L’ ECONOMISTA
G A Z Z E T T A SE TTIM A N A LE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
REDAZIONE M. J. d e Jo h a n n i s — R. A. Mu r r a y
i m M H - M . IL V I
P i M U - t a n , 8 agosto 1 9 1 5 1 S E f S
K. 2183
« L’Economista » esce quest’anno con 8 pagine di più e quindi il suo contenuto più ampio dà modo di introdurre nuove rubriche e nuovi perfe zionamenti.
I l p re z z o d i ab b on a m en to è d i !.. io an nu e a n tic ip a te , p er l ’Ita lia e C olon ie. P e r l'E s te r o (u n ion e posta le) !.. z .v P er g li a ltr i p aesi si a g g iu n g o n o le spese p osta li. U n fa s c i c olo separato h .
a
.
S O M M A R IO :
PARTE ECONOMICA.
Economici concreta, Ro b e r to A . Mu r r a y.
ha situazione economica italiana nel giudizio di uno scrittore fran cese,
Sul futuro regime doganale: la nostra inchiesta: risposte di Au g usto Or a z ia n ie di An g elo Ro n c a l i.
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.
La guerra europea e l’attività economica del Giappone — Aumento del prezzo della carne in Francia.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
L’avvenire dell’ « hinterland » triestino dopo la conquista ita liana — La situazione dell’ Argentina - - Il credito agrario nelle Marche, nell’ Umbria e nella Liguria — I buoni del tesoro. — L’ultima legge sulla colonizzazione in Danimarca.
PINANZE DI STATO.
Finanze russe. — 11 debito pubblico inglese. LEGISLAZIONE DI GUERRA.
Il nuovo tipo delle cambiali e della carta bollata — Assicu razione del personale delle navi mercantili requisite dallo Stato. Gli scomparsi nellaguerra italo-austriaca e gli acconti di pensione privilegiata di guerra — Esenzioni dei diritti doganali per i ma teriali sanitari — L’ esercizio del diritto di preda.
IL PENSIERO DEGLI ALTRI,
h a guerra e la difesa delle riserve auree — I l corso o meglio la corsa dei cambi, Ca r l o Vim e k c a t i — Unioni doganali e realtà politica, Ma r io Al b e r t i— ha situazione frumentaria in xtalia
e nel mondo, Lu ig i Ein a u d i. NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.
Il commercio dei latticini fra l’ Italia e l’estero— Incoraggia mento alla sericoltura in Ispagna— La produzione del rame — Le stanze di compensazione alla Banca di Russia — La ricchezza agricola della Spagna — Il risparmio in Romania - L’emi grazione italiana nel 1914.
MERCATO MONETARIO E RIVISTA DELLE BORSE.
Situazione degli Istitu ti di Credito m obiliare, Situazione degli Istitu ti di emissione ita lia n i, Situazione degli Istituti Nazio nali Esterij Circolazione di Stato nel Regno Cnito, Tasso dello sconto ufficiale, Situazione del Tesoro italiano, Debito Pubblico italiano, P rodotti delle Ferrovie delio Stato, Riscossioni dello Stato n ell’ esercizio 1914-1915, Riscossioni doganali, Importa zione ed esportazione riunite, Importazione (per categorie e per mesi), Esportazione (per categorie e per m esi).
| Quotazioni di valori di Stato italian i, Borsa di P arigi, Borsa di Londra, Prezzi cita ti a Milano.
| Cambi in Italia, Cambi a Milano, Cambi a ll’ Estero, Media u fficiale dei cambi a g li effetti d ell’ art. 39 del Cod.comin., R ivista dei cambi di Londra, Rivista dei cambi di P arigi.
Indici econom ici italiani.
Porto di Genova, Movimento del carico. Indici econom ici d ell’ « Economist » . Credito dei principali Stati.
Prezzi dei generi di m aggior consumo in Italia per mesi e regioni nel 1914.
Numeri in d ici annuali di varie nazioni, Pubblicazioni ricevute.
Per abbonamenti, richiesta di fascicoli ed inser zioni, rivolgersi all’Amministrazione : Via della Pergola, 31, Firenze.
I manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette all avv. M. J. de Johannis, 56, Via Gregoriana, Roma.
PARTE ECONOMICA
ECONOMIA C O N C R E T A
In una conferenza su « Gli scambi internazionali e l’ora presente », pubblicata poi nella Rivista delle Società commerciali, il prof. Gino Arias svol se alcune sue vedute su la scienza economica con creta, di grandissimo interesse.Non ci occupiamo qui del carattere protezioni stico di quella conferenza : diremo solo a tale pro posito che ci sembra la più acuta difesa del prote zionismo che da molto e molto tempo non udivamo. Invece siccome tale difesa si fonda su questioni ge nerali, queste vogliamo discutere, o, per dir me glio, lumeggiare, perchè siamo, sostanzialmente, d’ accordo con rillustre scrittore.
E’ risaputo che i fenomeni economici, come gli altri sociali tutti, sono estremamente complessi, e che gli studiosi per poter vincere le difficoltà di ri cerca che ne derivano, si avvalgono tutti, conscia mente o inconsciamente, di un particolare metodo che i matematici chiamano delle approssimazioni successive. Questo metodo — per spiegarci nel lin guaggio più semplice — consiste nel procedere gradualmente nelle ricerche, proponendosi prima 10 studio delle questioni più piane e facili (reali o ipotetiche che sieno) e una volta quelle risolte, ten tare poi, man mano, le più complesse e difficili.
Così appunto quando si considerano i fenomeni dal solo lato economico, senza tener conto che essi — al contempo — sono anche fenomeni giuri dici, politici, ecc.; noi compiamo un astrazione, che rappresenta un punto, un gradino della scala logica del metodo delle approssimazioni succes sive.
Non discutiamo qui se i fenomeni reali, i fatti, come taluno preferisce chiamarli, debbano essere studiati dall economia politica o dalla sociologia, perchè è questione che in gran parte, se non com pletamente, è terminologica e quindi, per tale aspetto, inutile; ci sembra invece importante rile vare come, indubbiamente, nelle questioni prati che, non ci si possa limitare alla considerazione del puro lato economico delle questioni, ma che, per concludere al loro riguardo, occorra tener con to, insieme, di tutti i vari loro aspetti. Orbene auesta è la tesi giustissima ed evidente del Prof. Arias : tanto giusta ed evidente, che appare strano 11 fatto che la maggioranza degli studiosi non la pensi così, o - almeno - se così in fondo la pensi, poi nelle conclusioni, per abitudine, sia trascinata a sostenere precisamente il contrario.
Si tratti invero, ad esempio, di una auestione fi nanziaria qualsiasi o di una qualsiasi altra di poli tica economica : il novantanove volte su cento de gli economisti ragiona pre=s*a poco così : il provve dimento x è economicamente dannoso, quindi si de ve respingere. Evidentemente, in tal guisa, essi di menticano tutti gli altri lati di discussione, e li di menticano pure quelli che nei loro trattati, ne am mettono genericamente l’ esistenza!
726 L ’EC O N O M ISTA 8 agosto 1915 - N .2153 la pregiudiziale del rigore scientifico, di questo in
dubbio errore di unilateralità — gli -studiosi di scien ze economiche si sono trovati, a poco a poco, al lontanati da quel contatto con la vita pratica che fu proprio — sia pure in forme molte volte erro nee — dei loro predecessori « empirici ».
Non vogliamo disconoscere (anzi!) la libertà di compiere studi per semplici fini teorici; ma insie me, d’ altro canto, occorre ben ricordare, a coloro che trattano questioni pratiche, di non lasciare il metodo delle approssimazioni successive, lettera morta nei testi, ma di applicarlo effettivamente, ossia di compiere quelle ulteriori approssimazioni che occorrono, per passare dal fenomeno « puro » al fenomeno « reale ».
Questo noi sostenemmo e sosteniamo nel campo finanziario auspicando una scienza finanziaria più complessa, e, ci sia permesso il dirlo, meno lon tana dal vero di quella che generalmente si usa di fare; questo vediamo sostenuto con vero acume dal Prof. Arias per l’ economia, dove la lunga tra dizione scientifica classica più a lungo ha difficol tato questo rinnovamento d’indirizzo.
