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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.1007, 20 agosto

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XX - Voi. XXIV

Domenica 20 Agosto 1893

,

N. 1007

L’applicazione della legge bancaria

Se i fatti hanno provato quanto fosse difficile ot­ tenere dal Parlamento una riforma bancaria più o meno radicale, così che soltanto gli scandali della Banca Romana hanno potuto ramuovere la resistenza opposta per due lustri dai governi e dalle Camere, uon crediamo sia meno difficile e delicata la que­ stione della applicazione della legge.

L’Economista, che ha, quasi solo, sostenuto il

concetto della Banca Unica e che, almeno in parte, vede realizzato ora il suo divisamente, \’Economista ha tutto l’ interesse che l’ applicazione della legge sia fatta in modo che non solo turbi il meno pos­ sibile gli interessi dei cittadini, ma che anzi si possa toccare con mano un vantaggio sensibile derivante dalla riforma.

Ed è per questo che noi, come abbiamo pro­ messo, non solo seguiremo attentamente tutte le fasi per le quali necessariamente passerà la esecu­ zione della legge, ma ci faremo anche dovere di esporre sopra alcuni punti generali e particolari, quelle considerazioni che ci sembrassero più adatte a raggiungere lo scopo.

Sappiamo che il 18 corr. sono cominciate a Roma le adunanze dei rappresentanti delle tre Banche per azioni, per discutere le linee generali dello statuto che dovrà governare la nuova Banca d’ Italia. È già un primo notevolissimo fatto che mette in chiaro come il nuovo Istituto non sorga semplicemente dal­ l'assorbimento da parte della Banca Nazionale nel Regno dei due minori stabilimenti — ma sorga ef­ fettivamente dalla unione o fusione di tutte e tre le Banche. Crediamo che queste prime adunanze siano affatto preliminari, e più che altro tendano ad uno scambio di idee ; con questo convincimento soltanto giustifichiamo che i singoli consigli d’Amministrazione non abbiano, a quanto ci consta, discusso preliminar­ mente uno schema, nè abbiano deliberati i punti fon­ damentali, ma abbiano dati poteri - forse troppo estesi - ai loro delegati. Mai come in questa occasione è necessaria la maggiore ponderatezza e la maggiore solidarietà nella responsabilità di ciò che deve ve­ nire edificato. Gli Amministratori delle tre Ban­ che debbono comprendere essere quasi un miracolo che si sia potuto ottenere dal Parlamento una legge, almeno in parte, di unificazione della emis­ sione; e quanto maggiore era la difficoltà di ot­ tenerla, tanto più gìi avversari staranno attenti per giudicare severamente la applicazione della legge ; tutti gli atti pertanto che saranno o deliberati, o ratificati, o proposti dagli Amministratori delle

Ban-! che o da quelli della nuova Banca, hanno bisogno di essere informati a molti essenziali concetti : - all’ordinamento solido e valido dell’Istituto; - al mag-

\ gior vantaggio de! pubblico, che sarà sempre anche il vantaggio degli azionisti ; - e sopratutto a che le disposizioni sieno tali da rendere il più possibile simpatica al paese una riforma che venne annunziata ed approvata in condizioni tanto straordinarie.

Ecco perchè noi desideriamo che nelle adunanze importantissime l’altro giorno cominciate, sia norma principale il desiderio di democratizzare più che sia possibile, specie nelle forme, il credito che la nuova Banca di emissione offre al paese. Diciamo « demo­ cratizzare » nel senso non di rivolgere la attività ai pìccoli affari, ma nel senso di stabilire quelle forme che meglio si adattano all’indole della nazione.

Le passate e le recenti discussioni hanno posto in chiaro, ad esempio, che la Banca Nazionale nel Regno ha molti e tenaci avversari, pochi o timidi difensori. Tuttavia nessuno può negare che quell’ Istituto ha legata la propria esistenza e la propria prosperità alia esistenza ed alla prosperità della patria, quando nessun' altra delle Banche e nessuno dei Banchi po­ teva o voleva avventurare nemmeno un centesimo nella vita del paese. Si può dire che la sorte della Banca Nazionale fu quasi sempre avvinta alla sorte della nazione e con essa fu o rigogliosa o decadente. Ma questa verità, che può essere dimostrata coi fatti, non ha valso a raccogliere intorno all’ Istituto un sentimento generale di simpatia e di gratitudine ; che ciò sia colpa delle cose, o degli uomini, o che i fatti colposi che oggi si scoprono abbiano contri­ buito a creare ed a mantenere questo ambiente di scarsa benevolenza, il fatto è questo, che nel paese non si è manifestata mai a favore della Banca Na­ zionale nel Regno una corrente spiccatamente be­ nevola.

Occorre quindi rompere da questo lato le tradi­ zioni, anche a costo di qualche sacrifizio ; occorre che il paese comprenda che se la Banca Nazionale nel Regno entra per una parte cospicua nella forma­ zione della nuova Banca, il nuovo Istituto però sorge con ordinamenti nuovi, con programma nuovo, con intendimenti diversi da quelli precedenti.

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verso il benefattore. Crediamo pertanto che la nuova Banca debba aspirare principalmente ad acquistarsi la simpatia della nazione, ed appoggiarsi su essa piuttosto obe sul Governo. Diciamo Governo nel senso di Ministero (qualunque esso sia), perchè molte volte la ragione politica del momento si impone ai Ministeri al disopra delle necessità remote del paese. Nello Statuto della nuova Banca, e più ancora nello spirito che informerà l’ Istituto, si lieve tener conto di questa aspra lezione del passato e si deve sopratulto mirare a far in modo che la Banca sia il meno possibile governativa ed il più possibile na­

zionale.

Compilo certo arduo e delicato, che più clic altro può essere raggiunto dalla applicazione che gli uo­ mini preposti all’ Istituto faranno delle leggi, degli statuti e dei regolamenti, ma compito molto elevato e molto importante, che può determinare il giudizio definitivo che il paese farà sulla riforma testé ap­ provata, e su quella ulteriore che forse potrà essere chiamato a discutere in seguito.

Ad ottenere questo intento elevato gioverà senza dubbio l’esperienza, talvolta dura, di coloro che per tanti anni furono a capo degli Istituti. Essi che co­ noscono le cause vere e recondite di molti ilei guai che hanno colpito le Banche, possono, e certamente vorranno, premunirsi per evitare che si ripetano.

La loro esperienza suffragata dal consiglio di am­ ministratori che abbiano qualità intellettua'i, morali ed economiche degne di rispetto, può valere ad evi­ tare gli scogli più gravi.

E non mancheremo di occuparci dell’ argomento, entrando anche in qualche esame particolare di al­ cune questioni.

IL CONGRESSO SOCIALISTA INTERNAZIONALE DI ZURIGO

Veramente sono stati due i Congressi di Zurigo, quello dei socialisti ortodossi e I’ altro dei reprobi, degli eterodossi, vogliamo dire degli anarchici, messi più o meno gentilmente, alla porta dai socialisti democratici. Così il concilio riunito a Zurigo, per fare I’ unione dei socialisti di tutto il mondo ha, alla sua volta, provocato e determinato lo scisma. Non è il caso di meravigliarsene, perchè quell’ episodio della espulsione degli anarchici dalla Tonhalle di Zurigo sta perfettamente nella logica delle cose umane. In­ tanto, dietro il socialismo dottrinario, che si chiama anche, nel quarto d’ ora allegro, scientifico, c’ è un altro partito che tratta il primo, proprio allo stesso modo come questo tratta il partito libera'e. I socia­ listi hanno appreso, ammesso che non lo sapessero già, che si è sempre reazionari per qualcuno e che per quanto rivoluzionari si voglia e si dica di essere, si trova chi non ci crede ed esprime anche coi fi­ schi il proprio pensiero.

