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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1272, 18 settembre

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERR O V IE, IN TER ESSI PRIV A TI

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 18 Settembre 1898

N. 1272

PROGRAMMA DELLA NAZIONE

La Gazzetta del Popolo di Torino rilevando che alcuni si domandano perchè non si designi ancora nettamente il programma con cui il Ministero in­ tende di presentarsi al Parlamento, osserva essere ancora troppo presto perchè un compiuto programma si concreti da parte del Ministero ; ma poi molto op­ portunamente avverte :

« Se dobbiamo francamente esporre il nostro pen- « siero, non è del programma del Ministero che oggi- « mai ci preoccupiamo, bensì di quello della Nazione. « Dal più al meno, si può intuire quale il primo potrà « essere ; e, a seconda del valore intrinseco che possa « presentare, sarà serbato ad un successo maggiore o « minore, e varrà a prolungare più o meno la esi- « stenza del Ministero che lo abbia accollo. »

« Più interessante e di ben maggiore conseguenza « - continua la Gazzetta del Popolo - sarebbe desi- « gnare e fissare il programma della Nazione. Noi « siamo giunti al momento psicologico, in cui, a « questo riguardo, una decisione è necessaria.

« Vogliamo noi, possiamo noi essere una grande « potenza militare, una grande potenza marittima, un « grande paese industriale, agricolo?

« Abbiamo noi la potenzialità presente o futura di « raggiungere l’ uno o l’ altro di questi ideali o tutti « insieme o in parte?

« Un programma in ordine a ciò sarebbe essen- « ziale, necessario ; laddove in nulla più che in ciò « noi fummo sino ad ora incerti e oscillanti. E la « conclusione è che ancora in nessuna sfera della « attività nazionale ci ha sorriso il successo e che « ancora non sappiamo noi stessi cosa vogliamo es- « sere. »

A nostro avviso la Gazzetta del Popolo ha scritto parole d’oro. Non la seguiremo ora nelle sue pro­ poste o meglio nelle sue aspirazioni ; è argomento, anche quello dello sviluppo agricolo, sul quale non bisogna farsi illusioni soverchie, giacché i concor­ renti oggi sono molti e forti; la lotta aspra, la pos­ sibile vittoria lontana, ed i sacrifizi per conseguirla immensi. Ciò che crediamo utile è di accennare in ­ vece alla causa od alla somma delle cause che hanno prodotto la continuazione di insuccessi che I' Italia conta in questo trentennio di vita politica. E so l­ tanto avendo una giusta idea delle cause, che sarà possibile evitare nell’ avvenire di cadere, colla stessa pertinacia, negli stessi errori.

Il male che ha imperversato sull’ Italia durante questi trenta anni dal suo risorgimento, è la mancanza di misura. Trascinata da retori o da inesperti, la Na­

zione ebbe la mente gonfia dalle visioni della storia ehe si svolse sul suo suolo, e fu spinta alla nobile I gara di emularle; i duci, che dovevano essere in possesso della sapienza civile e militare, non si mo- ; strarono che em pirici, ricchi di espedienti, deboli di carattere, troppo piccoli per le grandi e feconde idee, troppo grandi per la sola vita quotidiana, e per il pro­ gresso a piccole tappe.

Lunga sarebbe la enumerazione di tutto ciò che con vasti intendimenti venne intrapreso in Italia; ma di fronte a nessun capitolo forse, si potrebbe mettere coscienziosamente la annotazione che la intrapresa fu compiuta od almeno condotta innanzi con perseve­ ranza.

E la dominazione dei retori non è finita; è lungi i anzi dall’ aver perduto il suo dominio. Guardate il ramo della attività intellettuale che oggi si riconosce come una fonte precipua della durevole supremazia dei popoli. Mentre da ogni parte si dimostra che la spesa che l’ Italia sostiene è troppo scarsa in ragione della sua popolazione e più scarsa ancora in ragione della sua ignoranza; il Ministro della pubblica istru­ zione persiste a far decreti, ad ordinare riforme, a sperare in effetti che non sono presumibili, quando i maestri elementari non sono pagati che a stento, quando nelle scuole secondarie il massimo stipendio è di 2500 lire nette, nelle Università 5000; quando mancano gabinetti, locali, suppellettile scientifica, biblioteche moderne, strumenti di lavoro.

La Gazzetta del Popolo ha ragione, bisogna che la Nazione decida ciò che vuol essere.

La Nazione? Ahimè noi temiamo molto che a quest’ora la Nazione, se con questa parola si intende la grande maggioranza degli Italiani, non desideri altro che di essere lasciata tranquilla a digerire, se pure v i r iu ­ scirà, gli effetti di tanti errori che furono commessi, ten­ tando tutto senza criterio, senza suiti, senza i mezzi adattati allo scopo. Che cosa può volere la Nazione? Rimanere una potenza m ilitare? Ma lo è mai stata l’ Italia, od ha soltanto avuto le apparenze di esserlo? È tinto tempo che chiediamo che si investighi se­ riamente quale sarebbe la spesa necessaria per met­ tere l’ esercito, quale attualmente lo portano le leggi vigenti, in normale stato di guerra, e non abbiamo avuta risposta ; perchè dire in pubblico ciò che sot­ tovoce si sente ripetere da tutti anche competenti, farebbe paura.

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al livello dei m igliori, che quindi siamo molto deca­

duti, e che sacrifizi enormi occorrerebbero per r i ­ prendere la posizione perduta.

Paese agricolo ? paese manifatturiero?

La Gazzetta del Popolo vive dove fa bella mostra di sè la Esposizione nazionale; il periodica di To­ rino può adunque dirci quanto ancora occorra perchè l ’ Italia economica si avvicini alla meta dagli altri già raggiunta.

Che cosa può volere la Nazione quando sul suo corpo si sono fatti i piti pazzi esperimenti, i più fantastici e variati tentativi, senza avere mai un successo ?

La Nazione pensa che in venticinque anni le entrale dello Stato sono salite da un miliardo ad un miliardo e mezzo ; che l’ onere per il debito pubblico è aumentato da S00 a 760 m ilioni; e crede che ormai sia inutile discorrere di programmi ; la Nazione ne ha già uno di formidabile da seguire : quello di sopportare i pesi che le gestioni passale hanno accumulato. Non vi è altro di grande e di utile da fare se non che distribuire tale peso in modo che si eviti la soffocazione.

L a Gazzetta del Popolo accennerebbe ad una po­ litica che ripristinasse il sistema dell’ aumento dei debiti, perchè pesano sul bilancio solo cogli interessi. Dubitiamo assai che l’ autorevole giornale di T o ­ rino si renda abbastanza conto della situazione se incoraggia la continuazione di quei metodi che hanno condotto il paese su ll’ orlo della rovina.

Non cessiamo dal ripetere : bando alle idee gran­ diose, ai programmi vasti, ai fumi della rettorica ; impieghiamo tutta la attività nostra a riordinarci a sistemarci, a rinforzarci internamente ; sarà opera lunga, ma non meno gloriosa delle imprese coloniali, delle superbe navi, dei numerosi eserciti, delle arti­ ficiali espansioni industriali. E soltanto quando la Nazione, con un lungo periodo di pace, avrà potuto conseguire quella stabilità economica e quella sicu­ rezza nel meccanismo della propria amministrazione, che sono la base di un ordinalo progresso, allora soltanto sarà possibile pensare alle espansioni.

L’ AGRICOLTURA E IL SISTEMA TRIBUTARIO

I lettori hanno potuto vedere dal lungo ordine del giorno approvato dal Congresso degli agricoltori quali sieno i desiderata degli agrari in fatto di riforma t r i­ butaria. Per riassumerne la sostanza in poche parole, possiamo dire che essi chiedono anzitutto la dim inu­ zione delle imposte dirette che colpiscono la pro­ prietà im m obiliare e mobiliare e successivamente la riduzione delle imposte sui consumi necessari. Sla poiché non si può raggiungere il primo fine e tanto meno anche il secondo senza provvedere ad altre entrate cosi i congressisti agrari di Torino chiesero la imposta personale sul reddito.