Noi diamo il benvenuto a questa economia con creta (o politica economica o sociologia che chia mar si voglia), perchè sarà, con la sua diretta cor rispondenza alla vita vissuta nel mondo degli af fari e nel mondo politico, la più acconcia risposta a quel piccolo mondo gretto, grasso d’ignoranza, che, sfruttando l’impopolarità dell’ astrattismo im perante oggi nelle scienze economiche (e che ha pure i suoi enormi titoli di benemerenza), aveva proclamata morta la scienza economica!
No, signori, questa non è morta : l’ odierna eco nomia pura rappresenta la crisalide dalla quale dovrà uscire la nuova economia concreta seria mente scientifica, che saprà giungere alla cono scenza del particolare attraverso la sicura cono scenza dei fenomeni generali.
Roberto A . Mu r r a y.
La situazione economica italiana
nel g iu d iz io di u n o sc r itto re fra n cese
Il sig. Raffaele Giorgio Lèvy pubblica nella « Re- vue des Deux Mondes » del 15 luglio un notevole articolo sull’ Italia economica.
L ’ autore ripartisce la sua esposizione in cinque capi cui fa seguire una conclusione.
La prima parte si occupa dello sviluppo econo mico del Regno e della emigrazione. Quivi lo scrit tore rileva come il progresso economico procedette di pari passo col rapido ingrandimento territoriale del Regno dopo le guerre d’indipendenza, talché l’ agricoltura, l’industria, il commercio e le finanze segnarono un continuo incremento. La popola zione, che si eleva a 36 milioni di abitanti, fattiva, sobria e laboriosa — prosegue il Lèvy — costitui sce l’ elemento essenziale della potenza italiana ed il fenomeno della emigrazione non deve, a suo avviso, destare preoccupazione sia perchè parte di essa è temporanea, e sia perchè gli emigranti inviano alle loro famiglie i propri risparmi, con correndo ad arricchire il Paese. Gli è perciò che l’emigrazione costituisce un fattore di speciale importanza nella vita economica d’ Italia, ed è in grazia delle rimesse degli emigrati, che il corso dei cambi verso la fine del XIX0 secolo si avvicinò alla pari e vi si mantenne fino al 1914.
Fa seguire il Lèvy interessanti notizie sulla pro duzione agricola nazionale, il cui incremento ritie ne dovuto in massima parte all’ accresciuto im piego dei concimi chimici. In un mezzo secolo le esportazioni dei prodotti terrieri sono aumen tate in proporzioni insperate; e solo la produ
zione dei cereali non è sufficiente a coprire i bisogni della popolazione, sicché ogni anno l’ I talia importa una quantità più o meno forte di fru mento.
L ’industria si è specialmente sviluppata nel nord della penisola. Dal censimento del 1911 risulta che essa occupava 2 milioni e mezzo di operai.
L ’ Italia è ricca di corsi d’ acqua, ma è povera di carbon fossile ed importa tutta la quantità di combustibile che consuma. Ciò costituisce un lato debole della sua industria, del pari che 1 insufficien za dei giacimenti minerari i quali forniscono ap pena la metà del materiale che le occorre. Se- nonchè codeste manchevolezze sono compensate dall’ abbondanza e dal buon mercato della mano d’opera.
La politica commerciale italiana fu dapprima liberista ed indi protezionista. Le esportazioni e le importazioni seguirono un pressoché costante aumento, con un accenno a depressione nel pe riodo dal 1885 al 1895 a cagione della rottura commerciale con la Francia. L ’ anno 1912 marca il punto massimo del movimento ascensionale : oltre 6 miliardi fra importazioni cd esportazioni. Quelle, generalmente, superano queste, ma la differenza viene, sin da lunga pezza, coperta dalle rimesse degli emigrati e dalle spese fatte all’interno dagli stranieri che vi dimorano. Si può affermare che il commercio esterno dell’ Italia si è sviluppato più rapidamente di quello di qualsiasi altro paese, ed anche la tendenza delle importazioni ad ac crescersi in misura proporzionale maggiore delle esportazioni, accenna a correggersi.
La lunghezza delle strade ferrate è di 18 mila chilometri di cui 3/4 esercitate dallo Stato ed L4 da società private. L ’esercizio di Stato che rimon ta al 1905-06, nel 1913-14, ultima gestione chiusa, ha fruttato per prodotti lordi dei traffico 575 milioni di lire con un coefficiente d’esercizio del 73.70 %, il più basso del decennio.
La marina mercantile si è fortemente sviluppata. Dal 1880 al 1912 il numero dei piroscafi è salito da 158 a 839 e la loro capacità da 77 mila a 762 mila tonnellate. Il movimento portuario dal 1890 al 1910 si è quadruplicato per la bandiera naziona le, nel mentre si è meno che triplicato per quella estera.
Riassumendo, alla metà dell’ anno 1914 le con dizioni economiche del Paese erano soddisfacenti : aumentati di 18 milioni rispetto al precedente anno finanziario i prodotti del traffico ferroviario; accre sciuto da 7.221 milioni a 7.596 milioni l’ ammon tare dei depositi presso le casse di risparmio e le banche; la rendita consolidata 3,50 % al disopra di 97 ed il cambio pressoché alla pari.
La guerra provocò la discesa della rendita a 86 e fece salire il cambio a I 13, ma alla fine del 1914 i corsi erano rispettivamente a 91 ed a 105.
Uno speciale cenno merita la statistica del ri sparmio. Nel mentre nel 1882 i depositi presso le casse di risparmio ascendevano a circa 20Ò milioni, al 30 giugno 1912 essi si erano elevati a poco meno di 7 miliardi e mezzo, in massima parte costituiti da risparmi popolari.
*
8 agosto 1915 - N. 2153 L ’ ECO N O M ISTA
727 normale e 300 milioni vennero autorizzati da leg
gi e decreti successivi.
I tre istituti predetti hanno notevolmente pro gredito.
La Banca d’ Italia, per dire soltanto del massimo istituto, e riuscita con prudente azione amministra tiva a liberarsi del mezzo miliardo di attività im mobiliari ereditato dalla Banca Romana dando maggiore sviluppo agli affari.
In un ventennio a cominciare dal 1894, la riser va metallica della Banca si e presso che quadru plicata e ugual sorte hanno subito i depositi; gli sconti e le anticipazioni sono pressoché sei volte maggiori e la circolazione si è triplicata.
Dal 20 luglio al 30 settembre 1914 gli sconti e le anticipazioni presso i tre istituti erano aumentati di 600 milioni; alla fine dell anno questa cifra si e ridotta di 150 milioni. Alla stessa data la circola zione dei biglietti si elevava a 2.940 milioni con un aumento di 745 milioni su quella del 20 luglio; du- rapte lo stesso periodo i depositi si erano accre sciuti di circa 400 milioni.
Lo stock di oro dell’ Italia è valutato ad un mi liardo e mezzo circa, di cui 4;5 giacciono nelle sacrestie degli istituti di emissioni ed un 1/5 tro vasi in circolazione.
Le Banche ordinarie al 31 dicembre 1913 erano in numero di 162 con un capitale versato di 556 milioni, 97 milioni di riserva e 2.437 milioni di de positi e conti correnti. Alla stessa data le 22 prin cipali casse di risparmio avevano un patrimonio di 283 milioni e 2.200 milioni di depositi.
Le Banche cooperative con I 10 milioni di ca pitale e 75 milioni di riserva, disponevano di un miliardo e mezzo di depositi e conti correnti.
L industria delle assicurazioni è attiva. Si con tano circa 200 Società, di cui 1/3 straniere. Nel 1912 venne istituito l’ Istituto Nazionale delle assi curazioni il quale rilevò il portafoglio di 24 Socie tà, avendo sin dal primo giorno della sua esisten za 126.000 assicurati con una cifra di affari di 770.000.000, 182 milioni di riserve matematiche e 34 milioni di premi annuali.