Ma lasciamo tutto ciò, che interessa più la cronaca che l’osservatore disinteressato e sereno. Dopo lutto la separazione netia e recisa dei socialisti dagli anar­ chici è logica e doveva avvenire; nè veramente, specie da noi, la cosa è nuova ; a Milano la divi­ sione si è stabilita già da un pezzo e fu bene. Il partito socialista vuol conquistare il potere, servirsi dello Stato, della legislazione e degli altri mezzi che offre la odierna organizzazione politica ed

amministra-Iiva per trasformare la così detta società capitalista borghese nello Stato socialista o collettivista che sia. Gli anarchisti invece non sanno che farsene dello Stato, delle leggi, e via dicendo, anzi si rivoltano contro tutti questi ostacoli alla libera esplicazione dell’ individuo, e tutf al più ammettono, crediamo, la organizzazione comunale.

La differenza è quindi palese, anche senza appro­ fondire troppo l’ argomento; se quindi vanno per due strade diverse, sia pure avendo nel bagaglio qualche idea comune, hanno fatto heno i socialisti a staccarsi, anche in modo aspro, dai loro compagni di ieri che potranno trovarsi tra gli avversari di domani, nonostante una certa comunanza di idee negative sulla proprietà, sul capitale e via dicendo. Dopo tutto una separazione serve anche a una migliore classificazione dei due partiti e toglie uno dei tanti equivoci, che infestano la vita pubblica.

Non bisognerebbe credere, per altro, che dopo avere espulsi gli eretici e i violenti la chiesa socialista abbia presentato l’immagine dell’armonia e della pace. Quando in un Congresso si trovano rappresentanti di 17 nazionalità è ass.i diffìcile, riconosciamolo per amore di giustizia, che si possa avere la concordia e la unanimità delle opinioni. Ma in fatto di disci­ plina i socialisti vanno facendo progressi sensibili. I tedéschi, capitanati dal Bebel e dal Liebknecht, gl’inglesi, i belgi, gl’italiani e altri hanno dato prova di una grande concordia e il congresso guidato special- mente dai tedeschi e dagli inglesi seppe tenero all’ or­ dine i riottosi o meglio impedì col suo contegno che avessero la voglia di mettersi innanzi. I riottosi, come gli olandesi e i francesi principalmente, non sono così disposti, come gli italiani ad esempio, ad ammirare e a seguire la politica opportunista dei Bebel e preferiscono ancora le grandi dichiarazioni le minaccie terribili, la rettorica insomma, anziché la tattica parlamentare. Gi sarebbe da scrivere un lungo studio sulla psico'ogia delle 17 graduazioni di socia­ lismo che presentavano le 17 nazionalità rappresen­ tate al Congresso, ma conviene che il lettore si accontenti di questi pochi cenni, perchè il programma del Congresso era assai carico ed è di esso che dobbiamo occuparci in queste colonne.

Prima però non possiamo tacere che l’antagonismo tra i politici e i tattici del socialismo parlamentare anglo-germanico e i capi del socialismo rivoluzionario franco-olandesi si è rivelato con grande acutezza e lascia presagire forse nuove scissioni nel socialismo internazionale e più profonde di quelle manifestatesi a Zurigo. Il parlamentarismo o l’opportunismo che sia ha avuto la vittoria e dopo lutto nell' interesse comune è bene che sia stato così, perchè sarà più facile al socialismo di far valere i suoi argomenti a sostegno delle riforme che invoca e agli avversari di dimostrare il buono e il cattivo che in esso si

trova.

L’ ordine del giorno del Congresso si riferiva alle misure per la realizzazione internazionale della gior­ nata di otto ore, al metodo comune per la manife­ stazione del primo maggio, alla tattica politica dei socialisti democratici, all’ atteggiamento della demo­ crazia socialista in caso di guerra, alla protezione delle operaie, alla formazione nazionale e interna­ zionale dei sindacati professionali, alla organizzazione internazionale dei socialisti democratici c a proposte varie.

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20 agosto 1893 L’ E C O N O M I S T A 531

fu approvata la proposta della delegazione inglese di invitare i governi a promuovere una conferenza in­ ternazionale degli Stali ; è stata invece respinta la niridunta proposta dalla delegazione francese in fa­ vore dèi salario minimo e P abolizione del salario a cottimo. Non era questo delle otto ore il tema più interessante ; ormai esso è passato in seconda linea, pur servendo di. pretesto a molte agitazioni e soprattutto a quella del primo maggio. Su questa manifestazione il Congresso confermò la decisione presa a Bruxelles due anni fa; esso raccomandò la sospensione del lavoro per questa giornata e dichiarò che la dimostrazione dèi primo maggio deve affer­ mare in ogni paese I’ energica volontà delle classi operaie a porre fine, mediante la rivoluzione sociale alle differenze di classe o provare così essere la sola via conducente alla pace interna di ogni na­ zione e alla pace internazionale.

La discussione più seria e più agitata fu quella relativa alla condotta che i socialisti devono tenere nel caso di guerra. Qui si delinearono nettamente due correnti opposte ; quella diretta dai tedeschi, che si limitava a una dichiarazione piuttosto platonica in favore della solidarietà tra gli operai di lutti i paesi e contro gli istinti patriottici delle classi do­ minanti, contro'il capitalismo: la democrazia socia­ lista, concludeva quella dichiarazione, deve affermare che nella soppressione del predominio di classe la guerra sparirà e che la scomparsa del capitalismo significa pace universale. L’altra corrente capitanata dal Dmnela Ninnvenhuis, olandese, voleva la dichia­ razione dello sciopero generale e di quello militare in caso di guerra. Era una proposta radicale che ai socialisti di un decennio fa, sarebbe immensa­ mente piaciuta ; ma a quelli d’oggi pare pericolosa, probabilmente perchè inattuabile e come tale più alta a screditare il partito che ad avvantaggiarlo. La proposta ebbe favorevoli 4 nazioni e 14 con­ trarie, e quindi la proposta germanica fu, accolta a gran maggioranza. Anche in ciò nulla di nuovo ; il Congresso di Bruxelles aveva rivelate le stesse ten­ denze. Dunque la democrazia socialista io caso di guerra non intende ricorrere allo sciopero nè ge­ nerale, nè militare; diciamo il vero, era più logica ed efficace la proposta dell’ olandese Domela. Se il socialismo respinge foto corde In guerra, tanto va­ leva far guerra alla guerra con lo sciopero, e non prendersela unicamente a parole coi chauvins e col capitalismo. Ma il socialismo si è fatto veramente opportunista ; e come i tedeschi renunciano all’asten­ sione del lavoro il primo maggio, così la maggio­ ranza combatte la guerra coi metodi (non diciamo con lo stesso metodo) dei congressisti della pace. È un risultato non piccolo che si deve, crediamo, alla libertà concessa al socialismo di discutere e dì agire alla luce del sole; peccato gli rimanga an­ cora tanta strada da fare per comprendere che il collettivismo e l’ intervento dello Stato non varranno a rimediare ai veri mali sociali.

La stessa politica opporlunista è quella che ispirò le altre risoluzioni relativamente all’azione politica e parlamentare, vivamente raccomandata agli operai, come mezzo per giungere alla emancipazione eco­ nomica del proletariato. È il programma del Bebel, che

si riduce alla conquista del potere per avere il modo di compiere tutte le riforme desiderate; gli operai quindi non trascurino di conseguire i loro diritti politici e amministrativi. Notevole è questo passo

della risoluzione approvata sull’argomento dal Con­ gresso: « la forma della lotta economica e politica dev’essere determinata secondo le circostanze dalle diverse nazionalità. Ma in tutti i casi è necessario mettere in prima linea lo scopo rivoluzionario del movimento socialista, che tende a ha trasformazione integrale della società attuale dal punto di^ vista economico, morale e politico. In nessun caso I azione politica non può servire di pretesto a dei compro­ messi e a delle alleanze, che porterebbero una di­ versione dai principi e dall’indipendenza del partito socialista. » Il Congresso si pronunciò inoltre in fa­ vore del diritto di iniziativa,, del referendum popo­ lare e della rappresentanza proporzionale.

