L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XIV - Voi. XXIX
Domenica 24 Aprile 1898
N. 1251
Più volte nelle colonne Ae\\’Economista abbiamo invocata la abolizione del dazio di consumo e, pur riconoscendo le difficoltà di ordine diverso che si oppongono a simile civile epurazione del sistema tributario, abbiamo insistito nella nostra richiesta facendo voli che si trovasse il modo, almeno di a r rivare alla graduale abolizione. E quando l’ espe rienza ci ha dimostrato che i diversi Ministri delle finanze, in tante altre faccende affaccendati, non sem bravano disposti a studiare una tale riforma, abbiamo rivolto il pensiero con animo pieno di speranza ai Comuni, che parevano desiderosi di liberare i citta dini da un balzello, elio non si può giudicare se non severamente in sè e pel modo colj quale è appli cato. Abbiamo quindi seguiti con cura i tentativi, pur troppo abortiti di Milano, non fummo parchi di lodi agli studi dei socialisti di T o rin o ; ci for mammo la convinzione che dovesse spettare appunto ai Comuni di forzare la mano al Governo perchè prov vedesse efficacemente ad una riforma del dazio consumo.
E infatti il Governo presentò nell’ anno decorso, un progetto, che, modificato poi in seguito alla rid u zione del dazio sul grano, è oggi argomento di di scussione alla Camera elettiva. Illustra il disegno di legge una relazione dell’onorevole Maiorana Angelo, la quale dopo brevi premesse, così giudica il dazio di consumo: — « aggrava fuor di misura i ge neri di prima necessità; — lede i primi principi di proporzionalità, nella distribuzione degli oneri tributari, fra i cittadini chiusi nel medesimo am bito ; — stabilisce le più stridenti disuguaglianze, non pure fra i Comuni contermini, ma fra gli abitanti di un unico agglomerato, diviso da cinte capricciose ; oscilla con tariffe balzane, il cui numero è stato ragguagliato a ben 90 0 0 ; — si converte facilmente m una imposta progressiva all’ inverso, per le classi meno abbienti ; — è applicato in modo da impac ciare l’agricoltura e le industrie, e da ostacolare molte forme di pronta attività, che altrimenti sareb bero remunerative, con grande beneficio dei sin goli e dell’ universale; — divide lo Stato in una serie tmmensa di barriere interne (sono state calcolate a presso 20,000) rinnovatrici delle tenebre medioevali ; offende, non soltanto per il danno che arreca, ma anche, e più, per il modo onde questo è in—
'tto ; arreca ai cittadini, così direttamente come muiretiamente una spesa senza confronto maggiore lle beneficio che ne possono ricavare le finanze
municipali ; — è sprone continuo alla frode ed al contrabbando ; — costituisce un onere mal fido com’ è oggi ordinato, nelle mani degli stessi Co muni, contro i quali assai spesso si ritorce ».
E più avanti : — « Si può essere d’ accordo, in teoria, a riconoscerne la incostituzionalità fondamen tale, come quell’imposta che non colpisce il reddito netto o il sovrappiù di ciò che serve ai bisogni es senziali, ma il soddisfacimento dei bisogni stessi e la consumazione della ricchezza. Ed è anche vero che di tale tributo riesce sovente fallace l ’ incidenza ; inoltre è troppo pronta la ripercussione in danno dei più necessitosi consumatori . . . . »
Ma dopo questi giudizi cosi severi e così chiari, il relatore d’ accordo col Governo ed a nome della Commissione riconosce la impotenza dei grandi po teri dello Stato a togliere questa ingiustizia, a r i parare tale incostituzionalità, onde lim ila il pro blema a « introdurre una serie di disposizioni gra duali, che tolgano i più urgenti e stridenti mali e preparino la via ai maggiori rimedi ».
Ed ecco i provvedimenti coi quali si intende di preparare la abolizione.
Sono noti - e nelle colonne àzWEconomista se ne ò trattato - gli inconvenienti che esistevano quando ogni cinque anni si rinnuovava l’abbonamento al canone . Governativo ; era uno spettacolo la ressa degli inte
ressi locali sul Ministero per ottenere diminuzioni del canone o per evitarne gli aumenti, ma era più do loroso ancora il mercanteggio che tra Ministro delle Finanze, Sindaci o Deputati correva, affine di con cordare la cifra del canone. Non vi sarà mai stata con quel mezzo la corruzione politica, ma le cose andavano in modo da far credere che ci fosse.
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ancora quasi otto anni durante i quali i canoni debbono rimanere immutati. Ma è destino che i rela tori delle Giunte Parlamentari accennino a tutti i problemi che sono connessi con gli argomenti su cui riferiscono e si affatichino più a spiegare quello che sarebbe bene di fare, che non sia a dar buoni argo menti perchè effettivamente si faccia.
Nessun accenno, ad esempio, del perchè si sia trascurato completamente il voto della Camera emesso nel 1870 di passare il dazio consumo governativo per intiero ai Comuni, prelevando ad esempio i 50 m ilioni da altrettanta sovrimposta o sui terreni o sui fabbricati. I Comuni amministrando da soli il dazio consumo, senza l’ imbarazzo dei dazi governativi avreb bero potuto essi stessi colla loro esperienza sugge rire praticamente il m iglior modo per venire alla abolizione od alla trasformazione di quel balzello.
Che si oppone alla separazione dei cespiti od al meno a quella del dazio di consumo? Il relatore, dopo aver detto che tutti la consigliano, ed avere riconosciuto, perfino colla autorità di scrittori, che il dazio di consumo ha caratteri di tributo locale, si lim ita ad affermare, senza nemmeno l’ombra di giu stificazione, che la separazione dei cespiti non è possibile.
Comunque, la Commissione propone, si è detto, il consolidamento perpetuo e dubitiamo molto che que sta disposizione, la quale non ha motivo di essere e ad ogni modo non ha nessuna garanzia che debba essere mantenuta, perchè il Parlamento può con una nuova legge distruggere questa perpetuità, dubitiamo molto che non sia se non il pretesto per non aspettare nemmeno il consolidamento decennale già stabilito dalla legge del 1893; giacché col nuovo progetto si propone una revisione dei canoni sotto due condi zioni : che rimanga immutata la cifra totale dei 50,165,000 lire, e che la perequazione si faccia per provincie.
Si intende quindi che vengono mantenute in per petuo tutte le sperequazioni tra provincia e provincia e siccome le più stridenti sono quelle che corrono tra le maggiori città, il progetto non provvede a toglierle, ma anzi le perpetua, se nessuna riforma per iniziativa dei Comuni non venisse attuata.
In questa revisione, quanta parte avranno le in fluenze politiche e le solite pressioni sul Ministero?
Se non che, a detta della Commissione, il consolida mento del canone e la revisione per provincie, non sono che i mezzi per rendere possibile la concessione ai Comuni di una sufficiente libertà nell’ordinare il loro regime daziario. Ora ciò non apparirebbe dalle proposte della Commissione. 11 progetto ministeriale accordava ai Comuni di dim inuire o sopprimere i dazi su parte o su tutte le voci della tariffa governativa e permetteva ai Comuni chiusi di diventare aperti o viceversa, e di variare la cinta ed anche mutare di classe, purché rimanesse integro il canone conso lidalo a favore dello Stato. •
Ma la Commissione, nel timore che alcuni Comuni venissero troppo presto alla abolizione del dazio di consumo o dissestandosi finanziariamente o rivalendosi sulla « tanto oberata [sic) sovrimposta fondiaria » cre dette opportuno, d’accordo col Governo, di limitare la possibile riforma lasciata alla iniziativa dei Comuni, a queste due condizioni: - che la riduzione dei dazi non abbia mai ad esser tale e tanta da far perdere ai Comuni oltre la metà del reddito netto che pre sentemente essi hanno dal complesso di dazi comu
na li, governativi, addizionali; - che in nessun caso possano compensarsi della riduzione con eccedenza della sovraimposta.
Le due clausole, colle quali viene ai Comuni li mitata la possibilità di una radicale riforma tribu taria, meritano qualche considerazione.