Vanno poi annoverati fra eli Istituti della specie la Cassa Nazionale di previdenza per l’ invalidità e la vecchiaia che al 31 dicembre 1913 aveva 500 mila inscritti e disponeva di 175 milioni di capita le, e la Cassa Nazionale di maternità istituita ap pena nel 1910.
II patrimonio degli Istituti di beneficenza si e- levava a 2280 milioni alla fine del 1912.
Recenti valutazioni ragguagliano a 99 miliardi di lire la fortuna nazionale, di cui 56 rappresentati dai terreni, 16 dai fabbricati e 21 dalla ricchezza mobiliare.
*
Nel terzo capo si tratta del bilancio e delle fi nanze pubbliche. Le finanze italiane ebbero sin dalla costituzione del Regno a lottare contro gran di difficoltà, ma i Governi non risparmiarono ope ra per ordinarne le forze.
Fino al 1896 il bilancio ebbe a chiudersi quasi sempre in deficit; dopo tale epoca gli avanzi si manifestarono e si mantennero costantemente. Ouesta fu l’ epoca brillante della finanza italiana, distinta in due grandi avvenimenti; il ritorno del cambio alla pari e la conversione della rendita. Al periodo fortunoso nel ouale l’imposta sulla ren dita fu elevata dal 13,20 al 20 0 /, l’ aggio sull’ oro segnò un massimo del 16 %. numerosi debiti furo no contratti per coprire i disavanzi di bilancio e per far fronte alle spese delle strade ferrate; seguì un’ era di prosperità.
Nel 1906 la rendita 4 % superava la pari e fu convertita in un 3.50 differito che si mantenne in
torno al 100 fino all’ epoca della guerra contro la Turchia.
Le spese della spedizione in Tripolitania ed in Cirenaica furono coperte in parte con gli avanzi dei precedenti bilanci e con l’ emissione di buoni del Tesoro al 4 % . Per far fronte alle spese di preparazione per la guerra attuale venne fatto luo go all’emissione di un prestito al 4.50 "ó di un miliardo di lire. Questo prestito, come i buoni del Tesoro predetti, furono sottoscritti nell’ interno del Regno.
Nel tempo stesso che la popolazione saliva da 22 a 36 milioni di abitanti, la forza contributiva di ciascun abitante triplicava. La diminuzione del de bito ipotecario e delle vendite giudiziarie attesta delle migliorate condizioni economiche dei contri buenti.
Il Lèvy a questo punto esamina le risultanze della gestione 1913-14, quella presunta pel 1914-15 e la situazione del 1915-16. Passando in rassegna i vari titoli di entrata l’ autore viene alla conclusio ne che non è alle imposte fondiarie che l’ Italia possa domandare la maggior parte dei nuovi fondi di cui avrà bisogno dopo la guerra.
II Lèvy prende occasione da tale rassegna per lodare la disposizione emanata in occasione della conversione della rendita, in forza della quale i fondi pubblici furono dichiarati esenti da tasse.
Soggiunge il Lèvy che il Ministro del Tesoro On. Carcano, nel prevedere per l’ esercizio 1914-15 un disavanzo, dichiarava che il disavanzo stesso non lo preoccupava giacché. Egli ebbe a dire al Parlamento, « se vi sono delle epoche nelle quali « i Ministri debbono tesoreggiare ve ne sono delle « altre nelle quali debbono sapere spendere. Oggi « — Egli soggiungeva — anche coloro che furono « i custodi più rigidi del pareggio del bilancio, « comprendono la necessità sovrana di provvede- « re energicamente e rapidamente a quanto ri- « chiede la sicurezza nazionale ». Nel mentre crediti supplementari fino alla concorrenza del mi liardo per 1 esercito e per la marina furono accor dati, d’ altra parte le entrate sono rimaste inferiori alla stima fattane, ma, secondo la forte parola del Ministro, « la politica finanziaria in questo momen- « to deve occuparsi del tesoro e non del bilancio », intendendo Egli dire che occorre rifornire le casse dello Stato senza preoccuparsi degli oneri che ne risulteranno per il contribuente.
Vari provvedimenti furono adottati per rinvigo rire taluni cespiti principali come le tasse sugli affari e le imposte dirette. Inoltre, il tesoro ricorse ad un aumento di circolazione fiduciaria e di an ticipazioni statutarie degli istituti di emissione, ol tre all’ emissione del prestito già ricordato. Fra i sintomi favorevoli della potenza finanziaria italia na conviene citare il favorevole corso dei suoi fondi pubblici nell’ultimo ventennio, dovuto, prin cipalmente, alla buona situazione finanziaria, che permise di tenere chiuso il gran Libro del Debito Pubblico, ed alla sobrietà degli italiani che rispar miavano ed impiegavano le loro economie preferi bilmente in rendita nazionale.
*
728 L ’E C O N O M ISTA Io agosto 1915 - N. 2153 d’ argento. L operazione valse a sopprimere l’ aggio
ed a ricondurre per qualche tempo il cambio alla pari.
Si compiace l’autore di rammentare l’ epoca nel la quale la collaborazione della finanza francese ebbe dei benefici effetti per l’ Italia, sicché all’ azio ne comune sul campo di battaglia che fondò l’u nità transalpina, succedette quella, pure comune, nel campo economico. Negli anni che seguirono l’ emissione del prestito suindicato le relazioni fra i due paesi non furono più intime. La Germania tentò di prendere il posto della Francia e acquistò un certo numero di titoli che i capitalisti francesi alienavano.
Ma ciò non durò a lungo, perchè gli italiani stessi coi loro risparmi riscattarono i propri titoli di Stato. Talché nel 1908 appena 1 11 % del servi zio del Debito Pubblico italiano veniva fatto al l’estero e quasi tutto in Francia. In quell’ anno la rendita raggiunse il suo più alto corso, ed il cre dito italiano trovavasi ad un livello superiore a quello di parecchi grandi Stati europei. L’ autore s’indugia ad illustrare la politica d invasione finan ziaria fatta dai tedeschi nel Regno, riferendosi a quanto il Preziosi ebbe di recente a pubblicare nel volume « La Germania alla conquista dell’ Italia ». Giunge egli alla conclusione che la Germania pa ralizzava l’ azione dell’ Italia, in modo da impedire che essa potesse opporsi al programma di espan sione che l’Austria andava esplicando per conto suo e dell’impero alleato.
Il sitema si compendiava nella manomissione delle Banche e del credito, nel dominio evidente o dissimulato delle industrie e delle società di navi gazione, nonché nell’ asservimento della stampa. E — quel che più merita di essere rilevato — sog giunge il Lèvy — senza impiegare considerevoli ca pitali. La Germania possedeva al più alto grado l’ arte di imporre e di fare accettare le sue diret tive, là dove altri avrebbero avuto meglio di lei il diritto di farlo. Dopo la dichiarazione di guerra all’Austria da parte dell’ Italia, la tattica è mutata ed i tedeschi sostengono ora che i loro rapporti economici con la penisola non hanno importanza.
Essi confessano che non vi ha più capitale tede sco al sud delle Alpi e che, negli ultimi anni, essi hanno venduto tutto ciò che possedevano di titoli italiani. Da lungo tempo essi sfruttavano il paese senza compromettere capitali. Ma gli italiani non si dissimulavano la gravità del fenomeno delle pe netrazione germanica, e i più illuminati fra essi, fra cui il Nitri, ebbero già ad avvertire che, dopo la presente guerra, gli italiani dovranno più che mai contare solo su sé stessi. Per ora essi non potran no non ricorrere all’ emissione di prestiti all’estero. Più tardi quando la Nazione avrà raccolto il frutto del suo intervento nel conflitto, l’ Italia conoscerà di nuovo gli anni della prosperità, e gli avanzi di bilancio e il risparmio dei suoi abitanti varranno a riscattare i titoli che oggi dovesse collocare presso i suoi alleati e i neutri.
