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Una volta ammessa la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, tanto in caso di mancata stipulazione del contratto quanto in caso di stipula e successiva rimozione del contratto, occorre interrogarsi sull’entità del danno risarcibile.

A tale proposito l’art. 1337 c.c. non si occupa esplicitamente dell’entità del danno risarcibile, limitandosi a porre l’obbligo primario di comportarsi secondo buona fede e correttezza. L’art. 1338 c.c. invece codifica il criterio dell’interesse negativo41, prescrivendo che il danneggiante debba risarcire i danni che l’altra parte ha risentito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Questa regola, prevista esplicitamente solo nell’art. 1338 c.c., si ritiene pacificamente applicabile anche all’ipotesi generale di responsabilità precontrattuale di cui all’art.

1337 c.c.

Pertanto, anche ove sia coinvolta una pubblica amministrazione, il danneggiante dovrà porre il danneggiato nella stessa situazione cui si sarebbe trovato se non avesse iniziato le trattative con la pubblica amministrazione.

Esso, da un punto di vista della ricostruzione dogmatica della fattispecie, costituisce il danno-conseguenza dell’illecito precontrattuale ed è l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria cui è tenuto il danneggiante.

Il c.d. interesse negativo comprende tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, come pacificamente affermato dalla giurisprudenza civile ed amministrativa.

Infatti, da un punto di vista dogmatico, la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione costituisce pur sempre responsabilità da fatto illecito e non già responsabilità da fatto lecito dannoso.

A tale proposito un parallelismo fra diritto civile e diritto amministrativo può cogliersi confrontando le ipotesi di revoca della proposta contrattuale ex art. 1328 c.c. e

41 Sul concetto di interesse negativo v. R. von JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadenservrsatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelante Vertragen, in Jherings jahrbücher, 4, 1861

di revoca del provvedimento amministrativo ex art. 21-quinquies l.n. 241/1990, nelle quali la legge prevede espressamente un indennizzo parametrato al solo danno emergente, sintomatico della presenza di una ipotesi eccezionale di responsabilità da fatto lecito dannoso42.

Relativamente al danno emergente sono risarcibili le spese sostenute ai fini della partecipazione alla gara e quelle sostenute in vista della stipulazione del contratto e della sua esecuzione.

In particolare saranno risarcite tutte le spese inerenti la elaborazione dell'offerta, la progettazione e pianificazione della commessa nella fase precedente alla gara, le spese sostenute per la costituzione dell'associazione temporanea di imprese, le spese sostenute per le polizze fideiussorie e, più in generale, tutte le spese comunque riconducibili all'attività svolta per la partecipazione alla gara.

42 In ordine all’indennizzo di cui all’art. 1328 c.c., secondo una parte minoritaria degli interpreti si tratterebbe di un’ipotesi tipica di responsabilità precontrattuale per recesso dalle trattative, dato che è indubitabile che la revoca della proposta rientri nel perimetro applicativo dell’art. 1337 c.c. , essendo una condotta tenuta nel procedimento tipico di formazione del contratto. In realtà questa norma non configura un’ipotesi speciale di responsabilità precontrattuale, e ciò è confermato, in primo luogo, dal fatto che la norma non richiede che la revoca della proposta sia contraria a buona fede, ossia costituisca un comportamento scorretto del proponente, e, in secondo luogo, dal fatto che il risarcimento del danno è limitato ad una parte del danno emergente ( da interesse negativo), non comprendendo il lucro cessante ( da interesse negativo). Tale fattispecie ha quindi carattere autonomo e sussidiario rispetto alla

responsabilità precontrattuale da recesso ingiustificato dalle trattative; essa troverà applicazione solo ove non vi siano i presupposti della culpa in contrahendo. Quindi, se la revoca della proposta è ingiustificata e costituisce atto contrario a buona fede, il proponente sarà tenuto a risarcire integralmente il danno ex art.