Prima di tutto si può domandare se sia savio am mettere, in un balzello che è il più costoso per spese di percezione, la riduzione fino alla metà del reddito, quando le spese rimarrebbero le stesse o quasi le stesse. La natura stessa del dazio ed il modo con cui viene riscosso, manterrebbero tutti gl’ inconve nienti che lo stesso relatore ha enumerati, sopratutto quello della inciviltà della tassa, anche se il reddito fosse ridotto alla metà. È da credersi che assai d iffi cilmente i Comuni, specie i grandi Comuni chiusi, si accingeranno ad una riforma radicale dei loro tr i buti quando debbano mantenere il dazio alla metà almeno della misura attuale e quindi su un grande numero di voci e con alta tariffa. Ed è piuttosto da temersi che tale disposizione ostacoli anziché agevoli quella graduale trasformazione dei trib u ti che la Com missione sembra desiderare.
Più strana ci sembra la seconda clausola. Nessuno nega che v i siano Comuni, nei quali si è spinta la sovraimposta al di là dei lim iti di giu stizia; ma la Commissione non può negare che vi siano anche dei Comuni, nei quali si è spinta la tariffa daziaria al di là dei lim iti di giustizia, per non gravare sulla sovraimposta. Ora, perchè impe dire in modo così assoluto che si proceda in occa sione di questa nuova legge ad una perequazione? Perchè, temperando i dazi di consumo, non potranno i Comuni che abbiano la sovraimposta eccedente il lim ite legale, ma non in modo eccessivo, rivalersi sulla sovraimposta stessa?
V i sono Comuni, è vero, che hanno altissimi tutti i trib u ti locali, ma ve ne sono a ltri che hanno sa puto mantenere meno alti alcuni dei trib u ti; è con veniente, è giusto proibire ogni possibilità di pere quazione? Una disposizione così generale può offen dere, a nostro avviso, interessi legittim i, ai quali si toglie il modo di farsi valere efficacemente.
Per quanto la Commissione affermi, senza dimo strarlo, che non è vulnerato il principio del consoli damento del canone dal maggior contributo che lo Stato avrebbe nel caso di Comuni che da aperti di ventassero chiusi, o che passassero di categoria, o
che allargassero la cinta daziaria, noi siamo d’ avviso contrario.
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come in questo caso, si presenta l’ occasione di unostudio completo, il solo rimedio è quello che lo Stato rinunci ad una tutela che non sa esercitare con venientemente e conceda la maggior possibile l i bertà per ricavare dalla esperienza quei lumi e quelle cognizioni che non si vogliono attingere dallo studio ponderato e profondo delle cose.
Non possiamo poi assolutamente ammettere quelle disposizioni che riguardano la distribuzione dei maggiori redditi che ricavasse lo Stato al di là del canone consolidato. Il provvedere con quei mezzi — come propone il Governo e come la Commis sione accetta — ad appianare le controversie con Torino e di Bologna ed a sgravare di canone quei comuni che per effetto di diminuita popolazione do vessero discendere di classe e che fossero colpiti da gravi infortuni, ci sembra pericoloso assai.
Le controversie con Torino e Bologna sono contro versie di diritto ed esistono autorità competenti per risolverle; se i due Comuni hanno torto, si dica loro di mettere il cuore in pace; se hanno ragione si dia quanto loro compete; ma far dipendere una simile controversia dalla entrata eventuale di un reddito maggiore,ci sembra indecoroso. Egualmente crediamo che la legge dovrebbe contenere una disposizione che accordasse ai Comuni, che scendono di classe per di minuita popolazione, un congruo sgravio di diritto e non dovrebbe essere difficile di trovare la formula, quando si è trovata quella di partecipazione dello Stato al maggior reddito,nonostante il consolidamento.
Infine riteniamo pericoloso che sia concesso al Governo di accordare con detto maggior reddito degli sgravi in casi di infortuni gravi. Il Governo non deve essere dispensatore di grazie, nè è prudente con tante prove di pressioni parlamentari, di dare questo nuovo alimento alla dannosa ingerenza della politica.
Se un Comune sia colpito da un gran disastro, il Parlamento con apposita leggo verrà in suo aiuto tanto se vi saranno fondi dell’ accantonato maggior reddito, come se non ve ne saranno ; è meglio quindi sopprimere quelle disposizioni ; e giacché si vuole il consolidamento perpetuo, è bene che lo Stato rinunzi ad ogni partecipazione al di là del canone, tanto più che non sempre l’ aumento della popolazione vuol dire aumento di prosperità od aumento di entrate senza aumento anche di spese.
E su un ultimo punto vogliamo alquanto intratte nerci, quello che riguarda il dazio sugli alimenti farinacei. La Commissione d’ accordo col Governo propone che tale dazio non possa eccedere la metà del dazio di confine sul grano e che a tale riduzione i Comuni debbono venire entro il 1900; aggiunse poi che non sarà accordato ai Comuni di modificare il loro regime daziario se prima non abbiano ottem perato a quella disposizione.
Era da sperarsi che la Commissione proponesse la totale abolizione del dazio sugli alimenti farinacei e che l ’ esempio dato dal Comune di Firenze servisse 8 spingerla su giusta v ia ; lasciando tre anni di tempo per fare questa abolizione, i Comuni avevano il modo di studiare la riforma. Non ripeteremo qui le con siderazioni di ordine sociale e politico che dovevano suggerire questa disposizione anche a lunga scadenza, ecome sia assolutamente contrario a ll’ indole dei tempi d mantenere un dazio su! genere alimentare per eccel lenza. Lo stesso relatore si mostra convinto delle buone ragioni che consigliavano la abolizione, ma è rimasto col solo convincimento, il che è troppo poco in verità.
Ciò che ci meraviglia è la soluzione trovata per fissare il limite del dazio; soluzione della quale sem bra che il relatore molto si compiaccia.
Attualmente il limite è nel 10 per cento sul va lore e in casi eccezionali può essere spinto al 15 per cento, previo parere della Giunta provinciale am ministrativa e decreto reale.
La Commissione accetta la proposta del Governo che il limite sia fissato nella metà del dazio doga nale sul grano evitando così l’ inconveniente che il dazio sia mutevole col mutare del valore e che au menti quando aumenta il prezzo della farina.
Non sappiamo come la Commissione abbia isti tuiti i suoi calcoli; ma se, come pare, aveva inten dimento di abbassare il lim ite massimo della tariffa sui farinacei, temiamo che colla proposta fatta abbia ottenuto un effetto contrario, e che la metà del dazio di confine sul grano sia maggiore del 10 per cento del valore degli stessi generi. Ad ogni modo il dazio sulle farine e sul pane potrà essere di L. 5,75 per quintale, il che vuol dire che tra dazio di confine e dazio sul grano si arriverà a L . 10 per quintale, mentre il prezzo del grano fuori dazio è di L. 15. Un balzello del 70 per cento ! Una enormità!
Per il rimanente delle disposizioni che riguardano la procedura, rimandiamo il lettore al testo del di segno di legge che abbiamo pubblicato nel u. 1216.
INTORNO AL CENSIMENTO GENERALE DEL REGNO
E A L L A S U A E S E C U Z IO N E ')Non stanchiamoci dal ripeterlo: la mancanza del Censimento pel 1891 ci priva di un complesso di dati fondamentali, che servono di punto di partenza per tutte le induzioni demografiche: ci priva d’ uri ma teriale statistico paragonabile a quello dei paesi dove il Censimento si è eseguito in questi ultim i anni; e ci lascia quasi completamente all’ oscuro sulla clas sificazione attuale della popolazione secondo le età, il sesso, le professioni, la istruzione, sulla sua distri buzione territoriale, rispetto alle città e alle campagne, alle abitazioni, ecc. Per tal motivo, i dati rife riti anche nelle opere più recenti di statistica e di geo grafia o sono antiquati, o mal sicuri; e i confronti con altri paesi, sono, dal punto di vista scientifico, poco o punto attendibili. Nessuno vorrà contestare credo che i dati fondamentali di demografia italiana desunti dal Censimento de! 1881 siano ormai inser v ib ili, considerato il lungo tempo trascorso. E quando si riflette che nei 17 anni decorsi dal 5.° Censimento avemmo una emigrazione crescente, crisi bancarie, edilizie e agrarie, notevole sviluppo della rete fer roviaria, trasformazioni urbane, incremento sensibile di talune industrie, trasformazioni agricole, epidemie di varia natura e intensità, provvedimenti sanitari, provvedimenti politici ed economici di varia indole, si comprende come debba essere intenso il bisogno, non solo negli statistici di professione, ma in tutti i cultori delle scienze sociali di avere al più presto possibile una più esatta rappresentazione numerica della struttura attuale della nostra popolazione.