*
Nel quinto capo il Lèvy accenna alle misure adottate dopo lo scoppio della conflagrazione europea. Rileva egli come l ’ Italia abbia risentito profondamente gli effetti della crisi internaziona le. I provvedimenti da essa emanati per affron tarla sono gli stessi che i belligeranti ebbero ad adottare fin dalla prima ora. Venne proibita l’e sportazione di taluni prodotti e fu stabilita una moratoria per il rimborso dei depositi ed il pa gamento delle cambiali. Con appositi decreti si giunse a raddoppiare il limite normale della circo lazione degli Istituti di emissione; con altri venne ordinato agli istituti stessi di rimettere al tesoro !
in v »rie riprese 500 milioni di biglietti per sovve nire la Cassa Depositi e Prestiti, sì da mettere quell’in.portante istituto in grado di attendere al le proprie operazioni. Venne prorogata l’esecuzio ne degli impegni di borsa, e fu consentito al Mi nistro del Tesoro di emettere biglietti di Stato per 425 milioni di lire di cui 250 garantiti da monete divisionali d’ argento.
Con appositi atti fu sospesa in parte l’interdizio ne del lavoro notturno delle donne e dei fanciulli, e venne prescritto il modo di quotare i cambi nel l’ assenza dei listini di borsa.
Fu altresì provveduto a sospendere, prima in parte e poi per intero, il dazio di entrata sui ce reali. Con decreto Reale venne autorizzata la for mazione. d’un consorzio costituito dagli Istituti di emissione e dai principali Istituti patrimoniali non ché dalle più importanti Casse di Risparmio, col capitale di 25 milioni (aumentati poi a 40 milioni) allo scopo di fare anticipazioni, fino alla concor renza del decuplo del capitale, su cambiali con una sola firma, garantite da azioni e da obbligazio ni industriali quotate in borsa. Grazie a siffatte provvidenze l’ Italia — scrive il Lèvy — si è trovata, nel giorno in cui è entrata in campagna, meglio pre parata che non Io fossero parecchie delle altre nazioni belligeranti.
La legge 22 maggio 1915 ha conferito al Gover no poteri speciali per la difesa nazionale e per la soddisfazione dei bisogni economici. In virtù di tali poteri nel 1915 venne emesso un nuovo pre stito al 4.50%, al corso di 95, a due punti cioè al disotto del prezzo di emissione del prestito del gennaio 1915; i titoli sono poi ceduti a 93 a coloro che ebbero già a sottoscrivere per quest’ultimo. E’ stato notevole la premura con la quale vi hanno sottoscritto i piccoli risparmiatori e gli italiani sta biliti all’ estero.
CONCLUSIONE.
Assai lusinghieri per noi sono i giudizi coi quali il Lèvy conchiude il diligentissimo suo lavoro.
L ’ Italia — egli dice — è una delle nazioni più forti del mondo moderno in grazia del vigore e dell’intelligenza dei suoi abitanti. Per il rispetto che essa ha sempre professato del diritto è poi una delle Nazioni di maggiore autorità morale. La calma che gli italiani hanno conservato nelle peri pezie della crisi internazionale, fino a che venne dichiarata la guerra, attesta che gli ultimi venuti fra i nostri alleati non saranno meno risoluti nè meno perseveranti degli altri. L ’ Italia entra in lizza dopo che la Francia, la Russia, l’ Inghilterra, il Belgio, la Serbia ed il Montenegro hanno speso una cinquantina di miliardi. Le promesse rice vute le garantiscono, aH’indomani della pace, un accrescimento di territorio e di popolazione che compenserà una parte dei sacrifici che sarà per affrontare. Ammettendo che il suo debito si accre scesse del 50 %, il bilancio sopporterebbe un mag gior carico di 300 o 400 milioni, somma che non sarà diffìcile poter procurare all’erario nazionale.
ri-L ’ECON OM ISTA 729 8 agosto 1915 - N. 2153
ve del Mediterraneo e dell’Adriatico, estendendo la sua azione fino al Mar Rosso, l’ Italia potrà ri prendere la sua pacifica attività consacrando ad essa la parte migliore delle sue forze. Già sin dall’ 8 dicembre 1914 il Ministro del Tesoro indica va eloquentemente al suo Paese il compito del do mani :
« Fino a che la bufera non sia cessata bisogna « correre ai ripari; poi, tosto che sarà tornata la « bonaccia, bisognerà riprendere le abitudini del « buon tempo antico e lavorare a tutt’uomo con la « tenacia dei montanari a rinsaldare finanze e bi li lancio; occorrerà allora raccogliere nuovi mezzi
« dalle economie, segnatamente da semplifica li zione di servizi pubblici e negli organi ammini- « strativi ».
E con compiacimento che si ascolta pronun ciata dalla bocca di un Ministro la parola « econo mie », che non fu certo di moda nei Parlamenti del XX0 secolo, e che sembra di evocare oggi qual che cosa d’ impossibile realizzazione. Sarà neces sario, pertanto, all’indomani della pace scrivere la parola stessa sui programmi finanziari europei se vuole evitarsi che i contribuenti soccombano sot to il peso di oneri eccessivi.
Sul futuro regime doganale (1;
L n n o s t r i a i n e b i e s t a
Abbiamo voluto tentare un’ inchiesta fra i pro fessori di economia e finanza delle R. Università, intorno ad un problema che ci sembra vitale per l’indirizzo che dovranno tenere le nostre industrie ed i nostri commerci nel futuro.
Il problema è stato da noi posto nei seguenti termini :
« Dopo la guerra europea converrà o prevarrà una tendenza verso regimi doganali poco dissi mili da quelli precedentemente in vigore, più prote zionisti, meno protezionisti, o decisamente libero scambisti? »
Invero le risposte non sono state numerose, il che è un indice della incertezza che domina nelle menti dei competenti, incertezza che si rileva an che maggiormente dalle risposte avute, quali in questa rubrica andremo pubblicando.
Tuttavia rimane un valore pratico alla indagine che abbiamo condotta, intorno alla quale vorrem mo potesse aprirsi e continuare un proficuo ed e- sauriente dibattito, dal quale potrebbero trarre norma efficace coloro che, alieni dalle teorie, si trovano quotidianamente impegnati a considerare le condizioni future dei traffici.
Le risposte finora pervenuteci e che andremo mano a mano pubblicando sono dei seguenti pro fessori : Achille Loria — Giuseppe Valeri — Aldo Contento — Giuseppe Majorana — Corrado Gini Luigi Einaudi — Giulio Alessio — Federico Flo ra — Camillo Supino — E. Masè-Dari — Guido Sensini — F. Ballarmi — Michele Ziino — Ettore Fornasari di Ver ce — Emanuele Sella — Angelo Roncali — Augusto Graziani — Giacomo Luzzatti — Giovanni de Francisci Gerbino — Fabrizio Na toli — Marcello Finzi.
Altre ci sono state preannunciate.
M. J. DE JoHANNIS.
Dopo la guerra, per riparare a tanta distruzione di ricchezze le industrie dovranno potenziarsi ed intensificarsi. Ma all’introduzione di quell’ effica ce perfezionamento, che è costituito dalla liber tà degli scambi internazionali, si opporranno for midabili ostacoli. Anzitutto le singole economie
(1; V e d i Econom ista nu m eri 2147, 2148,2149, 2150, 2151 e' 2152.
conse-730 L ’EC O N O M ISTA
8 agosto 1915 - N. 2153 guire alla lega politica : ma verso gli Stati tede
schi e gli Stati neutrali, come da parte di questi e di quelli, la protezione, quantunque con eviden te danno, si accentuerà. Infine, come fu da tanti notato, alla elevazione dei dazi fiscali (che sarà probabilmente indispensabile per l’equilibrio del la finanza) può accoppiarsi quella dei dazi protet tivi, od a dir meglio, col pretesto dei bisogni fi nanziari, si acuisce il protezionismo. E se è pur notissimo ed indiscutibile che i due fini sono con- tradittori e che in quanto il dazio impedisce l’ in gresso del prodotto straniero, in tanto non profit ta all erario, è pur anche certo che un mediocre ed anche notevole rendimento fiscale può asso ciarsi ad una protezione ritenuta sufficiente e che 1 incremento delle imposte indirette è stato ac
compagnato quasi sempre da aggravamento di
protezione.