Finalmente va acce nato alla discussione sulla protezione per le operaie, alla quale presero parte molte rappresentanti di associazioni di operaie. Il prin­ cipio « a lavoro eguale, salario eguale » fu approvato dal Congresso; e chiunque senza essere socialista lo troverà giusto, ciò per altro non muterà gran fatto lo stato di cose, precisamente perchè di solito il lavoro affidato alle donne non è eguale a quello che com­ piono gli uomini. Comunque sia, è ancora il prin­ cipio migliore enunciato dal Congresso.

Lasciando di accennare gli altri punti secondari delle discussioni, riassumeremo la nostra impres­ sione sul Congresso socialista di Zurigo, osservando eh’esso non ha aggiunto nulla a quello di Bruxelles, ha solo confermato che la polìtica adottata dal so­ cialismo germanico è accettata anche dalla maggio­ ranza politica dei socialisti degli altri paesi e _ pro­ babilmente. il Congresso di Londra del 1 8 9 6 non sarà che un’ altra conferma di questo fatto, e della separazione dei socialisti evoluzionisti da quelli rivo­ luzionari.

L A GAZZETTA UFFICIALE

Il Ministero era venuto ad una lodevole delibera­ zione, quella di sopprimere i numerosi bollettini che sono 'pubblicati, non solo per ciascun Ministero, ma per ciascuna Direzione Generale ed anche per ta­ luna divistone, e di fare della Gazzetta Ufficiale il solo organo del Governo. Diciamo che era- una lodevole deliberazione, perchè le svariate e molteplici, pubblicazioni del Governo, in parte interessano sol­ tanto la burocrazia, ma in parte, ed è forse la mag­ giore, interessano anche il pubblico, il quale ha di­ ritto di poter facilmente trovare il testo officiale delle frequenti circolari, che sono emanate dai di­ versi dicasteri, le quali mantengono talvolta impor­ tami disposizioni d’ ordine generale, senza essere costretto ad abbuonarsi agli interminabili bollettini, che fanno la delizia e la occupazione di molti im­

piegati. . . .

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10 pubblica il Bollettino di legislazione doganale ; — poi si pubblica nel Bollettino del Credito e della previdenza ; e probabilmente anche il Bollettino del Ministero di grazia e giustizia sentirà il bisogno di ristamparlo. — Così lo stesso decreto è composto cinque o sei volte perchè ogni bollettino ha formato proprio, stamperia propria, tipi propri.

Era quindi non solo lodevolissimo, ma doveroso 11 provvedimento del Ministero; abbia il Governo un organo solo, la Gazzetta Ufficiale, dove sieno pub­ blicati tutti gli atti del Governo, ciò sarà non solo utile perchè sopprimerà una serie di sinecure e di pro­ fessioni a cui, in genere, gli impiegati governativi non sono adatti, ma risparmierà'una quantità di inu­ tili duplicati e quintuplicati nelle pubblicazioni, e renderà più facile ai cittadini ed alla stessa buro­ crazia di trovare nell’ unica pubblicazione tutti gli atti del Governo.

Se non che nell’attuare questa felice idea il Mi­ nistero evidentemente ha sbagliato strada ed è par­ tito da un concetto falso, sia volendo far entrare la letteratura nella Gazzetta Ufficiale, sia ponendo a

priori, che occorra effettivamente una spesa od anche

una maggiore spesa. Non sappiamo chi abbia consi­ gliato il Governo, ma crediamo doveroso di aprirgli gli occhi per dirgli che è ingannato.

La Gazzetta Ufficiale deve costituire una rendita per l’erario e ciò per molte ragioni ; la prima per­ chè non ha bisogno di nessuna direzione intellettuale, bastando un buon impiegato d’ ordine ed un abile proto ; quindi risparmio di spese nella direzione e nella collaborazione. Far ristampare i decreti, le circolari, i resoconti della Camera e del Senato, i listini delle Borse e gli avvisi non esige che l’opera di un modesto impiegato d’ordine, al quale non si domanda nessuna composizione e nessuno sforzo intellettuale ;

La seconda perchè tipograficamente la Gazzetta

Ufficiale è il peggior giornale del Regno, sia per il

modo con cui è stampato, impaginato, piegato, sia per il disordine della materia. Non abbiamo mai visto nessun fascicolo, nessuna rivista così antieste­ tica e tipograficamente così infelice come la Gaz­

zetta Ufficiale. Perciò la spesa di tipografia .deve

essere minima, giacché il lavoro si paga sempre meno quando è di qualità pessima ;

La terza perchè la Gazzetta Ufficiale ha entrate, le quali dovrebbero esuberantemente pagare le spese e dare un cospicuo avanzo.

Infatti i suoi abbonati devono essere almeno die­ cimila (vi sono 8259 comuni, di cui circa la metà saranno abbonati) quindi una entrata di circa 360,000 lire di abbonamento.

Le inserzioni danno per ogni pagina di 384 ri­ ghe a L. 0,25 la riga (per gii atti non giudiziari la tariffa è però di L. 0,30) 97 lire, ed in media pub­ blica dieci pagine di avvisi e quindi 970 lire per ogni numero, cioè circa oltre 350,000 lire per anno.

Si può quindi ritenere all’ ingrosso che ogni nu­ mero renda circa 2000 lire di entrata. Chiunque che abbia anche poca pratica di giornali e di stampe in genere può dire se quella pubblicazione tipogra­ ficamente indecente che è la Gazzetta Ufficiale, può costar tal somma.

Il ministero adunque ha avuto mille ragioni per esigere una riforma, ma ha sbagliato strada nel cer­ care di attuarla. L ’ esperienza ha dimostrato che lo Stato non è capace di condurre simili intraprese, I

se non con molto dispepdio e con successo ne­ gativo.

E non è lo Stato soltanto ; anche la Camera dei deputati, ad esempio, dove pure manca un conèetto direttivo ed una qualunque intelligente sorveglianza, ha la raccolta dei suoi atti che, — rie chiamiamo testimoni quelli che hanno tentato di ordinarli — è un vero labirinto, dove manca la parte essenziale a quel genere di pubblicazione, l’ordine.

Non è nostro compito di fare proposte, intorno a si­ mili argomenti, ma siccome altra volta abbiamo dovuto protestare vivamente sia contro la Gazzetta Ufficiale per il modo poco decente e talvolta irregolare con cui pubblicano gli atti, sia contro gli Atti Parla­ mentari per la confusione nella quale vedevano la luce, oggi che si discute ancora della Gazzetta

Ufficiale invochiamo un serio provvedimento a van­

taggio dei cittadini, che hanno bisogno di consultare e di tener raccolti gli atti del Governo e del Par­ lamento.

Si faccia una sola pubblicazione che contenga tutto quello che il Governo vuol pubblicare di atti ufficiali, si ritorni all’ antico sistema di unire alla

Gazzetta Ufficiale gli atti del Parlamento, si appro­

fitti delle tariffe per le inserzioni obbligatorie e per dare ai cittadini al massimo buon mercato il mezzo di procurarsi le leggi, i regolamenti, le istruzioni, e le circolari che possono interessare i singoli in­

dividui.

