarono gli arabi che sconfissero i sassanidi, i cristiani erano già almeno il 50%

degli abitanti dell’attuale Iraq, di lingua e cultura siriaca. Poi, poco a poco, hanno adottato la lingua ara- ba per potersi integrare mentre il si- riaco è stato mantenuto nella litur- gia e nella letteratura».

Quindi, spiega, con l’arrivo del Califfato degli abbasidi, il centro del potere si trasferì a Baghdad. In questo contesto «i cristiani hanno svolto un ruolo speciale facilitando l’integrazione culturale e soprattut- to nel campo delle traduzioni. Ri- cordiamo un famoso letterato, Hu- nayn Ibn Ishâq al-‘Ibâdî, che tra- dusse più di 40 libri dal greco all’a-

rabo e più di 95 in siriaco». Si trat- tava di libri della filosofia greca e delle scienze greche dei secoli pri- ma di Cristo, come Aristotele e Pla- tone. Conoscenze che poi gli arabi hanno sviluppato e in questo modo sono anche passate all’O ccidente.

Si tratta, quindi, di «un grande contributo alla cultura del tem- p o».

Il sacerdote ricorda anche un’al - tra figura centrale come il Catholi- cos Timoteo il Grande, (780-832) che fu letterato, di cui si ricordano diversi dialoghi con il Califfo al- Mahdī su questioni di fede cristia- na e islamica.

Si tratta, dunque, di una grande influenza in Iraq e nel mondo a cui ha contribuito questa Chiesa d’O- riente nell’ambiente islamico. «Poi però — ricorda don Azzam — poco a poco, gli abbasidi hanno cercato di convertire molti cristiani all’islam e tuttavia questa Chiesa ha evange- lizzato a Damasco, Gerusalemme, Alessandria, Cipro, ma anche han- no mandato missionari in India — la Chiesa in Malabar ha avuto ori- gine dall’evangelizzazione di que- sta Chiesa — e anche in Cina».

Nel periodo degli ottomani Gli ottomani, poi, hanno con- quistato la regione a partire dal 1516 e hanno sconfitto i mamelucchi

«che — ricorda il sacerdote — hanno compiuto terribili persecuzioni ver- so i cristiani di tutte le regioni del Medio oriente. Gli ottomani lascia- rono vivere i cristiani. E i dialoghi della Chiesa d’Oriente con Roma iniziarono dapprima a Cipro, e poi nello stesso Iraq, andando avanti a più riprese, fino a quando (XVIII-

XIXsecolo), c’è stato un ramo abba- stanza grande di questa Chiesa che è diventato caldeo, quindi cattolico in unione con Roma».

In questo periodo era comunque necessario “il permesso” del sulta- no per ogni atto all’interno della Chiesa, racconta don Azzam. Poi

con la Prima guerra mondiale ci fu una grandissima persecuzione con- tro i cristiani, rimarca ancora il sa- cerdote ricordando che morirono 1 milione e mezzo di armeni e in que- sta ondata di massacri sono stati uc- cisi anche molti membri della Chie- sa d’Oriente e di altre Chiese, an- che vescovi e preti. Per 1.400 anni ci sono stati dunque momenti di con- nivenza buona ma «ogni 20 o 30 anni persecuzioni più o meno loca- li».

La convivenza possibile su cui lavorare

Quindi nel 1920 il territorio fu affidato dalla Società delle Nazioni all’amministrazione britannica.

L’Iraq divenne una monarchia in- dipendente nel 1932 e una Repub- blica nel 1958 dopo un colpo di Sta- to. Nel 1979 l’arrivo di Saddam Hussein. Durante il regime dittato- riale, i cristiani avevano trovato un modus vivendi che aveva consentito alla Chiesa di svolgere attività an- che nel campo socio-caritativo.

Saddam ha bisogno dell’app oggio dei cristiani, che in quegli anni — nonostante la nazionalizzazione delle loro scuole — sono «impegna- ti nell’istruzione, nella medicina, e pur essendo una minoranza, hanno importanza e sono apprezzati per la loro cultura e apertura», spiega il s a c e rd o t e .

Quindi, nonostante la naziona- lizzazione delle loro scuole, i cri- stiani avevano trovato un modus vi- vendi che aveva consentito alla Chiesa di svolgere attività anche nel campo socio-caritativo.

«I cristiani comunque hanno sempre voluto convivere con i musulmani e hanno saputo farlo e molti musulmani hanno apprez- zato la presenza dei cristiani», ri- marca don Azzam sottolineando che «bisogna riconoscere che la convivenza è possibile. Anzi, è un ambito in cui lavorare e sono contento — afferma — che Papa Francesco abbia fatto queste aperture con il mondo musulma- no, sulle orme dei suoi predeces- sori. Ad esempio la grande intesa di 2 anni fa (con il Documento sulla Fratellanza Umana nda). E ora in- contrerà il capo religioso degli sciiti in Iraq. È quindi qualcosa da costruire ed è possibile far- lo».

Il monastero di Rabba Ormisda ad Alqosh

(3)

L’OSSERVATORE ROMANO

mercoledì 3 marzo 2021 pagina 3

Verso il viaggio del Papa in Iraq

che durerà fino al XIII secolo.

La religione dei nuovi domina- tori, collegandosi alla fede di Abramo, appare a quei cristia- ni come meno distante rispetto allo zoroastrismo seguito dal potere persiano. Poi arrivano i mongoli, che espugnano Ba- ghdad nel 1258, insediano ad- dirittura il Catholicos (a quel tempo massima autorità della Chiesa assira) in un antico pa- lazzo del califfato. L’imp onen- te struttura della Chiesa assira (30 diocesi metropolitane, 200 diocesi suffraganee) viene spazzata via dall’islam intolle- rante abbracciato dai mongoli

sotto Tamerlano solo a partire dall’inizio del XIVsecolo.

Per quattro lunghi secoli, quel che resta della realtà cri- stiana nelle terre dell’attuale Iraq sopravvive arroccandosi nei contrafforti montuosi del Kurdistan. In quel lungo tem- po di isolamento, si sclerotizza l’immedesimazione tra appar- tenenza all’etnia assira e parte- cipazione ai riti e alle pratiche cristiane. Lo stesso titolo di Catholicos diventa una sorta di carica tribale ereditaria, tra- smessa da zio a nipote all’inter- no della stessa famiglia.

