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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.23 (1896) n.1154, 14 giugno

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G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PR IV A TI

Anno XXIII - Yol. XXVII

Domenica 14 Giugno 1896

N. 1154

LE SPESE MILITARI E LA FINANZA

Sotto aspetto d iv e rs a , ma con e g u a le im portanza, si è presentato u n ’ altra volta al Parlam ento il problem a delle spese m ilitari di fronte a quello della finanza. Alla C am era elettiv a , discutendosi il bilancio della m arina si sollevò la questione d ell’a r m a t a ; davanti al Senato, discutendosi i d e c re ti-le g g e dell’ on. M o - cenni, si d iscusse la spesa per l’ estrcito . In tutti e due i ra m i del Parlam ento prevalse ancora il sistem a delle reticenze, d elle sim ulazioni, delle d issim ulazioni.

Alla C am era l’ on. di R udinì rappresentò il partito dei saggi, che vorreb b ero la m a rin a da g u e rra forte, ma non vorrebbero il disavanzo ; al Senato dominò lo stesso sottinteso; e si im piegarono m olte ore e molte parole per nascondere quello ch e tutti sanno, ma non vogliono d i r e : che cioè le som m e stanziate in bilancio così p er l’a rm a ta , com e per l’ esercito non sono sufficienti a m antenere l ’ una e l’altro in diretta corrispondenza colle leggi o rgan ich e relative.

Insistiamo sullo stesso punto, che da più anni a n ­ diamo sostenendo: - il paese è ingannato sullo stalo dell’arm ata e d ell’ e s e rc ito ; essi non rispondono af­ fatto alle possibili co n tin gen ze; le som m e stanziate in bilancio non bastano allo scopo; i d ue M inisteri vivono di continui espedienti ; e per m an ten ere Ja apparenza della potenzialità, ne p regiudicano ogni giorno più la sostanza.

Sareb b e stato v e ra m en te d esid erab ile che di fronte ai recenti disastri m ilitari ed a lle prove di im p re­ parazione che hanno dato i servizi re la tiv i, fosse sorto qu alc u n o a d o m an d are la verità vera, quella verità che i d ue M inistri responsabili sul loro onore di soldati non possono e non devono nascondere. Ed avremm o voluto, invero, che n ella occasione in cui si discutevano i due progetti di legge, q ualcuno av esse domandato a ll’on. B rin ed a ll’on. Ricotti se potevano veram ente afferm are che tanto alla M arina come alla G uerra tutto fosse in ordine secondo la legge

d om anda; e se in caso di m obilitazione, v iv e ri, m a­ gazzini, soldati, q u a d ru p e d i, avreb b ero potuto rispon­ dere tanto, quanto i quadri promettono. E se la loro risposta fosse stata, com e non vi ha dubbio, reticente, avremm o desid eralo che q ualcuno ch iedesse : - Q ual’ è la somma che ciascuno dei d ue M inisteri ritien e ne­ cessaria p e r m e tte r e in perfetta conformità colla legge l’arm ata e l’ e s e rc ito ?

Potevasi s p e ra re molto d all’ on. Ricotti che, a Guanto si d iceva, prim a che fosse Ministro, aveva da molto tempo in anim o di d ire la verità. L ’on. R i ­ cotti si è messo è vero sulla via delle riduzioni, ma Sl è ben guardato d all’afferm are che nulla di più sia

necessario. Così i fatti hanno dim ostrato una volta di più che vi è nella nostra vita politica qualche cosa, che si impone a tutti e che cerca di im p ed ire la cognizione vera dello stalo d elle cose.

E ppure dovrebbero tutti e facilm ente com pren­ d ere che così facendo si apparecchiano gu a i infini­ tamente m aggio ri di quelli che si vorrebbero e v i ­ t a r e ; l’ Italia non è in grado di s e g u ire le altre po­ tenze nella via in cui si sono m esse ; per farlo, essa è costretta ad espedienti che rovinano il suo stesso organism o e scalzano sem p re più q u elle stesse isti­ tuzioni, delle quali si afferm a di voler tener alto il prestigio.

Sono anni ed anni orm ai che è sul tappeto la sistem azione d ell’ esercito, e da più anni i più com ­ p eten ti, d iscutendo l’ ordinam ento d ell’ esercito co­ m inciano dal ¡’ a sserire nella loro scienza ed espe­ rienza, che nulla è più dannoso alla co m p ag in e ed allo stato m orale dell’ e sercito , quanto il d iscuterne continuam ente. Ma a tutti del pari ap p arisce molto chiaro che ogni discussione si a g g ira sopra u n solo punto fo n d a m en ta le : — vi sono coloro che vogliono m an ten ere forte l ’esercito , ma non vogliono confes­ s are che occorrono molte d iecin e di m ilioni di più; — vi sono altri che vogliono con ten ere le spese d el­ l’esercito, ma non vogliono confessare che in questo modo ne conservano l’ ap p aren za, ma non la forza. Invano da parecchio tempo noi d o m an d iam o la v erità, la verità v e ra , c h ia ra, lam pante.

0 si vuole I’ esercito forte, q u a le la legge vigente lo stabilisce, ed i competenti dicano ch ia ram en te, one­ stam ente quanto costa tale forza ed assicurino che essa è tale q u a le la promettono; — - o si vuole spendere poco, ed in tal caso si rid u ca 1’ esercito nelle pro­ porzioni volute dalla spesa.