*) Continuazione e fine; vedi il numero precedente
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Senonehè, è un dovere pel relatore su questo temadi avvertire che alcuni dubitano (e chi scrive è del numero) dell’ opportunità di fare il Censimento prima che sia compiuto il decennio, ossia avanti il 1901. Esso poteva farsi, dicono quei dubbiosi, forse senza notevoli inconvenienti, dal punto di veduta della com parazione statistica, alla fine del 1896, cioè alla metà del decennio 1891-1901; ma il farlo allo fine di questo e del prossimo anno, vuol dire interrompere la com parabilità dei dati tra i Censimenti italiani e tra quello che dovrebbe farsi e i Censimenti esteri. È vero che la comparazione dei Censimenti dei vari Stati è già difficile e limitata, come Ita messo in chiaro anche di recente il Kòròsi, direttore dell’ ufficio di Statistica di Budapest, nel suo studio sul cen simento del mondo alla fine del nostro secolo, e ciò pel fatto che alcuni paesi (Francia, Germania, Svezia) lo eseguiscono ogni cinque anni, e altri paesi pur com piendolo ogni dieci anni, non lo fanno contempora neamente. Tuttavia, se noi procedissimo a numerare la popolazione prima del 1901 ci allontaneremmo ancor più da quel desiderátum della demografia com parata, che è la unificazione (almeno nei lim iti di pendenti dalle nostre preferenze) dei metodi e delle epoche relative ai censimenti. Ma si faccia pure astrazione da cotesta osservazione; resta però il fatto che la comparazione fra i censimenti italiani verrebbe resa più difficile, così che il nuovo censimento non darebbe alla Statistica, e per riflesso alle altre scienze che di esso si valgono, tutta quella serio di dati derivati, ottenuti dal la elaborazione dei dati primitivi,
che costituisce il resultato scientifico più importante e che si possono avere quando questa operazione del più alto valore statistico è regolarmente compiuta a periodi costanti. Senza insistere su questo punto, che a volerlo illustrare richiederebbe una estesa, trattazione tecnica, qui fuor di luogo, amo dichiarare che ho inteso unicamente di sollevare un dubbio sulla opportunità di eseguire il censimento prima della scadenza del decennio e che credo debba la sciarsi ai tecnici il giudicare quale sia l’ epoca migliore. Si faccia ora il* Censimento, o si aspetti il 1901, certo è che urge una decisione, perchè ci corre l’ob bligo di far opera completa e di studiare i mezzi m igliori par adempiere a quell’ obbligo. Il Congresso Geografico farà quindi opera saggia col sollecitare dai poteri competenti una decisione, affinchè, anche nell’ ipotesi che fosse scelto il termine più lontano, si cominci a predisporre l’ ordinamento tecnico neces sario a rendere efficace e rapido il lavoro statistico. A raggiungere questo scopo saranno certo di molto giovamento g li « Studi preparatori pel IV censimento della popolazione » pubblicati fin dal 1892, per cura della nostra Direzione generele di Statistica, tanto più se verranno proseguiti e completati con lo studio delle operazioni consimili compiute in molti paesi dell’ estero negli ultim i anni. Senza pretendere di tracciare qui il quadro ie i desiderata, osservo che oltre la numerazione della popolazione e le ricerche consuete sull’ età, il sesso, la condizione civile, la istruzione, certe infermità, ec., saranno indubbiamente utilissime indagini più precise e complete sulle pro fessioni, di cui ebbe già ad occuparsi il prof.Ferraris, sulla distribuzione del lavoro e in genere delle indu strie. Inoltre com’ ebbero già a proporre alcuni stati stici, ad esempio il prof. Marshall, il Booth, il Longstaff in Inghilterra, (Suggestiona for thè Census o f 1891 in
Journal of thè Boy al Statistical Society, v o i. L II, 436)
con una scheda speciale, distribuita ai censiti come esercenti una industria per conto proprio o d’ altri, si dovrebbero chiedere alcuni dati sulle persone oc cupate nelle imprese industriali. Cotesti dati sono ormai indispensabili, sia per fornire al Governo al Parlamento e agli studiosi, elementi di fatto, di cui ogni giorno più viva si sente la mancanza, sia per organizzare con dati sicuri la statistica del lavoro, complemento necessario di quella che riguarda gli altri aspetti della vita civile ed eeononomica. E per non entrare in discussioni di tecnica statistica, non accennerò ad altre ricerche che potrebbero essere avviato o perfezionate; insisterò invece, perchè con sona all’ indole del Congresso, sopra una proposta già formulata nel 1891 dall’ illustre prof. Graziadio Ascoli riguardante la compilazione di una Topono mastica italiana, la cui utilità non ha bisogno d’ es sere dimostrata.
Un elenco di tutti i luoghi abitati, secondo l’ordine alfabetico dei nomi coi quali essi vengono designati e la rispettiva cifra di popolazione è consigliato già da tempo nell’ interesse degli studi storici, geografici ed etnografici, nonché in quello dell’amministrazione pubblica, e ciò perchè darebbe modo di conoscere le denominazioni di tutti i nuclei o gremii di popolazione, anche di piccolissima importanza, che si trovano nel Regno. Esso costituirebbe veramente come un gran quadro di demografìa topografica e dovrebbe farsi in ogni provincia come una delle operazioni preparatorie del Censimento. Il lavoro, com’ ebbe a suggerire il comm. Bodio, potrebbe essere affidato alile Giunte provinciali di Statistica, assistite da persone fornite degli studi necessari e dagli ingegneri del Genio c i vile per l’esame delle carte topografiche.
Il Congresso, non è da dubitare, esprimerà il voto che la proposta del prof. Ascoli sia accolta dal Go verno, affinchè l’ Italia possegga (come già l’ hanno Austria, Germania e Svizzera) un repertorio gene rale alfabetico dei nomi dei luoghi abitati. Ed è a sperare che a questa, e alle altre proposte per la maggiore estensione e il perfezionamento da darsi alle indagini statistiche sulla popolazione, non si op ponga l’ ostacolo della lieve spesa che sarà necessaria in più di quella ordinaria, perchè il censimento è operazione tanto più utile agli studi e all’ammini strazione pubblica quanto più, entro i lim iti suoi propri, è completa ed esatta.
L ’ Italia, col rinviare nel 1891 il Censimento, ha dato agli stranieri, bisogna pur dirlo, un ben me schino concetto di sè medesima ’ ). Secondo il
Bur-4) Questo stesso giudizio trovò più volte eco nella Camera dei Deputati, ma non però così generale e vigorosa, come l’importanza della cosa avrebbe me ritato. Ricordiamo tuttavia clic il Censimento fu og getto delle seguenti interrogazioni, mozioni, ordini del giorno parlamentari :
Interrogazioni. — Martini Ferdinando, 4 marzo_1891.
— Marinelli, 21 marzo 1893, — Cucchi e Marinelli, 20 giugno 1893.— Celfaly, 27 e 29 giugno 1893.— Marinelli, 18 e 22 maggie 1896. — Michelozzi, 29 aprile 1896. —- Marinelli, Rizzetti e Valli E., 22 mag gio 1896.
Mozione. — Marinelli, Rizzetti e Valli E., presen
tata il 23 maggio 1897, ma non isvolta.
Ordine del giorno (discut. il Bilancio dell’Agr). —
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ckhardt, ¡’ illustre storico della civiltà nel secolo delRinascimento, la statistica ebbe per patria Venezia e Firenze; e invero l’ Italia in ogni tempo dimostrò di apprezzare altamente le indagini statistiche, di i n tenderne tutta la importanza civile e scientfica, di inte ressarsi al suo progressivo svolgimento. Ma disgrazia tamente nell’ora presente, la fiducia, anche di uomini
eminenti nei servigi ch’essa può rendere pare scossa, l ’ indifferenza pei suoi progressi ha sostituito l’ ardore delle passate ricerche e discussioni, i sacrifici pe- cuniari, che un tempo erano sostenuti volentieri in misura maggiore e crescente, sembrano ora, anche ridotti a cifra esigua, eccessivi: tutto ciò, se pur ve no fosse bisogno, deve indurre il Congresso geo grafico italiano a formulare il voto che sia, senza indugio, ridonato l’ antico splendore alla statistica ufficiale e intanto, nome primo avviamento, lo Stato intraprenda l’opera fondamentale per tutte le altre indagini statistiche, ossia il censimento della popo lazione.