S U SCDDID’ ASSENTO CIRCOLANTI IN FRANCIA

secondo A. de Foville

Al Congresso dell’Associazione pel progresso delle scienze, che quest’anno ha tenuto le sue adunanze a Besançon, nella prima metà di questo mese, il sig. Al­ fredo de Foville, capo dell’ufficio di Statistica al Mi­ nistero delle Finanze in Francia , ha fatto alla se­ zione di economia politica una comunicazione assai interessante e veramente di attualità. Infatti, egli ha studiato la circolazione dell’ argento il giorno stesso, in cui il Congresso degli Stati Uniti si riuniva in sessione straordinaria per dare in un modo o nel­ l’altro un nuovo colpo all’ argento.

Il de Foville, con quell’alta competenza che gli è da tutti riconosciuta, ha esposto il metodo da lui adoperato con una fiducia sempre crescente, per cal­ colare, od almeno per determinare al maximum pro­ babile, gli stocks d’argento monetato, presentemente posseduto dalla Unione latina, considerata nel suo complesso, e in particolare dalla Francia.

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20 agosto 1893 L ’ E C O N O M I S T A

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doganali, ma dei censimenti metodici eseguiti più volte dall’ amministrazione delle finanze nelle casse dei 20,000 contabili dello Stato. Quei censimenti nei quali le monete sono classificate, non soltanto secondo la nazionalità, ma anche secondo il millesimo della coniazione, permettono di costruire ciò che il de Fo- ville chiama la curva delle sopravivenze comparate

(la courbe dee survies comparatives). Siccome le tre

inchieste di cui egli si è servito danno esattamente la stessa curva con le stesse ondulazioni, non si può contestare il valore di quella testimonianza.

Sarebbe troppo lungo di seguire qui il de Foville nelle sue deduzioni, nelle quali la geometria e l’arit­ metica si prestano uno scambievole aiuto. Consta­ tiamo soltanto che la dimostrazione è parsa al Con­ gresso decisiva e riproduciamo alcuni dei dati pre­ sentati ai congressisti.

Ecco anzitutto, ridotta nella sua più semplice espres­ sione, la situazione delle coniazioni di scudi relative alla Unione latina :

Coniazioni al netto Valore nominale media

(dedotti i pezzi degli scudi coniati per abitante

demonetizzati) _ __

milioni di franchi franchi

Scudi francesi (Anno IV -1878) 5060. 6 130 » belgi (1832 - 1878) 488.4 80 » italiani (fino al 1880) 549.2 18 » svizzeri (1850 - 1891) 10.6 3.50

2 greci 15.5 7

Totale e media 6124. 3 76. 50 Quanto alle proporzioni, nelle quali le monete delle cinque nazionalità si trovano nella circolazione dei tre Stati della Unione: Francia, Svizzera e Belgio, che abbiano ancora una circolazione d’ argento im­ portante, ecco i dati relativi :

Circolazione francese Circolaz. belga Circol. svizzera

(inchiesta (Inchiesta (Inchiesta

del maggio 1891) 25 luglio 1893) del luglio 1892)

Scudi francesi * belgi 8 italiani * svizzeri 8 greci 68. 5 »/„ 52.5 •/„ 27.5 12. 5 » 38. 5 » 9.1 17.3 » 8 .7 » 57.4 0 .4 » 0.1 » 5 .0 1.2 » 0 .2 v 1.0

Ecco, per terminare, lo stock degli scudi delle varie nazionalità che la Francia possederebbe pre­ sentemente, compreso ben inteso l’ incasso della

“anca di Francia:

Scudi francesi da 1350 a 1450 milioni di fr. » belgi » 325 a 375 » » 8 italiani » 300 a 350 » » 8 svizzeri » 6 a 8 ¡> »

8 greci » 13 a 15 » »

... bùnle sarebbe di 2 miliardi a 2 miliardi e 200 1 !0ni>, e anche, aggiungendovi le monete divisio- <rie d argento non si arriverebbe forse a 2 mi- ardi e mezzo. Questo calcolo è molto inferiore p a r e - ° ei si8nori Haupt, Kleinmann e di altri; ma p ,sia ottenuto con maggiore accuratezza. La d ancia sarebbe adunque meno ingombra di monete genio estero di quello che alcuni scrittori credono.

LE FMIE, IE TEBE E L’ElllZIOIE DEL » I l i ’>

XVIÍ.

Nel mondo industriale dei nostri giorni, framezzo a tanta divergenza di idee, a tanta disparità di ten­ denze, vi è, può dirsi un punto intorno al quale gli sforzi delle due grandi classi di interessati — gli in- traprenditori e gli operai — sinceramente conver­ gono, ed è quello della necessità di trovare un mezzo, il quale elimini i conflitti tra il capitale e il lavoro, im­ pedendo preventivamente che sorgano i motivi che li determinano o sopprimendoli nel modo migliore e più pronto che è possibile. Nei paesi economica­ mente più progrediti, sia per la maggiore coltura, sia per la più diflusa e salda organizzazione degli operai, i mezzi ai quali praticamente si fa ricorso per definire le controversie industriali, sia o no già dichiarato lo sciopero, sono parecchi e in alcuni Stati il potere legislativo è anche intervenuto con appo­ site leggi per stabilire una procedura regolare * *). In tesi generale il Price ha credulo di poter ricono­ scere tre mezzi per la risoluzione pacifica delle di­ spute industriali: il primo e più imperfetto consiste nei negoziati occasionali e irregolari fra le due parti in lite ; la questione può essere però deferita al giu­ dizio di un arbitro; in una fase di maggior coltura economica si organizza in modo permanente la isti­ tuzione chiamata a dirimere i conflitti e meglio an­ cora a prevenirli, si hanno allora uffici permanenti di conciliazione o consigli arbitrali, la cui costitu­ zione ed azione può del resto variare assai. Essi possono regolare le relazioni industriali del futuro prossimo, come sciogliere le questioni del passato, adottando all’ uopo criteri vari, possono ad esempio di tempo in tempo giungere a determinati accordi, sul prezzo dei salari, oppure costruire in precedenza una scala mobile, mediante la quale i salari si può dire che si regolano automaticamente in relazione con le oscillazioni del prezzo. Per il Price anzi, questo sistema della scala mobile rappresenta il terzo stadio nello sviluppo dei mezzi diretti ad ottenere la pace industriale e senza escludere l’ azione degli arbitri o degli uffici di conciliazione gli pare senza dubbio il migliore e preferibile su tutti gli altri. E il prof. Munro nel suo entusiasmo per la scala mobile giungeva a dire nel 1885 che essa è la mag­ giore scoperta nella distribuzione della ricchezza da quando Ricardo ha esposto la teoria della rendita fondiaria *). Alla quale affermazione del Munro può osservarsi che non si tratta di una scoperta scien-') Vedi i numeri 969, 971, 973, 976, 980, 983, 985, 988, 989, 991, 994, 996, 999, 1001, 1003 e 1005 del- l’ Economista.

*) F ra le leggi recenti citiamo quella francese del 27 dicembre 1892 sulla conciliazione e l’arbitrato in materia di controversie collettive tra padroni e operai; la legge italiana del_ 15 giugno 1893 sulla costituzione dei collegi di probi-viri ; quella germanica del 29 luglio 1880 sulla costituzione dei Tribunali indu­ striali (Gew erbegerichte) ; quella belga del 16 agosto 1887 su! Consigli dell’ industria e del lavoro ; altre leggi furono l’anno passato promulgate allo stesso scopo nella Nuova Galles del Sud, nello Stato di New Jersey e in molti altri paesi esse sono in vigore da parecchi anni con resultati assai differenti.

