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CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI

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Academic year: 2022

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(1)

CAPITOLO 9

CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI

9.1 Introduzione

Nel capitolo precedente sono stati studiati i circuiti lineari e tempo-invarianti in regime stazionario, sinusoidale, periodico e quasi-periodico. Nel presente capitolo si studiano ancora i circuiti lineari e tempo-invarianti, ma in condizioni di eccitazione generali. Ritornando al problema generale della soluzione di un circuito dinamico tempo-invariante, va detto che i metodi illustrati nel Capitolo 7 non sono gli unici possibili. Esistono altre tecniche che consentono di risolvere circuiti con forzamenti generici in maniera rapida e diretta: esse sono l’integrale di convoluzione, la trasformata di Laplace e l’analisi in frequenza. Le prime due saranno illustrate in questo Capitolo, l’analisi in frequenza nel successivo.

La dinamica di un generico circuito lineare, a partire da un istante t0 in cui le grandezze di stato sono note, può essere decomposta, per la proprietà della sovrapposizione degli effetti, in due termini:

l'evoluzione libera e l'evoluzione forzata. Il termine di evoluzione libera è la soluzione del circuito che si avrebbe se, tutti i generatori indipendenti fossero spenti e il valore iniziale dello stato fosse quello assegnato. Il termine di evoluzione forzata è la soluzione del circuito che si avrebbe se il valore dello stato iniziale fosse identicamente nullo e i generatori indipendenti fossero tutti accesi.

Per determinare l'evoluzione libera bisogna calcolare l'integrale generale di un'equazione differenziale ordinaria di ordine N omogenea (oppure di un sistema di N equazioni differenziali ordinarie del primo ordine omogenee) e poi imporre i valori iniziali delle grandezze di stato. Per determinare l'integrale generale bisogna calcolare le radici del polinomio caratteristico associato all'equazione differenziale omogenea.

Per calcolare l'evoluzione forzata bisogna determinare, oltre all'integrale generale dell'equazione omogenea associata, anche un integrale particolare dell'equazione completa, e poi imporre, attraverso le equazioni di stato, che lo stato iniziale sia zero. Questo modo di procedere può essere impraticabile se la forma d'onda del termine noto non è riconducibile, in maniera semplice, a forme d'onda stazionarie e/o sinusoidali.

(2)

Gran parte di questo capitolo è dedicata ai metodi generali di calcolo per l'evoluzione forzata di un generico circuito lineare tempo-invariante: l'integrale di convoluzione e la trasformata di Laplace. In particolare sono considerati circuiti in evoluzione forzata con un solo generatore indipendente. Il caso più generale di circuiti in evoluzione forzata con più generatori indipendenti può essere risolto usando la sovrapposizione degli effetti. Infine, verrà illustrato come determinare la soluzione di un circuito in evoluzione generica (ed, in particolare, in evoluzione libera), usando ancora la trasformata di Laplace.

Si consideri un circuito in evoluzione forzata (ad esempio, il circuito di figura 1), sia t0 l'istante iniziale e si assuma che i generatori siano in funzione dall'istante t0→ −∞. Qualora nel circuito in esame l'istante iniziale fosse al finito, dovendo essere le grandezze di stato in t =t0 nulle, è possibile prolungare le grandezze circuitali e quindi anche le tensioni e le correnti dei generatori indipendenti, in modo tale che siano identicamente nulle per t <t0, figura 2.

Figura 1

Figura 2 L'istante iniziale è al finito (a) e un possibile prolungamento per t <t0 (b).

(3)

9.2 Integrale di convoluzione

Si consideri un circuito lineare tempo-invariante N in evoluzione forzata, costituito da elementi lineari e tempo-invarianti e con un solo generatore indipendente. Lo si consideri, per descriverne il funzionamento, come un sistema ingresso-uscita, vale a dire che, si sceglie una coppia di morsetti da cui alimentare il circuito con, ad esempio, un generatore di tensione indipendente, e sia , ad esempio, la tensione di un determinato lato, la grandezza di uscita di interesse, figura 3. La tensione e=e(t) imposta dal generatore svolge il ruolo di ingresso, mentre la v=v(t) quello di uscita: la tensione v è la risposta forzata (risposta con stato zero) del circuito al segnale e(t) applicato in ingresso.

Il circuito di figura 3 può essere considerato come un doppio bipolo. Il generatore indipendente rappresenta una tensione applicata alla porta di ingresso e prodotta da un altro circuito. Il più delle volte esso è un “segnale” che deve essere “elaborato”. A sua volta, la tensione della porta di uscita va a sollecitare un altro circuito.

Figura 3 Il circuito N è sollecitato dal generatore di tensione e(t) e v(t) è l'uscita di interesse (a);

relativo schema a blocchi (b).

Si consideri la funzione e =e t data dalla seguente espressione e t = e tk Π

k=−∞

t −tk ∆, (1)

dove Π t è la funzione impulso rettangolare

Π

t

=

1

− ∆

2

<

t

< ∆

2 0 t <

− ∆

2 e

2 < t

 

 

 

  =

1

u t

+∆

2

  

 −

u t

− ∆

2

  

 

 

  , (2)

e

t

k =

k

∆ con k intero. La funzione

e



t

è un approssimante della funzione di ingresso e(t). La (1) è stata ottenuta partizionando l'intervallo di definizione della e(t) in tante parti uguali di ampiezza ∆, e in ognuno di questi intervalli e(t) viene approssimata con un impulso rettangolare di ampiezza pari al valore che la funzione assume al centro dell'intervallo, così come mostrato in figura 4. Infatti, dalla (1) si ha :

e tk =e tk . (3)

Si consideri, ora, la (1) per valori di ∆ sempre più piccoli. Si intuisce immediatamente che quanto più piccolo è ∆, tanto meglio e t approssima la funzione e=e(t). Quando ∆ →0, e t tende, in

“qualche modo”, alla funzione e(t). Infatti, dalla (1) si ottiene, passando al limite ∆ →0, (la

(4)

sommatoria di infiniti termini infinitesimi si tramuta in un integrale e la funzione impulso rettangolare è diventata un impulso di Dirac 1):

e t

∆→0 e τ δ t− τ dt

−∞

+∞∫ =e t ; (4)

nella (4) è stata usata la proprietà di campionamento della funzione impulsiva di Dirac.