Da allora, il settarismo su

base etnica diventa una tenta- zione ricorrente per molte co- munità cristiane della Mesopo- tamia.

Una deriva frenata in parte anche grazie all’arrivo dei mis- sionari latini, giunti a partire dal XVIsecolo: francescani, do- menicani, e poi carmelitani e gesuiti.

Attraverso un processo com- plicato e non lineare, comin- ciato nel 1553, alcuni vescovi as- siri in dissidio con la pratica del catholicosato ereditario scelgono di confessare la piena comunione col vescovo di Ro- ma (verso il quale, in realtà, non vi era mai stato alcun atto diretto di separazione). Inizia allora a configurarsi la Chiesa caldea, aggettivo che da quel momento connota i cristiani assiri in comunione con la Se- de apostolica romana. Nei se- coli successivi, guidata del suo Patriarca, la comunità cattolica caldea cresce e diventa la mag-

giore delle comunità cristiane presenti negli attuali territori iracheni. Grazie anche alla co- munione con la Sede romana, quella comunità resiste meglio alle derive dell’isolazionismo e dell’etnicismo. Un tratto che si manifesta anche negli approcci espressi davanti alle convulsio- ni geopolitiche dell’area, e alle manovre politico-militari mes- se in atto dalle potenze stranie- re negli ultimi due secoli. Ad esempio, durante la prima guerra mondiale, agenti bri- tannici e russi s’infiltrano in Kurdistan e arruolano gli assiri nella guerra contro il morente Impero ottomano, con la pro- messa di appoggiare la creazio- ne di uno Stato assiro indipen- dente alla fine del conflitto. Fi- nita la guerra, le comunità assi- re dovranno invece fuggire dai territori rimasti sotto la Tur- chia, ripiegando nel territorio iracheno posto sotto mandato britannico. Lì, i miliziani assiri affiancano le truppe britanni- che loro protettrici nella re- pressione delle insurrezioni sciite e curde. Dopo la scaden- za del mandato britannico, nel 1932, con un memorandum alla

Società delle Nazioni, reclama- no un territorio nazionale dove stabilirsi sotto la guida politica del Catholicos. Ma il nuovo Stato indipendente, imbevuto di rigido nazionalismo arabo, colpisce con ferocia tutti i par- ticolarismi etnico-religiosi che minacciano l’unità nazionale.

Nell’agosto 1933, i massacri compiuti in tutta la provincia di Mosul dalle truppe regolari infieriscono sui profughi assiri e anche sulle altre comunità cristiane - siri, armeni, caldei.

Traumatizzata dal bagno di sangue del 1933, buona parte della comunità assira segue sulla via dell’esilio il Catholi- cos, che ha riparato negli Stati Uniti.

Nell’ultimo secolo, davanti alle convulsioni della storia na- zionale, la comunità maggiori- taria dei caldei punta invece in più occasioni sulla carta della completa integrazione. I caldei insistono sulla loro “arabità”, minimizzando il proprio parti- colarismo al solo dato di fede.

Così i cristiani rimasti in Iraq dopo l’esodo assiro «si arabiz- zano culturalmente, al punto di fondersi nella massa. Ormai rassicurato delle loro intenzio- ni, il potere si disinteressa di lo- ro, e la sua pressione si allenta»

(J. P. Valognes, Vie et mort des chrétiens d’Orient, Fayard 1991, p.

747).

Con questa attitudine mi- metica e minimalista i caldei iracheni attraversano tutte le vicissitudini della seconda me- tà del Novecento, fino a alle campagne militari a guida Usa che porteranno alla caduta del regime baathista. Vanno avanti giocando di sponda col pana- rabismo laico a cui si ispira la repubblica inaugurata nel 1958. E la nuova Costituzione promulgata nel 1970, due anni dopo l’instaurazione del regi- me militar-socialista guidato dal partito Baath del generale Bakr e di Saddam Hussein, ri- conosce personalità giuridica alle principali confessioni cri- stiane tra cui caldei, assiri, siri cattolici, siri ortodossi e arme- ni.La condizione dei caldei e degli altri cristiani sotto il mili- tar-socialismo baathista non può essere idealizzata. Anche loro, senza armi e senza potere, subiscono limitazioni, soprusi e sofferenze di cui è vittima tut- ta la popolazione. Ma in quei decenni, appare impossibile bollare i cristiani autoctoni di Mesopotamia come “corp o estraneo”, comunità non parte- cipi della sorte comune del po- polo iracheno. La disapprova- zione espressa dalla Chiesa cal- dea guidata dal Patriarca Ra- phael I Bidawid davanti alle operazioni militari a guida Usa Desert storm (1991) e Iraqi freedom (2003) viene infilzata da circo- li occidentali come espressione della sudditanza di una mino- ranza ricattata dal regime dit- tatoriale. Ma anche grazie a ta- le scelta — in piena armonia con le parole di Giovanni Pao- lo II e della diplomazia vatica- na — nessuno rinfaccia ai cri- stiani d’Iraq inesistenti com- plicità coi “nuovi crociati”

d’O ccidente.

Lo scenario sembra mutare dopo la caduta di Saddam, quando la linea “minimalista”

che configurava l’assimilazio- ne culturale e politica dei cri- stiani in ambiente arabo sem- bra venire sconfessata. Il re-

vanscismo identitario etnico- religioso esploso nel dopo- guerra fino a minacciare con le sue spinte centrifughe il qua- dro unitario nazionale sembra contagiare anche settori eccle- siali. Gruppi organizzati, attivi soprattutto in seno alle comu- nità cristiane in diaspora, co- minciano a muoversi come rappresentanti di una mino- ranza etnico-nazionale in lotta per la salvaguardia dei propri diritti sociali, politici e cultura- li. Se Bidawid in un’intervista del 1974 rifiutava ogni confu- sione tra fede cristiana e etnici- smo politico («Noi dobbiamo distinguere tra nazionalità e Chiesa, tra Chiesa e politica (…). Il titolo caldeo non signi- fica per noi etnicità o naziona- lità»), dopo la guerra del 2003 petizioni e memorandum di gruppi caldei e assiri inviati ai politici Usa e a quelli britanni- ci producono come risultato l’articolo 135 della nuova Costi- tuzione, che garantisce «i dirit- ti amministrativi, politici, cul- turali e educativi per le varie et- nie come i turkmeni, i caldei, gli assiri e gli altri componenti, regolati attraverso la legge».