A u gusto G raziani.
H o sempre avuta la convinzione che il regime protezionista rappresenta uno stadio necessario della evoluzione economica di ogni nazione : per tale stadio passarono o passeranno tutte le unità nazionali o statali a misura del grado di perfe zionamento industriale (nel più ampio senso) a cui esse sono giunte : il ragionamento e la storia mi confortano in questa convinzione.
Ma, trattandosi appunto di uno stadio evoluti vo, il sistema protezionista nelle sue svariate for me porta con sè un appiglio per una evoluzione ulteriore. Lo scopo ultimo a cui mira la protezio ne è non solo l’ autonomia ma la prevalenza della nazione propria nel mercato mondiale : ed ecco che a raggiungere questo fine i protezionisti stessi hanno ricorso all’attuazione di un postulato libe ro-scambista, alla emigrazione del capitale, alla industrializzazione internazionale. Questo fenome no notevolissimo dei tempi recenti, accoppiato ad aitri che lontanamente si potrebbero intravedere, ci pareva dovesse far scomparire lentamente il protezionismo il quale, per necessità storica, sa rebbe venuto meno al suo ufficio.
Questa rosea previsione di una placida evolu zione verso la libertà pur troppo oggi è brutal mente cancellata. La guerra attuale tanto pel vin citore che pel vinto avrà, sotto ¡’ aspetto economi co, conseguenze disastrose. La produzione rista gnerà, si restringerà il consumo, la d'soccupazio- ne diverrà non solo un male economico ma anche un pericolo sociale : la massa dei beni da scam biarsi diminuirà enormemente, in altre parole 1 Europa civile regredirà e sarà riportata ad uno stadio quale quello in cui si trovava mezzo se colo fa.
Ma se ogni nazione dovrà anzitutto provvedere alla diretta soddisfazione dei bisogni proprii e p o chi saranno i prodotti che sopravanzeranno per ¡ esportazione, la questione degii scambi intema zionali perderà — per mancanza di materia — buona parte della sua importanza.
A d ogni modo, data la tendenza dei popoli a costituirsi in unità etnicamente delimitate, dato lo strascico di odio e di gelosia che non ¡scomparirà tanto presto, si può supporre che, a guerra finita, prevarrà per un certo tempo la più ringhiosa autonomia doganale. In tale periodo si tratterà anzitutto di ricostituire l’ enorme quantità di capi tali distrutti. Dati i presidii offerti dai progressi indistruttibili della scienza e deila tecnica indu striale, l’opera sarà forse meno lunga e laboriosa di quanto si potrebbe credere. Ricostituiti i ca pitali non si può escludere che al parossismo at tuale subentri a poco a poco un calmo apprezza mento degli interessi individuali e nazionali, il
quale, sia colla riduzione delle tariffe, sia coi trat tati di commercio, ci riconduca a quello stato di cose che rese possibile il periodo liberale del 1860.
Se fosse lecito abbandonarsi alla fantasia, si potrebbe allora supporre possibile la costituzione di grandi unioni doganali europee, specialmente se si riflette che i grandi stati estraeuropei non tocchi dalla crisi odierna, come gli Stati Uniti ed il Giappone, vanno ognora ingigantendo e po trebbero in giorni non tanto remoti prevalere nel la lotta di concorrenza colla vecchia Europa.
E non si farebbe un nuovo passo verso il libero- scambio?
A. R oncali.
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA
La guerra europea e l’attività economica del Giappone
Il Ministero dell’Agricoltura e del Commercio del Giappone aveva, di recente, fatto un rilievo in teressante sugli articoli europei, che, se la guerra europea si prolungasse ancora, non potrebbero più giungere al Giappone. !Son quasi tutti materie e prodotti la cui fabbricazione industriale non esiste ancora nel Giappone, cioè: il luppolo, l’anilina, la lana grezza, i filati di lana, il ferro e l’acciaio eu ropei, l’alluminio, il nichelio, le macchine da filare, ! la gomma, ecc., il cui valore d’importazione nel Giappone ascende a 40.266.000 yens all’anno.
D’altra parte, quelli fra gli articoli europei che, ¡I nel giorno in cui non potessero p,iù importarsi, sem- I prei a cagione della .suddetta guerra, e che i.G iap po
J
nesi credono. che essi potrebbero produrre da sè li stessi, nel loro paese, sono, secondo le indagini del .Ministero di agricoltura e di commercio, i seguenti : i saponi, cappelli di ogni sorta, carta da stampa (per ' ! libri, giornali, ecc.), carta imitazione del Giappone, pneumatici per le ruote di biciclette, battelli a va pore, caldaie e macchine, accessori per macchina a, vapore, carta per disegno e per geografia, carte per buste e per imballaggio.Si aggiunge che le informazioni date dal Ministero ! di Agricoltura e Commercio sembrano in certo ! modo inesatte, perchè fra gli oggetti notati come quelli che i Giapponesi potrebbero fabbricare, ve n’ha taluni che sono già confezionati e molto bene I! nel Giappone da molti anni; così, ad esempio, il
il
sapone europeo. I Giapponesi, si può dire quasiji
tutti, possono far senza del sapone che viene dal- j l’Europa; ivi se ne fabbrica e si esporta anche in
p
Cina. Il battello a vapore si fabbrica oggi eziandio nel Giappone, quantunque non si sia ancora ben jj provvisti di grandi cantieri privati o di Società com-i
merciali.
La ripercussione della guerra europea sul com mercio di esportazione di prodotti giapponesi, spe cialmente agricoli, è stata molto sensibile. Questa esportazione si è sensibilmente ristretta dopo il se condo semestre del 1914; i seguenti tre prodotti agri coli sono stati finora più mal distribuiti: la can fora, il bulbo del giglio, i legnami e 1-e conserve di legumi.
La canfora si esporta, in Europa ed in America, sotto forma di olio e di polvere cristallizzata, circa 370 mila libbre giapponesi, per un valore di 2.600 mila yens all’anno (media, dei tre ultimi anni); il bulbo del fiore del giglio (fiordaliso) va in Europa ed agli Stati Uniti d’America per un valore di 900.000 yens all’anno. Questo articolo, principal mente di lusso in quei paesi e che si coltiva per or nare le sale ed i_ giardini, è assai colpito dal males sere dei mercati europei ed americani dopo la guerra. Così pure i legumi e le loro conserve che si esportano nella Russia asiatica, alle isole Filip pine, alle Indie inglesi ed agli Stati Uniti d’Ame rica del Nord, hanno diminuita la loro cifra di ven dita sui mercati di quelle regioni. Però, da qualche tempo, l’esportazione è fn ripresa, in seguito al- 1 acquisto largamente fatto pel consumo dell’armato in campagna, e si vende per circa 1.700.000 vens allanno.
8 ag osto 1915 - N. 2153 L ’ECON OM ISTA 731
ora alcun mutamento sensibile nelle transazioni. D’altronde, salvo i prodotti agricoli necessari, come
materie prime per le diverse industrie giapponesi
non ve ne sono molti che s’imporr,anno. Si acquista nel Giappone dello zucchero di G iavaperuna somma di 21 milioni di yens all’anno, ma esso non è nè sarà mai colpito .dall’effetto della catastrofe in Europa. Invece, nel centro delle grandi opera zioni dell’armata, nel teatro degli accaniti -combat timenti che si trovano principalmente nei paesi dell’Europa centrale,, cioè là dove esiste il centro dello sfruttamento e della coltura della barbabietola
zuccheriftca, lo zucchero è molto rincarito in Fran
cia, in Inghilterra ed in Germania, e il rialzo dello zucchero europeo ha, ora, prodotto il suo effetto sullo zucchero giapponese, che si fabbrica nella co lonia di Formosa e nell’interno del Giappone.
