L’ ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A T I
Suoli
XXV - Voi. XXIX
Domenica 25 Dicembre 1898
N. 1286
PROVVEDIM ENTI DI FIN AN ZA ”
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.Sebbene quanto fu detto alla Camera nella discus sione del bilancio dell’ Interno lasci credere ebe i provvedimenti finanziari presentati dal Ministero non abbiano ad essere discussi quali furono presentati, terminiamo il breve esame che ci siamo proposti, dicendo qualche cosa sul progetto di legge che r i guarda il « riordinamento della tassa sui contratti di Borsa ».
Non occorre nemmeno dire che anche questo d i segno di legge è il riconoscimento degli errori com messi nelle precedenti disposizioni legislative; errori che riguardavano, sia il giudizio che si emetteva sui contraili di Borsa in genere, sia la entità della tassa colla quale questi contratti si volevano colpire.
11 legislatore si è fatto vincere dal pregiudizio che i contralti di Borsa sieno qualche cosa di immo rale e di biasimevole, seguendo in ciò il pregiudizio del volgo che si lascia consigliare dalla apparenza dei fattf o che da alcuni fatti straordinari passa, senza riflessione, a giudizi generali. Fortunatamente sembra che, in parte almeno, il buon senso abbia preso il sopravvento e, nel progetto di legge che esaminiamo, i coniratti di Borsa sono ritenuti come materia im ponibile e nulla più. E in ciò, non solo non vi è nulla da dire, ma riteniamo che tutti convengano che debba contribuire alla entrata dello Stato anche questa forma rapida e semplice di passaggio della proprietà mobiliare.
Ancora si potrebbe domandare se non sia rimasuglio di pregiudizio il dichiarare im ponibili « i contratti a termine, nonché quelli a contanti, essendo questo lo intendimento della proposta, di colpire cioè quelle operazioni soltanto che rappresentano una vera e propria speculazione di Borsa ». Crediamo che l’ono revole Ministro delle Finanze sarebbe molto imba razzato a dimostrare come e perchè i contratti a contanti su valori o recapiti di cambio non siano vere e proprie speculazioni di Borsa, se speculare sui valori vuol dire cercare di comprare a buon mercato per vender caro, e vender caro per ricom prare a buon mercato.
Comunque sia, è da lodarsi il concetto del disegno di legge che, abbandonata la idea di frenare la Borsa colle alte tasse, ha cercato invece di far contribuire anche le operazioni dì Borsa ai carichi dello Stato, *)
colpendole in una misura ragionevole, in cambio della proiezione che la legge accorderebbe ai contratti ; stessi, di avere pieno effetto giuridico.
Il sistema dei foglietti a madre e figlia proposto dal Ministro è accettabile ; e ci pare non debba es sere gravoso per gli speculatori se, come è a spe rarsi, il regolamento non sarà troppo prodigo di for malità. I foglietti sono di due specie: da centesimi dieci per i contratti a contanti, e da centesimi 15 per i contratti a termine e di riporto; e tale misura della tassa ci sembra non eccessiva e quindi appli cabile con efficacia.
Quello però che non pare a noi possa essere man tenuto utilmente è I’ art. 17 del disegno di legge, che assoggetta ad una tassa speciale di 5 centesimi per ogni mille lire del prezzo convenuto e per ogni quindici giorni della durata di ciascuna operazione, i contratti di riporto e gli altri contratti a termine e le relative rinnovazioni e proroghe.
Prima di tutto è strano il termine di 15 giorni in una legge sui contratti delle borse italiane, men tre si sa che da noi le liquidazioni dei contratti a termine sono mensili, e quindi il limite quindici- naie non ha ragione di essere e tanto vale mettere una tassa di centesimi 10 al mese. Secondariamente, la tassa è troppo gravosa e non potrà , essere per cepita, così che i negoziatori correranno l’alea della buona fede piuttosto che accettare a patto così caro la protezione della legge.
Chi conosca quanto sono facili ordinariamente le condizioni dei riporti, quanto piccola, appunto per questo, sia la commissione che il banchiere può ot tenere per tali operazioni, non può non vedere che una tassa di cinque centesimi ogni quindici giorni, costituisce per gli stessi titoli un aggravio di 60 cen tesimi l’ anno per ogni mille lire, ed è un aggravio evidentemente sproporzionato.
Val meglio senza dubbio aumentare alquanto la tassa fissa, abbandonando il concetto della propor zionalità al valore ; o se si vuol proprio in qualche modo colpire anche la entità della operazione, piut tosto che proporzionare la tassa al valore varrebbe meglio tassare in ragione del numero dei titoli che j sono oggetto del riporto e che vanno inscritti nel bordereau. Una sopratassa leggera ogni 20 ed an che 25 titoli potrebbe essere dai banchieri e me diatori facilmente sopportata.
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descriversi nel bordereau fossero più di venti o più di quaranta.
Con questa lieve menda crediamo che il disegno di legge possa essere approvato con sicurezza ohe gli operatori di Borsa si assoggetteranno veramente alle disposizioni contenute e l’erario ne ricaverà un van taggio maggiore di quello che non abbia ricavato sin qui dalle troppo gravi imposizioni colle quali ha voluto colpire i contratti di Borsa.
I PROIVEDÌIEITI F U I E I SISTEMI DI LUCE
La forte ostilità con cui sono stati accolti i prov vedimenti finanziari nella parte che riguarda il gas- luce, I’ energia elettrica e 1’ acetilene, non fu a parer nostro mai tanto giustificata e ragionevole; onde, nonostante sembri che il Ministero med simo si sia accorto dei gravi errori, stimiamo opera savia farne un breve esame.
Premesso che anche noi riteniamo, come leggesi nella Relazione che accompagna il progetto di legge 13 giugno 1895 per una tassa sul gas e sulla elet tricità, che in materia di luce il criterio « più r a zionale e pratico » è quello « che le tasse unita rie abbiano a gravare in ugual misura sull' unità di effetto utile » e noi, per maggior chiarezza, ag giungiamo, comunque ottenuta,esaminiamo in quale rapporto stanno di fatto le tasse proposte di L . 0.03 per metro cubo di gas luce, di L. 0.01 per etto watt-ora e di L . 30 per quintale di carburo di calcio, rispetto alla stessi unità di effetto utile.
Un metro cubo di gas carbone sviluppa 100 can dele decimali orarie in becchi a farfalla ; ma nel beccuccio Auer, ultimo tipo, soli 20 litri producono mediante l’ incandescenza della ben nota reticella, 10 candele decimali orarie: ne consegue che, rife rendoci ai resultati ottenuti col becco Auer, il quale si è ormai pressoché completamente sostituito a qual siasi altro, 1 metro cubo di gas carbone è capace di 500 candele 1 *).
Ma siccome, per verità, la potenza luminosa in i ziale della reticella diminuisce progressivamente, ab basseremo il potere luminoso di 1 metro cubo a candele 400 per una durata media della reticella di ore 600.
Quanto alla luce elettrica, noteremo che oggi si hanno 10 candele con 30 Watts, nel sistema a in candescenza e con soli 7 Watts nelle lampade ad arco, compreso il dispendio dell’ energia nel vincere le resistenze indispensabili, almeno finora, al loro funzionamento. Ma poiché le lampade ad arco, onde la loro luce ben si diffonda, hanno bisogno di globi che assorbono dal 25 al 50 per cento di luce, cal colando il 30 per cento, anziché il 25, per com prendere in essa perdila il costo, d’ altronde oggi minimo, della manutenzione dei carboni, i 7 W aùs danno sole 7 candele di effetto utile, e quindi per 10 Watts si hanno 10 candele. Computando che la metà della intensitàluminosa svolta con la corrente elettrica sia utilizzata con lampade ad arco, si po trà valutare per 10 candele un dispendio medio l) Per candela intendiamo sempre quella decimale oraria.
di — 20 W atts; cioè con 1 etto-watt-ora si hanno 50 candele.