Nel cammino degli ultimi anni, il settarismo contagioso moltiplica le spinte centrifughe e mina la fragile democrazia irachena. Poi arriva anche l’in- cubo jihadista, che piazza pro- prio a Mosul la sua capitale, a dilaniare ferite già aperte e gonfiare di sangue i solchi di odio e sospetto che già lacera- vano il fragile ordito della con- vivenza nazionale. Louis Ra- phael Sako, eletto nuovo Pa- triarca caldeo il 30 gennaio 2013, lancia subito l’allarme sui cristiani che rischiano anche loro di essere contagiati dal set- tarismo: «Adesso purtroppo si sente qualcuno che dice: sono più armeno che cristiano, più assiro che cristiano, più caldeo che cristiano… in questo modo si spegne il cristianesimo. Noi, come vescovi, dobbiamo essere vigilanti contro queste forme malate di vivere la propria identità».

Dopo gli anni del delirio jihadista, e dei nuovi esodi cri- stiani, anche il patriarca caldeo abbraccia e rilancia le parole di fratellanza suggerite da Papa Francesco, che riaffiorano nel- l’attuale tornante della storia mediorientale non come vane divagazioni idealiste, ma come paradossali cartelli segnaletici di una opportunità politica realista: la possibilità di speri- mentare e esercitare la comune

“cittadinanza” non come tra- pianto artificiale di modelli culturali imposti dall’esterno, ma come sviluppo già prefigu- rato nelle attese e nelle espe- rienze “auto ctone” di convi- venza dei popoli mediorienta- li. Una scommessa da proporre a tutti, facendo memoria e te- soro delle occasioni in cui già in passato cristiani, sunniti, sciiti e tutti gli altri hanno spe- rimentato in quelle terre la pro- pria comunanza di destino, la propria appartenenza allo stes- so popolo. I frangenti storici in cui hanno camminato insieme, nei limiti delle proprie fragili- tà, soffrendo insieme prepo- tenze di regime, opposti setta- rismi e “bombe intelligenti”, eppure riuscendo talvolta a comporre le proprie diversità fino al punto di riconoscersi come fratelli, se Dio (in arabo, Allah) vuole.

Le esperienze di un perdono più forte della morte

La situazione in Iraq per i cri- stiani precipita dopo le due guerre del Golfo. Una serie di attacchi si verificano contro i cristiani fino alla drammatica persecuzione messa in atto dal sedicente Stato islamico, fra il 2014 e il 2017, in particolare con la conquista di Mosul e il con- seguente esodo dei cristiani verso altre zone e Paesi. Padre Azzam è stato negli ultimi 12 anni più volte in Iraq specie nella zona di Erbil, nel Kurdistan iracheno. «Già dalla guerra fra Iraq e Iran iniziò l’eso do dei cristiani all’estero. Poi l’e m b a r- go, il sedicente stato islamico... tut- to questo — nota — ha provocato l’esodo di massa verso le regioni curde e lì il Patriarca e i vescovi hanno organizzato veramente un’accoglienza fraterna, molto bel- la verso tutti i profughi. Quando sono stato lì a Ankawa, nella città di Erbil, ho visto tutto il lavoro del- la Chiesa, dei preti, di molti laici, di molte realtà. Poi monsignor Ba- shar Warda, arcivescovo cattolico caldeo di Erbil — che cercava, oltre al soccorso materiale ai profughi, di assicurare loro un nutrimento spirituale centrato sull’i n s e g n a- mento biblico — mi invitò a fare delle conferenze e ha chiamato an- che molte realtà ecclesiali, carismi nati dopo il Concilio Vaticano II. Quello che conosco bene è il Cam- mino neocatecumenale. Anche tanti altri vescovi hanno chiamato queste realtà per rispondere non solo ai bisogni materiali, ma anche spirituali e di fede, per poter contri- buire a aiutare a rispondere alla morte con la Risurrezione, con la sp eranza».

Quindi il sacerdote ricorda le toccanti testimonianze delle perso- ne che hanno sofferto molto, che hanno perso tutto. Dicevano, rac- conta, di non voler condannare o giudicare i membri dell’Isis perché affermavano: «loro non sanno quello che fanno». E ripetevano queste parole di Cristo sulla croce.

Testimonianze, evidenzia, di gran- de sofferenza, ma anche di consola- zione e di fede. «Il cristiano — ri - marca il sacerdote — nei momenti di morte e di ingiustizia riesce a mo-

strare la vita che è dentro di lui e il perdono per gli altri».

L’esodo dei cristiani

Degli 1,4 milioni di cristiani che vivevano in Iraq alla vigilia della se- conda Guerra del Golfo, oggi se ne contano fra i 300 e i 400mila. Solo nel periodo tra il 2003 e il marzo 2015 sono stati uccisi 1.200 cristiani.

Tra loro monsignor Paulos Rahho, l’arcivescovo di Mossul dei caldei, assassinato nel 2008, cinque sacer- doti e le 48 vittime dell’attentato jihadista del 31 ottobre 2010 contro la chiesa siro-cattolica di Nostra Si- gnora del Soccorso. 62 le chiese danneggiate o distrutte. Con l’av - vento dell’Is, più di 100mila cristia- ni sono stati costretti ad abbando- nare le loro case insieme ad altre minoranze perseguitate come gli yazidi. E circa 55mila sono andati via in questi ultimi anni dal Kurdi- stan iracheno. Dopo la sconfitta del Califfato, nel 2017, pian piano alcu- ni cristiani hanno fatto ritorno nella Piana di Ninive ma hanno paura. È iniziata e va avanti la ricostruzione anche grazie all’impegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre, ma si vive mancanza di sicurezza, molestie, intimidazioni e richieste di denaro da parte di milizie e gruppi ostili che continuano a essere una minac- cia per la comunità cristiana irache- na, tanto che il 57% dei cristiani pensa di emigrare.

Padre Azzam esprime l’auspicio che il Signore aiuti queste chiese in Medio oriente che vivono questo dramma perché i cristiani possano rimanervi e dare una buona testi- monianza. E il professore di Sacra scrittura ripete, per concludere, un detto musulmano: «i cristiani sono una grande ricchezza per i musul- mani e la loro assenza è una perdita non sostituibile».

Segno di pace e riconciliazione Delle istanze dei cristiani si è fat- to portavoce il patriarca Louis Ra- phaël Sako, insistendo sull’imp or- tanza di un dialogo coraggioso tra tutte le parti in causa in Iraq per co- struire uno Stato forte e pluralista.

