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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.14 (1887) n.661, 2 gennaio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SC IEN ZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XIV - Voi. XVIII

Domenica 2 Gennaio 1887

N. 861

IL PROGRAMMA

VILI'ECONOMISTA

NELLA QUESTIONE FINANZIARIA

Gli ultimi articoli che abbiamo scritti intorno alla questione finanziaria e specialmente l’ ultimo sulla esposizione fatta dall’ onorevole Magliani, ci hanno procurato varie interrogazioni di amici nostri, i quali ci chiesero, alcuni con sorpresa, altri con compia­ cenza non celata, se intendevamo schierarci tra gli avversari dell’onorevole Magliani e combatterlo nella sua opera quale ministro.

Crediamo necessario per noi, utile per i nostri let­ tori, di dire chiaramente il pensiero nostro, poiché rifuggiamo dalle posizioni incerte e dagli equivoci e non abbiamo motivo alcuno per tacere e nascon­ dere i nostri intendimenti, tanto più che coloro i quali ci hanno seguito negli ultimi anni, durame i quali abbiamo discussa la finanza italiana e l’opera dell’on. Magliani, devono avere compreso perfetta­ mente lo stato dell’animo nostro ed anche quella certa perplessità nella quale ci siamo trovati e ci troviamo tuttora nel dover esprimere giudizi severi sull’operato dell’on. Ministro delle Finanze.

Riassumiamo adunque brevemente i nostri inten­ dimenti sulla linea di condotta che crediamo di dover seguire nelle prossime discussioni sulla questione fi­ nanziaria, e raccogliamoli in tre dichiarazioni molto precise :

— nulla meglio desideriamo che avere argomento e ragione per continuare a lodare e difendere l’opera dell’ on. Magliani, di cui ammiriamo sempre la dot­ trina, il sapere e la somma abilità ;

— ci dichiariamo malcontenti dell’indirizzo finan­ ziario che egli ha seguito in questi tre ultimi tempi e faremo tutti gli sforzi per indurre il Ministro a ritornare nel suo primitivo sistema di mettere i suoi atti in perfetto accordo colle sue parole;

— siamo disposti a schierarci acche tra gli av­ versari del Ministro quando fossimo convinti che, lasciandosi vincere la mano dalla politica, egli sacri- casse a questa ogni giorno più quegli ideali che egli stesso ci ha fatti intravvedere e che rappresentano una mèta degna di un uomo che dispone di tanto ingegno, di tanta perspicacia e di tanta fortuna.

Ed ora spieghiamoci brevemente e giustifichiamo questo nostro programma.

È perfettamente inutile che facciamo qui una professione di affetto per la persona dell’on. Magliani e di ammirazione per molti degli atti da lui compiuti. La raccolta del\'Economista è la prova più evidente dei nostri sentimenti verso l’ illustre finanziere, del quale

apprezzammo sempre la vasta dottrina e l’ ingegno versatile. Piuttosto ci fermeremo alquanto a giu­ stificare il secondo punto, cioè il nostro malcontento sull’ indirizzo finanziario seguito dall’ on. Magliani, dopo la abolizione del corso forzato. A spiegarci non avremo da fare altra cosa che ricordare alcuni brani dei discorsi pronunciati dall’ on. Magliani in occa­ sioni solenni e metterli a confronto coi fatti.

Nella tornata del 2 7 ‘ giugno 1882 l’on. Magliani, discutendosi in Senato sulle spese militari e rispon­ dendo all’on. Saracco, diceva che era necessario in­ tendersi e stabilire giusti criteri sul rapporto tra il bilancio ed i bisogni del paese.

« Il bilancio dello Stato — diceva l’on. Magliani — sopperisce con sufficiente larghezza alle spese ordinarie ed alle straordinarie e provvede alle spese di assetto militare del paese. Qualunque altra spesa straordinaria che esca fuori di questo programma, non si deve approvare se non corrispondentemente alle disponibilità ulteriori del bilancio. E se i rap­ presentanti del paese vorranno ad un tratto che si bonifichi l’Agro Romano con la spesa di un mezzo miliardo, o nuove reti di strade ferrate, oltre quelle che esistono, o nuovi e grandi lavori pubblici, o nuovi e grandi provvedimenti di qualsiasi altra na­ tura, avranno certamente il coraggio d ’ imporre

nuovi sacrifizi ai contribuenti. »

« Allora si presenterà la questione se sarà mag­ giore il vantaggio politico ed economico d’ imporre nuove gravezze per fare nuove spese di interesse generale, oppure se non torni più opportuno diffe­ rire e limitare queste spese, giudicando che l’au­ mento delle imposte sia danno più grave, e il r i ­

correre frequentemente al credito e il disordinare la finanza sia esiziale alla dignità, all' onore ed all' interesse del paese.

« E in questi termini che la questione dovrà es­ sere posta. Ed è perciò che pel quinquennio pros­ simo il programma finanziario deve essere ben deli­

neato e francamente e severamente osservato ....

« Eccetto la rendita ferroviaria, che bisognerà ogni anno creare, — continuava l’ onorevole Ma­ gliani — tutte le altre passività enunciate sono

estinte, e non si creeranno p iù negli anni av­ venire. Per conseguenza il Gran libro potrà essere

chiuso nel quinquennio prossimo, meno la rendita da crearsi per le nuove costruzioni ferroviarie; ed anche in questo adopereremo una grande cautela ; ho già dato un esempio della parsimonia e della cor­ rettezza con cui procediamo nell’emettere nuova ren­ dita. Ed infatti noi non emettiamo tutta la rendita, che pure saremmo autorizzati ad emettere; nel 1881 ne abbiamo emessa per un capitale di tre milioni....

fondazioni IL- EINAilOl ; 31 a m ,-.- qA x

(2)

L ’ E C O N O M I S T A 2 gennaio 1887 « Sono pienamente d'accordo con l’on. Senatore

Saracco, e fermo nel -proposito che il Gran libro debba chiudersi oramai, ed ho fieramente resistito a qualunque proposito, che in senso diverso mi veniva fatta nell’altro ramo del Parlamento. »

Ecco il programma che l’on. Magliaio annunciava quando intraprendeva l'abolizione del corso forzato ; e questo programma noi lo vedevamo così consono colle necessita del bilancio e cplle conseguenze eco­ nomiche della legge chè ripèistinavà la circolazióne metallica, che lo ritenemtno il fondamento della po­ litica finanziaria dell’on. Ministro e ntin dubitammo un solo momento che tì^lì a^rébb!ó SeS^tìTtì’ (qùót piro- positi a qualunque cositì.ilEd Wà’ dòsi-radicata que­ sta nostra convinzione che quando nel 1883 e 1884 sorsero le prime opposizioni all’opera dell’on. Magliani lo difendemmo con tutte le nostre forze, persuasi che, se anche per un momento aveva deviato dall’ indi­ rizzo che egli stesso si óra tracciato, non lo avrebbe però in nessun caso abbondonato del tutto.

Non fare altri debiti oltre quelli domandati dalle costruzioni ferroviarie, anzi procedere in modo che le entrate effettive avessero a bastare anche in parte alle spese per le costruzióni stesse ; questo era il programma che doveva condurci alla conversione della rendita.

E nella esposizione finanziaria dell’8 Aprile 1883 1’ onorevole Magliani fu ancora più esplicito a ri­ badire lo stesso programma : « La nostra breve storia finanziaria — egli diceva — si può distin­ guere in tre periodi. Nèh primo periodo l’ entrata del movimento dei capitalrsuperava sempre la spesa. \ i era abbondante alienazione di sostanze patrimo­ niali e accensione continua di debiti. L ’eccesso delle entrate del movimento dei capitali serviva a colmare i disavanzi dell’entrata o della spesa effettiva. Era quello il periodo dei disavanzi. L'avanzo del movi­

mento dei capitali era la riprova irresistibile del deficit finanziario. Segue il secondo periodo', nel

quale si verifica precisamente f inverso : l’ entrata del movimento dei capitali d’ anno in anno viene diminuendo poiché scetìik* la' quantità della sostanza ecclesiastica e demaniale che Si vende, e non si ac­ cendono nuovi debiti perdsiièse di servizi pubblici, e dall’altra parte cresce,.d’aniiò in anno la eccedenza dell'entrata ordinaria. Qtìitidf A l’eccedenza dell’en ­ trata ordinaria che colmando il deficit nel movimento dei capitali, concorre all’estinzione dei debiti, cioè ai miglioramento dello s|pto, patrimoniale. È questo il periodo (dal 1876 al 4 8 8 1 ) della curva ascen­ dente del movimento finanziario.