Per ciò che riguarda il carburo di calcio osserve remo che 1 kg. di esso, quale ci è dato dall’ indu stria, ha il titolo medio del 86 per cento di carburo di calcio puro, cioè sviluppa in media 300 litri di acetilene, rendimento che rappresenta già quasi I’ optimum industrialmente raggiungibile, differendo di poco da quello teorico che è di litri 341 a 0° e a 760 mm. di pressione. Ma siccome noi dobbiamo riferirci all’unità di effetto utile e la tassa di L. 30 grava sul carburo di calcio e non sul consumo ef fettivo del gas, dai litri 300 devesi dedurre un 10 per cento fra impurezze, assorbimenti, fughe inevi tabili nei gassogeni e nelle tubazioni, detriti del carburo formatisi nel doverlo spezzare, nel trasporto, e che vanno perduti in gran parte ; non senza tra scurare le perdite in gas per la grande e ben nota igroscopicità del carburo. Così i litri 300 riduconsi a 270 e poiché nelle m igliori condizioni di combu stione 1 litro d’ acetilene può dare, al massimo, can dele 1 */„ l’ effetto utile di 1 kg. di carburo di calcio è di candele 270 X 1.25 = 337.
Se non che su queste 337 candele non grava in realtà la tassa di L . 30, bensì quella di L . 34.41. Infatti il carburo di calcio essendo prodotto dai forni elettrici, 1 kg. di esso, per formarsi, assorbe circa 3140 calorie. Ora poiché 635 calorie sono 1’ equi valente calorifico di 1 cavallo-ora e quindi di 736 Watts, le 3140 calorie corrispondono a kilo-watt-ora 3.68. Ma questo è calcolo teorico di termochimica, il quale fa astrazione delle perdite per radiazione e per altre cause molteplici che in pratica sono for tissime, circa il 30 per cento ; d’ altra parte, poiché il rendimento della installazione elettrica, in buone condizioni, è del 80 per cento, ne consegue che oc corre aggiungere ai kw H 3.68 teorici un 50 per cento, il che eleva la cifra a ben 5.52 kw H per 1 kg. di carburo di calcio, i quali in base alla tassa di L. 0,008 per kw H , impiegato a scopo di riscal damento, importano 5.52 X L . 0,008 L . 0,0441 cioè L. 4.41 per quintale prodotto, che aggiunte alle L . 30 fanno appunto L. 34.41.
Rammentando ora che un m3 di gas luce pro duce 400 candele, 1 E tlw H 50, 1 kg. di carburo di calcio 337 e che le tasse. proposte sono rispetti vamente di L . 0.05; L. 0.01 ; L. 0.34, si ha che 1000 candele a gas carbone sarebbero tassate :
T 0.05 X 1000 r 0.5
L ' ---- 40Ò— = L -~ r = L -0-125 1000 candele elettriche sarebbero tassate:
o-oi x
1000
L.
50 ■ = L 0.0! X 20 = L .O 20
1000 candele a gas acetilene sarebbero tassate
T 0.34 x 1000 T 340 L * 337 ~ = L -337 = L' 1-00
onde la luce elettrica e la luce ad acetilene paghe rebbero rispetto a quella a gas carbone, la prima
1.6 volte e la seconda 8 volte di più.
Sono questi i resultati dei
«
diligenti studi»
fatti in base al criterio che al governo parve«
il più razionale e pratico che le tasse unitarie abbiano a gravare inugualmisurasull’ unità di effetto utilel»
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smarrito il giusto criterio che il fisco, nella sua c i tata Relazione, dichiarava di volere applicare.
Di fronte a sì grande anomalia, ci siamo doman dati se per avventura il Governo, per uno scrupolo stranissimo di coscienza, avesse cangiato il primitivo criterio nell’ altro di tassare la stessa unità di effetto utile in ragione inversa del costo di produzione, onde la tassa non venisse a costituire una spere quazione a favore ili un sistema piuttosto che di un altro, ed abbiamo fatto dei calcoli approssimativi che qui ci sembra valga la pena di riferire.
Premettiamo però anzitutto che questo principio noi non lo ammettiamo; tuttavia, dovendo in extre mis addivenire a delle transazioni di fronte a im periose necessità dei fisco, potremmo anche inten dere che una tassa si proporzionasse in una picc la ragione inversa al costo di produzione, lasciando però sempre larghissima parte ai vantaggi di un sistema che si appalesa economico, senza di che sarebbe perfettamente inutile che la scienza progre disse, quando i vantaggi che essa può arrecare fos sero distrutti dalle imposte. Questo criterio, immorale ed ingiusto nella sua dubbia razionalità, riuscirebbe fatale ad ogni progresso.
Ciò premesso, cerchiamo di indagare il costo di produzione della candela decimale oraria con l ’ in candescenza a gas, con la luce elettrica e con lo acetilene.
Per ciò che riguarda i due primi sistemi, per quanto non sia facile determinare il costo del m* di gas luce e quello dell’ EttwH, troppo variando le condizioni in cui sono prodotti; tuttavia, crediamo di non errare troppo, ritenendo che il costo di essi alla lampada non superi, nelle peggiori circostanze, rispettivamente L. 0.14 e L . 0.08.
Rispetto all’acetilene noi non considereremo il prezzo medio attuale del carburo di calcio in L . 0.73 perchè lo riconosciamo alquanto esagerato, benché tragga in gran parte la sua ragion d’ essere dalla scarsissima produzione di fronte alla richiesta, dall’ammortamento dei capitali ingenii necessari all’ impianto dei forni elettrici, dalle tariffe ferroviarie alquanto elevate; il prezzo, invero, è suscettibile di diminuzione col mi gliorare delle condizioni dei sopradetti fattori, ma non è però lecito sperare che in breve volgere di tempo possa discendere notevolmente al di sotto di circa L. SO per quintale.
Svariatissime sono le cifre di costo di produzione del chilogrammo di carburo di calcio forniteci da esperienze istituite in vari Stabilimenti americani ed europei, e le differenze, talvolta notevolissime, si in tendono di leggieri allorché si pensi che in un pro cesso cosi delicato e complesso, qual’ è quello, ap parentemente semplice, della fabbricazione del car buro di calcio, troppo influiscono ih modo di fun zionamento del forno, il grado di sua perfezione e di durata, il costo delle materie prime, carbone e calce, le quali credule vili, riescono di fatto relati vamente costose, e in varia entità, per spese di tra sporto, per la necessità di averle pure, per doverle triturare e impastare in determinato modo; infine, e sopratutto, il quantitativo di produzione, il costo dell’ energia idraulica e il rendimento della instal lazione elettrica alla bocca del forno. Ad onta pe raltro delle disparità, le importanti esperienze isti tuite in proposito nelle Officine di Spray, valutando a L. 25 il cavallo-anno, confermano che il prezzo di 1 chilogrammo di carburo di calcio è di L. 0.18.
Ma il prezzo di L . 25 per cavallo-anno è affatto sco nosciuto in Europa, ond’ è che, tutto sommato, può ritenersi che in Italia, nelle migliori condizioni, il costo si eleva a L. 0.25, astrazion fatta, beninteso, della tassa sul K w II per uso di riscaldamento. Nè tal prezzo sembra suscettibile, in casi ordinari, di sensibile diminuzione, almeno in un prossimo av venire, malgrado le speranze di Pictet di giungere ad un forno che utilizzi quasi il 100/ioo dell’ energia elettrica condotta alla bocca del forno, e quelle di W i'kinson ili ottenere il carburo di calcio come sot toprodotto della estrazione dell’ alluminio. Facciamo pur voti che il geniale scienziato raggiunga l’ intento e che l’ industria, vinte le presenti e numerose dif ficoltà che l’ alluminio presenta nell’ applicazione, chieda ai forni elettrici T enorme quantità dal leg giero metallo che essi dovrebbero produrre, onde il carburo di calcio ne potesse divenire un prodotto se condario quasi di rifiuto, ma lungi dal fisco I’ illu sione che ciò possa compiersi così d’ un subito da porre in calcolo, fino da ora, elementi e cifre del tutto ipotetici.