1337 c.c. (comprensivo di danno emergente e lucro cessante), non già a corrispondere il più limitato indennizzo di cui all’art. 1328 c.c. Solo se la revoca della proposta non è contraria a buona fede troverà dunque applicazione la fattispecie in esame. Quanto alla sua natura giuridica, si tratta di un’ipotesi eccezionale di responsabilità da atto lecito dannoso, ossia un’ipotesi di responsabilità senza che sussista un obbligo giuridico violato, con la conseguenza che opererà oggettivamente, prescindendo dal dolo o dalla colpa dell’agente, a differenza di quanto si ritiene in tema di responsabilità precontrattuale.

Tale ricostruzione viene confermata anche dal dato letterale, a causa del fatto che la legge fa riferimento all’indennizzo e non già al danno, al pari di altre ipotesi eccezionali previste dalla legge agli artt.

924,925,2045 c.c. Sul punto si veda L. ROVELLI, La responsabilità precontrattuale, in Trattato di Diritto Privato, diretto da M. Bessone, Il contratto in generale, XIII, 2, Torino, 2000, p. 361 e ss

Devono essere altresì risarcite a titolo di danno emergente anche le spese sostenute per la retribuzione del personale dipendente all'interno dell’impresa e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Infatti, anche se tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, il danno qui rilevante deriva dal fatto che l’impresa ha destinato una parte delle sue risorse umane e materiali alla partecipazione alla gara, rinunciando al loro utilizzo in altre attività e sopportando, quindi, un costo-opportunità43.

Resta chiaramente a carico del privato danneggiato l’onere di provare di aver subito il suddetto danno, normalmente assolto mediante prova dei pagamenti effettuati.

Quanto al lucro cessante, saranno risarcibili solo le occasioni di guadagno perse a causa dell’inutile trattativa o dell’inutile stipulazione del contratto.

A tale proposito, il principale problema che la suddetta voce di danno pone è di tipo probatorio; il privato non potrà limitarsi ad asserire di aver perso delle possibilità di guadagno, ma dovrà provare attraverso specifiche allegazioni il tipo di occasione persa e l’utile che avrebbe tratto ove avesse impiegato il suo tempo nell’altra occasione in luogo di quella sfumata con l’amministrazione.

43 Consiglio di Stato, sez. VI, 01/02/2013, n. 633 “Il Collegio ritiene che debbano essere risarcite tutte le spese documentate e specificamente sostenute per la gara. Vanno risarcite in particolare le spese inerenti la elaborazione dell'offerta, la progettazione e pianificazione della commessa nella fase precedente alla gara, le spese sostenute per la costituzione dell'associazione temporanea di imprese, le spese sostenute per le polizze fideiussorie e, più in generale, tutte le spese comunque riconducibili all'attività svolta per la partecipazione alla gara.

Resta inteso, ovviamente, che tali spese andranno risarcite solo se, e nella misura in cui, l'a.t.i.

Edilcostruzioni sia in grado di fornire alla stazione appaltante copia dei pagamenti effettuati per la partecipazione alla gara, non potendosi ritenere sufficiente la mera esibizione della fattura, atteso che essa non dimostra l'avvenuto pagamento e, quindi, l'effettivo sostenimento del costo da rimborsare.

Devono essere risarcite anche le spese sostenute per la retribuzione del personale dipendente all'interno della società e le spese generali per il funzionamento struttura aziendale. Invero, anche se tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, il danno qui rilevante deriva dal fatto che le società partecipanti all'a.t.i. Edilcostruzioni hanno destinato una parte delle loro risorse umane e materiali alla partecipazione alla gara, rinunciando al loro utilizzo in altre attività e sopportando, quindi, un costoopportunità.

Tale danno, non possibile da determinare nel preciso ammontare, può essere stabilito, in via forfettaria ed equitativa, nella misura del 25% dell'importo relativo alle spese sostenute per i c.d. costi vivi affrontati per la predisposizione dell'offerta e la partecipazione alla gara.”

L’intero danno risarcibile a titolo precontrattuale si parametra dunque sull’interesse negativo, da intendersi come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili o, comunque, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate a rivelarsi inutili a causa del comportamento scorretto della controparte.

Ben diverso è invece l’interesse positivo44, su cui si parametra invece il danno risarcibile in caso di responsabilità da illegittimo esercizio dell’azione amministrativa.