Continuando nel sistem a attuale, o con palliativi j insufficienti, a v rem o il m a g g io re dei g u a i, perchè il giorno in cui v eram en te si dovesse u s a re d ell’e s e r ­ cito, si troverà che non ha quanto occorre per m uo­ v e rlo utilm ente.

Il sistem a d elle reticenze, d elle sim ulazio n i, delle dissim ulazioni può esse re utile p er far passare il tempo, attendendo av v en im en ti im p revisti che sciol­ gano la situazione; ma questo è altrettanto onesto? E se m entre siam o così disorganizzati insorgesse un a v ­ venim ento, che ci costringesse ad a d o p e ra re questo - stru m en to di difesa che abbiam o lasciato così d eperire? E se fidando di av ere una difesa pari a quella che la legge prom ette, il paese si lasciasse sp in g ere ad u n a politica, la q u a le , conoscendo lo stato vero, delle cose, giu d ich ereb b e esso stesso pazza e parricid a ?

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ri-370 L’ E C O N O M I S T A 14 giugno 1896

flettano e suppongano che oggi dovessim o m etterci sul piede di g u e rra !

Quanto m eglio se più m odesto, ma m eglio a r r e ­ dato e istruito, fosse il nostro esercito !

ROMA PORTO DI MARE

Q ualche anno fa, saranno orm ai undici an n i, si sono avuti e d iscu ssi alcu n i progetti p e r fare di R om a u n porto di m a re , e a n ch e il nostro g io rn ale se n ’è allora occupato dal punto di vista tecnico *). L ’ a r ­ gom ento è stato però ben presto m esso da parte, perchè so p rag g iu n se la crisi edilizia, ch e non co n ­ sentiva, certo, di por mente a progetti di nuovi la ­ vori, sopratutto a lavori della im portanza e della n a tu ra di u n porto di m a re vicino alla ca p i­ tale. Ma l’ idea è stata ora rim essa a galla da un gruppo di uom ini d’ affari, dicesi di banchieri inglesi e b elg i, ch e si offrono di so m m in istra re la som m a occorrente per la g ra n d e im p resa. S i preved e una spesa di 8 0 m ilioni ; in com penso, la Società, che si a ssu m e reb b e di co m p iere i lavori, chied e fra le a ltre cose, che il Governo, com piuti ch e siano i la ­ v o ri, paghi a ll’ im presa per 7 0 anni 1 ,2 5 0 ,0 0 0 lire ossia 8 7 m ilioni e mezzo. Dopo i 7 0 a n n i, però, il porto, ch e in realtà non sareb b e a R o m a , m a ad Ostia, al fine di p rev en ire gli in terram en ti, i m a ­ gazzini g e n e ra li annessi, il tronco ferroviario di 2 5 chilom etri, che co n giun gereb b e il nuovo porto ed Ostia a R o m a e tutte le altre opere annesse, passerebbero senz’ altro in libera proprietà dello Stato.

L a S o cietà, però, ch ied e anche la cessione, in per­ petuo, di 1 2 chilom etri di spiaggia m a rin a a destra e a sinistra di Ostia, cioè 2 4 chilom etri di territorio. Considerato che il nuovo porto e la sua co m u n ica ­ zione fe rro v ia ria diretta con R o m a d o vre b b e attirare la popolazione lungo quel litorale e a n ch e la m iglior parte della popolazione di R om a n ella s ta g io n e 'b a l­ n ea re, la Società m ira eviden tem en te a ren d ersi p a­ drona a sso luta di una lu n ga s p iaggia al disotto ed al disopra di Ostia, proprietà che potrebbe poi sfrut­ tare larg a m e n te , sia in modo diretto, ch e alienand ola od affittandola. S i cap isce che 2 4 chilom etri di spiaggia n elle vicinanze di R om a e serviti da un porto apposito e da una ferrovia rannodata [con tutte le linee che mettono capo aila capitale debbono co­ stituire u n cospicuo v a lo re , che la So cietà a c q u iste ­ reb b e in soprappiù d elle a n n u alità. E non occorre d ire che u n e sa m e com pleto d elle condizioni fatte dalla So cietà al G overno, e sige reb b e lo studio anche di questa condizione ch e pare seco n d aria, ma certo non è tale nel fatto e nella m ente d ella Società a s ­ su n trice.

Non è, però, dei s in go li patti ch e vogliam o ora o ccup arci, bensì del concetto fondam entale di fare un porto a b rev e distanza da R o m a. S i capisce ch e il progetto incontri molto favore in certe sfere e che taluni lo considerino com e u n mezzo p er p ro cu ra re lavoro ai disoccupati, che non m ancano, per a p rire u n ’ èra lucrosa di forniture, di lavo ri e sim ili. La B a n ca R o m a n a è sco m p a rsa, è vero, m a non sono

an-‘) V e d i l’Economista d el 30 a gosto 1885.

cora d ileg u a te in un certo am biente della capitale le illusioni perniciose, g li errori incom pren sibili, la s m a ­ nia di far g ra n d e, pel gusto di far gran d e, i sogni di certu n i, che non sono abituati a considerare fred­ d am ente le questioni econom iche, m a piuttosto a riso lverle coi c riteri del classicism o, che non con quelli che sgorgano dalla realtà odierna delle cose.