Queste sono le linee fondamentali della riforma tributaria patrocinata dagli agricoltori, ma siccome essa esigerà lungo periodo di tempo per essere at­ tuata, così sono invocati una serie di provvedi­ menti aventi lo scopo di modificare su vari punti le leggi vigenti intorno alle imposte dirette. Noi lasce- remo da parte queste modificazioni, di alcune delle quali ci siamo occupati altra volta, e specialmente a

I proposito del progetto Branca per le modificazioni alla legge sulla imposta di ricchezza mobile, e ci ferme­ remo un momento a considerare le tendenze di ca­ rattere generale che si sono manifestale fra gli agri­ coltori convenuti a Torino.

L ’opinione frequentemente sostenuta da coloro che si occupano della riforma tributaria è questa, che le imposte indirette, quelle cioè che colpiscono i con­ sumi e gli atti di scambio, siano eccessive e che, se sono da qualche tempo per così dire irrigidite nel loro gettito,, ciò dipende appunto dalle tariffe ecces­ sivamente alte. Si giunse anzi, a questo riguardo, a dimostrare che se la imposta su certi generi tor­ nasse al livello di qualche anno fa, il consumo ri­ tornando pure ad essere quale era allora, lo Stato non perderebbe un soldo dalla riduzione di alcuni dazi e il pubblico ne avrebbe un beneficio non tra­ scurabile. E non parliamo dei finanzieri teorici che notarono come la sproporzione tra le imposte dirette e quelle indirette sia andata sempre più aggravan­ dosi a danno delle indirette; come queste ormai non possano essere più aumentate e quindi la finanza dello Stato manchi quasi completamente di elasticità e sia impotente a far fronte con l’ imposta ai bisogni straordinari, pei quali diventa sempre necessario il r i­ corso al credito, come infine la crescente massa dei capitali sotto le varie forme immobiliari e mobiliari giustifichi e legittimi un maggior concorso da parte loro nelle speso pubbliche. Su questi vari punti, ripe­ tiamo non vogliamo entrare perchè sarebbe neces­ sario una lunga dissertazione scientifica, sono state esposte ragioni di gran peso, alle quali un Congresso che intendeva occuparsi della riforma tributaria avreb­ be dovuto concedere grande attenzione.

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Questa denominazione di tributi diretti reali e per­

sonali è oggidì piuttosto oscura e gioverebbe chia­ rirne il significato, spiegandosi bene ciò che! si vuol dire, ora che si mette avanti l’ idea di una im ­ posta personale sulle entrate. Osserviamo per conto nostro che taluni tributi reali tendono ad acquistare anche il carattere personale. Infatti con lo sgravio delle quote minime, l’ imposta sui terreni perde in parte il carattere di tributo reale, in quanto esso non colpisce più la proprietà per sè, indipendentemente dalle condizioni economiche del proprietario, ma anzi tien conto di queste per sgravarlo in tutto o in parte del tributo. Tale è il caso della imposta sui terreni in b rancia, dopo lo sgravio accordato dal ministero Meline con la legge 21 luglio 1897. E la imposta di . ricchezza mobile ha pure a un tempo carattere reale e personale. Così l’ imposta personale sulle entrate, invocata dal congresso degli agricoltori, non potrebbe essere priva totalmente di carattere reale, perchè è troppo noto che per determinare le entrate bisogna ricorrere a tutti mezzi che possono stabilire quali obiettivamente esse sono. Sicché gli agricoltori che chiedono di essere sgravati in misura rilevante dalle imposte dirette reali sarebbero naturalmente esposti, essi per i primi, le loro entrate essendo più in vista, a sentire il peso della cosiddetta imposta personale sulle entrate. Ammettiamo pure che con quest’ ultima si avrebbe il vantaggio di poter colpire certe fortune che ora non essendo costituite da terreni e da fabbri­ cati,ma da rendite mobiliari, non facilmente accertabili, possono sottrarsi senza grandi difficoltà all’ obbligo del pagamento della imposta, ma non dimentichiamo che la imposta personale sulle entrate fa sorgere un grave _ problema intricatissimo : quello della doppia imposizione dello stesso reddito.

Con questo non intendiamo di combattere la im ­ posta personale in discorso; crediamo anzi che essa abbia una funzione importantissima da esercitare, funzione delicata e difficile, ma necessaria nelle no­ stre società democratiche, nelle quali le sperequazioni tributarie sono sempre fortemente sentite e creano uno stato di malcontento, di rancore e di squilibrio deplorevolissimo. Ma per noi la imposta personale sulle entrate deve essere il mezzo idoneo a togliere le sperequazioni tributarie derivanti dalle imposte sui consumi e in parte da quelle sugli atti di scambio, in breve dal sistema delle indirette. Qui siamo pro­ priamente agli antipodi coll’ ordine del giorno appro­ vato a Tonno dal congresso degli agricoltori, e col quale si pospone la riduzione delle imposte indirette allo sgravio rilevante delle imposte dirette reali, anzi lo si rinvia a quando lo permetteranno i margini che deriveranno,sia dall’ incremento naturale delle entrate, sia da sperabili diminuzioni delle spese; cioè la si r i­ manda alle caleude greche. Eppure si ammette nello stesso periodo di quell’ordine del giorno, che le im ­ poste indirette sono ora troppo soventi un incaglio insormontabile allo sviluppo della produzione.

In fondo la ragione è questa. Credono alcuni, e pou r cause i proprietari agricoltori, che riducendo le imposte dirette reali verrà ad aumentare la pos­ sibilità in quelli di dar lavoro alle classi lavoratrici le quali, dicono, sono interessate più ad aver lavoro, ehe non sia al basso prezzo dei generi di consumo.

Il presidente del congresso ou. Cappelli diceva; * La riforma del nostro sistema tributario s’ im ­ pone; ed essa oggi è possibile, mentre, per quanto instabile, l’equilibrio del nostro bilancio è raggiunto.

Uomini che han poco meditato sui complessi feno­ meni economici, o che limitano la loro ambizione alla vana popolarità di un’ ora, togliendo in prestilo gli argomenti ed anche la frase da popoli in condi­ zioni diverse e tanto più floride delle nostre, vanno in giro gridando che lo Stato deve correre a dare aiuto immediato e diretto alle classi più misere, ac­ crescendo fìttiziamente i lavori e sgravando i con­ sumi. Pericolosa scuola questa, fatale errore, che per alleviare i dolori prodotti dal sintomo morboso, la­ scia sussistere ed aggrava la malattia che uccide. Quando un paese è nello stato del nostro, e la r ic ­ chezza in proporzione della popolazione diminuisce, una è la cura necessaria, urgente, essenziale; tor via i pesi che soffocano la produzione nelle svariate sue forme ed in quella specialmente che di tutte è la più estesa, ridonando così a questo corpo che si estenua le forze del suo normale sviluppo. Ciò creerà ed estenderà quel lavoro fecondo, e perciò ben rim u ­ nerato e permanente, che solo può rialzare stabil­ mente le sorti delle classi povere ».

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dere, dovrà pure riconoscersi vero fra non mollo ; già si sente che l’ inferiorità agricola dipende anche dalla scarsa istruzione e che molto c’ è da fare a questo riguardo. Auguriamoci che gli agricoltori pro­ prietari non si trincerino sempre dietro l’ argomento del grave carico fiscale, il quale esiste in misura non lieve, ma si è in un certo senso consolidato, ha trovato compensi nel protezionismo agrario ed è d i­ venuto un fattore meno importante d’ un tempo nella lotta della concorrenza. Abbandonando una posizione che secondo noi è errata, gli agricoltori proprietari intenderanno meglio i termini della questione tribu­ taria e saranno di una equità più pratica verso la classe maggiormente gravata dalle imposte indirette.

La sincerità è un merito, specialmente se viene da quelle persone o da quelle sfere che sono piut­ tosto inclinate ad attenuare, a mascherare, a travi­ sare la realtà delle cose. La politica troppo spesso ama stendere un velo su molte cose, anche se sal­ tano agli occhi dei più miopi, perchè non si debba riconoscere che nel ministero Pelloux non mancano gli uomini sinceri, cui non pare che tutta la sa­ pienza governativa stia nel disconoscere ciò che esi­ ste di marcio nel nostro organismo politico e am ­ ministrativo. E se dovessimo giudicare dalle circolari che alcuni m inistri hanno diretto ai loro dipendenti dovremmo indubbiamente dire che le intenzioni loro sono eccellenti. Abbiamo visto, ad esempio, un mini­ stro rivolgersi agli intendenti di finanza per sapere quali riforme si potrebbero portare al nostro ordina­ mento finanziario e amministrativo a sollievo dei contribuenti; vediamo ora il ministro dell’ interno, ou. Pelloux, rivolgersi ai prefetti per invitarli a provve­ dere riguardo agli arbitri, ai disordini, agli abusi amministrativi locali. Tutto ciò merita lode e, se le circolari non resteranno lettera morta, non mancherà il plauso di quella parte del paese che invoca già da tempo provvedimenti di quel genere.