Stabilito in L . 0.25 il costo di fabbricazione di 1 chilogrammo di carburo di calcio in Italia, biso gnerà aggiungervi altri valori: L . 0.07 spesa media di trasporto con le vigenti tariffe ferroviarie; L . 0.04 imballaggio; L. 0.10 fra benefizi lordi di rivenditori, abbuoni sul peso, spese di commissioni etc.; L. 0.04 per ammortamento del capitale, in ragione del 7 per cento; complessivamente, dunque, devesi aggiungere L. 0.25 al prezzo di costo, onde si ha, per quiutale, L ire 50.
Calcolando allora, come detto, L . 0.14 il costo del ms di gas-luce, cui aggiungeremo L. 0.02 di tassa che paga attualmente; L . 0.086 per Ettwh, compresavi la tassa che Y Ettwh paga in ragione di L. 0.006; L. 0.50 il costo di 1 kg. di carburo di calcio, si ha che
1000 cand. incanti. a gas costano
» » elettriche » » » ad acetilene « L. 0.16X1000 400 0.086 X 20 XJOOO 100X10 0.50 X 1000 337 = L. 0.40 = L. 1.72 = L. 1.49
Che se poi voglia tenersi conto del consumo della reticella nell’ incandescenza a gas e delle lampadine elettriche e trascurare il valore minimo del cambio dei beccucci nell’ uso dell’ acetilene, dando a una buona reticella Auer il valore di L . 1 e l’ intensità luminosa media di 40 candele per la durata, in con dizioni normali, di 600 ore, e L . 0.70 ad una lam padina elettrica di 16 candele, per la durata di ore 200, le 1000 candele coll’ incandescenza a gas costano
L. 1.00 X 1000
m
x 40
L. 0.40 : L. 0.40 + L. 0.04 = L. 0.44
1000 candele elettriche costano
L. 1.72 + 0.70 X 1000
200
x
16 L. J.72 + 0.21 = : L . 1.93820
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poiché invece, secondo il progetto di legge, come abbiamo più sopra dimostrato, la luce elettrica paghe rebbe 1.6 volte più del gas carbone (sempre, benin teso, a pari effetto luminoso) cioè 8/s, e l’ acetilene ben 8 volte di più, resulta che iu base alle proposte gover native la luce elettrica pagherebbe-^-: -|-= -|-= 6,2 volte più la tassa che dovrebbe pagare partendo dal già citato principio, e l’ acetilene 8: 1 = 2 4 volte p iù l
Dunque il governo non può giustificare la di versa misura della tassa neanche invocando il mo tivo che desso vuol stare in ragione inversa del costo della medesima unità di effetto utile per ispi rarsi ad un concetto di perequazione, chè in tal caso, e sempre che si volesse portare a L . 0.03 la tassa sul m8. di gas carbone, dovrebbe l’ E ltw H es sere tassato L. 0,00166 invece di L . 0,01 e il quin tale di carburo di caleio L. 1.40 invece di L 34.41, I nostri calcoli che non pretendono, ad un’ asso luta esattezza, d’ altronde impossibile in questioni così ardue e complicate, nè tanto meno presumono di ad ditare il valore delle tasse da proporre, ove si vo glia gravare ancora sulla luce, hanno lo scopo di dimostrare che nel progetto governativo mancano I’ equità e la logica. Ma v’ è di più: il Governo con esso lede in uno con gli interessi dell’ economia ge nerale del nostro paese, quelli ancora del fisco me desimo.
Infatti, mentre favorisce l’ industria del gas luce che non è nazionale, che è in gran parte esercita da capi tali esteri, per la quale la materia prima è provveduta all’ estero, mentre favorisce un'industria che è così ricca di sotto-prodotti che con un solo di essi, il coke, quasi si rivale della spesa della materia prima e per i quali in alcuni luoghi è fatta esclusivamente la di- stillazione dei carboni, considerando il gas luce ma teria quasi di rifiuto; di converso distrae i capitali da industrie, che, sfruttando l’ energia idraulica e sviluppandone altre parallele, potrebbero valida mente concorrere al risorgimento economico del nostro paese e avvantaggiare notevolmente le sorti dell’ erario, cui tasse m iti sull’ energia elettrica e sulla produzione dei gas, possono giovare in più larga misura che più gravi tributi. Ond’ è che al Go verno, in difesa delle sue proposte, che qui ci oc cupano, non è lecito neanche invocare dure neces sità fiscali, avvegnaché anche la fiscalità ha un limite, oltre il quale essa cangia di natura e di nome.
E qui noi avremmo fatto punto, se l’ articolo « 1 provvedimenti -finanziari e le industrie » scritto dal Signor X e pubblicato nella Tribuna del 19 corr. non ci avesse obbligati a riprendere la penna.
Scrive il Signor X « La tassa sul carburo di calcio, del resto non nuova, (era stata proposta fin dal 1896 dall' On. Branca in L , 40 al quintale) risponde invece nel concetto del Governoa d u np r i n
c ip io DI GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA in C o n fr o n to « CO-loro che fanno uso del petrolio, ed ha lo scopo di compensare, almeno in parte, la perdita cui l' e- rario va progressivamente sottostando p e r la sosti tuzione dell’ acetilene al petrolio ».
A parte questa inusitata tenerezza del governo per i consumatori del petrolio, la quale non gli ha im pedito di portare la tassa del petrolio stesso, progres sivamente, da L. 2 al quintale a quella di L. 48 e che il Sig. X medesimo chiama « enorme », v’ è I
anzitutto una questione pregiudiziale nel volere con frontare l’ acetilene col petrolio, ed è chè nel tassare il gas carbone e la luce elettrica, non è stato mai fatto questo confronto. Eppure è vero che se il pe trolio viene consumato in buona parte nelle campagne e nei piccoli centri dove il gas luce non può trovare, per verità, convenienza di installazione, non è però men vero che anche nei grandi centri, dove abbon dano il gas carbone e la luce elettrica, il consumo del petrolio è notevolissimo e colà evidentemente a lui potrà sostituirsi l’ incandescenza a gas carbone o la luce elettrica, e giammai, salvo oasi eccezionalis simi di bizzarri gusti ihdividuati, il gas acetilene cui necessitano una speciale installazione di gassogeni e gassometri, una giornaliera manutenzione, la cura di provvedere la materia prima ; dispendi e noie questi di che il pubblico vuole disinteressarsi, la sciandoli ad imprese private che trovano in ciò ap punto gran parte della loro ragion di vita.
Nei piccoli centri poi, soprattutto in quelli che hanno più o meno prossima della forza idraulica, la luce elettrica, cui è lieve ostacolo lo stesso fraziona mento di molti di essi, trionfa pure giornalmente sul petrolio e meglio di quello che non lo possa 1’ acetilene, perchè questo, ad onta che dia con tenue dispendio minore, rispetto alla prima, la stessa quan tità di energia luminosa, abbisogna però di tubazioni le quali e in sè stesse e per la collocazione sono ben più costose del filo di rame.
Non neghiamo che l’ acetilene, a parte le spese di impianto, abbia, anche per un privato, la sua opportunità di installazione e, in qualche caso, di preferenza alla luce elettrica, possa felicemente so stituirsi al petrolio; ma non sarebbe principio di giustizia distributiva trattarlo diversamente dall’ e
nergia elettrica impiegata a scopo di luce, della quale energia il carburo di calcio è una trasformazione diretta e, si noti bene, un mediocre accumulatore.
D ’altronde poi, se si paragona la tassa che ver rebbe a gravare sul carburo di calcio con quella di L . 48 che il petrolio paga attualmente sul peso netto, resulta che questo pagherebbe, sempre rispetto alla stessa unità di effetto utile, L. 1.44 mentre il carburo di calcio appena L. I.