Ora a R om a u n porto di m a re è in questo m o­ mento l’ u ltim a cosa che possa cred ersi utile e neces­ saria. E im p e g n a re lo Stato in una spesa di un centinaio e forse più di milioni, per fare u n porto, è u n ’ assu rd ità tale ch e si stenterebbe a crederla, se non si leggessero sui giornali articoli che se ne occupano per difendere q u ella peregrina idea o per com batterla. E l’ assurdità appare ancor più g r a v e quan do si pensi che proprio a Rom a vi sono ancora lavori considerevoli da com piere, che si stenta a m a n d ar avanti per deficenza di m ezzi; quan d o si pensa ch e vi è una im p resa veram ente pratica, utile e n ece ssaria da com piere, vogliam d ire la colonizzazione d ell’A gro R om ano. Un porto a R om a, che scopo potrebbe a v e re ? A quale traffico co m m e rc ia le v erreb b e in aiuto, q u a le m o­ vim ento econom ico potrebbe d e te r m in a r e ? Tutto ciò che potrebbe e sse re importato in Rom a a mezzo del nuovo porto, sarebbe certa m e n te sottratto ai porli di C iv ita v ec ch ia , Livorno, Napoli, perchè non basta che un gru p p o di banchieri voglia fare un buon affare, convertendo R om a in portò di m are per far so rge re il traffico nazionale e internazionale. Sono altre le condizioni, con le q u a li ciò può a v v e n ir e ; e a R om a per adesso, e forse ancora . per lungo tem po, q u elle condizioni m ancano com pletam ente. Questo è il punto sul q u a le bisogna insistere, se non si vuole che, com e in passato si sono fatte non poche ferrovie pressoché in u tili, ora si facciano altri lavori di una utilità assolutam ente sconosciuta, di una ne­ cessità del tutto im m a g in a ria .

La R o m a contem poranea, presenta, com e notava non è molto in u n suo assennato articolo Achille L o ria ‘ ), non poche anom alie sociali. Essa si distin­ g u e dalle a ltre capitali per un doppio carattere : da u n lato I’ assenza di una zona circostante riccam ente popolata di ville e di fiorenti v illa g g i e assoggettata a cu ltu ra in te n s iv a ; d all’ altro, l’ assènza completa di in d u strie m a n ifaltrici. M entre L o n d ra, V ienna, Parigi sono circo n d ate da un a lieta c erc h ia di ridenti cam ­ pagne, fra le quali si fram m ettono v illa ggi floridi o città in d u strio se, un a larg a zona di terre mal coltivate e m ia sm atich e cin ge l’au gu sta caput mundi come una tormentosa corona di spine. Gli stran ieri (già lo notava Sism o n d i in un m ira b ile saggio), i quali vi­ sitano la città eterna en touristes, o vi fanno pas­ s e g gie rà d im ora, si com piacciono di questo deserto, che sem b ra loro com pletam ente adeguato a lla città d elle m e m o rie, degno sfondo in cui si delinea m a e ­ stosa la im m en sa ru in a della m o n arch ia universale. Ma a noi italian i, cui è tolto di co n sid erare la cosa sotto un aspetto p u ra m en te estetico, a noi questo deserto c h e cin ge R om a è cagione di m estizia e di danno, poiché ha influenza d ecisa m e n te sinistra sullo sviluppo della Città e d ell’ Italia. E il Loria ra m ­ m entava com e in altri paesi la zona contigua alla

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14 giugno 1896 L’ E C O N O M I S T A 371

capitale le a rrech i un contributo di v igo r nuovo e più baldo, m entre a R o m a non può a rre c a rle che un contributo di regresso, di brutalità e di cieca violenza. E com e m anca ogni trasm issione benefica di forza dalla c a m p a g n a alla città, fa difetto del pari, e per lo stesso motivo, la trasm issione inversa di forze dalla città alla cam pagna.

L a seconda lacuna che vizia la nostra capitale è il difetto di industrie. Ora, se ciò può a p p arire d e ­ siderabile al politico di corta veduta, il q u a le si r a l­ legra d ell’ assenza di agglom erazioni operaie m in a c ­ ciami la tranquillità sociale, è però, sotto parecchi aspetti dannosa, sia perchè a ccresce il nu m e ro dei disoccupati, sia p erch è , scindendo il consum o dalla produzione, riesce a c re a re una società, d a ll’ aspetto economico fittizia, una m assa d’ uom ini, fruges con­ sumare nati, i quali non veggono la fonte onde em an a la ricchezza da essi co n su m ata, non assistono al p ro­ cesso della sua produzione, non possono constatare coll’ esperienza i possenti fattori ond’ essa è dom inata e i vincoli ond’ essa si connette coi più complessi ingranaggi del corpo sociale.