L'idea, che è alla base dell'integrale di convoluzione, è sostanzialmente questa: determinare la risposta del circuito quando è applicato l'ingresso e t , (approssimante l'ingresso vero e(t)), e poi considerarne il limite ∆ →0. La risposta a e t viene determinata usando la sovrapposizione degli effetti.

Figura 4

- Risposta all’impulso rettangolare

Si indichi con h = h(t ) la risposta forzata del circuito, quando in ingresso agisce un impulso rettangolare Π(t). Essa viene denominata risposta all'impulso rettangolare. Esaminiamo alcune proprietà della funzione h =h(t ), implicite nella sua definizione.

Innanzi tutto, si noti che 2 : h(t)=0 per t <−∆

2, (5)

perché, in questo caso, l'ingresso è identicamente nullo per t < −∆/ 2 e il circuito è a riposo all'istante “remoto” t0= −∞. Inoltre per la linearità del circuito la risposta forzata all'ingresso αΠ(t)deve essere αh(t). Si noti che, questa proprietà non sarebbe verificata se il circuito non fosse inizialmente a riposo. Si supponga, ora, che l'ingresso sia un impulso rettangolare traslato di τk nel tempo Π(t− τk). Allora per l'ipotesi di tempo-invarianza del circuito, la risposta forzata è quella che si otterrebbe traslando di τk nel tempo la risposta all'impulso Π(t), e quindi si ha h(t− τk). Se il circuito fosse tempo-variante tale proprietà non sarebbe valida, in quanto la forma d'onda della risposta dipenderebbe anche dall'istante di applicazione dell'ingresso. In questo caso la risposta all'impulso sarebbe del tipo h(t;τk). Si noti che la possibilità di traslare l'uscita, per avere la risposta a un ingresso traslato non dipende affatto dalla linearità. Si assuma ora un ingresso del tipo αkΠ(t− τk)+ αhΠ(t− τh). Per la linearità e per le proprietà della funzione h(t− τk)

1 Un’analisi rigorosa di questo problema richiede l’uso della teoria delle distribuzioni.

2 Questa proprietà in letteratura viene, spesso, denominata proprietà di causalità.

(5)

appena descritte, la risposta forzata del circuito vale αkh(t − τk)+ αhh(t− τh). Tutte queste proprietà sono riassunte in figura 5.

Figura 5

Usando la risposta all'impulso rettangolare h(t) e le sue proprietà, è possibile determinare la risposta forzata v(t) all'ingresso e*(t) dato dalla (1): essa rappresenta un approssimante della risposta forzata del circuito all'ingresso e(t). Pertanto, in virtù della linearità e della tempo-invarianza del circuito, la funzione v(t) approssimante la risposta forzata del circuito v(t) all'ingresso e(t), è data da

v(t)= e(tk)h

k=−∞

(t−tk)∆. (6)

Al tendere di ∆ a zero, l'impulso rettangolare Π(t) tende all'impulso di Dirac δ(t), e*(t) tende all'ingresso e(t), la risposta all'impulso rettangolare h(t) tende alla risposta h(t), che si avrebbe se in ingresso vi fosse un impulso di Dirac, la v(t) tende all'uscita v(t) e la somma (6) si trasforma nell'integrale

v

(t)

∆→0

e(τ)h(t

− τ)dτ

−∞

+∞∫ , (7)

e quindi 3

3 Il problema della convergenza di h( t) alla risposta all’impulso di Dirac h(t), di v( t) alla v(t) e della

“somma” (6) all'integrale (7), per ∆ →0, non viene affrontato in queste lezioni. Comunque le condizioni che la assicurano sono così ampie da poterle ritenere sempre verificate nei casi di interesse.

(6)

v(t)

=

e(

τ)h(t− τ)dτ

−∞

+∞∫ . (8)

La funzione h=h(t) è la risposta forzata del circuito quando l'ingresso è l'impulso di Dirac δ(t). Una volta stabiliti l'ingresso e l'uscita del circuito, h(t) dipende solo dai parametri degli elementi che costituiscono il circuito e da come sono connessi.

Figura 6

La (7) mostra che il valore di v all'istante t è un integrale - nella variabile τ - calcolato nell'intervallo (−∞,+∞), del prodotto

h(t

− τ

)e(

τ

)

: v () è la convoluzione della risposta all'impulso

h(

)

con l'ingresso e() 4.

Riassumendo, per i circuiti lineari tempo-invarianti in evoluzione forzata e con un solo generatore indipendente si ha:

Risposta forzata

 

 

 = Risposta all’impulso

 

 

 ∗

{

ingresso

}

(Al simbolo

(f

1

f

2

)

si dà il nome di prodotto di convoluzione). Se vi fossero più generatori, è possibile applicare la sovrapposizione degli effetti: in generale a ingressi diversi corrisponde una diversa risposta all'impulso.

La risposta h(t) all'impulso di Dirac è uguale a zero per t minore di zero:

h(t )

=

0 per t

0

; (9)

la (9) si ottiene direttamente dalla (5) per ∆ →0. Usando la proprietà (9), l'integrale (8) diventa

v (t)=∫−∞t+ e(τ)h(t− τ)dτ. (10)

Il problema della convergenza dell'integrale improprio (10) verrà affrontato in seguito; per ora si assuma che esso converga. Nel caso in cui l'ingresso è identicamente nullo per t <t0, l'integrale (10) diventa 5

v (t) = t e(τ)h(t− τ)dτ

0

t+

. (11)

4 Siano f1( t) e f2( t) due funzioni definite in (−∞,+∞): la convoluzione delle funzioni del tempo f1( t) e f2( t) è una nuova funzione del tempo denotata con ( f1* f2) (t ) e definita, per ogni t, da:

( f1* f2) (t )= f1(t−τ) f2(τ)dτ

−∞

+∞ .