Infatti col petrolio si ha in media un consumo massimo di gr. 2,3 a 3 per ogni candela decimale ora. Attenendoci al consumo di gr. 3, onde trascurare le minime spese di manutenzione,si ha che da i kg. di petrolio si ottengono 333 candele; per cui 1000 di esse pagano = L. 1.44 mentre già sap piamo che 1000 ad acetilene pagherebbero L . 1.00. Ecco dove sta il nodo della questione, ci pare di sentir dire da taluno ; poiché se si conviene che luce elettrica ed il gas acetilene possono sostituirsi al petrolio e che le tasse proposte per i primi sono inferiori a quelle che l'e ra rio percepisce dal petrolio, si conviene ancora nel danno da parte appunto del l’ erario.
Questo ragionamento, in apparenza così logico, non lo è poi difatto, perchè astrae da molti elementi importantissimi di cui vogliamo dare un cenno.
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teste, a impianto fatto, da parte dei consumatori i i quali non calcolano che le economie promesse sono a condizione di pari intensità luminosa; quindi perchè con l ’ acetilene, in considerazione del suo forte potere luminoso e della elevata pressione che esige per la sua buona combustione, non sono pos sibili, e con l’energia elettrica non sono convenienti, le piccole intensità luminose richieste dai modesti bisogni e dalle necessità di economia delle famiglie borghesi, degli artigiani, degli esercenti dei piccoli centri, e dei magri bilanci comunali di questi ul timi. Egli è perciò che non dubitiamo di errare - pensando che, in pratica, 1000 candele elettriche o a gas acetilene ne sostituiscono 700 a petrolio, in guisa da quasi pareggiare, nel caso del carburo di calcio, la differenza del tasso da L. 1 per I* acetilene a L . 1.44 per il petrolio, e da ridurre sensibilmente quella maggiore nel confronto fra la luce elettrica e il petrolio stesso.
Non bisogna poi esagerare nei timori di sostituzione della luce elettrica e dell’acetilene al petrolio, poiché in essa non sempre vi è, a conti fatti, troppa convenienza per i meno abbienti che pur costituiscono la maggior parte dei consumatori di petrolio. Infatti se 1000 candele ottenute col petrolio a L. 0.80 il kg. co stano L. 2.40, mentre quelle ad acetilene, al prezzo di L . 0.50 per kg. di carburo di calcio, esente da tassa (oggi costa in media L. 0.75) importano L. 1.49 e quelle elettriche L . 1.93, sta però il fatto che, in pratica, non potendosi commisurare perfettamente nella sostituzione, la intensità luminosa, anzi essendone necessario un consumo maggiore con la elettricità e con l ’acetilene, il vantaggio scema in realtà ; non senza dimenticare che il consumatore deve avere provveduto alle spese ingenti di impianto, se vuole essere indipendente da imprese che distribuiscono la luce, o se vi è costretto per mancanza di queste. Se poi il gas acetilene e l’energia elettrica sono distri buite ai consumatori da un’ impresa, i prezzi di L. 1.49 e L . 1.93 devono crescere notevolmente perchè essa abbia di che ammortizzare le spese di impianto, coprire quelle di esercizio e dare almeno un 6 per cento al capitale impiegato. Appare dunque che, tutto sommato, la convenienza della sostitu zione, se non sempre, in molti casi è discutibile e ad ogni modo, nelle condizioni presenti almeno, ha un campo limitato rispetto a quello vastissimo del petrolio il quale, fra le altre, ha molti impieghi diversi.
Nemmeno ci sembra logico e opportuno porre a confronto il commercio del petrolio con l’industria del carburo di calcio e della luce elettrica. Il primo è un liquido vilissimo che zampilla in getti poderosi dai terreni Russi e Americani e senza dar cenno di esaurimento, insieme ad altre numerose sostanze di cui esso può essere considerato un sotto-prodotto ; mentre alcuno può ben osservare che il carburo di calcio può essere fabbricato con la nostra energia idraulica, con materiali del nostro suolo, con nostri operai, con nostri capitali e che potrà essere un nuovo prodotto di cui sarà forse possibile fare vantag giosa esportazione. Ed anche l’ installazione di energia elettrica a scopo di luce utilizza le nostre forze idrauliche e può ad uu tempo trarre seco fprza mo trice ed energia termica da devolvere in industrie meccaniche ed elettrometallurgiche, dando così nuovo, maggiore e più proficuo lavoro alle masse cui allora, e non invano, ministri e deputati le inciterebbero dai loro simposi.
Vediamo ora, tanto per farcene un’ idea, l’entità della sostituzione, già avvenuta, al petrolio da parte del carburo di calcio che, evidentemente, è il più temibile, a giudicare dalla enormità della tassa che si propone di imporgli.
Nel 1897, anno nel quale in Italia non si fabbri cava ancora un sol chicco di carburo, l’ importazione fu di quintali 1161 da cui, defalcando i Q. 54 espor tati, si hanno Q. 1007 lordi, e con tara media per imballaggio del 6 per cento, Q. 947 netti consu mati da noi.
Dato pure che quel carburo avesse il rendimento medio di L. 300 e che tutto siasi sostituito a petrolio che altrimenti sarebbe stato bruciato, l’ effetto utile dei 947 Q. fu di candele 94700 X 3 3 7 = 3 2 5 1 3 9 0 0 , e calcolando che ogni 1000 di queste candele si siano sostituite a circa 700 candele a petrolio, cioè all’ef fetto utile di quasi 2 Kg. di petrolio stesso, i 947 quintali di carburo di calcio stanno a rappresentare 32313 X 2 = 6 4 6 2 6 K g .= 6 4 6 quintali per i quali il governo avrebbe incassalo L. 646 X 48 = L. 31008. Ma poiché sull’ importazione del carburo di calcio grava il dazio di L , 10 al quintale, sul peso lordo, il governo sui quintali 1161 importati ha percepito L. 11610, onde il danno subito dall’erario nel 1897, per opera del carburo di calcio, può calcolarsi in L . 31008 — 11610 = 19398 !
Nel 1898 l’ importazione è stata finora di Q. 917 i quali, defalcandone ì Q. 136 esportati, si residuano in Q. 783 lordi cioè Q. 737 netti. Se ad essi si ag giungono le 2 tonnellate, forse prodotte in media giornalmente dagli 800 cavalli effettivi installati a Terni, da Giuguo in poi, e nell’ ipotesi inverosimile che non vi sieno mai state interruzioni alcune dì funzionamento, si hanno Q. 737 -f- Q. 4200 = Q.4937, i quali corrispondono a Q. 3367 di petrolio che a L . 48 il Q. importano L. 161716; sottraendone L. 9170 riscosse dalla dogana per i Q. 917 impor tati, si ha per resultato che il danno patito dall’ era rio nel 1898 è di L. 152546.
Poiché si importano annualmente circa 720 mila quintali di petrolio, i 3367 Q. di petrolio sostituiti nel 1898 dal carburo di calcio, rappresentano ap pena ,, ' di tutta V importazione.
ALO
Francamente questi resultati del carburo di calcio non ci sembrano allarmanti e tali davvero da g iu stificare l'enorme tassa proposta.
Lasci il governo che le industrie si svolgano e si consolidino a vantaggio dell’ economia generale del paese, ed esse, a suo tempo, non mancheranno di rispondere generose ai bisogni del pubblico erario.
U. B.
LA RIFORMA DEI TRIBUTI LOCALI ”
VI.
Le imposte che mirano a colpire direttamente i redditi personali sono, nel sistema dei tributi locali italiani, due : quella sul valore locativo e l’altra di famiglia. La prima fu istituita col decreto
legisla-*) Vedi il numero 1284 AeW Economista.