« Ebbene, la curva ascendente delle finanze di cui abbiamo visto gli effètti nei precedenti esercizi Si ferma ad un tratto : perocché nè nel 1883, nè

nel 1884 potremo colle forze ordinarie del bilancio concorrere, se non in misura. molto tem e, all’estin­ zione di débiti...

« Ripiglierà però ben ¡prèsto l ’ elasticità del bi­ lancio e la curva ascendente della nostra finanza, se, dopo il breve periodovdis,preparazione e di racco­ glimento noi sapremo superare questo passo diffi­

cile, e sapremo con ogni sforzo, con ogni sacrifizio coprire colle entrate ordinarie almeno tutte le spese

ordinarie e straordinarie; èd eliminare qualunque ombra di deficit nella csitègorìa dell 'entrata e della

spesa effettiva.

« Quando noi saremo riusciti in questo intento, è certo che la curva tornerà a diventare ascendente e

la elasticità del bilancio ci renderà possibile di pro­ seguire l’opera di riforma tributaria, eh’ è stata così

fortemente iniziata. »

Nè meno esplicito era l’on. Magliani nella stessa esposizione del 18 aprile .1883 parlando del debito pubblico. « E necessario — egli affermava — or­ mai entrare con uno sforzo vigoroso in un terzo pe­ riodo di moderazione o di sosta assoluta di emissione di rendita pubblica. Ciò ci è consigliato da varie considerazioni delle quali mi piace accennarne due soltanto.

f La primà ragione ehe ci consiglia a chiudere il Gra» libro,! sia per ulteriori riscatti ferroviari, sia pel' pàgàmento dello stock dèi: tabacchi, sia per ogni altra causa, si è che noi abbiamo bisogno, special- mente per consolidare la nostra buona situazione monetaria, di mantenere alta la fiducia nei nostri titoli di Stato nei mercati esteri.

« Ma vi è ancora un’altra ragione, che se finora siamo stati lontani dal toccare il limite finanziario di cui vi ho parlato, e contro il quale s’ infrange qualunque empirismo finanziario e qualunque ar­ tificio, potremmo oggi finalmente accostarci a questo limite fatale, se non procedessimo con infinita ri­ serva. Imperocché è a rammentare, che se da una parte abbiamo aumentato il debito pubblico per le­ gittime e giuste cause, dall’altra parte colle risorse ordinarie del bilancio abbiamo estinta una ragguar­ devole quantità di debiti redimibili, miglioraudo la situazione patrimoniale. Dimodoché il bilancio non ha avuto detrimento, ed ha potuto sopportare lo aumento del debito pubblico, sollevato da altri pesi di debiti redimibili....

« Ma io debbo ripetere che per due o tre anni non potremmo estinguere altri debiti redimibili colle risorse ordinarie del bilancio. Perciò l'aumento del

debito perpetuo non sarebbe neppure giustificato dalla diminuzione dei debiti redimibili, e del debito del Tesoro.

« E questo un nuovo e potente argomento per consigliarci a chiudere il Gran libro.

E concludeva la stessa, esposizione dicendo : " Non ammetto un bilancio democratico, se con questa parola s’intenda un bilancio, il quale si fondi sopra premature e arrischiate innovazioni tributarie, sopra un concetto prestabilito di sgravi, poiché gli sgravi non possono essere soggètto di un pro= grammo a priori, ma sibbene il portato e la con­ seguenza degli avanzi legalmente accertati 5 non ammetto un bilancio che lusinghi le popolazioni, non moderi le spese e posponga l’ avvenire della pro­ sperità e del credito della nazione al successo effi­ mero di un giorno. »

Queste le parole dell’ on. Magliani, le quali sono la critica più acerba ai risultati che si ottennero negli esercizi susseguenti. Noi non faremo ora delle lunghe considerazioni, ma daremo qui le cifre degli ultimi cinque consuntivi affinchè i lettori possano meditarle e considerare da quali motivi sia suggerito il nostro malcontento.

Le entrate ordinarie diedero sulle spese ordinarie la seguente eccedenza nel quinquennio :

1881 milioni 132

1 8 8 2 » 111

1 8 8 3 » 112

1 8 8 4 - 8 5 » 127

(3)

L’ultimo esercizio segna adunque una notevole di minuzione nella eccedenza delle entrate sulle spese ordinarie, sebbene le entrate ordinarie siano arrivate a 1398 milioni.

Per contrario la eccedenza delle spese straordi­ narie è andata sempre crescendo

nel IS S I milioni 80.6

nel 1883 » 107.6

nei 1 8 8 3 » 111.5 nel 1 8 8 4 -8 5 .» 128.4 nel 1 8 8 5 -8 6 » 120.9

’ Gonseguentementeutra le entrate e lespese.èffettive ; nel 1881 ci fu un avanzo di 51 milioni, nel 1882 di soli 4 milioni, nel 1883 di un milione, nel 1884-85 di 3 milioni, nel 1885-86 un disavanzo di 23 milioni e mezzo.

L’on. Maglioni adunque, lungi dall’aver seguito il suo programma del 1881, pel quale le entrate effet­ tive avrebbero dovuto non solo coprire tutte le spese effettive, ma anche aiutare la categoria del movimento di capitali, a poco a poco ci presentò un bilancio nel quale avviene l’inverso, è la categoria del movimento dei capitali che aiuta quella delie entrate effettiva. Così nel movimento di capitali si hanno nei 5 anni le se­ guenti cifre :

accensione di debiti estinzione di debiti

1 8 8 1 72. 7 73.1

1882 724. 718.

1 8 8 3 47.2 48.0

1884-85 330.1 98.5

1885-86 72.8 34.4

Ecco adunque la situazione finanziaria dal 1883 ad oggi; essa si è delineata molto diversamente da! pro­ gramma finanziario che l’on. Magliani aveva splen­ didamente tracciato nel 1881. Ora noi mettiamo un dilemma molto preciso :

od i fatti non corrisposero al programma e noi domandiamo all’ on. Magliani fino a che punto egli intenda prestare il suo consenso perchè questi fatti vengano a turbare la situazione del bilancio ;

o l’on. Magliani ha abbandonato il programma del 1881, e ne ha adottato un altro, e noi deside­ riamo sapere quale esso sia.

Ripetiamolo; la nostra posizione è ancora quella di buoni amici che vedono il pericolo e danno, per quanto modesto, il loro consiglio.

Il programma nostro si racchiude in queste pa­ role che sono quelle dall’ onorevole Magliani pro­ nunciate solennemente nel 1881 : non permettere assolutamente che il movimento dei capitali aiuti le spese effettive ; fare in« modo che delle entrate ef­ fettive ne avanzino abbastanza per aiutare il movi­ mento dei capitali ed a poco a poco le costruzioni ferroviarie.

LA QUESTIONE DELL’ORO

il.

