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11 CCFFDD aapppplliiccaattaa aallllaa ccoommbbuussttiioonnee iinndduussttrriiaallee

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(1)

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C

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La fluidodinamica computazionale (CFD) è uno strumento che permette lo studio di sistemi che coinvolgono moto dei fluidi, scambi termici e fenomeni associati come reazioni chimiche. L’analisi numerica di tali sistemi avviene con l’ausilio di avanzati codici di calcolo, che permettono di risolvere l’equazioni di Navier-Stokes per un sistema di interesse per il quale siano definite le condizioni al contorno ed iniziali.

La fluidodinamica computazionale costituisce uno strumento predittivo versatile, in quanto consente di fare analisi e previsioni su di un’ampia gamma di possibili scenari senza le caratteristiche limitazioni della sperimentazione. Può ad esempio essere impiegata per lo studio di condizioni di flusso difficilmente riproducibili in laboratorio oppure di sistemi operanti in condizioni pericolose (analisi di rischio e scenari ambientali).

Il ricorso alle simulazioni numeriche, consente di ottenere risultati ad alta risoluzione in tempi molto minori e con costi ridotti rispetto alla classica pratica sperimentale.

Tuttavia, la CFD si avvale di codici di calcolo che si basano su modellazioni e rappresentazioni semplificate delle realtà fisiche, e come tali non garantiscano la validità assoluta del risultato.

Si rende quindi necessario affiancare a tale strumento un adeguato studio sperimentale, al fine di accertare l’accuratezza del modello utilizzato, e verificare infine la validità dei risultati ottenuti.

Allo stato attuale, i CFD vengono utilizzati in molti campi, da quello industriale a quello della ricerca:

• nell’aerodinamica per la progettazione dei veicoli; • nell’analisi dei motori a combustione interna;

• nello studio di camere di combustione di impianti di produzione dell’energia;

• nel campo dell’elettronica, per quanto riguarda lo studio di sistemi di raffreddamento di componenti di circuiti elettrici;

(2)

• nello studio di processi di miscelamento e di separazione nell’industria di processo; • nel campo dell’idrologia ed oceanografia;

• nel campo della progettazione civile; • nel campo medico;

• nel campo meteorologico, etc.

L’esigenza sempre crescente di diminuire l’impatto ambientale di alcune realtà produttive, ha portato negli ultimi anni ad un notevole sviluppo dell’applicazione dei CFD ai problemi di carattere ambientale. Con questo strumento è infatti possibile, sia studiare la dispersione di specie inquinanti in mezzi gassosi o liquidi, che studiare la formazione di specie inquinanti in processi come quelli combustivi. Tali studi, definiscono criteri per progettare sistemi di abbattimento, o per apportare modifiche ai processi stessi in modo da ridurre produzione ed emissioni delle specie inquinanti e quindi diminuirne l’impatto ambientale.

1

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2

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E

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I modelli matematici per lo studio del moto di fluidi si basano sull’ipotesi del continuo. Il fluido è così considerato come un corpo continuo, e non costituito da molecole in grado di collidere tra di loro e con corpi solidi.

Il valore puntuale di una qualsiasi proprietà intensiva (densità, pressione, temperatura, velocità), assume il valor medio misurato in un volume elementare Vδ di fluido.

Per la validità dell’ipotesi, è necessario che il volume di riferimento sia sufficientemente piccolo da poter esser considerato infinitesimo rispetto alle variazioni spaziali delle grandezze macroscopiche, ma abbastanza grande da poter contenere un numero di molecole tale da rendere il valore di ciascuna grandezza statisticamente stazionario.

Ad esempio, il valore della densità ρ in un punto P dello spazio, detto Vδ un volume di fluido di cui P è il baricentro e Mδ la massa di fluido in esso contenuto, è determinato da:

V M V δ δ ρ δ 0 lim → =

Lo studio del moto dei fluidi e dei fenomeni ad esso connessi, come scambi termici e reazioni chimiche, si basa sui principi della conservazione della massa, della quantità di

( )

1.1

(3)

moto e dell’energia, mediante equazioni differenziali alle derivate parziali che descrivono il comportamento di un volume infinitesimo di fluido sull’ipotesi del continuo.

La descrizione del moto di un fluido, e la derivazione delle equazioni del moto di un fluido può avvenire tramite due modalità:

- descrizione Lagrangiana, per la quale è seguito il moto delle particelle di fluido le cui posizioni e velocità variano con il tempo;

- descrizione Euleriana, che presta attenzione ad un volume fisso nello spazio, e analizza la variazione nel tempo delle grandezze associate a diverse particelle che vanno ad occupare al variare del tempo, tale volume. I comuni codici commerciali utilizzano una notazione Euleriana, ponendo l’attenzione su un volume di fluido.

Con riferimento ad un sistema di coordinate cartesiane, e utilizzando secondo la consuetudine tensoriale la notazione di sommatoria1, le equazioni di conservazione per flussi reagenti si possono esprimere come segue.

• Equazione di conservazione della massa totale: 0 = ∂ ∂ + ∂ ∂ i i x u t

ρ

ρ

• Equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche:

k i k i i i k k w x J x u Y t Y + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂

ρ

ρ

C N k =1,2,..., • Equazione di conservazione della quantità di moto:

j i ij j i i j j g x x p x u u t u

ρ

τ

ρ

ρ

+ ∂ ∂ + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ 3 , 2 , 1 = j

• Equazione di conservazione dell’entalpia specifica2

rad i j ij i i i i Q x u Dt Dp x q x hu t h + ∂ ∂ + + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂

ρ

ρ

τ

Le equazioni di conservazione della massa e della quantità di moto, sono note come equazioni di Navier-Stokes. Nelle equazioni riportate, l’indice i indica la componente di un vettore tridimensionale

(

i=1,2,3

)

, mentre k denota una specie chimica presente nel sistema

(

k =1,2,...,NC

)

.