Detto interesse positivo consiste nelle utilità che il privato avrebbe tratto ove l’amministrazione non avesse agito illegittimamente e, nelle ipotesi di attività contrattuale, è pari all’utile che il privato avrebbe conseguito ove avesse stipulato ed eseguito il contratto che l’amministrazione gli ha illegittimamente negato45.

44 T.A.R. Roma (Lazio) sez. II 26 aprile 2016 n. 4760 “La responsabilità precontrattuale deriva dalla violazione degli obblighi di buona fede e correttezza nel corso delle trattative, con conseguente lesione dell'affidamento del privato. Di conseguenza, il bene della vita del quale si chiede il ristoro in forma pecuniaria è quello a non essere coinvolto in inutili trattative ovvero a non investire inutilmente tempo e risorse economiche per partecipare a gare d'appalto successivamente annullate o revocate, con la conseguenza che i danni che possono essere in questa sede risarciti sono solo quelli consistenti nelle spese di partecipazione alla gara e nel mancato conseguimento di analoghe occasioni favorevoli, comunemente definiti come "interesse negativo". Viceversa, nel caso di domanda di risarcimento del danno derivante dalla revoca dell'intervenuta aggiudicazione, in quanto asseritamente illegittima, il bene della vita per il quale si chiede la tutela risarcitoria per equivalente è quello a mantenere in atto l'aggiudicazione previamente conseguita, ovvero all'ottenimento degli utili derivanti dall'esecuzione dell'appalto. Si parla, in questi casi, di c.d. interesse positivo ( id est utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall'esecuzione del contratto). Nel primo caso, l'illegittimità del provvedimento di revoca non è condizione necessaria per ottenere il ristoro pecuniario. La responsabilità precontrattuale, infatti, deriva dalla violazione delle regole comuni (in particolare, del principio generale di buona fede in senso oggettivo dell'art. 1337 c.c.) che attengono al "comportamento" precontrattuale. Viceversa, l'accertamento dell'illegittimità del provvedimento di revoca è condizione essenziale per il riconoscimento del risarcimento del danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto, trattandosi, in questo caso, di danno da illegittima perdita dell'aggiudicazione”.

45 T.A.R. Brescia (Lombardia) sez. II 29 novembre 2016 n. 1634 “Il danno precontrattuale è riconducibile al solo "interesse negativo" ossia all'interesse a non essere coinvolti in trattative inutili e dispendiose, che include il danno emergente, per le spese sostenute per partecipare alla gara e in previsione della conclusione del contratto; il lucro cessante, dovuto alla perdita (adeguatamente provata) di ulteriori occasioni contrattuali, vanificate a causa dell'impegno derivante dall'aggiudicazione non

Nella responsabilità da illegittimo esercizio del potere amministrativo il danno si parametra dunque sull’interesse legittimo violato, in questo caso pretensivo, avente ad oggetto il contratto oggetto della procedura ad evidenza pubblica.

A ben vedere in entrambi i casi si tratta di una applicazione della teoria della differenza, ricavabile dall’art. 1223 c.c.; il danneggiato deve essere messo nella posizione in cui si sarebbe trovato se non ci fosse stato l’illecito.

Nella responsabilità precontrattuale, se non vi fosse stato l’illecito, il privato non avrebbe sopportato delle spese per partecipare alla gara e non avrebbe rinunciato ad altre occasioni di guadagno; nella responsabilità da illegittimo esercizio del potere amministrativo, il privato, se non vi fosse stato l’illecito, avrebbe ottenuto il contratto ed avrebbe dunque tratto un certo utile eseguendo il contratto.

Questa differenza consente di comprendere pienamente perché nella responsabilità precontrattuale non possa essere risarcito il danno curriculare, intendendosi il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto.

sfociata nella stipulazione. Non rientra, viceversa, nel raggio del pregiudizio risarcibile l'interesse positivo, consistente nel mancato guadagno (il c.d. utile di impresa) ossia nei vantaggi economici che sarebbero derivati dall'esecuzione del contratto non venuto ad esistenza. Per il resto, vale la regola generale dell'onere probatorio, secondo cui spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti su cui fonda la pretesa avanzata; nel giudizio risarcitorio, dunque, non ricorre quella diseguaglianza di posizioni tra Amministrazione e privato che giustifica, nel giudizio di legittimità, l'applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo.”

