• Non ci sono risultati.

L OSSERVATORE ROMANO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "L OSSERVATORE ROMANO"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 5-6 febbraio 2021)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 29 (48.652) Città del Vaticano venerdì 5 febbraio 2021

y(7HA3J1*QSSKKM( +#!z!$!z!.

Le parole, ancora attuali, del Papa nel 2014

La crisi della politica tra solitudine e autoreferenzialità

di ANDREAMONDA

L

a vicenda italiana, ma non so- lo essa, ci dice che la politica, che San Paolo VIdefinì la più alta forma della carità, è in cri- si. Sempre più spesso non riesce, da so- la, a trovare le soluzioni necessarie a ga- rantire ciò per cui essa stessa esiste: il bene comune. Sempre più spesso si in- carta in dispute nominalistiche, in gio- chi di potere e di parole. È il rischio di cui parlava il teologo gesuita Ivan Illi- ch quando segnalava la tentazione insi- ta inevitabilmente in ogni istituzione umana: dimenticare l’ispirazione origi- naria e porsi come scopo soltanto la conservazione della sua esistenza.

Di fronte all’attuale crisi è dunque necessario chiedersi: cosa sta accaden- do alle democrazie? È una crisi di cre- scita? O è una malattia grave quella che sembra capace di generare sempre più spesso aggregati instabili di ranco- ri invece che di progetti?

Da un certo punto di vista la politi- ca è (e deve rimanere) sempre in crisi;

capace di un pensiero aperto, “incom - piuto”, pronto a farsi sempre interro- gare dalla realtà, insoddisfatto di ogni soluzione che si presenti come assolu- ta e definitiva; animata da una co- scienza critica, da una inquietudine nella ricerca del bene, che spinge sem- pre verso nuove ricerche, ed elabora- zioni creative, per rispondere ai sem- pre nuovi bisogni delle persone.

Da un altro punto di vista la crisi che oggi attraversa la politica nel mondo e anche in Italia, sembra di un altro tipo, appare l’espressione di un pensiero che non è aperto ma è chiuso, come condannato all’autoreferenziali - tà, che diventa “effetto”, meccanismo che si muove per automatismi ma non riesce più a comunicare, a entrare in relazione con quel popolo che dovreb- be essere il centro e la destinazione

Il discorso del presidente al dipartimento di Stato

Biden annuncia il «ritorno della diplomazia»

WASHINGTON, 5. Il ritorno della di- plomazia. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha scelto per il suo primo discorso di politica estera la platea del dipartimento di Stato.

Un altro marcato segnale di inver- sione di tendenza sia nella scelta del luogo che nei temi. «Voi — ha detto Biden, che era accompagnato dalla vice presidente Kamala Harris

— siete il centro di ogni azione che intraprenderò. Voi ne siete il cuore.

Noi ricostruiremo le nostre allean- ze». Ricostruire, dunque, sceglien- do l’approccio del multilateralismo, in un dialogo — ha aggiunto — f e r- mo e radicato nei valori democrati- ci.Dialogo ma anche decisioni sulle quali la diplomazia è chiamata a portare la barca in porto sicuro: il presidente ha indicato innanzitutto

la risoluzione dei conflitti ed ha an- nunciato il ritiro dell’appoggio sta- tunitense alla coalizione a guida saudita intervenuta nel sanguinoso conflitto nello Yemen: «Questa

guerra deve finire» è stato il man- dato del presidente al dipartimento di Stato. «Si è rivelata una catastro- fe umanitaria e strategica». Il dos- sier sarà affidato ad un diplomatico

di grande esperienza, Tim Lender- king, che sarà l’inviato speciale del presidente per lo Yemen.

Questo, ha spiegato Biden, non significa ritirarsi da tutti i teatri.

L’amministrazione statunitense, in- fatti, manterrà la presenza di truppe in Germania e di riflesso la sua po- sizione centrale nell’alleanza della Nato.

La guerra porta con sè il dramma dei profughi che premono sul nord del mondo. La precedente ammini- strazione aveva fissato un tetto di 15000 persone da accogliere negli Usa. Biden lo porterà a 125.000 E si è impegnato a rendere più accessi- bile e chiaro l’iter per le richieste di asilo. «Vi prometto — ha ribadito — che mi appoggerò a voi. E mi aspetto che il popolo americano vi sostenga».

A

LL

INTERNO

Oggi in primo piano

Sulla crisi

e la sua ambiguità

MICHELEGIULIOMASCIARELLI EGI O VA N N I CESAREPAGAZZI NELLE PA G I N E 2E3

Dante e i Papi

Albino Luciani

GABRIELLAM. DIPAOLA

DOLLORENZO A PA G I N A 5

Nessuno sia escluso

dall’accesso ai vaccini

N

OSTRE

I

NFORMAZIONI PAGINA8

SEGUE A PA G I N A 3

La preoccupazione di Caritas Internationalis per le popolazioni dei Paesi poveri di Africa, America Latina e Asia

C

aritas Internationalis chiede alle Nazioni Unite di convocare una riunione del Consiglio di sicurez- za, per affrontare immediatamen- te la questione di una più equa distribuzio- ne dei vaccini, affinché nessuno resti esclu- so. L’appello è contenuto in un comunicato diffuso oggi, venerdì 5, che rilancia, sintetiz- zandole, le osservazioni formulate dal Dica- stero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui) nei «20 punti per un ac- cesso giusto ed universale» alle cure antico-

vid-19, in questo tempo segnato dalla pan- demia, in cui rischiano di restare tagliati fuori soprattutto i Paesi del sud del mondo.

Cancellazione del debito di questi ultimi, potenziamento della produzione locale in Africa, America Latina e Asia, e sostegno fi- nanziario e tecnico alle organizzazioni della società civile e a quelle religiose perché me- glio radicate sul territorio, le altre richieste di Caritas.

PAGINA8

(2)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 2 venerdì 5 febbraio 2021

Oggi in primo piano - Sulla crisi e la sua ambiguità

Dal Discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2020:

...Questo Natale è il Natale della pandemia, della crisi sanitaria, della crisi economica sociale e persino ecclesiale che ha colpito ciecamente

il mondo intero. La crisi ha smesso di essere un luogo comune dei discorsi e dell’establishment intellettuale per diventare una realtà condivisa da tutti.

Questo flagello è stato un banco di prova

non indifferente e, nello stesso tempo, una grande occasione per convertirci e recuperare autenticità.

La crisi è un fenomeno che investe tutti e tutto.

È presente ovunque e in ogni periodo della storia,

coinvolge le ideologie, la politica, l’economia, la tecnica, l’ecologia, la religione. Si tratta di una tappa obbligata della storia personale e della storia sociale.

Si manifesta come un evento straordinario,

che causa sempre un senso di trepidazione, angoscia, squilibrio e incertezza nelle scelte da fare.

Come ricorda la radice etimologica del verbo krino:

la crisi è quel setacciamento che pulisce il chicco di grano dopo la mietitura... Ognuno di noi, qualunque posto occupi nella Chiesa, si domandi se vuole seguire Gesù con la docilità dei pastori o con l’a u t o - p ro t e z i o n e

di Erode, seguirlo nella crisi o difendersi da Lui nel conflitto…

pregate sempre per me perché io abbia il coraggio di rimanere in crisi.

Il Coronavirus è l’ultimo anello rugginoso di una catena

Dentro una “p olicrisi”

con tanti nomi

di MICHELEGIULIO

MASCIARELLI

I

l nostro tempo patisce ormai

una “p olicrisi”, per usare una parola importante di Edgar Morin, che si diffonde a meta- stasi in ogni settore dell’uma- no. L’ultimo nome di questa crisi terribile è la pandemia dentro cui siamo da quasi due anni. Per l’incrudirsi e l’infit- tirsi di una “crisi poliforme”

che ci incalza dal “secolo bre- ve”, cambiando solo nomi e colori, urge affrontarla e non solo con occhio preoccupato e severo, ma anche con atteggia- mento fiducioso. La crisi, in- fatti, pretende di essere acco- stata nell’ottica del suo signifi- cato (significa distinguere, g i u d i c a re ) .

Andando di crisi in crisi Certo, la crisi è crisi, è cosa di dolore e non vuole, sol per questo, una sua retorica, ma tuttavia s’impone come termi- ne interno alla cultura della modernità, come suo fonda- mentale e radicale tormento, come richiesta permanente di domanda al suo interno, di

“inter-esse”, di “i n t e r - c o n f ro n - to” e di “i n t e r - p ro g e t t o ”, di

“inter-azione”. Imponendosi a

noi, malgrado noi, la crisi mo- stra un fronte positivo e pro- p ositivo da non dimenticare:

essa ha la capacità di farci in- contrare con i nostri limiti, im- ponendoci necessaria una

“conversione di strada” o una rettifica alle sue direzioni.

