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Responsabilità precontrattuale come ipotesi di responsabilità contrattuale

6. Natura giuridica della responsabilità precontrattuale

6.2 Responsabilità precontrattuale come ipotesi di responsabilità contrattuale

Secondo la più recente ricostruzione78 la responsabilità precontrattuale andrebbe ricondotta al genus della responsabilità contrattuale79.

77 Sull’origine della ricostruzione tedesca in termini di responsabilità contrattuale v. C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990.

78 Per la verità anche in passato, soprattutto in dottrina, la tesi della natura contrattuale era stata fortemente sostenuta da alcuni autori che si erano occupati del tema (F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963; L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv.

dir. comm., 1956, II, p. 360 ss.)

79 Cassazione civile sez. I 12 luglio 2016 n. 14188 “Nei contratti conclusi con la pubblica amministrazione, il dispiegamento degli effetti vincolanti per le parti, al di là della formale stipula di un accordo negoziale, è subordinata all'approvazione ministeriale ai sensi dell'art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, da effettuarsi con un provvedimento espresso adottato dall'organo competente nella forma solenne prescritta dalla legge, la cui esistenza non può desumersi implicitamente dalla condotta tenuta

Per comprendere questa apparente contraddizione, che deriverebbe dal predicare una responsabilità contrattuale pur in assenza di contratto (nel caso di recesso ingiustificato dalle trattative) o pur in presenza di un contratto invalido o inefficace, è opportuno chiarire il discrimen fra responsabilità extracontrattuale e responsabilità contrattuale.

Il criterio distintivo va rintracciato nella preesistenza o meno di un obbligo di comportamento nei confronti di uno specifico soggetto; se si viola un dovere specifico di comportamento nei confronti di un soggetto determinato la responsabilità avrà natura contrattuale, altrimenti essa avrà natura extracontrattuale80.

Pertanto la natura contrattuale della responsabilità prescinde dalla fonte dell’obbligazione; anche ove l’obbligazione abbia fonte non contrattuale il suo inadempimento sarà soggetto alla disciplina della responsabilità contrattuale.

Non è un caso che il termine responsabilità contrattuale non figura nel dato legislativo, che invece qualifica questa responsabilità come responsabilità da inadempimento o responsabilità del debitore.

L’art. 1218 c.c. testualmente fa riferimento solo alla mancata esecuzione della prestazione dovuta, prescindendo dalla fonte dell’obbligazione; inoltre il riferimento alla prestazione dovuta implica che la responsabilità viene ancorata alla preesistenza di una prestazione dovuta nei confronti di uno specifico soggetto.

La responsabilità extracontrattuale riguarda soggetti estranei, non legati da un preesistente rapporto obbligatorio, che normalmente si incontrano il giorno dell’illecito.

Anche aderendo alla tradizionale idea secondo la quale la responsabilità extracontrattuale coinciderebbe con la violazione di doveri assoluti mentre la responsabilità contrattuale con la violazione di doveri relativi81, l’illecito precontrattuale andrebbe ricondotto alla responsabilità contrattuale in quanto il dovere di buona fede

dall'amministrazione, sicché, ai fini del perfezionamento effettivo del vincolo contrattuale, pur se formalmente esistente, non è sufficiente la mera aggiudicazione pronunciata in favore del contraente, come pure la formale stipula del contratto ad evidenza pubblica nelle forme prescritte dalla legge (artt. 16 e 17 del decreto cit.); l'eventuale responsabilità dell'amministrazione, in pendenza dell'approvazione ministeriale, deve essere, di conseguenza, configurata come responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell'art. 1173 c.c. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell'art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c..”

80 C. CASTRONOVO, S, MAZZAMUTO, Manuale di diritto privato europeo, II, Milano, 2007

81 Distinzione oggi da ripensare alla luce della pacifica ammissione della c.d. tutela aquiliana del credito.

nel corso delle trattative ha natura di dovere relativo e non già assoluto perché grava concretamente sulle sole parti in trattativa e non su tutti i consociati genericamente considerati; ognuna ha sia l’obbligo di buona fede verso l’altra, sia la pretesa a che l’altra parte si comporti secondo buona fede.