822 L’ E C O N O M I S T A 25 dicembre 1S98
tivo 8 giugno 1866 e avrebbe dovuto esercitare una funzione di complementari alle sovraimposte reali, che allora si applicavano tanto alla ricchezza immobi liare che a quella mobiliare. L ’ obbligo di applicare la imposta sul valor locativo era stabilito esplicita mente per quei Comuni che avessero superato il limite legale della sovramposta fondiaria. La sua importanza e applicazione avrebbero dovuto accre scersi quando fu tolta ai Comuni la facoltà di so vrimporre all’ imposta di ricchezza mobile. Invece lo sviluppo della imposta sul valor locativo fu quasi insignificante: nel 1871 essa rendeva 1,046,960 lire e nel 1897 1,719,526, ma in alcuni anni scese sino a poco più di 600,000 lire ; certo è che ancora oggi essa rende meno di parecchie altre tasse, come quolia sulle vetture private, perchè applicata da pochi Comuni.
Orbene, è essa una forma ammissibile di tassa zione diretta personale ? Ch’essa abbia i suoi fautori è indubitato e taluno fra quelli ne è anzi entusiasta, ma in realtà non va esente da inconvenienti, da sperequazioni, e in certi casi può essere addirittura in contraddizione con lo scopo che vuol raggiun gere: di colpire cioè il reddito fondandosi su un indice esteriore della sua entità. Si citano Stuart M ili, Leroy-Beaulieu, Pescatore e altri economisti, favorevoli, ma, con tutto il rispetto che è dovuto a scrittori di tanto merito, bisogna pur dire che essi si sono limitati a delle semplici affermazioni e non hanno analizzato col sussidio della statistica il valore indiziario della spesa per l’ abitazione. E questa in dagine è tanto più necessaria, oggi, dacché la spesa per I’ abitazione ha subito una evoluzione non tra scurabile in causa delle trasformazioni edilizie e dello sviluppo territoriale che hanno preso le città e della
correlativa estensione dei mezzi di trasporto. A i nostri giorni, a parità di condizioni, riguardo al reddito disponibile, si possono notare facilmente grandi disuguaglianze nella spesa per l’abitazione e questo si verifica in una medesima città. La possibilità o meno di abitare alla periferia, anziché al centro o in prossimità di questo, determina, riguardo alla pigione, variazioni sensibili delle quali 1’ ordinamento della imposta non può tener conto. È nota la legge for mulala dapprima dallo Schwabe e poi dall’ Engel sul rapporto tra il reddito e il valor locativo : quanto più piccolo è il reddito tanto maggiore è la quota proporzionale di esso spesa per I’ abitazione. Ma in questa relazione tra il reddito e la pigione nessuna regolarità, nemmeno per una stessa classe di red diti e in una medesima località. Tuttavia non insi stiamo su questo punto che altrove, già son alcuni anni *) abbiamo cercato di chiarire ; vogliamo anzi concedere che dal punto di vista della pratica, la imposta sul valor locativo presenti alcuni vantaggi fiscali su quella di famiglia. Certo, è ad ogni modo, che essa solleva alcuni problemi non facili a risol versi, quello ad esempio del saggio progressivo che bisogna adottare dal momento che la imposizione proporzionale della pigione condurrebbe alla più stridente sproporzione nei riguardi dei redditi e ancora quello delle riduzioni che in dati casi, per equità, non è possibile di rifiutare. E non insistiamo sulle critiche che potrebbero farsi all’ imposta sul valor locativo (critiche delle quali non ci pare che
l) Vedi Riforma Sociale del 25 aprile 1894. Pur troppo in quell’articolo sono incorsi alcuni errori di stampa che alterano in qualche caso il senso.
il Conigliani abbia tenuto conto in modo sufficiente) perchè anche tra le forme imperfette di tassazione bisogna pur scegliere e quella in discorso può an cora essere la meno peggio, specie se, a differenza di ciò che proponeva l’on. Sonnino nel 1894, non si ha la pretesa di stabilire col troppo semplice e solo sistema dei coefficienti applicati al valor loca tivo, il reddito complessivo, la entrata totale dei sin- geli contribuenti.
Ma poiché qui ci occupiamo dei caratteri del si stema vigente, quali sono le caratteristiche della imposta sul valor locativo regolata dalla legge del 1866 e dal regolamento del 51 gennaio 1867 ? A n zitutto, noteremo col Conigliani, la legge nostra non parla affatto di discriminazione di tassa per ragione di famiglia più o meno numerosa ; in secondo luogo ammette due tipi di quell’ imposta : 1’ uno propor zionale, per cui non pone obbligo di un minimo di esenzione, l’ altro leggermente progressivo per cui quell’ obbligo esiste in forma e misura determinata. In pratica solo pochissimi Comuni tennero conto delle condizioni famigliari il maggior numero dei Comuni fra i pochi che applicarono questa imposta accoglieva, qualche anno fa, il saggio proporzionale e parecchi non avevano minimi di esenzione o l’ave vano troppo basso.
Del resto i Comuni non applicarono questa im posta che quando vi furono costretti, cioè allor quando eccedendo il limite della sovrimposta si v i dero obbligati a ricorrere a certe imposte stabilite dalla legge. Ma i lim iti entro i quali il saggio pro gressivo della imposta dev’ essere contenuto il 10 per cento al massimo e il 4 per cento al minimo impedirono che venisse grà iuato razionalmente.
Il Conigliani deplora che si sia fissato a priori il saggio delle imposte senza determinare il minimo di esenzione ; che non sieno stati classificati in varie classi i Comuni per conceder loro massimi di tas sazione diversi (come fu fatto per altre imposte) sicché ritiene, in conclusione, che nella massima parte dei casi si abbia una tale inevitabile spropor zione fra l’ imposta e la capacità contributiva che quella diventa nulla più che una tassazione indiretta su un consumo necessario qual' è la spesa per l’abi tazione. D’ accordo con lui su questo giudizio rela tivo alla imposta sul valor locativo qual’ è stata sistemata dal nostro legislatore, non lo siamo invece nell’ apprezzamento che egli fa delle obbiezioni ri volle a cotesta forma di imposizione, poiché gli pare che nella tassazione degli enti locali gl’incon venienti siano minori che nella tassazione dello Stato, il che potrà anche esser vero, ma non toglie che l’imposta sul valor locativo si trasformi nella pra tica da tassazione diretta personale in imposta indi retta sul consumo o sulla spesa e che l’ indice del reddito sia generalmente fallace.
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guito per l’ imposla sul valor locativo, in questa fissandone rigidamente le forme ed i criteri e per fino il saggio, per quella invece, come già per l’ im posta sul bestiame, enunciandone appena il nome, lasciando alle autorità tutorie locali di compilarne i regolamenti, e permettendo quindi a questo di far rivivere con le forme tradizionali gli antichi istituti, vari a seconda dei luoghi e già accetti per lontane abitudini alle popolazioni.
Ne derivò una grande varietà di forme ; in molti Comuni del mezzogiorno è nulla più che una capi tazione talora differenziata in poche classi , in al cuni altri Comuni è duplicazione immediata delle imposte dirette con un saggio fisso proporzionale, in parecchi Comuni del Nord soltanto prende a base il reddito direttamente valutato : essa passa quindi per tutti i gradi intermedi dalla capitazione ali’ im posta sul reddito ; ha infinitamente vario il numero delle classi in cui sono suddivisi i redditi per ra gione di entità, cosicché quelle classi son 100 a Caltanisetta, 8 a Vicenza e solo due o tre in alcuni Comuni del Mezzogiorno. Svariatissimi pure sono i m inimi d’ esenzione, che vanno dalle 2000 lire a Vicenza ai soli redditi dei poveri in molte altre Provincie, mentre in 278 Comuni neppure le fa m i glie povere vanno esenti da imposta ; e in mezzo a tanta varietà di elementi l’ imposta di famiglia r i mane sempre aperta agli interessi di classe, alle stime incerte e false, alle frodi di ogni genere.