DAZIO SUL GRANO
Col 31 maggio, che non è lontano, ci avviciniamo alla scadenza, o alla cessazione che dir si voglia, degli effetti della legge dello scorso mese di feb braio per la temporanea riduzione del dazio doganale sui grani e sulle farine estere.Non vogliamo adesso ripetere gli argomenti non pochi, e validi tutti oggi come ieri e come sempre, coi quali abbiamo combattuto e combatteremo ognora contro i dazi protettori pei cereali; dazi che colpi scono la primissima tra le materie prime, la merce più universale, la materia più necessaria al consumo alimentare; dazi, con cui si vorrebbe vincolare il commercio internazionale di quel prodotto preci samente, per il quale più che per qualunque altro il mercato va sempre estendendosi e unificandosi a un tempo e si avvia a diventare unico e mondiale insieme, almeno come mercato normale.
1 fatti si incaricano, sebbene lentamente, di fare giusta ragione dei principii da noi sostenuti ; ma in tanto ciò che importa per il momento è di antive nire il ritorno della tariffa enorme sui cereali, che fu in vigore dal 1894 fino al primo mese di que st’anno; ciò che è indispensabile e urgente è di im pedire che il protezionismo agrario prenda una ri vincita, profittando delle incertezze e delle interru zioni del lavoro legislativo in questo scorcio di ses sione, della temporaneità della legge del febbraio u. s., nella ignavia della opinione pubblica, della indiffe renza della stampa politica per gli interessi reali del paese, e infine profittando delle titubanze ed incer tezze della situazione governativa e parlamentare.
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La legge dello scorso febbraio è stata una sospen sione parziale per pochissimi mesi, della tariffa do ganale sui grani ; è quindi una misura affatto tran sitoria, duratura soltanto fino al 31 maggio, dopo il ffuale giorno noi dovremmo vedere rialzarsi da se e ffuasi di diritto, la dogana sul frumento e sulle fa rine, rispettivamente da lire 5 a 7.50 e da lire 8 a 12 per quintale. Abbiamo dunque in vista un pro
babile rincaro del pane di 4centesimi il chilogrammo, per volontà dello Stato, ma senza alcuna probabilità che questo inasprimento del costo della vita, questo sacrificio di tutti gli italiani costituisca almeno al trettanto vantaggio pel tesoro nazionale ; e con la sicurezza invece, che il rincaro di lire 2.50 ogni quintale di frumento e di lire 4 ogni quintale di farina sarà un beneficio esclusivo e particolare dei detentori di grano e di chi lo avrà importato da oggi al 31 maggio, oppure dei grossi stabilimenti di macinazione, i quali preparano adesso grandi quantità di farine da vendere dopo il I o giugno, col guadagno di 4 lire per quintale in più dei prezzo oggi corrente.
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Fu detto e fu creduto che sotto il ministro Ma glioni si lasciassero compiere più di una volta delle grosse speculazioni a profitto speciale di pochi ne gozianti in coloniali, i quali potendo essere informati per tempo dei progetti governativi di aumento delle tariffe sugli zuccheri, sul caffè e sui petroli, si ac caparravano grandi quantità di questi prodotti prima dell’ aumento del dazio, per guadagnare poi sui con sumatori l’ aumento medesimo da essi non pagato allo Stato. Quelle speculazioni però, anche se pro curate inconsapevolmente dal governo, furono giudi cate così severamente ed eccitarono tanto disgusto, che da parte dei successori di quel ministro gli au menti nelle tariffe doganali per le voci non vincolate da trattati fnrono sempre applicati col metodo del catenaccio.
Noi adesso ritorniamo in fatto ai sistemi del Maglioni.
Non si può dire e nessuno dirà mai che le grosse provviste di grano o la spinta alla fabbricazione delle farine avvengono oggi per effetto di compia centi notizie, attinte a fonti ministeriali di uffici bene inform ati; ma intanto abbiamo il fatto della privata speculazione e del commercio artificiosamente ecci tato in vista dell’ aumento imminente della tariffa doganale; e di quel fatto si vedranno dopo il 1° giugno le tristi conseguenze, perchè vi sarà un rin caro nei prezzi del pane e delle paste, motivato dall inasprimento del dazio doganale, senza che la finanza pubblica riceva un tanto corrispondente alla maggiore imposta sopportata dai consumatori.
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A ltri però negano il fatto di cui qui si parla e affermano che invece la importazione dei cereali e la produzione delle farine si mantengono in misura normale e in corrispondenza all’ effettiva richiesta del consumo di ogni settimana e d’ogni mese.
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i cereali e le farine nazionali il prezzo dovuto dachi le acquista e pagato poi in definitiva dai con sumatori di pane e di paste, nessun grosso coltiva tore di cereali, nessuno stabilimento di macinazione non si sarebbe mai affannato ad invocare gli au menti doganali, perchè non vi può essere e non v i sarà mai una classe di cittadini tanto incauta e cattiva, da chiedere al governo e al parlamento nuove imposte od aumenti di quelle già in vigore, in odio e a danno esclusivamente di tutti gli altri cittadini, senza alcun vantaggio per sè.
È dunque fuori di dubbio cho anche nella migliore delle due ipotesi e anche se non ci saranno lucri particolari di speculazioni per l’ aumento del dazio, ci sarà però inevitabilmente nelle mete e nei calmieri
municipali del pane un rialzo dei prezzi di vendita, il quale non dovrebbe e non potrebbe avverarsi e certamente non si avvererebbe, se non ci fosse l’ au mento al 1° giugno della tariffa di dogana dalle 5 e dalle 8 lire alle lire 7.50 e 12.
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Ma allora, ci sia lecito domandare come può il governo conciliare tutto questo col suo progetto di legge sui dazi interni di consumo ; come si può da una parte suggerire e ingiungere ai municipi la at tenuazione dei loro dazi locali sulle farine, sul pane e sulle paste e dall’altra parte permettere che al 1° giugno ritornino in vigore le più alte dogane dello Stato per i cereali.
Il ministero non può essere nè creduto nè ascol tato quando parla delle sue amorevoli cure e delle contìnue premure rivolte ai Comuni perchè costrin gano nei più stretti limiti i dazi di loro spettanza,
dal momento che egli consente e lascia prepararsi, in causa del suo dazio doganale, un rincrudimento nella spesa per la sussistenza, quando questa sussi stenza costa oggi non meno di quel che costava tre mesi addietro, allorché i nostri governanti non sola mente furono costretti a ridurre il dazio di confine, ma si accorsero e hanno dovuto convincersi che qualcosa di simile doveva pure essere fatto dai Co- m uui per le dogane interne.
Una linea di condotta così contraddittoria va messa in evidenza e vuol essere contrastatala parte ogni influenza partigiana o passione politica, almeno per un po’ di rispetto alla logica.
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Del resto, il ministro dell’ interno non può aver dimenticato i disordini dello scorso inverno, a sedare ¡q u a li occorsero, un decreto prima e una legge su bito dopo per la riduzione dei dazi di Stato sui grani o sulle farine. E gli non può non vedere e, occor rendo, deve rammentare ai suoi colleghi delle finanze e del tesoro che oggi, col grano a 30 e 32 lire il quintale, il problema della sussistenza è diventato un argomento pauroso, più assai di quando il frumento costava 38 e 40 lire ; e ciò per questo buon motivo che le masse popolari non hanno bisogno di studiare nè economia politica, nè scienza finanziaria por ca pire e per sentire, come sentono e capiscono, che 1’ alto prezzo odierno del pane ha la sua causa non solamente nella scarsità irrimediabile dei raccolti oppure nella imposta di consumo riscossa a pieno ed esclusivo profitto dei Comuni, ma è in parte de terminato dalla imposizione di un dazio doganale,
col quale si vorrebbe assicurare un maggior reddito ai grossi produttori granari e ai grandi stabilimenti di macinazione, in più di quello che essi ricavano o devono saper ricavare con la forza della propria in telligenza e dei propri capitali, senza la intrusione artificiosa di un dazio protettore, creato a favore dei meno e a carico dei più, a profitto dei forti e a peso degli um ili.