Di qui la com pleta incoscienza del fenomeno eco­ nomico e della sua prem inente im portanza, che con­ tradistingue i felici abitanti della capitale italiana. Invero aveva asserito C avo ur che l’am biente fittizio delle grandi capitali non è adatto a riv ela re il m e c ­ canismo re a le d e lle u m a n e società. Ma se ciò non può com pletam ente a m m e tte rsi rispetto a q u elle ca­ pitali che sono a l tempo stesso gra n d i focolai della industria, che creano <ia sè m e d esim e e su proprio terreno i prodotti da esse consum ati, ben ciò è vero, assolutamente vero, di q u elle città parassite, le quali nascondono allo sgu ard o dei propri abitanti il pro­ cesso, onde si form ano le ricchezze ch’ esse son c h ia ­ mate a d istru gg e re. In R om a poi la cosa a ssu m e un carattere tanto più acuto in quanto che l’ industria e la produzione, nonché nella città, non ha sede a d e ­ guata n ep p ure n ella zòna che la c in ge, onde il velo che asconde al consum atore il processo produttivo, si fa di tanto più spesso e im penetrabile. Q ual m e ­ raviglia pertanto — si dom anda il L o ria — se i mo­ derni rom ani, se gli abitanti della nuo va capitale sono totalmente incapaci a co m p ren d ere la g ra v ità , 0 dirò più, la stessa esistenza d elle questioni p au­ rose che agitano l’ età nostra, se il loro orizzonte in­ tellettuale è stran am e n te superficiale ed angusto, se 1 equilibrio del m inistero, la formazione della m a g ­ gioranza, l'ultim o voto della C a m e ra, paiono ad essi questioni fondam entali, da cui debba d ipend ere il d e ­ stino della s o c ie tà ? E l’ eg reg io scrittore a vreb b e potuto a g g iu n g e re ben altro, se si fosse proposto di are la psicologia com pleta di Rom a contem poranea; bastava ch’egli considerasse gli avvenim enti econo­ mici e finanziari della capitale dal 1 8 7 0 in poi.

Ma lasciando tutto ciò che rig u ard a l’a m b ien te della metropoli italiana, e tornando al porto di m a re, è necessario com battere le illusioni che già si sono for­ male e continueranno a form arsi sui vantaggi che da quella costosa, quanto intem pestiva opera potrebbero derivare. Roma non può essere, alm eno p er lungo tempo, un centro di in dustrie e di c o m m e rc io ; può soltanto d ivenire u n centro di produzione agricola per bisogni locali. Basta, cred iam o, questa conside- 1 azione per co m p ren d ere che il porto di m a re potrà essere un buon affare per gli assuntori d ell’ im p resa, potrà crea re una artificiale operosità tem poranea, ma non dare im pulso alla vita econom ica della città e

della zona circostante. Perciò, prim a occorre s v i­ luppare l’attività econom ica della capitale e poi si potrà, senza ca d e re n ell’ assurdo, pensare a lavori del gen ere del porto di m are.

LI SOCIETÀ

di

credito

immobiliare

II.

L a Società G enerale Im m obiliare ha natura molto diversa da quella di altri Istituti di Credito, che in questi ultim i an n i hanno dovuto soccom bere. La m assa del suo attivo non dovrebbe essere composta che di crediti garantiti dallo Stato, per la m età del capitale sociale ; di m utui ipotecari a lenta scadenza, o di a n n u ilà di Com uni e di p ro v in c ìe ; e di pro­ prietà im m o b iliari per il r im a n e n t e ; — la massa del suo passivo dovrebbe e s se re composta di obbli­ gazioni corrispondenti ai m utui effettuati. L e o p e­ razioni aleatorie, quindi, non entrano, e - ciò che im porta tener bene in mente - la m assa del suo attivo non è che lentam ente liquidabile, in corrispondenza della m assa del suo passivo, che è a lu n ga scadenza.

Quando la proprietà edilizia della capitale aveva un alto valore ed era gran d em en te s tim a ta , l’ Isti­ tuto era ritenuto solidissim o e si rep utava così as­ sicurato il suo gu a d a g n o di mediatore, tra i proprie­ tari di im m obili ed i capitalisti, che le azioni sue erano v alutate ad altissimo prezzo.

L a crisi edilizia di R om a venne a tu rb are l’ eq u i­ librio ; e sebbene, com e si è detto, I’ Im m obiliare, per la ubicazione d egli im m obili di garan zia, meno e più tardi d egli altri sentisse l’ en o rm e ribasso del v a lo re degli edifici, non fu esente dal danno che ha subito tutta la proprietà im m obiliare.

S i verificarono allora n ella situazione d e ll’Istituto d ue fatti im portanti, che ne m utarono le proporzioni : da una parte alc u n i debitori non poterono p agare le loro sem estralità, m a la Società dovette fare e g u a l­ m ente il servizio di interesse ed a m m ortam ento delle obbligazioni, im p iegan d o p e r ciò, prim a le proprie r i ­ sorse e poi il proprio credito, conlraendo cioè dei d e b iti; — d a ll’ a ltra , p er tutelare gli interessi pro­ pri, la So cietà dovette d iv en ta re in alcu n i casi pro­ p rietaria d egli im m obili ch e costituivano la ga ran zia del suo credito, modificando così la perfetta corri­ spondenza tra T a m m o n tare com plessivo dei m utui accesi e l’a m m o n ta re d elle obbligazioni.

Suppongasi un m utuo per un m ilio n e , stipulato s u ga ran zia di u n edificio, che sia costato a costruirlo circa u n m ilione e quattrocentom ila lire ; e suppon­ g asi che, n ella espropriazione forzata, divenuta n e ­ cessaria dalla morosità del debitore, la So cietà sia rim asta proprietaria dello stabile p e r u n prezzo di quattrocentom ila lire ; la perdila attuale di bilancio a scen d erà a seicentom ila lire e si consoliderà poi in più od in m eno, secondo ch e potrà s v o lgersi il v a ­ lore della edilizia della c a p ita le ; — intanto però la Società dovrebbe am m ortizzare tante obbligazioni q uanto è l’ a m m o n ta re del m utuo, il q u a le , colla

confusione d erivata dalla espropriazione, rim an e estinto.

