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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.41 (1914) n.2074, 1 febbraio

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(1)

GAZZETTA S ETTIM AXA LE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI. FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XLI - Vol. XLV

Firenze-Roma, 1° Febbraio 1914

_N. 2074

S O M M A R I O : Valore somiologico ilei contratti 4i assicurazione sulla vita. M. Pa n t a l e o n i.— Guarantigie costituzionali. M. .1. dbJo h a n n iS. — Verso il libero scambio. Lanfra nco Ma r o:. — INFORMAZIONI : Banca d'Italia. — La mostra industriale italiana a Tripoli. — Nuova linsa ferrata in Bulgaria. — Banca Commer­ ciale Italiana. — Credito Italiano — Investimenti dei depositi a risparm io.— Progetto di irrigazione in Puglia.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA : Ma u ri ce De w r a v r i n et Geo r g es Le c a r pf-n t i e r, La protection legale des travail­ leurs aux États-Unis. Avec, exposé com paratif de la législation française. L. M. — Le piensioni operaie in F rancia; Sintomi d'indifterenza. — FINANZE DI ST A T O : Bilancio del Ministero dell’ Interno. — Il bilancio della Colonia Eritrea. — Finanze degli Stati Uniti. — li bilancio coloniale tedesco. — Finanze del Portogallo. — Le Finanze della Repubblica Argentina. — RIVISTA DELLA PR EVID EN ZA : 1 prestiti nelle polizze di assicura­

zione agli Siati Uniti. — Le Compagnie francesi di assicurazioni sulla vita. — RIVISTA DEL COMMERCIO: Il

commercio estero della Germania nel 1913. — Il commercio estero della Francia nel 1913. — RIVISTA F E R ­ ROVIARIA : Le ferrovie dello Stato in Francia. — NOTIZIE FINANZIARIE : Mercato monetario e Rivista delle Borse. — Prospetto quotazioni, valori, cambi, sconti e situazioni bancarie.

VALORE SEM10L0G1C0

dei contratti di assicurazione sulla vita.

Di quanto il Beneduce pubblica in una sua

memoria dal titolo « prime linee di una, demo­

grafìa degli assicurati », qui soltanto una pic­

cola parte richiama la nostra attenzione e per

l ’argomento e per la fonte. Imperocché la me­

moria del Beneduce utilizza dne specie di fonti:

dati italiani — e questi ci interessano; e dati

americani — e su questi non ci fermeremo; come

pure giunge a due specie di risultati : risultati

che hanno valore politico ed economico —• e que­

sti ci interessano; e risultati che hanno valore

scientifico per la demografia e valore pratico per

l’industria delle assicurazioni — e su questi non

ci fermeremo.

Il Beneduce si serve dei contratti di assicu­

razione che T Istituto nell’esercizio della sua in­

dustria raccoglie, come di un dato semiolo-

gico per la determinazione dello sviluppo eco­

nomico delle varie regioni d’ Dalia. Il concetto

è, prim a facie, giusto. Il pubblico consuma

assicurazioni come consuma caffè, tabacco, sale,

e via dicendo. La distribuzione di questo con­

sumo è dunque assai importante. Lo è tanto più

in quanto i dati sono certi.

11 Beneduce fa ancora un’altra cosa.

Le assicurazioni che l’Istituto vende sono di

diversa specie. C’è chi pena tutta la sua vita

per lasciare un capitaluccio ai figli. C’è, per

contro chi si mangia ogni suo patrimonio, e se

ne infischia dei posteri, sovratutto se non sono

suoi. La distribuzione regionale dei due tipi di

contratto è piena di insegnamenti demografici,

economici e politici, e il Beneduce ha messo il j

dito su di sintomo fecondo.

Entriamo nei dettagli dell’argomento.

Disponeva il Beneduce per il suo studio dei

dati costituenti la nuova produzione dell’ Isti­

tuto nazionale di Assicurazioni. Il materiale co­

stituente i portafogli cedati da compagnie che

hanno rinunziato a continuare il proprio lavoro

non è ancora sistemato.

Scrive il Beneduce :

« L a nuova produzione ha affluito all’Istituto,

dalle varie regioni, non in proporzione della ric­

chezza rispettiva: l’ Italia settentrionale vi ha

contribuito per circa il 36 °/0, l’ Italia centrale

per poco più del 27 °/0 e l’Italia meridionale ed

insulare per oltre il 35 %• P ur facendo parte

alla condizione dell’economia del Mezzogiorno

che porta ad un più ristretto campo di investi­

mento dei risparmi di nuova formazione, pur

attribuendo importanza alla più salda fiducia

delle popolazioni del Mezzogiorno nell’Ente Sta­

tale, pur considerando che il malessere econo­

mico che traversa il paese è risentito più for­

temente dall’Italia Settentrionale che non dal

Mezzogiorno, la provenienza della nuova pro­

duzione dell’ Istituto pare a noi un indice del

diffondersi dell’assicurazione in centri ed in ceti

che non avevano finora acceduto o potuto acce­

dere all’assicurazione sulla vita; diffusione che

s’avvia a correggere una distribuzione territo­

riale del contratto di assicurazione che era,

troppo, in contrasto con la distribuzione terri­

toriale della ricchezza ».

Fermiamoci qui per prima cosa.

Il fatto certo, eccolo qua. Ce lo dà una ta ­

bella del Beneduce.

R egioni N

umero

dei Capitale

V alore

m edio assicuratoAm mont,

contratti

assicurato di per 100 di

Alt ’Italia

6.636

73.402.693

(2)

que-66 L’ ECONOMISTA 1° febbraio 1914

sto valore non fosse relativamente basso nel Ve­

neto. Per la regione abbiamo 11 mila lire con­

tro quasi 8 mila nell’Italia centrale e nell’Italia

meridionale e 7.500 nelle isole. Ma, il Piemonte

dà un valore medio di capitale assicurato per

contratto di 12 mila lire, la Liguria di 11.338,

la Lombardia di 11.467. Il Veneto trascina la

media in basso avendo un valore medio proprio

di sole 8.760.

Era da aspettarsi che il valore medio mas­

simo stesse nell’Alt’Italia. Ma, il Benedirne non

se ne contenta. Avrebbe dovuto essere maggiore

questo massimo, perchè riuscisse proporzionale

alla maggiore ricchezza dell’a lt’ Italia.

Tra l’ Italia centrale e il mezzogiorno la dif­

ferenza tra i valori medi di capitale assicurato

per contratto è minima. Sono 7.881 nell’Italia

centrale contro 7.899 nell’ Italia meridionale.

Più bassa riesce nell’ Italia insulare la media

delle somme assicurate.

Quanto sia stato il contributo di ogni regione

alla messe totale raccolta dall’Istituto si legge

nell’ultima colonna del quadro.

L’alt’ Italia fornisce il 35,87 % del capitale

assicurato, l’Italia centrale il 27,46 %, T Italia

meridionale il 23,83 e la insulare 1’ 11,53. Se

alla produzione dell’ Italia meridionale aggiun­

giamo quella dell’Italia insulare, non raggiun­

giamo ancora quella dell’Alt’Italia (35,48 % con­

tro 35,87 %).

Ma questa Italia meridionale è una grande

regione assai eterogenea ! Dicevamo essere la

differenza dei valori medi di capitale assicurato

tra l’Italia centrale e quella meridionale irri­

levante. Ciò è vero, ma è un risultato globale.

Bisogna notare che l’Italia meridionale ha un

compartimento, la Campania, che esce totalmente

dal quadro generale delle provincie meridionali

e di quello dell’ Italia centrale.

Il valore medio di capitale assicurato è ivi

di lire 10.105 e pare di essere in Alt’Italia!

Per contro l’Italia meridionale ha due compar­

timenti a produzione assai povera, povera quanto

quella delle Marche, i compartimenti di Potenza

e di Calabria. I valori medi di capitale assicu­

rato sono di 5.164 per Potenza, di 5.464 p e rla

Calabria, come è di 5.561 per le Marche, nel­

l’Italia centrale.