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Non è savio nè prudente, in questa condizione di cose, lasciar giungere il primo giugno e assistere inerti e indifferenti al rialzo della dogana sui cereali, contentandosi col dire che adesso non si tratta di un vero aumento di dazio, ma soltanto del ritorno a una tariffa che fu semplicemente sospesa in modo par ziale e in via affatto temporanea.
Epperò ai nostri consules a Roma noi diciamo:
caveant et provideant.
A. C.
ITE STATISTICHE Si L I* 1# IITEM
l>
Proseguendo nell’ esame dell’ annuario statistico del lavoro in Inghilterra è opportuno, dopo aver veduto le varie organizzazioni operaie, di considerare le di spute industriali, 1’ applicazione che riceve il metodo della conciliazione dell’ arbitrato e le oscillazioni nel- l’ impiego, le modificazioni nelle ore di lavoro, nei salari ecc.
Lo trade dispntes ossia i conflitti, industriali negli ultim i sei anni, 1891-1896, hanno subito varie oscil lazioni; furono infatti 906 nel 1891, 1021 nel 1896, passando però per cifre minori e maggiori di queste, come 700 nel 1892 e 1063 nel 1894. Il numero delle persone colpite dalle dispute dimostra che il numero degli scioperi ha poca importanza e ne ha invece molto quello delle persone e delle giornate perdute in causa delle dispute.Infatti nel 1896,198687 persone perdettero 3,748,325 giornate, mentre nel 1891,267460 ne perdettero 6,808,742. I salari e le ore di lavoro, l’ ordinamento del lavoro, l’ impiego di altre classi di operai, le questioni relative al trade unionismo sono le cause delle dispute, ma la^ preva lenza spetta alle questioni relative ai salari. Conside rando tuttavia i risultati che sono stati raggiunti _ con le dispute ecco le percentuali riguardo agli u ltim i sei anni degli operai che ottennero esito favorevole o contrario, che vennero a un compromesso o non rie- scirono a definire nei respettivi anni le loro contro versie :
R esultato 1891 1892 1893 1894 1895 1896 OlO OlO OlO
I n favore degli operai 25.6 2 7.5 62.9 I n favore degli im p ren d ito ri 34.8 19.9 12.1 Compromessi 36.7 51 .4 24.7 Non definito 2 9 1 .2 0.3 OlO 42.1 34.2 1.6 OlO 24.1 27.9 47.1 0.9 OlO 39.5 33.4 26 9 0.2 I mesi nei quali le dispute sono state più frequenti furono nel 1896, maggio, giugno e settembre, vengono poi marzo aprile e luglio. In conclusione il 1896 in meno turbato da conflitti industriali degli anni pre cedenti.
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Le dispute sistemate mediante la conciliazione ol’arbitrato furono 43 nelle quali erano coinvolte 30719 persone; l’ anno prima il numero delle dispute era stato il medesimo, ma le persone in esse coinvolte fu di 58898. Di quelle dispute 12, riguardanti 1734 persone, vennero risolute dai tradeboards permanenti ossia dagli uffici permanenti di mestieri, e 33 dispute riguardanti 28985 persone da mediatori o arbitri in dividuali.
Di particolare interesse per la questione della d i soccupazione sono i dati relativi alla mancanza di impiego fra i membri delle unioni artigiane (trade unions). Da un prospetto dell’ Annuario si rileva che negli ultim i 10 anni, la media dei disccupati è stata la seguente:
per cento per cento 1887 — 8,2 1892 — 6,3 1888 — 4,9 1893 — 7,5 1889 — 2 ,1 1894 — 6,9 1890 — 2,1 1895 — 5,8 1891 — 5,5 1896 - 3,4 poi si considera la media pei singoli mesi nei ni considerati si ha : Media Media di 10 an n i di 10 a n n i gennaio. . lu g lio ... 4.7 febbraio. agosto . . . . 5.1 marzo... settembre . 5.1 a p rile .. . . o ttobre.. . . 5.2 maggio.. . . 4.8 novembre.. 4.9 g iu g n o ... dicembre. . 5.3 I mesi della primavera e del principio dell’ estate sono quelli in cui la percentuale dei membri delle Unioni disoccupati è minore. Però i dati suesposti non sono da accogliere che in via approssimativa, perchè le statistiche dalle quali sono stati ricavati non sono in tutto uniformi.
II 1896 fu, da questo punto di vista della disoc cupazione, meno sfavorevole dei tre anni precedenti ; il 1893 fu quello in cui si ebbe la più alta aliquota dei disoccupali, da allora il mercato del lavoro è andato gradatamente migliorando. Il periodo di sette anni sembra inchiudere un cielo completo di im piego buono e cattivo ; ma è forse prematuro il voler stabilire le fluttuazioni cicliche. La proporzione dei membri disoccupati delle Unioni Artigiane nelle in dustrie costruttrici fu dell’ 1.8 per cento, cioè meno che in qualunque anno del decennio 1887-1896. Nelle industrie meccaniche e metallurgiche vi fu un miglioramento, indicato dalla discesa della per centuale dei disoccupati da 8.2 a 4.2.
Quanto ai salari, nel 1896 vi fu un notevole au mento in alcune industrie. Il numero di quelli che ebbero mutazioni nelle mercedi fu di 607,654 operai contro 436,718 nell’ anno precedente; di quelle 607,654 persone, 382,225 ottennero un aumento e 167,357 subirono una diminuzione, gli altri 58,072 ebbero variazioni che finirono per lasciare im m u tata la loro mercede. Il resultato ultimo fu l’ aumento di 26,592 sterline nei salari settimanali, ossia l’au mento medio per individuo di 10 */, denari la set timana, mentre nel 1895 la diminuzione dei salari fu di 28,211 sterline.
Quanto alle ore di lavoro, l’ effetto totale dei cani filamenti avvenuti nel 1896 fu la riduzione media
di circa 3/ 4 d’ ora la settimana per 108,201 persone le cui ore di lavoro vennero cambiate. Di queste persone 34655 goderouo una riduzione media di circa 2 ore */, per settimana e 73616 subirono invece un prolungamento di circa 1 II/i d’ ora la set timana. Questi dati intorno ai cambiamenti avvenuti nei salari e nelle ore di lavoro dimostrano come non vi sia uniformità di condizioni nelle varie industrie e pertanto come ciò che è possibile in una possa non esserlo in altre.
La statistica degli infortuni nel Regno Unito fa conoscere che nel 1896,4566 persone rimasero uccise per quella causa e 36090 ferite; nel 1895 le cifre cor rispondenti furono 4495 e 27421. Il numero mag giore (cifre assolute) dei m orti in seguito a infor tuni si riscontra nei marinai delle navi mercantili, poi vengono i minatori, i ferrovieri, gli operai addetti alle industrie ecc. ; i feriti primeggiano fra questi ultim i, i ferrovieri e i minatori, Quei 4500 morti, in cifra tonda, sono il triste tributo della vita industriale all’ imprevidenza, al progresso, all’ ignoranza, forse.
Noteremo da ultimo, non potendo riassumere tutte le parti dell’Annuario, che il pauperismo nel Regno Unito era nel 1883 (gennaio) rappresentato ' da 1,014,225 persone assistite dalla carità legale, ossia in ragione di 286 persone su 10,000 abitanti ; nel 1897 (gennaio) i paupers salirono a 1,023,376 pari a 257 su 10,000 abitanti.
A questi dati, che forniscono la nota più cupa del quadro, contrapponiamo quelli sul risparmio che indicano un progresso nella previdenza. Nel 1882 i depositi alle casse postali di risparmio ammontavano nel Regno Unito a poco più di 39 milioni di ster lin e ; nel 1896 a 108 m ilioni. Presso le casse or dinarie di risparmio, l’ aumento è stato invece as sai lieve, poiché le cifre dei depositi, a quelle due epoche, sono queste: 44.6 milioni, e 46.6 m ilioni; e in alcuni di quei periodi 1882 96 la somma a credito dei depositanti fu anche superiore a quella del 1896. Ad ogni modo il totale è di 149 milioni di sterline, pari a 3725 milioni circa di lire.