Il grano e la farina di grano il Giappone trae specialmente dall’America per una somma di 8.600.000 yens all’anno. Dalla grande guerra in poi, il prezzo di questa derrata importata è molto au mentato. lu indaco artificiale è importato unicamen te dalla Germania, pel valore medio di 2.980.000 yens all’anno. Esso non giunge più dopo l’apertura delle ostilità, ed i Giapponesi non hanno oggi che Findaco naturale; ma questa pianta ha bisogno di tempo per giungere a soddisfare la enorme doman da dell’industria giapponese di tintura, la quale, perciò è terribilmente colpita, dalla scarsezza del l’articolo tedesco. Tuttavia, questa mancanza ha quasi portato un incoraggiamento ed è stata ca gione di profitto per l’industria della coltura del l’indaco giapponese. Infine, il luppolo europeo ora manca al Giappone. Esso veniva importato princi palmente dalla Germania per una somma di 500.000 yens all’anno; e la mancanza dell’importazione di questo articolo è un rude colpo per le birrarie in digene, che si rivolgono agli Stati Uniti d’America. Soltanto, la Compagnia di fabbricazione di birra giapponese di Tokio (una delle maggiori del Giap pone) è risparmiata dalla sventura della guerra eu ropea, poiché sui 70 mila kokus di luppolo che con sumano annualmente le birrarie nel Giappone, que sta Compagnia ne coltiva e ne raccoglie essa stessa, per suo proprio consumo, 40 mila kokus (1 koku u- guale a 1 ettaro 80391).
In articoli di esportazione, è la seta giapponese la vittima della disgraziata guerra europea. Infatti, la domanda dell’estero, molto diminuita per essa, ha pesantemente gravato sul suo prezzo, e negli ul timi giorni del dicembre scorso, questa seta era scesa al disotto di 700 yens le 100 libbre giapponesi di prima qualità (la libbra giapponese equivale a 601 grammi), ribasso mai finora verificatosi. E’ in questa circostanza che i negozianti in seta di Yo kohama ed i filatori delFinterno si sono messi d’ac cordo ed hanno deciso di arrestare la vendita del l’articolo al disotto dei corsi di 700 yens per la pri ma qualità. Fortunatamente dal gennaio scorso, la domanda dei mercati europèi ed americani è in ri presa ed i -corsi si sono rilevati intorno ad 800 yens. Però, anche ad 800 yens i produttori di seta non vi trovano -profitto, ed a più forte ragione a 700 ye-ns; come risulta dal calcolo del costo di fabbricazione della seta per produrre 100 libbre giapponesi del detto articolo con bozzoli d’estate la spesa è di 736 yenis; con bozzoli di primavera di 992 yens.
Aum ento del p r e z zo della carne in Francia
Il problema d-el consumo e dell’aumento del prez zo della -carne si va rendendo anche in Francia sem pre più diffìcile, nota E. Payen nell’Economiste
Français del 10 luglio scorso.
Il rialzo subito dalla carne durante il periodo della guerra è dato dal seguente prospetto:
17 selt. 1914 30 giugno- 1915
L. L. L. L.
V ite llo e x tra . . . . 1.86 2.— 2.22 2.44 1» q u a lità . . . . 1.60 1.80 2.02 2.38 2« » . . . . 1.30 1.51 1.82 1.98 V ite llo com u n e:
Q u a rto d a v a n ti . . 1.10 1.50 1.24 1.86 Id. d i d ietro. . 1.40 2.— 1.54 2.42 M o n to n e : l a qualità . . . . 2.50 3.40 2.66 3.02 C o s c io tto . . . . 2.40 3.00 2.48 3.46 M aiale n o rm a n n o : E x tra . . . . 2.40 2.16 2.32 P r o s c iu tto . . . . 2.30 2.50 2.— 2.90 R en i . . . . 2.60 1.86 1.38 Ad eccezione del montonè i prezzi sono in gente rale in rialzo. La guerra ha certo diminuito di molto la quantità di bestiame e conseguentemente ha pro dotto un notevole rialzo dei prezzi. Secondo una -sta tistica -agricola del 1912 la Francia possedeva al 31 dicembre di queU’anno 14.705.900 animali di razza bovina di cui 7.745.750 vacche, 16.467.700 montoni e 6.903.750 maiali. Questo bestiame è diminuito a causa della, guerra dal mese di agosto per l’occupa zione di una parte del territorio.
Ecco per queste tre specie di animali qual’è stato l’effettivo fin dal 1912 dei dipartimenti oggi invasi in tutto o in parte.
Razze bovine.
Totale Razza Razza specie ovina porcina N o r d ... 180.780 297.980 73.610 90.430 P as d e C alais . . 143.350 246.000 174.550 152.760 Som m e . . . 101.330 185.230 271.440 74.530 A i s n e ... 88.170 154.070 272.810 55.250 A rd en n es . . . . 59.530 117.030 149.700 42.270 M a r n e ... 76.340 115.030 255.490 44.809 M e u se ... 54.030 93.410 76.21C 59.830 M. et M oselle. . . 54.540 86.690 60.890 74,820 785.070 1.294.440 1.334.700 000.690 Il deputato Cosnier, autore d’uri progetto di legge tendente ad autorizzare l’acquisto e l’importazione di bestiame estero, ha provato in cifre l’eccedenza della consumazione della carne- prodotta dall’attuale situazione. Commentando quelle cifre nella seduta della Camera del 2 luglio u. s. il Ministro di Agri coltura diceva :
« La consumazione risultante dalla guerra si è -elevata a 400 mila tona, all’anno, equivalenti a 1 milione e 200 mila capi di bestiame. La consumazione totale del paese è di 1 milione 800 mila a 1 milione e 900 mila capi di bestiame. Questo supplemento di 1 milione e 200 mila capi arriva quasi a raddoppiare la consumazione ».
Il Ministro aggiungeva, che nel fare tale -consta tazione non teneva .conto del deficit già esistente per il fatto della -soppressione dei dipartimenti in vasi, deficit già riferito riportando una statistica agriic-o-la del 1912 e -che rappresenta per la specie bovina, la consumazione annuale della guerra. Il de putato Cosnier indicava così la prima causa del rialzo nel maggior consumo: un’altra causa del rial zo, secondo il sig. L. Corbeiller, consigliere com u nale di Parigi si deve ricercare nella perdita -straor dinaria di .carne dovuta al calore estivo.
Al fine di evitare gli effetti prodotti dal calore sulle carni il Prefetto di polizia ha pregato il Governa tore militare di Parigi di mettere a disposizione delle camere fredde di qualche stabilimento a .mano a mano che -si rendevano .disponibili finché non sarà terminato lo stabilimento frigorifero per uso dell’e sercito attualmente in via di compimento. Uno stok di carne congelata potrà -certo avere influenza sulla stabilità del prezzo e sarà così assicurato il mezzo di preservare il bestiame nazionale da una diminu zione troppo considerevole.
Nei riguardi della carne frigoriferata ¡si sa che il Governo ha presentato un progetto di legge median te- il quale il Ministro -della guerra era autorizzato a fare dei contratti con lo scopo di fornire all’ar mata una quantità annuale di 120 mila tonn. di carne congelata proveniente dall’estero e dalle colo nie francesi, con la facoltà di requisire per l’alimen tazione civile tutta la quantità di carne congelata non impiegata al nutrimento dei soldati. Il progetto sollevò obiezioni in specie riguardo alla -spesa non lieve che veniva indicata per un miliardo.
732 L'E C O N O M ISTA 8 agosto 1915 - N. 2153
« Noi pensiamo che il miglior mezzo di fornire la importazione in Francia delle carni congelate sia di sopprimer© il diritto di dogana »;
Questa soluzione sarà adottata? .