1 La notazione di sommatoria sottintende una sommatoria su tutti gli indici ripetuti. 2 Equazione ottenuta ritenendo trascurabili gli effetti delle forze di volume.

( )

1.2

( )

1.3

( )

1.4

( )

1.5

(4)

Gli altri termini presenti nell’equazioni, hanno il seguente significato: -

ρ

è la densità del fluido;

- u è la velocità del fluido, i.e. u u u= + + ; 1 2 u3

- Y è il vettore delle frazioni massiche delle specie chimiche; - h è l’entalpia specifica del fluido;

- N è il numero di specie chimiche; C - p è la pressione statica del fluido;

- g rappresenta una forza di volume per unità di massa; - τ è il tensore degli sforzi viscosi;

- k

J è il flusso diffusivo della specie chimica k ; - q è il flusso diffusivo di calore;

- w è la velocità di reazione massica del componente k ; k

- Q rappresenta il flusso di calore radiante. rad

1

1

.

.

3

3

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E

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e

e

Le equazioni che descrivono il moto di fluidi non costituiscono un sistema determinato dato che il numero di incognite risulta essere superiore al numero di equazioni disponibili. E’ quindi necessario disporre di equazioni costitutive, che permettono di esprimere la pressione

( )

p , il tensore degli sforzi viscosi

( )

τ , il flusso diffusivo della specie k

( )

J e il k

flusso termico diffusivo

( )

q .

Nella maggior parte dei processi di combustione, i fluidi di lavoro sono gas. E’ pertanto possibile ritenere valida la legge di stato dei gas perfetti, e attraverso la legge di Dalton la pressione statica del fluido p si può esprimere come somma delle pressioni parziali p k

delle singole componenti.

cRT RT c p p C NC k k N k= k = = = = 1 1

( )

1.6

(5)

dove R è la costante universale dei gas, T è la temperatura, c e k c sono rispettivamente

la concentrazione della specie chimica k e della miscela gassosa totale.

Inoltre, nell’ipotesi di poter ritenere il fluido newtoniano, il tensore degli sforzi viscosi è espresso dall’equazione di Newton:

∂ ∂ − ∂ ∂ + ∂ ∂ = i i ij i j j i ij x u x u x u

µδ

µ

τ

3 2

dove

µ

rappresenta la viscosità del fluido, e

δ

ij il simbolo di Kronecker.

Il flusso diffusivo delle specie chimiche k

J che compare nell’equazione

( )

1.3 , si esprime generalmente attraverso la legge di Fick:

i k k k i x Y Sc J ∂ ∂ − = µ

dove Sck è il numero di Schmidt della singola specie chimica, espresso come:

k

k D

Sc

ρµ

=

in cui Dk è la diffusività molecolare della specie k nella miscela.

La legge di Fick è spesso utilizzata poiché permette di semplificare le equazioni di bilancio.

In questo modo però, la somma delle frazioni massiche delle specie chimiche Yk risulta

diversa da 1.

Per risolvere tale inconveniente, si sceglie un componente (generalmente N2), e si calcola la sua frazione massica come:

2 1 1 1 C N N k k YY = = −

Il flusso termico diffusivo q , presente nell’equazione

( )

1.5 , può essere espresso come:

1 Pr 1 Pr C N k i k k i k i Y h q h x Sc x µ = ∂ ∂ = − + − ∂ ∂

dove Pr rappresenta il numero di Prandtl definito dalla

( )

1.12 :

λ µ p c = Pr

( )

1.7

( )

1.8

( )

1.9

( )

1.10

( )

1.11

( )

1.12

(6)

in cui c è il calore specifico a pressione costante e p λ è la conducibilità termica della

miscela.

Introducendo il numero di Lewis:

k p k k D c Sc Le

ρ

λ

= = Pr

rapporto tra il trasporto diffusivo di calore e di materia della specie k , e assumendo per tale rapporto il valore unitario, l’equazione

( )

1.11 si riduce a:

i i x h q ∂ ∂ − = Pr µ

Nella maggior parte dei problemi di combustione, è possibile trascurare le variazioni di pressione e gli effetti delle forze viscose e di volume.

Sotto queste ipotesi, e nel caso si possa ritenere Qrad = , le equazioni 0

( )

1.3 e

( )

1.5 risultano formalmente identiche.

1

1

.

.

4

4

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R

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La risoluzione diretta (Direct Numerical Simulation - DNS) delle equazioni di conservazione è possibile solo nel caso di flussi con bassi numeri di Reynolds, condizione che si verifica raramente nei casi di studio.

La DNS necessita di una discretizzazione spaziale e temporale molto fine, tale da risolvere completamente anche le più piccole scale dei fenomeni in gioco.

Per comprendere il concetto di scala, si ricorre alla visualizzazione classica della turbolenza, che si basa sulla teoria della cascata di energia di Richardson 1992, Pope 2001 (vedi Figura 1.1).

Tale cascata, consiste in un campo di vortici annidati di dimensioni decrescenti dove l’energia cinetica della turbolenza viene trasportata con dissipazione trascurabile, dai vortici più grandi a quelli via via sempre più piccoli, fino alla scala di Kolmogorov, dove la viscosità non più trascurabile attenua le fluttuazioni turbolente. Per la risoluzione diretta, devono essere risolti i vortici di più piccola scala (scala di Kolmogorov), e ciò rende proibitivo l’uso della DNS già a numeri di Reynolds di poche migliaia.