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v . - < - '

372 L’ E C O N O M I S T A 14 giugno 1886

qualche caso isolato e speciale di espropriazione fo r ­ zata, ma diventa assolutam ente im possibile se, causato da condizioni generali, si estende ad una gran parte delle garanzie. A ltrim enti bisognerebbe a m m e tte r e : o che la So cietà avesse un capitale liquido eg u a le a ll’a m m o n ta re dei m utui concessi, perchè potesse far fronte cosi a ll’ am m ortam ento im m ediato d elle obbli­ g a z io n i; — o che trovasse tanto più facilm ente cre­ dito, quanto più diventassero m anchevoli le garanzie, s u lle quali stanno i suoi m utui.

Quando la crise può esse re od è effettivam ente passeggera, la S o cietà, può con q u a lc h e espediente, attenderne la fine, sia ricorrend o al credito, sia r i­ ducendo al m inim o le su e norm ali r i s o r s e ; m a se la (¡rise, prim a risoluta accenna poi a diventare sta­ zionaria, la Società si trova esposta : od a lasciare in m ano del debitore l’ im m obile di garan zia ; — od a provocarne l ’am m inistra ione giu d iziaria (la q u a le , com e è noto, riesce p regiudicevo le così al cred itore com e al debitore, perchè falcidia, per negligen za od altro, una parte considerevole delle e n tra te ric a v a ­ bili d all’ im m obile s te s s o ); — od a diventare pro­ p rietaria d ell’ im m obile, senza a ver i mezzi per d im i­ n u ire corrispondentem ente le obbligazioni in cir­ colazione.

Manifestatasi in Rom a la crise ed ilizia, la So cietà Im m o b iliare d apprim a resistette colle sue proprie forze a lle conseguenze e fu quello il prim o periodo di attesa ; poi, m ano a mano com inciò a v ive re di espedienti, attendendo quei tem pi m ig lio ri, che do­ v evan o essere provocati tanto dai provvedim enti del G overno, quanto da quella ripresa econom ica, della q u a le da lu n gh i anni orm ai si attende ogni giorno l’ inizio.

Non è m io compito di analizzare q u a le condotta abbiano seguito gli am m inistratori d e ll’ Im m obiliare prim a del 1 8 9 4 , m a da uno sgu a rd o som m ario d elle situazioni a lle g a le ai bilanci, mi pare r e s u lti:

a) che sono d im inuiti i m utui a t tiv i;

b) ch e sono aum entati i debiti ch iro grafari ;

c) che sono aum entate le proprietà im m obiliari d ella S o cietà.

Questi tre fatti - a ta cere degli altri - lasciano v e d e re che la So cietà com pletò il servizio delle ob­ bligazioni p er interessi ed am m o rtam e n to , ricorrend o al credito e dando in garanzia q u egli im m obili dei q u a li, per espropriazione forzata, d iventava pro­ p rietaria.

Ma nel 1 8 9 2 - 9 3 , m atu ratasi la catastrofe b a n c a ria , le vie del cred ilo rim a se ro chiuse o q uasi, e biso­ g n a v a q u in d i che fosse provveduto d iversam en te. Da ciò i d iv e rs i progetti per sistem are il debito obbli­ gatario e per convenire su una parte alm eno del d e ­ bito chirografario.

S e il m e rcato si fosse trovato in a ltre condizioni o se il capitale, meno spaventato, av esse avuto tempo e voglia .di s tu d ia re la posizione d ell’ Im m obiliare, la v era sistem azione era indicata ch ia ram en te, e non v i ha dubbio che, in un paese più ricco, si sarebbe facilm en te co n clusa.

L e obbligazioni Im m obiliari, al principio del 1 8 9 4 erano quotate alla borsa, le 5 per cento a poco più di L . 2 0 0 , essendo 5 0 0 il v a lo re n o m in ale, e le 4 per cento a circa L. 1 0 0 , essendo 2 5 0 il v alo re n o m in ale, e d u ­ ra n te l’ anno ebbero anche corsi più bassi. Il debito obbligatario era di c irc a 8 0 m ilioni e si poteva ab il­ m e n te risc attarn e con acquisti alla borsa una buona parte, rid u ce n d o notevolm ente il debito con un utile

del bilancio m a ggio re del cinquanta per cento per tutta la parte ridotta.

E questa sarebbe stata la più bella e la più sem ­ plice operazione di r is a n a m e n to ; in A m erica ed anche in In gh ilterra si vedono spesso di queste pronte e radicali sistemazioni, che salvano tutti i diritti e rendono un utile notevole al capitale che le in trap re n d e. Ma da noi era im possibile trovare capitale disposto a sim ile in trap re sa dopo i dissesti g ra v is sim i che si eran o v e r if ic a ti; ed il discredito delle case italiane a ll’estero ren d eva altrettanto inutile il c e rc a re capitali non italiani.

F o r s e in questo senso q u a lc h e cosa è stato fatto d all'A m m in istrato re-d elèga to della S o c ie tà ; ma, e p erch è le sue forze, anche a ggiu n te a quelle dell’ Istituto, non potevano bastare ad a lla rg a re la operazione quanto era su fficien te; e perchè sem pre più il credito si restrin g ev a , il van taggio ricavatone non potè esse re elle parziale.