Tutto questo implica che si sappiano decifrare i suoi se- gnali che, il più delle volte, ri- chiedono di sottoporci a una seria ”revisione di vita”, per usare un’espressione cara all’a- scetica. La crisi chiama a corre- zione, a creatività, a unirsi nel dialogo e nella collaborazione, in modo da arrivare a trovare le soluzioni più adatte e con- grue dinanzi ai molti problemi che essa stessa pone e che chie- dono d’essere risolti in modo equo, buono e pienamente umano. Le crisi, fra l’altro, so- no occasioni di vita importan- ti. Qui, forse, si può inserire quello che Papa Francesco ri- pete spesso: dalle crisi si esce o migliori o peggiori.

Le crisi vanno ascoltate Un brillante pensatore fran- cese — Michel Serres (1930- 2019) — invitando a riflettere sul fenomeno generale della crisi, sostiene che, quando la si attraversa e la si vive, nessun

ritorno indietro è possibile, mentre occorre inventare qual- cosa di nuovo e avere il corag- gio di cambiare pagina. Egli, osserva, inoltre, che ciò che colpisce è il constatare come, nonostante i grandi sconvolgi- menti che hanno scosso l’inte- ra famiglia umana e la sua ten- da planetaria, le istituzioni stentano a cambiare o non cambiano affatto; perciò, egli sostiene che questo costituisca la vera crisi (cfr. Tempo di crisi, Bollati Boringhieri, Torino, 2010). Pertanto, il prendere co- scienza del dover cambiare, in concreto implica la disponibi- lità a revisionare il passato, co- sa che comporta tante cono- scenze, competenze, capacità interpretative e di azione per portare tale impresa a compi- mento (cfr. M. Serres, Contro i bei tempi andati, Bollati Borin- ghieri, Torino, 2018).

Di fronte alla cultura del disincanto

L’uomo di oggi è l’uomo della pura soggettività-indivi- dualità-solitudine che, per lo più, si rapporta agli altri in no- me di interessi che sono rego- lamentati da inevitabili quanto mutevoli “regole del gioco”.

L’uomo post-moderno sente

Viene la notte

di GI O VA N N I CESARE PAGAZZI

«A

desso viene la notte». Se- condo alcuni testimoni fu- rono le parole pronunciate da Paolo VI, prima del suo ultimo Padre nostro, sulla soglia della mor- te. Anche per questo è stato un uomo e un credente fuori scala.

La notte è senza profili. Dona riposo, senso di compimento e pace, ma al con- tempo disorienta e impaurisce. Da qui il netto richiamo di Paolo che parla dei se- guaci di Cristo come “figli della luce”, non appartenenti “alla notte” e “alle tenebre”.

Eppure, l’apostolo avverte che «il giorno del Signore verrà come un ladro di notte».

Si tratta di un giorno ben strano e singola- re, poiché arriva di notte! Paolo riecheggia le parole di Gesù: come un ladro, in un’ora della notte sconosciuta al proprietario della casa, arriva il Figlio dell’uomo. Certo, è un invito alla vigilanza, ma al contempo parla della notte come momento propizio all’av- vento di Cristo. La notte è tempo del peri- colo, della paura, ma è anche il momento della rivelazione.

Il carattere ambivalente della notte (per- ciò la notte è notte!) vibra in tutte le sacre Scritture. Di notte Dio stringe il patto con Abramo, appare a Giacobbe, fa uscire Israe- le dall’Egitto, gli fa attraversare il mare, chiama Samuele ancora bambino, appare a Salomone, mostra profeti; di notte risuscita il suo Cristo, libera Pietro, manifesta a Pao- lo i suoi disegni. La notte rappresenta però anche il tempo della malvagità: quando Giuda uscì per tradire Gesù era notte; di notte Pietro e compagni non pescarono nul- la; la notte è il momento migliore per osceni- tà, furti e omicidi. Eppure la gloria di Dio ri- splende sia nella solarità del giorno (Salmo 19, 3a) sia dal buio della notte (Salmo 19, 3b).

Del resto la notte è insieme al giorno la pri- ma creatura; anzi, nella scansione del tempo

precede la luce diurna: «E fu sera e fu matti- na: giorno primo». La sera viene prima del mattino, la notte prima del giorno. Ogni nuovo giorno inizia dalla sera. Il sabato ebraico comincia con l’oscurità del venerdì, la domenica con i vespri del giorno prima.

Si entra nella festa per la porta della notte, passando tra gli stipiti del buio.

L’ebreo Elie Wiesel provò da ragazzino l’ingordigia della morte nei campi di con- centramento nazisti, dove perse la mamma, la sorella, il papà, innumerevoli conoscenti e la speranza. Tra i suoi scritti, spicca il breve romanzo La notte (1958). Si racconta la lunga tenebra dove egli pianse la distruzione del tempio della sua famiglia, della sua città, del suo popolo, della sua fede, del suo Dio e dell’uomo. Wiesel non nega Dio, ma ne è profondamente deluso. Con Dio è arrabbia- to e non vuole più saperne, nonostante con- tinui a parlarne e, forse, Dio non smetta di parlargli; come quando fu costretto ad assi- stere all’impiccagione di un bambino che, pur pendendo dal patibolo, non riusciva a morire: «Dov’è dunque Dio? Eccolo: è lì, appeso a quella forca». A questo punto sa- rebbe fin troppo facile tirare una bella som- ma teologica dove tutti i conti tornano anco- ra, ma sinceramente non voglio attirarmi il tagliente rimprovero di Dio ai raffinati teo- logi amici di Giobbe (Giobbe, 42, 7-9). Prefe- risco lasciare questa faccenda a Dio e a Wie- sel; è affar loro, come la notte che li avvolge;

se la sbrighino loro. Wiesel continua a scri- vere della notte, quasi che, nonostante tutto, in essa permanesse qualcosa da leggere. Co- sa? Non si sa. Rimane certo che per l’e b re o Wiesel il sabato comincia con la notte.

Il peso della notte, la repulsione e l’attra-

zione che esercita, non cala solo sull’anima di Wiesel, ai ferri corti con Dio, ma perfino su chi continua a considerarlo suo amante e suo sposo. Santa Teresa di Gesù Bambino ne è un emblema. In una lettera inviata alla sorella Céline, in preda a una terribile crisi di fede, Teresa colloca la destinataria nella scena evangelica della tempesta sul lago. Te- resa parla alla sorella con tono troppo esper- to per non averne esperienza diretta. La si- tuazione di Céline è resa con tinte fosche: è al buio, alla deriva, senza punti di riferimen- to, come in una notte che si rispetti. Situan- do nel vangelo il buio pesto provato dalla sorella, Teresa ne evidenzia la piena compa- tibilità con il vangelo stesso, nonostante di primo acchito parrebbe sintomo di mancan-

za di fede. La notte è segno fisiologico del credere, non la sua patologia. La soluzione sarebbe svegliare Gesù come fecero i disce- poli: subito l’anima ne sarebbe consolata.

Una donna, di notte, desidera la vicinanza del marito ed ecco che lui s’è girato dall’altra parte, voltandole le spalle. Facilissimo sen- tirsi abbandonata o immaginare chissà che tradimenti, non considerando che forse, più semplicemente, è stanco e bisognoso di ri-

poso. Ecco la sfida: non dar ragione al senso di abbandono quando i tempi non coinci- dono, pur non comprendendone il motivo.

Da qui l’invito di Teresa alla sorella: resta nella notte, non interromperla, svegliando lo sposo che ha tempi diversi da tuoi. La notte insegna che ogni tanto ci si trova, qua- si sempre ci si cerca. Non trovarsi continua- mente non significa essere abbandonati, ma collocati nella condizione di cercare di nuo- vo. A tentoni, nel buio della notte. La finez- za intuitiva della Dottoressa della Chiesa ri- salta in particolare nell’interpretazione del sonno di Cristo. Come egli si addormentò profondamente durante la notte sul lago tempestoso, così ora riposa placidamente nel buio dell’anima di Céline (e di Teresa).

Nella notte di un’anima Cristo dorme tran- quillo, sentendosi a casa. Si sente a proprio agio nelle tenebre, nel loro caos confuso e indistinto; non le elimina, perché, semplice- mente, non le teme. Del resto, fin dalla pri- ma riga, le sacre Scritture segnalano che il buio è il semilavorato preferito di Dio, da lì trae cose mai viste. Tuttavia ciò non toglie niente allo smarrimento, alla confusione, al- la tristezza, al senso di abbandono, alla te- nebra e al nulla che ammicca in essi. E Tere- sa lo sa benissimo.