L ’ on. Pelloux, che in una precedente circolare aveva richiamata l ’ attenzione dei prefetti e delle giunte amministrative sulle finanze dei corpi locali, ne ha diretta loro un’ altra sul modo con cui funziona propriamente 1’ amministrazione. Ambedue quelle circolari meritano d’essere fatte conoscere, la seconda specialmente, perchè è un documento d’ im ­ portanza quasi diremmo storica, constatando con linguaggio e autorevolezza ufficiali che in alcune amministrazioni locali l ’arbitrio, l’abuso e il disor­ dine imperano e la violazione della legge non è rara. Riguardo alle spese non obbligatorie che figurano nei bilanci comunali l’ on. Pelloux dice di aver do­ vuto constatare che non pochi Comuni del Regno, pur eccedendo la sovraimposta ai tributi diretti sui terreni e sui fabbricati, violando apertamente la legge, hanno gravalo i rispettivi bilanci di spese che non rivestono! caratteri di strettamente obbligatorie per disposizioni di legge o per contratti autorizzati prima della legge 23 luglio 1 8 9 4 « Così pure, ag­ giunge, ho dovuto rilevare che assai facilmente i Comuni riportano approvazione su deliberazioni re ­ lative a spese facoltative non aventi per oggetto ser­ vizi ed uffici di utilità pubblica, entro i termini

18 se ttem b re 1898 della rispettiva circoscrizione amministrativa. » Ed egli afferma essere suo intendimento che tali patenti violazioni di legge non abbiano a ripetersi per qual­ siasi ragione. Ónde chiede al prefetti e alle Giunte provinciali amministrative di curare la stretta os­ servanza degli art. 284 e 288 della legge comunale e provinciale 4 maggio 1898 e impediscano che sia data all’ art. 267 della legge medesima una inter­ pretazione più lata di quella che resulta dalla let­ tera stessa dell’articolo.

Il concetto della circolare è in massima giusto; soltanto per poter rimediare a questi ed a consimili inconvenienti o abusi converrebbe ricercare le cause che li determinano e tentare di rimuoverle; se no, tutto limitando a raccomandazioni generiche, l’ espe­ rienza fa temere che non se ne abbia alcun pratico risultato.

L ’ altra circolare la riproduciamo integralmente e i lettori non perderanno il loro tempo leggendola da I cima a fondo. Non occorre che la commentiamo lar­

gamente; trattando le quistioni tributarie e ammini­ strative abbiamo più volte deplorato ciò che il m i­ nistro con linguaggio quasi rude alla sua volta de­ plora. Ma egli s’ ingannerebbe se credesse sufficiente una o più circolari dalla forma energica e franca. G li uomini ai quali si dirige sono essi per intelli­ genza, per animo, per sapere, in grado di condurre le amministrazioni locali sopra una via migliore del- l’ attuale? L ’ organismo amministrativo è esso tale da poter funzionare rettamente, secondo e non contro la legge, da dare tutte le garanzie di giustizia e di legalità ? Il ministro ha dinanzi a se, lo si comprende dalla circolare che riproduciamo, un ideale di am­ ministrazione onesta, giusta e benefica per gli ani- ministrati; ma i mezzi, gl’ istituti, le persone corri- ; spondono a quell’ ideale?' Non lo crediamo; e il mi­

nistro che ha scritto, con sincerità che lo onora, la circolare seguente, ha il dovere di studiare e studiare j quali sono i vizi e i difetti è quali i rimedi, così da rendere impossibile il verificarsi dei fatti ch’ egli one­ stamente deplora e contro i quali insorge invocando l’ opera riparatrice dei prefetti. Se egli crede a questa opera riparatrice da parte dei prefetti attuali, temiamo si illuda fortemente; occorre ben altro e cercando rieseirà forse a trovarlo. Ecco intanto la circolare :

« Facendo seguito alle mie precedenti comunica­ zioni, e continuando nello studio dei vari mezzi che hanno il Governo e le Autorità dipendenti per ve­ nire in aiuto materialmente e moralmente alle popo­ lazioni, devo oggi richiamare l’ attenzione dei signori Prefetti su di un argomento di grandissima impor­ tanza, che merita di essere studiato con amore e con zelo indefesso.

Sarebbe strana pretesa la mia se credessi di poter sin d’ ora rendermi un conto esatto del come pro­ cedono le amministrazioni locali, e del come sono da esse tutelati gii interessi di vario genere dei loro amministrali.

Ho potuto però, e nel mìo breve soggiorno nelle Puglie nella scorsa primavera e nei pochi mesi dac­ ché mi trovo alla direzione del Ministero dell’ Interno, rilevare che in parecchie località lo stato delle cose lascia a desiderare. . . . .

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e questo concetto non cesserò di cercare d’ inculcare

in tutti.

Se un tale principio fosse stato osservato sempre, le condizioni finanziarie dei comuni sarebbero ben altre di quello che non siano io molti di essi !

Trattando ora della funzione amministrativa in ge­ nere, posso dire che non passa giorno in cui non mi pervengano dalle prefetture di qualche provincia proposte di scioglimento di talune amministrazioni, o di comuni, o di opere pie, o di altri enti morali ; e quel che è peggio talvolta avviene pure che tali proposte di scioglimento comporterebbero per neces­ saria conseguenza di deferire all’autorità giudiziaria le amministrazioni sciolte.

Intendo che a quel riguardo, sia inesorabilmente spiegato dai signori Prefetti il massimo rigore.

Nè vale il dire, come ho sentito da taluno, parlando di un consiglio comunale a sciogliersi, che sciogliere o non sciogliere era lo stesso; poiché, se anche ve­ niva alla direzione deH’ amministrazione il partito av­ verso, il risultato sarebbe eguale, il male andare sa­ rebbe continuato!

Non sono ammissibili argomentazioni simili, anzi, in esse appunto sta il germe della rovina delle am­ ministrazioni con tutte le sue conseguenze, prima delle quali il disaffezionare il pubblico dalle istituzioni.

La disonestà neiramministrazione va colpita subito senza misericordia, con tutta la severità delle leggi ; e varrà più, nell’ intere-se del bene generale, qualche solenne esempio di rigore dato a tempo e a luogo, qualche severa condanna che tocchi ad amministratori infedeli, anche se colpiscono individui appartenenti alle classi dirigenti od influenti, o che sogliano im ­ porsi ai propri cittadini, che non l ’armeggiarsi va­ namente dell’autorità tutrice tra i partiti locali di tendenze opposte, per cercare di far prevalere l’ uno o l’ altro, con altri fini che non siano esclusivamnete quelli della retta via, e del tutelare gli interessi ed il benessere delle popolazioni.

E la disonestà nelle amministrazioni, bisogna pur dirlo, si può manifestare e si manifesta sotto le forme più svariate : con ogni sorta di abusi, a cominciare talvolta col colpevole favorire gli amici e i con­ giunti, mediante la creazione per essi d’ impieghi non necessari; colle destinazioni abusive di essi a posti che non potrebbero coprire; col fare eseguire lavori, e permettere spese non necessarie, a solo scopo par­ tigiano, andando alle alterazioni delle liste elettorali comunali; alle falsificazioni dei ruoli d’ imposte a danno degli altri, (pur troppo anche talvolta a danno dei meno abbienti) ; al non esigere i pagamenti do­ vuti alla amministrazione dai propri am ici; al creare così contabilità artificiali che diventano presto inde­ cifrabili e permettono poi ogni specie d’ inganni e di frodi ; rasentando, o toccando, persino talvolta l’ ap­ propriazione indebita, collo storno dei mezzi desti­ nati al servizio pubblico, impiegandoli invece a scopo ben diverso.

Se ciò non si frena con tutto il rigore, con tutta l’ energia che è del caso, invano si può tentare di sperare di fare argine alle dottrine sovversive alle propagande ostili le quali diventano tanto più facili in quanto che trovano un terreno preparato a far germogliare le loro idee.