E g u a lm e n te ottimo sarebbe stato l’espediente di ce­ d ere a grossi portatori di obbligazioni alcuni stabili so­ ciali, ottenendo in cam bio le obbligazioni ad un prezzo convenientem ente sotto alla pari ; m a anche questa s p e c ie di operazioni non poteva esse re fatta su vasta s cala, sia per il discredito che a v eva la proprietà edilizia di R o m a, sia perchè u n a g ra n parte delle obbligazioni trovavansi all’estero.

Ad ogni modo, confrontando le situazioni del 31 d ice m b re 1 8 8 9 e del 31 d ice m b re 1 8 9 5 , si può scor­ g ere quanto studio sia stato messo a sem plificare la situazione d ell’Istituto.

Al 31 d ice m b re 18 8 9 le azioni della Società Im­ m obiliare erano ancora oltre alla pari ; quota­ vano 5 6 0 ,

E si hanno i seguenti elem enti alle due epoche:

A T T IV O 31 dicemb. 1889 31 dicemb. 1895

Immobili... milioni 6.9 12.9

Valori dello Stato.. » 12.5 7.5

Valori diversi... » 8. 5 iO. 1

Mutui 5 ° /„ )... » Id. 4 » S... »

Conti corr. garantiti »

Sii9“

26.6

35. 8 L , , 25. 2Í61' 1 14.4 P A S S I V O Debito chirografario ¡> Id. cambiario . . » 16 9 14.6 j-25. 8 Id. obbligaz. 5 % »

Id. id. 4 » »

Sii

99- 5

Riserva... » 1.6 3 . 8

Non d iam o qui ch e alcun i elem enti della situa­ zione; il fare dei com puti sulla situazione completa sarebbe difficile, g ia c c h é trattasi di v a lu ta re enti di­ v e rs i, e ciò esige un a analisi m inuto, nella q u ale sa­ reb b e difficile concord are i term ini di apprezzamento e di valutazione. Ma le cifre sopra indicate bastano a far v e d e re che le obbligazioni scesero in cinque anni di ben 38 milioni, che i crediti verso i d ebi­ tori morosi d im in u iro n o di 12 milioni, che gli sta­ bili di proprietà d ell’ lstitu'lo a um entarono di sei mi­ lioni e ch e a n ch e il debito chiro grafario e ca m b ia ­ rio della So cietà è alquanto d im in uito .

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14 giugno 1890 L’ E C O N O MI S T A 373

intrapresi per sa lv a rli. E forse l’ a v e r potuto c o m ­ piere tanto cam m ino su una tal via, e proprio quando altri Istituti di n a tu ra più a g ile in cagliavan o e soc­ com bevano, ha fatto concepire in chi d irigev a l’ Isti­ tuto la fiducia che si potesse per quella stessa via arriv a re in tempo fino alla mèta.

È noto quali fossero le basi dei progetti che v e n ­ nero proposti agli obbligatari nel 1 8 9 4 e 1 8 9 5 : — il sacrifizio di un quinto del loro credito capitale ed interessi, salvo ad essere rein tegrati, partecipando all’ utile che potessero conseguire gli azionisti nel­ l’avvenire, per le m igliorate condizioni della Società. La gra n d e m aggioranza d egli obbligatari rispose all’appello — circa 1’ 8 5 p e r'c e n to — ; e dei ch i- rografari alm eno quattro quinti accettavan o la siste­ mazione.

Un obbligatario, confessato possessore di un a ob­ b lig a z io n e — ma evid en tem en te mosso da a ltri, — domandò il fallimento della S o cietà, m entre altri obbligatari, tra i non aderenti al progetto, ne im p u ­ gnavano davanti ai tribunali la validità.

Ne venne il decreto del T rib u n a le c h e , sulla do­ manda di m oratoria presentata dalla S o cietà, ha c r e ­ duto bene di nom inare tre coam m inistratori, perchè riferiscano sulla situazione, e di. convocare per il 16 corr. i creditori onde tentare un accordo.

Chiudendo I articolo precedente ho lasciato inten­ dere che non si tratta più di questione fin an ziaria; - alcuni vogliono il fallim ento, ago gn an d o ad una lauta mensa pari a q u ella già im bandita in "altri casi r e ­ centi ; - altri vogliono e g u a lm en te il fallim ento per vedere caduto l’ uom o che personifica l’ Istituto e che, nella lunga lotta per reggersi fin q u i, ha incontrato nemici in c o n c ilia b ili;— i m aggio ri interessati — gli Istituti tedeschi e svizzeri - diffidano di tutto e di tutti e, pur desiderosi di evitare un a catastrofe, temono di essere dupes di q u a lc u n o ; - g li altri interessati e non mossi da passioni, o sono sparsi e la loro azione è nulla, o, se autorevoli, quelli che possono so ne stanno in disparte, quelli che per ufficio hanno responsabilità speciali o ge n e ra li, temono, e dato i ambiente temono g iu stam en te, di essere a c c u s a ti tanto se a v v en isse per indiretta loro causa la ca ta ­ strofe, come se fosse loro attribuito di a v e r coope­ rato al salvataggio .

Non mi occuperò m aggio rm en te di tutto ciò, ma brevemente accen n erò invece a quello che mi sem bra I interesse di tutti.

