3. Natura giuridica della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione
3.2. Natura giuridica della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: estendibilità delle considerazione svolte in
tema di responsabilità da illegittimo esercizio del potere?
Dopo aver analizzato il dibattito in atto in ordine alla natura giuridica della responsabilità civile dell’amministrazione da illegittimo esercizio del potere, è necessario affrontare l’analogo problema concernente la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione.
Preliminarmente, occorre verificare se le considerazione fatte in merito al primo tipo di responsabilità siano estendibili anche alla culpa in contrahendo dell’amministrazione.
Per rispondere a questo interrogativo è necessario analizzare i caratteri strutturali delle due responsabilità.
La responsabilità da illegittimo esercizio del potere amministrativo presuppone la presenza di un potere amministrativo scorrettamente esercitato; il privato è titolare di un interesse legittimo, oppositivo o pretensivo, e ne lamenta la lesione.
In particolare, il soggetto contesta l’esercizio del potere affermando, in primis, l’illegittimità del provvedimento amministrativo.
La responsabilità in esame, anche detta da lesione di interesse legittimo, è una responsabilità da provvedimento: è infatti il provvedimento amministrativo (necessariamente illegittimo) che causa il danno al privato.
80 Consiglio di Stato, Ad. plen., 06 luglio 2015 n. 6 “Il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall'art. 30, comma 3, c.p.a., non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all'entrata in vigore del codice”.
Come confermato dalla più recente ricostruzione giurisprudenziale81, in questi casi il privato non fa valere il diritto soggettivo al risarcimento del danno, bensì il suo interesse legittimo avente ad oggetto il bene della vita oggetto del potere amministrativo; non si tratta pertanto di una forma di giurisdizione esclusiva.
L’azione risarcitoria è una tutela ulteriore che si affianca alla tradizionale tutela caducatoria assicurata dall’azione di annullamento del provvedimento illegittimo.
La fattispecie di illecito in esame presuppone un provvedimento amministrativo illegittimo, pur non esaurendosi in tale elemento.
Il bene della vita protetto dalla responsabilità in esame è quello oggetto del potere amministrativo illegittimamente esercitato.
Il privato, esperendo la relativa azione risarcitoria, fa in primo luogo valere la violazione di una norma di validità, dovendo necessariamente dimostrare l’illegittimità del provvedimento amministrativo.
Il danno risarcibile si parametra sull’interesse positivo, ossia sulle utilità che il privato avrebbe tratto ove avesse stipulato ed eseguito il contratto.
La responsabilità precontrattuale dell’amministrazione è invece una responsabilità che si fonda sul carattere scorretto e contrario a buona fede del comportamento tenuto dall’amministrazione.
81 Tale ricostruzione si è diffusa a partire dalla storica sentenza Corte Costituzionale, 06 luglio 2004 n.
204 “La dichiarazione di incostituzionalità oggetto della sentenza in commento non investe l'art. 7 l. n.
205 del 2000, nella parte in cui (lett. c) sostituisce l'art. 35 d.lg. n. 80 del 1998: il potere riconosciuto al g.a. di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce infatti sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo) da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della p.a. L'attribuzione di tale potere non soltanto appare conforme alla piena dignità del giudice riconosciuta dalla Costituzione al Consiglio di Stato (sub 3), ma anche, e soprattutto, essa affonda le sue radici nella previsione dell'art. 24 cost., il quale, garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela, implica che il giudice sia munito di adeguati poteri; e certamente il superamento della regola (avvenuto, peraltro, sovente in via pretoria nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva), che imponeva, ottenuta tutela davanti al g.a., di adire il g.o., con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali e l'eventuale risarcimento del danno (regola alla quale era ispirato anche l'art. 13 l. 19 febbraio 1992 n. 142, che pure era di derivazione comunitaria), costituisce null'altro che attuazione del precetto di cui all'art. 24 cost.”.
Oggetto della valutazione è pertanto il complessivo comportamento concreto tenuto dall’amministrazione; essa prescinde dai profili di illegittimità dei provvedimenti amministrativi adottati, tanto è vero che può configurarsi anche in presenza di un provvedimento amministrativo legittimo.
Si tratta dunque di una responsabilità da comportamento82 e non già da provvedimento.