La notte piomba anche sull’Innominato, il terribile, losco faccendiere a cui ricorrono i potenti per gli affari sporchi; un lupo, il per- sonaggio più scultoreo de I promessi sposi. Su incarico, aveva rapito Lucia e, imprigionata- la nel proprio castello, si apprestava a conse- gnarla al mandante. Ma vista la ragazza ac- covacciata in angolo, fu assalito da una compassione sconosciuta. Poi venne la not- te. L’Innominato sentì una voce di sfida:

«Tu non dormirai». Al pensiero della malva- gità commessa contro la ragazza, lo assalì una tempesta di terrore, rabbia, pentimento, ansia, tristezza, ondate di ricordi, senso di vuoto e desiderio di farla finita. L’arma del suicidio gli cadde di mano per la decisione Nell’oscurità ogni tanto ci si trova, ci si cerca.

Non trovarsi continuamente non significa

essere abbandonati ma collocati nella condizione di cercare di nuovo, segno fisiologico del credere

(3)

L’OSSERVATORE ROMANO

venerdì 5 febbraio 2021 pagina 3

Oggi in primo piano - Sulla crisi e la sua ambiguità

cocentemente la delusione causata dai crolli delle grandi visioni organiche della storia (l’ultima di esse è quella mar- xista) e opta, di conseguenza, per un individualismo talora tanto esasperato da pagarlo a caro prezzo.

Restato senza la tutela dei pensieri forti, l’uomo della cul- tura policrisica sconta la sua orfananza con una solitudine- separatezza che lo porta a rap- portarsi all’altro non in nome della “comune connaturalità”

(ci si considerava membri in- terdipendenti nella società or- ganica pre-moderna), né in ra- gione della “comune cittadi- nanza” (ci si considerava con- cittadini nella società borghe- se-illuministica o del mondo) e neppure per la “comune com- pagine” (ci si considerava

compagni nella società marxi- sta), ma unicamente in termini d’interesse, senza vere preoc- cupazioni etiche, al massimo con la disposizione ad accetta- re, come si è detto, le re g o l e del gioco: regole solo funzio- nali, efficienti ed interessate, comunque non etiche.

Di fronte all’eclisse della ragione

Lo si constata oggi in di- mensioni estese: al posto della verità è subentrata l’efficienza, in luogo della ragionevolezza si va diffondendo l’irrazionale nelle forme più subdole e spes- so apparentemente plausibili.

L’eclissi della ragione va por- tando ad assumere atteggia- menti culturali e comporta- menti di vita tendenti a ubbi- dire di fatto ai principi negativi dell’insignificanza e dell’assur- do. La crisi culturale non resta mai solo culturale in senso stretto: essa, è ben prevedibile del resto, pervade inesorabil- mente i terreni continui dell’e- tica, del diritto, della politica, dell’economia e dell’educazio- ne. Essa si fa oggi riconoscere, di fatto, per la paurosa caduta del senso della vita, per la de- solante scomparsa di modelli educativi credibili, per il grave cedimento alle manie quanto- freniche, numerolatriche ed esclusivamente burocratiche.

Un tempo pericoloso per l’umanesimo cristiano

Viviamo la presa di congedo dalle sicurezze, per navigare verso l’ignoto, “senza senso”, come ha profetizzato Niet- zsche: «Il mondo vero è diven- tato favola» (Crepuscolo degli ido- li, Rizzoli, Milano 1975, pagina 63). L’approccio all’uomo og- gi, per solito, non riesce a rin- venire aspetti dell’uomo che attingano all’ambito del senso ed echeggino il Mistero: sono questi gli scenari inquietanti del post-umano che spaventa- no e richiedono attenzione alta da parte dei cristiani e delle Chiese.

Nella nostra epoca di uma- nitarismo secolarizzato e di an-

tropologie chiuse alle soglie della trascendenza e del futuro ultimo, che non considerano la dimensione spirituale della vi- ta e propongono miraggi di fe- licità e di benessere solo intra- mondani, ci si interroga sem- mai se si stia andando verso modelli di esistenza radical- mente nuovi. Siamo di fatto di fronte al progressivo affermar- si del “p ost-umanesimo” che scaturisce dai territori della ro- botica, della biologia, della so- ciologia, della psicologia, della pedagogia, della filosofia (cfr.

I. Sanna [ed.], La sfida del post- umano. Verso nuovi modelli di esi- stenza?, Studium, Roma 2005).

Le risposte cristiane alla “p olicrisi”

Per indicare le risposte del cristianesimo alla pericolosa

“p olicrisi” in cui si è avvitati, può essere bene adottata, nel- l’ottica di una possibile rico- struzione, l’icona della “casa dell’uomo”, di cui parlava Er- nst Bloch. Costruire e rico- struire la “casa” dell’uomo, os- sia la sua ragione di vita e l’o- rientamento ultimo della sua esistenza, è da sempre il com- pito cristiano. Premesso che non da soli i cristiani possono ricostruire quella casa e che es- si debbono collaborare con tutti gli altri per farlo, essi an- zitutto si appoggiano sulla pa- rola di Gesù, che dice: «Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è si- mile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roc- cia» (Ma t t e o , 7, 24).

Il cristianesimo ha da dire e da fare sulla “casa” dell’uomo, sulla sua costruzione, sul suo crollo e sulla sua ricostruzione:

conosce sapienze maturate in- sieme ad altri uomini, con i quali condivide le gioie e le difficoltà del vivere insieme.

Tuttavia, esso coltiva anche un intimo segreto di fede, che pe- rò confida ai suoi compagni di vita e palesa di mano in mano nei percorsi storici che compie:

esso consiste nel credere che non si tratta solo di una que- stione teorica o pratico-teorica, ma anzitutto nell’incontrare il Redentore dell’uomo, il Cri- sto, che di quella casa (dell’uo- mo singolo, della famiglia umana, della chiesa e della

“c re a z i o n e ”) è la “pietra ango- l a re ” (cfr. Efesini, 2, 20). Il cri- stianesimo ritiene nella fede che si è stabiliti sulla roccia quando si vive per mezzo di Cristo, in Cristo e in vista di lui.

Il prendere coscienza di apportare un cambiamento implica la disponibilità a revisionare il passato, e questo

comporta conoscenze e competenze

Edvard Munch,

«Due persone - i solitari»

(1905)

di liberare Lucia l’indomani stesso. La mos- sa, in sé generosa, non era più sufficiente;

ormai la notte era penetrata come un ladro, prendendo il sopravvento. Non si acconten- tava della mancia di moine caritatevoli, vo- leva tutto, reclamava l’Innominato: «E poi?

Che farò domani, il resto della giornata?

Che farò doman l’altro? Che farò dopo do- man l’altro? E la notte? La notte che tornerà tra dodici ore! Oh la notte! No, no, la not- te!». Questi interrogativi non sono “p ro b l e - mi” che si concludono con la “soluzione”, ma “domande”: chi le pone deve “risolver- si”, capovolgersi in esse, e non sarà più come prima. La notte e le sue domande porteran- no quel delinquente all’incontro col cardi- nale Federigo Borromeo, verso la sua since- ra, affettuosa conversione. Sebbene dotato della scaltrezza tipica di chi ruba, l’Innomi- nato si scontrò con un ladro più bravo di lui, che l’aveva sorpreso in un’ora inaspettata, nel pieno della notte. La conversione del- l’Innominato è un dono della notte. Si dice che la notte porta consiglio. E molto altro.

Le parole, ancora attuali, del Papa nel 2014

La crisi della politica tra solitudine

e autoreferenzialità

della sua attività. Il problema della politica, la radice della sua crisi, risiede nell’idolatria di se stessa; nella sua progressiva perdita di un fine.

In questi giorni, in cui l’Italia vive una crisi parlamentare, ri- suonano come un monito sem- pre attuale le parole che il Santo Padre rivolse sette anni fa pro- prio ai parlamentari italiani, il 27 marzo durante la Quaresima del 2014, commentando la vi- cenda del popolo ebraico, ri- dotto come pecore senza pasto- re («Il popolo di Dio era solo, e questa classe dirigente — i dot- tori della legge, i sadducei, i fa- risei — era chiusa nelle sue idee, nella sua pastorale, nella sua ideologia»). E cosa fa Gesù al- lora? Gesù — ricorda il Papa —

«va dai poveri, va dagli amma- lati, va da tutti, dalle vedove, dai lebbrosi a guarirli. E parla loro con una parola tale che pro- voca ammirazione nel popolo:

“Ma questo parla come uno che ha autorità!”, parla diversamen- te da questa classe dirigente che si era allontanata dal popolo.

Ed era soltanto con l’i n t e re s s e nelle sue cose: nel suo gruppo, nel suo partito, nelle sue lotte interne. E il popolo, là… Ave - vano abbandonato il gregge».

Nella sua omelia, Francesco mette a raffronto due solitudini:

la solitudine di questo gruppo di uomini autoreferenziali che con il tempo si erano induriti, fissati nelle loro cose; uomini scissi tra le buone maniere e le cattive abitudini; e la solitudine del popolo.