Ad impedire che vada avanti uno stato di cose sim ili, è urgente, è urgentissimo di provvedere, e questo dovere spetta ai funzionari che rappresentano il Governo nelle provincie.

Comprendo che i signori Prefetti non possono da soli bastare all’ opera che segnalo o meglio che ri­ cordo oggi ad essi. Ma essi tutti hanno dei collabo­ ratori che notoriamente hanno tutto il tempo neces­ sario, e che ripartiti nel territorio della giurisdizione di ogni provincia sono più in grado dei Prefetti, di conoscere tutto quanto avviene nel rispettivo c ir­ condario.

Devo confessare che in tempo relativamente breve molti cittadini si rivolsero direttamente a me, anche dalle più remote provincie del Regno per segna­ larmi abusi, prepotenze, inganni patiti da ammini­ strazioni locali, o frodi e sperpero del denaro pub­ blico, invocando provvedimenti, e devo pur confes­ sare che, se talune accuse, che non mancai di verificare come meglio potei, erano infondate ed esagerate, non poche, in sostanza, erano vere.

Ora tutte quelle lagnanze non avrebbero dovuto arrivare al Ministero: procedendo normalmente le cose; esse avrebbero dovuto essere rivolte ai Sotto­ prefetti, tutt’al più fermarsi ai Prefetti, i quali hanno il dovere e i poteri per provvedere! E se così non è, il fatto deve attribuirsi a ciò, che il funzionamento dei servizi pubblici ha alquanto fuorviato dal suo retto indirizzo; a ciò che l’ opera dei Prefetti e Sottopre­ fetti apparisce talvolta alle popolazioni differente di quello ohe deve essere, ed avviata ad occuparsi troppo di altre cose, e troppo poco di quelle, di cui ho trat­ tato più sopra; le quali sono pur sempre quelle che più di ogni altra interessano il paese.

A ciò bisogna rimediare ; bisogna assolutamente che ogni cittadino sappia bene che, segnalando un abuso o denunziando un danno patito od invocando giustizia, è sicuro di trovare difesa e protezione nei rappresentanti del governo.

Questa è la vera base dell’ onestà nell’ amministra- ziane, e prego i signori Prefetti di dedicarsi a tale opera, portandovi tutto il concorso del loro zelo, della loro buona volontà e della loro intelligenza ; altret­ tanto esigendo dai Sotto-Prefetti loro dipendenti, i quali sono maggiormente a contatto dei loro amm i­ nistrati. »

I D A Z I D I C O N S U M O

(Continuazione Vedi N. 1271).

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ha ¡1 mezzo di colpire tulio il consumo interno di

alcuni articoli, senza gli impedimenti della dogana intercomunale, così esiziali alle industrie e ai com­ merci, senza le ingiustizie e gli ibridismi del dazio forese, e con maggiore profitto per l’ erario, anche limitando le materie, che si vogliono tassate al mo­ mento della fabbricazione o produzione, a un nu­ mero assai minore delle voci che si leggono nelle tariffe dei dazi.

In quest’ ordine di idee vi è un altra piccola ri­ forma, non difficile da introdurre nei dazi di con­ sumo sullo carni. L ’on. Branca, nella relazione al suo progetto dello scorso giugno, ritirato poi dal- i’ atluale ministro Carcano, rilevando l’ ingiustizia del dazio forese : « che contiene il vizio fondamentale di gravare maggiormente la mano sulla popolazione meno abbiente e di lasciare immuni o quasi le classi agiate », aggiungeva subito dopo questa osservazione: « Ciò è esatto p er tutti i generi, fa tta eccezione p er le carni il cui dazio, essendo soddisfatto al mo­ mento della macellazione degli anim ali, viene p a ­ gato d a tutti, siano ricchi o poveri. »

Queste parole contengono un rilievo sagace^ ed acuto, un concetto pratico molto felice, che l’ on. Carcano dovrebbe subito accogliere e concretare in un provvedimento di legge immediata.

Che nei comuni aperti il dazio sulle carni si r i­ scuota alla macellazione degli animali è stabilito dalla legge, mentre nei comuni chiusi si esige in ­ vece, o si dovrebbe esigere alla linea daziaria al passaggio delle bestie destinate al macello. "Vi sono però i dazi governativi e comunali, anche sulle carni fresche di animali macellali in un comune che si consumano in un altro, e vi sono ancora dazi sulle carni salate, sui lardi e sugli strutti prove­ nienti dal di fuori, i quali nei comuni aperti pagano il dazio di minuta vendita, quel dazio, il quale, come sappiamo, può essere sfuggito dai più abbienti che fanno provviste dirette e un pò all’ ingrosso, ma pesa invece a tutto carico dei poveri, che fanno le piccole compere giorno per giorno negli esercizi al minuto. Non è dunque intieramente vero che i dazi sulle carni sono pagati nei comuni aperti in modo eguale da tutti, come scrisse l ’on. Branca, perchè pei lardi e gli strutti e più ancora per le carni salate e pre­ parate si mantiene sempre nella riscossione del re­ lativo dazio di consumo quel vizio fondamentale, che egli aveva giustamente rimproverato al metodo del forese nei comuni aperti per il dazio su tutti gli altri generi.

Per togliere quella ingiustizia, insita nel dazio fo­ rese, perchè il consumo delle carni di bestie ma­ cellate sia davvero un titolo di imposta, a cui non possa sfuggire nessuno dei consumatori di quelle carni, fa mestieri di ricorrere al dazio riscosso u n i­ camente col metodo delle tasse di fabbricazione o produzione.

I macelli pubblici, a base di monopolio m unici­ pale, e quelli liberi degli esercenti non sono forse veri stabilimenti di produzione della carne fresca di certe specie di animali ? E anche l ’atto singolo della macellazione di un capretto o di una porchetta da latte che un piccolo proprietario fa per uso parti­ colare della famiglia, non è forse anch’ esso un atto di produzione di carne fresca, ovina o suina ?

Questa industria, questo lavoro della macellazione, anche quando non è monopolizzata dai m unicipi col

pretesto del così detto Servizio pubblico, consente, richiede anzi, particolari discipline di vigilanza igie­ nica, che è il vero campo di competenza delle au­ torità municipali in questa materia della alimenta­ zione cittadina: una industria sorvegliata razional­ mente per giusti motivi di polizia sanitaria è poi, per ciò solo, un terreno meno diffìcile all’ esercizio an­ che dell’ azione fiscale, se quella industria offre la materia agli accertamenti e alle relative riscossioni: e questo è proprio il caso della macellazione degli animali.

Con un lievissimo sacrificio lo Stato potrebbe e dovrebbe, dunque, per sè e per i comuni abolire in ­ nanzi tutto nella tariffa dei dazi interni di consumo le voci del lardo e strutto, delle carni salale o in­ saccate, cotte o preparate e delle carni fresche già macellate; e dovrebbe, con una leggina, ordinare che per le carni di animali da macello il dazio interno di consumo, governativo e addizionale comunale, non si riscuota altrimenti che nel luogo della macella­ zione e a ll’atto della macellazione.

Con ciò scomparirebbe, rispetto alla imposta sul consumo delle carni, la distinzione fra comuni chiusi e aperti, e tutti i comuni sarebbero davvero aperti, perchè non vi sarebbe più bisogno di barriere nè di linee daziarie qualsiansi e in nessun luogo, e perchè ogni macello, grande o piccolo, pubblico o munici­ pale o privato, sarebbe considerato e trattato come stabilimento di fabbrica delle carni fresche, con di­ scipline fiscali analoghe a quelle con cui sono trat­ tati gli stabilimenti per la fabbricazione degli alcool o dei liquori, dei fiammiferi o del gas. Con tale re­ gime diventerebbe vero in diritto e sopratutto di­ venterebbe una verità di fatto, che il dazio interno di consumo delle carni, quale è voluto dalla legge, vien pagato effettivamente e intieramente da tutti i consumatori senza distinzione di ricchi e meno ricchi.