Il privato danneggiato non contesta il provvedimento amministrativo ma il comportamento complessivamente tenuto dall’amministrazione, lamentando la lesione del suo affidamento incolpevole.
Pertanto egli lamenta la violazione di norme di condotta privatistiche, a nulla rilevando le norme di validità di diritto amministrativo che regolamentano l’esercizio del potere.
Il danno risarcibile si parametra sull’interesse negativo, ossia sulle spese inutilmente sostenute e sulle altre occasioni di guadagno sfumate a causa della condotta scorretta dell’amministrazione.
Date queste notevoli differenze appare dunque affrettata ogni forma di automatica trasposizione in sede precontrattuale delle considerazioni che sono state effettuate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in merito alla natura della responsabilità da lesione di interesse legittimo.
Bisogna dunque interrogarsi sulla natura giuridica della responsabilità precontrattuale in maniera autonoma rispetto alla responsabilità da illegittimo esercizio del potere amministrativo, trattandosi di fattispecie diverse.
Ciò comporta che, simmetricamente, le conclusioni cui si giungerà in ordine a tale tipo di responsabilità non sono automaticamente estensibili alla responsabilità da lesione di interesse legittimo.
Secondo la tradizionale ricostruzione83, mutuata dal diritto civile, la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione costituirebbe un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
82 Amministrativo e non già mero, il che consente di ammettere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Ciò deriverebbe dal fatto che l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nel corso delle trattative sarebbe una applicazione del principio del neminem laedere di cui all’art.
2043 c.c.
Il dovere di comportarsi secondo buona fede nelle trattative è un dovere generico della vita di relazione che preesiste alle trattative e si impone a tutti i consociati, ivi compresa l’amministrazione, in virtù del precetto generale del neminem laedere, al fine di tutelare la libertà negoziale contro ingerenze di terzi volte ad alternarne l’esercizio.
Tale dovere, non nasce con le trattative, ma preesiste ad esse e s’impone erga omnes, mirando a tutelare un interesse della vita di relazione che è quello al libero e corretto svolgimento della libertà negoziale: la sua violazione costituisce un danno ingiusto.
Il carattere soggettivamente ed oggettivamente indeterminato del dovere di buona fede lo rende simile al neminem laedere ex art. 2043 c.c.
Inoltre l’art. 1337 c.c. sarebbe una norma sfornita di sanzione, che dunque dovrebbe essere integrata con l’art. 2043 c.c. che prevede l’obbligo di risarcire il danno e gli altri elementi della fattispecie.
La responsabilità precontrattuale non si fonda inoltre sul contratto, cioè non si lamenta l’inadempimento del contratto, dato che il contratto non c’è o è invalido;
inoltre, neppure si potrebbe sostenere che vi sia stato un inadempimento ad un rapporto obbligatorio, dato che questo segue e non precede la conclusione di un contratto valido.
Il dovere reciproco dei soggetti di comportarsi secondo buona fede non potrebbe costituire oggetto di una obbligazione in senso tecnico, perché mancherebbe il requisito essenziale della patrimonialità ex art. 1174 c.c.
Secondo una più recente 84 85 ricostruzione la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione andrebbe ricondotta al genus della responsabilità contrattuale.
83 Aderiscono alla tesi della natura extracontrattuale fra gli altri C. M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, op. ult. cit., p. 43 ss.; R. SACCO, La trattativa, in R. SACCO, G. DE NOVA (a cura di), Il contratto, in Trattato di Diritto Privato, 2004, p. 503 e ss
84 Per la verità anche in passato, soprattutto in dottrina, la tesi della natura contrattuale era stata fortemente sostenuta da alcuni autori che si erano occupati del tema ( F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963 ; L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv.
dir. comm., 1956, II, p. 360 ss..)
Il criterio distintivo fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, infatti, va ormai rintracciato nella preesistenza o meno di un obbligo di comportamento nei confronti di uno specifico soggetto; se si viola un dovere specifico di comportamento nei confronti di un soggetto determinato la responsabilità avrà natura contrattuale, altrimenti essa avrà natura extracontrattuale.
Pertanto la natura contrattuale della responsabilità prescinde dalla fonte dell’obbligazione; anche ove l’obbligazione abbia fonte non contrattuale il suo inadempimento sarà soggetto alla disciplina della responsabilità contrattuale86.