Non è forse questa oggi, do- po un anno di pandemia, la cifra che contraddistingue la condi- zione dell’Italia e del mondo?

Da una parte c’è la cruda concretezza della solitudine delle persone e dall’altra le

“idee” anzi le “ideologie” di una classe politica concentrata su se stessa, sulle logiche del proprio gruppo, del proprio partito, delle proprie lotte interne.

Se l’idea pretende di trascu- rare e superare la realtà, il risul- tato è l’abbandono del popolo che soffre, si lamenta, si disper- de.Il Papa nel suo ragionamen- to metteva in guardia da una politica che, in quanto chiusa in se stessa finisce per perdere au- torità e intraprendere «una stra- da congiunturale, perché non porta a nessuna promessa». In- dividua nel rifiuto della «dialet- tica della libertà» la perdite di rapporto con il popolo di questi

“dottori del dovere”, che aveva- no perso la fede.

E in controluce rivela anco- ra oggi quello di cui il popolo ha bisogno: di vicinanza, di li- bertà, di promesse che non siano bugiarde. La speranza è allora la possibilità di tornare a quella vicinanza, a quella ca- pacità di promessa e, per usare un’altra parola cara al Papa, di tornare a sognare. Per aprirci a questa possibilità ci si deve in- terrogare nel profondo, nella verità e senza sconti, così co- me fece il Papa in quell’omelia di sette anni fa. Le domande sottese a quelle parole del Pa- pa valgono e inquietano oggi forse più di ieri: riuscirà la classe politica a vincere la ten- tazione dell’a u t o re f e re n z i a l i - tà? A interpretare la sua attivi- tà come missione, come rispo- sta ad una chiamata? A spez- zare la catena dell’isolamento che attanaglia se stessa e an- che il popolo?

CO N T I N UA DA PA G I N A 1 La luce del vangelo

sulla “p olicrisi”

Dinanzi a ogni crisi, anche a quella multidimensionale che ci preme da tempo addosso, serve porsi p ro f u n d i u s anche dal punto di vista cristiano. Ci è chiesto di accostarsi con la luce del vangelo anche dentro le piaghe delle malattie e delle morti, degli smarrimenti esi- stenziali, delle povertà vecchie e nuove che incombono, della perdita del senso della vita e di incertezze di fede che non mancano. Fra l’altro, il vange- lo è ben in grado di aiutare non solo nella cura dei guasti da essa procurati, ma anche nella decifrazione di essa e nel- la sapienza di saper vivere den- tro di essa.

Comunque, è terribile che l’unità di misura dei nostri an- ni sia diventata proprio una

“crisi” non decifrata in pieno, non vissuta con saggezza alta ma prevalentemente subita nei suoi aspetti devastanti: passia- mo di crisi in crisi e talora da

un cumulo di crisi all’aggiun- gersi di altri cumuli di crisi che finiscono per sommergerci e schiacciarci. Allora chiediamo- ci per l’ultima volta: è proprio necessario pensare la crisi? La risposta è sì, per non viverla in modo animalesco, non savio e non virtuoso.

In ottica esplicitamente cri- stiana, va detto che, per noi che viviamo su un interminabi- le ponte fra “secolo breve” e

XXI secolo, è proprio necessa- rio illuminare questo immenso ammasso di macerie, di spini, di rovi che ci martoriano ani- ma e corpo per vedere di capir- ci almeno qualcosa, al lume di una qualche sapienza umana, ma anzitutto con la torcia lu- minosa della Parola di Dio e della sapienza cristiano-eccle- siale creatasi nell’arco di tanti secoli. Infine, non dimenti- chiamo che ogni crisi, a ben vedere, ci impone le buone prassi del dialogo, della corre- sponsabilità, della convivenza fraterna e solidale.

D

ALLA PRIMA PA G I N A

Louis Dorigny, «Il sogno di Giacobbe» (XVII secolo)

(4)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Città del Vaticano w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREAMONDA

direttore responsabile Piero Di Domenicantonio

cap oredattore Gaetano Vallini segretario di redazione

Servizio vaticano:

redazione.vaticano.or@sp c.va Servizio internazionale:

redazione.internazionale.or@sp c.va Servizio culturale:

redazione.cultura.or@sp c.va Servizio religioso:

redazione.religione.or@sp c.va

Segreteria di redazione telefono 06 698 45800

segreteria.or@sp c.va Servizio fotografico:

telefono 06 698 45793/45794, fax 06 698 84998 pubblicazioni.photo@sp c.va

w w w. p h o t o v a t . c o m

Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano

Stampato presso srl w w w. p re s s u p . i t via Cassia km. 36,300 – 01036 Nepi (Vt)

Aziende promotrici della diffusione Intesa San Paolo

Tariffe di abbonamento

Vaticano e Italia: semestrale € 225; annuale € 450 Europa: € 720;

Africa, Asia, America Latina, America Nord, Oceania: € 750;

Abbonamenti e diffusione (dalle 9 alle 15):

telefono 06 698 45450/45451/45454 fax 06 698 45456

info.or@spc.va diffusione.or@sp c.va

Per la pubblicità rivolgersi a marketing@sp c.va

N e c ro l o g i e : telefono 06 698 45800

segreteria.or@sp c.va

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 4 venerdì 5 febbraio 2021

Per crimini di guerra in Uganda

La Cpi condanna ex bambino soldato

Arrestato un leader della Lega nazionale per la democrazia e bloccato Facebo ok

Myanmar: si inasprisce la stretta

D

AL MOND O

Italia: seconda giornata di consultazioni per Draghi

Secondo giorno di consultazioni que- st’oggi a Montecitorio per il presidente del Consiglio incaricato, Mario Dra- ghi. L’ex presidente della Bce ha in- contrato ieri pomeriggio le formazioni politiche minori. Questa mattina sono proseguite le riunioni con i senatori delle Autonomie e le delegazioni di Leu e Italia viva, mentre nel pomerig- gio sarà il turno di Fratelli d’Italia, Partito democratico e Forza Italia. I partiti del centrodestra, come annun- ciato ieri, si presenteranno divisi. Do- mani ultima giornata di consultazioni con Lega e Movimento 5 stelle.

Incontro tra Borrell e Lavrov Nuovo processo per Navalny

L’Alto rappresentante dell'Ue per gli affari esteri, Josep Borrell, ha incontra- to ieri a Mosca il suo omologo russo Serghei Lavrov, dichiarando che le re- lazioni tra Mosca e l’Ue sono arrivate

«a un punto critico», ma «nonostante le nostre differenze costruire un muro di silenzio non è un’opzione». Lavrov, dal canto suo, ha replicato che la situa- zione sviluppatasi tra le due parti è

«malsana». Intanto si apre oggi la pri- ma udienza del processo contro Naval- ny per diffamazione nei confronti di un veterano della IIGuerra Mondiale.

Perú: abolita

l’immunità parlamentare

Il Parlamento unicamerale del Perú ha abolito definitivamente l’immunità per i parlamentari finora contemplata dal- la Costituzione del Paese. D’ora in poi la Corte suprema avrà la competenza sui reati commessi dai parlamentari.

L’AJA, 5. La Corte penale in- ternazionale (Cpi) ha con- dannato ieri per crimini di guerra e contro l’umanità un ex bambino soldato ugande- se diventato in seguito co- mandante dei ribelli del Lra.

Il 45enne Dominic Ongwen è stato ritenuto responsabile di 61 capi di imputazione sui 70 totali per le atrocità com- messe nel nord dell’Uganda.

Si attende ora l’entità della pena, ma rischia l’e rg a s t o l o .

La storia di Do- minic Ongwen — considerato colpe- vole per decine di accuse relative al re- gime di terrore dei primi anni Duemila

— riporta all’atten- zione il dramma di tanti minori sottrat- ti con la forza ai lo- ro genitori e dalle loro case. Storie di innocenti, come lo sono tutti i bambi- ni, che da vittime si trasformano nei più temibili carnefici.

Reclutati e adde- strati per uccidere,

combattono a loro volta per non morire.

«La sua colpevolezza è stata stabilita oltre ogni ra- gionevole dubbio», ha detto il giudice Bertram Schmitt leggendo il verdetto nel Tri- bunale dell’Aja. La Corte ha affermato che Ongwen, nel 2004, ha ordinato attacchi contro quattro campi profu- ghi in qualità di alto coman- dante nel Lra. Inoltre, è stato dichiarato colpevole di omi- cidio, stupro, schiavitù ses- suale e reclutamento di bam-

bini soldato. Tra le accuse fi- gura anche la prima condan- na della Cpi per il crimine di gravidanza forzata legata a donne tenute come schiave.