E il Conigliani, oltre a ciò, fa notare opportuna mente che l’imposta di famiglia ha trovato accoglienza sopratutto dai piccoli Comuni : basti dire che sopra 3612 Comuni che l’ adottarono nel 1895, ben 5452 erano Comuni aperti non Capoluoghi di Provincia, di Circondario o Distretto quindi certamente con popolazione tutta sparsa o non raggruppata, in cifra inferiore a 8000 abitanti ; e 25 appena erano centri cittadini con più di 20,000 abitanti.
Questi dati mettono in luce due fatti, a nostro av viso, degni di nota. La impossibilità, anzi tutto, di dare albi imposta di famiglia un ordinamento razio nale, se la sua applicazione non è ordinata con regola mento generale non suscettibile di sostanziali modi ficazioni da parte dei comuni, nel quale per altro dovrebbe essere tenuto conto, sotto tutti gli aspetti, delle differenze che intercedono fra i comuni mag giori e quelli minori. Ma se il numero delie classi e la misura della imposta, questi due punti fon damentali del suo ordinamento, hanno da essere stabiliti non a capriccio, e con criteri radicalmente disformi, come avviene ora, conviene che il legisla tore prefinisca le modalità della sua applicazione. Si potrà discutere se o meno debba ammettersi la li bertà nei comuni di non applicare questa forma di
tassazione diretta personale, ma una volta che i Co muni vi fanno ricorso siano almeno indotti dalla legge ad applicarla secondo ragione e non cervello ticamente.
L ’ altro fatto è che presentemente la imposta di famiglia, spesso male adoperata dai Comuni minori e trascurata da quelli maggiori, oltre che avere un largo campo possibile di applicazione, rimane ancor lontana dal concetto della imposta personale sul red dito, prendendo il più spesso carattere di imposta di testatico o di capitazione graduata.
Certo è pure che la imposta di famiglia ben ordi nata e applicata, corrisponde ai dettami della giu stizia tributaria e alle massime fiscali più corrette.
Se essa ha sollevato e ancora talvolta solleva osti lità alquanto vivaci, ciò dipende principalmente dal l'applicazione scorretta che ne è fatta e dall’ abitu dine troppo radicata di non sentire che in piccola
parte, direttamente, il carico tributario.
I! Conigliani prendendo in considerazione i carat teri necessari di una vera tassazione diretta personale sul reddito, esprime il convincimento che nelle due imposte sul valore locativo e di famiglia vi sono i germi più convenienti per ottenere una eccellente tassazione del reddito e si unisce al Lacava nel r i tenere che dalla fusione, razionalmente condotta, di quelle due imposte, può derivarsi un’ altra più per fetta, la quale approfitti anche, come evoluzione dallo stato attuale, del vantaggio di non riuscir nuova e quindi male accetta.
È un punto sul quale dovremo tornare più innanzi ; esso coinvolge l’ esame di varie questioni di non lieve importanza e di innegabili difficoltà. Qui vo gliamo aggiungere soltanto, prima di venire all’ u l tima forma di tassazione, cioè a quella indiretta, che se si vuole veramente che la riforma dei tributi locali, raggiunga i suoi fini,vale a dire conduca allo sgravio dei consumi necessari e alla trasformazione del dazio consumo, così da togliere le barriere comunali è necessaria la sistemazione della imposta di famiglia nel concetto di renderla una vera im posta personale sul reddito.
Se questa debba esser limitata ai soli centri citta dini, se abbia da avere saggi progressivi o no, ser virsi del valor locativo per verificare i redditi d i chiarati, esentare i redditi minimi ecc., son tutte que stioni che vanno esaminate in relazione alle altre parti del sistema tributario locale.
Attualmente, è vano disconoscerlo, la legislazione tributaria è in questa parte della tassazione diretta per sonale assai imperfetta, nè varrebbe a migliorarla l’ approvazione delle proposte contenute nel disegno di legge dell’ on. Carcano sui tributi locali, perchè se da un lato mira (coll’ art. 4) a rendere meno disforme l’ applicazione della tassa di famiglia, e in ciò soddisfa il voto che abbiamo espresso più sopra, dall’ altro non provvede al coordinamento delle due imposte di famiglia e sul valor locativo, ma auzi rivela una preferenza assoluta, e certo eccessiva, per quella sulla pigione di casa considerata come im posta autonoma. Del coordinamento o dei rapporti tra i vari istituti del sistema tributario ci occuperemo del resto con maggiore opportunità, seguendo- lo stesso nostro Autore, del quale esaminiamo le opinioni, dopo che avremo considerata anche la tas sazione indiretta ; il che faremo in altro articolo.
Rivista Bibliografica
E. Masè Dari. — Sul Bilancio dello Stato. Lineamenti dell'ordinamento formale della pubblica finanza. — Torino, 1899, fratelli Bocca, pag. VTI-212.
824 L ’ E C O N O M I S T A 25 dicembre 1808
conoscerli agli studenti delle facoltà giuridiche. E infatti questo libro deve la sua-origine a un corso di scienza delle finanze, che l’ Autore tenne a Ca merino nel 1896-97. Ad ogni modo questo libro, incompleto com’ è, e lo riconosce lo stesso Masè-Dari, è utile, perchè presenta in modo organico e con molta erudizione il bilancio dello Stato considerato strettamente dall’ aspetto finanziario.
Esordisce l’ Autore con alcune considerazioni ge nerali s u ll’ origine e lo sviluppo del bilancio e del diritto di bilancio, viene poi a presentare la figura economica del bilancio, a considerare la sua si gnificazione tecnica, le fasi per le quali passa il bilan cio, l’aspetto e la qualità giuridica di esso, il rifiuto dei bilancio, la prerogativa e iniziativa parlamentare in fatto di bilancio e finalmente esamina la que stione se e in qual senso sia una legge. Pregio di questo libro è quello di tener conto delle discus sioni avvenute in Italia e della legislazione del nostro paese, di essere insomma al corrente delle cose italiane, più di quello che lo siano i libri sullo stesso argomento dello Stourm e del von Heckel. Ma l’opera del Masè-Dari avrebbe guadagnato non poco da una più attenta correzione della forma, così da rendere più chiare le spiegazioni e il pensiero dell’ Autore.
Se questo libro avrà, come auguriamo, una se conda edizione, raccomandiamo all’egregio amico rii non trascurare di completare e migliorare la sua opera, che può rendere utili servigi agli studiosi della finanza.
Alfred Neymarck. — Vocabulaire manuel d’Economie politique. — Paris, Colin, 1898, pag. 478.
Il direttore del Rentier e autore di tante mono grafie finanziarie ha voluto mettere a disposizione di coloro che per gusto, per professione o solamente in virtù delle giuste esigenze dei programmi uni versitari studiano l ’ economia politica e le finanze, un piccolo bagaglio di definizioni facili, talvolta anzi famigliari, di parole spesso più complicale delle cose. Per supplire ai dettagli che si trovano nei D izio nari di Economia politica e nelle dotte enciclopedie abbiamo desiderato — scrive il Neymarck — di riunire qui ciò che è di natura da destare l’ atten zione su molti soggetti e da far nascere la curiosità scientifica. Definizioni, citazioni, indicazioni di opere da consultare, enumerazione delle questioni da stu diare, riferenze ai grandi classici economici e ai | dotti contemporanei; ecco qual’ è stato il piano di questo vocabolario. L ’ idea del Neymarck era indub biamente ottima, ma non ci pare che abbia saputo attuarla. Certo si trovano in questo volume brani di autori classici, nè mancano i riferimenti, specie delle discussioni della società parigina di economia poli tica ; ma più d’ una definizione lascia molto a desi derare e nell’insieme l’ utilità del libro ci pare pro prio mediocre.