5 I limiti di integrazione sono appositamente selezionati come t0 e t+ perché h(t) e/o e(t) potrebbero avere un impulso di Dirac all'istante t0.

(7)

(È sempre possibile traslare l'origine del riferimento per il tempo in modo tale da farlo coincidere con l'istante iniziale t0 se t0 è finito, e quindi porre t0 =0).

L'integrale di convoluzione (10) (oppure la versione particolare (11)) dà la risposta forzata del circuito a qualsiasi ingresso e(t), a condizione che si conosca la funzione h(t), cioè la risposta all'impulso. Questo risultato è, in effetti, del tutto generale: la risposta forzata di un sistema lineare e tempo-invariante ad una sollecitazione impulsiva, applicata nell'istante t=0, contiene tutte informazioni necessarie a caratterizzare il sistema stesso. A questo punto la soluzione del problema è ricondotta allo studio della risposta all'impulso di Dirac.

Prima di passare a descrivere i metodi di calcolo e le proprietà della risposta impulsiva, è utile illustrarne il significato attraverso un'applicazione.

Esempio

Si consideri il circuito di figura 7 e si determini la risposta all'ingresso illustrato in figura 7b usando l'integrale di convoluzione (si assuma come uscita la tensione del condensatore). Si determini la risposta all'impulso unitario come limite della risposta all'impulso rettangolare per ∆ →0 figura 7a.

Figura 7

Il circuito in esame è del primo ordine e l'equazione di stato è:

τR dh

dt +h =

0 t <−∆ / 2 1 /∆ − ∆/ 2<t< ∆/ 2

0 ∆/ 2 < t

 

  ; (12)

τR=RC è la costante di tempo del circuito. La tensione del condensatore h(t) è continua perché il generatore di tensione è limitato.

Per t < −∆/ 2il circuito è a riposo, quindi la tensione del condensatore è uguale a zero all'istante t = −∆ / 2. Pertanto h(t) nell'intervallo −∆/ 2<t< ∆/ 2 deve essere soluzione del problema di Cauchy:

dh dt +h

τR = 1 τR, h(t= −∆/ 2)=0.

 

(13)

La soluzione del problema (13) vale (per −∆/ 2<t < ∆/ 2) h(t)= 1

[1−e−( t+∆/2)/τR]. (14)

Siccome la tensione del condensatore è continua, si ha

(8)

h(t= ∆/ 2 )= 1

(1−e−∆/τR). (15)

Per t> ∆/ 2 il circuito è in evoluzione libera, quindi si ha h(t)= 1

(1−e−∆R)e( t−∆/2) /τR. (16)

Riassumendo, la risposta h(t) del circuito illustrato in figura 7a vale

h

(t)

=

u(t

+ ∆

/ 2) 1

[1

e

( t+∆/2) /τR

] t <

/ 2 1

(1

e

−∆/τR

)e

−( t−∆/2)/τR

/ 2 < t

 

 

. (17)

Cosa accade quando ∆ →0? Facendo il limite si ha h(t )

∆→0=h(t)=u(t ) 1 τR

et /τR

  

  . (18)

Nel limite ∆ →0 la (18), e quindi la tensione del condensatore, presenta un salto di discontinuità a t=0. Pur essendo per ∆ →0 la durata dell'applicazione della sollecitazione sempre più piccola, l'intensità di quest'ultima cresce come 1/∆ (l'impulso rettangolare ha area unitaria per qualsiasi ∆), e quindi è in grado di modificare istantaneamente lo stato del circuito, figura 8. Per t>0 il circuito è in evoluzione libera.

È immediato verificare che la (18) coincide con la risposta forzata che si avrebbe nel caso in cui l'ingresso fosse un impulso di Dirac unitario applicato all'istante t=0. Infatti, l'impulso di tensione produce un impulso di corrente δ

(t) / R

nel circuito, che carica istantaneamente il condensatore alla tensione

v(0

+

)

=

1/

τR. Come già abbiamo visto, per t ≥0+ il circuito è in evoluzione libera.

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

-0,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5

t

∆→0

∆=0.2 h(t)

Figura 8 Andamento di h(t) con τR =

1

e per ∆=0.2 e ∆ →0.

Ora bisogna determinare la risposta nel caso in cui l'ingresso è il segnale descritto in figura 7b. La sua espressione analitica è

(9)

e(t )=

0 t≤0, t / T 0≤t≤T, 0 t > T.

 

  (19)

Sostituendo la (18) nell’integrale di convoluzione (11) si ottiene per t•0:

v (t)=e−t /τR0teτ/τRe(τ)dτ; (20)

sostituendo, ora, la (19) nella (20) e integrando si ha

v (t)=

et /τR

T ∫0t(eτ/τRτ)dτ = τR[τRet /τR +(t− τR)] 0≤t ≤T et /τR

T ∫0T(eτ/τRτ)dτ = τRR +eT/τR(T− τR)]et /τR t≥T

 

 

. (21)

9.3 Risposta all'impulso: metodi di calcolo e proprietà

Per determinare la risposta all'impulso è possibile utilizzare diversi metodi. Il metodo fondamentale consiste nel risolvere direttamente un circuito in evoluzione forzata con generatore impulsivo.

9.3.1 Soluzione di un circuito con generatori impulsivi attraverso la determinazione delle condizioni iniziali a t=0+

Si consideri la risposta forzata di un circuito lineare tempo-invariante a un generatore impulsivo applicato all'istante t=0, ad esempio, il circuito di figura 9; si assuma la tensione del condensatore come uscita. Nel caso in cui la grandezza di uscita non coincida con una grandezza di stato, conviene ricondurre la soluzione del circuito alla soluzione delle equazioni di stato. Una volta determinato lo stato si calcola la grandezza di interesse (non di stato), usando il circuito resistivo associato.