T.A.R. Roma (Lazio) sez. II 14 settembre 2016 n. 9704 “Nel caso di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è commisurato non all'interesse positivo (ovvero alle utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall'esecuzione del contratto) ma al c.d. interesse negativo, da intendersi come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili o, comunque, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate a rivelarsi inutili a causa del comportamento scorretto della controparte. In tale prospettiva, non possono essere risarcite le voci di danno che fanno riferimento all'interesse positivo, in quanto esse attengono alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall'esecuzione del contratto. L'interesse negativo include, poi, sia il danno emergente (per le spese sostenute ai fini della partecipazione alla gara e in previsione della stipulazione del contratto), sia il lucro cessante dovuto alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, sfumate a causa dell'impegno derivante dall'aggiudicazione, non sfociata nella stipulazione o, comunque, in ragione dell'affidamento nella positiva conclusione del procedimento.

Nell’ambito della responsabilià precontrattuale il c.d. danno curriculare non è risarcibile, in quanto non attiene all’interesse negativo, ma, più propriamente, all’interesse positivo, derivando proprio dalla mancata esecuzione dell’appalto, non dall’inutilità della trattativa46.

Alla base del riconoscimento di questa voce di danno vi è la consapevolezza che il fatto di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l’impresa ne ricava con il corrispettivo pagatole dalla stazione appaltante), è già fonte per l’impresa di un vantaggio che è economicamente valutabile, perché accresce verso gli altri la sua capacità di competere sul mercato e quindi aumenta le chances di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti.

In altri termini, con il risarcimento di questo tipo di danno, la giurisprudenza riconosce che l’interesse all’aggiudicazione di un appalto, nella vita economica di un’impresa, trascende lo stretto interesse all’esecuzione della singola opera in sé e al relativo ricavo. Alla mancata esecuzione di un’opera appaltata si ricollegano, in effetti, anche nocumenti altri e indiretti, che vanno a toccare l’immagine della società e il suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo segmento di mercato, illegittimamente dichiarate aggiudicatarie della gara.

Si tratta di un tipo di danno generato dalla lesione dell’interesse all’aggiudicazione, non dell’interesse negativo a non essere coinvolto in trattative inutili.

Ne consegue che non è configurabile una sua risarcibilità nel caso in cui si invochi come titolo risarcitorio, piuttosto che la mancata aggiudicazione, l’arbitrario recesso dalla trattative della stazione appaltante: vale a dire un fatto antecedente rispetto alla mancata aggiudicazione.47

46 T.A.R. Venezia (Veneto) sez. I 30 maggio 2016 n. 569 “(…)non è altresì risarcibile il danno c.d.

curriculare (ovvero il pregiudizio subìto dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto), trattandosi di danno-evento ex art. 1223 c.c., conseguente alla mancata stipulazione del contratto, dunque incompatibile con la struttura della responsabilità precontrattuale”.

47 Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 01 febbraio 2013 n° 633

La differenza fra interesse positivo e negativo consente anche di risolvere una apparente contraddizione che si riscontra sul versante della risarcibilità delle spese sostenute per la partecipazione alla gara.

Dette spese sono ritenute dalla giurisprudenza prevalente non risarcibili in caso di responsabilità da illegittimo esercizio del potere, mentre sono ritenute risarcibili in caso di responsabilità precontrattuale48.

Questa differenza viene spiegata sostenendo che le spese rimangono a carico delle imprese partecipanti alla gara in maniera fisiologica, tant’è che anche l’aggiudicatario non se le vede rimborsate; il danno da mancata aggiudicazione non può attribuire una utilità maggiore rispetto a quella che si sarebbe ottenuta stipulando il contratto.

Infatti, anche se l’impresa avesse stipulato il contratto risultando aggiudicataria, non si sarebbe vista rimborsare le spese di partecipazione; laddove si accordasse tale risarcimento si darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento a danno dell’amministrazione.

Diversamente, nel caso di responsabilità precontrattuale, le spese sostenute per la partecipazione alla gara, rappresentano la prima e più rilevante voce di danno risarcibile, in quanto l’impresa non le avrebbe sostenuto se non fosse rimasta vittima della condotta scorretta e contraria a buona fede dell’amministrazione.