Converrà trovar© una soluzione, di transazione tra il progetto del Governo e la proposta della Commis sione, ma. è desiderabile venga adottata una soluzio. ' he che non trasformi lo Stato in un mercato di carne
■chia, l'Austro-americana e quasi tutte le altre so cietà di navigazioni e di costruzioni navali sono creazioni di Trieste. Mentre l’Austria spendeva solo 100 milioni per la valorizzazione del porto di Trie ste, l’Italia ne spendeva 225 soltanto per il porto di Genova. Non solo: la politica finanziaria dell’Au stria era estremamente dannosa per Trieste, poiché le ferrovie austriache non intendono tenere affatto sarebbe un pericolo; per le finanze pubbliche, e non ! conto delle necessità dell’ « hinterland » triestino, si avrebbe una garanzia per i consumatori di carn e1 ~ ' — . .
di essere convenientemente giovati. Tuttavia la carne congelata non potrà essere sufficiente che per qualche tempo cosicché si dovrà necessariamente ricorrere a un nuovo espediente. Intanto la Camera dei Deputati ha votato un progetto che autorizza il Ministro della guerra a fare immediatamente degli acquisti destinati a fornire l’armata durante i mesi di luglio, agosto © settembre di 100 mila capi di be stiame che sono necessari per l’alimentazione di truppe in carne fresca proveniente dall’estero e dalle colonie.
L’esempio della Francia può essere per noi d’inse gnamento veramente, suggestivo, I prezzi aumentano presso di noi in proporzione anche maggiore, come maggiore è il consumo della carne per effetto della guerra, essendo jnotoirilo come una considerevole parte della popolazione non si alimenta di carne che in proporzioni minime.
Prima che il male divenga grave occorrerà così correre ai ripari incoraggiando i comuni all’acqui sto delle carni congelate e diminuendo, se, necessa rio, i diritti di dogana, così come s’è fatto pel grano provvedendo all’acquisto di bestie nei mercati esteri che ne presentino la possibilità.
Egualmente dannosa per Trieste era. la canalizza zione fra il Danubio e l’Oder, fra l’Elba e la Mol dava.
E’ assurda infine l’idea che le vàrie imprese in dustriali di Trieste, come le industrie di colori, oli, prodotti chimici e cantieri debbano deperire in una Trieste italiana, Una città, destinata esclusivamen te al lavoro e al commercio, è sempre un terreno fecondo per tutte le imprese industriali.
La situ a zion e d e ll’A rgen tin a
Dopo anni dii dura prova la Repubblica Argenti na, giovandosi di tutte le forze operose che la crisi non hia logorato, si va rimettendo sulla via. del be nessere. La lettura del Messaggio co! quale il Pre sidente, ha inaugurato il periodo ordinario dei lavori parlamentari, lascia la piena convinzione c h e ” Argen tina possieda tutti gli elementi per fa sua riscossa economica,
In questo documento è riassunta con sobrietà ed esattezza la situazione, generale del paese.
-Esaminate le cause molteplici dei dissesto prodotto dalla lunga crisi, aggravata dallo scoppio della con flagrazione europea, il Messaggio presenta una serie di dati statistici dai quali emerge, che, rimaste in tatte le forze nazionali di produzione, già sii avver tono i sintomi di una reazione riparatrice.
_________ _ li movimento del commercio internazionale, che ; nel primo trimestre, del corrente anno fu pier Pim-
L avvenire dell’ “ hinterland „ triestino dopo la conquista italiana
! portazione di scudi oro 49,297,625 e perl’es,po.rta-NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
E’ importante che un giornale tedesco riconosca Futilità Che Trieste risentirebbe dalla sua riunione allTtalia. La « Neue Zurker Zeitung » dimostra l’assurdità della tesi secondo cui Trieste italiana perderebbe il suo « hinterland ».
Trieste — dice l’articolista — che malgrado le sue notevoli industrie locali è alimentata prevalente mente dal traffico, è lo sbocco naturale di tutto il commercio che si fa nel suo gigantesco «hinterland», I confini di questo « hinterland » vanno da Gorizia lungo tutte le terre tedesche oltre Praga e compren dono anche la Baviera meridionale, il Salisburgo e il Lago di Costanza. La necessità di Trieste per tut te queste provincia è chiara, ,ed è dimostrata anche dall’ostinata resistenza con cui l’Austria ha negato Trieste allTtalia,
Data l’enorme distanza, è assurdo credere che queste provincie debbano domani rivolgersi per il traffico all’Oriente; per il solo fatto che Trieste non è più austriaca ma italiana. Pensate a questa as surdità. Il tràffico col levante, dovrebbe passare at traverso lo stretto di Gibilterra. Inoltre si pensa che del traffico di Trieste il 55 % .appartiene ancora alle regioni immediatamentente vicine a Trieste, che
zinne di scudi oro 157,265,324 ha dato un saldo, a favore della bilancia commerciale' argentina di scudi oro 107,967,699. E mentre nello stesso periodo, in confronto del primo trimestre del 1914, si ebbe una minore importazione per ili valore di scudi oro 45,854,554, in compenso l’esportazione aumentò di 35,316,208 .scudi oro.
I .’agricoltura, che alla fine di aprile del corrente anno occupava un’area di 24 milioni 500,000 ettari, lia dato al raccolto dell 1915 le seguenti quantità di cereali :
Frumento 4,850,437 — Lino 1,242,415 — Avena 920,139 tonnellate — superando la produzione dlel 1914 di tomn. 2,606,457.
II raccolto del granoturco (mais), secondo i cal coli del Messaggio quest’anno sarà di tonnellate 8,591,625, cioè superiore del 28 % a quello del 1914.
Al 30 aprile scorso per acquisti di cereali sii e- rano fatti dèpositi presso le Legazioni Argentine in Europa per la somma di scudi oro 67,932,491.
Nè la produzione del suolo argentino si limita ai cere ali.
La. viticoltura è in progressivo sviluppo. Nella sola provincia d i Mendoza 'provincia di Mendoza i vigneti occupano la . , superficie di 23,892 ettari. Nel 1914 la produzione vl-n-on saprebbero trovare altra via. L « hinterland » ■ nfcola si elevò alla cifra di 5,144,262 ettolitri- la pro ba bisogno di Trieste, sia essa austriaca o italiana, duzl.one annuale di vini comuni del quinquennio come la Svizzera ha bisogno di Genova,
Trieste è il centro naturale dei commerci del Levante e con nessun artificio si riuscirebbe mai a diminuirgli questo, naturale privilegio. Una politi ca doganale indirizzata dall’Austria a impedire l’e sportazione attraverso una Trieste italiana, avrebbe conseguenze assai più gravi per l’Austria che per l’Italia. Trieste trarrebbe le sue migliori merci dal- lTtalia e dalla Svizzera. L’idea che Trieste dipenda economicamente dall’Austria è erronea.
t seguenti dati statistici dimostrano come Trieste sia attiva non soltanto come porto austriaco: il suo traffico con la Turchia significa una somma annua di 202.300.000 corone; coll’Egitto, 188 milioni e 100 mila corone; colle Indie inglesi 147.600.000; coll’Au- stria-Ungheria 103 milioni e 900 mila; coll’Italia 99.000.000.
Inoltre Trieste deve la sua importanza non all’Au stria, ma ad istituzioni sue proprie. Il Lloyd austria
co, la più grande società marittima della
monar-. . quinquennio
1910-1914 si calcola in ettolitri 4,800,000. Donde la gra duale diminuzione della importazione di vini comuni esteri, che nello stesso periodo da ettolitri 573,000 è discesa ed ettolitri 240 mila.
Altra larga fonte di produzione e dii ricchezza è Ja coltivazione della canna di zucchero., che si svolge, come è risaputo, nella zona nordica della Nazione. I campi coltivati a canna di zucchero oc cupano attualmente la superficie di 1,914 ettari ed esistono nel paese 37 zuccherifici, che nel 1914 hanno dato al consumo la quantità di 335,956 tonnellate.
’Si è .pure iniziato da poco ,io sfruttamento di cospicui giacimenti petroliferi in « Gomidoro Ri vada via », la cui produzione per la fine del corrente anno è calcolata in 20,000 tonnellate.
8 agosto 1915 - N.2153 L ’ EC ON OM ISTA 733
l’assetto della .sua finanza. E questo dà ragione del saldo eredito che essa gode sui mercati esteri e del felice esito dall’ultima operazione di prestito rea lizzato sui mercati di Londra e di New-York per l’ammontare di 10,000,000 d i sterline.