L’art. 1218 c.c. testualmente fa riferimento solo alla mancata esecuzione della prestazione dovuta, prescindendo dalla fonte dell’obbligazione; inoltre il riferimento alla prestazione dovuta implica che la responsabilità viene ancorata alla preesistenza di una prestazione dovuta nei confronti di uno specifico soggetto.
85 Da ultimo si veda la sentenza Cassazione civile sez. I 12 luglio 2016 n. 14188 “Nei contratti conclusi con la pubblica amministrazione, il dispiegamento degli effetti vincolanti per le parti, al di là della formale stipula di un accordo negoziale, è subordinata all'approvazione ministeriale ai sensi dell'art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, da effettuarsi con un provvedimento espresso adottato dall'organo competente nella forma solenne prescritta dalla legge, la cui esistenza non può desumersi implicitamente dalla condotta tenuta dall'amministrazione, sicché, ai fini del perfezionamento effettivo del vincolo contrattuale, pur se formalmente esistente, non è sufficiente la mera aggiudicazione pronunciata in favore del contraente, come pure la formale stipula del contratto ad evidenza pubblica nelle forme prescritte dalla legge (artt. 16 e 17 del decreto cit.); l'eventuale responsabilità dell'amministrazione, in pendenza dell'approvazione ministeriale, deve essere, di conseguenza, configurata come responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell'art. 1173 c.c. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell'art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c..”, “Posto che: a) la responsabilità precontrattuale è inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da contatto sociale qualificato; b) ha natura precontrattuale la responsabilità che può sorgere a carico della pubblica amministrazione in pendenza dell'approvazione ministeriale degli atti di aggiudicazione definitiva e dei contratti dalla medesima conclusi, al credito risarcitorio fondato su detta responsabilità si applica la prescrizione ordinaria.”
86 Non è un caso che il termine responsabilità contrattuale non figura nel dato legislativo, che invece qualifica questa responsabilità come responsabilità da inadempimento o responsabilità del debitore.
La responsabilità extracontrattuale riguarda soggetti estranei, non legati da un preesistente rapporto obbligatorio, che normalmente si incontrano il giorno dell’illecito.
Anche aderendo alla tradizionale idea secondo la quale la responsabilità extracontrattuale coinciderebbe con la violazione di doveri assoluti mentre la responsabilità contrattuale con la violazione di doveri relativi, l’illecito precontrattuale andrebbe ricondotto alla responsabilità contrattuale in quanto il dovere di buona fede nel corso delle trattative ha natura di dovere relativo e non già assoluto perchè grava concretamente sulle sole parti in trattativa e non su tutti i consociati genericamente considerati; ognuna ha sia l’obbligo di buona fede verso l’altra, sia la pretesa a che l’altra parte si comporti secondo buona fede87.
L’obbligo di buona fede nelle trattative si estrinseca non solo in comportamenti a contenuto negativo, consistenti nel dovere di astensione da certe attività lesive verso il terzo (tipico della responsabilità extracontrattuale), bensì anche in comportamenti a contenuto positivo.
La buona fede impone delle condotte attive di facere nei confronti di uno specifico soggetto, come una serie di dovere di informazione, custodia, chiarezza che si sostanziano in dei contegni positivi.
Chi allaccia una trattativa esce dalla “cerchia indifferenziata” e puramente “negativa”
dei rapporti extracontrattuali, per entrare in quella “specifica” e “positiva” dei rapporti contrattuali.
Inoltre, anche a sostenere la tesi, come sopra visto discutibile, che l’art. 1337 c.c.
codifichi un dovere che già deriverebbe dal principio del neminem laedere ex art. 2043, ciò non escluderebbe la natura contrattuale della fattispecie in esame.
Infatti, quando un dovere primario viene dedotto in obbligazione, si crea una nuova relazione giuridica, nella quale, quel comportamento che tutti avevano già il dovere di osservare a tutela di un interesse altrui, viene a costituire il contenuto della prestazione che un soggetto si obbliga ad effettuare a favore del titolare dell’interesse tutelato.
Da ciò consegue che quell’interesse del soggetto all’integrità della propria sfera giuridica, che prima godeva della sola tutela generica, viene ad usufruire anche della
87 JHERING, Culpa in contrahendo, p.37
tutela ex obligatione verso un soggetto determinato, in modo che ogni violazione costituisce, al tempo stesso, illecito contrattuale ed extracontrattuale.