Queste conclusioni cui giunge la prevalente giurisprudenza sono perfettamente coerenti con il diverso interesse protetto dalle due responsabilità e con la nozione di danno-conseguenza.

48 Consiglio di Stato sez. V 12 maggio 2016 n. 1904 “Nelle controversie aventi ad oggetto gli atti di gara pubblica non è risarcibile il danno per spese e costi di partecipazione alla stessa, per le spese generali e legali e di progettazione, atteso che la partecipazione alle gare d'appalto comporta per i partecipanti costi che ordinariamente restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione che in caso di mancata aggiudicazione, a meno di non riconoscere un risarcimento per equivalente superiore alle perdite patrimoniali subite dal danneggiato, violando pertanto un principio fondamentale in tema di risarcimento;

con il risultato che l'impresa concorrente illegittimamente pretermessa dalla aggiudicazione percepirebbe, in sede risarcitoria, più di quanto avrebbe avuto se avesse eseguito il contratto, poiché beneficerebbe sia dei vantaggi economici che avrebbe avuto se non avesse stipulato ed eseguito il contratto oggetto di gara, sia del lucro che avrebbe conseguito ove il contratto fosse stato eseguito; in definitiva, si cumulerebbero i danni da lesione dell'interesse negativo con quelli da lesione dell'interesse positivo, il che è da ritenere inammissibile alla luce dei principi in materia di risarcimento del danno.”

Se infatti si simula cosa sarebbe accaduto in assenza dell’illecito, si evince che il privato avrebbe comunque sopportato le spese di partecipazione nel caso di responsabilità da illegittimo esercizio del potere, mentre non le avrebbe sopportate nel caso di responsabilità precontrattuale.

Siccome il danno deve riportare il danneggiato nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, è perfettamente coerente con la suddetta premessa ritenere irrisarcibili le spese di partecipazione in caso di responsabilità da mancata aggiudicazione e ritenerle, al contrario, risarcibili in caso di responsabilità precontrattuale.

In merito al criterio dell’interesse negativo, occorre domandarsi se si tratti di un limite meramente qualitativo o anche qualitativo; tale interrogativo è di fondamentale importanza nelle ipotesi in cui l’interesse negativo ecceda quantitativamente quello positivo.

Normalmente avviene il contrario, in quanto l’interesse positivo è quantitativamente maggiore di quello negativo, ma non è escluso che in dati casi possa verificarsi l’ipotesi inversa, come ad esempio quando la parte realizza numerosi investimenti per eseguire quel contratto, minori dell’utile che trae dall’esecuzione dello stesso, in quanto il contratto può consentire l’ingresso in nuovi mercati.

Se l’interesse negativo è maggiore di quello positivo tale differenza è risarcibile?

Secondo un primo filone di pensiero49 ciò non potrebbe accadere per ragioni fondamentalmente equitative, in quanto non si potrebbe dare al soggetto più di quanto otterrebbe se stipulasse validamente il contratto ed in quanto la responsabilità precontrattuale rappresenta un minus rispetto alla responsabilità contrattuale.

A conferma di questo orientamento viene citato l’art. 52 l. camb., in forza del quale il portatore d’una cambiale, deve dare avviso al proprio girante e al traente della mancata accettazione o del mancato pagamento entro i quattro giorni successivi al giorno del proteso, o della presentazione se vi sia la clausola “senza spese”. Qualora non venga dato l’avviso nel termine sopra indicato, il portatore non decade dal regresso, ma è

49 R. SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, in Commentario al codice civile Scialoja e Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1970, p. 200 e ss. ; V. PIETROBON, Errore, volontà e affidamento nel negozio giuridico, Padova, 1990 , p.119

responsabilie della sua negligenza se abbia causato danno, senza però che l’ammontare del risarcimento possa superare quello della cambiale.

Questa norma prevede che il contenuto del risarcimento per violazione di un dovere di avviso non possa essere maggiore dell’interesse positivo.