( )

1.13

(7)

Figura 1.1: Schema della cascata di energia

La DNS, anche se fornisce un livello di accuratezza e descrizione superiore ad altri approcci è particolarmente complessa quando applicata a flussi reagenti, per la non-linearità dei termini di generazione delle specie chimiche e l’esistenza di scale spaziali e temporali molto più piccole rispetto a quelle tipiche del campo di moto.

Inoltre, anche se la risoluzione delle equazioni fosse possibile, l’elevato grado di dettaglio spaziale e temporale ottenibile avrebbe scarso interesse pratico, dato che nell’ambito delle applicazioni ingegneristiche, l’attenzione è posta sui valori medi delle grandezze in gioco, come ad esempio la velocità media di consumo del combustibile o il tasso medio di formazione delle specie inquinanti.

Le equazioni di conservazione nell’analisi fluidodinamica di sistemi non reagenti, vengono allora mediate sulla base di una descrizione statistica del flusso turbolento (Reynolds-averaged Navier-Stokes equations - RANS), dato che la turbolenza si presenta come un fenomeno irregolare, transitorio e tridimensionale.

Caratteristica fondamentale è proprio il campo di velocità, che varia molto irregolarmente sia nello spazio che nel tempo, originando un grande intervallo di scale spaziali e temporali (vedi Figura 1.2). Ne consegue che altri campi, come quello delle concentrazioni, siano irregolari. Dato che il fenomeno della turbolenza, è caratterizzato da fluttuazioni di tutte le proprietà locali, si rende possibile suddividere una quantità qualsiasi in una componente media ed una fluttuante.

(8)

Figura 1.2: Serie temporale delle velocità di un flusso turbolento

La media di tale decomposizione (Poinsot-Veynante, 2001) nell’analisi fluidodinamica, porta alla derivazione di equazioni di trasporto delle quantità medie. Si può allora pensare, di introdurre la media dell’equazione:

( )

,

( ) ( )

, ' , ' i i i i i x t u x t u x t U u u = + = + con u'

( )

x,t =0 i

dove è decomposta la componente i-esima della velocità del fluido. Tale media è largamente impiegata per la derivazione delle RANS.

Consideriamo ora un fluido a densità costante per cui:

i i

i u U

u

ρ

ρ

ρ

= =

e per semplicità, solo l’equazione della conservazione della massa e quella relativa alla quantità di moto.

Andando a sostituire le grandezze (velocità, pressione, forze di volume) decomposte, nell’equazioni di Navier-Stokes, e mediando nel tempo, si ottiene le seguenti equazioni.

• Equazione di conservazione della massa totale: 0 = ∂ ∂ + ∂ ∂ i i x U t

ρ

ρ

• Equazione di conservazione della quantità di moto:

j i ij j i i j i i j j g x x P x u u x U U t U

ρ

τ

ρ

ρ

ρ

+ ∂ ∂ + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ ' ' 3 , 2 , 1 = j

( )

1.16

( )

1.18

( )

1.17

( )

1.15

(9)

In realtà molti flussi, come ad esempio nei processi di combustione, sono caratterizzati da forti variazioni di densità. Per tali flussi, l’approccio classico utilizzato per descrivere il flusso turbolento con medie temporali deve essere modificato, per tener conto dell’effetto della densità non costante (Favre-averaged Navier-Stokes equations - FANS).

Le equazioni di conservazione mediate (RANS e FANS), contengono alcuni termini aggiuntivi rispetto alle equazioni di Navier-Stokes, che devono essere opportunamente modellati per rendere determinato il problema.

Esiste un terzo approccio per la risoluzione delle equazioni di conservazione, la Large Eddy Simulation (LES).

Pur richiedendo anch’esso capacità di calcolo notevoli, è quello che consente di catturare bene la dinamica dei flussi permettendo una predizione accurata della fluidodinamica e dell’interazione tra la turbolenza e le reazioni chimiche. In questo modo sono rappresentate direttamente le scale più grandi (ed energetiche), mentre sono modellate le piccole scale. Tale tecnica di risoluzione, si basa essenzialmente su quattro stadi:

- operazione di filtraggio, effettuata per distinguere le piccole scale che necessitano di modellazione dalle grandi, che vengono risolte direttamente. La velocità è scomposta come

( )

x t u

( ) ( )

x t u x t

ui , = i , + i' , , dove u

( )

x t

i , è la parte filtrata e risolta direttamente e ui'

( )

x,t è

quella di sottogriglia che deve essere modellata (Sub-Grid Scale - SGS). L’operazione di filtraggio merita particolare attenzione, dato che la LES deve risolvere le scale più energetiche;

- le equazioni per le grandezze filtrate sono derivate dalle equazioni di Navier-Stokes; - la chiusura del problema avviene tramite la modellazione del tensore degli sforzi residui τij =uiujuiuij ;

- le equazioni filtrate sono risolte numericamente per ui

( )

x,t .

L’approccio LES risulta praticamente indispensabile per lo studio delle instabilità di combustione, per la caratterizzazione dei prodotti di combustione, per eseguire un’analisi in frequenza dei fenomeni coinvolti. Riesce a fornire un’accuratezza migliore delle RANS in quanto la diretta modellazione delle strutture vorticose maggiori riesce a catturare vari fenomeni di instabilità presenti (ad esempio, in flussi su bluff-bodies). La Figura 1.3 rappresenta concettualmente la differenza tra le diverse tecniche di risoluzione nella determinazione delle velocità.