Al processo — che si è aperto il 6 dicembre 2016 — i giudici hanno respinto le ar- gomentazioni della difesa se- condo le quali Ongwen era egli per primo una vittima, visto che era stato rapito da Lra a circa 9 anni, riportan- done poi un danno psicolo-

gico. Schmitt, a capo dei ma- gistrati che hanno esaminato il caso, ha detto che non so- no state trovate «prove della dichiarazione fatta dalla di- fesa che [l’imputato] soffra di alcun disturbo mentale o che abbia commesso i crimi- ni sotto costrizione».

La sentenza della Cpi è la prima ad occuparsi di crimi- ni commessi dall’Lra, grup- po ribelle resosi responsabile negli anni di violenze inau- dite contro la popolazione civile.

NAY P Y I D AW, 5. La stretta dei generali in Myanmar diventa ogni giorno più forte.

A quattro giorni da colpo di stato, i mi- litari hanno arrestato Win Htein, 79 anni, alto esponente di spicco della Lega na- zionale per la democrazia (Nld), il parti- to di Aung San Suu Kyi, anch’essa agli arresti. Lo hanno confermato oggi fonti dell’Nld.

Secondo la Bbc, Win Htein è stato prelevato a Yangon con accuse di ever-

sione, come ha denunciato lui stesso. Al- la Bbc ha poi detto di essere stato trasfe- rito nella capitale, Naypyidaw, da eserci- to e polizia.

I generali — che hanno destituito il Governo di Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991 — hanno anche ordinato di bloccare Facebook in tutto il Paese, facendo calare il buio su quello che, di fatto, è il principale mezzo di informa- zione e di scambio di opinioni per decine di milioni di persone. L’ordine durerà, per il momento, fino al 7 febbraio, «per non turbare la stabilità», si legge in una nota dell’esercito. Una disposizione che si estende anche a Whatsapp e Insta- gram. Dal giorno del colpo di stato mi- litare, Facebook era stato usato per lan- ciare un movimento di disobbedienza ci- vile e condividere messaggi di opposizio- ne alle forze armate.

Suu Kyi si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di importazione illegale di walkie-talkie. Una imputazione che com- porterebbe fino a tre anni di reclusione.

Per Suu Kyi significherebbe, quindi, es- sere impossibilitata a candidarsi alle ele- zioni, che i militari hanno detto di volere organizzare alla fine dello stato di emer- genza di un anno, rimpiazzando il trion- fo della Lega nazionale per la democra- zia nelle legislative dello scorso novem- bre, secondo le forze armate viziato da non meglio precisati «brogli».

Stamane, intanto, migliaia di studenti e insegnanti in diverse università del Pae- se hanno manifestato contro il golpe, chiedendo il rilascio di tutte le persone a r re s t a t e .

Preoccupazione per quanto sta acca- dendo in Myanmar è stato espressa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In una dichiarazione adottata al- l’unanimità, i Quindici hanno chiesto «il rilascio immediato di tutti i detenuti», sottolineando la necessità di «continuare a sostenere la transizione democratica, le istituzioni e i processi democratici, di astenersi dalla violenza e di rispettare pienamente i diritti umani, le libertà fon- damentali e lo Stato di diritto».

Inoltre, il Consiglio di sicurezza ha

«incoraggiato il perseguimento del dialo- go e della riconciliazione in conformità con la volontà e gli interessi del popolo birmano», oltre a esprimere «preoccupa- zione per le restrizioni alla società civile, e ai membri dei media». Due giorni fa, la Cina ha bloccato una bozza di dichiara- zione nella quale la condanna del golpe era molto più dura.

Anche il Fondo monetario internazio- nale (Fmi) si è detto «molto preoccupa- to» delle ultime vicende in Myanmar. Lo ha affermato il portavoce, Gery Rice.

L’Fmi ha trasferito al Paese del sudest asiatico circa 350 milioni di dollari di aiu- ti per combattere la pandemia di covid- 19 proprio la scorsa settimana, pochi giorni prima del colpo di stato militare.

Questo in base a un accordo stipulato con il Governo di Aung San Suu Kyi.

«L'esercito deve cedere il potere e rila- sciare tutte le persone detenute», ha det- to ieri sera il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden commentando nel suo primo discorso di politica estera da quando si è insediato il colpo di Stato in Myanmar.

Osservatori Onu in Libia per monitorare la tregua

Il colosso minerario brasiliano Vale pagherà 7 miliardi di dollari

Risarcimento per il crollo a Brumadinho

TRIPOLI, 5. Decisivo passo in avanti per il consolidamento del cessate il fuoco in Libia, a poco meno di un anno dal- le elezioni. Il Consiglio di si- curezza dell’Onu ha dispo- sto l’invio di osservatori per monitorare la tregua e verifi- care il ritiro dei militari stra- nieri. Il gruppo dovrebbe fa- re base a Sirte, la linea del fronte dove le forze fedeli al Governo di Tripoli e le mili- zie di Khalifa Haftar si sono arenate ed hanno accettato di sospendere le ostilità, lo scorso ottobre.

La svolta dal Palazzo di Vetro di New York è matura- ta attraverso una lettera in- viata al segretario generale dell’Onu, António Guterres, in cui i Quindici hanno chie- sto di «costituire e dispiega- re rapidamente un’avanguar- dia» di osservatori in Libia:

un gruppo di una trentina di persone tra civili e militari in pensione, disarmati, che in

futuro potrebbe diventare più numeroso ed estendere la propria presenza sul terre- no. Il via libera del Consi- glio di Sicurezza ha premia- to l’iniziativa dello stesso Guterres, che il mese scorso aveva proposto la costituzio- ne di un team internazionale con elementi di Unione afri- cana, Ue e Lega Araba, da basare a Sirte. Tuttavia, la tregua siglata il 23 ottobre re- sta fragile, soprattutto per- ché sul terreno ci sono anco- ra circa ventimila militari e mercenari stranieri.

Oggi, intanto, giornata decisiva a Ginevra per l’ele- zione dei vertici di un gover- no transitorio, che dovrà portare portare la Libia alle elezioni del 24 dicembre.

Una sorta di grandi elettori convocati dall’Onu devono infatti scegliere fra quattro li- ste di candidati i tre posti della presidenza del consi- glio e alla carica di premier.

BRASÍLIA, 5. Il colosso minerario Vale do- vrà risarcire almeno 37,68 miliardi di reais (oltre 7 miliardi di dollari) ai familiari del- le 272 persone che persero la vita nel tra- gico crollo della diga di Brumadinho av- venuta il 25 gennaio 2019.

Ieri presso la Corte di giustizia dello Stato di Minas Gerais, nel sud-est del Brasile, è stato siglato un ampio accordo, raggiunto dopo alcuni mesi di negoziati, secondo cui l’azienda di estrazione pro- prietaria del complesso minerario Córre- go do Feijão a Brumadinho coprirà l’inte- ro processo di riparazione dei danni col- lettivi “sociali e ambientali”.

«Questo accordo sancisce l’impegno di Vale a pagare il pieno risarcimento per Brumadinho e sostenere lo sviluppo del

Minas Gerais», ha annunciato la holding Vale tramite un comunicato stampa.

Le autorità del Minas Gerais hanno af- fermato che si tratta del più grande accor- do di compensazione firmato fino ad oggi in tutta l’America Latina. Hanno aggiun- to, tuttavia, che l’impegno di spesa accor- dato è una stima e «potrebbe essere au- mentato, se necessario». Si è infatti con- venuto di recuperare integralmente l’am- biente, senza alcun limite di spesa, salvo il danno che è già stato individuato come ir- reparabile e che verrà risarcito con proget- ti già pianificati. La rottura della diga di contenimento dei rifiuti della miniera ave- va rilasciato milioni di tonnellate di sterili, causando un grave disastro ecologico nel- l’intera regione di questo stato minerario.

(5)

L’OSSERVATORE ROMANO

venerdì 5 febbraio 2021 pagina I

A atlante

C R O N A C H E D I U N M O N D O G L O B A L I Z Z A T O

Tolleranza, pluralismo

e rispetto reciproco

ANNALISAANTONUCCI A PA G I N A II

Riflessioni

sulla medicina tradizionale africana

GIULIOALBANESE A PA G I N A IV

Futuro incerto

per il Myanmar Futuro incerto

per il Myanmar

di ANDREAWA LT O N

I

l futuro politico del Myanmar, reduce

dal colpo di Stato militare del primo febbraio, è incerto. La Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi, che aveva prevalso nettamen- te alle elezioni parlamentari del no- vembre 2020, non potrà formare il prossimo esecutivo. La stessa Aung San Suu Kyi e molti esponenti del movimento sono stati posti agli arresti.