Tipico esempio è costituito dalla tutela della incolumità fisica della persona, che è sicuramente tutelata con lo strumento aquiliano in caso di lesione, ma può anche essere dedotta in obbligazione, come ad esempio in caso di trasporto di persone e contratto con il medico libero professionista.
In questi casi è pacificamente ammesso un cumulo di responsabilità, in forza del quale il danneggiato può agire, a tutela della salute lesa, tanto a titolo contrattuale quanto a titolo extracontrattuale.
Inoltre, la buona fede oggettiva alla quale si riferisce l’art. 1337 è fonte di obblighi di comportamento e tradizionalmente, quando la legge assoggetta una certa relazione sociale all’imperativo della buona fede, ciò è indice sicuro che quella relazione si è trasformata in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto va esplicitato alla luce della clausola generale della buona fede.
Non è un caso che la violazione degli obblighi nascenti ex artt. 1175-1375 c.c. nel corso dell’esecuzione del contratto sia pacificamente assoggettata al regime della responsabilità contrattuale; ciò però avviene, non perché ci sia un contratto, ma perchè la buona fede crea una obbligazione il cui inadempimento è retto dalla disciplina della responsabilità contrattuale ex art. 1218.
Dietro la negazione del carattere obbligatorio dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede ex art 1337 c.c. si scorge spesso un’atteggiamento di diffidenza verso le clausole generali, che però può essere in parte sopito analizzando i correttivi che l’ordinamento predispone per evitare un’eccessivo ampliamento dell’area della responsabilità precontrattuale.
Inoltre, affermare la natura extracontrattuale significherebbe sottoporre ad intepretatio abrogans, o comunque sottovalutare, la novità normativa rappresentata dall’art. 1337 c.c.
Nel vigore del codice del 1865 l’illecito precontrattuale, in assenza di una norma ad hoc che sancisse l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, veniva ricondotto alla
fattispecie generale di illecito aquiliano (art. 1151)88 . Con la norma in esame invece il legislatore, oltre a ribadire la rilevanza giuridica delle scorrettezze precontrattuali, ha voluto sancire un vero e proprio obbligo giuridico di comportamento secondo buona fede nel corso delle trattative.
La più moderna dottrina giustifica questa riconduzione al paradigma della responsabilità contrattuale affermando che il fatto di istaurare una trattativa contrattuale genera ex lege una obbligazione di comportarsi secondo buona fede.
L’esistenza di un vero e proprio rapporto obbligatorio fra le parti in trattativa è avvalorato altresì dal riferimento che l’art. 1337 fa al termine “parti”, che normalmente designa le parti del rapporto obbligatorio (o del contratto).
Tale obbligazione di fonte legale, riconducibile in via generale all’art. 1337, verrebbe ricollegata al mero fatto obiettivo di aver instaurato le trattative.
Essa non sarebbe ascrivibile né al contratto né al fatto illecito, ma andrebbe ricondotta a quella terza categoria eterogenea ed aperta di fonti di obbligazioni cui fa riferimento l’art. 1173 c.c.
Infatti, aderendo all’impostazione di Gaio ed abbandonando la quadripartizione Giustinianea, le obbligazioni nascono, oltre che da contratto e da fatto illecito, anche da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.
Fra i fatti idonei a produrre il rapporto obbligatorio la più recente dottrina e giurisprudenza fa spesso riferimento al contatto sociale89.
Per contatto sociale si intende quella situazione in cui fra due soggetti si instaura una relazione socialmente significativa, in forza della quale sorge un affidamento nell’altra parte, in virtù del particolare status o qualifica o posizione rivestita.
Questo contatto genera ex art. 1173 una obbligazione di protezione nei confronti dell’altra parte, anche in assenza dell’obbligo primario di prestazione.
88 G. FAGGELLA, Fondamento giuridico della responsabilità in tema di trattative contrattuali, in Archi.
Giur., 1909, p. 128 e ss.
89 C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano, 1995, 147ss. ; S. FAILLACE, La responsabilità da contatto sociale, Padova, 2004, p. 36 ss..
Il soggetto, in altre parole, per effetto del mero contatto socialmente significativo e fonte di affidamento, assume un obbligo di protezione dell’altrui sfera giuridica, cui corrisponde un correlativo diritto, senza però assumere un obbligo primario di prestazione.