(10)

LES

RANS

DNS

Figura 1.3: Confronto tra i tre diversi approcci per la determinazione delle velocità

Il costo computazionale di una simulazione LES di un flusso turbolento e reattivo, è notevolmente maggiore della RANS, anche se più basso di quello necessario per una DNS. Accanto alla necessità di un’accuratezza spaziale in grado di descrivere il moto delle strutture turbolente di larga scala, è importante anche un’elevata accuratezza temporale (passo del tempo di integrazione) che permetta di risolverne la dinamica.

Ulteriori limiti sui tempi di integrazione, vengono posti dalle condizioni di stabilità per le equazioni che governano l’evoluzione del campo termofluidodinamico. Poiché le fenomenologie in gioco hanno frequenze che spaziano dai 100 Hz alle migliaia di Hz, il numero di passi temporali di integrazione in gioco, può essere anche dell’ordine di 100. Proprio per questi motivi, una simulazione che utilizza questa tecnica per l’analisi di un flusso turbolento e reattivo, esige un tempo computazionale tale, da richiedere necessariamente l’utilizzo di piattaforme di calcolo parallele.

1

1

.

.

5

5

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q

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e

I processi di combustione sono caratterizzati da forti variazioni di densità. Tale caratteristica deve essere considerata nella descrizione di un flusso turbolento, utilizzando le medie temporali. Introducendo la media di Favre:

ρ ρf

(11)

dove la grandezza f può essere decomposta in una componente media e una componente fluttuante: ' ' f f f = +

Moltiplicando la

( )

1.20 per la densità, e mediando si ottiene:

(

f f''

)

f f'' f f'' f ρ ρ ρ ρ ρ ρ = + = + = + Applicando la

( )

1.19 si ottiene: 0 ' '= f ρ

Applicando la

( )

1.19 all’ equazioni

( ) ( )

1.2 − 1.5 si ottiene un nuovo sistema. • Equazione di conservazione della massa totale:

0 = ∂ ∂ + ∂ ∂ i i x u t ρ ρ

• Equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche:

k i k i i i k i i k k w x J x u Y x u Y t Y + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ρ ρ ρ '''' 1, 2,..., C k = N

• Equazione di conservazione della quantità di moto:

j i ij j i i j i i j j g x x p x u u x u u t u ρ τ ρ ρ ρ + ∂ ∂ + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ '''' 1, 2,3 j= • Equazione di conservazione dell’entalpia specifica:

rad i j ij i k i i i i i Q x u Dt p D x J x u h x u h t h + ∂ ∂ + + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ τ ρ ρ ρ ''''

A fronte di

(

5+k

)

equazioni, si hanno oltre alle

(

5+k

)

grandezze medie incognite ρ,

j

u , h e Yk , anche dei termini aggiuntivi da esprimere in funzione delle grandezze

medie per rendere “chiuso” il problema. Tali termini sono:

- Il tensore degli sforzi di Reynolds '''' i ju

u espresso utilizzando i modelli di turbolenza (Pope 2001).

- I flussi turbolenti di materia '''' i ku

Y , e di calore '''' i

u

h , che sono generalmente modellati ricorrendo all’ipotesi del trasporto del gradiente

( ) ( )

1.27 − 1.28 .

( )

1.20

( )

1.21

( )

1.22

( )

1.23

( )

1.24

( )

1.25

( )

1.26

(12)

i k t k t i k x Y Sc u Y ∂ ∂ − =

µ

ρ

'''' i t t i x h u h ∂ ∂ − = Pr ' ' ' ' µ ρ

Il termine µt è la viscosità turbolenta, valutata per mezzo del modello di turbolenza,

mentre Sc e kt Pr rappresentano rispettivamente, il numero di Schmidt turbolento della t specie k e il numero di Prandtl turbolento.

- I flussi molecolari di materia Jk , e di calore q . Nel caso di elevati numeri di

Reynolds, questi termini sono generalmente trascurabili rispetto a quelli di trasporto turbolento.

- La velocità di reazione delle specie chimiche wk , valutata con opportuni modelli di combustione.

- Il flusso di calore radiante Q , valutato con adeguati modelli di radiazione. rad

1

1

.

.

6

6

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M

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o

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e

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n

n

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z

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Le equazioni di conservazione mediate contengono come già detto alcuni termini aggiuntivi da modellare opportunamente per rendere determinato il problema.

I modelli di turbolenza, che permettono di esprimere il tensore degli sforzi di Reynolds in funzione delle variabili mediate nel tempo, si dividono in due classi principali:

- modelli di diffusione per gradiente (Eddy viscosity models); - modelli diretti.

1

1.

.6

6.

.1

1

Mo

M

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d

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ll

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g

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ie

en

nt

te

e

I modelli di diffusione per gradiente si basano sull’approssimazione di Boussinesq (9177), secondo la quale, gli stress di Reynolds sono espressi in funzione del gradiente di velocità media del fluido attraverso la relazione

( )

1.29 .

( )

1.27

( )

1.28

(13)

ij i j j i t j i x k U x U u u µ ρ δ ρ − ⋅ ⋅ ∂ ∂ + ∂ ∂ = − 3 2

Nell’espressione

( )

1.29 oltre all’energia cinetica turbolenta:

= = 3 1 ' ' 2 1 i i j u u k

compare µt coefficiente di viscosità turbolenta, e il termine

( )

2/3

ρ

k introdotto per

recuperare il valore esatto della traccia del tensore degli sforzi.