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tifica, ma piuttosto di un fatto che rivela la erro­ neità o la deficienza di corte teorie sul salario, le quali fanno dipendere il saggio delle mercedi uni­ camente dalle condizioni del lavoro rispetto al bi­ sogno che ne ha I’ industria. La scala mobile ap­ plicata ai salari è certo un fatto assai importante nella fise odierna dello sviluppo economico, perchè indica una mutazione radicale nelle relazioni tra in- traprendilori e operai, in confronto a quelle che pre­ valevano noi In stessa Inghilterra prima del 1870 e che , ancor oggi prevalgono sul continente, è un in­ dizio cospicuo elle rivela la potenza alla quale sono giunte ,le organizzazioni operaie inglesi e la, trasfor­ mazione delle idee operatesi presso li classe capi­ talista, ma dall’ammettere tutto ciò al partecipare agli entusiasmi del Price e del Munrò ci pare corra una differenza sostanziale, che Val la pena di chia­ rire.

Non è a dir vero che tanto il Price quanto il Munro non vedano le difficoltà inerenti alla appli­ cazione della scala mobile, anzi entrambi le enume­ rano e le discutono, ma si direbbe che presso di loro la visione del fenomeno si restringa alle due industrie d e li estrazione del carbone e della lavo­ razione del ferro ; mentre è chiaro che co viene allargare l’orizzo itJ e considerare questo metodo di rimunerazione nella pratica delle altre industrie. Cer­ tamente se anche esso fosse soltanto applicabile allo industrie mineraria e siderurgica e in quelle i suoi risultati fossero buoni, sarebbe già uri grande van­ taggio, ma il vero è che la scala mobile anello in quelle due industrie non Ina tolto i conflitti, impediti gli scioperi, non ha instaurala la armonia degli inte­ ressi., La maggior parte delle scale mobili applicate, dopo un breve lasso ili tempo (in media due anni) , hanno, finito per scontentare I’ una o l’ altra parte

interessata. E non pare possa essere diversamente. Infatti non bisogna dimenticare che la parte più importante di ogni scala mobile è la sua base, è il salario-tipo corrispondente a un prezzo normale o tipo del prodotto; da quella base dipende in prima linea la misura del salario, intorno ad essa si com­ battono infatti le lotte più aspre, gli operai mirando ad elevare il salario-tipo, gl| imprenditori a tenerlo basso. Notammo già che il salario-tipo è fissato empiricamente, ma allora si può chiedere dove sta I il pregio del .sistema, se con osso non si evita io alcun modo la lotta per la fissazione della mercede e se essa può essere risoluta senza alcun riguardo ai bisogni dell’ operaio determinati dal suo standard

o f lìfe o tenore di vita, senza che sia ammesso in

alcun modo una partecipazione iniziale al profitto della industria e senza alcun riguardo alla’ pro­ duttività del singolo operaio? Si dirà che gli ope rai sono ammessi a dividersi coll’ imprenditore il maggior utile quando il prezzo di vendila supera quello tipico, o normale e che questa specie di par­ tecipazione è preveduta e regolata in precedenza. — E ciò è vero, senza dubbio; soltanto rimane a ve­ dere se è proprio il prezzo di vendita quello che può dare l’ indizio dell’ utile maggiore che I’ mira- prenditore ottiene, quando si è superato il prezzo tipo etm ha determinato il salario-tipo. Anzi, anche qui può dubitarsi che le cose procedano come si suppone implicitamente dai teorici della scala mo­ bile. Il prezzo di vendita, anzitutto, può benissimo rimanere inalterato e tuttavia aversi un profitto cre­ scente per effetto di cause naturali e tecniche; in

tal caso il salario rimarrebbe immobile ; viceversa può scendere senza che, parlando iti generale, si debba proprio avere una perdita e quindi sia ne­ cessario ridurre i salari, perchè è noto che una lieve diminuzione di prezzo, può, col'n estens'One della vendita, lasciare tuttavia inalterato il guadagno. Con altre parole ciò che si può contestare in lesi gene rale è che la dinamica dei prezzi e dei salari deliba essere uniforme, che il rapportò tra essi sia cosi stretto, così coerente e permanente da doversi avere inevitabilmente la discesa dei salari, quando si ha la caduta dei prezzi. La storia di entrambi dimostra che si è avuto spessissimo J ’ oppòsto; e che i salari hanno seguito una progressione crescente, mentre i prezzi declinavano. Se manca qualsiasi correlazione necessaria tra i prezzi c i salari, niun dubbio die la scala mobile pecca nella stessa sua essenza.

Questi difetti si aggravano, naturalmente, quanto minore è la parte dei lavoro nelle spése ili produ­ zione. Se nella estrazione del carbon fossile il costo del lavoro è l’elemento principale del prezzo di quella merce e giunge sino-al 90 per cento, in altre pro­ duzioni non si ha lo stesso rapporto. Un economista americano di molta autorità, il sig. D. A. Wells, afferma elio nel valore del prodotto finito il lavoro rappre­ senta nella manifattura della lana il 16 per cento, in quella del ferro ed acciaio il 21 per cento, in quella del cotone il 22 per cento, nelle miniere di ferro il 41 per cento ( Practical Economics, pag. 97). La parte relativamente piccola che hanno i salari nel costo di produzione di certe merci dimostra quanto sia difficile che i salari seguano le oscilla­ zioni dei prezzi. Se il prezzo di Vendita dei tessuti di lana o di cotone aumenta perchè uno o l’ altro degli elementi del costo, a parte il salario, ha subito un rincaro sarebbe assurdo che per ciò stesso anche la mercede dovesse elevarsi ; eppure I’ applicazione della scala mobile, come si è fatto nelle industrie mineraria e siderurgica, condurrebbe a quel risul­ talo. Dinanzi alla Commissione inglese d’inchiesta sul lavoro, gruppo C, un testimone, certo Mr. Thomas Roy l) espresse l’opinione che sarebbe assai deside­ rabile una scala mobile per le manifatture di jota nella Scozia, ma alle obiezioni del presidente, circa le difficoltà di stabilire una scala nelle industrie tes- I sili, che hanno una infinita varietà di articoli è nelle quali i prezzi possono essere aumentati o diminuiti da tante cause esterne, non seppe rispondere altro che egli credeva possibile di formare una scala mobile so­ pra larghe basi (« on w'rde and broad lihes ») e che do- vrebbesi prendere per criterio direttivo il prezzo della materia prima. Ma, come gli fu osservato, vi sono frequentissime oscillazioni nel prezzo delle ma­ terie prime e la stessa loro qualità può essere assai differente, così da prese tare alla lavorazione diffi­ coltà in misura diversa ; se quindi i salari doves sero essere tenuti in relazione ai prezzi delle ma­ terie prime si avrebbero le più oscillanti mercedi e si perderebbe precisamente, quel vantaggio sul quale, come si è veduto, insistono i fautori della scala mo­ bile, la fermezza relativa dei salari. Essa è già assai scarsa anche per le industrie che danno un prodotto primario, come il carbone, ma sarebbe addirittura

') Vfidi Minutes o f Evidence taken before Group 0 o f the It. Commission on Labour, vol. I, pag. 471;

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impossibile quando si irail.i ili i n a lo rio il «ìli prezzo

ì‘ fissato sul mori;,ito internazionale e oscilla diutur­

namente. Peggio ancora sarebbe se al prezzo della materia prima si sostituisse come base della scala quello del prodotto (inilo, perche le oscillazioni del prezzo di quesi’ulii.mo sono determinate non solo da quelle della materia prima, ma da mille altre circostanze dirette e indirette, e in ogni caso, come si è detto, non vi è sempre un rapporto diretto tra i prezzi e i salari : se la diminuzioni; dei primi corrisponde a una maggior produttività o a un mi­ nor costo di produzione essa può permettere un au­ mento di mercede alla mano d’opera, anziché richie­ dere una riduzione.