L’obbligazione nascerebbe in assenza di una previsione normativa espressa ai sensi dell’art. 1173; sarebbe del tutto incongruo ed inappagante sottoporre questa relazione al regime della responsabilità extracontrattuale e considerare pertanto i soggetti alla stregua di estranei, ignorando il carattere socialmente significativo della relazione e l’affidamento riposto. Alla luce di una valutazione complessiva condotta alla stregua dell’intero ordinamento si tratta dunque di un fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c.
Questo schema è stato lucidamente applicato dalla giurisprudenza italiana per la prima volta in tema di responsabilità del medico dipendente da una struttura sanitaria per il caso di danni subiti dal paziente. Prima di questo storico cambio di rotta della giurisprudenza la responsabilità, in questa fattispecie, veniva ricondotta a quella extracontrattuale, proprio valorizzando l’assenza di un contratto fra medico e paziente.
Diverso è invece il caso in cui il paziente si rivolgeva direttamente al medico e con questi stipulava un contratto; in questo caso la responsabilità aveva ovviamente natura contrattuale. Secondo l’orientamento inaugurato con la storica pronuncia della Corte di Cassazione, pur non essendoci un contratto fra medico e paziente, dato che il paziente conclude il contratto con la sola struttura sanitaria, il mero fatto di prendere in carico il paziente genera un affidamento sul fatto che il medico, nell’eseguire la prestazione, si comporterà in modo diligente e proteggerà la sfera giuridica del paziente. Sussiste una obbligazione di protezione senza però obbligo primario di prestazione, in quanto il paziente non può pretendere positivamente l’intervento dal medico, cosa che potrebbe fare ove avesse stipulato un contratto direttamente col medico. Sarebbe incongruo assimilare questo rapporto a quello fra estranei, tipico della responsabilità extracontrattuale; l’ordinamento non può certo accontentarsi che il medico “non leda” la salute del paziente, come sarebbe se si applicasse il regime della responsabilità extracontrattuale. Alla luce dunque di una valutazione complessiva alla stregua dell’ordinamento si giunge a sostenere che la relazione socialmente significativa è fonte ex art.1173 c.c. di obbligazioni il cui inadempimento, proprio per la preesistenza del
rapporto obbligatorio, deve essere ricondotta alla disciplina della responsabilità contrattuale.
La teoria del contatto sociale nel nostro ordinamento ha avuto largo successo ed è stata applicata per affermare la responsabilità di tipo contrattuale in casi in cui mancava un esplicito rapporto obbligatorio fra i soggetti (rapporto medico dipendente - paziente, rapporto insegnante - alunno per lesioni auto inferte).
Ben può considerarsi la trattativa precontrattuale una ipotesi di contatto sociale90.
90 La teoria degli obblighi di protezione ha avuto un ruolo centrale nel processo di estensione della responsabilità contrattuale a situazioni un tempo tutelate solo in via aquiliana; essa si è affermata in una triplice direzione.
A ) Obblighi di protezione nei confronti della controparte contrattuale.
Durante l’esecuzione del contratto può accadere che una parte leda gli interessi giuridici della controparte diversi da quelli esplicitamente dedotti in contratto. Per dare tutela contrattuale a questi interessi si è affermato che il rapporto obbligatorio avrebbe natura complessa e non si esaurirebbe solo nell’obbligo primario di prestazione. Soprattutto quando la prestazione implica un ingesso nella sfera del debitore, si è affermato che sorgono degli obblighi di protezione, che hanno carattere accessorio e collaterale rispetto alla prestazione, essendo volti a tutelare la persona e/o il patrimonio altrui.
Nell’eseguire il contratto ciascuna parte è tenuta, oltre che ad eseguire la prestazione dovuta (obbligo di prestazione), ad adottare misure cautelative volte a preservare l’integrità personale e patrimoniale della controparte ( obblighi di protezione o doveri di conservazione dell’altrui sfera giuridica).