Una disamina sottile del movimento dei prezzi, delle sue cause e delle conseguenze varie eh’ esso ha prodotte, mentre presenterebbe un’interesse assai vivo e una non minore importanza per un gran nu- *)

*) Y . lìE c o n o m ista , numero 659, del 19 decembre.

mero di controversie economiche, richiederebbe tem­ po, spazio e non poche fonti cui attingere i dati, cose tutte le quali ci fanno difetto. Pure, senza esten­ dere Io studio dei prezzi a tutti i paesi, si può for­ marsi un’ idea abbastanza esatta delle variazioni so­ pravvenute nei prezzi esaminando le statistiche re­ lative dell’ Inghilterra. Ivi infatti il sistema economico moderno contraddistinto dalla grande industria (factory

System), dallo sviluppo ingegnosissimo ed assai esteso

dei credito, si ò stabilito da maggior tempo che non negli altri paesi; sènza dire che ivi anche il sistema doganale è meno complesso; che da lungo vige il mo- nometalli-mo aureo, oggi incriminato dai bimetallisti eèfnuscbiani di tutti i mòli veri o fantastici della nostra vita economica.

Abbiamo già visto in. ¡che consista il metodo degli

index numbers o indici numerici, coi quali si determi­

nerebbero le oscillazioni avvenute, non nei prezzi dei singoli prodotti, ma di un dato aggregato di pro­ dotti. E abbiamo pure accennato che questo m e­ todo non pare del tutto soddisfacente, inquantoche riunendo in una cifra sola i prodotti che cóme il grano, il carbone, la carne, il ferro, hanno una grande importanza e un forte consumo con altri meno usati come il pepe e l’ o lio , può avvenire che due variazioni nei prezzi dei due condimenti neutralizzino quelle dei prezzi di due prodotti ali­ mentari fondamentali. Per avere qualche dato degno di fede, bisognerebbe sem pre, quando si parla di prezzi, considerare i prodotti singolarmente e tener conto di tutte le variazioni e di tutte le cause che le hanno determinate. Ai nostri giorni la protezione doganale, la conseguente lotta vivace tra i produttori, i mezzi di comunicazione, la concorrenza mondiale, ed i progressi tecnici, esercitano altrettante influenze sui prezzi, le quali avrebbero dovuto formare tema di studio per tutti coloro, che, impressionali dal ribasso dei prezzi e dalla minprgiproduzione dei metalli pre­ ziosi, hanno voluto trovare un nesso tra i due feno­ meni, badando soltanto a.quel^che si vede e dimen­ ticando ciò che non si vede ).

Gli indici numerici, ridotto a 100 quello relativo al periodo 1845—50, manifestano un ribasso gene­ rale nel livello dei prezzi che al 1° gennaio 1886 risulterebbe dell’ 8 per cento come può Vedersi da questo prospetto tolto ; ^s\\'Economist :

Indice Rapportò^ Indice Rapporto

numerico a 1 0 0 ^ z / jj; 1numerico a 100 1 8 4 5 -5 0 2200 100 i s s i 2376 108 1 8 7 6 3564 162 Ì8 8 2 2435 111 1870 2689 122 1883 (Gennaio) 2342 107 1873 2947 134 » (Luglio) 2220 100 1 8 7 6 2711 123 : 1 8 8 4 (Gennaio) 2221 100 1877 2723 124 » (Luglio) 2170 98 1878 2529 115 1 8 8 5 (Gennaio) 2078 95 1 8 7 9 2202 100 » (luglio) 2048 93 1 8 8 0 2538 115 1 8 8 6 (Gennaio) 2023 92

Ma evidentemente fermarsi qui equivale al con­ siderare il fenomeno soltanto alla sua superficie, e in qualunque modo non vi può essere sforzo di lo­ gica che, ammesse anche quelle cifre , riconosciuto • è accertato il ribasso dei prezzi, ne attribuisca la

') Il G oschen specialmente, è caduto a nostro av­ viso in tale errore (V. On the p r o b a b le resu lts o f an

in crease in the p u r ch d iin g p o w e r o f G old negli A d­ dresses on ed u cation al a p d econ om ical su bjects), Edin­

(4)

t.

L’ E C O N O M I S T A

2 gennaio 1887

causa immediata al rindàrimènto dell’ oro, pel solo fatto òhe la seta produzione è scemata.

Invero quando si considerino i singoli prodotti, si trova che non vi è un ribasso generale o quasi, ma qualche diminuzione più o mono forte, ed anche •qualche lieve aumento.

I lettori che ci seguono in questa disamina abbastanza ardua esaminino attentameùte i seguenti prezzi di alcuni prodotti principali dal 1875 al 1886, come li presenta il Fowler nel suo saggiò già citato, (pag. 21). Essi potranno rilevare che il ribasso, èirregolare, spasmodico, enormemente Spropórzionaia quando si confrontino due prodotti tira louó fkaine ,Ì| rame e il ferro, o la seta e il cotone/eccÒNotevole è pure, il fatto che non pochi prodotti ribassarono d’assai nel periodò 1 8 7 3 -1 8 7 9 , ma poi si riaverono in quello 1 8 7 9 -1 8 8 1 come ad esempio il caffè, lo stagno, il rame ed altri ; e questi movimenti in'variò senso testimo­ niano che cause speciali e non quella generale del­ l’aumento nella potenza d’ acquisto deìl'oro hanno fatto oscillare i prezzi con tendenze spesso opposte. La qual cosa non poteva avvenire o almeno nella misura accertata, data l’azione del fenomeno affermato.

1873 Goschen .p a t i ' 'Glffen 1884 Economist 1885 Economist 1886 aprile Economist C a ffè.. . . scellini 87 65 70 57 1/2 62

Cotone (lib .). denari 9 5 3/fe 5 1/2 6 1/8 5

Carbone (ton.) scel. 30 19 17 17. 6den. l.lOscel.

Ram e (tonn.) . . steri. 91 57 58 48 41.10 *

F erro (Sco zzese).. .* 6. 7 scel. 2. ti seel. 2 .3 scel. 2. 2 scel. 1.18 »

Piombo (to n n .).. . . . * 21.10 14.10 14 11 14

Stagno (tonn.). . . . . » 142 65 90 75 92

B u r r o ...scellini — l i s a 120 130 a 138 124 a 128 112

Manzo (per 8 libbre) » — 4.¡9 <!en. 5. 2 d en . 5 5 Formaggio...scell. — 6Q a 62 62 a 64 58 a 60 Grano ("quarter).. . . » 56 39:7 den. 39 32.6 den. 30

Seta (lib b ra)...» — ' 15 15 13 14

Zucchero...» 29 ,17. a 20 16 a 19 9.6 d .al2 12 a 13 L an a (lib b ra)... » 2 1 .7 den. 1 .5 den. 1.4 den. 1.4 den. Sego (tonn.)...*

, I ,

41 32 22

Ma per formarsi una giùìta ragione delle variazioni accertate da queste cifre bisognerebbe per ciascun prodotto fare la storia della sua produzione negli ultimi vent’anni, presentare cioè le successive e im­ portanti modificazioni che la, tècnica della produzione di ciascun prodotto ha su,bìto e che generalmente hanno avuto per risultato di diminuire il costo di pro­ duzione ; bisognerebbe inóltre tenere nel dovuto conto l’ influenza dei dazi e lo sviluppo malsano e artifi­ cióso, delle industrie per Òpera di quella protezione doganale che riserba,forse (giorni non lieti alla uma­ nità che lavora.

Nè è tutto ; ma per le azioni e reazioni che eser­ citano i prezzi da un lato e la domanda e l’offerta dall’altro, bisognerebbe stabilire le condizioni quan­ titative della produzione di ciascun prodotto e quelle del consumo suo, sceverattibqierquest’ultimo ciò che deriva daìl’aumentata popolazione o dal maggior be­ nessere e ciò che è consegnéòià-dei minori prezzi inci­ tanti a un maggior consumo. Questo non è ancora stato fatto in nessun paese, perchè mentre la funzione della moneta è diminuita col progredire della civiltà nei ri­ guardi della sua assoluta necessità, vi sono degli scrittori che al di là deijf,'iqdigine, monetaria repu­ tano nulla vi sia da fare,, O p giova appunto che con­ sideriamo assai brevemente;alcuni prodotti e quindi le cause che hanno determinato il ribasso o influito assai su di esso, per vedere poi quelle che si po­

trebbero diro le cause generali del movimento re­ trogrado dei prezzi.