L’Abruzzo e le Puglie hanno i valori medi

che troviamo nell’Emilia e nell’Umbria. Il Be-

neduce ci dà le cifre per compartimento e avendo

noi già riportate le cifre per regione, ci conviene

dare quelle per compartimento in ordine di de­

crescenza del valore medio di .capitale assicu­

rato per contratto.

Compartimenti Numero delle polizze Ammontare assicurato V alore medio di capitale assicur. Piemonte . . 1.481 17.815.000 12.029 Lombardia . 2.932 33.622.000 11.467 Liguria . . 966 10.952.000 11.338 Campania. 2.458 24.839.000 10.105 Veneto. . . 1.257 11.012.000 8.760 Roma . . . 2.699 23.372.000 8.660 Toscana . . 1.285 10.581.000 8.235 Umbria . . 350 2.824.000 8.071 Puglie . . . 1.100 8.458.000 7.689 Sicilia . . . 2.942 21 981.000 7.472 Abruzzo . . 716 5.320.000 7.431 Sardegna . . 223 1.616.000 7.247

Compartimenti Num ero d elle polizze

E m ilia. . . 2.381

Marche. . . 413

Calabria . . 1.410

Potenza . 519

A m m ontare V alore m edio assicurato capitale a8sicur.

17.11.0000 7.183

2.296.000 5.561

7.704.000 5.464

2.680.000 5.164

Ili questo quadro si vede bene che vi sono

tre gruppi di valori medi.

Compartimenti con valori medi di polizza da

10 a 12 mila lire; e sono 4 di cui 3 nell’Alta

Italia e uno nell’ Italia meridionale.-Comparti-

menti con valore medio di polizza da 7 ad 8

mila lire. Le polizze da 8 mila lire sono tutte

nell’ Italia centrale. Quelle da 7 un po’ nel-

l’ Italia meridionale, un po’ nella centrale.

Seguono i compartimenti con polizze da sole

5 mila lire; e sono due dell’ Italia meridionale

e una dell’Italia centrale.

Il Benedirne osserva che la nuova produzione

non si è distribuita tra le varie regioni in pro­

porzione della ricchezza rispettiva, e in una nota

aggiunge:

« Ancora più sensibile si manifesterebbe la

sproporzione nella provenienza territoriale della

nuova produzione dell’ Istituto, qualora il con­

fronto si effettuasse con la distribuzione terri­

toriale della sola ricchezza mobiliare o con la

distribuzione dei redditi industriali, commerciali

e professionali ».

Ma, conosciamo noi abbastanza la distribu­

zione regionale della ricchezza in modo da po­

terla prendere come un asse ve calcolare le de­

viazioni da quest’asse della distribuzione delle

assicurazioni? E non dovrà forse la distribuzione

delle assicurazioni per regioni servirci per de­

terminare, unitamente ad altri dati, la distri­

buzione regionale della ricchezza? E non vi è

anche ragione di sospettare che questa distribu­

zione, sovratutto quale essa si manifesta tradotta

in cifre percentuali della ricchezza, si vada rapi­

damente modificando?

(3)

1° febbraio 1914 V ECONOMISTA 67

Risulta da questa tabella che l’Alt’ Italia ha

risposto meno bene dell’ Italia centrale e del­

l’Italia meridionale alla offerta di assicurazione,

come precisamente dice il Benedirne. Senonchè,

non converrebbe di conoscere altresi la produ­

zione che ancora fanno le compagnie che non

hanno ceduto il loro portafoglio prima di pro­

nunziarsi, potendo ben darsi che queste compa­

gnie lavorino di più nell’Alta Italia che nel

Centro e nel Mezzogiorno? Forse va pure con­

siderato che solo allorquando conosceremo anche

la distribuzione regionale dell’ammontare assi­

curato dalle compagnie cessate, potremo dire se

l’attuale distribuzione nuova è diversa dalla

precedente. Ma, poi, è certo che l’Alt’ Italia è

da tempo territorio sfruttato (nel senso buono

della parola) dall’attività assicuratrice, là dove

il Mezzogiorno è ancora relativamente terra

sconosciuta. E l’attività assicuratrice lavora in

salita ossia, finisce anch’essa di tendere a cre­

scere con velocità decrescente. Perciò

è

da aspet­

tarsi, coeteris paribus, un più rapido sviluppo

nel Mezzogiorno. Questo è forse quanto ha vo­

luto dire il Benedirne. Ma, in tale caso, sarò io

che ora mi dirò insoddisfatto dei risultati finora

avuti nelle provincie meridionali. Si guardi

quanto è meschino il numero delle polizze. Lo

è anche in buona parte dell’Italia centrale, di

quella cioè che confina con il Mezzogiorno. In

tutto l’Abruzzo 716 polizze! In tu tta l’Umbria

350! Nelle Marche 413.

L’indagine del Benedirne diventa assai inte­

ressante Ìà dove egli studia il gusto che le varie

regioni manifestano per i vari generi di con­

tratti di assicurazione. Il genere di contratto

che ha prevalenza relativa nelle varie regioni

è davvero un semeion di primissimo ordine, non

sostituibile da molti altri per qualche- carat­

tere sociale di grande valore economico e po­

litico.

Dice bene l’Autore :

« L’esame dei rapporti di composizione della

massa dei contratti, stipulati nelle varie regioni

del Regno, in ordine alle singole forme, ci ap­

prende non solo che le forme più costose, quali

il tipo misto e le rendite, sono più frequenti

nel Nord d’Italia che non nell’Italia centrale e

nel Mezzogiorno; ma ci dà anche segni indiziari

di fatti sociali di valore molto considerevole.

« La frequenza del tipo misto di assicurazione,

non è soltanto segno di un contemperamento

nello spirito umano dei sentimenti altruistici,

assicurazione ai congiunti di una somma in caso

di morte, col sentimento egoistico, assicurazione

di una disponibilità quando raggiunta una certa

età si teme che possa venire a mancare il red­

dito professionale; ma, specialmente quando è

congiunta ad una maggior frequenza delle ren­

dite vitalizie immediate e differite, è anche in­

dice di una preoccupazione per l’età tarda, la

quale trae origine, sovente, da una minore sal­

dezza della vita familiare. In tu tti i paesi, pa­

rallelamente alla riduzione delle dimensioni della

famiglia, ed all’abbassamento dei quozienti di

natalità, prendono più rapido sviluppo le forme

miste e le assicurazioni di rendite vitalizie.

La Francia presenta, nella composizione dei

portafogli delle Compagnie di assicurazioni, ca­

ratteristiche spiccate in tal senso. Noi vediamo

già le regioni che, come il Piemonte e la Li­

guria, più nettamente si avviano alle tendenze

demografiche francesi, preferire in misura con­

siderevolmente superiore a tutte le altre regioni

d’Italia, i contratti di rendite immediate e dif­

ferite.

« Nell’Italia Meridionale, invece, si nota una

spiccata preferenza, rispetto alle altre regioni

del Regno, per le forme di contratto che sono

stipulate, abitualmente, a favore dei figliuoli: il

Capitale differito ed il Termine fisso. Segno espres­

sivo, anche questo, e del temperamento delle po­

polazioni del Mezzogiorno e delle condizioni della

economia di quei paesi. Lo scarso sviluppo com­

merciale ed industriale, la meno frequente parte­

cipazione della donna alla vita economica attiva,

rende assillante, nei ceti medi, la preoccupazione

per l’avvenire dei figliuoli; e come nelle trasmis­

sioni dei beni si nota pel Mezzogiorno una pili

elevata percentuale di donazioni, cosi nei con­

tratti di assicurazione si rileva una maggiore

frequenza per quei contratti che rappresentano

vere e proprie costituzioni di doti ».