Nonostante la fisica della turbolenza sia molto differente dai processi molecolari che danno origine agli sforzi viscosi, per flussi soggetti a sforzi semplici l’ipotesi di Boussinesq sembra funzionare. E’ da osservare, che introducendo l’approsimazione nelle equazioni RANS, le ipotesi del trasporto del gradiente e di Boussinesq pongono sempre un problema di chiusura delle equazioni. E’ richiesta infatti la determinazione della viscosità turbolenta che non dipende solo dal tipo di fluido, ma anche dal campo di moto: µt determina infatti l’entità degli stress di Reynolds e quindi le caratteristiche della turbolenza.

Per la determinazione della viscosità turbolenta sono proposti diversi modelli: • Modelli a zero equazioni (zero-equation models):

- Modello della lunghezza di miscelamento di Prandtl. • Modelli ad una equazione (one-equation models):

- Modello di Prandtl-Kolmogorov.

• Modelli a due equazioni (two-equation models): - Modello k−ε , modello k−ω.

1

1

.

.

6

6

.

.

1

1

.

.

1

1

M

M

o

o

d

d

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e

l

l

l

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l

l

Prandtl, ha proposto di legare la viscosità turbolenta al gradiente di velocità del fluido tramite la relazione:

S lm t

ρ

2

µ

=

con S tensore degli sforzi medio:

∂ ∂ + ∂ ∂ = i j j i x U x U S 2 1

( )

1.29

( )

1.30

( )

1.31

( )

1.32

(14)

ed l lunghezza di miscelamento, calcolata sulla base di correlazioni empiriche. Anche se m con questo modello non ho la necessità di risolvere nessuna equazione di trasporto aggiuntiva, il suo impiego è limitato nei CFD, per l’accuratezza insufficiente.

1

1

.

.

6

6

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.

1

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2

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v

v

Il modello ad un’equazione di Prandtl-Kolmogorov, si basa sulla risoluzione dell’equazione di trasporto per l’energia cinetica turbolenta k . La viscosità turbolenta viene determinata da:

k l C PK pk

t ρ µ, µ = ⋅

dove Cµ,PK è una costante del modello (generalmente pari a 090. ), mentre l è una pk lunghezza caratteristica valutata sempre con relazioni empiriche. L’equazione di trasporto per l’energia cinetica turbolenta si ottiene manipolando le equazioni di Navier-Stokes e RANS: ε − + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ k j i j P x T x kU t k ' dove T ui'u'ju'j 1 ui'p' 2 ui'sij 2 1 ' ρ µ ρ − + =

Mentre P termine di produzione, dipende da grandezze conosciute

(

U,ρ,lm,kt

)

, i

termini 'T e la dissipazione dell’energia cinetica turbolenta

ε

contengono a sua volta termini sconosciuti che devono essere necessariamente modellati:

j k t x k T ∂ ∂ − = ρσ µ '

dove la costante σk assume generalmente il valore unitario.

m D l k C 3/2 − = ε

Anche questo modello trova scarsa applicazione nei codici CFD, a causa del modesto miglioramento dell’accuratezza conseguibile rispetto al modello a zero equazioni, e ad lm

che deve essere esplicitata.

( )

1.33

( )

1.34

( )

1.35

( )

1.36

( )

1.37

(15)

1

1

.

.

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3

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Uno dei modelli più diffusi per la chiusura del problema è il modello k−ε , sviluppato da Launder (1972), che comporta due equazioni aggiuntive per la determinazione della viscosità turbolenta valutata tramite la seguente relazione:

ε ρ µ µ 2 k C t = ⋅

L’energia turbolenta k e la sua dissipazione

ε

, sono ottenute mediante la risoluzione delle equazioni di trasporto.

L’equazione di trasporto per l’energia cinetica turbolenta k è sempre data dalla

( )

1.34 . Per la dissipazione dell’energia turbolenta

ε

, si ha invece la seguente equazione differenziale: k C P k C x x x U t i k t i i i 2 2 1ε ρε ε σ µ ε ε ε ε ε − + ∂ ∂ ∂ ∂ = ∂ ∂ + ∂ ∂

Il modello necessita quindi di cinque costanti. Si riportano di seguito i valori standard:

09 . 0 = µ Ck =1,σε =1.3,Cε1 =1.44,Cε2 =1.92.

Il modello k−ε, è spesso utilizzato nell’analisi numerica di processi di combustione, nonostante presenti alcune limitazioni:

- le equazioni sono ricavate nell’ipotesi di elevati numeri di Reynolds, e non può essere impiegato per flussi con forte vorticità o anisotropia della turbolenza;

- il trattamento del flusso alla parete è realizzato a mezzo di espressioni algebriche; - il modello deve essere modificato in caso di fluidi comprimibili;

- è un modello che tende a sovrastimare la dispersione di getti circolari (Morse, 1972; Launder et al., 1972; Pope, 1978).

Per l’ultimo problema riscontrato, in letteratura, sono proposte diverse correzioni da apportare al modello, che spesso si riducono ad agire sulla costante Cε1.

Un altro approccio si basa su una delle diverse varianti del modello k−ε , il modello RNG k−ε , che trova i fondamenti nella complessa teoria dei gruppi di normalizzazione (Yakhot e Orszag, 1986) e si riduce a esprimere la costante Cε1 diversamente:

( )

1.38

(16)

3 0 0 , 1 , 1 1 1

βη

η

η

η

ε ε + − ⋅ − = RNG RNG C C con

µ

ε

η

= k Pk dove 0 , 1 RNG

Cε è assunto uguale alla costante C del modello standard. I valori delle altre ε1

costanti sono i seguenti: 015 . 0 − = β , η0 ≈4.4, Cµ,RNG =0.0845, σk,RNG =0.72, σε,RNG =0.72, Cε2,RNG =1.68.

1

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.

.

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.

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.