L’obbligo di buona fede nelle trattative si estrinseca non solo in comportamenti a contenuto negativo, consistenti nel dovere di astensione da certe attività lesive verso il terzo (tipico della responsabilità extracontrattuale), bensì anche in comportamenti a contenuto positivo.

La buona fede impone delle condotte attive di facere nei confronti di uno specifico soggetto, come una serie di dovere di informazione, custodia, chiarezza che si sostanziano in dei contegni positivi.

Chi allaccia una trattativa esce dalla “cerchia indifferenziata” e puramente “negativa”

dei rapporti extracontrattuali, per entrare in quella “specifica” e “positiva” dei rapporti contrattuali82.

Inoltre, anche a sostenere la tesi, come sopra visto discutibile, che l’art. 1337 c.c.

codifichi un dovere che già deriverebbe dal principio del neminem laedere ex art. 2043, ciò non escluderebbe la natura contrattuale della fattispecie in esame.

Infatti, quando un dovere primario viene dedotto in obbligazione, si crea una nuova relazione giuridica, nella quale, quel comportamento che tutti avevano già il dovere di osservare a tutela di un interesse altrui, viene a costituire il contenuto della prestazione che un soggetto si obbliga ad effettuare a favore del titolare dell’interesse tutelato.

Da ciò consegue che quell’interesse del soggetto all’integrità della propria sfera giuridica, che prima godeva della sola tutela generica, viene ad usufruire anche della tutela ex obligatione verso un soggetto determinato, in modo che ogni violazione costituisce, al tempo stesso, illecito contrattuale ed extracontrattuale.

Tipico esempio è costituito dalla tutela della incolumità fisica della persona, che è sicuramente tutelata con lo strumento aquiliano in caso di lesione, ma può anche essere dedotta in obbligazione, come ad esempio in caso di trasporto di persone e contratto con il medico libero professionista.

82 JHERING, Culpa in contrahendo, p.37

In questi casi è pacificamente ammesso un cumulo di responsabilità, in forza del quale il danneggiato può agire, a tutela della salute lese, tanto a titolo contrattuale quanto a titolo extracontrattuale.

Un ulteriore indizio a sostegno della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale è dato dalla omogeneità del criterio di imputazione.

Se il contratto è a titolo gratuito la responsabilità precontrattuale sussisterà solo in caso di dolo, come si desume dagli artt. 168, 180, 798, 1812, 1821, comma 2°, c.c.;

mentre se il contratto è a titolo oneroso è sufficiente anche la colpa come espressamente previsto dall’art. 1821 comma 1° c.c. Tale distinzione, a seconda del carattere gratuito o oneroso del contratto, si rinviene anche in tema di responsabilità contrattuale, come si desume dagli artt. 1710, 1768 c.c.

Altro sintomo della natura contrattuale è dato dal disposto dell’art. 1718 c.c. che impone al mandatario, che non ha accettato l’incarico, di adempiere all’obbligo di custodia allo stesso modo in cui dovrebbe adempiere ove si fosse stipulato il mandato.

In questa fattispecie, che si ritiene essere una ipotesi tipica di responsabilità precontrattuale, sarebbe assurdo negare la natura contrattuale della responsabilità, dato che il legislatore espressamente assoggetta l’obbligo di custodia alla stessa disciplina del contratto di mandato.

Inoltre, non si può negare, come invece fanno i fautori della tesi della natura extracontrattuale, che l’obbligo di comportarsi secondo buona fede abbia carattere patrimoniale ex art. 1174 c.c.

Il requisito della patrimonialità non va inteso nel senso che l’adempimento dell’obbligazione deve procurare un incremento patrimoniale nella sfera del creditore, bensì nel senso che la prestazione deve essere idonea a soddisfare un bisogno umano per il cui appagamento il comune apprezzamento considera giustificato sopportare un sacrificio economico.