I dati sui quali il Benedirne basa le sue tesi

sono composti nel seguente quadro.

Distribuzione territoriale del nuovo portafoglio di contratti di assicurazione assunti dall’ Istituto Nazionale, distinti per forma delle assicurazioni (escluse le Temporanee a capitale decrescente e le forme speciali). K E G IO N I c ? © f-t u eg ©■ 543 O

C o n tr a tti a V it a I n te r a C o n tra tti

d e l T ip o M isto C a p ita li D iff e r iti e T erm in e F iss o R e n d ite D iffer ite e d Im m e d ia te

(4)

68 / L’ ECONOMISTA I o febbraio 1914

Occorreva avere questo quadro per provincia

e non già per regioni. La lacuna è grave e deside­

reremmo,che il Beneduce vi rimediasse. E’ grave

perchè, mentre è vero che la natalità piemontese

ha talmente carattere francese che essa addi­

rittu ra decresce, ciò non è punto vero della na­

talità lombarda. Ecco le due serie:

A nni in PiemonteNati vivi in Lombardia

1862-1865 102.621 124.115 1866-1870 101.334 127.096 1871-1875 103.079 130,036 1876-1880 107.511 135.969 1881-1885 108.860 139.318 1886-1890 108.608 143.349 1891-1895 101.377 142.774 1896-1900 97.990 143.160 1901-1905 94.276 151.410 1906-1909 88.387 155.782

Quadro compilato dal Neceo, in

| chiusa la produzione dell’ Istituto pel 1913 e or­

dinata quella delle Compagnie, avremo il totale

consumo di Assicurazioni in , ciascuna Provincia

j ed in ogni Compartimento. A formare il 3.16 0/p

di Rendite differite e immediate sul totale nella

Regione (Italia settentrionale) concorrono il Pie­

monte con la percentuale 6.13 e la Liguria con

la percentuale 3.82. E il Beneduce non dice male

riferendosi soltanto a queste due regioni come

aventi tendenze demografiche marcatamente fran­

cesi, sovratntto il Piemonte.

La decrescenza della natalità è comune a tutti

i compartimenti, ma

è

forte soltanto in Pie­

monte, da 34,9 °/oo a 25.7 0/00; in Liguria, da

33,9 °/oo

4 25,6°/oo‘’

Toscana, da

37,0

% 0 a

29,8°/oo- È insignificante nel Veneto, nell’Emilia,

nelle Marche, nella Campania; leggera in Lom­

bardia, nell’Umbria, nel Lazio, negli Abruzzi,

R i f o r m a s o c i a l e, maggio 1913.

C o m p a rtim e n ti M atrim o n i N a ti v iv i

M orti

e sc lu si i n a ti m o rti d ei n a ti su i m o rtiE c c e d en z a lazioneP o p o ­ al lO giug. 1911 872-75 901-05 906-09 872-75 901-05 906-09 872-75 901-05 906-09 872-75 901-05 906-09 Piemonte. . . 8,2 7,2 7,5 34,9 27,9 25,7 26,8 19,5 18,8 8,1 8,4 6,9 3.424.53S Liguria. . . . 7,7 6,7 6,9 33,9 27,0 25,6 27,6 19,2 18,8 6,3 7,8 6,8 1.196.853 Lombardia . . 8,5 7,5 7,8 37,0 34,8 34,3 30,4 23,0 22,6 6,6 11,8 11,7 4,7.-6.907 Veneto . . . . 7.6 6,9 7,3 36,9 36,6 36,6 28,5 19,6 19,5 8,4 17,0 17,1 3.526.655 Emilia . . . . 6,9 7,4 7,8 34,4 33,2 33,8 29,8 21,4 21,0 4,6 11,8 12,8 2.667.510 Toscana. . . . 7,3 7,3 8,0 37,0 29,8 29,3 33,5 20,2 19,4 3,5 9,6 9,9 2.694.453 Marche . . . . 6,4 7,2 8,5 32,7 32,3 32,5 28,6 21,5 20,8 4,1 10,8 11,7 1.088.875 Um bria. . . . 6,0 R i 8,3 33,3 29,8 30,5 27,0 20,7 19,7 6,3 9,1 10,8 685.042 L az io ... 4,1 6,9 8,1 34,4 29,0 29,3 33,7 20,5 18,9 0,7 8,5 10,4 1.298.142 Abruzzi. . . . 8,7 8,0 8,7 37,4 32,3 32,3 83,5 22,9 20,9 3,9 9,4 11,4 1.427.642 Campania. . . 8,4 7,5 8,1 36,8 32,0 32,8 32,0 23,0 22,5 4,8 9,0 10,3 3.347.925 Puglie . . . . 8.7 7,3 8,3 40,2 36,1 37,2 32,7 27,7 22,6 7,5 8,4 14,6 2.128.632 Basilicata. . . 9,7 8,1 8,5 40,5 34,9 36,1 37,4 27,8 24,3 3,1 7,1 11,8 473.119 Calabria . . . 8,4 7,7 -8,4 38,0 33,5 34,1 33,2 22,2 20,2 4,8 11,3 13,9 1.404.076 Sicilia... 8,4 7,8 7,9 40,2 33,9 32,7 29,4 22,7 21,9 10,8 11,2 10,8 3.683.380 Sardegna. . . 7,4 7,6 7,7 38,4 31,9 32,5 31,5 21,8 20,5 6,9 10,1 12,0 852.934 Regno... 7,7 7,4 7,9 36,8 32,6 32,3 30,5 21,9 20,8 6,3 T0,7 11,5 34.686.683

E neanche la Liguria ha carattere così fr a n ­

cese quanto il Piemonte. La natalità non vi de­

cresce... diciamo, ancora. Ora, è evidente che i

contratti a vita intiera non si fanno che da chi

ha figliuoli. E pure evidente che i contratti a

capitali differiti e termine fisso sono per lo più

fatti da chi ha figliuoli maschi o femmine da

dotare, là dove Rendite differito ed immediate

sono contrattate da chi è orbo. Perciò avremmo

voluto avere le cifre per provincie. Le avremmo

confrontate con la natalità delle singole pro­

vincie. Il lavoro attuale del Beneduce è uno

schizzo dello studio da lui intrapreso e appena

(5)

1° febbraio 1914 L’ECONOMISTA 69

potranno fornire meriterà la più grande atten­

zione.

Della seconda parte del lavoro del Benedirne

abbiamo detto di non ci voler occupare perchè

tratta di argomento più connaturale a rivista

esclusivamente scientifica. Ma, ci piace anche

meno. Egli studia la mortalità degli assicurati

in rapporto alla correlazione fra peso e statura.

E poi studia la scelta di una mortalità tipo. E

altre cose consimili. Senonehè, poteva all’uopo

servirgli un materiale americano? Poteva ser­

virgli una massa di individui assai eterogenea

per caratteri antropologici? La correlazione fra

peso e statura e mortalità, o vitalità è dessa la

medesima per un norvegese e un italiano? Basta.

Non capisco e lascio andare. D’altronde il ma­

teriale straniero di cui si serve il Beneduce, era

finora, sconosciuto del tutto in Italia, e sarà a

suo tempo sostituito dal materiale nostro, più

omogeneo, quantunque anch’esso non abbastanza

omogeneo, per le delicate correlazioni che il Be­

nedirne studia.

M.

Pa n t a i.e o n i.

GUARANTIGIE COSTITUZIONALI.

1 cultori di diritto pubblico sono da tempo

presi da leggittima preoccupazione nei riguardi

della osservanza alle guarantigie costituzionali.

E non è invero localizzata ad una sola nazione

la lamentela che deriva da una vasta tendenza

dei Governi a porre in non cale le carte di fon­

dazione, per far posto, nelle legislazioni, a prin­

cipi ed a sistemi di giustizia, che, se rispondono

da un migliore e più moderno assetto di con­

temperamenti sociali, pur formano la minaccia, il

tarlo roditore dei rapporti contrattuali, sui quali

trova base la funzione dello Stato ed hanno sede

le garanzie dei singoli aggregati ad una data

compagine. Si potrebbe dire dalla estensione del

male, essere esso nei tempi che corrono epidemico

più che endemico.