Gli obbligatari hanno già m anifestato il loro pro­ positi) di sacrificare un a parte del loro a v e re di capi­ tale ed interessi, pur di s a lv a re il rim an en te. I pochi dissidenti (dei q u a li pochissimi sono quelli che si a g i­ tano mentre la m a g g io r parte, o non si è fatta viva °t come avviene, rappresenta quella porzione di titoli smarriti che si trova sem p re in fondo ad una gra n d e omissione) - i pochi dissidenti potrebbero essere facil­ mente messi a ta cere con un concordato a base dei- artico lo 8 2 5 del Codice di C om m ercio, g ia cc h é la garanzia richiesta si risolverebbe a ben poca cosa.

Gli altri creditori, che som m ano per circa 2 5 m i- i°Ml ^ re’ sono rappresentati per la m a g g io r parte J j1 Banca d’ Italia (v e n ti sui ven ticin que m ilioni) la fidale ha già stipulata di pieno accordo una co n ven ­ zione, utile per tutte e due le parti contraenti, con- " ;ptta con ¡spirito molto largo, q u ale si addice ad da gran de Istituto che vede il proprio interesse sp e­ l i . anche n e ll’ interesse g en era le del credito pub- 1 tco. T ale convenzione sarebbe andata in vigo re se

la sistemazione fosse a v ven u ta, ed i crediti ch iro - grafari si sarebbero così ridotti in circa cin que m i­ lioni di lire. A nche tra questi, molti erano disposti ad un accordo.

Gli azionisti, che per molto tempo non possono sp erare utili a loro favore, possono però, agev o ­ lando la sistem azione, v e d e re n ell’a v v e n ire un m i ­ glioram ento della situazione e goderne i frutti.

S i afferma che la sistem azione proposta non ha avuto luogo perchè non si cred evano sufficienti le ga­ ranzie offerte agli obbligatari e non nego ohe ciò possa essere avvenuto ; però osservo che là differenza era, proporzionatam ente alla entità delle garan zie, molto p icco la ; ed è in certo modo sp iegab ile che potesse n ascere contrasto sulla valutazione di una massa così g ra n d e di garanzie fatta in contraddittorio, quando il punto di vista della valutazione era n e ­ cessariam en te d iverso.

Ma ad ogni modo, tutto questo dim ostra più ch ia ­ r a m e n te che mai com e non debba essere difficile trovare u n accordo utile per tutti.

Non so e non voglio sapere q u a li sieno i tenta­ tivi che si fanno ora sopra un terreno, nel q u ale non mi piace di entrare ; m a dirò soltanto che non debbono m an care in Italia quattro o cin que persone autorevoli e di buona volontà che riprendano in m ano la questione, approfittino della buona dispo­ sizione degli obbligatari e di altri creditori e solle­ citam ente conclud ano una sistemazione.

Il r a g g iu n g e r e questo scopo è da un lato agevo­ lato d all’opera com piuta sin qui, che non solo ha c h ia rita sotto molti aspetti la situazione d ell’ Istituto, ma ha anche d isciplinati ed affiatati i creditori di­ versi e sp ecialm e n te gli obbligatari, i quali per la loro speciale condizione più difficilm ente possono essere edotti del loro stesso i n t e r e s s e ; — d all’altro bisogna considerare che non solo trattasi di im p e ­ d ire una nuova scossa al credito pubblico, ma a n ­ che di non a g g iu n g e re , alle già molte ca u se di diffi­ denza che su lle cose italiane esistono a ll’estero, questa d elle obbligazioni im m o b iliari, che furono a suo tempo accettate dagli Istituti com e cartelle fondiarie che avessero diretta garanzia ipotecaria, il che è oggi contestato.

Infine non è, nel m om ento attuale, meno lodevole opporsi al pernicioso trionfo di coloro che sem brano a v e r organizzato sul m ercato italiano tutto un ufficio, ch e som iglia mollo a quello di certe turbe che s e ­ guono gli eserciti com battenti, attendendo la sera della battaglia p er darsi alla spogliazione dei morti.

E non nascondo il pensiero mio, asserend o che g li A m m inistratori attuali dopo un lavoro assiduo e faticoso di due anni e dopo i ripetuti esperim enti,

debbano essere considerati come esauriti; essi ben volentieri lascieranno ad altri di ra g g iu n g e re la meta, senza ch ied ere n em m en o che la 'lóro opera p rep a­ ratoria sia rico rd ata ; e, non ne dubito, agevoleranno per quanto è loro concesso, la riuscita di q u a lu n q u e progetto che eviti la catastrofe.

S e si vorrà s e g u ire l’ opera già condotta innanzi con sufficiente successo, m i pare che un a m m o rta ­ m ento d elle obbligazioni con più lungo term in e po­ trà ren d ere di m a g g io re efficacia le garan zie già p restate , — se si vuol procedere per una nuova via, un a riduzione d ell’ interesse al tre per cento ed una

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potrebbe essere un’ altra forma di soluzione; — e nella peggiore ipotesi una rem ora di q u a lc h e m ese, finché un nuovo piano da più abili m enti sia con­ cepito ed attuato, sem b ra a m e possibile e voluto dalla situazione.