Il grano a Londra nel periodo 1 8 7 9 -1 8 8 4 non subì nel suo prezzo alcuna variazione d’ impor­ tanza, nel gennaio del 1885 era a 32 scellini per

quarter e nell’ aprile del 1886 a 30 scellini. Nè il

ribasso del 1884, nè quello precedente del 1879, potrebbero essere da alcuno attribuiti alla scarsezza dell’oro, poiché sono troppo note le condizioni della produzione del grano e la importanza della concor­ renza del nuovo mon Iti nei riguardi appunto, del grano e del , suo prezzo. t-— Si consideri lo, zucche­ rò il, cui prezzo hel lo stesso periodo 1 8 7 9 -1 8 8 4 non mutò di molto, ma al gennaio 1883 da 19 scellini scende a meno di 12 e solo nel 1886 accenna a ri­ guadagnare qualche cosa. Giustamente però osserva il Fowler che 1’ Inghilterra nel 1884 riceveva dalla Germania quasi il doppio di zucchero greggio di quello che essa importò nel 1882 e che la pro­ duzione mondiale totale dello zucchero di barbabie­ tola si è accresciuta di oltre il 50 °/0 in pochi anni. E il Fowler avrebbe potuto qui, anziché limitarsi a un oenno fugace sull’opera dei Governi, dire come l’opera parlamentare e governativa abbia, per la sma­ nia inconsulta di proteggere, spinta la produzione al punto da provocare una crise che l’Austria e la Germania non dimenticheranno per un pezzo.

Il rame era a 90 sterline per tonnellata nel 1873, a 57 nel 1879, a 65 nel 1883, a 41 nel 1886 no­ nostante la forte domanda ; ma I’ offerta è stata ed è così rilevante (da 47,000 tonn. si è passati a 210,000 tonn.) che il ribasso appare normalissimo. Parimente dicasi del ferro e del carbone.il primo scen­ deva nel 1883 a un terzo del prezzo che aveva nel 1873 e nel 1886 diminuiva ancora, ma la produzione era di 9,392,000 tonnellate nel 1868, e di 20,410,000 nel 1883.

Il carbone da ster. 1 e 10 scell. per tonnellata nel 1873, passava a 18 scellini nel 1883, e a 15 1|2 nel 1886, ma la produzione si è quadruplicata dal 1850 al 1883. E si potrebbe proseguire a ricercare i termini corrispondenti alle variazioni dei prezzi se questo studio non richiedesse quelle statistiche indu­ striali e sul consumo che appunto ci fanno difetto. Accenneremo ancora soltanto a un prodotto che non presenta nel suo prezzo un ribasso corrispondente a quello accertato per altri prodotti ; alludiamo alla carne il cui prezzo anzi è in qualche paese salito. In Inghilterra ad esempio, secondo il Fowler, la impor­ tazione è cresciuta dieci volte da quello che era trentanni fa, ma l’aumento della popolazione e del consumo per abitante, che da 81 libbre nel 1855 è salito a 105, hanno non solò impedito il ribasso, ma fatto salire i prezzi. Molti altri prodotti sarebbero, secondo il Mulhall, ben lungi dall’aver avuto un ri­ ') Circa all’ Italia merita d’ essere consultata a questo proposito la pubblicazione già citata : Movi­

mento dei prezzi di alcuni generi alimentari ecc., nella

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basso nei prezzi ; ma poiché, come mettemmo in guardia i lettori allorché abbiamo parlato del suo libro, al MulhaN non si può prestar fede senza ri­ scontrare ciascuna delle sue cifre, così non insiste­ remo su questo punto. Ci basta di avere mosso in chiaro che il ribasso non è nè generale, nè regolare e di avere mostrato con qualche esempio che nelle domande e nelle offerte dei prodotti sono avvenute e avvengono di continuo delle variazioni tali da dover essere studiate, prima ancora di poter parlare della carestia e dell’ incarimento dell’ oro.

Ma è tutta la economia mondiale che ha subito in

questi

pitiipi anni P influenza dei progressi tèc= b icij è tutta la produzione che si svolge secondo liì legge del minimo sprèco di forze possibile.* L ’èco- nornia massima nella produzione, questa è la meta cui tende con pertinacia l’ industriale, per rifarsi della parte dì profitti cui è costretto a rinunciare sotto !’ azione della concorrenza. E poiché questa concorrenza è compressa e fuorviata dal sistema do­ ganale vincolista che è tornato in onore, poiché non può agire naturalmente e quindi pacificamente senza urtare contro ostacoli, la ricerca dei mezzi tecnici che possono restringere le spese di produzione è tanto più assidua, e ogni suo trovato risolvendosi in una diminuzione di prezzo è una condanna inflitta al

mercantilismo risorto e una vittoria su di esso.

Si prenda ad esempio il ferro che per essere adoperato in ogni industria ha una importanza ec­ cezionale. Or bene, esso è sostituito di continuo e rapidamente dall’acciaio ; sostituzione che presenta due vantaggi ossia due economie, perchè l’acciaio dura più del ferro e la sua produzione costa meno di quello che era necessario prima pel ferro.

Nè va pretermesso il notevole cambiamenlo che avvenne nel trasporto e nelle spese relative e che costituisce quasi diremmo una vera rivoluzione eco­ nomica la quale è stata descritta con grande compe­ tenza e chiarezza da un valente economista americano Edward Atkinson ') in un libro ricco di acute osservazioni e di dati aggruppati con molta arte. Ma non crediamo che di questo fatto come d’ altri relativi alle comunicazioni telegrafiche, alio sviluppo del credito, e segnatamente all’uso sempre più esteso dei segni rappresentativi del credito, occorra dare qui le prove palpabili; essi sono generalmente noti e ciascuno può agevolmente apprezzare il risparmio che da essi deriva sia nella produzione, sia nella distribuzione dei prodotti.

Senonchè anche dopo aver ammesso e ricono­ sciuto queste cause generali di ribasso nei prezzi si afferma da taluni scrittori che tuttociò non è suffi­ ciente a spiegare una riduzione nei prezzi che ha avuto luogo quasi simultaneamente in lutti i paesi e in uno spazio di tempo comparativamente breve. Che però il ribasso dovesse avvenire in parecchi paesi non ci pare contestabile perchè quelle cause, che più sopra enumerammo, hanno appunto agito più o meno in tutto il mondo civile. Anzi quanto più il paese in cui esse agivano era progredito eco­ nomicamente e tanto più il ribasso doveva essere marcato, come nel fatto è accaduto.

Riassumendoci intorno a questo punto del ribasso dei prezzi conviene anzitutto riflettere che se non

co-*) D istribution o f P rodu cts, third edition. — New York, Putuam, 1886.

nosciamo con sicurezza quali saranno le oscillazioni dei prezzi avvenire, pure sin d’ora si può ritenere come possibile, sebbene poco probabile, un migliora­ mento parziale dei prezzi. L’atonia negli affari, la crise o depressione commerciale e industriale si vuole sia stata prodotta dalla discesa dei prezzi, e sia pure; sebbene debba dirsi che la crise derivò principal­ mente dalla imprevidenza e dagli errori economici ; — ma si dovrà anche ammettere che l’atonia, il marasma commerciale hanno contribuito, specie negli anni 188-4-85, a ridurre i prezzi e ciò al disopra di qualsiasi altra causa. Tanto è vero che ai primi sin­ tomi non di'un risveglio negli affari, ma di un au­ mento piccolo nelle contrattazioni, alcuni prezzi ebbero nel sécondo semestre del 1886 lievi, ma non sprez­ zabili aumenti.

