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CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN DISCIPLINE GIURIDICHE (CURRICULUM DIRITTO AMMINISTRATIVO) XXIX CICLO

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CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN DISCIPLINE GIURIDICHE (CURRICULUM DIRITTO AMMINISTRATIVO)

XXIX CICLO

LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELL’AMMINISTRAZIONE

Dottorando:

VINCENZO DAVIDE GRECO Tutor:

Prof.ssa MARIA ALESSANDRA SANDULLI Coordinatore:

Prof. GIUSEPPE GRISI

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Capitolo I

La responsabilità precontrattuale nei rapporti fra privati Introduzione

1) La responsabilità precontrattuale

2) Responsabilità precontrattuale per mancata conclusione del contratto

2.1 La revoca della proposta ex art. 1328 c. c.: responsabilità precontrattuale o responsabilità da atto lecito dannoso?

3) Responsabilità precontrattuale in caso di conclusione di un contratto invalido o inefficace

4) Responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido 4.1 Ritardo nella conclusione del contratto

4.2 Violazione degli obblighi informativi e responsabilità precontrattuale 4.3 Responsabilità precontrattuale e “vizi incompleti”

4.4 Responsabilità precontrattuale e “vizi completi”

5) Il danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale: interesse negativo?

6) Natura giuridica della responsabilità precontrattuale

6.1 Responsabilità precontrattuale come ipotesi di responsabilità extracontrattuale 6.2 Responsabilità precontrattuale come ipotesi di responsabilità contrattuale 6.3 Responsabilità precontrattuale come “tertium genus" di responsabilità 6.4 Disciplina applicabile alla responsabilità precontrattuale

7) L’affidamento incolpevole del danneggiato come elemento essenziale dell’illecito precontrattuale. Conseguenze in ordine alla natura giuridica e disciplina applicabile.

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Capitolo II

La responsabilità precontrattuale nei rapporti fra amministrazione e privato Introduzione

1) La progressiva estensione della culpa in contrahendo ai rapporti fra amministrazione e privato.

2) Il danno risarcibile: interesse negativo?

3) Natura giuridica della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione 3.1. Natura giuridica della responsabilità da illegittimo esercizio del potere amministrativo 3.2. Natura giuridica della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione:

estendibilità delle considerazione svolte in tema di responsabilità da illegittimo esercizio del potere?

4) Il riparto di giurisdizione in materia di responsabilità precontrattuale dell’amministrazione

5) Disciplina applicabile alla responsabilità precontrattuale dell’amministrazione

6) La tutela dell’affidamento incolpevole nella validità degli atti amministrativi : il c.d. danno da provvedimento favorevole

6.1. La rilevanza dell’affidamento del privato 6.2. “Danno da provvedimento favorevole”

6.3. Riparto della giurisdizione

7) La violazione dei termini di conclusione del procedimento amministrativo ed il danno da

“mero ritardo”

8) La rilevanza dell’affidamento incolpevole del privato nell’illecito precontrattuale dell’amministrazione.

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CAPITOLO I

LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE NEI RAPPORTI FRA PRIVATI

Il presente capitolo analizza l’istituto della responsabilità precontrattuale nell’ambito dei rapporti fra privati.

L’analisi delle dinamiche applicative e delle evoluzioni che l’istituto ha avuto negli ultimi decenni è propedeutico allo studio della responsabilità precontrattuale nei rapporti fra amministrazione e privato.

Infatti, l’illecito precontrattuale della p.a., pur avendo innegabili peculiarità strutturali e di disciplina, è pur sempre riconducibile al genus responsabilità precontrattuale; un caso emblematico di comunicazione fra ciò che accade nel diritto civile e nel diritto amministrativo si può cogliere in ordine alla scissione fra il piano della validità dell’atto (rispetto delle norme di validità) ed il piano della liceità del comportamento (rispetto norme di condotta), che recentemente la giurisprudenza ha invocato proprio in tema di responsabilità precontrattuale.

La prima parte del capitolo è dedicata allo studio del “campo di applicazione”

dell’istituto.

Dapprima si analizzeranno le due tradizionali ipotesi di responsabilità precontrattuale, ossia il recesso ingiustificato dalle trattative e l’omessa comunicazione di una causa di invalidità del contratto, e si rileggeranno, anche in ottica sistematica e critica, alcune questioni altamente dibattute, come ad esempio la tradizionale affermazione secondo la quale non vi è affidamento tutelabile in presenza di norme imperative violate, in quanto assistite da presunzione assoluta di conoscenza.

Verranno poi analizzate le “nuove frontiere” della responsabilità precontrattuale, frutto di recentissime svolte giurisprudenziali, che hanno recepito autorevoli scritti della dottrina volti a teorizzare l’esistenza della responsabilità anche in ipotesi di conclusione di un contratto valido (c.d. vizi incompleti) ma svantaggioso per la parte che ha subito la scorrettezza. A tal fine occorrerà approfondire la differenza fra norme di validità e norme di condotta, per individuare il corretto rimedio utilizzabile in caso di violazione

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di specifici precetti trovanti il loro fondamento nella più recente legislazione speciale a tutela del consumatore o parte debole del rapporto contrattuale.

Inoltre sarà necessario accennare all’ulteriore approdo della dottrina e giurisprudenza, che sono giunte a configurare l’illecito precontrattuale anche in ipotesi di contratto viziato-invalido ma non caducato. Tale ultima affermazione presuppone la completa autonomia fra i rimedi (caducatorio e risarcitorio) come conseguenza della autonomia fra il piano delle regole di validità e quello delle regole di condotta.

Dopo questa prima parte dedicata al “campo di applicazione” dell’istituto, nella seconda parte verranno affrontati degli aspetti comuni a tutte le ipotesi di illecito precontrattuale.

In particolar modo, ci si soffermerà sul danno risarcibile, che tradizionalmente viene ricondotto al concetto di “interesse negativo”; tale nozione verrà sottoposta a revisione critica, sia sul versante quantitativo sia su quello qualitativo.

In secondo luogo si affronterà la tematica, oggetto oggi di un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza, della natura della responsabilità in esame, se essa sia riconducibile al genus della extracontrattuale o della contrattuale o se configuri un tertium genus. A tal fine sarà necessario dare atto di quell’autorevole dottrina e giurisprudenza, che sta riscuotendo sempre maggiore adesione, tendente a ricondurre la responsabilità precontrattuale nell’alveo di quella contrattuale da contatto sociale qualificato.

Infine, si affronterà il tema della rilevanza dell’affidamento incolpevole nell’ambito della fattispecie di illecito precontrattuale. Ci si soffermerà, in particolar modo, su come questo elemento si inserisce nell’ambito della tradizionale disciplina della responsabilità civile, apportando una vistosa deroga ad una regola generale consacrata nell’art. 1227 comma 1 c.c.

Una volta individuata la ragion d’essere della deroga sarà possibile riflettere sulla effettiva assimilabilità della culpa in contrahendo alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

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1. La responsabilità precontrattuale

La responsabilità precontrattuale1 è un particolare tipo di responsabilità civile che opera tutte quelle volte in cui nella fase delle trattative contrattuali una parte viola il dovere di buona fede cagionando all’altra un pregiudizio2.

Tradizionalmente si ritiene che essa trovi fondamento nell’art. 1337 c.c., che rappresenta la norma di carattere generale in tema di culpa in contrahendo.