Da anni le Chiese cristiane insisto- no per una Costituzione laica e per avere più spazi nella vita politica e sociale del Paese. La carta approva-

ta nel 2005 formalmente garantisce il rispetto della libertà religiosa ma di fatto l’islam costituisce una fon- te primaria della legislazione. C’è dialogo e ancora strada da percor- rere. Papa Francesco ha sempre fat- to sentire la sua vicinanza ai cristia- ni e questo viaggio apostolico la esprime a 360 gradi. Il Pontefice, infatti, ha ricordato «i cristiani co- stretti ad abbandonare i luoghi do- ve sono nati e cresciuti, dove si è sviluppata e arricchita la loro fe- de», aggiungendo che bisogna fare in modo «che la presenza cristiana in queste terre, continui ad essere ciò che è sempre stata: un segno di pace, di progresso, di sviluppo e di riconciliazione tra le persone e i p op oli».

LA DICHIARAZIONE

Le organizzazioni religiose per il dialogo e la convivenza

In una dichiarazione congiunta un gruppo di circa trenta organizzazioni religiose presenti in Iraq si rivol- gono al Papa in vista del viaggio e riaffermano il loro impegno a costruire un tessuto sociale e una conviven- za improntata alla fraternità.

«Accogliamo la visita di Sua Santità Papa Francesco nel luogo di nascita di Abramo, padre di molti nella fe- de» si legge nel testo. «Per secoli molte comunità etni- che e di fede hanno vissuto fianco a fianco in questa terra, tuttavia — denunciano i promotori dell’iniziativa

— negli ultimi decenni l’Iraq ha sofferto guerra, insicu- rezza e instabilità e, più recentemente, dell’ascesa degli e s t re m i s t i » .

Facendo riferimento all’enciclica Fratelli tutti e al docu- mento di Abu Dhabi, «come organizzazioni basate sulla fede — scrivono — abbracciamo pienamente que- sto messaggio di fraternità e di dialogo che Papa Fran- cesco sta portando in Iraq e crediamo fermamente che questo messaggio rappresenti un modo necessario per guarire le ferite del passato e costruire un futuro per le diverse comunità del Paese».

In questa linea, e davanti alla crisi che sta colpendo tante persone, assicurano di voler «continuare a servire le persone solo sulla base dei loro bisogni, rifiutando ogni forma di discriminazione; rispettare i valori cultu- rali e le convinzioni religiose, continuando a rifiutare ogni settarismo e proselitismo; rafforzare le iniziative inclusive che favoriscono la coesione sociale». In con- clusione, le organizzazioni religiose chiedono alla «co- munità internazionale» di sostenere «il popolo irache- no in un vero spirito di fraternità e solidarietà umana».

La cattedrale caldea

di San Giuseppe a Baghdad

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L’OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 4 mercoledì 3 marzo 2021

Nel mirino alti collaboratori di Putin

Navalny, sanzioni Usa La Russia: «Reagiremo»

Nel tradizionale incontro per l’anniversario dei Patti Lateranensi

Al centro la famiglia

D

AL MOND O

Macron riconosce l’assassinio di Boumendjel da parte dell’esercito francese nel 1957

L’avvocato e leader nazionalista algerino, Ali Boumen- djel, è stato «torturato e assassinato» dall’esercito france- se durante la guerra algerina nel 1957. A riconoscere que- sta responsabilità «in nome della Francia» è il presidente Emmanuel Macron. In un comunicato l’Eliseo ammette che non si trattò dunque di un suicidio, come fu detto al- l’epoca, dando così un nuovo passo nel tentativo di ri- conciliazione con l’Algeria. Questo riconoscimento, an- nunciato da Macron ai nipoti di Ali Boumendjel riceven- doli ieri sera, rientra difatti nei gesti di pacificazione rac- comandati dallo storico Benjamin Stora nel suo rapporto

— commissionato dallo stesso presidente — sulla coloniz- zazione e la Guerra d’Algeria volto a risolvere le tensioni tra i due Paesi circa la memoria del conflitto.

Incidente in Bolivia: autobus

precipita in un dirupo. Almeno venti vittime

Grave incidente nella regione di Cochabamba, in Bolivia.

Un autobus di linea colmo di passeggeri è uscito fuori strada, precipitando in un dirupo per oltre 150 metri. Se- condo un bilancio ancora provvisorio, nell’incidente han- no perso la vita circa una ventina di persone, mentre sa- rebbero almeno una dozzina i feriti. Lo riferisce la stam- pa locale. Il mezzo viaggiava di notte lungo la strada sta- tale che collega Cochabamba a Santa Cruz, nella Bolivia centrale, in un pericoloso tratto denominato “il burrone”.

Il bus avrebbe sbandato precipitando a valle, ha reso no- to il capo della polizia. Le cause sono ancora da determi- nare. Secondo le prime ricostruzioni, l’autista avrebbe perso, per motivi non chiari, il controllo del veicolo. No- nostante la natura impervia della zona, i soccorritori han- no già recuperato 15 corpi e numerosi feriti.

WASHINGTON, 3. Gli Stati Uniti considerano la Russia responsabile dell’avvelena - mento del dissidente Alexei Navalny e della sua «detenzio- ne arbitraria»

L’amministrazione Biden ha reso noto di avere, per que- sto, sottoposto a sanzioni sette alti e medi collaboratori del presidente Putin. Allo stesso tempo la Ue ha rivelato di ave- re già deciso nei giorni scorsi provvedimenti simili contro altri quattro funzionari russi.

Durissima la reazione di Mo- sca: «Non si gioca con il fuoco

— ha ammonito un comunica- to del ministero degli Esteri — gli Stati Uniti hanno perso il diritto di fare lezioni morali agli altri. Reagiremo, non ne- cessariamente in maniera sim- metrica». Fra i sanzionati, an- che il primo vice capo dello staff dell’amministrazione

presidenziale, due vice mini- stri della Difesa, il direttore del servizio penitenziario fe- derale, il procuratore generale, il capo del dipartimento di po- litica interna fino al capo dei servizi segreti. Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha detto che gli Usa

«condividono la preoccupa- zione della Ue per il crescente autoritarismo in Russia. Il go- verno Usa ha esercitato i suoi poteri per mandare un chiaro segnale che l’uso da parte della Russia di armi chimiche e l’a- buso sui diritti umani hanno gravi conseguenze». Ha fatto sentire la voce anche la Cina con il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin: il caso Navalny, ha detto, rien- trerebbe «interamente negli affari interni della Russia e le forze esterne non hanno alcun diritto di interferire».