Certamente in fatto di ripresa d’affari e di rialzo nei prezzi corrono oggi tra il pubblico delle idee poco o punto esatte e corrette. Appunto perchè 1 prezzi hanno subite dello diffalte per le mutate con­ dizioni dell’ambiente industriale in cui ogni prodotto viene lavorato, un ribassò rispetto ai prezzi di un decennio fa è inevitabile e nessuna ripresa degli affari potrebbe alzare taluni prezzi dal livello a cui il progresso industriale ed economico in genere li ha portati. Quanto al risveglio commerciale non de- vesi credere che il volume complessivo delle tran­ sazioni commerciali possa crescere di molto da un momento all’ altro. Invero, fatta la debita parte al ribasso dei prezzi che ha influito sui risultati com­ plessivi delle importazioni e delle esportazioni, del rimanente ciò che avvenne in questi ultimi anni, furono degli spostamenti, delle deviazioni delle cor­ renti commerciali prodotte o da condizioni naturali o dalla mala ii fluenza del regime doganale prote­ zionista. Questi mutamenti nelle correnti commer­ ciali poterono recare perdite più o meno gravi ad alcuni paesi, e lo sanno l’ Inghilterra, più di tutti, e il Btdgio e la Francia in parte più piccola; ma la conquista del terreno perduto -non può avvenire con quella rapidità e quella facilità che taluno presup­ pone. Comunque, questo punto riguarda l’ avvenire e a noi basta avere seggalo un concetto che ci pare giusto, rispetto al futuro à noi più prossimo. Quanto a! passato e alla questione che ora ci occupa pos­ siamo ritenere che il ribasso dei prezzi, fatto in­ contrastabile ma parziale quando si stia alle mere cifre e non le si alterino per amore verso qualche dottrina, non appare delérininato precipuamente che da fenomeni estranei al medium circolante, e pre­ cisamente inerenti alle condizioni stesse in cui av­ viene la produzione e lá dístribuzione delle ricchezze in generale e a quelle particolari che riguardano cia­ scun prodotto.

Ma ci rimangono da esaminare altri aspetti della questione.

L’ EMIGRAZIONE ITALIANA

U.

(6)

I

10 L ’ E C O N O M I S T A

2 gennaio 1887

in paesi non europei. Vediamo sommariamente così l’una come l’altra specie ed osserviamo i fenomeni clie ci presentano queste due forme di emigrazione.

Le provincie che diedero nel 1885 il maggior numero di emigranti nei paesi europei sono in or­ dine decrescente le seguenti:

Udine . . . . . 23,699 Bergamo. . . . 2,081 Cuneo. . . . . 10,056 Vicenza . . . . 1,989 Belluno . . . . 7,161 Massa C arrara. 1,561 L u c c a . . . . . 5,540 Parma. . . . . 1,362

1,196 Torino. . .. . . 5,005 Milano . , . . Como . . . . . 3,736 Treviso . . . . 1,152 Novara . . . . 2,314 t&ìk - ‘'U i tosi ì ¡1,

Vengono poi in ordine decrescente con una emi­ grazione da 500 a 1000 le seguenti provincie: Po­ tenza (890), Caserta (7 7 9 ), Napoli (7 6 9 ), Pia­ cenza (773), Reggio Emilia (709), Genova (600), Campobasso (528), Cosenza (513).

Le altre provincie hanno dato un contingente inferiore a 500 emigranti.

Però queste sono le cifre del 1 8 8 5 ; osservando le cifre del decennio 1 8 7 6 -8 5 si hanno delle ano­ malie degne di nota.

Così la provincia di Udine, che abbiamo veduto esser quella che dà il maggior numero di emigrazione per paesi europei, dal 1876 al 1880 diede in media IO mila emigranti, nel 1881 salimmo a 19 mila e poi a 20 mila, per arrivare al massimo di 25 mila in ciascuno degli anni 1883 e 1 8 8 4 ; l’ultimo anno segna una diminuzione.

Lo stesso fenomeno presentano altre due pro­ vincie, Vicenza e Bergamo, e quasi egualmente an­ che quelle di Como e di Cuneo.

Invece Torino dà una emigrazione sempre de­ crescente nel decennio; comincia con 13,000 nel 1876 e scende a poco a poco a 5 mila nel 1885 con una sola leggera oscillazione, nel 1 8 8 0 ; ed in minori proporzioni la stessa diminuzione avviene nella pro­ vincia di Novara da 9 mila a 2 mila, a Milano da 3 mila a mille.

Un altro gruppo di provincie presenta un co­ stante o quasi costante aumento come Treviso da 831 a 1152, con un massimo di 1780 nel 1883, V i­ cenza da 1421 a 1989 con un massimo di 3770 nel 1 8 8 3 ; Aquila da 2 a 197 con un massimo di 2478 nel 1883 e in genere molte delle provincie meridionali danno appunto un aumento nel decennio con un massimo nel 1883.

Per i paesi non europei invece le provincie che danno il maggior contingente sono le seguenti alle quali mettiamo di fronte anche la emigrazione av­ venuta nel 1 8 7 6 : 1886 1885 Potenza . . . . 864 9,128 Cosenza . . . . 678 8,653 Salerno... 6,743 G enova... 5,480 T o r in o ... . . 428 4,025 Alessandria. . . . . 758 3,386 Campobasso. . . . . 176 3,133 C u n e o ... . . .349 2,995 Como... 2,958 Milano . . . 982 2,619 P a v i a ... . . 253 2,223 U d i n e ... . . 310 2,120 Vicenza . . . . 1,886 N a p o li... . . 657 1,778 C h i e t i ... 1,747 Differenza + 8,264 + 7,975 — 5,465 — 4,738 — 3,597 ■— 2,628 - - 2,957 - - 2,546 - - 2,715 4 - 1,637 4 - 1,970 4 1,810 4 1,470 4 1,121 4 1,603 Lucca . . . . 444 1,731 4 1,287 A v e lli n o ... 11 1,610 4 1,599 C a ta n z a r o ... 97 1,547 + 1,450 Treviso. . . " . . ' 420 1,284 4 864 Padova... lu i 1,057 4 956

Da questo prospetto non si vedono che gli au­ menti più gravi, perchè abbiamo scelte quelle pro­ vincie le quali nel 1885 hanno dato almeno più di 1000 emigranti ; ma non bisogna credere che tutte le provincie offrano effettivamente un aumento. Ne abbiamo altre le quali nel corso del decennio hanno fornito più di 1000 emigranti e poi sono andate di­ minuendo.

Per esercìpios Bergamo ;nel 1876, diede 1477 emi­ granti, l’anno dopo 436 e poi non arrivò mai a tre­ cento ; Cremona che ne diede 2201 nel primo auno del decennio, poi 1053, poi scese a 300 circa, e nel 1883 (ino a 96 emigranti; solo nel 1885 salì ancora ad 861 ; così Mantova, che pure diede in questi ultimi anni tanto motivo di studio per l’agi­ tazione della sua popolazione agricola, diede nel de­ cennio il seguente movimento:

1876 1988 1 8 8 1 238

187 7 61¡0 1 8 8 2 355

1878 482 1 8 8 3 59

1 8 7 9 9 1 8 8 4 71

1 8 8 0 192 1 8 8 5 158

Così Sondrio che nel 1884 aveva dato 1448 emigranti ne diede appena 900 nel 1885; Bel­ luno pure da 2461 emigranti nel 1876, scese l’an­ no dopo a 906 e con diverse oscillazioni intorno a 400 ne diede 699 nell’ ultimo anno del decennio. Anche Verona nel 1877 aveva forniti 1588 emi­ granti die poi con ciIre mollo oscillanti scesero fino a 324 nell’ ultimo anno; e Macerata che fino al 4882 ebbe una cifra insignificante, nel 1883 fornì 558 emi­ granti, 779 l’anno dopo e 2120 nel 1884, ma l’ anno appresso scesero subito a 450. E finalmente Paler­ mo vide crescere la sua emigrazione da cifra pic­ colissima a 1306 emigranti nel 1882 e 2099 l’anno dopo e 1 292 nel 1884 per scendere ad 805 nel 1885.