Dare la definizione di un vocabolo con un brano d’ un discorso di qualche uomo politico, sia questi anche un Léon Say, è veramente pretendere troppo, perchè è ben difficile che un oratore cerchi o pre tenda di raggiungere la esattezza delle definizioni ; egli è piuttosto indotto a dare una idea approssi mativa del fatto o del principio scientifico che espone.
Comunque sia di ciò, il consultare questo Dizio nario non è privo di interesse e per questo ne ab biamo tenuto parola.
Edouard Driault. — La. questioni d’ Orient depuis ses origines jusqu’a nos jours. — Paris, Alcan, 1898 pag. XV-407 (7 franchi).
Gabriele Monod, nella prefazione al libro del Driault osserva che per lungo tempo la espressione « questione d’ Oriente » è stata ristretta alle relazioni dell’ Impero ottomanno con gli Stati cristiani d’E u ropa; nè poteva essere diversamente, quando i soli problemi che si presentavano agli uomini di Stato erano I’ indipendenza dei paesi danubiani o della Grecia, la lotta tra la Russia e la Turchia pel do minio nel Mar Nero, l’ autonomia dell’ Egitto, I’ or ganizzazione interna e la riforma amministrativa dell’ Impero ottomanno sotto l’ influenza dell’Europa, le relazioni diplomatiche delle potenze cristiane col sultano. Ma il prof. Driault nell’ opera che ha pub blicato sulla Questione d'Oriente ha sentito che b i sognava dace a questa espressione un significato molto più largo e che per porre bene i problemi sopra indicati bisogna considerarli nelle loro rela zioni colla storia dell’ islamismo intero. Tutti i pro blemi politici (e si potrebbe dire anche sociali) del tempo presente si offrono a noi, non più come que stioni europee, ma come questioni mondiali, nelle quali Pekino, il Capo e Nuova York sono implicate alla stessa guisa di Parigi, Londra e Berlino. Ora il Driault è stato il primo a comporre una chiara e concisa esposizione della questione d’ Oriente, con siderata come la storia delle relazioni dell’ islamismo col mondo cristiano. La sua opera è divisa in tre parti: la prima tratta delle origini e va fino alla disfatta di Napoleone ; la seconda è dedicata alla riforma della Turchia e agli smembramenti, essa comincia coll’ indipendenza della Grecia e va fino al trattato di Berliuo e la sua esecuzione ; la terza ed ultima parte tratta delle questioni attuali in E u ropa, in Asia e in Africa, ed è un quadro assai istruttivo delle vicende della questione d’ Oriente negli ultimi dieci anni. E ’ adunque un libro che sarà letto con profitto.
Rivista Economica
I voti dell'Associazione economica liberale — / pro getti finanziari e g li ¡industriali ed e lettricisti italiani.
I voti dell’ Associazione economica liberale. —
II 14 corrente ha avuto luogo a Roma la riunione dell’ Associazione Economica Liberale Italiana. Erano presenti il presidente del Consiglio di Stato, senatore Saredo, che teneva la presidenza, i deputati Giusso e Codacci-Pisanelli, il marchese prof. De V iti De Marco, il comm. Tito Canovai, l’ ex-deputato Plebano, i professori Valenti, Perozzi, Fanelli, F i ammingo, Mantovani, il comm. Latmiral, i signori Baldautoni, avvocati Baggini e Castellani eco.
La discussione sui tre temi proposti alla riunione : politica finanziaria, riforma tributaria e accor lo commerciale franco italiano riuscì molto importante. Ne diamo un sunto.
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consente di ricorrere a nuove imposte che sarebbero indispensabili quando non si seguisse un programma finanziario rigorosamente severo. Il comm. Plebano dice che la dimostrazione fatta dal socio Canovai nella recente pubblicazione sui problemi dell’ Italia è di una evidenza e di una chiarezza assolute e si felicita con con l’ autore per avere esposto con v a lore e coraggio la situazione dell’ Italia. Si associa alle sue conclusioni diffondendosi in particolari im portanti per concludere a sua volta, che occorre un indirizzo nuovo inspirato alla maggiore severità e al più scrupoloso uso del pubblico denaro e che non è possibile imporre ai contribuenti, nuovi pesi.
Combatte pertanto le nuove tasse con le quali si vorrebbe compensare la perdita derivante dalla abo lizione del dazio sulle farine, e sostiene che il com penso può trovarsi nella soppressione dei premi alla marina mercantile e nelle spese per la formazione del catasto, visto che il catasto a scopo fiscale, cosi come si ha in Italia, non ha alcuna pratica utilità.
Il conte Giusso fa un’ analisi della diversità che passa tra il dazio sulle farine e il dazio sui cereali, e dice che economicamente è un errore la soppres sione di quello ed il mantenimento di questo; crede però che la proposta abolizione debba essere appro vata, pur non consentendo che vi sia bisogno di ricercare compensi con altri pesi fiscali.
Il professore De V iti De Marco dice che sul prò hlema finanziario occorre essere irremovibili nel sostenere che non sì debbano fare spese nè grandi' nè piccole e non si debbano emettere debiti, giacche in caso diverso sarà necessario ricorrere a nuove imposte che il paese non può assolutamente sop portare. Combatte la abolizione del dazio sulle farine in quanto la giudichi un espediente per negare, a vantaggio dei produttori, l’ abolizione del dazio di confine sui cereali.
Crede invece che l’ Associazione, coerente ai voti espressi in passato, debba applaudire alla conclu sione del trattato di commercio con la Francia, in quanto essa riuscirà utile all’ Italia, e in quanto può giovare a modificare la politica economica dell’ Italia in senso liberista.
Sulla questione del trattato di commercio hanno preso la parola il conte Giusso, l’onorevole Plebano, il prof. Valenti, l’on. Castellani, l’ on. Codacei-Pisa- nelli, il comm. Canovai e il prof. Mantovani, i quali tutti hanno mostrato che il trattato stesso riuscirà vantaggioso all’ Italia, sia dal lato commerciale, sia dal lato finanziario. Su questo punto il commend. Canovai ha con molto acume e verità, dimostrato la diversità che passa tra la costituzione, gli usi, le forze e i metodi del mercato tedesco e di quello francese, definendo il primo un albergo, il secondo una casa.
Notevoli sono state le osservazioni tecniche fatte dal conte Giusso, dal prof. Valenti e dall’on. Castel lani sulle conseguenze commerciali del trattato.
Il prof. Mantovani ha quindi proposto che la A s sociazione si occupi della questione, importantissima dal punto di vista morale e materiale della parte cipazione dell’ Italia alla Esposizione internazionale di Parigi.