Due aziende storicamente rivali collaboreranno per produrre il farmaco

Biden: vaccino anticovid per tutti entro la fine di maggio

WASHINGTON, 3. Il presidente statunitense Joe Biden ha an- nunciato ieri che il Paese avrà abbastanza vaccini anti-covid- 19 per tutti gli adulti entro la fi- ne di maggio. «Tre settimane fa ho detto che avremmo avuto abbastanza vaccini per tutti gli americani entro la fine di lu- glio, oggi, con gli sforzi per po- tenziare la produzione, dico che ne avremo abbastanza per tutti gli americani entro la fine di maggio», ha affermato Bi- den dalla Casa Bianca.

Nel piano vaccinale nazio- nale il presidente Usa ha fatto inoltre sapere di essere inten- zionato a utilizzare i poteri del governo federale per indicare a tutti gli Stati di dare priorità al corpo insegnante, in modo che ogni educatore e lavoratore del mondo scolastico riceva alme- no la prima dose del vaccino entro la fine di marzo. Biden si è poi detto fiducioso anche di tagliare il traguardo di 100 mi- lioni di dosi nei suoi primi 100 giorni, ossia entro il 20 aprile.

Biden ha ribadito per l’enne-

Alexei Navalny (foto Reuters/Maxim Shemetov)

sima volta l’importanza di non abbassare la guardia, facendo chiaro riferimento all’obbligo dell’uso della mascherina, do- po che i governatori del Texas e del Mississippi, Greg Abbott e Jonathon Tate Reeves, hanno annunciato la revoca di tutte le restrizioni e la riapertura delle attività al 100 per cento a parti- re da oggi, sfidando il monito dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) a non al- lentare le misure.

In Texas, secondo il gover- natore Greg Abbott, «troppi piccoli imprenditori hanno fa- ticato per pagare le bollette, questo deve finire, è ora di apri- re al 100%». Ha motivato la sua decisione con il grosso calo del numero dei contagi nello Stato, dove vengono ormai sommini- strati 1 milione di vaccini a setti- mana.

Sul fronte della campagna vaccinale, il portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, ieri du- rante un briefing con la stampa ha reso noto che verranno au- mentate da 14,5 a 15,2 milioni le

dosi del vaccino contro il coro- navirus fornite ogni settimana negli Stati Uniti. Un aumento considerevole rispetto alla me- dia di di 8,6 milioni di dosi di- stribuite settimanalmente nel momento dell’insediamento di Biden.

Psaki ha poi annunciato che, in prospettiva, la distribuzione dei vaccini sarà rafforzata — con 18 milioni di dosi messe a di- sposizione settimanalmente — anche grazie all’accordo di col- laborazione per la produzione del vaccino anti-covid raggiun- to tra le due grandi aziende far- maceutiche storicamente rivali, Merck e Johnson & Johnson.

L’intesa, mediata dalla neo amministrazione statunitense, è stata resa possibile anche gra- zie all’uso della Defence pro- duction act, una legge di guerra risalente agli anni ‘50, che con- sente al presidente di convertire la tipologia di produzione delle aziende del Paese per motivi di sicurezza verso le necessità in- dicate.

In settimana intanto anche il Senato dovrebbe votare il maxi piano di aiuti da 1.900 miliardi di dollari, già passato alla Ca- mera, in modo che possa diven- tare legge prima del 15 marzo, quando scadranno i precedenti stimoli economici. Il percorso al Senato non è scontato secon- do gli analisti, visto che i demo- cratici hanno la maggioranza assicurata solo grazie al voto della vice presidente Kamala Harris.

Sciagura stradale in California:

morti 15 migranti

LOSANGELES, 3. Strage di im- migrati nel sud della Califor- nia, sulla National Highway 115 vicino a Holtville, a circa sei miglia a nord del confine tra Stati Uniti e Messico, ieri durante le prime ore del gior- no.Almeno in 14 sono morti nello schianto tra l’auto, un grosso pick-up, su cui viaggia- vano e un camion autoarticola- to che trasportava ghiaia. Sette persone sono state trasportate al centro medico regionale di El Centro, dove una di loro è deceduta, mentre altre due persone sono state trasportate in altro ospedale della zona.

Secondo le dichiarazioni ri- lasciate dall’agente della poli- zia stradale della California, Jack Sanchez, a «USA Today»

il grande suv avrebbe potuto portare un massimo di 8 pas- seggeri, mentre a bordo del veicolo al momento del terrifi- cante incidente ci sarebbero state addirittura 27 persone.

L’autista dell’autoarticolato sarebbe rimasto ferito con “le- sioni lievi”, secondo quanto ri- portato dalla polizia stradale.

Ucraina: l’Ue sostiene il dialogo

KI E V, 3. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ribadito «il soste- gno inequivocabile dell’Ue alla sovranità e l’integrità ter- ritoriale dell’Ucraina». Ieri Michel, per la prima volta in visita nel Paese dell’E u ro p a orientale, si è recato insieme al presidente ucraino Volo- dymyr Zelensky nella regione di Luhansk, vicino al Don- bass, area teatro di scontri ar- mati tra l’esercito ucraino e le forze separatiste fino al luglio scorso quando fu siglato il cessate il fuoco. «Potete con- tare sul sostegno continuo dell’Unione europea» il mes- saggio di Michel agli ucraini.

«Crediamo che tutti dovreb- bero rispettare confini rico- nosciuti a livello internazio- nale», ha poi precisato, sotto- lineando come la piena attua- zione degli Accordi di Minsk sia l’unica strada possibile.

La visita in Ucraina costi- tuisce l’ultima tappa di un tour iniziato domenica in Moldova, proseguito poi in Georgia e che si conclude og- gi a Kiev.

La volontà di riportare al centro la famiglia e di soste- nerla con adeguate politiche familiari, la presidenza italia- na del G20 e la copresidenza della Cop26 di Glasgow con le connesse questioni am- bientali, e naturalmente i problemi comuni derivanti dalla pandemia da covid-19:

sono state le tematiche al centro dei cordiali colloqui di martedì pomeriggio, 2 mar- zo, tra le delegazioni della Repubblica italiana e quella della Santa Sede, in occasio- ne dell’annuale incontro nel- l’ambasciata d’Italia a Palaz- zo Borromeo, per le celebra- zioni del novantaduesimo an- niversario dei Patti Latera- nensi (11 febbraio 1929) e del trentasettesimo dell’A c c o rd o di modifica del Concordato (18 febbraio 1984).