La suddetta disposizione afferma che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

1Per una prima ed essenziale bibliografia in materia, senza pretesa di completezza, e salvo il richiamo alle opere che citeremo nel corso della trattazione, cfr. G. FAGGELLA, Dei periodi precontrattuali e della loro vera ed esatta costruzione scientifica, in Studi giuridici in onore di C. Fadda, Napoli, 1906.; L.

MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. Dir. Comm., 1956, p. 360 e ss.; F.

BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, passim; ID, Culpa in contrahendo, in Contr.

Impr., 1987, p. 285; N. STOLFI, Il principio di buona fede, in Riv. Dir. Comm., 1964, I, p. 163 e ss.; A.

RAVAZZONI, La formazione del contratto, I, Le fasi del procedimento, Milano, 1966, passim; ID, La formazione del contratto, II, Le regole di comportamento, Milano, 1974, passim; R. SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, in Commentario al codice civile Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 200 e ss.; M. BESSONE, Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza (Osservazioni in tema di recesso dalla trattativa), in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1972, p. 983 e ss.; M. L. LOI, F. TESSITORE, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975, passim; C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 1984, p. 83 e ss.; G. GRISI, L’obbligo precontrattuale d’informazione, Napoli, 1990, passim; C.

TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, passim; ID, L’interesse negativo nella culpa in contrahendo (Verità e distorsioni della teoria di Jhering nel sistema tedesco e italiano), in Riv. Dir. Civ., 2007, p. 166 e ss.; G. PATTI, S. PATTI, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, in Il Codice civile. Commentario diretto da P. Schlesinger, Milano, 1993, passim; F.

FERRO LUZZI, L’imputazione precontrattuale. Il preliminare, le trattative, Padova, 1999; A. C.

NAZZARO, Obblighi di informare e procedimenti contrattuali, Napoli, 2002; A. DE MAURO, F.

FORTINGUERRA, La responsabilità precontrattuale, Padova, 2002; G. PERLINGIERI, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 del codice civile, Napoli, 2003,; ID, L’Inesistenza della differenza fra regole di comportamento e regole di validità nel diritto italo- europeo, Napoli, 2013; P. GALLO, Responsabilità precontrattuale. La fattispecie, in Riv. Dir. Civ., 2004, I, p. 295 e ss.; ID, Responsabilità precontrattuale: il quantum, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 487 e ss.; F.

FORTINGUERRA, S. TOMMASI, A. DE MAURO (a cura di), La responsabilità precontrattuale, Padova, 2007, passim; N. SAPONE, La responsabilità precontrattuale, Milano, 2008; T. FEBBRAJO, La nuova responsabilità precontrattuale, in Riv. Dir. Priv., 2011, p. 195 e ss.; L. DI DONNA, I rimedi nella fase precontrattuale, in Rass. Dir. Civ., 2012, p. 1061 e ss.;

V. BELLOMIA, La responsabilità precontrattuale tra contrattazione civile, del consumatore e d’impresa, Milano, 2012; F. CEPPI, La responsabilità precontrattuale: antiche e nuove questioni, in Il codice civile tra Costituzione e ordinamento comunitario, Atti del Convegno Università per stranieri di Perugia, 9 marzo 2012, Napoli, 2012, p. 127 e ss.; V. ROPPO, Spunti in tema di responsabilità pericontrattuale. Dialogo con Giorgio De Nova a margine della sentenza di Cassazione sul lodo Mondadori, in Resp. Civ. e Prev., 2014, p. 16 e ss.; A. PUTIGNANO, Obbligo di buona fede durante le trattative e contratto svantaggioso, Commento a Cass. Civ., sez. IV, 2013, n. 23873, in I contratti, IV, 2014, p. 341 e ss.

2 Di fondamentale importanza appare la lettura dell’opera di R. von JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadenservrsatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelante Vertragen, in Jherings jahrbücher, 4, 1861; nella versione italiana, Della culpa in contrahendo, ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, trad. a cura di F. PIROCCHI, Napoli, 2005, p. 83 e ss.

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La più recente evoluzione dottrinale e giurisprudenziale è giunta ad individuare tre distinte ipotesi nelle quali insorgerebbe tale forma di responsabilità: a) in caso di mancata stipulazione del contratto (c.d. recesso dalle trattative); b) in caso di stipulazione di un contratto invalido o inefficace; c) in caso di stipulazione di un contratto valido ma svantaggioso a causa di scorrettezze intervenute nella fase delle trattative.

Risulta pertanto opportuno, anche al fine di cogliere i profili comuni del genus

“responsabilità precontrattuale”, analizzare dapprima separatamente le suddette tre ipotesi.

2. Responsabilità precontrattuale per mancata conclusione del contratto

L’ipotesi tradizionale di responsabilità precontrattuale, che viene normativamente ricondotta all’art. 1337 c.c., è quella del c.d. recesso ingiustificato dalle trattative.

Essa si configura quando, nel corso delle trattative, una parte, in maniera ingiustificata, interrompe le stesse o comunque si rifiuta di stipulare il contratto oggetto delle suddette trattative.

In tal caso, se il recesso è ingiustificato e tradisce l’affidamento riposto dall’altra parte, la parte recedente sarà obbligata a risarcire i danni causati.

Quest’ipotesi di responsabilità rappresenta un temperamento della tradizionale libertà dei privati nella fase precontrattuale.

In omaggio all’autonomia privata infatti, i soggetti privati non sono, di regola, obbligati a stipulare un certo contratto e non sono neppure obbligati, di regola, a seguire un certo procedimento per addivenire alla conclusione di un contratto.

Tuttavia tale libertà non può certo legittimare condotte abusive o scorrette, tali da pregiudicare altri privati con cui si entra in contatto.

Dunque, ferma la libertà di addivenire alla conclusione del contratto, la parte deve comportarsi secondo buona fede e se non lo fa sarà tenuta a risarcire i danni.

In tale contesto coesiste la libertà nella scelta di concludere il contratto con il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza.

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L’obbligo di contrarre, di fonte volontaria o legale, esclude la responsabilità precontrattuale, perché in tal caso l’obbligato sarà responsabile per inadempimento, ed il risarcimento del danno si parametrerà sull’interesse positivo, ossia quello che sarebbe stato soddisfatto dall’adempimento dell’obbligazione3.

Quanto ai presupposti di questa fattispecie di responsabilità, il primo è che ci si trovi nella fase delle “trattative”.

L’art. 1337 c.c., per la verità, fa riferimento a due momenti diversi quali lo svolgimento delle trattative e la formazione del contratto.

Per formazione del contratto si intende il compimento di uno degli atti tipici del procedimento di formazione del contratto, come ad esempio la proposta contrattuale, nel classico schema di formazione del contratto costituito dallo scambio proposta- accettazione.

Per “svolgimento delle trattative” si intende, residualmente, quella fase anteriore alla stipula del contratto in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipulazione del contratto, senza ancora porre in essere alcuni di quegli atti di proposta e di accettazione che integrano il vero e proprio processo formativo del contratto4. Attraverso questo riferimento il legislatore ha voluto conferire all’illecito precontrattuale un carattere di atipicità, sul modello dell’illecito extracontrattuale ex art.

2043 c.c.

Infatti, la scorrettezza può avvenire non solo ponendo in essere uno degli atti tipici di carattere prenegoziale, come la proposta, l’accettazione e le loro revoche, ma anche al di fuori di essi e/o prima di essi5.