La stessa stabilità o fermezza dei salari nelle industrie mineraria 3 siderurgica è più affermala che provata e reale; i frequenti scioperi in Inghil­ terra proprio in quelle industrie negli ultimi anni, provano che la scala mobile non funziona, o nella sua base o nelle gradazioni dell’ aumento, in modo soddisfacente. Ciò non toglie, è vero, che cotesto si­ stema abbia reso dei servigi non trascurabili alle due parti cosi spesso in lotta ; ma, è anche certo che siamo lontani dall’avere quel metodo di prevenire i conflitti tra il capitale e il lavoro che il Munro e il Price e qualche altro scrittore ci hanno tanto decantato.

Nei riguardi della teoria economica dobbiamo rico­ noscere l’alto significato del sistema della scala mo­ bile, dimostrazione concreta e sicura che sulla de­ terminazione delle mercedi non agisce soltanto il rapporto tra la domanda e la offerta di lavoro, il fondo salari e il tenore di vita, e nulla impedi­ sce che vi influiscano le condizioni di fatto del mercato. Nella pratica del salariato, però, non è pos­ sibile disconoseere che se le difficoltà di applicazione si rivelano anche per prodotti naturali, il cui costo è formato nella maggior parte dal prezzo del lavoro, quelle difficoltà crescono notevolmente per i prodotti che sono i! risultato di combinazioni e trasformazioni varie e rendono assai malagevole la determinazione concreta di una scala mobile. L’esperienza del resto qui fa completamente difetto ; ma dall’ applicazione die il sistema in parola ha avuto nell'Industria del carbon fossile e in quella del ferro è lecito argo­ mentare contro quali scogli urterebbe il tentativo di estendere la scala mobile ad altre industrie più complesse. L’ incertezza del compenso al lavoro, la grande difficoltà di stabilire la base della scala e le suo gradazioni, creerebbero una folla di questioni elle ci allontanerebbero sempre più dalla sospirata pace industriale.

( Continua)

Rivista Economica

finanziari non potendo realizzare i loro valori hanno sospeso i pagamenti ; i capitalisti non vogliono più far prestili : da qui perdite e fallimenti.

Questo panico è dovuto per la maggior parte alla legge l i luglio 1890, che impone al Governo federale la compera mensile di 4,500,000 micie di argento. Si sperava di aumentare cosi il prezzo del- l’ argento, speranza fallita e con un ribasso consi­ derevole.

Si cercò un rimedio nella libera coniazione dello argento, ma si vede ora evidentemente che si è en­ trati in una falsa via.

L’ argento comperato mensilmente, è pagabile, in virtù della stessa legge, in boni del Tesoro, rim­ borsabili a vista sia in oro, sia in moneta d’ ar­ gento, e altrettanti boni del Tesoro possono essere nuovamente emessi.

La legge prescrive anche che il Governo deve mantenere un rapporto costante fra il valore del­ l’oro e deli’argeiilo.

E evidente che se il Governo rifiutasse, come ne ha diritto, il cambio in oro, i boni subirebbero un deprezzamento e l’ oro aumenterebbe di Valore.

In queste condizioni, come mai il Governo po­ trebbe mantenere un rapporto fisso fra il valore

dell’ oro e quello dell'argento?

Fino al l o luglio 1893 il Governo ha emesso più di 147 milioni in boni del Tesoro; ha conser­ vato quasi tutto I’ argento, e sopra 54 milioni di dollari che ha rimborsato, 49 lo furono in oro.

La riserva in oro destinata all’ acquisto di altre Obbligazioni è stata intaccata. La facilità colla quale noi ci spogliavamo del nostro oro ha indotte le na­ zioni estere a profittarne, tanto che le esportazioni d’oro, nell’ anno che finisce col 30 giugno 1893 hanno sorpassato le importazioni di 87,500,000 dol­ lari. Dal 1° luglio 1890 al 15 luglio 1893 il Te­ soro ha perduto 132 milioni, mentre l’ incasso in argento si è accresciuto di 147 milioni.

Se il Governo non emettesse dei biglietti per con­ servare la riserva in oro, il Tesòro non avrebbe più che dell’ argento deprezzato, e il Governo sarebbe obbligato a pagare le sue Obbligazioni in argento deprezzato. ATGoverno sarebbe allora materialmente impossibile di mantenere, come vuole la legge, un rapporto fisso fra I’ oro e I’ argento.

Il Governo diverrebbe incapace a mantenere i suoi impegni con una moneta deprezzala. Gli Stati Uniti perderebbero il loro posto alla testa delle na­ zioni.

V ’ ha chi vorrebbe un uso più largo dell’argento di quello che si fa nel resto del mondo; ma agli Stali Uniti per far questo occorre la cooperazione delle altre nazioni.

Non è in potere del Governo di fissare ¡1 valore del metallo che serve a coniare la moneta, o di impedire dia moneta estera di scacciare quella in­ terna e questo fatto toglie la fiducia ai capitalisti, che preferiscono di tenere i capitali disoccupali. I capitalisti forestieri hanno dei timori legittimi in presenza di un Governo che compera I' argento in ragione di 50 milioni di dollari all’ anno, e che nello stesso tempo cerca di mantenere un rapporto fisso fra l’oro e l’argento.

Il popolo degli Stati Uniti ha diritto a un sistema monetario stabile, che sia riconosciuto da tulle le Borse e in tulli i mercati del mondo. Ha il diritto che il Governò non si abbandoni ad esperienze finan­ zaquestione d e ll'a rg e n to e I I m essaggio del sig . C le ­

velandL a p o p o la zio n e del B elg ioL ' o r a in ­ te rn a z io n a le — / te le fo n i In E u ro p a

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ziarie, contrarie alla politica e agli usi delle altre nazioni civilizzate.

Non è più una questione di partito, ma è una questione che riguarda l’ interesse di tutti i cittadini. Gli speculatori possono profittare di questo stato di eose ; i capitalisti possono ritenere presso di sè i loro capitali.

Ma quello che non deve essere danneggiato è chi lavora. Esso conta, pel suo lavoro, sulle imprese del capitalista fiducioso e soddisfatto.

Di conseguenza, io chiedo più presto possibile, venga abrogata la legge 14 luglio 1890 ».

l a popolazione dei Belgio. — Al 31 dicembre 18951 ammontava a 6,136,444 abitanti, di cui 3,090,416 maschi e 3,104,889 femmine.

Il numero delle nascile nell’ anno 1892 è stato di 176,633, quello delle morti di 131,781 ; ecce­ denza delle nascite sulle morti 44,882.

Gli immigranti furono 348,531 e gli emigranti 489,620, con una eccedenza di 14,029 immigranti.

Le due eccedenze rilevate danno per il 1892, in paragone al 1891, un aumento della popolazione di 59,911 persone.

La provincia più popolata è il Brabante, con 1,136,827 abitanti.

La città più popolata è Anversa con 240,343 abitanti, Bruxelles ne conta 183,833, però la ca­ pitale del Belgio con i sobborghi ha 488,218 abi­ tanti, il doppio di Anversa.

Seguono : Liegi con 155,898 e Gand con 151,811. L ’ ora internazionale. — Il ministro Genala ha sottoposto alla firma del re, il decreto che stabilisce l’ uso del tempo medio del meridiano situato a 15 gradi all’ est di Greenwich, per il servizio ferro­ viario di tutto il Regno, a decorrere dall’ istante in cui, secondo tale tempo, che si denominerà tempo

dell’Europa centràle, incomincierà il 1° novembre

1893.

Questo tempo, che anticipa di 10 minuti su quello di Roma e di 6 minuti su quello di Palermo, ci offrirà il vantaggio notevole di evitare nella mag­ gior parte dei nostri transiti internazionali il cam­ biamento d’ora, che talvolta è cagione di equivoci od inconvenienti; ma quello che" più importa si è che avremo 1’ ora comune con le ferrovie della Svezia della Germania, del Lussemburgo, dell’ Austria-Un­ gheria, della Bosnia, della Serbia e della Turchia dell’ovest (rete di Salonicco).