Figura 9 Un esempio di circuito in evoluzione forzata con generatore impulsivo di corrente.

Per t<0 il circuito è nello stato di riposo (tutte le grandezze sono nulle e quindi anche le grandezze di stato). All'istante t=0 è applicata una corrente (o tensione) impulsiva attraverso un generatore di corrente (rispettivamente, un generatore di tensione) impulsivo. Di conseguenza, le correnti che circolano nei condensatori e le tensioni degli induttori possono essere impulsive all'istante t=0 e le tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori (cioè le grandezze di stato del circuito), possono essere discontinue in quell'istante: le grandezze di stato pur essendo identicamente nulle per t<0, possono essere diverse da zero all'istante t=0+. Per t ≥0+ il circuito è in evoluzione libera, perché

(10)

il generatore impulsivo si spegne immediatamente dopo l’istante di applicazione t=0. Se si conoscessero le tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori all’istante t =0+, la soluzione del problema potrebbe essere ottenuta risolvendo il circuito in evoluzione libera a partire dall’istante t =0+.

Per determinare il salto di discontinuità delle tensioni dei condensatori e delle correnti negli induttori all'istante t=0, bisogna usare le loro relazioni caratteristiche. Per esemplificare, si consideri il circuito rappresentato in figura 9. Le equazioni caratteristiche dei bipoli dinamici sono:

Cdvc dt =ic, LdiL

dt = vL.

(22)

I valori delle grandezze di stato sono noti all'istante t =0, e sono:

vc(0)=0, iL(0)=0. (23)

Per determinare i valori che esse assumono all'istante t =0+, bisogna considerare l'integrale definito, nel dominio

(0

,0

+

)

, di ambo i membri delle equazioni (22). Operando in questo modo e usando le (23), si ottiene:

vc(0+)= 1

C∫00+ic(τ)dτ, iL(0+)= 1

L vL(τ)dτ.

0 0+

(24)

Figura 10 Circuito resistivo associato al circuito dinamico di figura 8 (a) e circuiti ausiliari per la soluzione del circuito resistivo associato tramite la sovrapposizione degli effetti (b) e (c) .

Ora bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle grandezze di stato e della corrente del generatore impulsivo. A tale scopo è utile considerare il circuito resistivo associato, cioè il circuito ottenuto sostituendo in quello in esame, al posto del condensatore un generatore di tensione con tensione pari a vc e al posto dell'induttore un generatore

(11)

di corrente con corrente pari a

i

L, figura 10a. Si può risolvere il circuito resistivo associato usando la sovrapposizione degli effetti. Operando in questo modo si ha per ic e vL:

i

c =

i

δ+ ′

i ,

v

L =

v

δ+ ′

v ,

(25)

dove iδ e vδ sono, rispettivamente, i contributi del generatore impulsivo alla corrente nel condensatore e alla tensione dell'induttore e i e ′ v ′ sono i contributi dei generatori di sostituzione:

iδ e vδ sono soluzione del circuito che si ottiene spegnendo i generatori di sostituzione e lasciando acceso solo quello impulsivo (figura 10b), e quindi sono certamente funzioni impulsive; i e ′ v ′ sono soluzione del circuito che si ottiene spegnendo il generatore impulsivo e lasciando accesi solo quelli di sostituzione (figura 10c).

Se si esclude il caso molto particolare e anche poco significativo in cui generatori impulsivi di tensione sono in parallelo ai condensatori o generatori impulsivi di corrente sono in serie agli induttori, le grandezze di stato si mantengono limitate per ogni t, pur presentando dei punti di discontinuità di prima specie. Di conseguenza la soluzione del circuito di figura 10c è limitata e quindi sono limitate anche i e ′ v ′ . È immediato, allora, che qualunque siano i valori (limitati) di

i e v ′ nell'intorno di t=0, essi non danno nessun contributo agli integrali nelle equazioni (24).

L'unico contributo diverso da zero può venire dai termini iδ e vδ. Pertanto si ha vc(0+)= 1

C 00+iδ(τ)dτ,

∫ iL(0+)= 1

L 00+vδ(τ)dτ.

(26)

Risolvendo il circuito di figura 10b si ottiene:

iδ = δ(t), vδ =Rδ(t); (27)

dopo avere sostituito le (27) nelle (26), si ha:

vc(0+)= 1

C, iL(0+)= R

L. (28)

A questo punto bisogna risolvere un circuito in evoluzione libera con le condizioni iniziali (28) per lo stato. Per determinare le equazioni di stato per t≥0+, bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle grandezze di stato vc e iL. Ciò può essere fatto risolvendo il circuito di figura 10c. In questo modo si ottiene per t≥0+

Cdvc

dt = −vc R −iL, LdiL

dt =vc −RiL.

(29)

Il sistema (29) è omogeneo. Dovendo calcolare la tensione del condensatore, conviene ridurlo a una equazione scalare del secondo ordine nella funzione incognita vc(t). Derivando ambo i membri della prima equazione di stato rispetto al tempo e usando la seconda, si ottiene

(12)

d

2

v

c

dt

2 +

R

L

+

1 RC

  

dv

c

dt

+

2

LC v

c =

0 per t

0

+. (30)

L'integrale generale dell'equazione (31) è

vc(t)=K+eλ+t +Keλt, (31)

dove λ+

e

λ sono le due pulsazioni naturali del circuito (si assuma che siano distinte), soluzioni dell'equazione algebrica:

λ2+ R L+ 1

RC

  

 λ + 2

LC =0, (32)

e

K

+

e K

sono le due costanti di integrazione, che bisogna determinare imponendo le condizioni iniziali

K++K =vc(0+)= 1 C, λ+K+ + λK = dvc

dt t=0+ = −1 C

1 RC +R

L

  

.