Questo riferimento anche alle trattative che non necessariamente si sono estrinsecate in un atto tipico prenegoziale rappresenta un netto superamento dell’antica concezione restrittiva della responsabilità precontrattuale, secondo la quale essa potrebbe avere luogo solo in presenza di una proposta contrattuale, prima della quale ci si troverebbe in una fase meramente preparatoria giuridicamente irrilevante ed incapace di fondare alcun tipo di responsabilità ed obbligo6.

3 C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 1984

4 Cass., 13 luglio 1968, n.2521

5 L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M.

BESSONE, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

6 V.L. COVIELLO, Della cosiddetta culpa in contrahendo, Filangeri, 1990, p. 723

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Nel passato infatti si riteneva che in assenza di proposta contrattuale non potesse configurarsi illecito precontrattuale. Nei primi anni del ventesimo secolo fu possibile superare questa impostazione grazie ad una più attenta riflessione sui momenti in cui si articola il processo di formazione del contratto7. Ciò che connota il passaggio dalla fase dell’ideazione del contratto e dei meri contatti preliminari alla trattativa precontrattuale è costituito da una autorizzazione, anche tacita, a trattare data dall’altra parte.

Ogni parte darebbe dunque all’altra una autorizzazione e tale atto, anche tacito, segnerebbe il confine inferiore dell’illecito precontrattuale; prima di tale momento l’attività è giuridicamente irrilevante e non può fondare alcun tipo di responsabilità.

Dunque non è sufficiente un mero contatto preliminare per far sorgere il dovere di buona fede precontrattuale ex art. 1337 c.c., essendo invece necessario che si sia instaurata una relazione connotata da una certa serietà, suscettibile di creare affidamento, pur non essendo necessario che si sia giunti ad un accordo su alcuni elementi essenziali del contratto.

Occorre quindi chiarire quale sia il confine inferiore e superiore del concetto di trattativa.

Il primo separa le trattative dai c.d. contatti preliminari, che invece non possono fondare responsabilità precontrattuale, viene individuato nell’autorizzazione a trattare.

Il secondo separa le trattative dal contratto, che invece dà luogo normalmente a responsabilità contrattuale da inadempimento delle obbligazioni sorte, fermo restando che può, in alternativa, dar luogo a responsabilità precontrattuale secondo altri schemi diversi dal recesso dalle trattative, in quanto la più recente dottrina ritiene che la conclusione del contratto non assorba l’illiceità della condotta precontrattuale.

Date queste differenze sarebbe opportuno distinguere le trattative in senso stretto, ossia gli atti atipici diversi dalla proposta ed accettazione che possono comunque fondare responsabilità precontrattuale, dalla trattativa in senso ampio, comprensiva anche degli atti tipici prenegoziali.

Dunque, quando normalmente si afferma che l’art. 1337 c.c. si riferisce all’ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative, ci si riferisce chiaramente alle trattative in senso ampio.

7 G. FAGGELLA, Dei periodi precontrattuali e della loro vera ed esatta costruzione scientifica, in Studi giuridici in onore di C. Fadda, Napoli, 1906

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Il secondo fondamentale presupposto di questa ipotesi di responsabilità è costituito dalla violazione del dovere di buona fede8.

Il recesso dalle trattative deve costituire un comportamento contrario alla buona fede.

Senza questo requisito, anche se viene tradito l’affidamento dell’altro soggetto ed anche se viene causato un danno, non si versa in responsabilità.

Ciò in quanto, come detto, la responsabilità precontrattuale non contraddice né deroga alla libertà di addivenire alla stipula del contratto.

Il contemperamento degli interessi viene infatti individuato dal legislatore nel sanzionare le sole condotte oggettivamente scorrette del recedente, fermo restando la liceità dei recessi non scorretti anche se tradiscono l’altrui affidamento cagionando danni.

Occorre dunque precisare il significato di questo requisito, trattandosi di un elemento centrale nella suddetta fattispecie di responsabilità.

Il legislatore non ha descritto minuziosamente le specifiche condotte considerate scorrette, ma ha fatto riferimento a tale clausola generale, rendendo, di fatto, l’illecito precontrattuale atipico.

Il termine buona fede, in generale nel diritto privato, viene inteso in due accezioni diverse9.

Un primo gruppo di norme fanno riferimento alla buona fede in senso soggettivo, come ad esempio nell’art. 1147 c.c. in tema di possesso di buona fede, dove la buona fede si identifica nell’ignoranza di ledere l’altrui diritto nel compimento di una certa attività positiva sul bene

Rientrano nella buona fede soggettiva anche le norme che danno rilevanza alla situazione di affidamento nella apparenza di un rapporto giuridico e che legittimano l’acquisto a non domino, come ad esempio l’art. 1153 c.c. che dà rilevanza all’affidamento riposto dall’acquirente sulla titolarità della proprietà in capo all’alienante.

In entrambi i gruppi di norme ciò che rileva è l’atteggiamento soggettivo, di ignoranza o di erronea credenza.

8 C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 1984

9 S. RODOTA’, Appunti sul principio di buona fede, in Foro pad., 1964, I, 1283 e ss.

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La buona fede soggettiva è dunque un fatto giuridico che costituisce un ulteriore elemento della fattispecie in cui è richiesta; per acquistare la proprietà del bene mobile non registrato ex art.1153 c.c. occorre l’acquisto del possesso (primo elemento), il titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà (secondo elemento) e la buona fede soggettiva10 (terzo elemento).

La buona fede oggettiva invece ha carattere di norma di comportamento, imponendo un comportamento improntato a lealtà e correttezza verso le altre parti, come ad esempio l’art. 1375 c.c. che dispone che il contratto deve essere eseguito secondo buona fede11.

Si ritiene che le singole norme che fanno riferimento alla buona fede oggettiva siano la proiezione, nei singoli momenti (di formazione e di attuazione) del rapporto obbligatorio, di un’unica direttiva di principio, racchiusa nella formula di cui all’art.

1175 c.c., il quale dispone che, il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza12.

L’art. 1337 c.c. si ritiene faccia riferimento ad un concetto oggettivo di buona fede, intesa come correttezza e lealtà nei reciproci rapporti, fermo restando che non è del tutto irrilevante l’atteggiamento soggettivo dell’altra parte che subisce il comportamento scorretto.

La più recente evoluzione giurisprudenziale e dottrinale afferma inoltre, irrobustendo la portata dei doveri comportamentali nella fase delle trattative, che la buona fede imporrebbe ex art. 1337 c.c. una serie di doveri comportamentali non solo negativi di astensione, ma anche positivi, tutti finalizzati a salvaguardare l’altra parte, con la quale si entra in contatto, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio.

Pertanto l’art. 1337 c.c. rappresenta la fonte di una serie di doveri di chiarezza, informazione, custodia e segreto a carico dei soggetti, doveri non esplicitamente previsti dalla legge ma desumibili dalla clausola generale della buona fede nelle trattative13.

10 A nulla rileva il fatto che la buona fede soggettiva sia presunta iuris tantum in alcune ipotesi, come quella di cui all’art. 1153 c.c., non incidendo la presunzione relativa sulla struttura della fattispecie sostanziale, avendo essa al contrario effetti sul piano meramente processuale.