Da questo sommario cenno possiamo dedurre due conclusioni ; primo, che quasi nessuna provincia d’ Italia dà un contingente di emigrazione tale da sembrare eccessivo, e che se anche in qualche anno cause eccezionali aumentano straordinariamente la emigrazione, è un movimento transitorio che tende tosto a cessare; secondo, che negli ultimi anni del decennio la emigrazione sembra determinarsi anche nelle provincie meridionali, e là con maggior viva­ cità di progressione.

Di queste verità ci convinceremo osservando le cifre proporzionali della emigrazione rispetto al to­ tale della popolazione in tutto il decennio. Le se­ guenti provincie durante il periodo suddetto diedero una emigrazione non inferiore al 10 per mille abitanti.

Nella parte settentrionale e centrale d’ Italia tro­ viamo due sole provincie e ciascuna per un solo anno, cioè Sondrio nel solo anno 1884 che diede il 12 per mille e Belluno nel solo anno 1876 che diede il 13.

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cominciano gli aumenti significanti in tre province e precisamente per mille abitanti si hanno emigranti :

1880 1881 1882 1883 1884 1885 Salerno 10 3 Potenza 0 ,9 Cosenza 10.5 10.8 0.9 0 .8 14.1 14 1 18.0 11.4 12.6 15.7 0 .7 12.2 0 .9 17.4 0. 8 19.1

jSelP Italia alta e centrale adunque si può dire che non vi sia alcun centro di emigrazione propria­ mente dello ; nell’ Italia meridionale invece va de­ terminandosi un focolare attivo nelle tre provincia di Salerno, Potenza e Cosenza.

LA BANCA TOSCANA DI CREDITO

Gli azionisti della Bauca Toscana di Credito il giorno 28 u s. si raccolsero numerosi in assemblea generale ordinaria, alla quale erano rappresentate più di 11 mila azioni.

L’Assemblea udì prima una breve relazione del Direttore generale marchese Uidolfi, colla quale co­ municò che si poteva distribuire agli azionisti un acconto sugli utili de I’ esercizio in L. 8 per ogni azione; votò quindi tale acconto e la indennità consueta ai Censori. Quindi il conte Bastogi pie— sidente del Consiglio espose come questo si sia dato premura di studiare i provvedimenti che sarebbero da prendere per le nuove condizioni fatte alla Banca dalla necessità di assoggettarsi al tasso ufficiale negli sconti, e dichiarò che il Consiglio si è specialmente interessato del progetto di fusione colla Banca Na­ zionale Toscana che sapeva caldeggiato da un gruppo rispettabile di azionisti. Egli comunicò all’Assemblea di avere iniziate trattative e tenute conferenze, per ora di indole preliminare e privata, col comm. Du- clioqué, direttore generale della Banca Nazionale Toscana, e fece sperare che tali trattative possano giungere presto ad un progetto, conveniente per i ilue Istituti.

Dissero brevi parole i soci avv. Pecchioli ed avv. Dal Pino, prendendo atto delle dichiarazioni fatte dal Presidente, il quale rispondendo loro di­ chiarò che gli azionisti in apposita adunanza straor­ dinaria da tenersi fra non molto, sarebbero informati dell’esito di queste trattative. Finalmente l’avv. Dal Pino fece rilevare al Presidente che il modo col quale l’Assemblea avea accolte le sue comunicazioni, senza bisogno di venire ad un voto, significava im­ plicitamente l’ ampia fiducia che i soci nutrivano verso il Consiglio e quasi un mandalo espresso di continuare e condurre a termine le pratiche iniziate. Dopo di ciò l’Assemblea passò alla nomina delle cariche confermando tutti gli uscenti.

RIVISTA ECONOMICA

Le q u e s tio n i e c o n o m ic h e e i l nuovo a n n o .I I S o ­

c ia lis m o d i S ta to e l ’a s s ic u r a z io n e d e g li o p e r a i in I t a l i a e in F r a n c ia . — / c a v a lie r i d e l la v o ro

a g l i S t a t i U n it i e le fo r z e d i c u i d is p o n g o n o . Quando si pensi ^alle discussioni che ai nostri giorni si fanno avrebbesi ragione di credere che H trascorrere d’un anno dovesse segnare nella sto­ ria delle questioni che affaticano i legislatori e i

pen-satori un progresso più o meno notevole, ma sem­ pre un passo innanzi sul sentiero che può addurre

alla loro soluzione. . .

Sfortunatamente pare che la migliore intelligenza dei problemi economici e finanziari sia in ragione in­ versa con il consumo di carta stampata e l’abbondan­ za dei discorsi, dacché l’anno testò chiuso lasciò per eredità al nuovo un cumulo di questioni rimaste insolute e una sempre maggiore confusione o erro­ neità nelle idee.

Se gettiamo lo sguardo successivamente su cia­ scun paese ben poco di confortante e di rassicu­ rante possiamo trovare. In Italia una condizione finanziaria che potrebbe essere a dir poco migliore d'aSSai-*6 la prospettiva di un’èra di protezionismo che le dichiarazioni di voler fare una politica doganale pru­ dente, temperata, aliena dàlie esegerazioni in qualun­ que senso, tentano invano di mascherare per farla più accetta al pubblico. In Francia il baratro finanziario, nel quale il paese si sarebbe certo ben tosto ingol­ falo, se continuava la politica finanziaria dell ultimo quinquennio, ha aperto gli occhi ai deputati fran­ cesi che esigono dal nuovo Ministero Gohlet una serie di riforme di cui del resto non saprebbero nè gli uni nè l’altro indicare la portata. In Germania, in Austria-Ungheria, come in Francia, c è sempre in prevalenza la tendenza protezionista, ma per ora il Cancelliere tedesco più che di questioni econo­ miche è occupato in quelle politiche, L’Inghilterra, con lo sfacelo progressivo dei vecchi e secolari par­ titi, presenta sempre lo spettacolo della lotta acca­ nita tra i fittavoli irlandesi e i landlors inglesi; mentre le due inchieste, ora in corso, sulla que­ stione monetaria e sulla erise commerciale susci­ tano speranze, che non paiono fondate, nei bimetal­ listi e rei protezionisti.

Nel Belgio la questione operaia ha dato motivo a una inchiesta e la Commissione che indaga ha formulate tali proposte che se fossero attuate ricon­ durrebbero quel paese al regime d’un secolo fa. Gli Stati Uniti sono afflitti da una malattia che il vec­ chio mondo si augurerebbe di poter soffrire tutti gli anni ; la pletora del tesoro americano mette i legislatori di quel paese nell’ imbarazzo della sce ta del mezzi atti a limitare l’entrate e i partigiani della riforma doganale, del pagamento del debito ecc. lot- tano con grande ardore.

In Russia, nella Spagna, in Olanda e negli altri paesi minori nessun fatto d’ordine economico e fi­ nanziario che meriti particolare menzione. L ora che attraversiamo non è principalmente dedicala allo studio dei problemi economici; la politica assorbe gran parte dell’ attività mentale nei vari paesi e le maggiori preoccupazioni riflettono la conservazione delia*5pace minacciata dalla collisione di interessi non sempre legittimi, ma sempre potenti.

Auguriamoci che la politica non sia d* ostacolo nel nuovo anno alla nobile gara economica inter­ nazionale e che i popoli possano studiare senza an­ sie e timori le importanti questioni che riguardano il loro benessere per avviarsi alla loro soluzione secondo i buoni e savi principi economici. L ’augu­ rio move dal desiderio intenso che ciò avvenga, ma 1’ esperienza non permette che lo conforti la spe­ ranza e la fiducia.