A conclusione del vertice, il cardinale Pietro Parolin, se- gretario di Stato, ha dichiara- to ai giornalisti intervenuti che «la conversazione è stata molto serena. È stato presen-

tato il piano di azione» della nuova compagnie governati- va «che ci ha trovato molto attenti» soprattutto sul tema della famiglia, ha aggiunto.

Mentre da parte della Santa Sede è stata sottolineata la necessità di un approccio eti- co alle questioni ambientali.

«Noi pensiamo che il nostro contributo» debba essere

«sul piano» dell’educazione e di «un nuovo stile di vita», ha commentato il porporato, concludendo che «il confron- to ci lascia fiduciosi».

E di «clima molto costrut- tivo» ha parlato anche il car- dinale il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italia- na (Cei). «C’e stato un con- fronto ampio, sereno e franco

— ha detto — su tutti i temi, dalla famiglia alla scuola; e c’è stata convergenza su tutti gli argomenti, anche su quelli di politica estera».

Accolti dall’a m b a s c i a t o re Pietro Sebastiani, per la San- ta Sede erano presenti tra gli

altri, oltre a Parolin e Basset- ti, gli arcivescovi Edgar Peña Parra, sostituto della Segrete- ria di Stato, Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e Paul Emil Tscherrig, nunzio apo- stolico in Italia; e il vescovo Stefano Russo, segretario ge- nerale della Cei.

Per parte italiana, oltre al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al presi- dente del Consiglio dei mini- stri, Mario Draghi, tra gli al- tri sono intervenuti, con alcu- ni membri del governo, i pre- sidenti del Senato, Maria Eli- sabetta Alberti Casellati, del- la Camera, Roberto Fico, della Corte costituzionale, Giancarlo Coraggio, e diver- se personalità istituzionali. A causa dell’emergenza sanita- ria il tradizionale ricevimento è stato sostituito con la visita delle due delegazioni alla mostra «Contemporanei a Palazzo Borromeo. Arte e de- sign nell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede».

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L’OSSERVATORE ROMANO

mercoledì 3 marzo 2021 pagina I

R religio

I N C A M M I N O S U L L E V I E D E L M O N D O

di PAT R I Z I A CA I F FA

I

n Cile, nella terra degli indigeni Mapu- che, un ettaro seminato a fagioli ha dato a dieci donne la possibilità di ripartire.

Nella Repubblica Democratica del Con- go vengono distribuiti generi alimentari alle famiglie più bisognose della comuni- tà Casa Ek’Abana. In Mozambico c’è ne- cessità di aiuti sanitari ed economici, tra siccità, alluvioni e covid-19. In Sud Su- dan, la Caritas locale continua a distri- buire aiuti di emergenza e al tempo stes- so promuove la riconciliazione sociale, sostenendo i contadini con attrezzi agri- coli e sementi e supportando piccole atti- vità generatrici di reddito. In Burkina Faso gli alberi di karité piantati dalle donne ricostituiscono la comunità, in un’area rurale con i più alti tassi di mal- nutrizione di tutto il Paese.

Sono solo alcuni dei sessantaquattro progetti che usufruiranno della raccolta fondi della campagna «Dacci oggi il no- stro pane quotidiano» lanciata nel luglio scorso da Caritas Italiana e Focsiv per ri- spondere alla “pandemia della fame” e prorogata fino al mese di aprile 2021. Ses- santaquattro iniziative nate nell’ambito delle Chiese locali e delle ong aderenti alla Focsiv (Federazione organismi cri- stiani servizio internazionale volontario) in quarantacinque Paesi di Europa del- l’est, Asia, Africa, Medio Oriente e Ame- rica Latina, destinatarie milioni di fami- glie povere e impoverite esposte al conta- gio da covid-19, che rischiano di rimane- re senza cure e medicine per mancanza di soldi oppure di non poter più accedere

ad alcuni servizi. Gli ambiti di azione so- no diversi: salute e famiglia, donne, mi- granti e rifugiati, educazione, lavoro.

«La pandemia ha incrementato le di- suguaglianze tra i Paesi, a iniziare dalla diffusione dei vaccini per il covid-19, che sono per molti ma non per tutti», si legge in una nota recente di Caritas Italiana e Focsiv. Nelle nazioni impoverite, a esem- pio, pesa l’inadeguatezza dei sistemi sa- nitari nazionali «che rende difficile la di- stribuzione e la somministrazione della vaccinazione sul campo, nei tanti villaggi e piccole città disperse in vasti territori, dove sono assenti medici e personale in- fermieristico». Ma pesa anche «l’insuffi - ciente disponibilità di celle frigorifere per l’immagazzinamento, la conserva- zione e la distribuzione, che in alcuni casi è inesistente». In Guinea, Liberia e Sier- ra Leone — tre degli Stati più colpiti dal- l’emergenza ebola — la densità dei medici ad esempio è di 4,5 ogni 100.000 abitanti, mentre la media italiana è di circa 376 medici ogni 100.000 abitanti. «Altra di- suguaglianza — ricordano Caritas e Foc- siv — è la diversa capacità produttiva di medicinali e di attrezzature medicali», visto che nei Paesi impoveriti non esiste industrializzazione del settore sanitario e

«tutto dipende da costose importazioni dall’estero e dall’aiuto dei Paesi più ric- chi».

La campagna prosegue quindi fino a Pasqua cercando di sensibilizzare le co- munità ecclesiali e trovare fondi. «Ab- biamo raccolto 200.000 euro, un quinto dell’obiettivo che ci eravamo posti, ossia un milione di euro», spiega Paolo Becce-

gato, vicedirettore di Caritas Italiana. Il mo- tivo? «Anche se la soli- darietà non manca e chi ha un reddito garantito in questo periodo riesce perfino a risparmiare (perché stando a casa ha meno spese), molti altri italiani che non lavora- no sono in difficoltà, quindi preoccupati per

sé e per i connazionali. Chi dona sceglie di aiutare le famiglie italiane povere».