Or non è molto le pubblicazioni del Gordnow

(Social Reform and thè Costitutión, 1911) della

Università di Colombia, del Duguit sulle T ra ­

sform azioni generali del diritto privato dal

Codice napoleonico in poi (1912), del Luzzatti

nella Nuova Antologia 1913, del Bernhard, della

Università di Berlino ( Unerwünschte Folgen

der deutschen Socialpolitik 1913) hanno portato,

sia nel eampo del diritto positivo, sia in quello

più vasto delia filosofia del diritto pubblico, largo

contributo intorno ai rapporti esistenti, palesi od

occulti, tra lo sviluppo della legislazione sociale

e la questione delle guarantigie costituzionali

per la libertà individuale.

Arrivano anzi alcuni, e si comprende, data la

tendenza conservatrice della maggior parte dei

professanti il diritto pubblico, a sentire il rimorso

costituzionale per avere dato ascolto ai nuovi

provvedimenti imposti dai vincoli di civiltà.

In sostanza le inquietudini degli scienziati si

riducono alla considerazione degli effetti della

legislazione sociale, come limitatriee delle libertà

individuali, e di ciò qui sarebbe troppo lungo vo­

lerci occupare, e questa (orse la non più oppor­

tuna sede, per il carattere puramente teorico che

avrebbe una disquisizione di tal genere.

E’ ovvio però affermare che ammesse le lu­

singhe incantatrici, i fascini am m aliatori che

portano con se il desiderio di educare la libertà

individuale con la cultura, di fortificarla, di tra ­

durre in atto i diritti astratti ecc. ecc., ammessa

insomma la ineluttabilità di una legislazione

intesa a rialzare il livello economico e morale

delle classi lavoratrici, il rimedio alle viola­

zioni degli statuti nazionali si dovrebbe trovare

più facile in una coraggiosa modifica di quegli

statuti stessi, anziché nel tardivo, quanto faceto,

rimorso costituzionale.

Ma lo strano si è che i custodi del diritto

pubblico rilevano e lamentano le violazioni e

le deviazioni—dalle garanzie statutarie soltanto

in quanto queste vadano o sieno andate a van­

taggio delle classi sociali che giunsero a conse­

guire, finalmente, dalla democrazia, una legi­

slazione loro favorevole.

Mai o quasi mai dai cattedratici e dagli scien­

ziati sentiamo lamentare altre violazioni dello

statuto che per ragioni politiche o finanziarie si

manifestano nondimeno con insistenza quasi quo­

tidiana. Queste pare sieno ammesse senza rimorso

alcuno e quasi pienamente legittimate.

Eppure esse non sono nè meno frequenti, nè

meno gravi delle altre e dovrebbero pur susci­

tare qualche osservazione. Pertanto esemplifi­

chiamo: i decreti-catenaccio di cui è anche re­

cente l’eco, non sono provvedimenti costituzio­

nali. Se non erriamo l’art. 30 dello statuto

stabilisce che: nessun tributo può essere im ­

posto o riscosso, se non è stato consentito dalle

Camere e sanzionato dal Re, e l’art. 10 della

carta fondamentale del regno stabilisce anzi in

materia di tributi, con più specifica disposizione

che: la proposizione delle leggi appartiene al

Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni

legge di imposizione di tributi ecc.... sarà p re

sentata p rim a alla Camera dei deputati.

Ormai i decreti-catenaccio, che al primo ap­

parire impressionarono, sono entrati nell’uso

comune e malgrado lo Statuto, nessuno vi fa

più caso, neppure i professori di diritto, così ge­

losi per altre ragioni delle guarentigie statu­

tarie.

Altro esempio: l’articolo 2 della legge 12 gen­

naio 1909 sulla addizionali alle imposte dirette

per il terremoto di Messina, stabiliva il nuovo

balzello per 5 anni solari a datare dal 1909. Siamo

al 1914 e continuiamo a pagare lo stesso tributo,

senza che sia stato provveduto a prorogare il

termine scaduto col 31 dicembre 1913.

Non già che noi non troviamo in questo propo­

sito più che giustificato il mantenere la imposi­

zione, dal momento che con'decreti-catenacci si

escogitano mezzi nuovi per rafforzare le entrate;

ciò però non è ragione sufficiente a giustificare

l’aperta ed esplicita violazione dell’art. 30 dello

Statuto, violazione per la quale non si possono

addurre neppure quelle opportunità di immediata

applicazione che possono concorrere nei decreti-

catenaccio.

(6)

70 L ’ ECONOMISTA

febbraio 1914

un’impresa coloniale, con queste parole: « le

spese dell’impresa non saranno pagate dai poveri,

ma dalle classi agiate ». Se non andiamo errati

1 art. 2o dello Statuto trattando dei doveri dei

cittadini, prescrive che essi contribuiranno in ­

d istin ta m e n te nella proporzione dèi loro averi

ai carichi dello Stato.

Non potrà quindi il Governo in materia di con­

tribuzioni stabilire delle distinzioni fra agiati

e meno agiati o disagiati. Tutti indistintam ente

dovrebbero contribuire ai nuovi carichi dello

Stato, m a' in^ proporzione 'dei loro averi. Alla

Camera, ci si dice, erano pure presenti, alle

dichiarazioni del Presidente del Consiglio, dei

dottissimi cultori di diritto, i quali non rileva­

rono per certo la incostituzionalità del principio

accennato.

ormai le distinzioni in onta all’art. 25 dello

Statuto sono così innumeri, che dovrebbero far

inorridire coloro che tanto paventano per le gua­

rentigie costituzionali. Le leggi per il Mezzo­

giorno, le leggi di esonero da imposizioni per

certe regioni, o per certi disastri, le leggi privi­

legiate di espropriazione, ecc. ecc. non sono al­

trettante violazioni a quei principi di eguaglianza

di trattam ento che lo Statuto volle garentire per

tutti i suoi^ sudditi1?' E se fu provvido talvolta

violare lo Statuto, perchè allora gridare all’armi

quando la legislazione sociale, desiderata e voluta

da coloro stessi che videro menomata principal­

mente la propria libertà individuale, corre ine­

luttabilmente verso quegli strappi alla costitu-

zione, già per altri motivi cosi serenamente

sgualcita ?

E rancamente ci sembra che pecchi di sincerità-

chi voglia richiamarsi ad un documento, già

troppo vecchio pei tempi che corrono, soltanto in

date occasioni, mentre il modificarlo, per tutte,

anziché il rimpiangerlo, gioverebbe se non altro

nel senso di legalizzare le illegalità, divenute

per consuetudine ormai legali, ma... quando fac­

ciano comodo.

M. J.

DE

J

ohannis

.

Verso il libero scambio

in

Ma la tariffa doganale del 1878 portava in sè

stessa il germe della propria abolizione, perchè al-

1 articolo 4 stabiliva che il Governo era obbligato

a pi esentare alla Camera, il più presto possibile, e

not?,J,nma ^ 1 1880, un progetto di revisione della

tariffa.

Agli industriali, quindi, non parve vero di scor­

gere ad ogni costo, nei dazi esistenti, una insuffi­

ciente tutela alle proprie industrie e di attendere

chi sa quale indipendenza economica e (piali pro­

gressi da una politica più fortemente protezionista

Al coro generale si unì anche quello dei cotonieri

1 quali, non contenti dei ritocchi daziari della ta­

rlila 6 luglio 1883 che, pur avendo avuto precipui

intenti fiscali, aveva avvalorate le tendenze pro­

tettrici per alcune industrie, fra cui quella del co­

tone approfittarono dell’inchiesta del 1886 per do­

mandare nuovi aumenti.

