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5. Disciplina applicabile alla responsabilità precontrattuale dell’amministrazione

6.1. La rilevanza dell’affidamento del privato

La tutela dell’affidamento del privato nell’agire della pubblica amministrazione, che certamente è alla base della responsabilità precontrattuale della p.a., ha visto progressivamente estendere il proprio campo di applicazione anche ad attività non propriamente assimilabili alle trattative contrattuali.

L’affidamento incolpevole che il privato ripone in certi provvedimenti amministrativi già da tempo ha assunto una notevole rilevanza nel diritto amministrativo114. Oggi è ritenuto, anche in virtù della sua rilevanza nel diritto dell’Unione europea115, un

114 Per un’accurata analisi di questa prima applicazione del principio, con una puntuale indicazione della giurisprudenza, cfr. F. TRIMARCHI BANFI, L'annullamento d'ufficio e l'affidamento del cittadino, in Dir. Amm., n. 4/2005, 846 e ss.; F. MERUSI, L'affidamento del cittadino, Milano, 1970 ; F.

MANGANARO, Principio di buona fede ed attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995; M.

IMMORDINO, Revoca degli atti amministrativi e tutela dell'affidamento, Torino, 1999; S.

ANTONIAZZI, La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, Torino, 2005; L. GIANI, Funzione amministrativa ed obblighi di correttezza. Profili di tutela del privato, Napoli, 2005, 72; G. GRASSO, Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, in www.sspa.it, 2006; M. GIGANTE, Il principio della tutela del legittimo affidamento, in M. A. SANDULLI, (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2011, 131; M. T. P. CAPUTI JAMBRENGHI, Il principio del legittimo affidamento, in Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. RENNA e F. SAITTA, Milano, 2012; F. MERUSI, Il punto sulla tutela dell'affidamento nel diritto amministrativo, in Giur. It., 2012, 5. ; M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, II, Milano, 1988, p. 473, che ricorda che il principio di buona fede in senso oggettivo,

«nei comportamenti di diritto pubblico così come in quelli di diritto privato», «è un elaborato giurisprudenziale»: «così come è presentata in giurisprudenza, la quale, in difetto di norme, costituisce la sola fonte del principio, la buona fede non presenta, in diritto amministrativo, connotazioni specifiche, tali cioè da differenziarla dalla nozione di teoria generale (affidamento) e di diritto privato». Anche A. M.

SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, vol. I, p. 729, richiama lo studio di Merusi sull’affidamento, ricordando come, conformemente alla giurisprudenza, per poter procedere all’annullamento di ufficio l’autorità amministrativa debba procedere nella motivazione al raffronto tra l’interesse pubblico e gli altri interessi pubblici e privati implicati nella vicenda.

115 Corte di Giustizia, 12 luglio 1957, cause riunite 7/56 e 3-7/57, Dineke Algera e a./Assemblea Comune della Comunità europea del Carbone e dell'Acciaio, in http://curia.europa.eu. ;. Corte di Giustizia, 22 marzo 1961, S.N.U.P.A.T./l'Alta Autorità della Comunità europea del Carbone e dell'Acciaio, cause riunite 42/59 e 49/59, in Racc. giur. C. giust., 1961, 99 ss. ; Corte di Giustizia, 3 maggio 1978, causa C-112/77, Gesellschaft mbH in Firma August Töpfer & Co. contro Commissione delle Comunità europee, in http://curia.europa.eu. In dottrina si veda S. BASTIANON, La tutela del legittimo affidamento nel diritto dell’Unione Europea, Milano, 2012 e D. CORLETTO, Procedimenti di secondo grado e tutela dell’affidamento in Europa, Padova, 2007; G. GRECO, Sovvenzioni e tutela dell’affidamento, in Riv.

trim. dir. pub., 2000, 375 ss.; L. LORELLO, La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, Torino, 1998¸ R. CARANTA, La “comunitarizzazione” del diritto amministrativo: il caso della tutela dell’affidamento, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 417 ss.

principio generale dell’azione amministrativa in virtù del richiamo ad opera dell’art. 1 l.n. 241/1990116.

In particolare, soprattutto quando l’amministrazione agisce in autotutela adottando atti di secondo grado, l’affidamento rappresenta certamente una variabile che deve essere tenuta in debita considerazione.