Anche le ferrovie svizzere e danesi hanno in massima già approvata P adozione del nuovo tempo.

Oltre a questi vantaggi, che saranno molto ap­ prezzati, specialmente dai viaggiatori di lungo corso, otterremo pur quello di avere un tempo che non differirà menomamente nei minuti da quello delle altre nazioni all’ ovest e all’ est, che hanno adottato il nuovo sistema di misurazione del tempo, vale a dire: la Gran Brettagna, il Belgio, l’ Olanda, la Bulgaria, la Rumania, la Turchia dell’ est (rete di Costantinopoli), gli Stati Uniti d’ America ed il Canada.

La differenza per le nazioni di Europa sarà di un’ ora precisa, in più od in meno, a seconda che sono poste all’ est od all’ ovest, e per quelle delle altre parti del mondo, sarà di un numero esatto di ore.

Ma non è tutto. A principiare pure dal 1 ° no­ vembre prossimo, le ore nel servizio ferroviario, tanto per uso del pubblico, quanto per uso interno

delle varie amministrazioni, si dovranno contare di seguito da una mezzanotte all’ altra, ritornando così ad avere le 24 ore, secondo l’antico metodo italiano, ma con la differenza che, mentre per questo il com­ puto incominciava dal tramonto del sole, cosicché era variabilissimo ed impossibile ad accordarsi con un orologio meccanico, per le nuove 24 ore inco­ mincierà alla mezzanotte, come già fanno i telegrafi fino dal 1° ottobre 1859.

Con tale disposizione si eviterà la confusione fra le ore antimeridiane e le pomeridiane, e saranno molto più facili e spediti i calcoli del tempo oc­ corrente per un dato viaggio, ed impossibile sba­ gliare, come talvolta è accaduto, di 12 ore.

Anche gli altri pubblici servizi stanno studiando per provvedere fra breve all’adozione del nuovo modo di computare il tempo, di guisa che i van­ taggi, che per ora risentirà il solo servizio ferro­ viario, saranno maggiormente estesi e quindi più apprezzati.

I telefoni in Europa. — Fra le moderne inven­ zioni, quella che si è più rapidamente diffusa, è senza dubbio il telefono. Il signor Bellet, in uno studio molto diligente su questa'materia, ha raccolto delle cifre che dimostrano come il telefono sia en­ trato completamente nelle abitudini dei paesi civili. In Germania alla fine del 1889 vi erano chilo­ metri 94,674 di fili telefonici, che servivano 49,531 abbonati, senza contare 5,817 chilometri di linee private. Si scambiavano mediante questa rete 226 milioni di colloqui, di cui 27 milioni da una città ad un’ altra.

Alla fine del 1890 i fili si estendevano per chi­ lometri 114,250, servendo a 257,400,000 colloqui ed a 58,652 abbonati.

In Austria esisteva nel 1889 una rete telefonica di 26,351 chilometri con 6,485 abbonati e 7,975,884 comunicazioni. L ’anno dopo ve ne erano oltre 34,800 chilometri con 9,070 abbonati e 14,150,000 oomu nicazioni. In un anno solo è un bel progresso.

Nel Belgio, che è stato dei primi ad adottare il telefono, i fili rappresentavano uno sviluppo di 10,710 chilometri nel 1889 e di 20,900 nel 1890.

Gli abbonati nello stesso periodo di tempo sal­ gono da 5312 a 6015 ed il numero delle comuni­ cazioni oltrepassa gli 11 milioni.

Anche la Svizzera presenta dati statisti notevoli; lo sviluppo dei fili toccò nel 1889 i 13,237 chi­ lometri con 9355 abbonati ; numero addirittura strabocchevole in rapporto alla rete. Yennero scam­ biati 7,896,000 colloqui. Nello spazio di un anno la lunghezza dei fili è cresciuta di 6330 chilometri e il numero degli abbonati di 1650.

II telefono in Svizzera è penetrato in tutte le classi sociali ; I’ abbonamento al telefono non è con­ siderato cóme una spesa di lusso, ma di prima neces­ sità.

Non si conoscono i dati relativi all’ Inghilterra, perchè le Compagnie private che li esercitano non forniscono statistiche dettagliate.

Tuttavia si può ritenere che il loro sviluppo deve essere straordinario. La sola « National telephone Company » conta più di 40,000 abbonati, e non possiede soltanto delle linee urbane in gran numero di città, ma molte linee interurbane, fra le quali primeggiano quelle colleganti Londra a Birmingham, Liverpool, Manchester, Sheffield, Leeds, ecc.

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raggiungeva 54.400 chilometri di fili con 20.600 abbonati, scambiami 29,130,000 colloqui.

In Russia la lunghezza dei fili da 15,557 chilo­ metri nel 1883 è salita a 26,658 nel 1890, gli abbonati da 6,587 a 7,260 e le comunicazioni da 9,320,000 a 10, 992,000.

In Francia, alla fine del 1891, lo Stato eserci­ tava 112 reti urbane e ve ne erano 46 in costru­ zione.

Gli abbonati da 11,440, nel 1889 aumentarono a 18,191 nel 1891 dei quali 9,653 nelle sola città di Parigi. A questi bisogna aggiungere i numerosi circuiti interurbani.

I progressi del telefono si succedono rapidamente : non solamente esso ha varcato le frontiere terrestri, come ad esempio fra Parigi e Bruxelles, ma ciò che è ben altrimenti arduo dal punto di vista tec­ nico, esso sta por attraversare il mare per mettere in comunicazione diretta Londra con Parigi.

U AGRICOLTURA ÌN INGHILTERRA NEL 4892

È stato recentemente pubblicato in Inghilterra il volume annuale di statistica agraria della Gran Bret­ tagna pel 1892.

'Cominciando dai pascoli si trova che l’ area dei medesimi supera i 12,000,000 di acri, ossia si rag­ guaglia al quinto della sua superficie. La maggior parte dei pascoli si trova nella Scozia, che ne possiede per 9,272,169 acri; *) l’Inghilterra ne ha 1,861,829 e il Galles 953,234. Le diverse statistiche fatte per l’accertamento dei terreni hanno reso possibile la formazione di un prospetto interessante di cui diamo il seguente estratto: Inghil­ terra Gran Brettagna Regno Unito

Per mille acri di area di terra ed acqua

Boschi e piantamene. . 50 48 39

Pascoli di montagna e brughiere 57 213 11

Area coltivata... 767 576 618

Pascoli permanenti . . . . 401 288 355

A ra tiv o ... 366 288 263

Raccolti a grano «3 . . . . 138 138 120

Foraggi v e r d i ... 77 58 58

Trifoglio ed erbe in rotazione. Si 82 77

Lino, luppoli e frutta minuta . 3 2 2

M a g g ie se ... 14 8 6

Nell’ Inghilterra non è compresa la regione del Galles e nel Regno Unito sono inclusi l’isola di Man e le isole della Manica. Mancando poi le statistiche sui pascoli di monti e brughiere per l’ Irlanda, la cifra complessiva dei pascoli per il Regno Unito non potè essere formata.

Il seguente prospetto contiene i dati relativi al bestiame nella Gran Brettagna :

l) Un acro equivale ad are 40.46.

5 B <y W s > M £ > O S u in i ;

Per l,OvO acri di terra coltivata . . . . 46 212 879 65 Per 1 ,< 0 0 acri di terra d i diretto u s o agrario 34 155 642 48 Per 1 , 0 0 0 acri di area superficiale . . . 27 122 506 38

Il prospetto che segue indica i cambiamenti av­ venuti nell’ agricoltura britannica dell’ ultimo ven­ tennio 1872-92 :

1872 1882 1892

A r a t i v i ...