E

special ¡nenie i filatori furono pili insistenti

nelle richieste. Lamentavano la scarsa produzione

di filati fini, conseguenza della protezione grandis­

sima imposta sui numeri grossi e mezzani, e che

0 ) C o n tin u a zio n e, v e d i n . 2071 d e ii’l l g en n a io 1914.

aveva per e ffe tto ri far rivolgere l’industria di

preferenza ai filati di basso titolo. Facevano rile­

vare l’eccesso di produzione dei numeri bassi ed

aggiungevano che le filature, per evitare tale dan­

no, si sarebbero spinte ad una produzione più fina,

se in tale produzione la concorrenza interna non

fosse stata sostituita da quella estera, facilitata dal

basso limite dei dazi.

1 tessitori, alla lor volta, dipendendo dai filatori

per l’acquisto della materia prima, reclamavano

anch’essi, per sostenersi, una protezione superiore.

; giustificavano la richiesta riproducendo le sta­

tistiche dell’aumentata importazione dei tessuti, hi

quale, discesa da 116.061 q. nel 1877 a 97.469 nel

1880, era nel 1881 improvvisamente salita a 140.902

q. e sempre si era mantenuta su tale cifra negli

anni successivi. Era questo, per essi, un indice di

inferiorità che invece trovava la sua spiegazione

nel fatto che « normalmente il consumo dei generi

di prima necessità si adatta alle condizioni imposte

dalla politica doganale » e nella circostanza speci­

fica che i dazi imposti a protezione dei filati e tes­

suti di lana avevano fatto in parte spostare il con­

sumo ai prodotti di cotone, come a generi di prezzo

inferiore.

Prevalsero, dunque, durante la elaborazione della

tariffa del 1887. le forze industriali ed anche i co­

tonieri furono accontentati in quasi tu tti i loro

desideri.

Per le filature, infatti, la nuova tariffa partì dal

n. 10 proteggendo solo i numeri fini affinchè i co­

tonieri tentassero, anche per lo sviluppo dell’indu­

stria serica, la produzione di quei numeri che fino

allora venivano fabbricati dagli stranieri. La dif­

ferenza notevole della tariffa precedente è dell’at­

tuale, per quanto riguarda i filati, risulta dal se­

guente prospetto:

Filati semplici greggi:

C lassi d e i filati T a r i f f a d e l 1878 T a r i f f a del 1887 L ire p e r q u in ta le I a F in o a l n. 1 0 ... 18 18 2“ Da 10 a 2 0 ... 22 24 3“ D a 20 a 3 0 ... 26 30 411 D a 30 a 4 0 ... 32 36 5* D a 40 a 5 0 ... 39 45 6a D a 50 a 60 . . . 48 52 7* P i ù di 6 0 ... 60 60

v ^ fi lati cucirini che prima non avevano voce a

sè furono gravati di un dazio di lire 110 al quintale.

Il dazio sui tessuti fu aumentato nelle seguenti

proporzioni:

Tessuti greggi lisci:

C lassi d e i te s s u ti

1“ Peso kg . 13 o p iù p e r 100 m q con 27 fili e le m en ta ri o m eno 2“ Id . più d i 27 fili e le m en ta ri . 3“ P eso 7-13 kg . ecc. con 27 fili. 4“ Id . p iù d i 27 f i l i ...

5“ P e s o m eno 7 kg . ecc. con 27 fili 6* Id . m eno 27 f i l i ...

T a r i f f a

(7)

I 0 febbraio 1914 L' ECONOMISTA 71

La sopratassa di stamperia venne portata da

L. 70 ad 80.

Un’altra sopratassa venne introdotta ex novo per

i tessuti operati e damascati (lire 20 il q.) e per

quelli broccati (lire 40), allo scopo di compensare

il maggior lavoro incorporato in questi prodotti

più eletti. Un sopì adazio di L. 200 fu imposto sui

ricami a catenella e di L. 300 su quelli a punto

passato. Vennero distinte le voci riguardanti i tulli,

le. mussole e i tessuti graticolati.

1 primi furono colpiti con un dazio di lire 400

se greggi, 450 se imbianchiti o tinti; gli altri di

lire 200 se greggi.

Questi, per quanto si riferisce all’industria coto­

niera, gli aumenti caratteristici della tariffa del

1887 la quale, nel suo insieme, come ho già altra

volta ricordato, non ebbe mai piena ed intera ap­

plicazione, perchè fu successivamente modificata

sia per effetto dei trattati di commercio stipulati

dall’Italia con le altre potenze e sia per virtù di

leggi interne.

Anche per i prodotti del cotone i trattati del 7

dicembre 1887 con l’Austria-Unglieria e special-

monte del 23 gennaio 1889 con la Svizzera appor­

tarono qualche mitigazione. Ecco, infatti, per i tes­

suti greggi lisci le differenze fra la tariffa generale

del 1887 e quella convenzionale applicata per ef­

fetto del trattato italo-elvelico:

Tessuti (/reggi lisci,:

Classi d e i tessuti Tariffa generale Tariffa convenzionale D im in uzione

L ire per quintale

l a G2 62 -2“ 74 72 2 3a 84 75 9 4a 100 86 14 5a n o 100 10 6a 130 124 «

La sopratassa di stamperia da L. 80 fu ridotta

a lire 75 nel trattato con l’Austria-Unglieria ed a

lire 70 nel trattato con la Svizzera. Il dazio di

lire 200 pei ricami a catenella e di lire 300 per

quelli a punto passato fu ridotto a lire 175 e 275

rispettivamente nella tariffa convenzionale con la

Svizzera, ed altre riduzioni furono fatte pei tulli

e per gli oggetti cuciti.

Queste agevolazioni, però, come fu anche da altri

notato, riguardavano soltanto quei generi che da

noi si producevano in poca quantità e ben poca

se ne importava, mentre sempre altissima rimaneva

la protezione pei generi di maggior consumo.

Intanto è opportuno rilevare che mentre il Go­

verno si ero mostrato così arrendevole ad assecon­

dare tutti i desideri degli industriali, gli agenti

del fisco non esitavano a colpire spietatamente i

loro redditi, sì da costringere più di una volta i

cotonieri a chiudere gli stabilimenti per ottenere

diminuzione di imposte. E così la politica econo­

mica italiana si aggirava in una grande contrad­

dizione la quale danneggiava moltissimo il consu­

matore.

Ma vediamo più particolarmente quali furono

gli effetti della tariffa del 1887.

Si ripete, a tale proposito, che il progresso del­

l’industria cotoniera italiana, oltreché nella ingran­

dita massa dei prodotti fabbricati si rivela nel

miglioramento della sua produzione e nella dimi­

nuita importazione dei filati e dei tessuti delle

qualità più fini. E non saremo noi i primi a di­

sconoscere che i progressi nell’industria cotoniera

vi furono anche in seguito all’alta tariffa del 1887.

L’importazione, infatti, dei filati di cotone acce­

lera il suo moto discendente, tanto che da quintali

68.792, quanto era in media nel triennio 1884-86,

la troviamo ridotta, nel triennio 1888 90 a 28.753

quintali. In pari tempo l’entrata dall’estero dei

tessuti di cotone, sotto l’impero delle nuove ga­

belle, pur discretamente mitigate dal trattato italo-

elvetico, va anch’essa assottigliandosi, passando da

q. 126.447 nel triennio 1884-86 a q. 74.582 nel trien­

nio 1888-90. Che poi a tale diminuzione nella im­

portazione di filati e tessuti di cotoni esteri non

abbia corrisposto una diminuzione nel consumo,

bensì una espansione della produzione locale, lo

dobbiamo concludere dall’importazione di cotoni

greggi per la filatura, che passarono da 506.165 q.

nel 1886, a 630.646 q. nel 1887, a 739.861 q. nel

1889 e 836.167 q. nel 1890.