116 Detto principio è principio generale dell’azione amministrativa dunque trova applicazione anche al di là delle materie di rilevanza comunitaria. Si condivide, dunque, l’osservazione formulata in dottrina per cui in forza del rinvio, i principi dell’Unione europea assumono rilievo giuridico anche nei confronti delle attività amministrative che non attengono alle funzioni trasferite alle istituzioni europee poiché tali principi comportano una vera e propria integrazione delle norme interne che regolano l’attività amministrativa, così che se quest’ultima si discosta da essi è affetta da invalidità (v. G. DELLA CANANEA, Il rinvio ai principi dell’ordinamento comunitario, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2010, p. 104 che definisce tale valore innovativo come l’efficacia “di tipo costitutivo” della disposizione che rinvia ai principi comunitari). v. anche A. MASSERA, I principi generali dell'azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, in Dir. amm., 2005, n. 4, p. 707, che sottolinea come la formula sintetica con la quale è operato, nel nuovo primo comma dell'art. 1, il richiamo ai principi dell'ordinamento comunitario, presenti in realtà una molteplicità di ricadute. Il rinvio va infatti inteso come rinvio “formale”, ossia «a tutti gli attuali e soprattutto successivi sviluppi, che la fonte sarà in grado di produrre». Il nodo problematico è dunque quello verifica della misura, delle modalità e dei limiti di sovrapposizione tra i principi generali dell'ordinamento comunitario, legislativamente o giurisprudenzialmente formati, e i principi generali dell'ordinamento interno, essenzialmente come elaborati dal giudice amministrativo e poi positivizzati dal legislatore. Ciò vale, evidentemente, anche per il principio del legittimo affidamento, in relazione al quale il giudice nazionale si troverà a dover svolgere, con riguardo specifico al punto in oggetto, una non agevole opera interpretativa, essendo chiamato da un lato a dare per scontata l'integrazione generalizzata nell'ordinamento interno di un principio del quale è avanzato lo sviluppo in senso garantista nell'ordinamento comunitario e la cui applicazione comunque richiede una notevole sensibilità per il caso concreto; dall'altro a dover dare applicazione ad una normativa (quella in varie sedi e in diversi tempi integrativa della l. n. 241 del 1990), che sembra dal canto suo, indipendentemente dai settori di riferimento, aver orientato il bilanciamento degli interessi dalla parte dell'amministrazione pubblica (in questi termini ID., I principi generali dell'azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, cit.). Sul tema v. anche F. TORIELLO, I principi generali del diritto comunitario, Milano, 2000.; E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario,Torino, 2005; M.

RENNA E F. SAITTA (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012.

Nel caso di annullamento d’ufficio117 ha assunto sempre più importanza il suddetto elemento; come noto l’art. 21-nonies l.n. 241/1990 consente la rimozione di atti amministrativi già adottati non semplicemente quando essi sono illegittimi.

Oltre all’illegittimità è necessario che sussista un interesse pubblico, diretto concreto ed attuale alla rimozione, non coincidente con il mero interesse astratto al ripristino della legalità violata.

E’ altresì necessario che l’amministrazione tenga in considerazione gli interessi dei destinatari e dei controinteressati e che venga preso in considerazione il “fattore tempo”, dovendo comunque l’annullamento d’ufficio essere disposto entro un termine ragionevole.

La rilevanza del fattore tempo è stata ulteriormente accresciuta alla luce della recente riforma ad opera della Legge n. 124/ 2015118, che ha previsto che l’annullamento d’ufficio di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, ivi compresi quelli formatisi per effetto del silenzio assenso, non possa comunque avere luogo oltre il termine di 18 mesi dall’adozione dell’atto di primo grado.

Pertanto l’amministrazione potrà annullare d’ufficio, solo ove reputi l’interesse alla rimozione prevalente, in concreto, sull’interesse al mantenimento del provvedimento di primo grado illegittimo, anche alla luce dello spessore e della consistenza dell’affidamento incolpevole riposto dal privato nella validità dell’atto.

L’affidamento incolpevole rileva dunque a livello di azione amministrativa, quale norma di validità che condizione quindi la legittimità dell’atto di secondo grado.