Le forze armate hanno proclamato lo stato di emergenza, che dovrebbe du- rare almeno un anno ed hanno di fatto posto fine alla transizione democratica del Paese, iniziata nel 2015 con il suc- cesso elettorale della Lega Nazionale per la Democrazia. In quell’anno si erano svolte le prime consultazioni de- mocratiche dopo decenni di regime militare e dopo che, nel 2011, si era in- sediato un governo nominalmente civi- le. La Lega Nazionale per la Democra-

zia aveva superato le aspettative degli osservatori e si era aggiudicata l’o t t a n- ta per cento dei seggi disponibili. Il partito dei militari, lo Union Solidarity and Development Party (Usdp), era invece stato sconfitto.

La convivenza tra un Parlamento democratico e l’esercito non si è rive- lata semplice. Alle forze armate spetta- va il diritto di occupare un quarto dei seggi parlamentari e di esercitare, in questo modo, il potere di veto sui provvedimenti legislativi più controver- si. Nel marzo del 2020, ad esempio, era naufragato un disegno di legge volto a ridurre, nel giro di quindici an- ni, il numero di seggi riservato ai mi- litari. L’esercito ha inoltre conservato il potere di nominare alcuni ministri chiave: Difesa, Frontiere ed interni. Lo scoppio di una grave crisi tra le parti era solamente questione di tempo dato che le forze armate e quelle democra- tiche non potevano condividere i me-

desimi obiettivi nel lungo periodo. L’e- sercito è stato al potere sin dal 1962 e nel corso dei decenni ha avuto modo di plasmare tutte le istituzioni dello Stato a suo vantaggio, impedendo la realizzazione di riforme significative.

Le forze armate hanno cambiato tat- tica, rinunciando al controllo diretto degli affari di Stato, unicamente quan- do i tempi ed il mutato contesto sto- rico lo hanno richiesto. La democrazia del Myanmar è dunque stata minaccia- ta sin dagli albori e la sua esistenza non ha potuto trarre beneficio dalla guida di Aung San Suu Kyi, de facto primo ministro del Paese e fortemente criticata in Occidente per la crisi uma- nitaria dei rohingya.

Il nuovo ciclo politico che si sta aprendo in Myanmar potrebbe aprire la strada all’instabilità ed all’incertezza e solamente nei prossimi mesi si potrà capire se c’è ancora spazio per un mu- tamento del quadro generale.

(6)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II venerdì 5 febbraio 2021 venerdì 5 febbraio 2021 pagina III

A

atlante atlante

A

Persistono in Afghanistan

torture e maltrattamenti ai detenuti

Tortura e maltrattamenti, proibiti sia dal diritto afghano che da quello internazionale, persistono nelle carceri delle agenzie governative in

Afghanistan. Lo rivela l’ultimo “Rapporto sulla tortura” semestrale pubblicato il 3 febbraio dalla

Missione di assistenza delle Nazioni Unite nel Paese asiatico (Unama). «La tortura non può mai essere giustificata. Ha conseguenze durature per le vittime, le loro famiglie e la società», ha affermato Deborah Lyons, rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per l’Afghanistan. «Riconosco gli sforzi compiuti da alcuni ministeri e istituzioni governative, ma è necessario fare molto di più per porre fine a questa pratica. In particolare, gli autori devono essere ritenuti responsabili. Ciò aumenterebbe la fiducia nello Stato di diritto e può essere un

fattore che contribuisce alla pace», ha aggiunto l’inviato, che è anche a capo dell’Unama.

Rapporto congiunto Ue, Ua e Unicef in vista del Vertice della gioventù Africa-Europa Le generazioni più giovani dell’Africa e dell’Europa sono desiderose di partecipare maggiormente al processo decisionale, auspicano per loro stesse un’istruzione di qualità e un accesso più facile a internet e, infine, provano forte preoccupazione per la crisi climatica. È quanto emerge dal rapporto elaborato

congiuntamente da Unione africana (Ua), Unione europea (Ue) e Unicef all’interno della campagna #YourVoiceYourFuture i cui risultati ispireranno l’agenda del Vertice della gioventù Africa-Europa 2021, e alla fine confluiranno nel prossimo Vertice Ua-Ue dei capi di Stato e di governo. Il testo contiene i risultati di 4 sondaggi U-Report in Africa e in Europa condotti su 450.000 giovani, tra i 14 e i 35 anni, che hanno espresso le proprie opinioni su argomenti chiave che riguardano il loro futuro e ritenuti rilevanti per il partenariato tra Africa ed Europa. Il 48%

Dalle periferie

Tolleranza, pluralismo e rispetto reciproco

di ANNALISAANTONUCCI

O

gnuno di noi, anche nel suo

piccolo, può fare molto per favorire la pace e la coopera- zione nel mondo, basta prati- care la tolleranza, la com- prensione e il dialogo, insom- ma agire nel nome della fra- tellanza umana. Ed è ciò che ci ricorda la Giornata interna- zionale della fratellanza isti- tuita dalle Nazioni Unite e che giovedì 4 febbraio si è ce- lebrata per la prima volta. La data scelta fa riferimento alla

firma, apposta da Papa Fran- cesco e dal Grande Imam di Al–Azhar, Ahmad Al Tayyb, ad Abu Dhabi, al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che invita «tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratel- lanza umana a unirsi e a la- vorare insieme».

E mai come in questo ini- zio d’anno così periglioso per il mondo, che segue una sta- gione tra le più tragiche per i popoli della terra, afflitti dal- la pandemia e dalla crisi eco- nomica, c’è bisogno di fratel- lanza e umanità, gli uni con gli altri. Da questa grave si- tuazione in cui il mondo è precipitato non si esce se non tutti insieme e dunque è im- portante, più che mai, il dia- logo e la cooperazione per far emergere i valori comuni al genere umano. Le difficoltà, invece, hanno portato finora ad una crescita dell’odio reli- gioso, minacciano lo spirito di tolleranza e il rispetto del- la diversità.

L’allarme per «lo spavento- so aumento dei crimini d’o- dio nell’ultimo anno» arriva dal Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, secondo cui «con rinnovato vigore, i teorici del complotto associa- no sempre più ideologie poli- tiche estreme ad esempio a il- lusioni antisemite». «Queste teorie, sostenute da opinion

leader irresponsabili, amplifi- cate e legittimate dai media rappresentano una vera mi- naccia di violenza», ha ag- giunto Bachelet. Inoltre, preoccupano le divisioni e i conflitti armati in aumento negli ultimi anni, in particola- re in un momento in cui il mondo sta affrontando una crisi senza precedenti, causata dal covid-19, che richiede un’azione globale basata sul- l’unità, la solidarietà e il rin- novamento della cooperazio- ne multilaterale. È fondamen- tale dunque, secondo l’O nu, sensibilizzare le diverse cultu- re, religioni o credenze sul- l’importanza del ruolo dell’e- ducazione nella promozione alla tolleranza.

L’istruzione nelle scuole, in particolare, dovrebbe dare un contributo reale all’elimina- zione della discriminazione basata sulla religione o sul credo. È inoltre necessario in- coraggiare attività volte a pro- muovere il dialogo tra religio- ni e culture, al fine di raffor- zare la pace, la stabilità socia- le, il rispetto della diversità e la comprensione reciproca.

Secondo l’Onu è la tolleran- za, il pluralismo, il rispetto reciproco e la diversità delle religioni e delle credenze che fanno fiorire la fratellanza umana ed è a questo che con- corre l’impegno delle Nazioni Unite, create dopo il Secon- do Conflitto Mondiale per preservare le generazioni fu- ture dal flagello della guerra.

La strada per la pace passa, infatti, attraverso la coopera- zione internazionale, la riso- luzione dei problemi econo- mici, sociali, culturali o uma- nitari internazionali e la pro- mozione al rispetto dei diritti umani e delle libertà fonda- mentali per tutti, indipenden- temente dalla razza, dal sesso, dalla lingua o dalla religio- ne.È nel 1999 che l’Assemblea generale ha adottato la Di- chiarazione e il Programma d’Azione per una cultura del- la pace, che costituiscono il mandato universale della co- munità internazionale, in par- ticolare del sistema delle Na- zioni Unite, per promuovere una cultura della non violen- za a beneficio di tutta l’uma- nità, comprese le generazioni future. La Dichiarazione pre- vede l’adesione ai principi di libertà, giustizia, democrazia, tolleranza, solidarietà, coope- razione, pluralismo, diversità culturale, dialogo e compren- sione a tutti i livelli della so- cietà e tra le nazioni, incorag- giata da un ambiente nazio- nale e internazionale che pro- muova la pace.

di CHIARAGRAZIANI

V

entisettemila bambini, la gran

parte sotto gli otto anni. Alcu- ni arrivati in braccio alle ma- dri, altri nati lì, in una città di tende e fango, un campo pri- gione nel nord est della Siria per le vedove ed i figli del co- siddetto Stato islamico (Is) collassato nel 2016 dopo nove anni di guerra. Per le Nazioni Unite «uno dei problemi più urgenti al mondo». Anche uno dei più dimenticati, in un mondo dalla memoria già cor- ta.Ventisettemila piccoli fanta- smi rimasti a galleggiare come detriti dopo l’implosione della follia terrorista che voleva farsi Stato ed aveva mosso guerra di conquista nel Medio Orien- te. Negli anni in cui l’Is chia- mò a raccolta da mezzo mon- do aspiranti combattenti per far rinascere il Califfato, in tanti furono portati dai geni- tori — piccolissimi o appena concepiti — in queste terre, per essere allevati in un nuovo or- dine. Sono stati indottrinati, hanno visto morire padre e madre, non conoscono altro che guerra, radicalismo, scon- tri, fazioni, punizioni. Il cam- po di Al Hol — fornace di pol- vere l’estate, pozza di melma d’inverno, ora assediato anche dal covid come avverte Medici senza frontiere — è la loro fine- stra sul futuro. Il recinto blin- dato, guardato dai soldati e le soldatesse dell’Sfd, è l’unico orizzonte che chiude lo sguar- do e l’idea di come sia fatto il mondo.