E mentre un tempo l’industria cotoniera non

bastava a far fronte alle richieste del consumo

interno, cominciò a divenire, dopo il 1887, discreta

esportatrice tanto di filati che di tessuti.

L’esportazione dei filati da una media di q. 1775

nel quinquènnio 1883-87 salì nel quinquennio 1888-

92 a q. 4.285, e quella dei tessuti da una media

di q. 4.160 nel primo quinquennio salì a q. 11.003

nel secondo.

Segno di evoluzione è ancora la trasformazione

notevole di numerose ditte individuali in società

per azioni. Già nel 1882 — nota il prof. Colajanni

nel suo recente « Progresso economico » — esiste­

vano 6 società per azioni con L. 18.946.582 di ca­

pitale e riserva che divennero 8 nel 1887 con lire

24.496.134 e che, come vedremo, aumentarono no­

tevolmente negli anni successivi.

Dal lato tecnico, ancora, lo svilupjw fu conside­

revole: crebbe il numero dei fusi ed in varii opifìci

furono cambiati gli assortimenti per conseguire

prodotti meno grossolani. Basteranno, come prova,

queste poche cifre messe in confronto fra loro:

N u m ero dei 1876 1893 C o t o n i f ì c i ... 647 532 O p e r a i ... 53.484 87.690 F u s i ... ... 7(54.862 1.336.418 T elai : M e c c a n i c i ... 13.517 36.863 A m an o . . . . 14.300 9.868 J a c q u a rd ... 465 T o ta le te la i . . . 27.817 47.196 F o rz a m o tric e : A v a p o re , c a v a lli . . 2.990 18.480 Id r a u lic a » . . 9.703 27.545

In questa tabella non è il semplice aumento delle

cifre che bisogna considerare per giudicare della

evoluzione dell’industria, ma le loro variazioni in

relazione ai titoli cui si riferiscono.

Così la diminuzione nel numero degli stabilimenti

è dovuta all’accentramento del lavoro in grandi

opifìci; la diminuzione dei telai a mano significa

la trasformazione tecnica dell’industria, compro­

vata da altri fattori, qcali l’aumento nel numero

dei telai meccanici ed il crescere assai più rapido

della forza a vapore di fronte a quella idraulica.

(8)

72 L ’ ECONOMISTA 1° febbraio 1914

concludere, dunque, collo Stringher, che la tariffa

del 1887 non segnò per il cotonifìcio italiano che

progresso e perfezionamento rii produzione.

Resterebbe sempre, però, a provare per l’industria

cotoniera, come per.tutto il complesso della nostra

vita economica, cbe nicnt'alfro. che i dazi protet­

tori prepararono quel lento ma continuo sviluppo

che ha portato il nostro paese allo stato attuale di

prosperità,

Sónonchè varii elementi ci portano a conchiudere

che.non con soverchio ottimismo dobbiamo acco­

gliere i risultati a prima vista confortanti dell’in­

dustria, cotoniera. Più in appresso, quando il pa­

ragone sarà di maggiore evidenza, mostreremo a

che cosa in sostanza debba ridursi (presto aumento

di produzione, messo specialmente in relazione al

commercio mondiale.

Qui diremo soltanto che negli anni che seguirono

la riforma doganale del 1887 già cominciano a ma­

nifestarsi i sintomi di quella crisi che ha fino ad oggi

tormentato la nostra industria. Questi sintomi sono:

a) Dii aumento di produzione non proporzio­

nato al consumo. 11 Lélnonon (l'Italie économique

et sociale, 1861-1912), che non può dirsi un liberista,

accennando allo stato generale delle nostre industrie,

riconosceva che « les droits protecteurs eurent pour

«effet d’accélérer momentanément la production,

« on tout au moins certaines productions, mais

« bientôt une crise se déclara, la consommation,

« qui se ressentait des conditions générales défa-

« vorables, étant moins active que la production.

« Cette crise atteignit son maximum d’intensité

« en 1893 et en 1894 ». Mentre nel triennio 1889-90,

come si rileva da un Rapporto dell’Associazione

fra gli industriali cotonieri del 26 ottobre 1896, la

produzione dei filati era in media di quintali 730.966,

già nel 1891-93 era salita a quint. 782.485. Aumento

questo, forse, non preoccupante, se non fosse stato

poi seguito, negli anni successivi, da una produ­

zione in quantità ogni anno sempre più elevata in

rapporto al consumo ed alia esportazione.

ì>) Una progressiva diminuzione dei prezzi. «Les

« protectionnistes — nota il G-uyot (Dictionnaire du

« commerce. Artide * Protectionnisme ») — en con-

« centrant les capitaux et l’activité de leurs eom-

« patriotes sur les objets protégés, provoquent la

« Surproduction, qui est destructive de la valeur ».

Ed, infatti, pei filati il prezzo scende da L. 285 in

media nel 1879 a 7,. 325 nel 1885 e pei tessuti da

L. 498 in media nel 1879 a L. 400 nel 1888.

c) La prevalenza della produzione di numeri

bassi e tessuti tinti di qualità inferiore. Negli anni

dal 1887 al 1891, anzi, vediamo una prevalenza

nelle importazioni del cotone indiano di minor

pregio su quello americano, come appare dai se­

guente riparto percentuale della totale importa­

zione del cotone greggio in quel periodo:

A n n i A m ericano In d ia n o E g izia n o & i D i a ltr i paesi

J 887 35 58

7

1888 41 50 9

1889 40 49 11

1890 34 51 5 2/s 1 5 Vb

1891 42„ 45s 107, j h

Negli anni successivi al cotone indiano si sosti­

tuirà,^ nelle importazioni, il cotone americano di

maggior pregiò, ma, e lo vedremo meglio in seguito,

l’industria italiana cercherà anche allora per mol­

teplici ragioni, fra cui non ultima quella di una

troppo comoda protezione, di specializzarsi nella

fabbricazione di articoli a buon mercato. La pro­

tezione — dice il Jannaccòne — accordata ai rami

di industria, in cui più facile è il processo di pro­

duzione e più prontamente rimuneratore lo smercio,

impedisce,4’evoluzione dell’industria versò- i rami

superiori e la, sua specializzazione, facendo conver­

gere ad uno stesso punto la maggior copia di ca­

pitali. Ne deriva, quindi, l’eccesso di produzione,

e viene arrestato o ritardato, lo sviluppo tecnico

dell’industria-stessa.

Per avere un'idea compieta degli effetti' prodotti

dalla tariffa del 1887. applicata specialmente alla

importazione cotoniera, non si può tralasciare dui

ricordare che, essendo stati dai gravi dazi protettori

colpiti i paesi verso i quali si avviava la nostra

esportazione agricola, grave danno ne ebbero le

provinole meridionali, nonostante i trattati del 1891

e 1892. L’importazione cotoniera costituiva uno

dei x>iù floridi commerci che avevano in Italia

l’Inghilterra, la Germania, .la Svizzera, la. Francia

e l’Austria-Ungheria e quindi era naturale che i

maggiormente colpiti reagissero impedendo a noi

una sempre maggiore esportazione dei nostri pro­

dotti agricoli. E scorrendo le cifre di quell’epoca

si nota, infatti, una corrispondenza non casuale fra

la diminuita importazione nel nostro paese di ma­

nufatti di cotone ed una sensibile diminuzione od

un mancato aumento della esportazione dalle nostre

regioni agricole del sud di prodotti terrieri.

Non si possono dimenticare, infine, per quanto

riguarda la tariffa del 1887, le condizioni esercitate

sull’industria cotoniera dalie altre industrie tessili

e specialmente quelle della lana e della seta che do­

vettero sopportare dazi egualmente troppo onerosi.

Per la prima la protezione ebbe per effetto di

diminuire l’importazione di lana greggia come ri­

sulta dal seguente prospetto:

Merce 1887 1888 1889 1890 1891 1892

q- q- q. q- q- q.