Il progetto di legge per la Imposta s i fabbricati
Ecco il testo del disegno di legge per la imposta sui fabbricati, concordato tra Ministero e Commis sione :Art. 1. Se pel corso non interrotto di un anno un fabbricato ordinario, destinato dal possessore ad af fitto, rimanga chiuso e non affittato nel tutto o nella parte che sia capace di locazione separata, e formi un tutto a sé, in modo che venga a mancarvi il red dito corrispondente, il contribuente avrà diritto al rimborso della relativa imposta pagata.
Se un opificio rimanga inattivo per lo stesso pe riodo di un anno, si farà luogo egualmante al rim
borso.
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La dichiarazione dovrà essere accompagnata dalle scritture o dalle denunzie di contratto verbale di affitto registrate, relative allo locazioni in corso, ove esistano.
Nel termine di sessanta giorni dalla dichiarazione, l’agente delle imposte, qualora non accetti o non con coidi col possessore la separazione od il riparto, previa notifica al contribuente della sua opposizione,trasmette gli atti alla Commissione di prima istanza, e collo norme e coi termini ordinari si procede alla risolu zione della contestazione.
Il deliberato delle Commissioni amministrative per il riparto del reddito è definitivo e non soggetto a ricorso giudiziale.
Nella mancanza della dichiarazione del contribuente non sarà dovuto rimborso per sfitti parziali.
Art. 3. Entro sessanta giorni da quello in cui il fabbricato in tutto o nella parte separata di cui al l’articolo precedente, sia rimasto non affittato o l’o pificio rimasto inattivo, il contribuente presenterà apposita denunzia all’agente delle imposte, o, dove questi non risieda, al sindaco locale.
L ’agente procederà a verifiche nel corso dell’anno per accertare lo sfitto denunziato.
Quando la denunzia venga prodotta dopo i sessanta giorni da quello in cui il fabbricato in tutto o in parte rimase sfitto, o l’opificio inattivo, l’annata d’im produttività si intenderà cominciata col sessantesimo giorno anteriore a quello di presentazione della de nunzia.
Art. 4. Nei sessanta giorni anteriori al compimento dell’annata di sfitto totale o parziale del fabbricato o d’inazione dell’ opificio, il contribuente dovrà pre sentare una seconda denunzia.
Seguita la constatazione che il fabbricato o quella parte di esso denunziata come sfitta non abbia pro dotto reddito, o l’opificio sia rimasto inattivo, durante un anno non interrotto, si effettuerà il rimborso du rante il termine di due mesi dal compimento dell’an nata.
Il contribuente che non presenti nel termine pe rentorio sopraindicato la seconda denunzia, decadrà dal diritto di rimborso.
Continuando anche nelle annate successive lo sfitto totale o parziale del fabbricato, o l’inazione dell’ o- pificio, il contribuente sarà obbligato alle relative denunzie.
L ’imposta da rimborsare sarà quella relativa al reddito iscritto per la parte rimasta sfitta.
Art. 5. Le disposizioni dei precedenti articoli non si applicano ai palazzi, ai casini di campagna, ai ca stelli ed ai luoghi di delizia o di villeggiatura, non destinati ad affitto, ed ai teatri.
Art. 6 Fino a che non si proceda alla revisiono generale, qualora l’ammontare dei rimborsi d’imposta erariale ordinati nell’esercizio a titolo di sfitto superi la somma di due milioni di lire e l’eccedenza non sia coperta dall’eventuale maggior prodotto effettivo del l’imposta in confronto dell’esercizio precedente in tutto il Regno, la restante somma non compensata verrà reimposta nei ruoli principali dell’anno solare suc cessivo dei Comuni nei quali i rimborsi suindicati avranno superato in complesso la misura del 2,25 per cento della rispettiva imposta erariale.
Tale reimposizione sarà determinata per ogni Co mune in ragione della maggior somma effettivamente rimborsata, oltre il limite sovra stabilito.
Art. 7. Gli edifici non demoliti nè ricostruiti, in tutto, o in parte, ma divenuti temporaneamente im produttivi di reddito in causa di straordinarie ripa razioni, andranno esenti dall’imposta soltanto per il periodo di tempo in cui saranno rimasti inabitabili.
Per conseguire l’esenzione basterà che il contri buente presenti all’agente una denunzia mediante semplice scheda entro tre mesi dal giorno in cui si è verificata l’improduttività del fabbricato o della
parte separata dello stesso. In caso di ritardo, la esenzione sarà concessa dalla data di presentazione della denunzia.
Art. 8. Non più tardi dell’anno 1902 si procederà ad una revisione generale dei redditi dei fabbricati secondo le disposizioni che saranno emanate con ap posita legge.
Art. 9. Alla scadenza di ogni successivo dodicennio, si procederà a nuova revisione generale.
Art. 10. Si farà luogo a parziale revisione del red dito del fabbricato e dell’opificio quante volte venga dimostrato che il reddito stesso sia diminuito od au mentato di un quarto per causa con effetto conti nuativo.
Sono cause con effetto continuativo anche i fatti d’ordine generale che spieghino sul valore locativo influenza non transitoria, equiparato alla diminu zione per causa continuativa lo sfitto perdurato per due anni.
Art. 11. Sono abrogate tutte le disposizioni con trarie a quelle contenute nella presente legge.
Art. 12. Il Governo del Re, sentito il consiglio di Stato, è autorizzato a provvedere con apposito rego lamento a quanto occorre per la esecuzione della pre sente legge.
Art. 13. Le disposizioni contenute negli art. 1, 3, 4, 5 e 6 andranno in vigore col primo gennaio 1899.
Fino a detto giorno, continueranno ad essere ap plicate le vigenti disposizioni.
Rivista Bibliografica
F. G. Tenerelli.— L'azione delle imposte indirette sui
consumi con particolare riguardo alla legislazione italiana. — Torino, Bocca, 1898, pag. 187 (lire 3).
L ’Autore si è proposto di studiare unicamente l ’ azione che le imposte indirette esercitano sui con sumi ; ha tralasciato quindi di occuparsi degli effetti che esse producono sulla produzione e la distribu zione della ricchezza. E limitato così il campo delle indagini, si è occupato dapprima della distinzione delle imposte dirette ed indirette, concludendo che son dirette quelle che si stabiliscono sopra redditi accertabili in via immediata, e indirette le altre. È una distinzione che poggia sopra una particolarità secondaria, a detta di alcuni scrittori, cioè su un aspetto formale ; ma comunque sia di ciò, non è il caso di fermarsi su questo punto, dal momento che l’Autore si è occupato esclusivamente delle imposte sui consumi. Egli poi discorre anzitutto dell’aspetto teorico generale, cercando di determinare le leggi dinamiche generali e quelle speciali riferendosi di stintamente al consumo di cose necessarie, di cose di comodo e di lusso e ai trasferimenti di proprietà. Passa successivamente a studiare l’azione di alcune imposte sui consumi, con particolare riguardo alla legislazione italiana, e precisamente di quelle sul frumento, vino, sale, birra, zucchero, caffè, alcool, petrolio. Si hanno in questa parte notizie e dati sul movimento legislativo che riesciranno certo u tili a chi voglia far oggetto di studio particolare qualcuna di queste imposte. Del resto tutto lo studio è con dotto con chiarezza e diligenza e se non approfon disce tutti gli effetti dei tributi sui consumi, svolge però in modo istruttivo l’ esame delle principali azioni eh’ esse esercitano.
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dello Stato nelle loro funzioni sociali e come questoche ora annunciamo suona condanna delle imposte sui consumi, non dubitiamo che il libro di prossima pubblicazione porterà un contributo alla dottrina liberale dello Stato.
P. Huvelin. — Essai historique sur le droit des mar
chés et des foires. - Paris, Rousseau, 1897, pag. 634
(10 franchi).