(33)

La seconda delle (33) è stata ottenuta usando la prima equazione del sistema (29) e le condizioni iniziali per lo stato (28). Pertanto, la risposta all'impulso del circuito in esame vale:

h (t )=(K+eλ+t +Keλt)u(t). (34)

Si assumano, ora, i seguenti valori per i parametri del circuito R=1, C=1µF, L=1µH. Le radici dell'equazione algebrica caratteristica sono in questo caso complesse coniugate e valgono

λ± =106(−1±i), (35)

e l'integrale generale dell'equazione (30) può essere posto nella forma

v

c

(t)

=

Ae

10

6t

cos(10

6

t

+ ϑ

) ( t

0

+

)

. (36)

Per determinare le due costanti di integrazione A e ϑ c'è bisogno di imporre

v

c

(0

+

) e dv

c

/ dt

t=

0+. Esse valgono vc(0+)=106, dvc

dt t=0+ = −2⋅1012. (37)

Imponendo alla (36) le condizioni iniziali (37), si ottiene il sistema di equazioni per le due costanti di integrazione A e ϑ,

A cos(ϑ)

=

10

6

,

A cos(ϑ)

+

A sin(ϑ)

=

2⋅10

6

.

(38)

Risolvendo il sistema (38), si ha:

A= 2106, ϑ = π/ 4. (39)

(13)

In definitiva, la risposta all’impulso di Dirac di ampiezza unitaria vale, per il caso in esame:

h (t )=[ 2106e−10

6t

cos(106t+ π/ 4)]u(t ). (40)

Se la grandezza di uscita fosse diversa da quelle di stato, ad esempio la corrente nel condensatore oppure la corrente nel resistore che collega il condensatore all’induttore, allora, bisognerebbe determinare prima l’evoluzione delle grandezze di stato e poi usando il circuito resistivo associato determinare la grandezza di interesse. Ad esempio si assuma come grandezza di uscita la corrente i=i(t) che circola nel resistore (figura 9). Applicando la prima legge di Kirchhoff si ha

i(t )

=

i

L

(t)

− δ

(t)

. (41)

La corrente che circola nell'induttore è uguale a zero per t<0 e per t>0 è legata alla tensione del condensatore tramite l'equazione

iL = −Cdvc dt − vc

R . (42)

La (42) è stata ottenuta dalla prima equazione del sistema (29). Sostituendo nella (42) l'espressione (31), si ottiene:

iL = −(Cλ+ + 1

R)K+eλ+t(Cλ+ 1

R)Keλt per t > 0. (43) Pertanto la risposta all'impulso vale:

h (t )= −[ (Cλ+ + 1

R)K+eλ+t +(Cλ + 1

R)Keλt]u(t)− δ(t). (44) Quando l'uscita non è una variabile di stato, la risposta all'impulso può contenere un impulso di Dirac, applicato all'istante t=0.

La procedura che è stata descritta è generale e può essere usata per qualsiasi circuito. Si consideri un circuito con Nc condensatori e

N

L induttori (quindi l'ordine del circuito è n =Nc+NL).

Procedura per determinare la risposta impulsiva di un circuito

Passo 1. Si determini il contributo del generatore impulsivo alle correnti nei condensatori e alle tensioni degli induttori, risolvendo il circuito resistivo ottenuto sostituendo a ogni condensatore un corto circuito e a ogni induttore un circuito aperto.

Passo 2. Si determinino i valori delle tensioni dei condensatori e delle correnti negli induttori all'istante t=0+ usando le loro equazioni caratteristiche e i risultati del passo 1 (le tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori sono identicamente nulle per t ≥0).

Passo 3. Si risolva il circuito in evoluzione libera a partire dall'istante t=0+ con le condizioni iniziali per le grandezze di stato determinate al passo precedente.

9.3.2 Proprietà della risposta all'impulso di Dirac

(14)

Se la grandezza di uscita è una variabile di stato, allora la risposta all'impulso h(t) non contiene funzioni singolari, invece dh/dt può contenere un impulso applicato all'istante t=0, come richiesto dalle equazioni circuitali. Per t>0 la risposta all'impulso è soluzione dell'equazione omogenea, e quindi può essere espressa attraverso gli n modi naturali di evoluzione del circuito. Supponendo, per semplicità (e anche perché è il caso più significativo), che tutte le frequenze naturali del circuito siano distinte, si ha

h (t )= Kheλht

h=1

n t > 0. (45)

Le costanti

K

h dipendono dal valore delle grandezze di stato all'istante t =0+. Poiché, per t<0 il circuito è nello stato di riposo, e poiché h(t) non include funzioni singolari, si può scrivere (per ogni t)

h (t )= Kheλht

h=1

n

  

u(t). (46)

Nel caso in cui l'uscita non sia una grandezza di stato, la risposta all'impulso potrebbe includere un impulso applicato nell'origine,

h (t )= Kheλht

h=1

n

  

u(t)+k0δ(t). (47)

dove k0 è una costante. La risposta all'impulso include anche un impulso del primo ordine quando l'ingresso è la tensione del condensatore (rispettivamente, la corrente dell'induttore) e l'uscita è la corrente nel condensatore (rispettivamente, la tensione dell'induttore).

Si assuma che l'uscita del circuito sia una grandezza di stato. Allora è facile verificare che, esiste sempre una costante K positiva tale che:

h(t) ≤Keαt 0≤t< +∞ (per t < 0 h(t) = 0), (48) dove la costante α è data da

α = max

h=1,n(Re{λh}). (49)

Se il circuito è passivo, tutte le frequenze naturali sono a parte reale non positiva, è α ≤0 e la risposta all'impulso è limitata per ogni t. Se il circuito contenesse elementi lineari attivi, il circuito potrebbe avere frequenze naturali a parte reale positiva e quindi α>0; in questi casi la risposta all'impulso divergerebbe con legge esponenziale per t→ ∞. Invece la risposta impulsiva di un circuito dissipativo è limitata per ogni t e tende asintoticamente a zero per t→ ∞, perché tutte le frequenze naturali sono a parte reale minore di zero (e quindi deve essere α<0).