Tale requisito sicuramente sussiste in relazione ai doveri di informazione, custodia e segreto che scaturiscono dalla clausola generale in esame.

L’obbligo di custodia certamente ha carattere patrimoniale, tanto che può essere oggetto di un apposito contratto tipico (l deposito); l’obbligo di segreto ha carattere patrimoniale perché la divulgazione dell’informazione può recare un grave nocumento alla parte; l’obbligo di informazione è suscettibile di valutazione economica perché in

base alle informazioni in possesso delle parti è possibile valutare la convenienza economica di un affare.

Inoltre, la buona fede oggettiva alla quale si riferisce l’art. 1337 è fonte di obblighi di comportamento e tradizionalmente, quando la legge assoggetta una certa relazione sociale all’imperativo della buona fede, ciò è indice sicuro che quella relazione si è trasformata in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto va esplicitato alla luce della clausola generale della buona fede.

Non è un caso che la violazione degli obblighi nascenti ex artt. 1175, 1375 c.c. nel corso dell’esecuzione del contratto sia pacificamente assoggettata al regime della responsabilità contrattuale; ciò però avviene, non perché ci sia un contratto, ma perché la buona fede crea una obbligazione il cui inadempimento è retto dalla disciplina della responsabilità contrattuale ex art. 1218.

Dietro la negazione del carattere obbligatorio dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede ex art 1337 c.c. si scorge spesso un atteggiamento di diffidenza verso le clausole generali83, che però può essere in parte sopito analizzando i correttivi che l’ordinamento predispone per evitare un eccessivo ampliamento dell’area della responsabilità precontrattuale.

Inoltre, affermare la natura extracontrattuale significherebbe sottoporre ad intepretatio abrogans, o comunque sottovalutare, la novità normativa rappresentata dall’art. 1337 c.c.

Nel vigore del codice del 1865 l’illecito precontrattuale, in assenza di una norma ad hoc che sancisse l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, veniva ricondotto alla fattispecie generale di illecito aquiliano (art. 1151) 84. Con la norma in esame invece il legislatore, oltre a ribadire la rilevanza giuridica delle scorrettezze precontrattuali, ha voluto sancire un vero e proprio obbligo giuridico di comportamento secondo buona fede nel corso delle trattative.

83 G. D’AMICO, Clausole generali e ragionevolezza, I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte Costituzionale nella costruzione dell’ordinamento attuale. Principi fondamentali, I, Napoli, 2007, p. 429 e ss

84 G. FAGGELLA, Fondamento giuridico della responsabilità in tema di trattative contrattuali, in Archi.

Giur., 1909, p. 128 e ss.

La più moderna dottrina giustifica questa riconduzione al paradigma della responsabilità contrattuale affermando che il fatto di istaurare una trattativa contrattuale genera ex lege una obbligazione di comportarsi secondo buona fede.

L’esistenza di un vero e proprio rapporto obbligatorio fra le parti in trattativa è avvalorato altresì dal riferimento che l’art. 1337 fa al termine “parti”, che normalmente designa le parti del rapporto obbligatorio (o del contratto).

Tale obbligazione di fonte legale, riconducibile in via generale all’art. 1337, verrebbe ricollegata al mero fatto obiettivo di aver instaurato le trattative 85.

Essa non sarebbe ascrivibile né al contratto né al fatto illecito, ma andrebbe ricondotta a quella terza categoria eterogenea ed aperta di fonti di obbligazioni cui fa riferimento l’art. 1173 c.c.

Infatti, aderendo all’impostazione di Gaio ed abbandonando la quadripartizione Giustinianea, le obbligazioni nascono, oltre che da contratto e da fatto illecito, anche da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico86.

Fra i fatti idonei a produrre il rapporto obbligatorio la più recente dottrina e giurisprudenza fa spesso riferimento al contatto sociale87.