L ’ importanza dell’ argomento preso a trattare dal dr. Huvelin è veramente grande, perchè per più secoli le fiere e i mercati sono stati le più notevoli istituzioni del commercio. E la dottissima opera che egli ci ha dato è un quadro ben fatto e attraente, che mette in luce tutta la efficacia, la utilità e la esten sione che ebbero le fiere e i mercati, ossia, parlando in generale, quei ritro vi periodici di venditori e di compratori in determinati luoghi, con le guarentigie di una organizzazione speciale. Mentre la fiera è il centro del grande commercio e il suo raggio d’ in fluenza è assai esteso, il mercato ò un centro d’ af fari locale e ristretto ; ma ambedue sono manifesta zioni necessarie del commercio periodico che com portano un meccanismo più o meno perfetto, privilegi più o meno estesi e importanti. Per ciò l’ Autore ha diviso la sua trattazione in due parti : nella prima si occupa della storia esterna delle fiere, delle circostanze che hanno influito sulla loro evoluzione dall’ antichità in poi e particolarmente in Francia, dell’azione che hanno avuto sul loro svolgimento la Chiesa, la monarchia e la costituzione della società. Per tal modo egli passa in rassegna le principali fiere, specialmente quelle di Parigi, di Champagne, di Lione, di Besançon, ma non trascura nemmeno di dare qualche notizia sulle fiere principali del no stro tempo e sui grandi mercati esotici che hanno sopravvissuto fino al nostro secolo. La seconda parte tratta della storia interna delle fiere, cioè della loro organizzazione e dell’ insieme di privilegi che dando alla vita delle fiere un carattere originale assicu ravano sopratutto la regolarità del commercio. Egli nota l ’ influenza che questo ordinamento e questi privilegi speciali hanno esercitato sullo sviluppo economico della società moderna e sul loro diritto, ni ¡specie su quello commerciale, le cui istituzioni più importanti sono cresciute in seno alla fiere e vi hanno preso una impronta caratteristica.
Lo studio dell’Huvelin e completo è illustra con profonda e vasta dottrina uno dei capitoli più in te ressanti della storia del commercio.
Rivista Economica
£ ' smigrazione italiana in Grecia Giappone.
L ’ avvenire del
Emigrazione ita lia n a in Grecia. — Il cav. Thaou 11 Revel r. console in Atene in un suo recente rap porto, da notizie dettagliate sui nostri connazionali cne trovansi in Grecia.
Ivi la nostra emigrazione, come del resto dap p e rtu tto ^ Europa, ha carattere di temporaneità. ire n t anni fa si componeva di emigrati politici, specialmente a Gorfù, a Patrasso e in Atene ; di
pescatori delle coste pugliesi e di pochi operai alla spicciolata.
Un certo numero di famiglie risiedevano da gran tempo in Grecia, in maggioranza nelle isole Jonie, e conservavano la nazionalità italiana in mezzo a molte altre famiglie, pure originarie d’ Italia, che per ragioni d’ interesse privato o per altri motivi, 1’ avevano abbandonata.
In seguito 1’ emigrazione italiana in Grecia crebbe assai e molti finirono col fissarvi stabile dimora Così si formarono le colonie di Patrasso, di Atene, del Lanrium, le più numerose in Grecia.
In quelle di Patrasso e del Laurium apparo più manifesta la temporaneità mentre la colonia di Atene ha maggior carattere di stabilità perchè molti vi trovarono e vi trovano occupazione permanente o discreti impieghi.
L ’ importanza dell’ emigrazione italiana in Grecia non fu mai tale da rappresentare un fattore molto ragguardevole nella massa della nostra emigrazione. Soltanto per un breve periodo di anni, durante le costruzioni ferroviarie e altri lavori pubblici, l’emi grazione temporanea dagli Abruzzi, Puglie e Roma- gne salì a parecchie migliaia ogni anno.
Dagli Abruzzi partivano quasi esclusivamente brac cianti ; essi arrivavano in Grecia nell’autunno avan zato e rimpatriavano, di regola, in primavera, por tando a casa scarsi guadagni, quando non dovevano farsi rimpatriare dal Consolato.
Le febbri malariche comuni, nella Grecia conti nentale e peninsulare li decimavano.
La linea ferroviaria Atnne-Patrasso-Pirgos fu in massima parte costruita da abruzzesi.
A l canale di Corinto invece lavorarono operai di ogni parte d’ Italia, fra cui molti piemontesi.
Nei lavori ferroviari delle linee Mili-Calamatta e Pireo-Larissa trovarono impiego migliaia di operai delle Romagne: ma per i fallimenti di alcune Im prese costruttrici gli italiani patirono perdite ingenti. Si è detto che Patrasso, Atene e Laurium sono i maggiori centri di popolazione italiana.
Patrasso conta una colonia di tre o quattro mila persone. Il più grande contingente è dato dalle Pu glie. Sono marinai, pescatori, braccianti, stivatori, falegnami, sarti, barbieri, giardinieri, e muratori.
Pochi sono in condizione di mediocre agiatezza ; i più stentano la vita per mancanza di lavoro sta bile. Questo dipende in massima parte dalla produ zione dell’ uva passa che, più o meno abbondante, permette una maggiore o minore esportazione e quindi un maggiore o minore caricamento.
La ricchezza e il commercio di Patrasso ne di - pendono siffattamente, che negli ultim i anni, per la crisi che colpì tale prodotto, fa miseria vi fu grande ed i nostri connazionali colà dimoranti ne soffrirono forse più del resto della popolazione.
Malgrado ciò si può constatare un graduale m i glioramento per il fatto che un buon numero di gio vani ora imparano qualche arte manuale che per mette di avvantaggiare la propria condizione.
Tale risultato, secondo il R. console, è da attri buirsi alle scuole mantenute dal nostro governo. Non solo la gioventù italiana della colonia non dimentica la lingua, ma acquista frequentando le scuole, il sentimento di nazionalità.
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Esiste in Patrasso una Società italiana di m. s. ebeneficenza, intitolata a V ittorio Emanuele ; ma manca di capitali.
La colonia di Atene è meno numerosa, ma nel complesso conta elementi superiori per posizione sociale e mezzi economici.
Molti sono gli italiani con una buona professione manuale, che guadagnano regolarmente una discreta giornata.
Numerosi pure sono gli italiani impiegati in case di commercio o che hanno negozi, in generale, bene avviati.
Trovansi pure industriali che seppero acquistarsi clientela numerosa e godono meritata riputazione.
Le scuole italiane, mantenute dal governo, sono, come in Patrasso, elementari maschili e femminili di grado superiore e un giardino d’ infanzia.
Esiste da molti anni una Società italiana di mu tuo soccorso e beneficeenza con sede in Atene e con diramazione al Laurium. Ne fu anima il com pianto comm. Serpieri.
La colonia del Laurium, la più numerosa dopo quella di Patrasso, è composta quasi interamente da minatori che lavorano nelle miniere della Società francese, ora amministrata da Serpieri figlio.
V i sono molti romagnoli e marchigiani e moltis simi veneti.
È una colonia sui generis, che ha molta rasso miglianza con i nuovi centri coloniali dell’ ovest americano nei loro primordi.
Vita dura, alquanto rozza, un grande accampa mento in mezzo al rumore e al fumo degli alti forni e ai fischi delle locomotive trascinanti vagoni cari chi di minerale.
Guadagnano tutti paghe discrete, ma i più spen dono quanto guadagnano.
La colonia del Laurium seguirà le vicende del— T impresa mineraria e sparirà quando questa cesserà. Esiste una scuola italiana sussidiata dal governo, frequentata dai fig li dei minatori italiani e seral mente anche da adulti, con buonissimi risultati.
Oltre i minatori trovansi al Laurium parecchi ita liani impiegati negli uffici della Società francese e negozianti di generi alimentari e vino, che fanno eccellenti affari.
L ’ avvenire del Giappone. — Ecco come lo trat teggia il generale Dal Verme in un suo rimarchevo lissimo studio sulla guerra recentemente combattuta tra Gina e Giappone, la quale fu una rivelazione, giunta inattesa ai più, della potenza militare e ma rittim a del secondo.
« Sorto dalla rivoluzione del 1868, il giovane Impero nel breve periodo di un quarto di secolo — scrive il Dal Verme — è passato dallo stato me dioevale alla costituzione politica degli Stati liberi d’ Europa, ha creato un esercito moderno, ha messo in mare una flotta potente, ha vinto il secolare ne mico, ha veduto proclamare l’ agognata indipendenza della Corea, ha aggiunto ai suoi possessi le Pesca- dores, già ambite dalla Repubblica francese, e la grande isola di Formosa dove ha sottomesso ribelli e briganti che i Cinesi non avevano mai debellato, e la bandiera del Sole Levante sventola tuttora in terra cinese, sui forti di W ei-hai-w ei.