Che se a questa piccola riforma daziaria seguis­ sero poche ma buone discipline legislative per la circolazione delle carni fresche macellale, la quale, coi mezzi odierni di rapido trasporto, deve essere impedita o vincolata il meno possibile e soltanto per le vere necessità pratiche dell’ igiene generale e deve essere sottratta a certi divieti, ingiusti, illegali e dan­ nosi, che oggi sindaci e giunte si permettono troppo spesso, e per motivi i quali sono più sovente o pre­ testi, o frasi fatte, o spedienti piccini di malsano pro­ tezionismo locale ; se queste discipline si sapessero mettere presto insieme e se il Governo sapesse farle applicare senza eccessi di regolamenti e di minute pedanterie, le imposte sul consumo della carne si avvierebbero a un assetto m igliore del presente; non saremmo all’ abolizione, che è e deve rimanere un vivo e giusto desideratum dopo 1’ abolizione d’ ogni dazio suì pane, ma avremmo una tassazione delle carni meno confusa, più semplice, più sicura.

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18 settembre 1898

L’ E C O N O M I S T A

Come abbiamo detto, ricordando il macinato e

trattando della cottura del pane, che le imposte di produzione o fabbricazione sono tributi di Stato e non tributi locali, così adesso, per la tassa di con­ sumo delle carni, riscossa soltanto all’ atto o per l’atto della macellazione delle bestie, ci si obietterà cbe noi vogliamo mantenere il dazio come imposta locale, s i­ stemandola però con le forme di imposta di Stato.

Non respingiamo l’operazione, diciamo però su­ bito cbe veramente si deve arrivare, compensando i dazi addizionali ai comuni, alle imposte di Stato per la macellazione e vi si deve giungere in modo completo, disinteressandone i comuni per potere poi applicare una tariffa unica, eguale dappertutto; e questa tariffa potrà e dovrà bensì distinguere le d i­ verse specie di bestie soggette a tassa di macella­ zione, ma per ogni singolo capo della stessa specie dovrà applicare una aliquota eguale in tutto il ter­ ritorio nazionale, senza differenza da comune a co­ mune per ragion di popolazione e senza la distin­ zione dei comuni in varie classi, come si fa oggi pei dazi interni.

Non è egli vero che la produzione di un quin­ tale di farina di grano pagava, un tempo, due lire al mulino, qualunque fosse poi la sua destinazione, e sia che andasse in una città a trasformarsi in paste, dolci o panettoni, sia che venisse adoperata da un prestinaio di campagna per farne tanto pane sem ­ plice per gli abitanti del luogo e di qualche comu- nello contiguo ?

Non è egualmente vero che oggi un ettolitro di birra o di alcool di una determinata gradazione, un ettolitro di acqua gasosa, un chilogramma di cico­ ria preparata o di glucosio, un metro cubo di gas 0 una scatola di fiammiferi di un dato modello, che sono tutte materie di consumo, pagano, nel mo­ mento in cui sono prodotte, una tassa fissa unica secondo la propria tariffa, dovunque avvenga la fab­ bricazione e dovunque vadano poi tali prodotti ad essere consumati?

Alla stessa stregua si dovrebbe trattare l ’ imposta pel consumo delle carni, voltachè si ammetta la con­ venienza di colpirle soltanto al momento in cui sono prodotte, cioè agli stabilimenti di fabbrica che sono 1 macelli, grandi o piccoli, pubblici, municipali o de­ gli esercenti, o anche di privati per proprio uso particolare.

Per le leggi vigenti però siamo ancora mollo lon­ tani da un simile stato di^cose, perchè oggi la stessa bestia da macello, un bue per e s ., paga quattro dazi governativi diversi, cioè o 40, o 50, o 25, o 20 lire, secondo che è introdotto e macellato in una città da oltre cinquantamila abitanti, o tra venti o cinquan­ tamila, o tra otto e ventimila, oppure con meno di ottomila abitanti.

Per avviarci a togliere queste diversità e portarci meno lontani dalla trasformazione netta e decisa del dazio interno locale in tassa unica di Stato per la macellazione, si dovrebbe, a nostro avviso, comin­ ciare a ridurre da quattro a due i gradi delle ta­ riffe attuali, sopprimendo per questa tassa sulle carni le misure della prima e della quarta classe, concentrandole nelle due intermedie. Così, per esem­ pio, per i bovini si ridurrebbe a 50 lire per capo la tassa di macellazione o di barriera dove oggi è a 40 lire, e si aumenterebbe a 25 dove adesso'è a sole 20 lire.

Questo sarebbe un primo passo. Data poi la

con-599

versione del dazio consumo interno in tassa e s clu ­ siva di Stato per la macellazione, e disinteressati i comuni con quegli equi compensi che non si pos­ sono negare senza patente ingiustizia, non tarderebbe a rendersi evidente la necessità di attivare con quella trasformazione anche la tariffa unica.

L ’on. Branca, nel più volte citato suo ultimo pro­ getto del 16 giugno, aveva introdotto un articolo, pel quale era data facoltà ai comuni aperti abbonati di quarta classe di alzare la tariffa dei vini e del­ l’ aceto alla misura dei comuni di terza classe. Nella mente del Ministro proponente questo aumento di tariffa era forse offerto ai piccoli comuni in compenso della riduzione del dazio comunale sul pane a non più di due centesimi il chilogramma. Intanto però quella disposizione, se approvata, toglieva via un pò di quella eccessiva varietà di tariffe, la quale è un altro dei molti malanni regalatici con l’ordinamento dei dazi interni di consumo per le leggi del 1864, del 1866 e del 1870, senza che dopo non sia mai stato fatto nulla durante ventott’anni e fino alla legge dello scorso luglio per correggere quell’ impianto dei dazi, così affrettato e così difettoso.

Ora a noi pare molto giusta e molto utile l’ idea dell’on. Branca di preparare, non già 1’ unità delle tariffe, ma almeno una riduzione nel numero dei gradi delle stesse ; e poiché abbiam potuto dimo­ strare che quella riduzione sarebbe presto e facil­ mente attuata nelle tariffe per le carni, quando l’ im­ posta pel consumo di questo alimento fosse frasfor­ mata prettamente da dazio di barriera o di minuta vendita in tassa di macellazione, crediamo di sugge­ rire una buona misura consigliando la concentra­ zione delle quattro attuali tariffe sui dazi sulle bestie da macello nelle due intermedie soltanto.

’ (Continua) A . G.

N O T E E D A P P U N T I

I l fisco e le opere pie. — Nel recente Congresso

di rappresentanti delle Opere Pie, tenutosi a Torino, l’on. Piero Lucca ha sollevata una questione molto importante, per quanto non nuova, che però - contro la consuetudine dei Congressi, i quali in genere ap­ provano tutto ciò che vien loro proposto - non ha incontrata la approvazione della maggioranza della Assemblea.

_ Come è noto, in Italia il fìsco inesorabilmente col­ pisce con tutto il peso di imposte e tasse che sono vigenti, ed anche colla tassa non lieve di manomorta, il patrimonio delle Opere Pie, anche quando detto patrimonio sia destinato a sollevare le miserie delle classi diseredate.

Questa falcidia del patrimonio dei poveri va a van­ taggio di quello stesso bilancio dello Stato, nel quale si inscrivono poi a titolo di beneficenza ordinaria delle somme talvolta notevoli.

So mai occorresse dimostrare la mancanza di un sicuro criterio o di un indirizzo moderno nel sistema tributario italiano, questo fatto sarebbe di per sè sufficiente : Tizio lascia una somma di 1000 lire ai poveri e viene il fisco a pretenderne 200 circa ; Tizio lascia una rendita ai poveri e viene il fisco a pren­ dersene circa un terzo ogni anno. E ’ già una prova di Governo poco illuminato il fatto che lo Stato per

mezzo del fisco venga a falcidiare le donazioni od i

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ap-600

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propriarsi, una fonte di incremento della istruzione che in altri paesi, specie in questi ultimi anni, è diventata ricchissima. Ma siamo ancora in tali scarse condizioni di civiltà, che le spese per la istruzione si calcolano spese di lusso, e quindi da questo aspetto relativo, il fatto si può anche spiegare; che però lo erario si prenda una quota cospicua del capitale o delle rendite che sono lasciate o donate ai poveri, è cosa contraila evidentemente ad ogni buon criterio fiscale.

Bene fece quindi l’on. Piero Lucca a sollevare la I questione, e bene ancora egli opera, se, malgrado il voto contrario del Congresso, dichiara in una lettera alla Stampa di Torino, di non sentirsi vincolato dal

voto del Congresso stesso.