Per contatto sociale si intende quella situazione in cui fra due soggetti si instaura una relazione socialmente significativa, in forza della quale sorge un affidamento nell’altra parte, in virtù del particolare status o qualifica o posizione rivestita.

Questo contatto genera ex art. 1173 una obbligazione di protezione nei confronti dell’altra parte, anche in assenza dell’obbligo primario di prestazione.

Il soggetto, in altre parole, per effetto del mero contatto socialmente significativo e fonte di affidamento, assume un obbligo di protezione dell’altrui sfera giuridica, cui corrisponde un correlativo diritto, senza però assumere un obbligo primario di prestazione.

L’obbligazione nascerebbe in assenza di una previsione normativa espressa ai sensi dell’art. 1173; sarebbe del tutto incongruo ed inappagante sottoporre questa relazione al regime della responsabilità extracontrattuale e considerare pertanto i soggetti alla

85 Aventi i crismi sopra analizzati per far sorgere quel minimo di affidamento tutelato dall’art. 1337 c.c.

86 C. M. BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, IV, Milano, 1993, p. 93-94.

87 C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano, 1995, 147 ss.; S. FAILLACE, La responsabilità da contatto sociale, Padova, 2004, p. 36 ss..

stregua di estranei, ignorando il carattere socialmente significativo della relazione e l’affidamento riposto. Alla luce di una valutazione complessiva condotta alla stregua dell’intero ordinamento si tratta dunque di un fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c88.

Questo schema è stato lucidamente applicato dalla giurisprudenza italiana per la prima volta in tema di responsabilità del medico dipendente da una struttura sanitaria per il caso di danni subiti dal paziente89. Prima di questo storico cambio di rotta della giurisprudenza la responsabilità, in questa fattispecie, veniva ricondotta a quella extracontrattuale, proprio valorizzando l’assenza di un contratto fra medico e paziente.

Diverso è invece il caso in cui il paziente si rivolgeva direttamente al medico e con questi stipulava un contratto; in questo caso la responsabilità aveva ovviamente natura contrattuale. Secondo l’orientamento inaugurato con la storica pronuncia della Corte di Cassazione, pur non essendoci un contratto fra medico e paziente, dato che il paziente conclude il contratto con la sola struttura sanitaria, il mero fatto di prendere in carico il paziente genera un affidamento sul fatto che il medico, nell’eseguire la prestazione, si comporterà in modo diligente e proteggerà la sfera giuridica del paziente. Sussiste una obbligazione di protezione senza però obbligo primario di prestazione, in quanto il paziente non può pretendere positivamente l’intervento dal medico, cosa che potrebbe fare ove avesse stipulato un contratto direttamente col medico. Sarebbe incongruo assimilare questo rapporto a quello fra estranei, tipico della responsabilità extracontrattuale; l’ordinamento non può certo accontentarsi che il medico “non leda” la salute del paziente, come sarebbe se si applicasse il regime della responsabilità extracontrattuale. Alla luce dunque di una valutazione complessiva alla stregua dell’ordinamento si giunge a sostenere che la relazione socialmente significativa è fonte ex art.1173 c.c. di obbligazioni il cui inadempimento, proprio per la preesistenza del

88C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione, voce dell’Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, vol. XXI.

89 Cassazione civile sez. III 22 gennaio 1999 n. 598 “L'obbligazione del medico dipendente per responsabilità professionale nei confronti del paziente si fonda sul "contatto sociale" caratterizzato dall'affidamento che il malato ripone in colui che esercita una professione protetta che ha per oggetto beni costituzionalmente tutelati. La natura contrattuale di tale obbligazione è individuata con riferimento non alla fonte ma al contenuto del rapporto. Dalla natura contrattuale della responsabilità del medico dipendente deriva che il regime della ripartizione dell'onere della prova, del grado della colpa e della prescrizione sono quelli propri delle obbligazioni da contratto di prestazione d'opera professionale. Con particolare riguardo all'onere della prova, se l'intervento è di facile o "routinaria" esecuzione si applica il principio della "res ipsa loquitur" ed il medico, per andare esente da responsabilità, deve provare che l'insuccesso dell'operazione non è dipeso da un difetto di diligenza proprio.”

rapporto obbligatorio, deve essere ricondotta alla disciplina della responsabilità contrattuale.