Osservazione

Da queste proprietà si intuisce che l'integrale improprio (10) è certamente convergente se il circuito è dissipativo e l'ingresso è limitato; nel caso in cui il circuito fosse stabile ma non asintoticamente stabile, allora la convergenza è assicurata solo nel senso delle distribuzioni.

(15)

Se l’uscita non fosse una grandezza di stato, la risposta all’impulso potrebbe contenere funzioni impulsive applicate nell'origine e la (48) potrebbe non essere verificata in t=0; in questi casi la (48) è verificata per t ≠0.

9.3.3 Risposta al gradino unitario

Si consideri un circuito lineare inizialmente a riposo, sollecitato con una sorgente (di tensione o di corrente) a gradino unitario applicata all'istante zero. La risposta del circuito a un ingresso di questo tipo prende il nome di risposta al gradino unitario e viene indicata con g=g(t).

Per la linearità e la tempo-invarianza del circuito, la risposta h(t) all'impulso rettangolare Π(t) si può esprimere come

h(t)=g(t+ ∆/ 2)g(t− ∆/ 2)

. (50)

Considerando, ora, il limite per ∆ →0 della (50), si ottiene 6 h (t )= dg

dt , (51)

ovvero la risposta alla funzione impulsiva unitaria coincide con la derivata della risposta alla funzione gradino unitario.

Esempio

Si calcoli la risposta all'impulso unitario del circuito rappresentato in figura 11a, utilizzando la risposta al gradino unitario. L'ingresso è la corrente imposta dal generatore di corrente e l'uscita è la corrente h(t) che circola nel condensatore. Per determinare h(t) attraverso la relazione (51), bisogna determinare la risposta alla funzione a gradino unitario. Per questo motivo bisogna risolvere il circuito in evoluzione forzata rappresentato in figura 11b. Si assumano i seguenti valori per i parametri del circuito: R=10, C=1µF, L=1µH.

Figura 11

Le equazioni caratteristiche dei bipoli a memoria sono Cdvc

dt =g, LdiL

dt =vL.

(52)

6 In questo caso l’operazione di derivata va intesa nel senso della teoria delle distribuzioni.

(16)

Per determinare le equazioni di stato del circuito di figura 11b, bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione dell’induttore in funzione delle grandezze di stato vc e iL. In questo caso ciò può essere fatto per ispezione diretta del circuito. Si ha per −∞ < t< +∞

Cdvc

dt = −vc

R −iL +u(t), LdiL

dt =vc.

(53)

Per t<0 le grandezze di stato sono tutte nulle. Essendo il generatore a gradino limitato, le grandezze di stato sono continue nell'intorno di t=0 e quindi si ha:

vc(0+)=0, iL(0+)=0.

(54)

Per t ≥0+, le equazioni di stato (53) diventano:

Cdvc

dt = −vc

R −iL +1, LdiL

dt =vc.

(55)

Le (55) devono essere risolte con le condizioni iniziali (54). Siccome bisogna calcolare la corrente nel condensatore, conviene ridurre il sistema (55) all'equazione scalare per la tensione del condensatore

d2vc dt2 + 1

RC dvc

dt + 1

LCvc =0. (56)

Le frequenze naturali, nel caso in esame, sono complesse coniugate e valgono

λ± ≅ −

5

10

4±

i10

6, (57)

e l'integrale generale è

v

c

(t)

=

Ae

510

4t

cos(10

6

t

+ ϑ

) ( t

0

+

)

. (58)

Per determinare le due costanti di integrazione A e ϑ bisogna imporre

v

c

(0

+

) e dv

c

/ dt

t=0+. Esse valgono

vc(0+)=0, dvc

dt t=0+ =106. (59)

La seconda delle (59) è stata ottenuta utilizzando la prima delle (55) e le condizioni iniziali per lo stato all'istante t =0+. Imponendo alla (58) le condizioni iniziali (59), si ottiene il sistema di equazioni per le due costanti di integrazione A e ϑ

A cos(ϑ)=0,

5⋅104A cos(ϑ)+106A sin(ϑ)= −106, (60)

(17)

e quindi deve essere A=1,

ϑ = −π/ 2. (61)

Poiché per t<0 il circuito è nello stato di riposo, si può scrivere (per ogni t)

v

c

(t)

=

u(t)e

4104t

sin(10

6

t)

. (62)

La risposta g(t) al gradino unitario vale:

g(t)=Cdvc

dt , (63)

cioè

g(t)=e4104t[ cos(106t)−4⋅102sin(106t )−]u(t )+e4104tsin(106t)δ(t) =e410

4t

[ cos(106t)−4⋅102sin(106t )]u(t).

(64)

Pertanto la risposta all'impulso vale h (t )= dg

dt = d

dt{ e410

4t

[cos(106t)−4⋅102sin(106t)]u(t )}, (65)

e dopo qualche manipolazione si ottiene h (t )≅ −[106⋅e410

4t

sin(106t)]u(t)+ δ(t). (66)

In questo caso la risposta all'impulso contiene un impulso di Dirac centrato nell'istante t=0.

Sostituendo la (66) nell'integrale di convoluzione (10) si ottiene:

v (t)j(τ){−106e410

4(t−τ)

sin[106(t− τ)]+ δ(t− τ)}dt

−∞t+

= −106−∞t+ j(τ){e4104( t−τ)sin[106(t− τ)] }dt+ j(t)

. (67)

Al termine impulsivo della risposta all'impulso corrisponde il termine j(t) nella risposta v(t).