Quello sciame d’ isole, grandi e piccole, più di duemila, che dal Kamsciatka si direbbe rovesciato nel Pacifico a cingere i l continente asiatico per oltre 2400 miglia fino all’ estrema punta meridionale della
Formosa, e il territorio del Giappone ingrandito dal trattato di Simonoseki.
Dalle nordiche K u rrili dove si pesca la preziosa foca nera fra i ghiacci, il moderno Impero si estende sino al 22° parallelo nei tropici, e forse non si ar riverà a mezzo del secolo X X 0 senza vederlo muo vere ancora un passo, un gran passo al Sud, giun gere cioè alle Filippine a compiere la cintura insulare ed annettersi genti affini di sangue malese.
Oggi, il Giappone, uscito dalla lotta, conta 46 milioni di abitanti, i quali, ad eccezione di tre m i lioni di sudditi del a Formosa e di qualche centinaio di Aino nell’ isola di Yeso, sono tutti di una razza, parlano tutti lo stesso idioma, sono animati dallo stesso sentimento elevatissimo di amor di patria e d’ indipendenza.
Le finanze non dovrebbero essere fiorenti in un paese che nel decorso trentennio ha creato tutto uno Stato moderno e le cui risorse non sono straordi narie, Pure, profittando delle indennità di guerra di 800 m ilioni che oltrepassa di oltre 200 le spese vive della guerra, il Governo del Mikado ha deliberato un tale aumento nel naviglio da non lasciar dubbi sulle sue intenzioni di diventare Potenza m ilitre ma rittim a di primo ordine.
Sono per suo conto nei cantieri d’ Inghilterra, Germanie, Francia e Stati Uniti d’ America quattro corrazzate da battaglia, di cui tre da 14,000 tonnel late, come la nostra Lepanto; quattro incrociatori da 9000 a 20 nodi di velocità ; sei incrociatori pro tetti da 3 a 6000 tonnellate, da 20 a 23 nodi ; otto
destroyers a 30 nodi e dodici torpediniere d’alto mare. E come se tutto questo materiale ordinato all’ estero non bastasse, sta costruendo altre navi minori nel proprio arsenale di Yokoska.
Per alimentare la poderosa flotta il Giappone non ha bisogno di chiedere il carbone a nessuno. Ne ha in casa propria dei depositi inesauribili, cosicché ne può fare largo commercio senza darsi pensiero dell’ avvenire. È mentre la Cina, che pur possiede abbondanti depositi del prezioso combustibile nelle provinole di Hunan, Honan e Sciansì, non sa sfrut tarli e pone al lavoro straniero tali incagli da ren derlo quasi impossibile, il Giappone è in grado di venderlo agli altri e lo vende allo stesso odiato r i vale del continente. La più gran parte delle 434,000 tonnellate importate nel 1896 a Shanghai, veniva dalle miniere giapponesi della grande isola di Kiusiu. Ed oggi ne è tale la ricerca che il prezzo, salito del 70, 0,0, ha raggiunto i 21 scellini la tonnellata, e i giapponesi non nescouo a corrispondere alle inces santi richieste.
Un paese in queste fortunate condizioni che pur non essendo ricco ha trovato il modo di crearsi un esercito ed una flotta, la quale fra qualche anno potrà superare in potenza di navi le armate d’ Eu ropa ad eccezione soltanto della britannica, un paese col prestigio della storia millenaria immune da in vasioni nel sacro suolo della patria, col prestigio dei recenti trionfi in terra e in mare sul secolare ne mico, ha tali elementi di forza materiale e morale da potersi assidero fra i contendenti europei ad eser citare una grande influenza nella risoluzione delle loro contese.
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spiegare tutta la sua possauza che le verrà dall'apertura delle grandi linee ferroviarie di Siberia e di Manciuria.
Unito alia Russia, quando quelle linee saranno compiute, i due gruppi potrebbero equivalersi, per chè, per quanto l’ Inghilterra sia farle sui mari, Fran cia e Germania non avranno mai in Estremo Oriente più di una forte squadra, e fa d’uopo sempre ram mentare che Russia e Giappone sono a casa loro, l’una sul continente che è tutto suo dagli Urali al l’America, l’altro nelle isole che tutte gli apparten gono, dal Kamsciatkà alla Formosa rimpetto alla Siberia, alla Corea, alla Cina. »
LA SITUAZIONE DEL TESORO
La situazione dei debiti e crediti di Tesoreria al 31 marzo 1898, risulta dal seguente specchio:
D e i b i t i Buoni del Tesoro... L. Vaglia del Tesoro... » Anticipazioni alle Banche... » Amministrazione del Debito pubb. *
Id. del Fondo Cui to. »
Al tre amministrazioni in conto
cor-274, 980,500. 00 23,494,039. 94 40,000,000.00 178,174,557. 65 16,664,306.15 rente fruttifero... » 32,741,776.34
Id. id. infruttif. » 32,710,354. 34
C. C. per l’emissione Buoni di cassa » 110,000,000.00 Incassi da regolare *)... » 37,599,455.28
Totale dei debiti L. 746,364,989.70
a l
31 m a r z o
1 8 9 8
O r e d i t iDiamo il solito riassunto della situazione del T e soro durante il nono mese dell’ esercizio finanzia rio 1897-98, raffrontandolo con la situazione del corrispondente periodo dell’esercizio precedente 1896- 1897. Il conto di Cassa al 31 marzo 1898 dava i seguenti resultati :
D a r e
Valuta presso la Cassa Depositi e Prest. art. 21 della legge 8 ago
sto 1895 e legge 17 genn. 1897 L.(b) 91,250,000.00 Amministrazione del debito pub. » 156,827,639.65 Id. del fondo per il Culto » 16,349,595.80 Altre amministrazioni... » 40,270,690. 86 Obbligaz. dell’Asse Ecclesiastico . » 15,300. 00 Deficienze di cassa a carico dei
contabili del Tesoro... » 2,031,682.49 Diversi... » 21,143,727.31
Fondo di Cassa allachiusura del
l’esercizio 1896-97 ... L. 300,366,962.03 Incassi di Tesoreria per entrate
di bilancio... » 1,219,340,914.22 Incassi per conto debiti e crediti » 2,508,124,938.46 Totale.. . . L. 4,027,832, 814. 71
- Totale dei crediti L. 327,888,636.11
Confrontando con la situazione al 30 giugno 1897, si ha :
al 30 giugno a l 3 l marzo
1897 1898
Debiti... milioni 730.3 746.3 Crediti... » 202.7 327.8 Ecced. dei debiti sui crediti milioni 527. 5 418. 4 A v e r e
Pagamenti per spese di bilancio. L. 1,128,839, 954. 35 Decreti ministeriali di scarico
come dal conto precedente.. » 304,072.81
Pagamenti per debiti e crediti » 2,617,193,667.32 Fondo di cassa al 31 mar
zo 1898 (a)... » 281,495,120. 23 T otale.. . . L. 4,027,832,814. 71
(a) Sono escluse dal fondo di cassa L. 91,250,000 depositate nella Cassa Depositi è Prestiti a copertura di una somma corrispondente di biglietti di Stato. Questa somma è stata portata fra i crediti di Te soreria.
La situazione del Tesoro, quindi, si riepiloga così:
30 giugno 1897 31 m arzo 1898 Differenze Conto di cassaL . 300,366. 962. 03 281.495.120.23 — 18,871,841.80 C rediti di Teso
r e r ia ... » 202. 768,162 71 327.888,636. 11 4-125,120,473. 40
T o t.d e ll’attivo L. 503,135.124.74 609,383,756 34 4-106,248,631.60 D ebiti d iT esor. »
D ebiti del Tesoro dedotto il to ta le dell’attivo L.
730 313.245.16 746,364,989.70 4 - 16,051,744.54
227,178,120.42 136,981,233.36 — 90,196,887.06
*) Negli incassi da regolare sono comprese li re 22,500,000 rappresentanti la somma dei biglietti di Stato, dei quali è stata autorizzata l’emissione con l’articolo 11 della legge 3 marzo 1898 n. 47.