Ecco un brano della sua lettera :

« Io quindi, pur rispettando il voto della maggio­ ranza del Congresso, non intendo considerarmi dal medesimo in alcuna maniera vincolato. Dal principio di quest’anno io presiedo l’ Amministrazione di due Opere Pie. insieme dotate di un reddito di circa sei­ cento mila lire, delle quali oltre centomila sono ogni

anno cnofiscate dalle imposte e dalle tasse; ora, pen­ sando alla maggior somma di bene che si potrebbe fare se quelle centomila lire non fossero distratte dalla

loro umanitaria destinazione, con immutabile con­ vincimento di far opera di giustizia, continuerò, an­ che solo, a lottare per la mia tesi, e contro la deli­ berazione del Congresso.

« Ma non sarò solo, perchè mi sorregge la fede che le classi dirigenti comprenderanno come, prima di pretendere diminuzione di aggravi fiscali a favore della proprietà privata, sarà opera di savia politica e di previdente giustizia sociale chiederle e volerle a favore del patrimonio della beneficenza. E che con­ verrà chiederle con insistenza [tìntanto che la con­ cessione può ancora significare la generosa manife­ stazione di un illuminato pensiero di fraternità so-sciale, non aspettando che la concessione debba si­ gnificare soltanto l’espressione della paura.

« Se, come lo stesso mio contradittore ammette, e per questo lo ringrazio, la mia proposta racchiude santi e generosi propositi, essa malgrado il voto con­

trario del Congresso, è destinata a trionfare. E quando Parlamento e Governo, uniformandosi a tali propo­ siti, inizieranno la riforma della legislazione tribu­ taria per modo che il patrimonio della beneficenza sia mano mano liberato dagli aggravi che tanta parte ne confiscano, allora davvero, poiché il mio eoutradittore opportunamente ricorda le auguste pa­ role, il benessere degli umili sarà la gloria dei no­ stri tempi».

Occorrerà certo molto tempo perchè il concetto dell’ on. Lucca trionfi; ma se mai, è questa una prova di più della giustezza sua. Questo mondo, che si regge ancora sulle vecchie idee, non ha capito che è stol­ tezza governare colle, masse contro le masse.; — o senza

le masse o p er le masse.

Rivista Economica

I debiti pubblici dell’Europa e degli Stati UnitiGii

istituti di previdenza per gli emigrantiIl tra­

sporto delle derrate alimentari italiane all'estero.

I debiti pubblici dell’ Europa e degli Stati Uniti. — Le nuove spese bilanciate constatale fra

il 1875 e il 1897 non sono state tutte coperte da nuove imposte, poiché il debito complessivo dell’ E u ­ ropa a queste due date prova che il capitale che lo rappresenta è aumeniato di quasi 52 m iliardi di lire. Nella valutazione che ne fa Ed. Théry, non tiene

calcolo però che del Debito sonsolidato negoziabile, trascurando il debito fluttuante, le annualità e gli impegni particolari a ciascuno Stato. Eccone la d i­

mostrazione : Debito pubblico Differenza nel Media per abitante D if fe re n z a n el ' i " 187 5 1897 1 1897 1875 1897 1897 (milioni di lire) (lire)

Franela...120,241 26, 133 4" 5, 892 561 678 + 117 Germania. . . 3,804 15, 752, + 11,948 92 301 + 209 Austr.-Ungh. 9,454 13,972 + 4,518 263 321 + 58 Belgio... 1,127 2,309 + 1, 182 214 355 + 141 Bulgaria. . . . 170 + 170 — 51 + 51 Danimarca. . 297 277 20 158 119 — 39 Spagna... 10,244 6,7683,476 608 385 — 223 Gran B re tt.. 19,384 16,0193, 365 535 402 — 183 Grecia... 430 553 + 123 295 228 — 67 Italia... 9, 884 12,935 + 3,051 368 413 + 45 Lussemburgo 12 12 60 55 — 5 Paesi B assi.. 1,967 •2, 384 317 522 46359 Portogallo . . 2,145 3,718 + 1,573 475 736 + 261 Rumania.. .. 532 1,240 + 7u8 118 222 -|- 104 Russia... 6, 630 16,277 -t- 9,647 92 157 4- 65 Finlandia. .. 65 86 21 35 33 — 2 Serbia...408 + 408173 4- 173 Svezia... 181 403 + 222 42 81 + 39 Norvegia . .. 53 249 + 166 30 106 4- 76 Svizzera . . . . 31 81 + 50 11 26 4- 15 Turchia . . . . 4, 929 3,468 1,461 580 596 -+ 16 T o tale.. . 91,410 123, 084 + 3 1 ,6 7 4 301 353 + 52 Stati U n iti.. 10,967 9,082 — 1,885 286 127 — 154

Fra il 1875 e il 1897 ¡1 debito pubblico nego­ ziabile di ventun Stati d’ Europa è aumentato di 51,67-4 milioni di lire, ossia oltre il 34 0|0 del capi­ tale del 1875. Abbiamo visto che le spese iscritte nei bilanci avevano esse pure progredito del 47 0|0 nello stesso periodo.

Ma l ’ aumento del debito europeo avrebbe toccato quasi 40 miliardi, se la Turchia dopo il 1875 e la Spagna nel 1882 non avessero mancalo ai loro im­ pegni.

Anche il Portogallo e la Grecia hanno compito delle conversioni forzate sull’ interesse del loro de­ bito pubblico, ma finora, almeno, il capitale nomi­ nale non ne è stato ridotto. Eguale osservazione può farsi per la Serbia che nel 1895 ha operato una conversione forzata, meno onerosa pei creditori di quelle del Portogallo e della Grecia, unificando e riducendo dal 5 al 4 0|0 l’ interesse de’ suoi vari prestiti.

L ’ Inghilterra e la Danimarca sono i soli paesi d’ Europa il cui debito sia diminuito in seguito a regolari ammortamenti : di 3365 milioni per l’In­ ghilterra, ossia una media annua di 153 milioni, e di 20 milioni per la Danimarca, ossia 909,000 lire in media per anno.

I cinque Stati europei che hanno maggiormente aumentato il loro debito pubblico sono: la Germa­ nia (11,948 m ilioni); la Russia (9,647 milioni); la Francia (5,892 m ilioni); l’Austria-Ungheria (4,518 milioni) e l’ Italia (3,031 m ilioni).

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L’ E C O N O M I S T A

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della difesa nazionale. Una grossa parte è stata im­

piegata nel riscattare o nel costruire ferrovie, in mi­ gliorameli di strade, canali ece. e per l’ Italia, l’A u ­ stria e la Russia, anche per regolarizzare la loro valuta rispettiva.

G li Stati Uniti hanno ridotto nel frattempo il loro Debito pubblico di 1883 milioni di lire, ma gli am­ mortamenti sono cessati dopo il 1893, da quest'epoca in poi, gli enormi disavanzi constatati nei loro bi­ lanci annuali, li hanno ricondotti al sistema dei pre­ stiti annui.

Durante l’ esercizio 1891-92, il Tesoro aveva an­ cora potuto rimborsare 40,570,168 dollari di debiti, portanti interesse, ma fra il 1° gennaio 1891 e il 1° gennaio 1897, si è dovuto contrarre per dol­ lari 262,315,400 dollari di nuovi prestiti.

Il quadro seguente presenta il totale del debito pubblico americano portante interesse dal 1870 al 1896:

Capitale Interessi Capitale In ter. (Migliaia di dollari). 1870 2,046,455 118,784 1884 1,226,563 47,926 1871 1,934,696 111,949 1885 1,196,150 47,014 1872 1,814,794 103,988 1886 1,146,014 45,510 1873 1,710,483 98,049 1887 1,021,692 41,T80 1874 1,738,930 98,796 1888 950,522 38,991 1875 1,722,676 96,855 1889 829,853 33,752 1876 1,710,685 96,604 1890 725,313 29,417 1877 1,711.888 96 160 1891 610,529 23,615 1878 1,794,735 94,654 1892 585,029 22,893 1879 1,797,643 83,773 1893 585,037 22,894 1880 1,723,993 79,633 1894 635,041 25,394 1881 1,639,567 75,018 1895 716,802 29,140 1882 1883 1,463,810 1,378,229 57,36051,436 1896 ) 1897 S 847,363 35,021

Senonchè al debito fruttifero bisogna aggiungere l’ ammontare dei biglietti emessi dagli Stati Uniti nel 1861, 1862 e 1863, i certificati d’ argento e d’ oro che circolano come biglietti di Banca, ¡b ig lietti del Tesoro, il cui totale riunito al Debito consolidato, porta il debito pubblico americano alla cifra di 1816 milioni di dollari, ossia 9082 milioni di lire nel 1897.