Lane g r e g g e e ca­

sca m i . . . 121.134 93.78S 97.589 82.230 89.919 97.828

E siccome in quel periodo non aumentò la pro­

duzione interna di lana, ò da, dedurre ohe, a causa

degli alti prezzi, ne sia diminuito il consumo.

Per l’industria della seta assistiamo ad ua danno

causato dallo spostarsi dell’impiego dei capitali di

preferenza verso l’industria del cotone, attratti

dalla speranza di più lauti redditi. Intanto, anche

per il progressivo rialzo del prezzo della seta, ve­

diamo aumentare la fabbricazione di tessuti misti

mezza lana e mezza seta, i quali aprirono, è vero,

un nuovo campo di applicazione per il cotone, ma

contribuirono ad accelerare quel fenomeno di so-

vraproduzione che avremo in appresso a lamentare

in maggior misura ed a screditare all’estero il ca-,

ratiere della nostra produzione, .che prima del 1887

era invece costituita da tessuti puri di lana, di

seta o cotone esclusivamente.

Di un altro grave avvenimento, intanto, in questo

periodo, l’industria del cotone veniva a risentire

lo conseguenze: della rottura delle relazioni commer­

ciali colla Francia. Dal 1° marzo 1888 al 1° gennaio

1890 da parte dell’Italia e sino al 1° febbraio 1892

da parte della Francia, furono in vigore le tariffe

differenziali, le quali ebbero l’effetto di far dimi­

nuire di un tratto l’importazione dei tessuti nella

misura dell’85%:

Importazione dalla Francia dei tessuti di cotone,

compresi i misti:

1880 1887 1888 1889 1890 1891 1892

Quint. 24.005 26.138 3.702 957 1.892 1.584 2.076

(9)

I o febbraio 1914 L’ ECONOMISTA 73

IN F O R M A Z I O N I

Banca d’Italia (esercizio Ì 9 Ì 3 ) . — Gli utili

netti della Banca d’ Italia per l’esercizio 1913

sono di lire 19.728.909,07 con un aumento di

lire 1.138.000 sull’esercizio precedente.

La Mostra industriale italiana in Tripoli.

— Il Ministro delle colonie, on. Bertolini, d’ac­

cordo col Comitato esecutivo, ha stabilito l’inau­

gurazione della « Prima mostra industriale ita­

liana in Tripoli» perii 1915, assicurando anche

un contributo finanziario per la sua riuscita.

Nuova linea ferrata in B ulgaria. — Prende

consistenza la voce di una grande linea ferro­

viaria bulgara che attraversando il territorio

da Nord a Sud, cominci a Scistovo, sul Danubio,

e sbocchi a Portolagos; questo porto sarebbe

preferito a quello di Dedeagetch, perchè a causa

della breve insenatura e della poca profondità,

quest’ultimo richiederebbe spesa assai maggiore.

Banca Commerciale Italiana. — Sono state

aperte due nuove Agenzie: una a Caltanissetta

e l ’altra a Lecce. La prima dipende dalla sede

di Palermo e la seconda da quella di Bari.

Credito Italiano. — Una nuova Agenzia sta

per essere aperta in Asti.

Investim enti dei depositi a risparm io. —

Si ritiene che il Ministro di Agricoltura Indu­

stria e Commercio abbia tolto dal progetto di

legge per la riforma dell’organico del suo Mi­

nistero gli articoli 6 e 8 che contemplavano ri­

spettivamente : la ispezione agli Istituti di cre­

dito e l’obbligo di impiego in titoli di Stato di

un quinto dei depositi a risparmio, l’uno; le pub­

blicazioni degli Atti delle Società per azioni,

l’altro. Il progetto di legge liberato da quei due

articoli avrà un carattere più genuino di solo

organico.

Progetto di irrigazione in P u glia. — Si

afferma che siano in corso proposte presso il

Ministero dei Lavori Pubblici per derivare dal

corso del Tanazzo acque, e formare un lago ar­

tificiale capace di 500 milioni di metri cubi di

acqua per irrigare 100 mila ettari in Puglia.

Il progetto sarebbe stato acquistato dalla nota

Banca parigina Louis Dreyfus.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

M aurice D ew ravrin et Georges L e c arp en tier — La

'protection legale des travailleurs aux Etats- Unis. Avec exposé com paratif de la législation française.

— Marcel Rivière, Paris. 1913, p. 348.

Allo studio di Emile Levasseur: l'Ouvrier am éri­

cain, comparso nel 1878, ma che può considerarsi

sempre di attualità per chi voglia conoscere l’ambiente operaio americano, ed all’altro recente di P ie n e Leroy- Beaulieu: Les Etats Unis au XI X. siècle, del 1909, che studia sotto tutti i suoi aspetti l’attività economica degli Stati Uniti, è opportuno complemento la presente opera sulla protezione legale dei lavoratori in quel paese.

A coloro che pensano e si sforzano di provare che

il vero progresso di un popolo consiste nella prospe­ rità della sua produzione economica e del suo com­ mercio e che le cosidette leggi operaie non servono che ad intralciare e ritardare tale progresso, giusta­ mente gli A. oppongono la teoria, che è come la base del loro studio, che una legislazione equa ed avveduta sia indispensabile per assicurare agli operai condizioni di vita evolute, sia dal punto dal punto di vista fisico che morale, difendere in essi la dignità umana ed as­ sicurare al paese una popolazione sana, vigorosa, fonte sicura di produzione attiva e continua, e quindi di ricchezza.

Caratteristica degli Stati Uniti è di non aver una legislazione operaia unica per tutta la federazione: ogni Stato legifera in questa materia liberamente; ed è così che si spiega comè la più grande varietà regni in tale materia, e come, mentre alcuni Stati si trovino ancora privi di norme protettrici per i lavoratori, altri non abbiano nulla ad invidiare a paesi di legislazione sociale avanzata, come la Francia, l ' Inghilterra, la Germania ed oggi anche l’Italia.

Lo studio in questione acquista speciale importanza, in quanto la limpida esposizione delle numerose leggi che negli Stati Uniti regolano il lavoro degli operai e 10 proteggono, è completata da un continuo esame comparativo della vigente legislazione francese. Uti­ lissimo riesce tale paragone per determinare come ciascuna delle due legislazioni possa essere completata sull’esempio dell’altra.

La legislazione francese, ad esempio, trascura due materie trattate in maniera quasi completa da quella Americana: il lavoro a domicilio e la protezione della mano d’opera nazionale contro l ’immigrazione stra­ niera. In altri campi ancora risulta più perfetta la legge protettrice degli Stati Uniti : limitazione della durata del lavoro giornaliero, interdizione alle donne di prendere parte ai lavori delle miniere ed ai ragazzi con meno di 18 anni di eseguire alcuni determinati lavori industriali, riconoscimento alle unioni di sin­ dacati della piena personalità civile e del diritto di aggrupparsi in federazioni, creazioni di arbitri per­ manenti per i conflitti di lavoro, eco.

D’altra parte la legislazione francese si occupa di importanti questioni, sulle quali la legge americana è rimasta presso che muta. Tali sono le istituzioni di previdenza ed il rischio professionale. Mentre in Fran­ cia l’operaio, vittima di un accidente durante il ser­ vizio, ha diritto ad una indennità qualunque sianole circostanze nelle quali il sinistro è prodotto; per l’ope­ raio americano, invece, la legge, nella maggior parte dei casi, non riserva che un aiuto illusorio.

In complesso si può dire che l’operaio americano è situato, in virtù della legge del suo paese, in una condizione migliore di quello francese, finché nessun infortunio venga a turbare il corso del suo lavoro. Ma quando una disgrazia di natura professionale o pirivata lo colpisca, allora si può chiamare veramente privilegiato il lavoratore francese. In compenso, men­ tre il potere legislativo in Francia resta in una ina­ zione deplorevole, le assemblee federali e regionali degli Stati Uniti si mostrano disposte in modo largo a sanzionare le rivendicazioni delle classi lavoratrici.