Il loro fondamento è stato rinvenuto nella buona fede oggettiva ex art. 1175,1375 c.c. che va ad integrare le obbligazioni nascenti da contratto. Si pensi ad un tecnico ingaggiato per installare una caldaia in un appartamento; costui, oltre a dover installare correttamente la caldaia (prestazione principale), deve proteggere la sfera giuridica patrimoniale e non patrimoniale del creditore. Dunque, se l’installatore monta correttamente la caldaia ma causa un danno all’appartamento o alla persona nel montare la caldaia, si potrà invocare una responsabilità di tipo contrattuale per inadempimento degli obblighi di protezione che accedono all’obbligo primario di prestazione A volte è la stessa legge ad attrarre nell’orbita
contrattuale la salvaguardia dell’integrità personale e/o patrimoniale della controparte, come ad esempio nel contratto di lavoro subordinato, in relazione al quale l’art. 2087 c.c. fa obbligo all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.
Gli obblighi di protezione hanno tre fondamentali caratteristiche : atipicità, reciprocità, accessorietà genetica. Sono atipici perché il loro contenuto non è esplicitamente disciplinato dal legislatore ; sono reciproci perché gravano su tutti i soggetti del rapporto obbligatorio ( e non solo sul debitore) e, di regola, essi sono accessori rispetto all’obbligo primario di prestazione. Si ritiene inoltre che l’accessorietà sia soltanto genetica e non funzionale, in quanto l’esatto adempimento dell’obbligo principale e
l’inadempimento dell’obbligo di protezione può giustificare l’attivazione dei rimedi avverso
l’inadempimento ( risarcimento del danno , risoluzione ). Gli obblighi di protezione si ritiene vadano ad inserirsi nel sinallagma contrattuale, con la conseguenza che sono pienamente soggetti alla relativa disciplina, ivi compresa la responsabilità contrattuale.
B) Obblighi di protezione nei confronti di terzi rispetto ai contraenti
Un’ulteriore declinazione degli obblighi di protezione si è avuta teorizzando la presenza di tali obblighi, in alcuni particolari contratti, nei confronti di soggetti estranei al contratto, ma legati al contraente da una relazione di prossimità qualificata. A tal proposito si è soliti parlare di contratto con effetti protettivi nei confronti dei terzi, ossia un contratto che genera una obbligazione di protezione nei confronti di un terzo, fermo restando che l’obbligo primario di prestazione sussiste solo nei confronti del contraente ( ed in ciò si coglie la differenza principale con il contratto in favore del terzo ex art. 1411 c.c.) . Per terzo qui si intende il soggetto che è legato alla controparte da una relazione qualificata ed è esposto ai rischi dello svolgimento della prestazione oggetto del contratto ; si pensi al padre della gestante nel contratto concluso col ginecologo, oppure al familiare convivente col conduttore di un immobile insalubre. In tutte queste ipotesi, data la presenza del suddetto obbligo di protezione, il terzo potrà agire per ottenere il risarcimento del danno a titolo di responsabilità contrattuale e non già extracontrattuale.
C) Obblighi di protezione in assenza di contratto
L’ultima frontiera della teoria degli obblighi di protezione si ha in quelle ipotesi in cui l’obbligo di protezione si autonomizza dall’obbligo primario di prestazione, perdendo quel tipico carattere
dell’accessorietà. A tal proposito si parla di obbligazione senza prestazione, per indicare gli obblighi di protezione ab origine sganciati da un obbligo primario di prestazione; il contenuto del rapporto
obbligatorio si esaurisce nell’obbligo di protezione, senza che a monte sia ravvisabile un obbligo primario di prestazione. Ciò che crea l’obbligo di protezione è il contatto sociale qualificato instauratosi fra le parti, ossia quelle relazioni di fatto, socialmente qualificate, in cui sorge un’affidamento ,causato dal particolare status rivestito, nell’altrui condotta positiva di salvaguardia della sfera giuridica.
Data l’esistenza di questo rapporto obbligatorio e di questo dovere puntuale di salvaguardia nei confronti di uno specifico soggetto, il relativo inadempimento è soggetto alla disciplina della responsabilità contrattuale e non già a quello della responsabilità extracontrattuale. Ciò in quanto preesiste l’obbligo specifico violato e la relazione fra i soggetti, tali da escludere che si tratti di estranei e di violazione del generico dovere del neminem laedere.
Questo schema del contatto sociale è stato utilizzato frequentemente dalla giurisprudenza in una serie di fattispecie che occorre richiamare per chiarire meglio i contorni della categoria.
Le fattispecie più significative sono state :