Può dunque accadere che l’affidamento, per la sua consistenza, impedisca la rimozione del provvedimento di primo grado, pur essendo quest’ultimo illegittimo.

117 G. BARONE, Autotutela amministrativa e decorso del tempo, in Dir. Amm., n.4/2002, p. 689; F.

CARINGELLA, Affidamento e autotutela: la strana coppia, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc. 2, 2008, 425

118 M. A. SANDULLI , Gli effetti diretti della 7 agosto 2015 L. n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio - assenso e autotutela, 2015, in www.federalismi.it; F. FRANCARIO, Autotutela amministrativa e principio di legalità, 2015, in www.federalismi.it

Autorevole dottrina ha anche teorizzato la possibilità che l’affidamento possa anche incidere sull’efficacia nel tempo del provvedimento di annullamento d’ufficio119.

Tradizionalmente si ritiene, in analogia con l’annullamento giurisdizionale, che l’annullamento d’ufficio operi retroattivamente, rimuovendo ex tunc gli effetti dell’atto di primo grado.

Tuttavia, l’affidamento incolpevole, potrebbe indurre l’amministrazione a rimuovere l’atto illegittimo con effetti ex nunc o comunque potrebbe indurre l’amministrazione a graduare nel tempo gli effetti della caducazione al fine di contemperare i diversi interessi in gioco.

Militano a sostegno di questa tesi una serie di argomenti.

In primo luogo, l’art. 21-nonies l.n. 241/1990 in tema di annullamento d’ufficio tace in ordine agli effetti nel tempo dell’atto di secondo grado, a differenza di quanto accade in tema di revoca, dove l’art. 21-quinquies espressamente prevede l’effiacia ex nunc.

In secondo luogo, se l’affidamento incolpevole, per la sua consistenza, può addirittura impedire tout court l’annullamento d’ufficio, a fortiori può incidere solo sulla efficacia nel tempo dell’annullamento; il più (la decisione di non annullare) contiene il meno (la decisione di annullare con effetti non retroattivi).

In terzo luogo, è in perfetta sintonia con il carattere altamente discrezionale dell’annullamento d’ufficio la possibilità che l’amministrazione, nella ponderazione fra i diversi interessi in gioco, opti per una scelta intermedia rispetto alla secca alternativa fra l’annullamento ed il non annullamento, tale da contemperare tutti gli interessi in campo.

119 G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, 2008. In giurisprudenza : «La normativa sostanziale e quella processuale non dispongono l'inevitabilità della retroattività degli effetti dell'annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l'art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e l'art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo)» (Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n.

2755). Va ricordato che l’art. 21-nonies non ha infatti specificato la decorrenza degli effetti dell’atto di annullamento con la conseguenza che, facendosi implicito riferimento al diritto vivente, si è da sempre ritenuto che l’annullamento d’ufficio avesse efficacia retroattiva mentre la revoca non retroattiva. Già la dottrina aveva, tuttavia, sottolineato come fosse possibile in alcune ipotesi ammettere un annullamento con efficacia non retroattiva (v. G. FALCON, Questioni sull’efficacia temporale e sulla validità del provvedimento amministrativo nel tempo, in Dir. amm., 2003, 1 ss.).

Inoltre, anche altre esperienze straniere, proprio per tutelare adeguatamente l’affidamento incolpevole, conoscono forme di annullamento d’ufficio non retroattivo.

Anche in tema di revoca l’affidamento assume particolare rilevanza; l’art. 21-quinquies l.n. 241/1990 prevede che l’amministrazione debba corrispondere un indennizzo ai soggetti direttamente interessati dal provvedimento di primo grado che hanno subito un pregiudizio a causa della revoca.

Oltre a questa tutela monetaria, l’affidamento ha certamente assunto una valenza impeditiva o limitativa del potere di revoca alla luce delle recenti riforme ad opera del d.l. 133/ 2014.

La revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. ius poenitendi) non può radicalmente avere luogo quando si tratta di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Se invece la revoca è giustificata da un mutamento della situazione di fatto, detto mutamento non deve essere prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento di primo grado.