Area coltivata complessiva

18.428.000 12.576.000 17.492.000 14.821.000 16.327.000 16.358.000 31,004,000 I 32,313,000 32,685,000

Da queste cifre si scorge che la superficie ara­ tiva andò sensìbilmeute diminuendo, e dalla tabella che segue si rileva in qual misura la diminuzione dell’arativo sia stata seguita da un aumento nello allevamento del bestiame :

1872 1892 Aumento o diminuzione E q u i n i ... 1,258,020 1,518,082 +- 260,062 Bovini . . . . . . 5,624,994 6,944.783 + 1,319,789 Ovini... 27,921,507 28,734,704 4- 813,197 Suini... 2,137,859 - 633,890

Nè meno importante a conoscersi è la seguente tabella relativa al Regno Unito nell’ultimo ventennio :

1872 1882 1892

Popolazione . . Num. 31,556,000 35,203,000 38,109,000

Area coltivata . . Acri 46,869,000 47,655,000 47,978,000

Cultura di granaglie * 11,699,000 10,620,000 9,329,000

Frumento . . . . 3,840,000 3,164,000 2,299,000

Erbe permanenti » » 22.838,000 24,963,000 27.833,0 0

B ovin i... 9,719,000 9,832,000 11,519,000 O v i n i ... 32,247,000 27,448,000 33,643,000

I seguenti dati si riferiscono ai prezzi di alcuni cereali e delie carni uell’ultimo ventennio :

I ANNI Fr u m e n t o Or z o Av e n a 1872... Scell. Per Quarter 57.0 Per Quarter 37.5 Per Quarter 'J 23.2 1882 ... 45.1 31.2 21.10 1892... 30.3 26.2 19.10

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ANNI

Ca r n i

bovine di montone suine

Per 8 libbre Per 8 libbre Per 8 libbre 1872 ... Scell. 4. 2 a 5-10 4 10 a 6.8 3. G a 4.9 1882 ... » 4. 0 a 6 0 5. 4 a 7.2 4. 3 a 5.0 1892 ...» % 11 a 4. 9 3. 7 a 5.7 2.11 a 4.7

D,ì questa tabella si scorge quanto grande sia stata la diminuzione dei prezzi durante l’ultimo ven­ tennio, e come questa diminuzione corrisponda ad un aumento siile importazioni dall’ estero nell’ ul­ timo ventennio:

IMPORTAZIONE 1871 1881 1 8 91

Tonn. Tonn. Tonn.

B estia m e ... 90,500 117,500 171,500 Carni m acellate... 99,500 341,500 489,500

Burro, margarina e formaggi 127,500 104,500 270,500

Frumento . . . . . . 1,909,500 2,857,500 3 315,500

F a r in a ... 199,000 508,000 836,000 Granturco... 841,000 1,074 000 1,341,000 Altre granaglie e farine' . 1,188,000 1,232 500 2,072,000

Legge 10 Agosto 1893

STJGtXjXistitutidi emissione

Diamo il testo della nuova legge sulle Banche di- emissione e P ordine del giorno approvato dal Se­ nato del Regno :

Art. 1. — È autorizzata la fusione della Banca Na­ zionale nel Regno d’ Italia con la Banca Nazionale Toscana e con la Banca Toscana di Credito allo scopo di costituire un nuovo Istituto di emissione, che assu­ merà il titolo di Banca d’ Italia.

Questa però dovrà stabilire sedi o succursali proprie nei luoghi ove cesseranno quelle della Banca Nazionale Toscana.

La Banca d'Italia avrà un capitale nominale di 300 milioni, diviso in 300,000 azioni nominative di L. 1000 ciascuna. Il capitale versato dei tre Istituti suddetti, ascendente a L. 176 milioni, sarà portato a 210 milioni entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge.

Lo statuto della Banca d'Italia dovrà essere appro­ vato con reale decreto, sulla proposta del ministro di agricoltura, industria e commercio di concerto col ministro del Tesoro.

Tale approvazione e l’ inserzione dello statuto della Banca d’ Italia nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti nel Regno, terranno luogo delle pubblicazioni e trascrizioni prescritte nel Codice di commercio per le Società anonime, ed esimeranno dalla decorrenza dei tre mesi stabilita nell’ art. 195 del Codice di commercio.

Art. 2. — La facoltà di emettere biglietti è concessa alla Banca d’Italia, ed è confermata ai Banchi di Napoli e di Sicilia per un periodo di venti anni dal giorno delia pubblicazione della presente legge.

Il limite massimo della circolazione degli Istituti di emissione rimane per quattro anni stabilito nella cifra di L. 1,097,000,000. ripartila nel modo seguente:

Banca d’ Italia... L. 800,000,000 Banco di Napoli... » 212,000,000 Banco di Sicilia... » 55,000,000 Scaduti i detti quattro anni, ciascun Istituto dovrà incominciare e poi continuare successivamente a ridurre ogni biennio la sua circolazione di una quota annua proporzionale, in modo che dopo quattordici anni dal­ l’ attuazione della presente legge la circolazione stessa si trovi entro i limiti seguenti :

Per la Banca d’ Italia di 630 milioni » il Banco di Napoli di 190 » » il Banco di Sicilia di 44 »

804 milioni L’ Istituto che al termine dei quattordici anni non abbia un capitale o un patrimonio corrispondente al terzo della circolazione consentitagli, dovrà diminuirla in proporzione entro tre mesi.

La circolazione diminuita ad un Istituto sarà consen­ tita a quegli altri che avranno o verseranno il capitale corrispondente ed utile per la tripla emissione.

Prima delia scadenza dei quattordici anni una Com­ missione composta di sette membri, due eletti dal Senato, due dalla Camera e tre nominati per decreto reale, farà procedere alla valutazione del capitale o del patrimonio degli Istituti d’emissione agli effetti della presente legge.

La relazione della Commissione sarà presentata al Parlamento entro tre mesi dalla sua data e in ogni caso tre mesi prima della scadenza dei quattordici anni.

La circolazione di ciascun Istituto può eccedere i detti limiti, quando i rispettivi biglietti siano per in­ tero rappresentati da valuta metallica legale o da oro in verghe, esistente in cassa. Parimente resta esclusa dagli stessi limiti la circolazione dei biglietti corrispon­ dente alle anticipazioni ordinarie e straordinarie fatte dagli Istituti allo Stato.

Art. 3. — I possessori dei biglietti a vista al por­ tatore hanno diritto a chiederne dall’Istituto emittente il cambio in moneta metallica avente corso legale nel Regno, in Roma e nelle città di Bari, Bologna, Ca­ gliari, Catania, Firenze, Genova, Livorno, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Verona e Venezia.

Con decreto reale, da emanarsi sopra proposta dei ministri del Tesoro e dell'agricoltura, industria e com­ mercio, si stabiliranno le norme per il cambio dei biglietti fino alla scadenza del corso legale, previsto nell'art. 4 e quelle che si dovranno adottare con la cessazione di esso.

Art. 4. Nei primi cinque anni dall’ attuazione delia presente legge, i biglietti della Banca d'Italia e quelli del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, avranno corso legale nelle provinole in cui sia una sede, una succursale o una rappresentanza dell’Istituto che li ha emessi con l’incarico di operarne il baratto in valuta metallica.

Durante il corso legale la ragione dello sconto sarà aguale per tutti gli Istituti e la medesima non potrà variare senza T autorizzazione del Governo.

Però gli Istituti potranno scontare ad un tasso del­ l’uno per cento in meno gli effetti cambiari ceduti dalle Banche popolari, dagli Istituti di sconto e da quelli di Credito agricolo, che siano organizzati:

1“ per servire da intermediari tra il piccolo com­ mercio e gli Istituti di emissione ;

2° per lo sconto delle note di pegno (warrants) dei magazzini generali e dei depositi franchi.

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