Bisogna però notare che di fronte al passivo rap­ presentato dal debito rimborsabile senza interessi, il Tesoro americano dispone di un attivo che il se­ gretario delle finanze calcola a 853,798,468 dollari al 31 marzo 1898, ciò che ridurrebbe il passivo esigibile a 161,339,340 dollari. Però perchè il ca l­ colo sia esatto bisogna ammettere il rimborso in da­ naro dei greenhacks e dei silver certifìcates, che il Tesoro continua a pagare a vista in oro.

Dopo il 31 marzo il Congresso ha votato un p re ­ stilo di 2 miliardi di lire, di cui la metti realizza­ bile immediatamente e I’ altra metà da emettere in frazioni a seconda dei bisogni del Tesoro. Inoltre è stato deciso che si conierebbero e metterebbero in circolazione 1,500,000 dollari d’argento per mese da prelevarsi sull’ attivo del Tesoro.

È il primo risultalo della vittoria riportata sulla Spagna.

Fra il 1875 e il 1897 la media del debito per abitante d’ Europa si è elevata da 301 a 353 lire. Nello stesso tempo gli Stati Uniti, al riparo delle necessità politiche che spingevano l’ Europa ai pre ­ stiti, hanno potuto, in virtù di 1885 milioni di am­ mortamenti e dell’ aumento prodigioso della popola­ zione, far discendere la media del debito per abitante da 281 a 127 lire.

G li americani però possono salutare questa ultima cifra, che non rivedranno più per molto tempo. Fra qualche anno i contribuenti americani non avranno nulla da invidiare ai loro confratelli della vecchia Europa.

Gli istituti di previdenza per gli emigranti. —

Ormai la questione dell'emigrazione comincia ad es­ sere compresa anche in Italia. La così detta piaga, che si è ripetuta per tanto tempo come il ritornello di una vecchia canzone, è stata messa a dormire, e la emigrazione si considera ormai per quello che è, un diritto cioè esercitato dal cittadino, a benefìcio e sollievo di un paese che, come il nostro, presenta attualmente i caratteri, sia pure transitori, dello squi­ librio economico.

Mentre dunque l’ opinione pubblica e il governo si preoccupano dell’ emigrazione, sotto un punto di vista più pratico e più utile, che non sia quello di cercare i modi di impedirla, ci sembra opportuno di seguire, come sempre abbiamo fatto finora, ciò che hanno fatto e fanno gli altri popoli in questa materia.

La recente pubblicazione del Cerboni, di cui ci siamo non è molto occupati, ci mette sott’ occhio i risultati di alcuni istituti di previdenza tedeschi ed inglesi che funzionano da mollissimi anni a favore j dei rispettivi emigranti.

La Società di Patronato degli emigranti dai porti di Germania ai porti dell’ America del Nord, ha as­ sicurato e continua ad assicurare la sorte dei suoi connazionali in quelle regioni.

Questa Società funziona come ufficio di informa­ zioni e di collocamento degli emigranti tedeschi. Da notizie a chiunque vi ricorre, si mantiene con essi in corrispondenza, diffonde manuali con istruzioni utili, così nei centri principali da cui si emigra per gli Stati Uniti del Nord, come dovunque gli im m i­ granti si sono stabiliti: pensa a trovare loro una occupazione, li dirige dove meglio convenga, a se­ conda del sesso, dell’ età e delle condizioni; ne eser­ cita la tutela legale contro le ingiustizie eventuali dei proprietari e degli intraprenditori.

E non è tutto. Ha ancora un dipartimento ban­ cario, che è cassa di risparmio, ufficio di cambio di monete, di trasmissione di qualunque somma fuori e dentro gli Stali Uniti, di acquisto di biglietti di viaggio ecc.

Infine è ufficio di carità ospitaliera, ricovero di­ spensa di medicinali, assistenza di medici.

Si capisce che una tale istituzione abbia trovato un donatore che le diede in una so! volta centomila lire, ed abbia contribuenti fissi fino a cento dollari all’ anno, mentre l’ Imperatore Guglielmo manda an­ nualmente un’offerta di 250 dollari ; e come altri principi e corpi locali della Germania facciano al­ trettanto, e così sia messa in grado di spendere cen­ tomila lire all’anno.

Questa Società tedesca di patronato ha mille soci e contribuzioni per 150 mila lire, ed è la provvi­ denza personificata per l’ emigrante tedesco in un paese, che, per così dire, si difonde dell’emigrazione Uguale istituzione esiste a Nuova-York anche per gli irlandesi e si chiama V lrish Em iqrant Society. Non differisce sostanzialmente dalla Società tedesca.

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L ’ E C O N O M I S T A 18 s e tte m b re 1898 Spinti dall’ esempio, anche noi facemmo un ten­

tativo a Nuova-York. Colla unione di tutte le forze locali italiane vennero creati 1 'Maliern Home ed un ospedale.

Fatto il primo passo, venne come conseguenza il riordinamento del servizio di beneficenza, d’ istru­ zione, di scuole in quella nostra colonia, ed in fine il coordinamento di tutto allo scopo principale, che è la protezione dell’ immigrante italiano,

Una sezione speciale delì’Ita'ian Home fu desti­ nata specialmente a questo scopo, ed un suo com­ messo ebbe incarico di aspettare i nostri immigranti allo sbarco, dar loro schiarimenti, indirizzi, quanto occorre sappiano in quel momento. Ove scorgessero contestazioni col commissario americano dell’ im m i­ grazione, provvedere fin dove fosse possibile.

L'ltalian Home, anche senza i mezzi potenti delle due Società straniere di patronato, si assunse il com­ pito di soccorrere, rimpatriare, patrocinare davanti ai funzionari americani la causa dei nostri emigranti. E, bisogna dirlo, seppe riparare a molte ingiustizie.

Certo che come ufficio di collocamento, non r iu ­ scì a fare ciò che compiono i due patronati tedesco ed inglese, ma è questione di risorse.

Dì "queste dispone con maggior copia la Società di S. Raffaele, nata per iniziativa di mons. Scala- brini, Vescovo di Piacenza.

Questa Società, mantenuta dai fedeli con co n tri­ buzioni annue, varianti da 5 dollari ad un quarto di dollaro, ha un ufficio di lavoro, che assiste gli immigranti, trova loro occupazione in lavori manuali e domestici, dispone di un ufficio di informazione, cambia monete, per mezzo di un proprio agente, fornisce biglietti per viaggi, ritira bagagli, pubblica ogni settimana un bollettino per informare la colonia del numero dei nuovi arrivati, dei rimandati in patria, dei trattenuti, fino a nuova verifica, degli ammalati, occupandosi con particolare interesse, dei fanciulli.

Essa si collega e si appoggia al movimento di propaganda cattolica che mette capo all’arcivescovo di Nuova-York, mons. Corrigan.®

E ’ curioso che mentre la maggiore corrente della nostra emigrazione si dirige all’America del Sud, nè al Brasile, nè all’ Argentina si sia trovato modo di dar vita ad una istituzione di previdenza sul mo­ dello di queste.

Il trasporto delle derrate alimentari italiane all’estero. — La Società esercente la Rete Adriatica

ha testé preso una disposizione lodevolissima per dare un serio impulso al commercio di esportazione degli ortaggi, frutta fresche e dello altre derrate alimen­ tari "italiane. La Società suddetta ha cioè istituito, d’accordo colle ferrovie austriache e germaniche, un treno speciale celere giornaliero da Napoli a K u f­ stein, Monaco e Berlino pel trasporto esclusivo di quelle derrate.

Il treno speciale prende a Foggia i carri in a r ­ rivo dalle province di Bari e di Lecce ; a Castella - mare Adriatico quelli provenienti dall’ Abbruzzo ; a Portocivitanova e Falconara quelli provenienti dal­ l’ Umbria e dalle Marche; a Bologna quelli prove­ nienti dalla Toscana ; in tal modo tutti i centri di produzione possono risentire un ugual beneficio.