Nella riserva metallica che presidia la circolazione fiduciaria si nota un aumento progressivo, accentua tosi negli ultimi quattro mesi dell’anno in corso.
La disponibilità aurea nella « Cassa di Conver sione » che al 31 dicembre 1914 era di scudi oro 221.000. 000 al 30 aprile ultimo scorso aveva raggiun to la somma di scudi oro 295,786,427. Alla stessa data l’ammontare della carta moneta circolante in tutta la Repubblica era di « pesos » 965,260,114. Così si spiega come il cambio del « peso » carta sia salito da fr. 227 a fr. 246.
Una prova che il Paese nella mente del Governo offre i mezzi necessari a ristorare la pubblica fi nanza, sta sul fatto, che nè si sono stabilite nuove tasse, nè si sono rimaneggiate od inacerbite le e- sistenti, e >che tanto il Parlamento come il Potere esecutivo hanno respinto qualsiasi proposta di nuove emissioni di moneta fiduciaria.
Fra tutti gli Stati dell’America meridionale, l’Ar gentina è indubbiamente quello che possiede le migliori energie naturali per affrontare e vincere le difficoltà dèlia attuale situazione, resa aspra o- vunque, dalla terribile guerra europea. Sono quindi rispondenti ad ogni logica previsione le parole del Presidente de la Plaza : « Ci troviamo fortunata mente in piena ricostruzione di benessere pubblico che si realizza con rapidità maggiore di quanto era lecito sperare ». .
Il credito agrario nelle Marche, nell'Ombria e nella Liguria
In Italia, l’esercizio del credito agrario, ove ad I esso non provvide la spontanea iniziativa degli agri coltori, riuniti all’uopo in società cooperative (ban che popolari, casse rurali), come nel Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto, è regolato da leggi speciali per le singole regioni, le quali, tuttavia, presentano alcuni caratteri comuni. Questi caratteri sono: a) la creazione di un istituto centrale, dotato di mezzi più o meno larghi per l’esercizio del credito, mezzi forniti dallo Stato quando l’istituto stesso non possa offrirli; b) l’incarico ad esso dato di distribuire il credito agli agricoltori non già direttamente, ma per il tramite di istituti locali, di preferenza a for ma cooperativa, denominati per ciò « enti interme diari ». Da questo sistema si scosta alquanto la legge 2 gennaio 1910, n. 7, che ha istituito il cre dito agrario nelle Marche e nell’Umbria. Essa, di fatti, esclude l’istituto centrale quale organo distri butore e regolatore del credito, mettendo al suo po sto una federazione di enti, senza funzioni crediti zie. L’ordinamento del credito agrario nelle Mar che e nell’Umbria, recentemente esposto in un arti colo apparso nel numero di giugno del « Bollettino delle Istituzioni Economiche- e Sociali », è invero regolato nel modo seguente:
La legge costituisce anzitutto due fondi: uno di lire 700 mila, per l’esercizio del credito agrario nelle Marche, di cui 200 mila conferite dallo Stato, 300 mila dalla Cassa di risparmio di Milano e 200 mila dalla Cassa di risparmio di Bologna; l’altro di lire 400 mila, per l’esercizio del credito agrario nelì’Umbria, di cui 300 mila versate dallo Stato e 100 mila dalla Cassa di risparmio di Milano. Que sti fondi servono alla costituzione del capitale di fondazione delle casse agrarie di nuova istituzione e alla dotazione di quelle esercitate da enti esisten ti. Tanto il capitale di fondazione delle prime quanto la dotazione delle seconde, debbono essere compresi fra un minimo di lire 8000 e un massimo di lire 12.000.
Ogni comune capoluogo di mandamento deve, ai termini della legge, possedere una cassa agraria; possono tuttavia fungere da casse agrarie le casse di risparmio, le banche cooperative, i consorzi e i sindacati agrari. Le operazioni consentite alle dette | casse consistono in prestiti in danaro agli agricol tori, a un interesse non superiore al 5 per cento, per la raccolta, la coltivazione, le sementi, i con cimi, le materie anticrittogamiche, per dotare i fo n -1
di di scorte vive e morte, per migliorare o ampliare case coloniche o stalle.
I prestiti, a seconda dello scopo per cui sono ri chiesti, non debbono superare gli importi (da lire 1000 a 4000) e le scadenze (da 1 a 9 anni) determi nati dalla legge. Alle casse agrarie è anche con cesso, con le norme e le limitazioni fissate dal rego lamento, di compiere le funzioni di consorzio agra rio. E’ data infine ad esse facoltà di riscontare le cambiali agrarie presso le casse di risparmio e le banche cooperative della rispettiva regione, fissan dosi per tale risconto il saggio invariabile del 4 per cento.
L’unione delle casse agrarie e degli istituti di ri sconto forma, nelle Marche, la « Federazione per il credito agrario nelle Marche » e, nell’Umbria, la « Federazione per il credito agrario nell’Umbria ». Dette Federazioni sono costituite in enti autonomi, per l’amministrazione dei due citati fondi, marchi giano e umbro, per il credito agrario e sbno dirette da un Consiglio composto di nove membri, quattro eletti dagli istituti di risconto, quattro dalle casse agrarie e uno dalle cattedre ambulanti di agricol tura della regione.
Senonchè questa legge, sia per l’insufficienza del fondo di dotazione delle casse agrarie, sia per ta lune disposizioni regolamentari soverchiamente re strittive, ebbe finora scarsa applicazione. Miglior sorte toccò invece alla legge 6 luglio 1012, n. 802, sul credito agrario in Liguria, la quale, seguendo il sistema tradizionale italiano, fondò in tale regio ne un istituto centrale di credito, T « Istituto di Credito Agrario per la Liguria », dotandolo di un capitale di mezzo milione e incaricandolo di distri buire il credito agli agricoltori per il tramite di isti tuti locali, di preferenza a forma cooperativa. Ciò che esso fece nel 1914 per una somma complessiva di lire 155 mila.
X
buoni del Tesoro
1 buoni del Tesoro ordinari traggono origine dalla 1-egge 12 luglio 1850, e sono, come è noto, titoli frut tiferi istituiti allo scopo di provvedere alle tempo ranee esigenze di cassa. Essi costituiscono, in via normale, 'la parte più considerevole del debito flut tuante dello Stato.
La circolazione di tali buoni al 30 giugno 1913 am montava al capitale di L. "287.035.000, comprese L. 526 mila -di buoni scaduti e non pagati.
Nell’esercizio 1913-914 l’alienazione verificatesi fu di L. 391.414.500, onde il carico totale al-30 giugno 1914 sarebbe stato complessivamente di L. 678.449.500.
Dedotta però da tale carico la somma di L. 298 milioni 465.500, che rappresenta i rimborsi fatti du rante l’esercizio, la circolazione effettiva a l-30 giu gno 1914 era limitata a L. 379.984.500, pur compre sevi L. 403.000 di buoni scaduti e non pagati.
Per effetto della legge 26 giugno 1913, TI limite massimo per ¡’esercizio 1913-14 fu stabilito di 400 milioni, ma tale limite non fu raggiunto poiché si ebbe una circolazione inedia mensile di L. 350.146.000 con un massimo di L. 308.007.500 ed un minimo di L. 261.497.000.
Risulta una differenza in più nell’esercizio 1913-14 di L. 37.168.000, nelle alienazioni dei buoni ordinari in confronto di quelle dell’esercizio 1912-13.
I saggi d’interesse applicati furono quelli stabiliti col R. Decreto 9 giugno 1912 e cioè:
Interesse ordinario
2,25 p e r ce n to sui b u on i d a 3 a 6 m esi 2.50 » » da 7 a 9 » 3.50 » » d a 10 a 12 »
Interesse per le Casse di risparmio e per i Monti di Pietà
2,75 per c e n t o sui b u o n i d a 7 a 9 m esi 3.65 » » da 10 a 12 »