11 N. STOLFI, Il principio di buona fede, in Riv. Dir. Comm., 1964, I, p. 163

12 L. NANNI, La buona fede contrattuale, I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, collana diretta da F. Galgano, Padova, 1988, p. 145 ss..

13 C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 1984

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Il dovere di chiarezza impone di utilizzare un linguaggio facilmente comprensibile dalla controparte in modo da consentire la piena comprensione dell’affare ed evitare sopraffazioni causate dal diverso livello di comprensione del significato tecnico dei termini utilizzati.

Il dovere del segreto vieta di divulgare a terzi le informazioni che i soggetti hanno appreso a causa o in occasione delle trattative; tale obbligo ha una portata maggiore rispetto ad eventuali norme penali tendenti a sanzionare le predette condotte di rivelazione di segreto o informazioni riservate.

Il dovere di custodia ha ad oggetto tutti i beni che sono stati consegnati al soggetto nel corso delle trattative e deve essere adempiuto con la diligenza ordinaria ex artt.

1176-1177 c.c.; esso trova conferma nell’art. 1718 c.c. che pone a carico del mandatario tale obbligo anche se non ha accettato l’incarico, quindi anche se non vi è il contratto di mandato.

I doveri di informazione14 nella fase delle trattative sono stati oggetto di un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

L’art.1337 c.c. impone in capo alle parti di comunicare all’altra le circostanze rilevanti ai fini dell’affare.

Definire in maniera precisa e puntuale quali siano questi obblighi ed in cosa consistano è cosa ardua, in quanto la loro ampiezza e consistenza dipende da una serie di circostanze di fatto del caso concreto e dal tipo di negoziazione.

A tal fine, per riempire di significato tale obblighi di informazione atipici nascenti dall’art. 1337 c.c., occorrerà effettuare un contemperamento fra i diversi interessi della trasparenza e dell’autoresposabilità15.

Da un lato, la trasparenza, sempre più avvertita dai mercati e dalla recente società, induce ad ampliare l’obbligo informativo a carico del contraente in possesso di informazioni rilevanti, dall’altro, occorre non gravare eccessivamente il soggetto in possesso dell’informazione da oneri eccessivi ed occorre evitare che l’altra parte trasli totalmente i costi della negoziazione sulla parte in possesso delle informazioni. Esaltare

14 G. PERLINGIERI, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art.

1337 del codice civile, cit., p. 21 e ss. ; 126 G. GRISI, L’obbligo precontrattuale di informazione, p. 43 e ss. 15 L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M.

BESSONE, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

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eccessivamente l’esigenza di trasparenza, ed i connessi obblighi informativi, significherebbe premiare la pigrizia e l’ignoranza dell’altra parte che, con atteggiamento parassitario, attende di ricevere dall’altra parte informazioni che avrebbe facilmente potuto procurarsi autonomamente.

E’ necessario quindi trovare un punto di incontro fra l’obbligo di informazione (figlio di esigenze di trasparenza) e l’onere di autoinformarsi (figlio del principio di autoresponsabilità)16.

Tale punto di incontro, in assenza di una previsione legislativa puntuale, andrà rinvenuto tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, facendo leva sul concetto di sacrificio apprezzabile; se l’informazione poteva essere acquisita dall’altra parte con uno sforzo non eccessivo e concretamente esigibile non potrà affermarsi responsabilità in capo alla parte che non ha comunicato l’informazione.

Oltre ai doveri di informazione atipici, ossia nascenti dalla clausola generale della buona fede precontrattuale ex art. 1337 c.c., a volte il legislatore tipizza alcuni obblighi, come ad esempio accade nell’art. 1338 c.c. che obbliga la parte a comunicare la causa di invalidità del contratto.

Nella più recente legislazione speciale spesso il legislatore ha imposto, in capo agli operatori di settore, svariati obblighi di informazione, più o meno dettagliati, nella fase delle trattative.

Sui problemi nascenti dalla violazione di tali obblighi e sulla conseguente configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido, si rinvia al paragrafo 4 del presente capitolo.

2.1 La revoca della proposta ex art. 1328 c.c. : responsabilità precontrattuale o responsabilità da atto lecito dannoso?

Un’ipotesi particolare di responsabilità, che spesso viene accostata alla responsabilità precontrattuale da recesso ingiustificato dalle trattative, è quella prevista dall’art. 1328 c.c.17

16 F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963

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Ferma la recettizietà della proposta e dell’accettazione (e dunque che il contratto è concluso solo nel momento in cui il proponente giunge a conoscenza dell’accettazione), se però viene revocata la proposta e l’accettante, prima di avere notizia della revoca, ne ha intrapreso in buona fede l’esecuzione, il proponente deve indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l’esecuzione della prestazione.

Dunque, fermo restando che il contratto non si è concluso per effetto della revoca della proposta, se l’accettante ha in buona fede eseguito la prestazione e si vede inconsapevolmente revocata la proposta, il proponente deve corrispondergli l’indennizzo indicato.

Secondo una parte minoritaria degli interpreti si tratterebbe di un’ipotesi tipica di responsabilità precontrattuale per recesso dalle trattative, dato che è indubitabile che la revoca della proposta rientri nel perimetro applicativo dell’art. 1337 c.c., essendo una condotta tenuta nel procedimento tipico di formazione del contratto.

In realtà questa norma non configura un’ipotesi speciale di responsabilità precontrattuale, e ciò è confermato, in primo luogo, dal fatto che la norma non richiede che la revoca della proposta sia contraria a buona fede, ossia costituisca un comportamento scorretto del proponente, e, in secondo luogo, dal fatto che il risarcimento del danno è limitato ad una parte del danno emergente (da interesse negativo), non comprendendo il lucro cessante (da interesse negativo).

Tale fattispecie ha quindi carattere autonomo e sussidiario rispetto alla responsabilità precontrattuale da recesso ingiustificato dalle trattative; essa troverà applicazione solo ove non vi siano i presupposti della culpa in contrahendo.

Quindi, se la revoca della proposta è ingiustificata e costituisce atto contrario a buona fede, il proponente sarà tenuto a risarcire integralmente il danno ex art. 1337 c.c.

(comprensivo di danno emergente e lucro cessante), non già a corrispondere il più limitato indennizzo di cui all’art. 1328 c.c.

Solo se la revoca della proposta non è contraria a buona fede troverà dunque applicazione la fattispecie in esame.

17 N. DI PRISCO, Il principio di conformità fra proposta e accettazione nella costruzione del diritto contrattuale europeo, in Riv. Dir. Civ., 1998, II, p. 483 e ss.

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Quanto alla sua natura giuridica, si tratta di un’ipotesi eccezionale di responsabilità da atto lecito dannoso18, ossia un’ipotesi di responsabilità senza che sussista un obbligo giuridico violato, con la conseguenza che opererà oggettivamente, prescindendo dal dolo o dalla colpa dell’agente, a differenza di quanto si ritiene in tema di responsabilità precontrattuale.

Tale ricostruzione viene confermata anche dal dato letterale, a causa del fatto che la legge fa riferimento all’indennizzo e non già al danno, al pari di altre ipotesi eccezionali previste dalla legge agli artt. 924, 925, 2045 c.c.

3. Responsabilità precontrattuale in caso di conclusione di un contratto invalido o inefficace

L’art. 1338 c.c. prevede che “la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”.