Il provvedimento messo in vigore il 18 agosto ha ottenuto il plauso delle Camere di Commercio e dei principali esportatori," e noi non possiamo che ap­ provare ogni impulso che venga dato all’ incremento dell’ agricoltura.

Mercè questo nuovo treno vengono percorsi in 53 ore i 916 km. che intercedono fra Napoli al confine dì Ala, ed in tal modo i prodotti italiani possono giungere sui mercati esteri in ottimo stalo di conservazione, al che efficacemente contribuiscono appositi carri ottimamente aereati ed esclusivamente adibiti al trasporto delle frutta fresche. La durata del viaggio da Napoli a Monaco è di circa 60 ore, e di circa 72 fino a Berlino.

Ci auguriamo che la Società troverà nelle C a­ mere di Commercio, nei Comizi agrari e negli es­ portatori tutti quegli incoraggiamenti necessari per continuare sulla via nella quale si è messa sponta­ neamente.

LA CASSA DI RISPARMIO DI UDINE

dalla stia creazione Ano a tutto il 189?

La Direzione della Cassa di risparmio di Udine ci ha inviato un secondo opuscolo contenente l’ am­ montare delle sue operazioni dalla sua creazione fino a tutto il 1897. Lo riassumeremo brevemente.

Il movimento del risparmio nel settennio 1891-97 e nei quindici anni precedenti, cioè dalla sua isti­ tuzione che rimonta al 1876, si riassume nelle se­ guenti cifre, nelle quali è compreso anche il piccolo risparmio attivato nel 1° gennaio 1889.

salirono nel quindennio a . » » settennio a » in totale nei 22 anni a

depositi 32,459,946.15 36,951,452.76 69,411,398.91 rimborsi L . 26,843,919.06 » 34,646,292.95 L . 61,490,212.01 con un’eccedenza di depositi di . . . L . 7,9212186.90 che aumentati degli interessi capitaliz­

zati nei 22 anni i n ...» 3,336,278.46 danno un credito dei depositanti al 31

dicembre 1897 d i ... L . 11,257,465.86

I libretti accesi ed estinti e le proporzioni degli estinti sugli accesi danno i seguenti resultati :

accesi estinti

estinti su 100 aecesi quindennio . . - . . 13,940 8,676 62.24 settennio . * . . . . 12,646 10,504 76.97 totale nei 22 anni . ,. . 27,586 19,180 69.53 Resulta da altri prospetti che il risparmio il quale alla fine del 1890 era in rapporto alla popolazione, di L. 218.54- per ogni abitante con 164 libretti e depositanti per ogni 1000 abitanti, si trova alla fine del 1897 di L. 351,44 per abitante con 262 libretti per ogni 1000 abitanti.

Passeremo adesso agli investimenti.

I mutui privati, prestiti e conti correnti appari­ scono dal seguente prospetto :

31 dicembre 1890 . . . . N. 176 per L. 3,798 618.19 » 1897 . . . 227 » » 5,503,949.80 ed il loro movimento è dato dalle seguenti cifre :

(11)

18 settembre 1898

L’ E C O N O M I S T A

603

I buoni del Tesoro ammontavano :

alla fine del 1890 a ...L . 1,170,000 e alla fine del 1897 a . . . » 1,860,000 E i valori pubblici alla fine dei due periodi

1890 ... L . 1,716,561.80 1897 ... » 4,512,357.76 Le anticipazioni in conto corrente garantito se ne fecero

nel primo quindennio . . per L . 898,346.34 nel settennio . . . » » 341,182.32 a s s i e m e . ... , per L . 1,239,528.66 a 31 dicembre 1890 residuarono in N. 5 per L . 175,210. 50

1897 » » 12 » » 286,092.19 Le cambiali ebbero il seguente movimento:

scontate estinte

settennio

numero imp rto numero importo 3183 f-' I. 10,398,910.41 3110 L . 10,120,736.41 I O CO 1 6,056,353.03 2877 . 4,862.358.43 6255 L. 16,455,263.44 5987 L. 15,983,094.84 assieme

rimaste in portafoglio al 31 dicembre 1890 N. 73 per L . 278,174. — » » » » 1897 » 268 » 472,168.60 I depositi in conto corrente presso banche, resul­ tano come segue :

Ritiri Versementi nel quindennio. L. 7,017,549.14 nel seltennio . » 15,034,678.85 Totale . 6,966,517.35 15,016,208.28 21,982,725.63 L . 22,052,227.99

La situazione alla fine dei due periodi era la se­ guente :

A t t i v i t à al 31 dicembre <890 L. 8,728,409.04 > » . 1897 » 16,957,549.36 P a s s i v i t à al 31 dicembre 1890 L , 8,178,494.30

» • ♦ 1897 » 15,821,963.64 Alla fine del 1° periodo il patrimonio ascendeva a L. 540,914.74 e alla fine del “2» a L . 835,585.72 più L . 300,000 costituenti il fondo per le oscilla­ zioni dei valori.

G li utili netti complessivi nel settennio furono di L. 643,824.49 e nei primi 15 anni di L , 597,157.14 e nei 22 anni di esistenza di L . 1,240,981.63.

Rapporti commerciali fra l'Inghilterra e le sue colonie

Il governo inglese ha pubblicato un libro bleu sui rapporti commerciali fra il Regno Unito e le sue Colonie. Questo documento conferma il dispac­ cio inviato da M. Chamberlain ai governatori a r i­ guardo del commercio imperiale e della concor­ renza estera, ed è seguito dalle risposte dei gover­ natori e preceduto da un memorandum di M. G. Harris, membro del Colonial Office che fa il rias­ sunto e l’ analisi succinto di quelle risposte. A lcu n i prospetti statistici fanno infine conoscere il valore delle importazioni in ciascuna colonia colpita dalla concorrenza estera, come pure i movimenti di quella concorrenza durante g li ultim i anni.

Ècco il riassunto di quei prospetti escluse le cifre dell’ India :

1884 1889 1894 in Lire sterline Valore delle importazioni di

ogni provenienza . . . . 58.063.296 56-490.249 49.911.872 Valore delle importazioni da

paesi e s t e r i ... 14.926.086 15.717.021 15.912.822 Proporzione percentuale delle

importazioni estere. . . . 25.71 26.82 31.88 Il valore totaledel com­

mercio delle Colonie per gli stessi anni è stalo il seguente:

Valore delle importazioni di

ogni provenienza... 138.026.251 152 287 064 139.804.345 Valore delle importazioni di

paesi esteri... 35.633.701 37.356.828 44-040.049 Percentuale delle importazioni

estere... 25 79 24.57 31.50 li seguente prospetto dà il valore medio del com­ mercio di importazione delle colonie per il periodo di tre annate, fra le quali sono state prese come base di apprezzamento i tre seguenti esercizi :

Importazioni alle Colonie.

Regno Possessi Paesi Importaz. Anni Unito Britannici esteri totali 1 8 8 3. . . . L. st. 65.409 38/792 35. 800 140. 002 1 8 8 4. . . . » 69. 192 39. 200 35. 663 138. 026 1 8 8 5. . . . » 59.473 39. 256 37. 038 135. 768 M e d ie .. . » 62. 191 39. 083 36.157 137. 599 1 8 8 8. . . . » 58. 864 44. I l i 36. 850 139. 826 1 8 8 9. . . . » 64.454 50. 475 37. 356 152. 287 1 8 9 0. . . . » 60. 079 48. 269 39. 742 148.171 M a d ie . . . => 61.126 47. 618 37. 983 146. 728 1 8 9 3. . . . . » 56. 244 43.179 39. 932 139. 356 1 8 9 4. . . . » 53. 719 42. 045 44. 040 139. 804 1 8 9 5. . . .

8

59. 565 43. 274 44. 060 146. 899 M edie. . . » 56. 509 42. 832 42. 677 142. 020 Resulta da questo prospetto che le 1:re annate prese come tipo, danno esattamente la media delle importazioni durante il periodo triennale corrispon­ dente.

Il memorandum di M. Harris termina con le se­ guenti considerazioni:

Per la migliore classe dei prodotti, e dal punto di vista della qualità di questi articoli, il manifattu­ riere inglese tiene ancora il supremo rango. Fanno eccezione a questa regola le macchine e la fabbri­ cazione di utensili e di strumenti di certi modelli che sono importati dagli Stati Uniti, ma che talvolta il Canada rivalizza a queslo riguardo felicemente con essi.

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