Per quanto riguarda tutte le contese in materia di contratto di lavoro, di indennizzi, di valutazione di danni, ecc., non v’ha dubbio che la giurisprudenza operaia sia più liberale in Francia che agli Stati Uniti. 11 magistrato francese nell’interpretazione delle varie disposizioni tien conto dell'ambiente sociale; quello americano, invece rigido rappresentante del tradizio­ nalismo anglo-sassone, obbedisce alla parola della legge piuttosto che allo spirito. E questo procedi­ mento è tanto più pericoloso in quanto i tribunali degli Stati Uniti sono chiamati non solo ad interpre­ tare le leggi, ma ancora a pronunciarsi sulla loro co­ stituzionalità.

La legislazione operaia agli Stati Uniti sta subendo in questi uitimi anni una doppia evoluzione; da un

FONDAZIONE

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74 L' ECONOMISTA I o febbraio 1914

lato tende a divenire sempre più uniforme, e dall’al­ tro più democratica. Un fatto, inoltre, ha in questi ultimi mesi richiamata l’attenzione dei sociologi su quel paese: la creazione di un Ministero del lavoro nel quale si sono concentrati tutti i vari servizi di azione,sociale, dipendenti fino ad ora dal Ministero del commercio e si concentreranno tutte le iniziative sociali dirette a correggere t difetti degli attuali or­ dinamenti ed aumentare le provvidenze legislative a tutela delle-classi lavoratrici.

E per 1’ Italia, che in quel paese ha centinaia di migliaia di operai, il conoscere come venga protetto il loro lavoro e garantita la loro integrità personale, dovrebbe essere oggetto di maggiore interessamento eri amore. Amy A. Hernardy, che ha vissuto e vive laggiù cogli emigranti e pei- gli emigranti, ci ha de­ scritti in Italia randagia tutti gli orrori della strage industriale, di cui i nostri connazionali sono le vit­ time più numerose e più trascurate. Si inizi final­ mente anche per essi una politica brnefica di tutela e di difesa; sarà la prova più bella e consolante che la madre patria non trascura i suoi figli lontani, fiore rigoglioso sbocciato oltre mare dal sano germe d’Italia.

L. M.

Le pensioni operaie in Francia

S in tom i di indifferenza.

Il ministro del lavoro ha reso noto che gl’introiti delle marche da bollo per le pensioni operaie ven­ dute nei primi trimestri del 1912 e 1913 ammonta­ rono rispettivamente a 8 milioni, 9 milioni e 10 milioni di franchi ed a 12 milioni, 11 milioni e 10 milioni

di franchi. Poi nei primi nove mesi del 1913 [’am­ montare complessivo delle vendite di (ali marche da bollo fu xli 33 milioni, mentre nei primi nove mesi dell’anno precedente era stato di soli 30 milioni.

E’ certo che nel 1912 si notò di trimestre in tri­ mestre un progressivo aumento, mentre nello scorso anno vi è stata una progressiva diminuzione. Come si spiegano questa e quello?

Nel febbraio del 1912 venne proclamata la legge che abbassava dai 65 anni ai 60 l’età che dà diritto alla pensione. Numerosi operai che avevano quasi 60 anni consentirono ad assoggettarsi al piccolo versa­ mento che li metteva dopo un breve periodo nella condizione di fruire della pensione di 100 franchi versata dallo Stato.

Ma, esaurito il numero di quelli che poterono go­ dere immediatamente del beneficio, i versamenti di­ minuirono. La loro diminuzione non è stata però tale da allarmare.

Coloro che si sono sempre mostrati ostili alla legge sulle pensioni operaie, calcolano che 1 10 milioni in­ troitati nel terzo trimestre del 1913 corrispondono a 3.450.000 operai assicurati e rilevano-che questa cifra è assai .lontana da quella di 12 milioni di inscritti che i sostenitori della legge preconizzavano.

Ma il mondo operaio ha bisogno di essere conti­ nuamente spinto verso le nuove riforme, Sp, come avvenne due anni or sono, il governo facesse senza tregua un’attiva propaganda per popo! ari zzare la legge che assicura un pane ai vecchi lavoratori, anche i più indifferenti, anche i più pigri si sarebbero as­ soggettati alla tenue tassa per aver diritto a quel pane, ma il governo si è stancato di richiamare l’at­ tenzione delle famiglie operaie sulla nuova legge, e gli avversari di questa ne hanno profittato per cate­ chizzare gli indolenti, invitandoli a contrarre assicu­ razioni facoltative.

Ecco forse il vero motivo della progressiva dimi­ nuzione delle iscrizioni per le pensioni operaie che si è notata l’anno scorso.

FINANZE DI STATO

B i l a n c i o d e l M i n i s t e r o d e l l ' i n t s r n o . — Lo stato di previsione della spesa del Ministero dell’Interno per l'esercizio finanziario 1914-1915 ammonta ad un totale di L, 140.895.779,71 così ripartite:

Parte ordinaria Parte straordinaria Totale spese effettive Partite di giro L. 133.461.367,64 » 5.706.857,50 L. 139.168.225,14 » 1.727.554.57 L. 140.895.779/71 L’aumento in confronto del bilancio dì previsione 1913-1911 è di L. 3.186.132,69.

F’arte ordinaria L. 2.187.637,44

Parte straordinaria » 988.040

-Totale aumento nelle

effettive spese L. 3.175.677,44

Partite di giro » 10.455,25

Aumento complessivo L. 3.186.132,69

Il b i l a n c i o d e l l a c o l o n i a E r i t r e a . — E ’ stato d i­ stribuito alla Camera dei Deputati il rendiconto con­ suntivo della Colonia Eritrea per l’esercizio finanziario 1910-191! presentato dal Ministero del Tesoro, oii. Tedesco.

11 rendiconto offre le seguenti risultanze:

Entrate accertate in conto competenza — esclusi i reintegri — I,. 12,594,886,74, con una differenza in meno in confronto della previsione di L. 13,709,093,10 di L. 1,114,205,36.

Spese accertate in conto competenze — esclusi i reintegri L. 12,773,997,12 con una differenza in meno in confronto della previsione di L. 13,709,093,10 di lire 935,095,98. Differenza in meno L. 179,110,38, il cui ammontare trova corrispondenza nell’uguale dif­ ferenza in più risultante dal conto residui: per mag­ giori entrate L. 24,395,15; per minori spese L. 154,- 715,23. Vale a dire L. 179,110,38, épperò la gestione si chiude in perfetto pareggio.

F i n a n z e d e g i i S t a t i U n i t i . — Secondo il rapporto sull’esercizio finanziario 1912-1913, presentato al Con­ gresso dal segretario del Tesoro, le entrate ascendono a 747.412.000 dollari (1 dollaro — L. 5.18), e cioè: 724.111.000 dollari per le entrate ordinarie e 23,401.000 dollari per le straordinarie. Le spese ascendono a 748.704.000 dollari, e cioè: 682.771.000 dollari p erle spese ordinarie, escluse quelle postali e quelle pel canale di Panama, e 65.933.000 dollari per le spese straordinarie.

Le spese ordinarie si suddividono così : civili

170.830.000 dollari ; militari 160.387.000 ; navali

133.263.000 ; servizio indiano 20.306.000 pensioni 175.086.000; interessi del debito pubblico 22.099.000. Le spese pel canale di Panama sono ascese a dollari 41.741.000.

Le entrale postali sono state di 266.620.000 dollari di cui 262.109.000 dollari sono stati assorbiti dalle spese, con un’eccedenza di 4.511.000 dollari.

L'eccedenza di 1.192.000 dollari delle spese sulle entrate è coperta con un prelevamento sui fondi di riserva, i quali ascendevano ranno scorso a 167.152.000 dollari.

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