Detta disposizione, secondo l’opinione prevalente della dottrina e giurisprudenza, configura una ipotesi particolare di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., trattandosi pur sempre di un comportamento contrario a buona fede tenuto nella fase delle trattative19.

18 L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M.

BESSONE, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

19 Parte della dottrina ha osservato la superfluità della disposizione sotto il profilo della tecnica legislativa: si è osservato che l’obbligo oggetto della disposizione sarebbe già ricompreso nella disciplina della clausola generale di cui all’art. 1337 del codice civile. La giustificazione della disposizione, a livello storico, sarebbe riconducibile all’influenza della ricostruzione della culpa in contrahendo proposta da Jhering sull’impianto della codificazione; l’utilità residua sarebbe rinvenibile in ragione degli scarsi indici normativi contenuti nell’art. 1337 del codice civile: sul punto F. BENATTI, Culpa in contrahendo, cit., p.

292 e ss.

215 Parla di “applicazione peculiare” dell’art. 1337 c.c., V. CUFFARO, Responsabilità precontrattuale, in Enc. Dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, p. 1266.; in argomento anche G. VISINITINI, La reticenza nella formazione del contratto, Padova, 1972, p. 108; G. MIRABELLI, Commento sub. artt. 1337-1338 c.c., Dei contratti in generale, in Commentario al codice civile, IV, t.2, Torino, 1980, sub. art. 1337-1338 c.c., p. 113

(16)

Gli elementi della suddetta fattispecie sono principalmente tre: la stipula di un contratto invalido, la presenza di una parte che conosceva o doveva conoscere la causa di invalidità e l’assenza di colpa in capo alla parte che subisce il danno.

Relativamente al primo elemento, è necessario chiarire cosa si intenda per contratto invalido20.

Certamente, da un punto di vista astratto21, vi rientrano i casi di nullità, che rappresenta la più grave forma di invalidità contrattuale22.

A tal proposito occorre segnalare che la prevalente giurisprudenza tende a negare l’applicabilità dell’art. 1338 c.c. in tutti quei casi in cui la nullità derivi dall’inosservanza di una norma imperativa di legge23.

Infatti le norme imperative sarebbero assistite da una presunzione assoluta di conoscenza e dunque mai potrebbe verificarsi un affidamento incolpevole da parte dei contraenti. Non può pertanto configurarsi l’obbligo di comunicazione, al cui

20 Cass. civ., sez. III, 08/07/2010, n. 16149 “La norma dell'art. 1338 c.c., finalizzata a tutelare nella fase precontrattuale il contraente di buona fede ingannato o fuorviato dalla ignoranza della causa di invalidità del contratto che gli è stata sottaciuta e che non era nei suoi poteri conoscere, è applicabile a tutte le ipotesi di invalidità del contratto, e pertanto non solo a quelle di nullità, ma anche a quelle di nullità parziale e di annullabilità, nonché alle ipotesi di inefficacia del contratto, dovendosi ritenere che anche in tal caso si riscontra la medesima esigenza di tutela delle aspettative delle parti al perseguimento di quelle utilità cui esse mirano mediante la stipulazione del contratto medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui, in relazione alla stipulazione di un preliminare di compravendita, aveva riconosciuto la responsabilità del promittente venditore nei confronti del promittente acquirente sul presupposto che questi aveva fatto legittimo affidamento nella conclusione del contratto senza conoscere che il bene era in comunione legale con il coniuge del promittente alienante).”

21 Ossia riferito al solo elemento in esame, prescindendo dagli altri della fattispecie di cui all’art. 1338 c.c.

22 Senza tener conto dell’(eventuale) inesistenza.

23 Cassazione civile sez. III 08 luglio 2010 n. 16149 “Non può configurarsi responsabilità per "culpa in contrahendo" allorquando la causa di invalidità del negozio, nota a uno dei contraenti, e da questi in ipotesi taciuta, derivi da una norma di legge che per presunzione assoluta deve essere nota alla generalità dei cittadini. Le norme di cui agli art. 1337 e 1338 c.c. mirano, infatti, a tutelare nella fase precontrattuale il contraente di buona fede ingannato o fuorviato da una situazione apparente, non conforme a quella vera, e, comunque, dall'ignoranza della causa d'invalidità del contratto che gli è stata sottaciuta, ma se vi è colpa da parte sua, potendo con l'ordinaria diligenza venire a conoscenza della reale situazione o della causa di invalidità del contratto, le norme suddette non sono più applicabili.” ; Cassazione civile sez. I 13 maggio 2009 n. 11135 “L'approvazione ministeriale del contratto stipulato con la P.A., prevista dagli art.

19 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e 337 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, costituisce condicio iuris, che incide non sulla formazione ma sulla efficacia del contratto, ed il suo diniego non consente di ravvisare una responsabilità precontrattuale della P.A., qualora la mancata approvazione derivi dalla violazione di norme di carattere generale, di cui può presumersi la conoscenza e la cui ignoranza avrebbe potuto essere superata attraverso l'uso della normale diligenza, non essendo in tal caso configurabile un affidamento incolpevole del privato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità precontrattuale della P.A. in un caso in cui la mancata approvazione di un contratto, ambiguamente indicato talora come «licitazione privata per appalto dei lavori» e talora come «atto di cottimo fiduciario», era dovuta alla violazione di norme imperative disciplinanti figure negoziali inconciliabili fra loro, anche ai fini della scelta del contraente).”

(17)

inadempimento è ricollegato l’obbligo di risarcire il danno, di cui all’art. 1338 c.c. in quanto esso avrebbe ad oggetto la norma imperativa di legge, la cui violazione determina la nullità del contratto.

Si pensi ad una compravendita immobiliare conclusa oralmente; l’obbligo di comunicare la causa di nullità avrebbe ad oggetto la norma imperativa stessa, ossia la norma che prescrive la forma scritta per i trasferimenti di diritti reali su immobili.

Inoltre, l’inapplicabilità dell’art. 1338 c.c. deriva anche dell’impossibilità di individuare, fra i due contraenti, il soggetto responsabile, in quanto con riferimento alla conoscenza astratta delle cause di invalidità entrambe le parti si troverebbero nella medesima posizione.

Questo non significa però che in tutti i casi di nullità del contratto è esclusa l’applicazione dell’art. 1338 c.c.

Infatti la fattispecie in esame troverà applicazione quando non è comunicato un presupposto di fatto a cui la norma imperativa ricollega la nullità, sanzionando con la nullità il contratto concluso in presenza o in assenza di quel presupposto di fatto.

Un’applicazione di tale distinzione si ha in relazione alla nullità per impossibilità dell’oggetto, materiale o giuridica24; si pensi alla vendita di un bene demaniale da parte di un privato nei confronti di un altro privato che ignora tale dato di fatto25 o alla nullità della cessione di un brevetto per assenza del requisito della novità.

Un conto è ignorare il fatto invalidante, un conto è invece ignorare la norma che ricollega a quel fatto l’invalidità26.

Nel primo caso il soggetto si rappresenta in maniera inesatta la fattispecie concreta (credo di acquistare un bene esistente mentre in realtà il bene è perito) e non già la fattispecie astratta (non credo che sia invalido il contratto con oggetto impossibile ).

Nel secondo caso il soggetto si rappresenta in maniera esatta la fattispecie concreta (so di acquistare un immobile oralmente) errando sulla fattispecie astratta (ignoro che la vendita immobiliare deve farsi necessariamente per iscritto).