La teoria del contatto sociale nel nostro ordinamento ha avuto largo successo ed è stata applicata per affermare la responsabilità di tipo contrattuale in casi in cui mancava un esplicito rapporto obbligatorio fra i soggetti (rapporto medico dipendente - paziente, rapporto insegnante - alunno per lesioni auto-inferte ).

Ben può considerarsi la trattativa precontrattuale una ipotesi di contatto sociale.

A sostegno di questa affermazione è opportuno sottolineare due importanti aspetti.

In primo luogo, a differenza delle classiche ipotesi nelle quali si è affermata la presenza di un contatto sociale, in questo caso vi è una norma di legge che espressamente sancisce l’obbligo di comportamento (che è, in via generale, l’art. 1337 c.c.). Sarebbe dunque irragionevole negare la presenza di un contatto sociale in questa ipotesi in cui è lo stesso legislatore ad aver sentito l’esigenza di porre espressamente l’obbligo di comportamento ed al contempo affermarla nei casi in cui il legislatore nulla ha previsto.

In secondo luogo non bisogna dimenticare che nella dottrina tedesca, dove il tema è stato per primo affrontato, il paradigma del contatto sociale è proprio la trattativa contrattuale. In altre parole, in Germania la responsabilità precontrattuale ha rappresentato la fattispecie attorno alla quale è stato teorizzato il contatto sociale, dunque è la prima ipotesi, in ordine di importanza e di tempo, di contatto sociale.

Al fine di comprendere la portata della progressiva affermazione della teoria del contatto sociale occorre analizzare gli obblighi di protezione.

Negli ultimi decenni, sul versante della responsabilità civile, abbiamo assistito a due fenomeni di particolare importanza90.

Da un lato si è avuta una notevole espansione della responsabilità extracontrattuale sul duplice versante delle posizioni soggettive meritevoli di tutela e del danno risarcibile.

Mentre, in un primo momento, si riteneva che la responsabilità aquiliana ex art. 2043 riguardasse solo la lesione di diritti assoluti, gradualmente la giurisprudenza ha esteso l’istituto ai diritti relativi, agli interessi legittimi, alla chance, all’interesse legittimo di

90 C. M. BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Giuffrè, 1993, p. 11 ss..

diritto privato e alle situazioni di possesso e detenzione. Ciò è stato possibile dando all’elemento del danno ingiusto una interpretazione estensiva, tale da ricomprendere la lesione di una qualsiasi situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento. Il secondo aspetto dell’estensione della responsabilità extracontrattuale si coglie sul versante del danno risarcibile; in epoca recente è stata ammessa la piena risarcibilità del danno non patrimoniale, non solo nelle ipotesi testualmente previste dalla legge, ma anche in tutti quei casi in cui venga leso un diritto della persona costituzionalmente protetto.

L’altro fenomeno, che più interessa direttamente l’argomento in esame, che si verificato negli ultimi anni, è stata l’estensione dell’area della responsabilità contrattuale a situazioni un tempo governate dalla responsabilità extracontrattuale. A tal proposito si è parlato di fenomeno di contrattualizzazione della responsabilità aquiliana.

Questi due fenomeni, da un punto di vista dell’estensione della tutela risarcitoria, sono profondamente diversi; infatti, mentre con l’estensione della responsabilità extracontrattuale si è data tutela ad una situazione che in passato non riceveva tutela, con la “contrattualizzazione della responsabilità aquiliana” si è assoggettata alla disciplina della responsabilità contrattuale una situazione che già godeva di tutela risarcitoria. Quindi, da un punto di vista degli interessi protetti col rimedio risarcitorio, solo il primo fenomeno ha esteso l’area della tutela, mentre il secondo ha semplicemente determinato un cambio di disciplina, sia pure nell’ottica di concedere una maggiore tutela ad un interesse comunque già tutelato in via aquiliana.