4

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k

k

-

-I modelli a due equazioni si sono sviluppati in modo tale da avere un’equazione per l’energia cinetica turbolenta k , ed un’equazione oltre che per

ε

, anche per kL , o

ω

. La variabile

ω

, definita come il rapporto tra la dissipazione dell’energia cinetica turbolenta e l’energia cinetica turbolenta ha dato luogo al modello k−ω (Wilkox, 1988) che può essere considerato uno dei modelli più diffusi dopo il modello k−ε .

1

1.

.6

6.

.2

2

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M

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I modelli diretti rinunciano all’ipotesi di isotropia della turbolenza, implicita nell’ipotesi di Boussinesq, e realizzano la chiusura delle equazioni di Navier-Stokes mediate, con la risoluzione dell’equazioni di trasporto per i componenti del tensore degli stress di Reynolds. ij ij ij k kij k k j i j i R P x T x U u u t u u ε − + + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ '' ' '

Ciò implica che per problemi tridimensionali, è necessario risolvere sei equazioni di trasporto addizionali. Inoltre, in questo modo, risulta necessaria la modellazione dei termini non esprimibili in funzione delle variabili conosciute: il tensore pressione-tasso di deformazione R , il tensore di dissipazione ij εij, e il flusso degli stress di Reynolds T . kij Questo tipo di modello, è indicato nel caso di flussi complessi, caratterizzati da forti componenti tangenziali e rapidi cambiamenti della velocità di deformazione.

( )

1.40

(17)

L’impiego è tuttavia limitato, per l’elevato costo computazionale, e la minore robustezza numerica rispetto ai modelli di diffusione per gradiente.

1

1

.

.

7

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Problema chiave nella modellazione dei flussi reagenti è il termine che compare nell’equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche, la velocità di reazione delle specie chimiche w . In generale, le reazioni chimiche sono descritte in k

termini di M reazioni elementari che comprendono N componenti: C

k Nc k kj k Nc k kj R R = = ⇔ 1 ' ' 1 ' ν ν j =1,2,...,M

dove νkj, è il coefficiente stechiometrico del componente R , nella reazione elementare j-k

esima, definito come:

' ' ' kj kj kj

ν

ν

ν

= −

Per ogni componente che partecipa alla reazione, il termine di sorgente presente nell’equazione di conservazione delle specie chimiche può essere valutato come:

(

)

j M j kj kj k k W Q w = − ⋅ =1 ' ' '

ν

ν

dove W è il peso molecolare del componente k-esimo e k Q il grado di avanzamento della j

reazione j esprimibile come:

' ' ' 1 1 kj kj Nc k k k rj Nc k k k fj j W Y k W Y k Q ν ν ρ ρ

= = − =

I termini k e fj k , rappresentano rispettivamente la costante cinetica diretta e inversa della rj

reazione j , mentre

(

ρY /k Wk

)

è la concentrazione molare della specie k . Le costanti

cinetiche sono generalmente espresse utilizzando la relazione di Arrhenius e la costante di equilibrio k : eq − = RT Ea j fj fj j e T A K β

( )

1.42

( )

1.43

( )

1.44

( )

1.45

( )

1.46

(18)

eq fj rj k

k k =

dove A rappresenta il fattore pre-esponenziale, fj βj l’esponente della temperatura e Ea j l’energia di attivazione.

Dalle espressioni riportate per il calcolo della velocità di reazione, si deduce che il termine

k

w è fortemente non lineare e non può essere semplicemente espresso in funzione delle frazioni massiche medie Yk , della densità media ρ e della temperatura media T .

I modelli di combustione sono utilizzati proprio per esprimere wk nello studio di fiamme

premiscelate e diffusive. Si faccia riferimento a Poinsot-Veynante (2001) o Peters (2000). Concettualmente, il grado di avanzamento di una reazione dipende dall’efficienza di miscelamento dei reagenti e dalla cinetica di reazione vera e propria.

L’importanza relativa dei due fenomeni, è valutabile tramite il numero di Damkhöler:

turb chem

Da τ

τ

=

dove τturb e τchem sono rispettivamente i tempi del miscelamento turbolento e della cinetica

chimica. Fornisce una misura di quanto è importante l’interazione tra chimica e turbolenza: - numeri di Damkhöler elevati

(

Da>>1

)

corrispondono a reazioni chimiche molto veloci rispetto agli altri processi;

- numeri di Damkhöler piccoli

(

Da<<1

)

portano a considerare una velocità di reazione globale controllata dalla chimica delle reazioni di ossidazione, mentre i reagenti sono ben miscelati per effetto del moto turbolento.

1

1.

.7

7.

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1

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(

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EB

BU

U)

)

Il modello Eddy Break-up (Spalding, 1971) per lo studio di fiamme premiscelate, si basa sull’analisi fenomenologica della combustione turbolenta nell’ipotesi di elevati numeri di Reynolds

(

Re>>1

)

e di Damkhöler

(

Da>>1

)

.

Il modello presuppone che la velocità globale del processo sia controllata dal miscelamento turbolento, e non dalla chimica delle reazioni di ossidazione. La velocità di reazione media

( )

1.47

(19)

k

w risulta così proporzionale al tempo caratteristico del miscelamento turbolento

( )

k/

ε

. Nel caso di sistemi caratterizzati da un eccesso di ossidante, è riportata in letteratura la relazione:

( )

''2 0.5 F EBU F C k Y w =−ρ⋅ ε

dove CEBU è una costante del modello dell’ordine dell’unità, e Y la varianza della F''

frazione massica del combustibile. Questo modello si rivela attraente, per il fatto che non introduce equazioni di trasporto aggiuntive, ma presenta una grande limitazione non considerando gli effetti della cinetica chimica. Inoltre, tende a sovrastimare la velocità di reazione, soprattutto nelle regioni altamente stressate, con rapporto

( )

k/

ε

elevato.