9.4 Trasformata di Laplace

La trasformata di Laplace è una generalizzazione del concetto di fasore che abbiamo introdotto nel Capitolo precedente. La trasformata di Laplace associa una funzione di variabile complessa, F(s), ad un'assegnata funzione del tempo f(t). La variabile s è una variabile complessa; indichiamo con σ la parte reale e con ω la parte immaginaria,

s

= σ +

i

ω. (68)

La variabile s può essere rappresentata sul piano complesso: σ è la coordinata lungo l'asse reale e ω è la coordinata lungo l'asse immaginario.

(18)

Il metodo fasoriale consente di ricondurre l’analisi di un circuito in regime sinusoidale alla risoluzione di equazioni algebriche lineari. Si dimostrerà che l'analisi di un circuito lineare e tempo- invariante, in una generica condizione di funzionamento, può essere ricondotta, ancora, alla risoluzione di un sistema di equazioni algebriche (e lineari) se si usa la trasformata di Laplace.

La trasformata di Laplace è d'importanza cruciale nella relazione tra il comportamento nel dominio del tempo ed il comportamento nel dominio della frequenza dei circuiti lineari e tempo- invarianti.

9.4.1 Trasformata di Laplace bilatera

Nello studio dei circuiti in evoluzione forzata, (le grandezze circuitali sono definite naturalmente per −∞ <t< +∞), è possibile usare la trasformata bilatera di Laplace per “algebrizzare” le equazioni circuitali.

- Definizione

Sia assegnata una funzione del tempo f(t) definita per −∞ < t< +∞; si formi il prodotto

f(t)e

s t e si integri da −∞ < t< +∞,

F(s)=∫−∞+∞f(t)estdt. (69)

Nell'integrale (69) t è la variabile di integrazione e la funzione

f(t)e

s t è integrata tra

−∞ e + ∞; l'integrale dipende esclusivamente dalla funzione del tempo f(t) e dal valore della variabile complessa s. La funzione F(s) definita dalla (69) è detta trasformata di Laplace bilatera della funzione del tempo f(t); s è detta pulsazione complessa.

L'operazione definita dalla (69) può essere indicata sinteticamente in questa maniera:

F(s)

=

L

II

{f(t)}

, ovvero con il simbolo

f(t)

LII

F(s)

. (70) Come si discuterà in seguito, l'operazione inversa (antitrasformata di Laplace), che consente di ottenere la funzione f(t) nel dominio del tempo a partire dalla corrispondente funzione nel dominio s, è indicata con:

f(t)

=

L

−1II

{ F(s)}

, ovvero con il simbolo F(s)→LII

−1

f(t). (71)

- Proprietà di convergenza

L'integrale (69) è un integrale improprio. L'insieme dei valori di s per cui l'integrale (69) converge si dice regione di convergenza di F(s). Non tutte le funzioni definite per −∞ <t< +∞ ammettono una trasformata di Laplace bilatera: per esempio,

e

t

2

cresce così rapidamente per

t

→ ±∞ che non esiste alcun valore di s per cui l'integrale (69) sia finito.

La regione di convergenza della trasformata bilatera di una funzione f(t) per la quale esistono delle costanti reali M>0, t* (t* deve essere finito) α e β tali che

f(t)M exp(βt) t≥t*, Mexp(αt) t≤ t*,

 

(72)

(19)

è l'insieme S dei valori di s per i quali 7

Re{ s }

> β

e Re{ s } <

α

.

(73)

Infatti, è possibile scrivere

F(s )

= ∫−∞+∞

f(t)e

s t

dt

f(t) e

−σt

dt

M

−∞t

e

(α−σ)t

*

dt

+∫t*

e

−(σ−β)t

dt

[ ]

−∞+∞

. (74)

L'integrale −∞t e(α −σ)t

* dtconverge se σ

= Re{ s } <

α e l'integrale ∫t*e(σ−β) tdt converge se σ =

Re{ s }

> β, quindi i valori di s per i quali entrambi i termini convergono sono quelli che verificano la relazione (73).

Le principali proprietà di convergenza della trasformata di Laplace bilatera sono le seguenti:

- Se α ≤ β, la regione di convergenza è l'insieme vuoto e l'integrale (69) non converge, figura 12a;

- se β < α, la regione di convergenza è una striscia verticale del piano complesso (figura 12b e 12c), delimitata a destra dalla retta parallela all'asse immaginario passante per

Re{ s } =

α, e a sinistra dalla retta parallela all'asse immaginario passante per

Re{ s } =

β;

- se la funzione f(t) è uguale a zero per t<t* (figura 13a), allora α = +∞ e la regione di convergenza è il semipiano a destra della retta parallela all'asse immaginario e passante per

Re{ s } =

β;

- se f(t) è uguale a zero per t>t* (figura 13b), allora β = −∞ e la regione di convergenza è il semipiano a sinistra della retta parallela all'asse immaginario e passante per

Re{ s } =

α; - se f(t) è uguale a zero all'esterno di un intervallo di tempo finito (figura 13c) e l'integrale (69)

converge per almeno un valore di s, allora la regione di convergenza coincide con l'intero piano complesso;

- nella regione di convergenza la funzione di variabile complessa F=F(s) è analitica 8, cioè non contiene singolarità al suo interno 9, ma solo sulla frontiera.

Osservazione

La trasformata bilatera di Laplace di una funzione f(t) deve essere intesa come la funzione di variabile complessa F(s) unitamente alla regione di convergenza dell'integrale (69), che per brevità denoteremo con la sigla ROC (ROC sta per “region of convergence”).