Detta espansione della responsabilità contrattuale è stata resa possibile in virtù del combinarsi di tre fenomeni: la delimitazione della responsabilità aquiliana rispetto a quella contrattuale, la valorizzazione dell’atipicità delle fonti di obbligazioni e la teoria degli obblighi di protezione.

La teoria degli obblighi di protezione ha avuto un ruolo centrale nel processo di estensione della responsabilità contrattuale a situazioni un tempo tutelate solo in via aquiliana; essa si è affermata in una triplice direzione.

A ) Obblighi di protezione nei confronti della controparte contrattuale.

Durante l’esecuzione del contratto può accadere che una parte leda gli interessi giuridici della controparte diversi da quelli esplicitamente dedotti in contratto.

Per dare tutela contrattuale a questi interessi si è affermato che il rapporto obbligatorio avrebbe natura complessa e non si esaurirebbe solo nell’obbligo primario di prestazione.

Soprattutto quando la prestazione implica un ingresso nella sfera del debitore, si è affermato che sorgono degli obblighi di protezione, che hanno carattere accessorio e collaterale rispetto alla prestazione, essendo volti a tutelare la persona e/o il patrimonio altrui.

Nell’eseguire il contratto ciascuna parte è tenuta, oltre che ad eseguire la prestazione dovuta (obbligo di prestazione), ad adottare misure cautelative volte a preservare l’integrità personale e patrimoniale della controparte (obblighi di protezione o doveri di conservazione dell’altrui sfera giuridica).

Il loro fondamento è stato rinvenuto nella buona fede oggettiva ex art. 1175, 1375 c.c. che va ad integrare le obbligazioni nascenti da contratto91.

Si pensi ad un tecnico ingaggiato per installare una caldaia in un appartamento;

costui, oltre a dover installare correttamente la caldaia (prestazione principale), deve proteggere la sfera giuridica patrimoniale e non patrimoniale del creditore. Dunque, se l’installatore monta correttamente la caldaia ma causa un danno all’appartamento o alla persona nel montare la caldaia, si potrà invocare una responsabilità di tipo contrattuale per inadempimento degli obblighi di protezione che accedono all’obbligo primario di prestazione

A volte è la stessa legge ad attrarre nell’orbita contrattuale la salvaguardia dell’integrità personale e/o patrimoniale della controparte, come ad esempio nel contratto di lavoro subordinato, in relazione al quale l’art. 2087 c.c. fa obbligo

91 Si riportano gli esempi dell’avventore che rimanga ferito al labbro nel sorseggiare una bevanda al bar o del cliente che dopo aver bevuto, inavvertitamente rompa il bicchiere; da tali esempi si argomenta che mentre l’obbligo di diligenza graverebbe sul solo debitore in quanto attinente allo svolgimento della prestazione, gli obblighi di protezione sarebbero reciproci e dunque fondati sulla buona fede. In tal senso L. MENGONI, Obbligazioni di «risultato» e obbligazioni di «mezzi». (Studio critico), in Riv. dir.

comm.,1954, p. 309; F. BENATTI, Osservazioni in tema di «doveri di protezione», op. ult. cit., p. 1351.

Sulla sostanziale equiparazione delle nozioni di correttezza e buona fede, C.M. BIANCA, Diritto civile, L’obbligazione, op. ult. cit., p. 86; L. NANNI, La buona fede contrattuale, I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, collana diretta da F. Galgano, Padova, 1988, p. 145 ss.. Per E.

BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 65, i precetti enunciati dagli artt. 1175 e 1375 c.c. assolverebbero, invece, distinte funzioni: la correttezza imporrebbe all’obbligato solo doveri di segno negativo, mentre la buona fede, in senso opposto, solo doveri di carattere positivo