Le Nazioni Unite, venerdì scorso, hanno lanciato un ap- pello per la salvezza di quei 27.000 bambini. Lo spazio li tiene prigionieri ma il tempo è un nemico peggiore, perché plasma anime incapaci di li- bertà ed amore. Quando il re- sponsabile per l’a n t i t e r ro r i s m o delle Nazioni Unite, Vladimir Voronkov dice in una riunione informale del Consiglio di si- curezza delle Nazioni Unite che quei piccoli sono «inca- gliati, abbandonati al loro de- stino» parla di vite umane pri- gioniere di un meccanismo ad orologeria. «Devono essere considerati innanzitutto come vittime, ed i minori di 14 anni hanno diritto di non essere de- tenuti e puniti» è stato l’ap- pello rivolto al Consiglio da Vo ro n k o v.

Virginia Gamba, rappresen-

tante alle Nazioni Unite per i bambini vittime di conflitti ar- mati, si è fatta avvocata della causa sempre nel Consiglio di sicurezza: «I bambini — ha detto — hanno diritto ad una nazionalità e ad un’identità» . La guerra li ha privati innanzi- tutto di questo. Un volto, un nome. «Relitti» li ha definiti Gamba in Consiglio. Questi bambini sono, per più di un

motivo, un problema di tutta la comunità internazionale.

Arrivano da ogni parte del pianeta, anche dall’E u ro p a , dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dall’India. Non c’è Pae- se dove il richiamo a popolare terre da colonizzare in nome del cosiddetto Stato islamico non abbia attirato aspiranti colonizzatori in cerca di una nuova collocazione sociale.

Gli orfani dell’Is come relitti

Multilateralismo Rep ortage

Si estende in India la rivolta dei contadini

27.000 bambini di varie nazionalità reclusi nei campi del nordest della Siria dalla caduta del sedicente stato islamico

di GI O VA N N I BENEDETTI

D

opo tre mesi di di- mostrazioni, lar- gamente parteci- pate ma sempre pacifiche nello svolgimento, le proteste degli agricoltori indiani contro le riforme in- trodotte dal governo di Na- rendra Modi hanno portato per la prima volta a degli scontri fra i manifestanti e le forze dell’ordine. È quanto accaduto a Nuova Delhi lo scorso 26 gennaio durante le celebrazioni per la Festa del- la Repubblica Indiana, la ri- correnza dell’entrata in vigo- re della costituzione del 1950.

In questa occasione alcuni

manifestanti hanno forzato i blocchi stradali a bordo dei loro trattori e fatto poi irru- zione nel Forte Rosso, un edificio di epoca Mughal al- tamente simbolico per la cit- tà. I disordini successivi han- no visto le forze dell’o rd i n e scontrarsi con i dimostranti in diverse zone della città, causando una vittima e oltre 300 feriti fra manifestanti e agenti di polizia. Un rappre- sentante delle unioni agrico- le ha condannato gli scontri, attribuendone la responsabi- lità ad agitatori esterni al movimento e dichiarando che la protesta dei contadini rimarrà sempre pacifica co- me è stata in precedenza.

(7)

L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II venerdì 5 febbraio 2021 venerdì 5 febbraio 2021 pagina III

A

atlante atlante

A

dei giovani intervistati ha riferito di sentirsi completamente escluso dai processi decisionali che li riguarda direttamente. La grande

maggioranza poi, il 91 per cento, vorrebbe avere più voce in capitolo nelle decisioni politiche che influenzano la propria vita e il 59% avverte la mancanza di accesso ai politici. «I giovani hanno un posto legittimo al tavolo delle decisioni. Sono gli agenti del cambiamento che insieme a noi costruiscono oggi un domani migliore. Abbiamo bisogno di ascoltarli... Dobbiamo coinvolgere e dare ai giovani la possibilità di essere coinvolti

nelle decisioni che riguardano la loro vita», ha dichiarato il Commissario europeo per i partenariati internazionali, Jutta Urpilainen.

Inaugurato a Brasília un centro per favorire l’inserimento dei migranti venezuelani È stato inaugurato giovedì 4 febbraio a Brasília il centro “Casa Buon Samaritano”, ideato per fornire accoglienza e assistenza temporanee a migranti e rifugiati venezuelani che hanno trovato opportunità di lavoro nella regione. La struttura, in grado di ospitare fino a 94 persone, sorge su

una proprietà donata dalla Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb) nella regione del Lago Sul, e verrà gestita dalla organizzazione no profit Avsi in collaborazione con l’Istituto migrazioni e diritti umani fondato da suor Rosita Milesi. L’iniziativa fa parte del progetto “Welcomed through Work”, avviato nell’ottobre 2019 e partito in Brasile nel febbraio del 2020 e di cui fanno parte Avsi Brasil, Imdh e Suore Scalabriniane, ed è finanziato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per la popolazione, i rifugiati e le migrazioni (Prm). Il centro “Casa Buon Samaritano” offrirà anche

corsi di formazione e laboratori. Queste attività miglioreranno i profili professionali di

venezuelani e brasiliani in situazioni di

vulnerabilità, supportando il loro reinserimento nella società. «Stiamo preparando uno spazio dignitoso in cui offrire ai migranti un’esp erienza fraterna e accogliente e dare loro la possibilità di organizzarsi e integrarsi nella loro nuova casa, Brasilia», aveva raccontato suor Rosita alla vigilia dell’inaugurazione della struttura.

Culle vuote La paura di invecchiare

di ELISAPINNA

N

egli anni Ottanta in Cina si scherzava sugli abitanti di Hong Kong, “p ro g r a m m a t i ” con una corporatura alta e filiforme per occupare meno spazio possibile e catturare più

ossigeno in una città dove la crescita

demografica non si fermava più. Per la prima volta in 60 anni, nel 2020, nell’ex colonia britannica, le morti hanno però superato le nascite, 49.800 contro 43.100 bambini venuti al mondo, segnando bruscamente l’inizio di uno scenario che — secondo l’Accademia Cinese delle scienze sociali — r i g u a rd e r à l’intera popolazione continentale a partire dal 2027. È quella la data in cui, dicono le previsioni, i cinesi cominceranno a diminuire.

Si potrebbe pensare che ciò costituisca una buona notizia per il Paese più popoloso del mondo — un miliardo 400 milioni di persone

— guidato da un Partito comunista che, dalla fine degli anni Settanta, ha imposto un controllo delle nascite, attraverso la politica del figlio unico per famiglia. Viceversa i dirigenti cinesi — secondo quanto riferisce l’autorevole «South China Morning Post» — vedono con preoccupazione ed ansia un imminente calo demografico che finirebbe per mettere a rischio i risultati brillanti di

un’economia in costante crescita e porrebbe serie sfide al sistema pensionistico nazionale e dunque al bilancio statale. Già dal 2016, il Partito comunista cinese ha autorizzato due figli per coppia. Il Paese sta però

invecchiando e molti giovani, soprattutto coloro che vivono nelle grandi metropoli, rinunciano a fare figli per gli alti costi della vita e a causa delle forti pressioni sociali:

«Tutti, a cominciare dai parenti, si aspettano da loro che posseggano un’automobile, che siano proprietari di una casa in un quartiere agiato e con buone scuole, prima ancora del matrimonio», spiega Alan Zhang, esponente di una ong che sostiene i diritti delle donne.

«Ciò crea un diffuso senso di inadeguatezza nelle nuove generazioni di fronte alla

prospettiva di crearsi una famiglia». Nel 2019, in Cina sono nati 14 milioni 650 mila

bambini, mai così pochi dal 1961, quando il Paese fu colpito da una terribile carestia e la gente moriva letteralmente di fame.