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12

un po’ difficile di accordarsi sulla denominazione. Qualche fautore della previdenza potrà ad esempio sostenere che il nostro secolo è quello Assicu­ razione e senza dubbio gli argomenti non gli faranno

difetto. Siamo in via di premunirci a poco a poco contro tutti gli accidenti e i rischi possibili tanto che forse un giorno, nessuno correndo più rischi, la parola perderà il suo significato venendo a man­ care la cosa. Ciò non toglie che I’ assicurazione sia un ottima cosa e, come una forma della previdenza, encomiabile. Ma al solito, vi sono i credenti nel verbo dell’ assicurazione, cui pare che al di fuori di essa non vi possa essere salvezza e per salvare tutti sono pervenuti a rendere obbligatorio in molti casi quel sentimento che per la sua natura può e deve essere inculcato, ma non mai imposto. Constatiamo il fatto per rammentare ai lettori che anche in Italia esiste una Cassa nazionale di assicurazione contro gli infortuni del lavoro fondata dal Governo mediante il concorso di alcune opere pie e casse di risparmiò. Ma, sempre al solito, si sono fatte le cose per metà e mentre lo Stato interveniva a fondare la Cassa premen­ do moralmente su alcuni Istituti perchè concorressero nella fondazione, non obbligava gli operai o i padroni a prendere l’assicurazione. Di ciò lodiamo senza dubbio il governo come lo abbiamo biasimato per l’ inge­ renza che ha credulo di prendersi in tale materia; ma sta il fatto che la istituzione della Cassa non ha raggiunto sinora il suo effetto e la ragione ci pare evidente. Quando si vuol fare del socialismo di Stato, bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo e se si vuole ottenere momentaneamente qualche risultato oc­ corre avere una convinzione sola quella cioè che prati­ cando il socialismo di Stato si è nella buona via. Cosi il socialismo di Stato in fatto di assicurazione per essere veramente efficace esige che l’assicurazione sia obbligatoria,diversamente la misura adottata riesce infruttuosa quando non è anche ridicola. Della quale cosa non ci dorremmo certo noi, convinti come siamo che ragioni di giustizia, di opportunità e di espe­ rienza altrui, dovessero trattenere il governo dal fon­ dare una cassa di assicurazione, ma solo agevolare se mai l’istituzione di casse private.

Ad ogni modo dopo due anni e mezzo da che fu istituita la Cassa d’assicurazione, se si fa eccezione della Lombardia e della Sicilia, nelle altre regioni o non ha attecchito affatto ó così poco, come è ¡l'esso di Genova, che gli stessi fautori di essa sono co­ stretti a riconoscere l’ insuccesso quasi generale della nuova istituzione. Nè la nuova legge testé votata, la quale ha per scopo di lasciare alfa Cassa una certa libertà d’azione sotto il controllo del Governo, potrà far sì che l’assicurazione abbia quella diffusione che pur sarebbe desiderabile, (ino a che naturalmente non si sarà sviluppato maggiormente il sentimento della previdenza nelle classi lavoratrici.

Anche in Francia esiste sino dai 1868 una Cassa di assicurazione in caso di morte e di infortuni ed ivi pure considerando solo il decennio 1874 i risul­ tati furono del tutto meschini. Infatti dal rapporto pubblicato nel Journal Offìciel del 27 dicembre si rileva che nel periodo 1 8 7 4 -1 8 8 5 le varie Casse non hanno fatte che 876 assicurazioni per i casi di mor te prematura, le quali, hanno dato per premi 998,875 franchi, e richiesero fr. 978,235 per indennità do­ vute pagare. Quanto alle assicurazioni contro gli in­ fortuni dal 1868 a oggi esse furono complessivamente in numero di 22,812 per le quali furono incassati

2 gennaio 1887 135,837 franchi di quote o premi, 2,101,000 di sov­ venzioni e legati e 2,035,116,25 di restituzioni di rendite.

D’altra parte vennero pagate per soli 34 infortuni 7480 fr. e costituite tante rendite per un capitale di 74,416 fr. C’ è, come ha osservato giustamente la

Liberté, un notevole fenomeno di pletora che esige

una riforma immediata delle due Casse.

Da noi invece i risultati dal 19 agosto 1884 al 31 ottobre ultimo furono questi. Le 10 sedi compartimen­ tali hanno emesse 1172 polizze di assicurazione, di cui solo 810 sono individuali e le altre collettive. Il totale degli assicurati ammonta a 40,628 costituenti per la Cassa un insieme di premi annui per L. 157,101. Di quelle polizze però ne furono estinte nell’ intervallo 338 per 11,160 assicurati sicché ne restano in corso 497 per 29,509 assicurati i quali versano un premio annuo complessivo di 124,479 lire. Tra infortuni per morte e invalidità temporanea o permanente furono pagate delle indennità sopra 607 polizze per la somma di lire 79,277. Come vedesi i due paesi non hanno mollo da invidiarsi a questo proposito ; ma l’esperieuza francese avrebbe dovuto servire di ammaestramento al nostro paese per trattenerlo dal suscitare e mantenere illusioni su gli scopi e gli ef­ fetti di una simile istituzione.

— L’importanza che vanno sempre più acquistando agli Stati Uniti i Cavalieri del lavoro (Knights o f

Labor) ci spinge ad aggiungere alle notizie da noi

già date intorno ad essi (v. L ’Economista n. 654) alcune informazioni autentiche perchè desunte dal rapporto del segretario generale sig. Turuer presen­ tato al congresso che ebbe luogo a Richmond uet-I ottobre p. p.

Al principio dell’ ottobre il numero dei cavalieri del lavoro era di 729,677 {») e questo numero va continuamente aumentando tanto che si calcola oo-ni mese vi sia un aumento di 300 assemblee sociali. Dal I o luglio 1855 al 20 giugno 1886 non meno di 4068 assemblee locali si sono affiliate e il movi­ mento continua con pari forza. Non meno prospera è la situazione finanziaria dell’ordine dei Cavalieri. II Consiglio esecutivo ha ora disponibili 132,000 dollari che possono essere impiegati principalmente a sostenere gli operai che hanno dichiarato lo scio­ pero con l’autorizzazione e per ordine del consiglio esecutivo.

Oltre il bilancio generale I’ ordine ha creato di recente un bilancio speciale per la cooperazione, che sarà alimentato da un contributo mensile di 2

cents (1 0 centesimi) da parte di ogni membro. Date

le proporzioni attuali dell’ordine l’associazione, nono­ stante il tenue contributo, avrà così una entrata speciale di 14,000 dollari al mese, i quali saranno messi a disposizione del consiglio di cooperazione incaricato di aiutare con la massima prudenza la fondazione di società cooperative aventi per ¡scopo di dar lavoro a quei membri dell’ ordine che fos­ sero rinviali dai padroni per avere obbedito agli ordini delle autorità dell’ associazione.

A questo proposito non bisogna dimenticare che l’ordine non è veramente fautore di scioperi per qualsiasi motivo. Il gran maestro dell’ordine, il Pow- derly non (¡essa di sostenere l’ arbitrato e di fare

(’) Nell) articolo pubblicato nel n. 654 d e ll’E con o ­

mia (a la cifra di 111,395 andava corretta in 711,395.

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ogni sforzo perchè esso sia praticato nel maggior numero di casi.

Nella riunione di Richmond molle riforme furono introdotte nell’ordinamento dell’ ordine; tra le altre fu stabilito che i membri dell’ufficio generale e ilei diversi Consigli siano nominati per due mini anziché per uno é lo Stipendio del gran maestro è portato; da 1500 a cinque mila dòllari. Questa ultima mi­ sura susciterà naturalmente una lotta abbastanza vivace per conquistarsi il posto cosi ben retribuito e l’intrigo, se non troveranno modo di impedirlo, avyà"liberò corso fra le .autorità dell’associazione^; i(j;

';Prpsehtemehté i Cavalieri del lavoro non’potreb-i béfo essere'diretti di un uomo piu avveduto ed energico e nello stesso tempo anzi-, appunto per. questo, temperato e punto amico della, rettoricà anàr­ chica o socialista, così bene adoperata nel vecchio mondo per arrolare gli operai nelle schiere degli agitatori. Ma riusciranno i Cavalieri del lavoro tener lontani dalle loro file e puranco dalla dire­ zione suprema i mestatori ? È dal modo con cui sarà sciolto questo punto essenzialissimo che dipen­ dono la prosperità e l’esistenza stessa dell’ associa­ zione, la quale come giustamente vuole il Powderly dev’essere una scuola per gli operai e il mezzo per tutelare i legittimi diritti della classe operaia.