7 L’insieme S può essere indicato usando la notazione S ={s :Re{ s}>β e Re{ s}}.

8 Una funzione complessa di variabile complessa derivabile in tutti i punti di un dominio G del piano complesso e con derivata continua in questo dominio, si dice analitica (regolare o olomorfa) nel dominio G. Condizione necessaria e sufficiente per l'analiticità della funzione F ( s)=U(σ,ω)+i V(σ,ω) nel dominio G sono: (a) l'esistenza e la continuità in questo dominio delle derivate parziali delle funzioni U(σ,ω) e V(σ,ω);

(b) che siano verificate le condizioni di Cauchy-Riemann, cioè U /∂σ = ∂V /∂ω e U /∂ω = −∂V /∂σ. 9 Un punto s0 di G si dice punto regolare della funzione F ( s) se esiste una serie di Taylor convergente, che in un intorno di s0 converge alla funzione F ( s). I punti che non sono punti regolari della funzione F ( s), si dicono suoi punti singolari. Evidentemente, se F ( s) è analitica in una regione G, tutti i punti interni di questo dominio sono punti regolari della funzione F ( s); alcuni punti della frontiera di G possono essere singolari per F ( s). Un punto singolare si dice isolato se nell'intorno di esso la funzione F ( s) è a un solo valore e analitica.

(20)

Figura 12 In questi esempi è stato assunto t*=0.

(21)

Figura 13 In questi esempi è stato assunto t*=0.

- Esempi di trasformate

1. Sia

f(t)

=

e

at

u(t )

, (75)

con a costante complessa. Allora

F(s)=∫−∞+∞e(as)tu(t)dt=∫0+ ∞e(as )tdt= 1

s−a, ROC ={s: Re{ s }> Re{ a} }. (76) Se a=0, f(t) è la funzione gradino unitario, la trasformata di Laplace vale 1/s e la ROC è Re{s}>0.

2. Sia

f(t)

= −

e

at

u(

t)

, (77)

con a costante complessa. Allora

F(s)=∫−∞+∞e(as)tu(−t)dt=∫−∞0 e(as )tdt= 1

s−a, ROC ={s: Re{ s }<Re{ a} }. (78) Se a=0, f(t), a meno del segno, è la funzione gradino unitario ribaltata, la trasformata di Laplace vale 1/s e la ROC è Re{s}<0.

Si osservi che le trasformate di

e

a t

u(t)

e −

e

a t

u(

t)

differiscono solo per la regione di convergenza. La funzione

F(s)

=

1 / (s

a)

è analitica in tutto il piano complesso, eccetto nel punto s=a, dove è singolare: questo tipo di singolarità prende il nome di polo 10 della funzione F(s). Per

Re{ s }

>

Re{ a}, 1 / (s

a)

è la trasformata della (75), invece per

Re{ s }

>

Re{ a}, 1 / (s

a)

è la trasformata della (77). Il polo s=a si trova sulla retta che separa le due possibili ROC di

1 / (s

a)

.

3. Sia f(t)= ek t , (79)

con k reale e positivo. Allora

F(s)

=∫−∞+∞

e

−k t

e

−st

dt

=

2k

k

2

s

2

, ROC

=

{s:

k < Re{s }

<

k }

. (80)

4. Sia

f(t)

= δ

(t)

. (81)

Allora

F(s)

=∫−∞+∞δ

(t )e

s t

dt

=

1, ROC

s

. (82)

5. Sia f(t)= Π(t). (83)

10 I punti singolari isolati possono essere di tre tipi. Un punto singolare s0 si dice punto singolare eliminabile se, la funzione è limitata nell'intorno del punto singolare isolato: lo sviluppo in serie di Laurent di F ( s) nell'intorno di s0 non contiene potenze negative di ( s−s0). Un punto singolare s0 si dice polo della funzione F ( s) se, nel tendere a un punto singolare la funzione tende, in modulo, all'infinito indipendentemente dal modo in cui il punto s tende a s0: lo sviluppo in serie di Laurent di F ( s) nell'intorno di s0 contiene un numero finito di termini con potenze negative di ( ss0). Un punto singolare s0 si dice punto singolare essenziale della funzione F ( s) se, al tendere al punto singolare la funzione non ha limite (scegliendo diverse successioni di punti convergenti al punto s0, si ottengono successioni di valori della funzione F ( s) convergenti a limiti diversi): lo sviluppo in serie di Laurent di F ( s) nell'intorno di s0 contiene un numero infinito di termini con potenze negative di ( s−s0).

(22)

Allora

F(s)= Π(t)e−s tdt=

−∞

+ ∞ −∆/ 2Π(t)es tdt=(e∆s /2 e− ∆s /2) / +∆/ 2

∆s, ROC ∀ s. (84)

Le ultime due trasformate sono analitiche in tutto il piano complesso. Nella tabella I sono riportate le trasformate di Laplace bilatere di funzioni elementari.

Tabella I. Trasformate di Laplace bilatere di funzioni elementari f(t) Trasformata L{f(t)} ROC

δ(t) 1 ∀s

u (t) 1

s Re{ s }>0

u(−t) 1

s Re{ s }<0

tn1

(n1)!u (t) 1 sn

Re{ s }>0

− tn1

(n1)!u(−t) 1

sn Re{ s }<0

ea tu(t) 1

s−a Re{ s }> Re{ a}

−ea tu(−t) 1

s−a Re{ s }< Re{ a } tn1

(n1)!ea tu(t) 1

(sa)n Re{ s }> Re{ a}

− tn1

(n1)!ea tu(−t) 1

(sa)n Re{ s }< Re{ a}

δ(t−T) esT ∀s

[ cos(ω0t)]u (t) s

s2+ ω02 Re{ s }>0

[cos(ω0t)]u(−t) s

s2+ ω02 Re{ s }<0 [ sin(ω0t)]u(t ) ω0

s2+ ω02 Re{ s }>0

[sin(ω0t)]u(−t) ω0

s2+ ω02 Re{ s }<0 [ eαtcos(ω0t)]u(t) s− α

(s− α)2 + ω02 Re{ s }> α [ eαtsin(ω0t)]u(t) ω0

(s− α)2 + ω02 Re{ s }> α

Tabella II. Trasformate di Laplace nell’ambito della teoria delle distribuzioni.

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