In Cina, c’è già qualcuno che vorrebbe correre ai ripari, e dalla provincia dello Shanxi è partita una proposta perché il governo cinese adotti nuove misure per sostenere la natalità, promuovendo crescenti benefici per le coppie sposate e in particolare per le donne dai 21 ai 29 anni.

Tuttavia, secondo un esperto di popolazione, Liang Zhongtang, già membro

dell’Accademia delle scienze sociali di Shanghai, e una delle voci più autorevoli in materia, difficilmente saranno varate nuove politiche demografiche a livello nazionale.

«Penso che i dirigenti del Partito non abbiano più voglia di intromettersi nel

controllo della popolazione o in faccende che provocherebbero un ginepraio di questioni etiche», ha detto al «South China Morning Post». Qualsiasi nuova politica demografica, compresa una campagna che incoraggi ad avere più bambini, rischierebbe di fare riesplodere le polemiche sui danni causati dall’imposizione del figlio unico. «Da tutti sarebbe sentita come un’interferenza alla libertà personale, riaprirebbe tante vecchie ferite e si potrebbe trasformare in un boomerang». «I cinesi hanno ormai il

bisogno di essere lasciati autonomi nelle loro decisioni».

Bambini d’ogni colore, divisi per provenienza nei gironi del campo: siriani ed iracheni — la maggioranza — nel corpo principale della struttura. Nei cosiddetti annessi, affidati alle Fsd curdo-siriane le altre na- zionalità. Diecimila persone, donne con bambini piccoli e piccolissimi.

Finita la guerra, il campo di Al Hol, come altri fra il nord est della Siria e l’Iraq, si è ma- terializzato nel luogo degli ul- timi assalti per richiudersi in- torno al gregge allo sbando di donne e bambini. Da allora una sorta di maledizione ha reso Al Hol inespugnabile, luogo da dove non si fugge, è difficile entrare e poco si sa.

Medici senza frontiere ne ha fatto, poco più di cinque mesi fa, una descrizione agghiac- ciante: già costretti in una pri- gione iperaffollata gli «ospiti»

dovrebbero rispettare anche il distanziamento per il covid dopo che 394 casi erano stati accertati. Le strutture per l’as- sistenza sanitaria — 24 in origi- ne — stanno chiudendo una dopo l’altra. Quest’estate non ne restavano che 15. Poi si è ar- rivati a 5 per decine di migliaia di persone flagellate non solo dal covid, a fronte di nessuna assistenza possibile, ma anche da una micidiale esplosione di diarrea acuta. L’80% dei pic- coli pazienti della struttura di Medici senza frontiere, aperta

nella zona degli annessi, ne soffre. Malati, denutriti, pro- sciugati dalla diarrea, Msf of- fre loro quello che si chiama

«centro di nutrizione terapeu- tica». Molti di questi bambini, infatti, non sono in grado di trattenere cibo normale. Mesi fa ne morirono sette in una volta e fece notizia. La man- canza di igiene, i continui tagli all’acqua corrente non fanno che allargare il disastro. La provincia di Hassasek, dove sorge Al Hol, è alla sete da quando l’acquedotto di Al- Halouk è stato danneggiato.

Quasi mezzo milione di perso- ne hanno un accesso penosa- mente insufficiente all’acqua.

In un campo di prigionia, do-

ve gli ospedali da campo chiu- dono e diversi operatori sani- tari hanno contratto il covid, l’effetto è devastante.

Eppure i Paesi di origine non sanno, o non vogliono, gestire il ritorno alla società civile di minori traumatizzati e costretti a vivere in un mi- crocosmo che riproduce, an- che nelle gerarchie fra prigio- nieri, la follia fondamentali- sta. Se molte donne subisco- no ce ne sono altre che han- no tenacemente ricostruito una catena di comando basa- ta sulla paura e sul fanati- smo. Per 27.000 bambini, malnutriti, malati, senza spe- ranza, l’Is non ha mai perso la guerra.

Appunti di viaggio

27.000 bambini di varie nazionalità reclusi nei campi del nordest della Siria dalla caduta del sedicente stato islamico

Dopo i disordini di Nuova Delhi, i manifestanti si sono ritirati dalla città e hanno cancellato la marcia di prote- sta davanti alla sede del par- lamento, prevista inizialmen- te per il 1° febbraio. Nei gior- ni successivi agli scontri si sono verificati diversi tafferu- gli di minore entità su tutto il territorio indiano. Una mar- cia di protesta nella capitale era già stata organizzata nel mese di novembre dagli agri- coltori, ma la polizia ne ave- va impedito lo svolgimento.

La contestazione dei con- tadini indiani è stata provo- cata dalle tre leggi agricole approvate a settembre 2020 dal governo indiano senza una previa consultazione con le organizzazioni del settore.

I provvedimenti in questione prevedono un processo di li- beralizzazione dell’agricoltu- ra nazionale, mirato alla sua crescita esponenziale. L’agri-

coltura indiana è tuttora ba- sata su un sistema tradizio- nale chiamato “mandi”, che prevede la vendita dei pro- dotti a punti di raccolta sta- tale con un prezzo regola- mentato.

I contadini indiani temo- no che la riduzione del ruolo dello Stato nel settore li lasci privi di tutele, favorendo le multinazionali e costringen- doli a cedere i terreni. Al mo- mento, quasi il 60% della po- polazione indiana è impiega- ta nell’agricoltura, nonostan- te il settore rappresenti solo il 15% del prodotto naziona- le. Dei 600 milioni di conta- dini, 9 su 10 sono piccoli agricoltori, la categoria che si oppone maggiormente all’in- troduzione delle nuove leggi.

La situazione dei coltivatori indiani appare inoltre già molto difficile, in quanto è stato stimato che oltre il 50%

di loro è indebitato.

I partecipanti alle prote- ste, accampati nei dintorni della città di Delhi dallo scorso novembre, sono in gran parte membri della co- munità Sikh provenienti da- gli Stati del Punjab e del- l’Haryana, i territori più pro- duttivi dal punto di vista del- l’agricoltura. Questi hanno poi ricevuto supporto dagli agricoltori di altri Stati e an- che da alcuni partiti politici all’opp osizione.

Il governo centrale di Na- rendra Modi, attualmente al secondo mandato, è stato già oggetto di forti critiche da parte della popolazione in- diana per alcuni provvedi- menti adottati negli ultimi anni. Gli esempi più signifi- cativi a questo riguardo sono la revoca dell’autonomia co- stituzionale allo Stato del Kashmir nell’agosto 2019, denunciata dalla popolazio- ne locale come un attacco al-

l’identità culturale del terri- torio, e la risposta alla pan- demia covid-19, giudicata tardiva e causa di un numero elevatissimo di contagi in un arco di tempo relativamente breve, oltre che della peggio- re recessione vista dal Paese asiatico nell’ultimo quarto di secolo.

Le trattative fra il governo di Modi e i rappresentanti delle unioni agricole si stan- no rivelando molto compli- cate: finora hanno avuto luo- go 11 incontri, ma senza risul- tati concreti. A gennaio, la Corte suprema dell’India ha deciso di rimandare l’entrata in vigore delle leggi discusse e di formare un comitato di mediazione fra le due parti.

Gli agricoltori hanno però ri- fiutato mediazioni nella trat- tativa. Il governo indiano ap- pare intenzionato a mantene- re una linea dura rispetto agli eventi di Nuova Delhi.

Riferimenti

Documenti correlati

prima per attività economiche come l’agricoltura o la produ- zione di energia, che sono alla base della vita e degli equilibri socioeconomici; ultima ma non per importanza è la p ro

Ecco, la radio è un luogo in cui se si avevano degli spazi di tempo per degli interventi un po’ più “rip osati” o anche per un dialogo degli ospiti in diretta — come

Una cartolina con lo slogan «Ora avanti, non indie- tro»: a lanciarla, in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, sono state le Associazioni

Di questo sguardo c’è davvero bisogno anche nella comunicazione, come ha scritto Papa Francesco nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali del 2017: «Vorrei che

Si trat- tata di favorire una sempre maggiore condivisione, anche alla luce di come la fede in Cristo, in tante forme, era stata vissuta nel corso del XX secolo, per testi- moniare

Questo pensiero e questa evoca- zione degli episodi che popolano i tempi e gli spazi nei territori della Mesopotamia corrispondenti al- l’attuale Iraq, ci accompagnano verso una

Raggiungere il primo centenario per una Società missionaria è un tempo breve, ma merita di essere sottolineato come un umile contributo alla diffu- sione del Vangelo nel mon- do»:

E però, in questa sorpresa che non smette di accompa- gnarci, la chiave di questa con- fessione non è neppure sempli- cemente nel rimorso, nella ri- cerca di qualche riparazione