Il fatto invalidante è di immediata percezione da parte di entrambi i contraenti in tali ultimi casi (entrambi immediatamente percepiscono che il contratto ha forma orale),

24 Se quest’ultima dipende da un presupposto di fatto.

25 Cass. n. 4120, 1997

26 L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M.

BESSONE, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

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mentre nei primi casi il fatto rientra nella sfera di conoscenza di una sola parte e l’altra può conoscerlo solo mediatamente (solo il venditore sa che il bene è perito mentre il compratore può non esserne a conoscenza).

L’art. 1338 c.c., secondo questa ricostruzione, entrerebbe in gioco solo quando la nullità dipende da un presupposto di fatto che la parte non può percepire immediatamente ma solo con la cooperazione dell’altra.

Tale ricostruzione accolta dalla giurisprudenza prevalente è stata sottoposta a svariate critiche da una parte della dottrina27.

In primo luogo, si è obiettato che, non esiste alcuna norma che prevede una presunzione assoluta di conoscenza delle norme imperative e non esiste altresì alcuna norma che distingue a seconda che l’ignoranza o errore cada su una norma imperativa o su un presupposto di fatto di applicazione della norma imperativa.

In secondo luogo, l’ampia formulazione utilizzata dal legislatore non autorizza ad escludere in radice l’illecito precontrattuale in caso di ignoranza di diritto che causa nullità per violazione di norma imperativa. La disposizione sarebbe sottoposta di fatto a parziale interpretatio abrogans, dato che i casi in cui si riscontra nullità sono normalmente dovuti alla violazione di una norma imperativa senza che vi siano errori sui presupposti di fatto.

Infine non si può desumere dall’art. 5 c.p. una presunzione assoluta di conoscenza delle norme imperative, perché questa norma è dettata per regolare vicende completamente diverse da quella in esame, non solo in quanto dettata nella materia penale, essendo volta ad evitare che un soggetto si sottragga alle conseguenze derivanti dalla commissione di un illecito, mentre l’art. 1338 c.c. non fa certo venir meno la nullità del contratto alla quale aggiunge un ulteriore effetto costituito dalla responsabilità precontrattuale. Inoltre occorre precisare che il rigore, nella materia penale, dell’art. 5 c.p. è stato stemperato da una storica pronuncia della Corte Costituzionale28, che lo ha dichiarato incostituzionale nella parte in cui non prevede la scusabilità dell’errore inevitabile, ossia incolpevole. Se dunque è venuta meno addirittura la presunzione assoluta in materia penale sancita espressamente dalla legge,

27 F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963; L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360 ss..

28 C.Cost. n. 364, 1988

(19)

non si vede perché tale presunzione debba continuare a sussistere nel diritto privato, tra l’altro in assenza di una previsione normativa.

Tale filone di pensiero non afferma tuttavia l’automatica risarcibilità del danno causato dall’aver confidato nella validità di un contratto nullo; infatti l’analisi si sposterà sull’accertamento dell’altro elemento della fattispecie di cui all’art. 1338 c.c., ossia l’affidamento incolpevole nella validità del contratto da parte dell’altro soggetto.

Occorrerà dunque analizzare se la parte ha fatto affidamento sulla validità del contratto (primo presupposto) e se tale affidamento non sia dovuto a colpa (secondo presupposto). Il giudizio sulla colpevolezza-incolpevolezza dell’affidamento dovrà essere condotto tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e dell’assolvimento dell’onere di diligenza e di informazione gravante su ogni consociato.

Pertanto rileveranno, a titolo esemplificativo, la chiarezza o l’oscurità del quadro normativo, l’incertezza giurisprudenziale, la presenza di rassicurazioni da parte di soggetti qualificati, le condizioni personali del soggetto.

Pur nell’ambito di questa corrente di pensiero che supera l’interpretazione restrittiva prevalente in giurisprudenza, vi sono dei casi in cui è strutturalmente non configurabile la fattispecie di cui all’art. 1338 c.c. a causa dell’incompatibilità della specifica causa di nullità con il requisito dell’affidamento incolpevole. Si pensi alla nullità per motivo illecito comune e determinante ex art. 1345 c.c., dove il motivo deve essere comune ad entrambi i contraenti e dunque deve necessariamente essere conosciuto dalle parti e dunque mai si potrà configurare affidamento incolpevole.

Nella nozione di contratto invalido vi rientra certamente anche il contratto annullabile29.

Sul punto esistono due filoni interpretativi in ordine al campo di applicazione dell’art. 1338 c.c. in relazione al contratto annullabile. Secondo una prima ricostruzione30 la fattispecie in esame trova applicazione in tutti i casi di annullabilità, anche quando la causa di annullabilità è realizzata dal soggetto.

Secondo un’altra parte della dottrina, per individuare il campo di applicazione dell’art. 1338 c.c. è necessario soffermare l’attenzione sul fatto che la norma ricollega la

29 Rimandando al prosieguo della trattazione se sia o meno necessario che l’annullabilità sia stata pronunciata.

30 R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, p. 220 s.

(20)

responsabilità precontrattuale non alla causazione dell’invalidità del contratto, bensì all’omessa comunicazione di una causa di invalidità. Ciò significa che l’art. 1338 c.c. si riferisce ai soli casi in cui entrano in gioco condotte omissive, di mancata comunicazione di una causa di invalidità, e non già condotte commissive della causa di invalidità in esame. La centralità dell’obbligo di comunicare le cause di invalidità, obbligo positivo, e della correlativa responsabilità per omessa comunicazione, responsabilità per omissione, è testimoniata, oltre dal dato letterale, anche dalla rubrica dell’art. 1338 c.c. intitolata “Conoscenza delle cause d’invalidità”.

La fattispecie in esame dunque troverebbe applicazione solo in alcune ipotesi di annullabilità e non già in tutte; in particolare non troverebbe applicazione quando la causa di annullabilità è realizzata direttamente dalla condotta di un contraente, come nei casi di dolo o violenza di un contraente nei confronti dell’altro31. In queste ipotesi infatti il rimprovero che si può muovere al contraente che ha esercitato violenza o ha posto in essere artifici o raggiri non attiene all’omessa comunicazione della causa di invalidità, ma attiene, più in generale, all’aver posto in essere un comportamento scorretto nella fase delle trattative ed è pertanto riconducibile all’art. 1337 c.c.

Diversa è invece l’ipotesi in cui il contraente è a conoscenza32 della violenza esercitata dal terzo e ciononostante conclude il contratto, approfittando della situazione;

in questo caso il contraente omette di comunicare una causa di invalidità e si rientrerà appieno nella fattispecie di cui all’art. 1338 c.c.

Una particolare ipotesi di responsabilità precontrattuale da contratto inefficace è costituita da quella prevista dall’art. 1398 c.c. in caso di rappresentanza senza potere33.

Laddove il falsus procurator abbia concluso il contratto in nome e per conto del rappresentato senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, egli sarà responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

31 L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M.

BESSONE, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

32 O avrebbe potuto esserlo con l’ordinaria diligenza.

33 L. NIVARRA, Tutela dell’affidamento e apparenza nei rapporti di mercato, in Europa e diritto privato, 2013, p. 838 e ss.

(21)

Questa disposizione si inserisce nel più ampio quadro normativo che prevede che il contratto concluso dal rappresentante senza potere sia inefficace, non solo per il rappresentato ma anche per il rappresentante ed il terzo contraente.