Con la precedente campagna «La con- cretezza della carità», legata all’emer - genza sanitaria durante il lockdown del 2020, Caritas Italiana aveva raccolto in- fatti oltre 5 milioni di euro. In un mo- mento in cui tutta l’informazione è cen- trata sul covid-19 e sulle dinamiche na- zionali, risulta dunque una sfida impe- gnativa far capire alle persone i bisogni e le richieste di aiuto di tante realtà del sud del mondo, spesso percepite come lonta- ne. Sul sito www.insiemepergliultimi.it le due realtà ecclesiali pubblicano storie dal campo, materiali e approfondimenti per informare e coinvolgere le comunità cristiane. Su quest’ultimo aspetto stanno rispondendo meglio. Diverse Caritas diocesane hanno organizzato incontri di riflessione nei territori o partecipano ai webinar organizzati on line. Ogni mese la campagna affronta un tema diverso: la sanità, la fame, il lavoro, la povertà edu- cativa, le donne, la cura, i migranti. Da qui ad aprile si parlerà inoltre di coesione sociale e disuguaglianze, due aspetti che

la pandemia sta mettendo fortemente in discussione. «Stanno aumentando le tensioni sociali e le difficoltà legate alla dimensione psicologico-relazionale», osserva Beccegato: «Le disuguaglianze poi continuano a crescere in maniera esponenziale, con la forbice tra ricchi e poveri che si allarga sempre di più: men- tre la maggioranza della popolazione si impoverisce si stanno arricchendo le case farmaceutiche, le imprese tecnologiche e informatiche, la grande distribuzione a domicilio».

Nel mese di marzo Caritas Italiana e Focsiv lanceranno messaggi politici al- l’opinione pubblica, per poi concludere la campagna a Pasqua con un invito alla speranza rivolto alla comunità ecclesiale.

«Non dimentichiamo i Paesi poveri — è l’appello di Beccegato — e aiutiamo le Chiese locali a portare avanti progetti che nascono da bisogni concreti. Non so- no soldi donati a pioggia ma esigenze reali a cui dobbiamo dare una risposta, anche solo con un piccolo segno d’ap - poggio». Informazioni e donazioni sul sito www.insiemepergliultimi.it

Lanciata a luglio la campagna di Caritas Italiana e Focsiv è stata prorogata fino ad aprile: i fondi raccolti serviranno

a finanziare 64 progetti per rispondere alla “pandemia della fame”

A chi manca il pane

quotidiano

L’avventura della fede

Il Vangelo nella terra dei Galla

GENEROSOD’AGNESE A PA G I N A II

La Quaresima del patriarca ortodosso di Gerusalemme

Theophilos e la preghiera per l’unità

GIANNIVALENTE A PA G I N A III

Ospedale da campo

Ricchezza della carità

CRISTINAUGUCCIONI A PA G I N A IV

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II mercoledì 3 marzo 2021 mercoledì 3 marzo 2021 pagina III

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religio religio

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ViaCrucis.live, per pregare sul web durante la Quaresima

Vivere la Quaresima attraverso la proposta di un cammino di preghiera accompagnato da chi ha attraversato la prova della pande- mia. Superando le limitazioni imposte agli incontri in presenza, Internet e i social me- dia si stanno offrendo sempre più come un riscoperto spazio di evangelizzazione. È na- to così il progetto ViaCrucis.live, promosso dall’Ufficio comunicazioni sociali del Vica- riato di Roma.

Ogni venerdì di Quaresima, alle ore 15, don Stefano Cascio, parroco di San Bona- ventura da Bagnoregio, prega le stazioni della Via Crucis su YouTube e su Facebook insieme a una persona scelta come «rappre- sentante delle categorie che, durante que- st’anno, hanno davvero vissuto e sperimen- tato una “Via Crucis”».

Nei primi due venerdì di Quaresima sono intervenute un’attrice, a nome di tutti gli ar- tisti duramente penalizzati dalle restrizioni imposte in contrasto alla pandemia, e una a cura di FABIOBO L Z E T TA

In rete

di GENEROSOD’AGNESE

F

urono trentacinque anni di grande

lavoro e immensi sacrifici, trenta- cinque anni di stenti e paure, sa- crifici e abnegazione, terminati con l’esilio forzato ma anche con un segno indelebile: quello di aver dato i natali alla città di Addis Abeba. Furono gli anni della straordinaria esperienza missiona- ria di Abuna Messias, ovvero fra Guglielmo da Piovà, alias Loren- zo Antonio Massaia, divenuto ve- nerabile per la Chiesa, amico fra- terno del popolo Galla ed eroe dell’Italia dei primi anni del No- vecento che l’omaggiò con un film (prodotto nel 1938 per la re- gia di Goffredo Alessandrini) vin- citore di uno speciale premio al Festival del Cinema di Venezia. E che indusse il suo paese natale, Piovà, ad adottarne anche il no- me, in perenne ricordo della sua straordinaria vita.

Lorenzo Antonio Massaia nac- que l’8 giugno del 1809 nella bor- gata La Braja di Piovà d’Asti (og- gi Piovà Massaia come detto). Era il settimo degli otto figli di Gio- vanni Massaia e Domenica Maria Bertorello, un’agiata famiglia del- l’astigiano. Trascorse l’adolescen- za sotto la guida del fratello Gu- glielmo, parroco di Pralormo, e frequentò il Collegio reale di Asti come seminarista dal 1824 al 1826.

Il 6 settembre del 1826 indossò il saio cappuccino a Madonna di Campagna, presso Torino, con il nome di Guglielmo e ricevette il presbiterato a Vercelli il 16 giugno 1832. Terminati gli studi, assunse nel 1834 la direzione spirituale dell’Ospedale mauriziano di Tori- no dove rimase per due anni, di- venendo confessore e consigliere del futuro san Giuseppe Benedet- to Cottolengo. Le conoscenze di medicina acquistate al Maurizia- no gli avrebbero invece permesso, durante i suoi anni africani, di preparare personalmente il vacci- no del vaiolo e di salvare molta gente.

I successivi dieci anni lo videro insegnante di filosofia e teologia nel convento di Moncalieri-Testo- na, cappellano estivo di casa Sa- voia — dove conobbe la regina Maria Teresa, suo marito Carlo Alberto, e il principe Vittorio Emanuele II, futuro re d’Italia — direttore spirituale di

Silvio Pellico, reduce dallo Spielberg, segre- tario e bibliotecario della marchesa Giulia Colbert di Barolo.