Oltre a tali due ipotesi di rilevanza ex lege dell’affidamento, in cui è impedita la revoca, ci si è interrogati se, in tutti gli altri casi, l’affidamento incolpevole rilevi nella revoca in termini esclusivamente monetari (attraverso la corresponsione dell’indennizzo) oppure possa rilevare anche in termini di impedimento della revoca stessa.

Secondo autorevole dottrina, se l’affidamento ha una certa consistenza e rilevanza, esso deve rilevare in sede di ponderazione degli interessi da parte dell’amministrazione, potendo anche impedire la revoca stessa120.

120 G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo.

Sul ruolo dell’affidamento dei privati in sede di revoca possono essere svolte alcune considerazioni. La valutazione dell’affidamento del privato non rientra in modo esplicito nei presupposti per l’esercizio del potere di revoca. Ciò nonostante, esso pare rientrarvi indirettamente, perché esso dovrà essere senz’altro implicitamente valutato per potere dichiarare la presenza di circostanze sopravvenute o, ancora, di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. Quello che, tuttavia, appare essenziale è come la norma, prevedendo l’obbligo di indennizzo, abbia trasformato l’affidamento del privato in “un peso specifico”, di carattere economico, da ponderare in sede di bilanciamento dei vari interessi sottesi alla scelta di revoca. Tale obbligo ha infatti dato valore ad un bilanciamento dapprima solo implicito, facendo sì che la revoca sia considerata un costo e dunque sia una strada da intraprendere solo se non vi sono

Se si ammette che l’affidamento incolpevole possa impedire la rimozione di un atto illegittimo (cioè il suo annullamento d’ufficio), a fortiori si deve ammettere che l’affidamento possa impedire la rimozione di un atto legittimo (cioè la sua revoca)121.

E’ evidente che l’affidamento riposto in un atto valido non può essere trattato peggio dell’affidamento riposto in un atto invalido.

Detta rilevanza dell’affidamento sarebbe in perfetta armonia col carattere discrezionale del provvedimento di revoca.

Nessuna contraddizione si avrebbe, ammettendo questa soluzione, con l’indennizzo.

A seconda della consistenza e della rilevanza dell’affidamento e a seconda dei diversi interessi in gioco, l’ordinamento accorderebbe una duplice tutela, in caso di revoca, all’affidamento; una tutela forte, tale da impedire la revoca, nei casi di maggiore

soluzioni alternative, dal minor aggravio economico per i controinteressati. A maggior ragione, l’indennizzo costituisce, dunque, motivo per compiere anche nel caso della revoca un’adeguata

considerazione del sacrificio imposto al privato, poiché a causa di questo l’amministrazione sarà chiamata al pagamento di un indennizzo. In un’ottica di buona amministrazione, che sia efficiente ed economica, tale esborso può essere ammesso solo se giustificato da un interesse di senso opposto dal maggior valore.

Sul punto, non sembra essere di ostacolo neanche la condivisa natura dei poteri di riesame come amministrazione attiva piuttosto che come generale potere di autotutela. L’interesse pubblico perseguito in sede di revoca, benché sia lo stesso che è stato perseguito con il primo esercizio del potere, deve comunque essere considerato con riferimento al momento temporale attuale così che esso dovrà confrontarsi con le situazioni giuridiche soggettive presenti nel secondo momento temporale, compreso l’affidamento che si sia nel frattempo consolidato nel privato.

121 Nei casi in cui l’amministrazione «non abbia valutato in alcun modo l’esistenza dell’interesse pubblico prevalente e dell’affidamento del destinatario, richiesti dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n.

241 del 1990», i provvedimenti in autotutela sono illegittimi per difetto di motivazione T.A.R. Campania, Napoli, 9 aprile 2010, n. 1885. In questo senso si è così affermato che «è illegittima, per violazione dell’art. 21- quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, la revoca dell’aggiudicazione definitiva di una gara pubblica, disposta per carenza di fondi, che non sia motivata con riferimento anche al pregiudizio che subisce il privato» T.A.R. Lombardia, sez. II, 15 gennaio 2007, n. 5. La giurisprudenza ha dato dunque della norma l’interpretazione sopra prospettata, poiché, pur in assenza di un dato normativo esplicito, ritiene che anche nel caso della revoca sia implicito il bilanciamento con l’affidamento ed operi il binomio adeguata ponderazione- adeguata motivazione.