Dunque, in virtù del combinato disposto di queste due regole generali, il contratto sarà inefficace ed il terzo contraente di buona fede potrà chiedere i danni (al rappresentante senza potere) patiti per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Tale fattispecie risarcitoria è ritenuta, dalla prevalente dottrina34 e giurisprudenza35, un’ipotesi speciale di responsabilità precontrattuale ed in particolare una ipotesi speciale della fattispecie di cui all’art. 1338 c.c.

Notevoli sono infatti gli elementi in comune, come il danno risarcibile, pari al c.d.

interesse negativo, l’affidamento incolpevole del terzo contraente, che deve aver confidato senza colpa della sussistenza del potere rappresentativo, il fatto che la condotta si inserisce certamente nella fase delle trattative e che la condotta del rappresentante senza potere costituisce condotta contraria a buona fede oggettiva, non avendo comunicato l’assenza del potere rappresentativo36.

Tuttavia, una parte della dottrina ha sottolineato che mancherebbe un elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 1338 c.c., ossia la conoscenza o conoscibilità da parte del falsus procurator dell’assenza del potere rappresentativo. Se tale elemento non fosse richiesto dalla fattispecie in esame non se ne potrebbe predicare la specialità rispetto all’art. 1338 c.c. e si dovrebbe affermare che l’art. 1398 c.c. prevede una forma di garanzia dell’esistenza del potere rappresentativo. Ma ciò non è sostenibile, in quanto gli effetti del contratto concluso non si producono in capo al falsus procurator, essendo il contratto concluso inefficace.

34 F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1981; F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963 ;

35 Cassazione civile sez. III 20 febbraio 1987 n. 1817 “La responsabilità del "falsus procurator" prevista dall'art. 1398 c.c. si configura come "culpa in contrahendo" (o responsabilità precontrattuale) con la conseguenza che i danni risarcibili sono riconosciuti nei limiti del cosiddetto interesse negativo, rappresentato sia dalle spese inutilmente effettuate che dalla perdita di ulteriori occasioni presentatesi nel corso delle trattative con il "falsus procurator"; e l'obbligazione risarcitoria, anche quando concerne il rimborso di una spesa di importo determinato sostenuta dal contraente incolpevole, non perde la sua natura di debito di valore - come tale suscettibile di rivalutazione monetaria - in quanto mira alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato, e la somma di danaro non rappresenta l'oggetto di tale obbligazione ma solo un elemento di commisurazione del danno.”

36 Che impedisce al negozio di produrre i suoi effetti tipici.

(22)

E’ pertanto corretto ritenere che l’art. 1398 c.c., pur non prevedendo esplicitamente il requisito della conoscenza o conoscibilità del difetto di rappresentanza, costituisca comunque un’ipotesi speciale di responsabilità precontrattuale ex art. 1338 c.c. e dunque richieda comunque il requisito non esplicitamente ribadito nell’art. 1398 c.c., anche a causa della natura non oggettiva ma soggettiva della responsabilità precontrattuale come istituto di carattere generale.

Dunque, anche se non previsto, il dolo o la colpa (che equivale alla conoscenza o alla conoscibilità del difetto di rappresentanza) del falsus procurator è un elemento essenziale anche di questa fattispecie.

In ordine all’applicazione di questa ipotesi di responsabilità, uno degli aspetti più controversi è il rapporto fra la facoltà del terzo di chiedere al rappresentante la giustificazione dei suoi poteri (art. 1393 c.c.) e l’affidamento incolpevole del terzo, che costituisce elemento essenziale della fattispecie in esame.

La giurisprudenza, dopo una fase iniziale particolarmente rigorosa, si è assestata su posizioni mediane ed elastiche, affermando che l’omessa richiesta di giustificazione dei poteri non configura ex se colpa del terzo, in quanto la richiesta di giustificazione è un onere del terzo e non un suo obbligo, e da esso può astenersi se il comportamento della controparte non dia motivo di dubitare della qualità di rappresentante.

Occorrerà valutare la colpa del terzo in relazione a tutte le circostanze del caso concreto.

In caso di rappresentanza senza potere esistono delle ipotesi che sfuggono alla suddetta disciplina generale37, in quanto il legislatore, con delle norme speciali, prevede che il negozio stipulato dal rappresentante senza poteri sia efficace nei suoi confronti e dunque produca pienamente effetti, sia pure nei confronti del falsus procurator.

Un esempio di tal fatta è contenuto nell’art. 1890 c.c. nel caso in cui il falsus procurator stipuli un contratto di assicurazione egli sarà tenuto personalmente ad osservare gli obblighi derivanti dal contratto.

Altre ipotesi rilevanti sono quelle previste in materia di assegno e cambiale (art. 11 l.

camb. e art. 14 l. ass.). In queste ipotesi, nei limiti in cui sia tutelato l’interesse positivo nei confronti del terzo, non solo non troverà applicazione la norma che sancisce

37 F. BENATTI, Culpa in contrahendo, in Contr. Impr., 1987, p. 285 e ss.

(23)

l’inefficacia del contratto, ma non troverà applicazione neppure la norma che configura responsabilità precontrattuale a carico del falsus procurator.

Secondo autorevole dottrina, nonostante l’art. 1338 c.c. sembrerebbe riferirsi alla sola invalidità del contratto, la responsabilità precontrattuale sussisterebbe in tutti i casi di contratto inefficace, e dunque in tutte le ipotesi in cui si ometta di comunicare una causa di inefficacia del contratto e non solo nell’ipotesi di contratto concluso da un rappresentante senza potere ex art. 1398 c.c.

4. Responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido

Occorre esaminare la configurabilità della responsabilità precontrattuale laddove si addivenga alla stipula di un contratto valido nonostante la condotta precontrattuale scorretta di una parte a danno dell’altra.

Tradizionalmente si è data una risposta negativa38, affermandosi che la responsabilità precontrattuale possa trovare applicazione esclusivamente in caso di recesso ingiustificato dalle trattative (1337 c.c.) o di stipula di un contratto invalido e mancata comunicazione della cause di invalidità (1338 c.c.). Se invece si giunge alla stipula di un contratto valido non vi è spazio per la responsabilità precontrattuale, in quanto l’ordinamento appresterebbe dei rimedi tipici per far fronte a tali scorrettezze precontrattuali che sono sfociate nella conclusione di un contratto valido, come l’annullamento o la rescissione del contratto, la garanzia per vizi ed evizione nella vendita.

38 Questa impostazione è espressa in maniera esemplare da Cass. 25 luglio 2006, n. 16937, in Corr. Giur., 2007, p. 539, con nota critica di F. ROLFI, La Cassazione e la responsabilità precontrattuale: idee del tutto chiare?; nella pronuncia si precisa che “nell’ipotesi in cui la convenzione negoziale tragga linfa da condizioni diverse da quelle che avrebbero preso corpo se una parte non avesse tenuto un comportamento contrario a buona fede, la fattispecie di responsabilità legittimamente azionabile dal deceptus è (solo) quella contrattuale, e non più quella precontrattuale ex art. 1337 c.c., la cui configurabilità resta preclusa ed assorbita nella intervenuta stipula del contratto”; evidenzia che più che il valore di questo tipo di argomentazione, ad imporre l’assioma dell’incompatibilità fra responsabilità precontrattuale e contratto validamente concluso sia il risalente atteggiamento delle corti di esaurire il campo di applicazione dell’istituto della responsabilità precontrattuale all’istituto del recesso ingiustificato dalle trattative e alla lesione dell’affidamento incolpevole sulla validità del contratto, in T. FEBBRAJO, La “nuova”

responsabilità precontrattuale, cit., p. 198.