Nel 1846 fra Gugliel- mo fu trasferito al con- vento del Monte dei Cappuccini a Torino e il 26 aprile 1846 Grego- rio XVI istituì il vicaria-

to apostolico degli oromo in Alta Etiopia, sancito con un Breve del 4 maggio seguente; sei giorni do- po, con altri due Brevi, affidò il vicariato al Massaia, che, il 24 del- lo stesso mese, fu consacrato ve- scovo a Roma in San Carlo al Corso. Il 6 giugno il frate cappuc- cino di Piovà s’imbarcò da Civita- vecchia con destinazione Alessan- dria d’Egitto e a poco meno di 37 anni, finalmente, poté coronare il sogno di diventare missionario in

terra africana, intraprendendo un’avventura segnata da croci e inaudite sofferenze.

Lorenzo Antonio sbarcò a Mas- saua, nella prefettura dell’Abissi- nia che comprendeva l’attuale Eri- trea e il Nord Tigray. La strada verso l’interno era sbarrata dalle guerre tra il principe del Tigray, Ubié e il ras Aly, principe dell’A-

smara. Durante la pausa forzata, il cappuccino iniziò la perlustra- zione dei litorali del mar Rosso e del Golfo arabico nel vano tenta- tivo di trovare una via, i mezzi ed i lasciapassare per arrivare nelle ter- re dei Galla, nel centro dell’Etio- pia. Massaia incontrò l’a p p re z z a - mento dei nativi, per i quali di- venne l’hakim (il medico), che am- miravano le sue doti terapeutiche.

La sua fama lo precedeva nei suoi viaggi e trovava sempre, prima di far ingresso in un villaggio, nutriti gruppi di indigeni ad aspettarlo per salutarlo e indurlo a improvvi- sare subito un ambulatorio. Ma provocò anche la gelosia della ca- sta religiosa ortodossa. I ras ed i capi dei villaggi apprezzavano l’o- pera del Massaia ma il clero etio- pe non poteva tollerare uno stra- niero che faceva tanti proseliti. Il vescovo ortodosso Abuna Salama

III con sprezzo lo battezzò profe-

ticamente “Abuna Messias” e con il pretesto che in Abissinia doveva esserci solo un vescovo cristiano, scomunicò il Massaia convincen- do il principe Ubiè a cacciarlo dal suo regno. Il missionario cappuc- cino tentò di trasferirsi nel territo- rio degli Oromo, nella regione dello Scioa, ma fu catturato e sot- toposto a numerose umiliazioni prima di essere portato davanti al ras Aly che lo costrinse a recarsi in Francia per chiedere la protezione

dei francesi del suo regno contro la minaccia di aggressione da par- te dell’Egitto.

Il 3 giugno 1850 il cappuccino salpò da Aden per l’Europa e ot- temperò alla missione diplomatica per poi riprendere ancora una vol- ta il tentativo di entrare nel suo vi- cariato risalendo il Nilo, in veste di mercante, bastone in mano, piedi scalzi e passaporto intestato a Giorgio Bartorelli. Il missiona- rio riuscì a entrare il 21 novembre del 1852 nella terra degli Oromo, indossando di nuovo gli abiti da religioso, raggiungendo la regione del Gudrù nel 1852. Qui fondò la sua prima missione sul ciglione di Assandabò, alla confluenza del Guder con il Nilo Azzurro, una cinquantina di chilometri a nord- est del lago di Finciaa, che oggi copre la verde palude Ciomèn.

Più a sud, nei pressi del Ghibiè, fondò la missione di Lagamàra, dove rimase fino al 1859, un’altra ad Afallo nel Ghera, dove sono stati sepolti padre Léon des Avan- chère e l’esploratore Giovanni Chiarini. Rientrato temporanea- mente in Francia nel 1866, fondò a Marsiglia il collegio San Miche- le per l’educazione dei giovani Galla e pubblicò la prima gram- matica in quella lingua. Per la sua missione trovò aiuti in denaro perfino dall’imperatrice Eugenia e dal consorte NapoleoneIII. Men- tre attraversava lo Scioa nel 1868 per raggiungere nuovamente i suoi centri religiosi nel sud dell’E- tiopia, il missionario fu catturato da Menelik, re della regione. La cattura unì paradossalmente le due figure e Massaia sfruttò l’a- scendente che aveva sul futuro imperatore per fondare missioni

anche in quella regione: ai piedi dei monti Entotto ne fondò una in località Finfinni, presso le sor- genti di acqua termale del fiume Filwoha, luogo preferito dalla re- gina Taitù per fare i bagni. Fu proprio la regina a convincere Menelik a fondare nel 1886 la città di Addis Abeba, (Nuovo Fiore).

Massaia ideò e realizzò nel 1872 la creazione dell’ambasciata etiopica in Italia e favorì l’inserimento del- la spedizione scientifica della So- cietà geografica italiana guidata da Orazio Antinori. Grazie al missionario fu fondata nel 1877 la stazione geografica di Let Mare- fià, a pochi chilometri da Anco- ber. Queste due imprese gli valse- ro prima la nomina a Grande uffi- ciale dell’ordine di San Maurizio e Lazzaro e poi, nel 1879, la nomi- na a plenipotenziario del Trattato d’amicizia fra S.M. il re d’Italia e S.M. il re dello Scioa.

Il cappuccino operò nella terra degli Oromo e nello Scioa per 27 anni unendo le attività di forma- zione della gioventù e dei catechi- sti a quelle umanitarie come la

profilassi contro malattie endemi- che, vaccinazioni contro il vaiolo, creazione della prima grammatica della lingua Oromo, allora solo parlata, trascritta con caratteri la- tini, compilazione di manuali sco- lastici, creazione di centri assisten- ziali per le vittime di guerre e ca- restie, incremento e sviluppo del- l’agricoltura, sostegno a varie spe- dizioni scientifiche; senza trascu- rare iniziative diplomatiche, tanto da essere appunto nominato dal governo italiano ministro plenipo-

Il Vangelo

nella terra dei Galla

I 35 anni di missione di fra Guglielmo Massaia

L’ avventura della fede

L’Abuna Messias camminava sempre a piedi nudi e osservava i terribili digiuni etiopici privandosi del cibo per circa duecento giorni l’anno

Carta geografica ra p p re s e n t a n t e le esplorazioni di fra Guglielmo Ma s s a i a (a destra)

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