1

1.

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2

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(E

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M)

)

Magnussen e Hjertanger (1976) hanno sviluppato il modello (Eddy Dissipation), che è un estensione del modello Eddy Break-up applicato alle fiamme non premiscelate.

Nelle fiamme non premiscelate, la turbolenza provoca un lento mescolamento/convezione dei reagenti freddi con i prodotti caldi all’interno della reazione dove la combustione avviene rapidamente. In questi casi risulta controllante per il sistema, il grado di mescolamento (lento) rispetto alla velocità di reazione (veloce), e le velocità cinetiche di reazione spesso sconosciute possono essere trascurate.

Il modello in questione, assume che la velocità di reazione può essere direttamente collegata al tempo richiesto per il mescolamento dei reagenti a livello molecolare, tempo dominato dalle proprietà dei vortici.

Secondo questo schema, il grado di avanzamento medio della reazione elementare j-esima è valutato tramite la frazione molare media dei reagenti o dei prodotti:

[ ]

[ ]

= P kj k P k P k kj R k MIX j W W R B R k A Q min min ' , ''

ν

ν

ε

con A e B costanti del modello. Il grado di avanzamento Q , è pertanto limitato dalla j specie chimica presente in difetto all’interno del sistema.

( )

1.49

(20)

L’EDM si applica per flussi turbolenti, quando la velocità di reazione chimica è veloce rispetto ai processi di trasporto nel flusso.

Non c’è però controllo da parte della cinetica dei processi di reazione, quindi ignizione e processi dove la cinetica chimica può limitare la velocità di reazione sono predetti difficilmente.

1

1.

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3

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Esistono inoltre, alcune varianti del modello Eddy Dissipation, che permettono di considerare gli effetti di una cinetica non infinitamente veloce (Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry). Questo approccio è valido solo nel caso di elevati numeri di Reynolds ( Re>> ), e bassi numeri di Damkhöler (1 Da≈ ). In tali condizioni, la turbolenza 1 all’interno del sistema è così elevata che il sistema evolve verso le condizioni di reattore perfettamente miscelato.

Il modello Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry calcola sia una velocità di miscelamento in modo simile al modello Eddy Dissipation (quindi proporzionale a /k ε), sia una velocità di cinetica chimica da correlazioni tipo Arrhenius. Come velocità di reazione è presa la minore delle due. Con questo approccio, il grado di avanzamento della reazione è espresso come segue:

(

Arr

)

j MIX j j Q Q Q =min , con Qj MIX e Arr j

Q che rappresentano rispettivamente il grado di reazione medio nel caso di miscelamento controllante e cinetica controllante.

Nel caso di cinetica controllante, si sostituisce ai valori istantanei della densità e delle frazioni massiche, i corrispondenti valori medi nell’espressione

( )

1.45 :

' ' ' 1 1 kj kj Nc k k k rj Nc k k k fj Arr j W Y k W Y k Q ν ν ρ ρ

= = − =

La velocità di reazione viene valutata separatamente per ogni modello. Così facendo, mentre uno step di reazione può essere controllato dalla cinetica chimica, altri step possono

( )

1.51

(21)

essere governati dal miscelamento turbolento allo stesso tempo e nella stessa posizione fisica.

L’uso di questo modello, è raccomandabile se le velocità di reazione sono limitate dal mixing turbolento in alcune zone del dominio e limitate dalla cinetica in altre.

Nel caso di meccanismi di reazione costituiti da più step, il confronto viene effettuato per ogni step di reazione.

Le prestazioni del modello risultano però numericamente instabili nel caso di meccanismi cinetici comprendenti un numero di step maggiore di 3− , dato che si ripete il confronto 4 tra le velocità determinate dai due modelli, Eddy Dissipation e Finite Rate, per ogni step e per ogni cella del dominio di calcolo.

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Il concetto Flamelet per una combustione non premiscelata, si presta a descrivere l’interazione della chimica con la turbolenza nel limite di chimica veloce (elevato numero di Damkhöler).

Questo modello suppone che la combustione avvenga in strati sottili al cui interno sono presenti strutture denominate “Flamelets” e in regime laminare, e consente di aggiungere nuovi dettagli alla simulazione nel caso di flussi turbolenti, mediante la risoluzione di solo due equazioni scalari (per la frazione di miscela3 e la varianza della frazione di miscela per accoppiare il modello al campo di flusso turbolento), indipendentemente dal numero di specie chimiche coinvolte.

La fiamma turbolenta è considerata così, come un insieme di “Flamelets” laminari immerse all’interno del flusso.

Il principale vantaggio di questo modello, implementato nella maggior parte dei codici CFD, è che sebbene siano comprese informazioni dettagliate sui processi di trasporto molecolare includendo cinetiche di reazione elementari, la risoluzione numerica per piccoli time-scales e per piccole lunghezze non è indispensabile.

3 Con riferimento ad un sistema in cui una corrente combustibile m

1, viene miscelata ad una corrente

ossidante m2, la frazione di miscela rappresenta la frazione massica della corrente combustibile nella miscela:

(22)

Inoltre, non si rende necessaria la modellazione dei termini chimici di sorgente. Quest’ultimo aspetto, evita problemi nella risoluzione di cinetiche fortemente non lineari per le fluttuazioni del campo di flusso rendendo il sistema numericamente robusto.

Questo modello fornisce informazioni riguardo a specie presenti in piccole quantità, come ad esempio CO e radicali OH . Tutte le informazioni riguardanti i modelli di fiamme laminari sono pre-calcolate e immagazzinate in apposite librerie, in modo da ridurre il tempo di calcolo.