Riassunta dal presidente Saredo la discussione, si terminò col votare all’ unanimità il seguente ordine del giorno proposto dal professore De V iti :
« L ’ Associazione Economica Liberale :
1* ritiene che l’esagerata pressione tributaria sia
una delle principali cause del malessere economico, che ha preparate le agitazioni del maggio scorso, ed afferma che il supremo compilo di un governo li berale sia di arrestare l’aumento delle spese pub bliche per evitare l’ aumento relativo delle imposte; 2° afferma che la riforma dei tributi debba mirare ad una più equa ripartizione di essi, tenuto fermo il limite assoluto della loro pressione ;
3° e fa plauso all’ accordo commerciale franco italiano, ritiene solo come il principio di un nuovo indirizzo della politica economica che, aumentando il benessere generale, alleggerirà il peso delle im poste attuali e ne faciliterà il riordinamento a be neficio delle classi più povere. »
I progetti finanziari e gli industriali ed elet tricisti italiani. — Per la grande importanza degli interessi, che sono connessi alla questione, diamo nel suo testo l’ ordine del giorno votato dalla assemblea degli industriali ed elettricisti italiani radunata in Roma i l i S u. s. e presentato al ministro delle fi nanze e alia Commissione dei quindici :
L ’ Assemblea degli Industriali ed Elettricisti Ita liani radunata in Roma per discutere il disegno di legge che modifica le tasse sul gas-luce, sull’energia elettrica, e sul carburo di calcio, considerando
1° che l’industria in generale ha bisogno per sv i lupparsi di maggiore continuità nel regime tributario, e che l’ industria elettrica in particolare non si potrà consolidare se non troverà condizioni di stabilità e di tranquillità che finora non ha avuto ;
2° che il paragone fatto nella relazione al dise gno di legge, fra la tassa sul petrolio e quella sul l'illuminazione elettrica non ha solida base, perchè il petrolio è da noi solo oggetto di commercio, mentre l’ illuminazione elettrica è prodotto di una industria locale, usufruente quasi sempre energie idrauliche e che dà luogo ad uno sviluppo parallelo di industrie meccaniche e costruttive con profitto dell’economia generale del paese nonché dell’erario;
3° che in molti piccoli centri dotati di piccole energie idrauliche facilmente utilizzabili solo a scopo di illuminazione elettrica, questa se libera dai tributi che sono nostro non invidiabile privilegio, può diven tare la luce del povero;
4° che la tassa sull’ energia già gravosa viene fortemente inasprita e trasformata in una tassa sulla produzione invece che sul consumo, ed avrà per conseguenza di rendere le società esercenti invise ai consumatori e di metterle, specialmente quelle che hanno contratti a forfait, nella quasi impossibilità di ripartire equamente e talora di farsi rimborsare la tassa complessiva pagata dall’officina ;
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6° che la lassa su ll’energia elettrica impiegata esclusivamente per riscaldamento, qual’ è concepita, è non solo gravosa, ma proibitiva, perchè basata su dati e calcoli inesatti;
7° che il disegno di legge non si preoccupa dei bisogni delle fabbriche di accumulatori e dell’ indu stria elettro-chimica, per la quale anzi la tassa è imposta nella stessa grave misura che per la illu minazione elettrica in modo che impedirà totalmente 10 svolgersi di tali industrie nel nostro paese, il quale le sarebbe invece sede naturale;
8° che nei riguardi al carburo di calcio la tassa di L. 50 per quintale fabbricato malgrado eguale sopratassa di entrata aggiuuta al costo di produzione paralizzerebbe completamente lo svilupparsi di tale industria in Italia e che la tassazione dovrebbe es sere in ogni caso più equilibrata ;
9° che in alcune industrie speciali, come ad esempio la fabbricazione delle lampade ad incande scenza, tanto i vari gas carburati, quanto l’ energia eletttrica entrano in modo insostituibile ed in lar ghissima misura nella preparazione del prodotto; tanto che le nuove tasse proposte mettendo l’ indu striale nostro in condizione di notevole inferiorità rispetto alla produzione, estera, che ha praticamente libera entrata in paese, gli impedirebbero di conti nuare nell’ esercizio della sua industria;
10° considerando che il disegno di legge è re datto in modo che la sua semplice applicazione fiscale imporrebbe all’ industria in generale tasse proibitive ed esorbitanti, quali forse non vennero neppure previste,
Fa voti che il disegno in esame non acquisti forza di legge;
nomina una Commissione che in unione alla Presidenza dell’Associazione Elettrotecnica Italiana presenti il presente ordine del giorno al Governo ed alla Commissione dei Q uindici;
aderisce fin d’ ora al memoriale che la Presi denza della Associazione Eletti' ¡tecnica Italiana pre senterà in proposito al Governo ed ai membri del Parlamento ;
ed ha piena fiducia che l’ on. prof. G. Colombo, l ’ iniziatore e propugnatore dell’ industria elettrica in Italia e Presidente dell’ Associazione Elettrotecnica Italiana, vorrà farsi interprete in Parlamento dei desideri e dei bisogni di una industria, alla quale 11 nostro paese si rivolge con tanto amore e fiducia aspettando da essa in gran parte il proprio risorgi mento economico.
Per gli spezzati d’ argento. — Ecco il testo del progetto di legge presentato oggi alla Camera dal Ministro del Tesoro, relativo al ritiro dei Buoni di Cassa da L . 1 e da L . 2 invece degli spezzati di argeuto che saranno rimessi in circolazione.
Art. i . — Il Governo del Re ha facoltà di prov vedere per decreti reali e in seguito a deliberazioni del Consiglio dei Ministri :
1°. Alla proibizione dell’ esportazione all’ estero delle monete divisionali d’ argento da L. 1 e 2 e da 50 centesimi di conio italiano, in conformità al pro tocollo addizionale di Parigi del Io marzo 1898.
2°. A l ritiro dalla circolazione ed al successivo annullamento dei Buoni di Cassa da L . 4 e 2 emessi a tenore dei R R . Decreti 4 agosto 4893 n. 452 e 24 febbraio 4894 n. 49 e a norma dell’ Art. 44 della legge 22 luglio 4894 n. 339.
3°. A lla determinazione del lim ite utile all’ im
-picgo delle monete divisionali di conio italiano nel pagamento dei dazi d’ importazione.
Art. 2. — A datare dal giorno nel quale comin cierà il ritiro dei Buoni di Cassa, le monete d iv i sionali d’ argento potranno essere impostate nelle riserve metalliche degli Istituti di emissione soltanto fino al 3 per cento dell’ ammontare della medesima.
Art. 3. — I Buoni di Cassa, di cui al n. 2 del l’ Articolo precedente, cesseranno di aver corso le gale collo spirare di due anni dal giorno nel quale avrà cominciamento il ritiro dei Buoni medesimi mediante riemissione delle monete divisionali, pre sentemente immobilizzate nella Tesoreria Centrale e nelle Sezioni di Tesoreria dello Stato.
I Buoni di Cassa che non saranno presentati al cambio alla Tesoreria Centrale o alle Sezioni di Te soreria entro cinque anni dal giorno nel quale spi rerà il corso legale dei medesimi, saranno prescritti.
II valore dei biglietti prescritti sarà devoluto ad aumento del fondo di dotazione della Cassa nazionale di previdenza per la invalidità e vecchiaia degli operai di cui all’art. 3 della legge 4 7 luglio 4898 n. 350.
Le correnti commerciali in Levante
Abbiamo riassunto dal diligente rapporto del regio console a Salonicco, quella parte che riflette i nostri rapporti commerciali colla Macedonia, ma vi è un punto di particolare importanza sul quale è oppor tuno ritornare, perchè può servire di opportuna norma ai nostri esportatori.
Anche in Levante, come abbiamo notato per altri paesi, appare una continua sostituzione del movi mento di importazione della merce tedesca, alla merce inglese e francese e specialmente alla prima. Non sono molti anni l’ Inghilterra provvedeva Sa lonicco di tutti gli articoli in ferro ed in metallo, come sbarre, tubi, spranghe, ordegni e strumenti per l’ agricoltura, l’ industria, eoe.
Ora vengono importati in massima parte dalla Germania.
Nei tessuti di cotone la sostituzione non fu così rapida, nè così generale, l’ Inghilterra mantenendo la specialità di alcuni articoli, però perdette molto terreno in favore della Germania ed ora incontra un serio concorrente nell’ Italia che riesce ad offrire merce buona ed a buon prezzo, anche in articoli molto andanti e lavora bene nel fino e nel mezzo fino.
Così nelle drapperie la concorrenza austriaca delle fabbriche di Moravia sostituì l’ importazione dell’ In ghilterra.
Trentanni or sono l’importazione degli articoli di porcellana e di maiolica era quasi esclusivamente inglese, adesso è di altri paesi, fra i quali la G e r mania occupa un posto importante. Se si esaminano le diverse categorie di merci, in quasi tutte si os serva lo stesso lavoro di sostituzione. Varie furono le cause che lo produssero.
I progressi industriali della Germania, in speciale modo dal 4870 in poi, sono noli. I suoi prodotti su perarono, in breve tempo, se non nella qualità, nel minor costo di produzione e nella apparenza, quelli delle nazioni più manifatturiere.