A questa stessa conclusione giunge chi, affermando la natura contrattuale della responsabilità, ritiene che esso sia un danno imprevedibile e dunque irrisarcibile, salvo condotta dolosa, ex art. 1225 c.c.

Infatti, quando viene assunto l’obbligo di buona fede, cioè quando si instaura la trattativa, non è prevedibile che i danni subiti da un eventuale inadempimento siano maggiori rispetto a quelli che si subirebbero in caso di inadempimento del contratto.

L’interesse prevedibile al tempo delle trattative è solo quello positivo.

Secondo un’altra corrente di pensiero50, sarebbe possibile ottenere tale surplus, in quanto l’interesse negativo non rappresenta un limite quantitativo ma solo qualitativo, non essendoci alcuna ragione, testuale e sistematica, per escludere la risarcibilità integrale del danno che eccede l’interesse positivo.

Questa ricostruzione è suffragata da una serie di argomenti.

In primo luogo, nessuna norma positiva pone il limite quantitativo in esame; neppure nei lavori preparatori e nella relazione al codice civile si scorge alcun accenno a questa limitazione.

Neppure è possibile invocare l’art. 52 l. camb., in quanto norma eccezionale e prescrizione preesistente rispetto all’entrata in vigore del codice civile del 1942.

Le eventuali condotte maliziose o incaute della parte che subisce la scorrettezza precontrattuale potrebbero essere validamente sanzionate a monte, escludendo nell’an la responsabilità precontrattuale in caso di affidamento colpevole, o a valle, diminuendo nel quantum il danno risarcibile ex art. 1227 comma 2 c.c. in relazione a quei danni che la parte avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.

Volendo riflettere sulla rilevanza del limite dell’interesse negativo, occorre raffrontare la disciplina della responsabilità precontrattuale con la comune disciplina in tema di responsabilità civile dell’amministrazione.

50 F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963

L’art. 1223 c.c., che è norma generale sul danno risarcibile, ossia sull’elemento del danno-conseguenza, dispone che il danneggiante debba risarcire tutte le perdite ed i mancati guadagni che siano conseguenza diretta ed immediata dell’illecito.

Questa norma sposa la teoria della differenza in forza del quale il danno è inteso come comparazione fra il prima ed il dopo l’illecito51.

Il risarcimento del danno, nel nostro ordinamento, a differenza di altre esperienze straniere, ha una funzione compensativa in quanto mira a riprodurre la situazione che vi sarebbe stata nel patrimonio del soggetto se non ci fosse stato l’illecito.

Dunque, la risarcibilità nei limiti dell’interesse negativo non rappresenta affatto una limitazione del danno risarcibile, neppure di tipo qualitativo, in quanto altro non è che una applicazione del normale criterio di cui all’art. 1223 c.c. sulla delimitazione del danno risarcibile.

Siccome il danneggiato non ha un diritto soggettivo ad ottenere la prestazione contrattuale, data l’assenza di un obbligo di contrarre in capo all’amministrazione, non è possibile parametrare il danno all’interesse positivo, semplicemente perchè nel confronto fra il prima ed il dopo non vi è una situazione in cui il soggetto avrebbe diritto alla prestazione contrattuale.

Ragionando nell’ottica differenziale, se il danneggiato non avesse subito l’illecito precontrattuale dell’amministrazione avrebbe evitato le spese sostenute per la partecipazione alla gara e per il contratto ed avrebbe ottenuto degli utili derivanti da diverse occasioni di guadagno.

Questa riflessione ci induce ad affermare che il “limite” dell’interesse negativo, certamente connaturato ad alcune ipotesi di responsabilità precontrattuale, non rappresenta affatto un vero limite, in quanto si tratta dell’applicazione dei normali principi in tema di determinazione del danno risarcibile.

Questa lettura è confermata da quall’autorevole dottrina52 che, già nella vigenza del codice del 1865, aveva affermato che l’interesse negativo altro non è che l’interesse all’adempimento, solo che gli obblighi al cui adempimento esso si riferisce sono

51 A conferma di questa ricostruzione si veda la recente pronuncia delle Sezioni Unite sul tema del danno da “nascita malformata” Cassazione civile sez. un. 22/12/2015 n. 25767

52 D.RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, p.288