(24)

Affermare, al contrario, la sussistenza di una responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido equivarrebbe a svalutare i suddetti rimedi tipici.

Pertanto la scorrettezza precontrattuale, quando ne è seguita la stipula di un contratto valido, potrebbe essere giustiziata solo in presenza di un rimedio tipico previsto dal legislatore, altrimenti sarebbe priva di conseguenze giuridiche.

A partire dalla stipula del contratto il regime della responsabilità precontrattuale cederebbe il passo a quello della responsabilità contrattuale; al generico obbligo di comportarsi secondo buona fede si sostituirebbero le obbligazioni contrattuali.

Inoltre la responsabilità precontrattuale rappresenterebbe pur sempre un istituto di carattere eccezionale, in quanto la fase che precede la conclusione del contratto è di regola giuridicamente irrilevante in omaggio alla libertà di contrarre dei privati, insuscettibile di estensione analogica.

Tale impostazioni veniva giustificata anche alla luce dell’impianto di fondo della disciplina del contratto del codice del 1942.

Il legislatore dell’epoca evitava di intervenire sull’equilibrio del contratto, salvo in ipotesi eccezionali, in ossequio all’insindacabilità dell’autonomia privata; ammettere una responsabilità precontrattuale da contratto valido ma svantaggioso (per la parte che aveva subito la scorrettezza) poteva fortemente mettere in discussione questo impostazione.

Se la parte che ha subito la scorrettezza (e conseguentemente ha stipulato un contratto valido ma svantaggioso e squilibrato) potesse far valere la scorrettezza sotto forma di responsabilità precontrattuale, essa otterrebbe una somma di denaro a titolo di risarcimento per porre rimedio allo squilibrio contrattuale.

In tal modo il principio di partenza, ossia l’irrilevanza dello squilibrio contrattuale se non nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge, verrebbe di fatto surrettiziamente eluso con il rimedio risarcitorio.

Il rimedio risarcitorio darebbe alla parte ciò che l’ordinamento non può dare in forma specifica (cioè correggendo il contratto attraverso una sua modifica).

Ad ulteriore conferma di questa lettura restrittiva dell’illecito precontrattuale veniva citata la fattispecie di dolo incidente (art. 1440 c.c.) che rappresenterebbe l’unica ipotesi, prevista non a caso con una norma di carattere eccezionale, di culpa in contrahendo nonostante la presenza di un contratto valido.

(25)

Il dolo contrattuale determina l’annullamento del contratto solo se è stato determinante per l’altra parte per la stipula del contratto, ossia solo se la parte non avrebbe stipulato il contratto senza i raggiri (dolo determinate); altrimenti il contratto rimane valido e la parte che ha posto in essere i raggiri dovrà risarcire il danno pari alle diverse condizioni contrattuali che l’altra parte avrebbe ottenuto se non fosse stata ingannata (dolo incidente). Al di fuori di questa ipotesi eccezionale non sarebbe ammissibile l’illecito precontrattuale in presenza di un contratto valido39.

Questa tradizionale lettura tendente a negare la responsabilità precontrattuale in caso di conclusione di un contratto valido è stata oggi in parte superata, alla luce di una serie di considerazioni. A tal fine è opportuno analizzare le ipotesi nelle quali il suddetto problema maggiormente si è posto ed è stato affrontato dalla dottrina e giurisprudenza, per poi cercare di compiere delle osservazioni di carattere più generale in ordine alla responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido.

4.1 Ritardo nella conclusione del contratto

Una prima ipotesi di responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido è configurabile quando il contratto viene stipulato in ritardo a causa della scorrettezza precontrattuale40.

In questi casi, se la scorrettezza ha causato un danno alla parte, sarà possibile ottenere il risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale, nonostante la presenza di un contratto valido.

Non c’è infatti alcuna ragione per negare la risarcibilità di questo danno, essendo inconcepibile che una condotta scorretta, che si è esaurita completamente nella fase che precede la stipula, possa essere “condonata” dall’avvenuta stipula del contratto.

4.2 Violazione degli obblighi informativi e responsabilità precontrattuale

39 In altri termini la disposizione consentirebbe la realizzazione dell’ipotesi eccezionale di compatibilità fra modello risarcitorio e contratto valido: per tutti G. D’AMICO, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, p. 119; di recente, ID, Responsabilità precontrattuale anche in caso di contratto valido? L'isola che non c'è, in "La nuova giustizia civile", 2014, p. 197 e ss.

277 Cfr., per tutti, L. MENGONI, “Metus causam dans” e “metus incidens”, in Riv. Dir. Comm., 1952, p. 50 e ss.

40 Cass. 20249 / 1998

(26)

Un caso di particolare interesse ha riguardato la violazione degli obblighi di informazione nella fase delle trattative.

Come noto, fra gli obblighi positivi nascenti ex art. 1337 c.c. in capo alle parti, figura l’obbligo di informazione, che impone a ciascuna parte di comunicare all’altra le circostanze rilevanti ai fini dell’affare.

Definire in maniera precisa e puntuale quali siano questi obblighi ed in cosa consistano è cosa ardua, in quanto la loro ampiezza e consistenza dipende da una serie di circostanze di fatto del caso concreto e dal tipo di negoziazione.

A tal fine, per riempire di significato tali obblighi di informazione atipici nascenti dall’art. 1337 c.c., occorrerà effettuare un contemperamento fra i diversi interessi della trasparenza e dell’autoresposabilità.

Da un lato, la trasparenza induce ad ampliare l’obbligo informativo a carico del contraente in possesso di informazioni rilevanti per l’altro; dall’altro, occorre non gravare eccessivamente il soggetto in possesso dell’informazione da oneri eccessivi ed occorre evitare che l’altra parte trasli totalmente i costi della negoziazione sulla parte in possesso delle informazioni. Esaltare eccessivamente l’esigenza di trasparenza, ed i connessi obblighi informativi, significherebbe premiare la pigrizia e l’ignoranza dell’altra parte che, con atteggiamento parassitario, attende di ricevere dall’altra parte informazioni che avrebbe facilmente potuto procurarsi autonomamente.

E’ necessario quindi trovare un punto di incontro fra l’obbligo di informazione (figlio di esigenze di trasparenza) e l’onere di autoinformarsi (figlio del principio di autoresponsabilità) .

Tale punto di incontro, in assenza di una previsione legislativa puntuale, andrà rinvenuto tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, facendo leva sul concetto di sacrificio apprezzabile; se l’informazione poteva essere acquisita dall’altra parte con uno sforzo non eccessivo e concretamente esigibile non potrà affermarsi responsabilità in capo alla parte che non ha comunicato l’informazione.

Oltre ai doveri di informazione atipici, ossia nascenti dalla clausola generale della buona fede precontrattuale ex art. 1337 c.c., a volte il legislatore tipizza alcuni obblighi, come ad esempio accade nell’art. 1338 c.c. che obbliga la parte a comunicare la causa di invalidità del contratto.

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