L ’ Europa che è così spesso agitata dal movi­ mento operaio deve considerare con molta cura questo esempio offerto dagli Stati Uniti, non certa­ mente perchè esso offra sempre materia di lodi, ma perchè i Cavalieri del lavoro non tarderanno forse a divenire una potenza di gran rilievo e potranno fare del bene o del male a seconda dei principi che li guideranno.

Rivista Bibliografica

K arl Bartold. — W ahrnehm ungen b e i d er E n tw ìck elan g

d er T ran sportm ittel — Berlin, 1886.

Già da parecchi anni l’invadenza del socialismo di Stato in Germania va così sempre più affermandosi, massime riguardo alle strade ferrate, che ormai ben di raro avviene di trovare colà scrittori i quali s’a t­ tentino difendere ancora, sebbene timidamente, l’opera della privata industria nelle ferrovie. Fra i pochis­ simi che cercano contrariare alla corrente, merita d’essere ricordato Karl Bartold, quantunque a tale suo intendimento non corrispondano abbastanza le idee che nel suo lavoro viene svolgendo.

Allorché apparve il. terzo volume del Sistema Eco­ nomico del Roscher, il Bartold, meditati i capitoli IO,

l i , 1 2 dove l’ illustre maestro espone la teoria, la storia e la politica dei mezzi di trasporto, sentì na­ scere in sè dubbi molti ; e, persuasosi vi mancasse la vera base economica, si risolse a rifare quei ca­ pitoli secondo le proprie vedute. Ardimento, o meglio, audacia quasi irriverente; alla quale si perdonerebbe di miglior animo, se lo studio del Bartold emergesse davvero per novità e potenza di concetti, per acu­ tezza di analisi, per sodezza di conclusioni ; pregi ch’esso lascia invece alquanto a desiderare.

Nondimeno quest’ è considerazione quasi d’ ordine morale ; e il giudizio sarebbe incompiuto se non si accennassa particolarmente al suo valore intrinseco

sotto l’aspetto economico. Al dire del Bartold la dif- rènza essenziale tra lui e il Roscher proviene dalla diversa idea che eglino hanno del èommercio; giac­ ché i quest’ ultimo la restringerebbe alla nozione che ne porge il Codice di Commercio, considerando così il trasporto solamente quale mezzo alle industrie ; mentre esso vuoisi riguardare eziandio come indu­ stria speciale. Ma quando pure la critica reggesse

(e per contro non regge, almeno nella conclusione subordinata); non si vede come la più ampia nozione dèi Bartold l'abbia portato a giudicare tanto severa- ■ mente delle aziende ferroviarie. Sembra piuttosto che : il considerarla altresì come industrie particolari do- vessé far scpspre.mólte loro tendenze che torna dif­ ficile assai giustificare, dove si riguardino soltanto cóme mezzo alle altre indùstrie.

Della duplicità del loro carattere può dirsi che il Barthold si rammenta . solo, per indurne la conve­ nienza che non siano avocate allo Stato. Al qual pro­ posito nota la facilità, qon .cui questo mira a dimi­ nuire in ogni rapporto la propria responsabilità, il pericolo che esso largheggi di favori a spese dei con­ tribuenti, 1’ utilità che fràì le ferrovie e il pubblico esista un organo di conciliazione, un’autorità inter­ mediaria, che manca quando l’esercizio è nelle mani del Governo. E, cosa rara in un tedesco, nonesita a dimostrare la sua q^^jt'azione per l’ordinamento ferroviario francese.

Distingue tre periodi nell’evoluzione delle strade ferrate. Nel primo queste si sforzano di abbattere i mezzi di trasporto preesistenti ; nel secondo serve la concorrenza tra le ferrovie che servono gli stessi mercati regionali ;, nel terzo spiegasi la gara per i mercati mondiali e con essa i favori per date loca­ lità ed industrie e le cento disuguaglianze tanto la­ mentate. S ’ impone la prevalenza dei grandi indu­ striali a discapito dei piccoli, i quali, essendo tanti, non giungono mai a farsi rappresentare bene e per intero, sia per l’ incuria )qro, sia per la diffidenza e la discordia che regna t¡ra. essi. Primo a soccombere il commercio di mediazione de’ luoghi intermedi, la cui soppressione sarebbe stato in gran parte pro­ gresso, ove non avesse per quei luoghi prodotto la rovina d’ogni commèrcio.,'

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I

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L ’ E C O N O M I S T A 2 gennaio 1887

nell’ indole della politica attuale di favorire le rap­ presentanze dei grandi interessi a detrimento di quelli minori.

Al Roscher che delle piccole località dice risol­ versi il danno loro non in rialzi di tariffe che le colpiscano, ma nel godimento più ristretto de’ ri­ bassi mano mano introdotti, risponde il Bartold esser magra giustificazióne ; e paragona il caso a quello de’ fornai d’ un luogo che d’ accordo fra loro non ribassino il prezzo del pane, quando i fornai degli altri luoghi lo diminuiscono. Come non sigriderebbe! E tuttavia per il pane non havvi monopolio mentre e v’ è per le ferrovie.

Più sottile sembra l’altra osservazione mossa al Roscher, dove questi difende le tariffe differenziali istituite, per concorrenza é con prezzi eguali a quelli delle altre linee concorrenti. Di che hanno mai a lagnarsi i luoghi intermedi, se i prezzi così creati esistono già su quelle altre linee? il danno loro è già egualmente cagionato da queste ultime. E il Bartold: una delle due; o la nuova tariffa differen­ ziale non fa che sottrarre traffico alla linea concor­ rente, ovvero aiuta un traffico cui questa non basta a servire.

Nella prima ipotesi la linea che già possedeva quel traffico, alfine di rifarsi della sottrazione ed acqui­ starne altro, procede di solito a ribasso maggiore, l’altra linea la segue e così fin quando ambedue s’accorgono di dover far sosta. Ma intanto si è di-, scesi a prezzi di gran lunga inferiori a quelli delle località intermedie ed è così che nascono coteste tariffe differenziali ; giacché altrimenti non si ver­ rebbe ad esse d’un salto con quei ribassi enormi ora deplorati. Nella seconda ipotesi si ha un mer­ cato servito con preferenza da ambo le linee e quindi i suoi commercianti diventano compratori più po­ tenti sul luogo di produzione è ponno meglio esten­ dere la propria vendita aggravando sempre più il danno de’ luoghi intermedi non favoriti.

Problema serio, quand’ anche i ragionamenti che lo discutono non siano correttissimi. Ma altro è sen­ tire i guai, altro il parvi rimedio. E il Bartold s’ il­ lude di giungervi con un ribasso generale delle ta­ riffe, ch’egli crede poter conseguire con una savia utilizzazione del materiale, la quale diminuisca me­ ravigliosamente le spese d’esercizio. E un’ idea su cui insiste ripetute volte, ma in guisa da lasciar so­ spettare che non l’abbia ponderata abbastanza.

Avv. E. Bb a s c h i.

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L’ Unione tipograflco-editrice di Torino ha pub b'icàto quattro nuove dispense della Biblioteca del­ l’ Economista : la dispensa n. 7 del voi. X , p. 2 a se­ guito della Scienza, delle finanze del Wagner, e la dispensa 3 a del voi, V ili, parte 2 a, seguito della Sociologia dello Spencer.

Le altre due fanno seg-uito al Manuale dello Scbon- berg e con esse rimane compiuta la monografia del Brentano sulla Q uestione o p e r a ia .

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Movimento commerciale e marittimo del porto di Riposto

Il Comune di Riposto ci ha inviato la sua rela­ zione sul moviménto commerciale e marittimo del porto di Riposto nel 1885.

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