In definitiva, il modello risulta restrittivo per l’ipotesi di fast chemistry, e per il fatto di trascurare la diversità del numero di Lewis per le diverse specie chimiche.

Le librerie, forniscono le frazioni massiche delle specie chimiche e i campi della temperatura in funzione della frazione di miscela, e del tasso di dissipazione scalare4 (Poinsot-Veynante, 2001). L’accoppiamento della chimica laminare con le fluttuazioni del campo di flusso turbolento, viene effettuata per lo più con metodi statistici.

Nonostante il metodo eviti alcune modellazioni, si rende necessario, come ad esempio nel caso della chiusura del momento, la modellazione di alcuni termini come il gradiente della fluttuazione della pressione ed il termine della diffusione molecolare.

Se la combustione avviene all’interno di strati fini, ipotesi del modello, il termine di diffusione molecolare è strettamente legato al termine di reazione e quindi il problema di modellazione del termine chimico di sorgente si trasferisce verso il termine della diffusione molecolare.

Tuttavia, non ci sono termini di sorgente all’interno dell’equazione della frazione di miscela, che risulta essere la principale equazione di trasporto del modello Flamelet. Le principali assunzioni per l’utilizzo del modello sono:

- chimica veloce (tale che la zona di reazione sia un’interfaccia infinitamente sottile); - numero unitario di Lewis per tutte le specie chimiche, Lei =1;

- combustione in regime “Flamelet”;

- due sistemi di alimentazione (la composizione del fluido al contorno deve essere del tipo combustibile puro, ossidante puro o una loro miscela lineare);

- fiamme diffusive (per combustione premiscelata o parzialmente premiscelata il modello può essere combinato con altri).

(23)

Alcune limitazioni presentate dal modello sono:

- applicabilità a sistemi che presentano due flussi di alimentazione (combustibile e ossidante), ossia per sistemi non premiscelati;

- richiede una libreria chimica come imput (che solitamente richiede un programma esterno per esser generata);

- all’interno del dominio deve esser applicato lo stesso livello si pressione.

Le proprietà del fluido, sono calcolate in base alla composizione del fluido allo stesso modo degli altri modelli di combustione, come ad esempio il modello Eddy Dissipation. Per un maggior approfondimento riguardo al modello citato, si veda Peters, 2000.

Il modello Flamelet implementato nei comuni codici di calcolo, può essere applicato per configurazioni non-adiabatiche.

Questo, comporta a non considerare la variazione della composizione del fluido dovuta ai diversi livelli di temperatura e di pressione. La dissipazione di calore in molti dispositivi di combustione influenza però la composizione in maniera irrilevante, e quindi può essere trascurata.

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)

Il modello Eddy Dissipation Concept (EDC), sviluppato da Magnussen (Magnussen e Hjertager 1976, Magnussen 1981, Magnussen 1989, Magnussen 2005), è un altro modello di combustione dedicato a trattare l’interazione tra turbolenza e chimica nelle fiamme. La particolarità di tale modello, è che può essere applicato sia per l’analisi di fiamme premiscelate che diffusive, e per lo studio di processi di combustione controllati sia dal miscelamento turbolento che dalla cinetica chimica.

La grande varietà di condizioni per le quali il modello sembra funzionare ha destato interesse nell’applicazioni CFD, tanto che risulta implementato in codici ampiamente utilizzati, come FLUENT 6.2.

Alla base dell’EDC, vi è l’ipotesi che le reazioni chimiche, avvengono solo in regioni dove la dissipazione dell’energia cinetica turbolenta è significativa. E’ importante quindi capire, come il modello interpreti la turbolenza. Flussi turbolenti con elevati numeri di Reynolds, si possono “vedere” come una gamma di vortici di differenti dimensioni (vedi Figura 1.1).

(24)

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L’energia meccanica è trasferita principalmente tra strutture vorticose “vicine”. Proprio per questo, la produzione dell’energia cinetica turbolenta è data dall’interazione tra vortici grandi e il mean flow. La dissipazione dell’energia cinetica in calore, avviene per opera dei vortici più piccoli (numero di Reynolds loro associato, che tende all’unità).

Caratteristiche importanti per la turbolenza (prossima all’isotropia), possono essere relazionate alla velocità turbolenta 'u e alla dimensione della macroscala 'L , quantità a sua volta collegate attraverso la viscosità turbolenta del vortice:

' 'L u

t = ⋅ ν

Tale teoria, proposta da Kolmogorov, è valida però sotto l’ipotesi di omogeneità tridimensionale e isotropia locale della turbolenza. Il collegamento tra comportamento delle strutture fini e le caratteristiche di larga scala come l’energia cinetica turbolenta k e la sua dissipazione

ε

, è basato nello schema EDC, sul modello della cascata di energia turbolenta proposto da Magnussen, 1975. In Figura 1.4, è riportato lo schema del trasferimento in cascata dell’energia meccanica dal mean flow ai vortici macroscopici, fino alle scale microscopiche

(

u ,L

)

.

Figura 1.4: Schema di trasferimento in cascata dell’energia (Magnussen)

Figura

Figura 1.1: Schema della cascata di energia
Figura 1.2: Serie temporale delle velocità di un flusso turbolento
Figura 1.3: Confronto tra i tre diversi approcci per la determinazione delle velocità
Figura 1.4: Schema di trasferimento in cascata dell’energia (Magnussen)
+7

Riferimenti

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•  Si assume come pressione massima (o sistolica) il punto di ripresa del moto turbolento (inizio del rumore), e come pressione minima (o diastolica) il punto di ritorno al