In q u a lu n q u e modo q u alc h e cosa si faccia per non a p r ir l’ adito a nuove scosse al cred ilo pubblico e per non in o rgo glire e rinforzare coloro che, se non mi sbaglio, m irano molto più in là che al solo fallimento dell’ Im m obiliare. Non si tratta di s a l­ v a re nè Tizio, n è S e m p r o n io ; in nessun Istituto di Italia si troverà credo che, com e nell’ Im m obiliare, al faticoso ed increscioso lavoro degli am m inistratori si sieno a g giu n te da parte di alcuno di loro anche personali, cospicue e dirette esposizioni. S i tratta di approfittare della buona disposizione della m a g ­ gioranza dei cred itori p er concretare u n pacifico com ponim ento, che era g ià quasi ra g giu n to e di e v i ­ tare un a liquidazione forzata disastrosa per tutti i creditori. L ’ obbiettività ch e ha an im ato i miei am ici e m e in questi d u e anni, sia consigliera anche a coloro ch e in questo m om ento, possono efficacem ente in ­ flu ire p er una definitiva soluzione.

Ed il g iu d ice, (die è chiam ato a d ecid ere sopra un a così im portante e d elicata questione, vigili più ch e m ai la propria coscienza, perchè essa non sia traviata d a ll’ eco di v iva ci passioni.

Prof. A. J . DJS Johaunis.

LETTERA PARLAMENTARE

I bilanci — I provvedimenti militari — Per la Sicilia : relazione e controrelazione — Il ca­ tasto — Per la Sardegna — Il censimento — Per i deputati.

Roma 12.

Dopo quel po’ di b u rra sc a che c ’ è stata a pro ­ posito della relazione A stengo, d u ran te la discussione del bilancio d ell’ interno, la calm a tornò a d o m in are n ell’a u la di M ontecitorio.

L a fermezza dim ostrata dal m arch , di R u d in ì il q u a le fece c a p ire che fra lui e la C a m e ra è que- s t'u ltim a , se m a i, che a n d rà v ia, ha fatto piovere, tre giorni dopo al voto, 6 4 d ichiarazioni favorevoli al G overno, e rinforzatosi così, m oralm ente, il M in i­ stero, si rip rese la d iscussione dei bilanci. Il Governo, ch e m ira a rim ettere l’ a m m in istrazio n e dello Stato nella via retta e costituzionale non v u o le esercizi provvisori, e p er ciò fa lav o ra re la C a m e ra, la q u a le , con d ue sedute al giorno, può presto s p ic ­ ciarsi.

M entre alla C a m e ra vanno avan ti i bilanci, al Sen ato si sono in cagliati i provved im enti m ilitari proposti d all’ on. Ricotti. Questa nota questione m i ­ litare è u n vero nodo gordiano. — A palazzo M a ­ d am a com e a M ontecitorio le idee sono le più d ispa­ ra te e infinite, per quel che rig u a r d a il lato tecnico della questione, poiché g li stessi gen era li sono di­ scordi e, posti in cento a discutere, è certo che ne risu ltereb b e ro per lo m eno cento e una opinioni differenti. A ta glia re l’ intricato nodo non può pre­ starsi che la spada finanziaria, e finanziariam ente le

opinioni non sono che due : — la prim a, quella dei meno, dice : bisogna d a re a ll’ esercito tutti i m ilioni, di cui ha b iso gn o ; — la seconda, quella dei più e del buon sen so , d ice : bisogna fare un esercito pro­ porzionato alle forze del paese e quindi non si può sp en dere un centesim o di più di quel che si spende attu a lm en te, anzi bisogna c e rc ar di d im in uire.

Questa seconda opinione è q u e lla anche del Go­ verno, e bisogna esse rg lien e g ra ti. L ’ on. Ricotti l’ ha dim ostrato, n on insistendo s u lle sue riform e, accondiscendendo a stu d iare , ma con questo con­ cetto : di non sp en dere di più e solo c e rc ar di spen­ d ere il m eglio possibile quello che il bilancio concede. — L a C om m issione che studia il progetto per la S ic ilia ha finito il suo lavoro. — L ’ on. F ranchetti, per la m aggioranza favorevole, e l’ on. F . Spirito per la m inoranza hanno presentata la loro relazione, che fu stam pata e stam an e distribuita.

L e d ue relazioni, con i relativi allegati, formano un fascicolo di 3 7 p agin e molto interessante.

Lo studio del F ran c h etti è severo e sereno, ci si v ed e il conoscitore d elle condizioni della Sicilia e d elle ca u se di q ueste condizioni, che sono il prodo­ m inio d elle clientele su lle leggi e sulla giustizia, l’en o rm e e sproporzionalo peso, con cui i tributi lo ­ cali gra va n o su q u ella popolazione, ond’ è che egli appoggia la istituzione del com m issario regio, che è « un in term ed iario in mano al potere esecu ­ tivo, destinato ad esercita re tem poraneam ente una azione d in am ica diretta a ro m p e re o scom paginare, dove esiste, una catena di interessi illegittim i e di ab u si, i q u a li p er le condizioni speciali di u n dato territorio, non sono sensibili a ll’azione degli organi

normali di Governo... Destinato a far piazza pulita

dove occorre per d a r luogo a ll’azione degli ordina­ m enti norm ali di G overno, q u a li sono adesso, o, m eglio riform ati in ordine alla esperienza fatta della loro impotenza ad im p ed ire l ’im p ian tarsi ed il con­ so lid arsi di quelli abusi. »

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14 giugno 1896 L ’ E C O N O M I S T A

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Com uni capoluoghi ili P ro vin cia, la m edia del dazio consumo co m u n ale è di L. 1 .86 per abitante e quella della sovratassa fondiaria com unale di L . 5 .8 2 . »

In tal modo si capiscono i moti del 93-94 dj. retti contro i m unicipi e contro le tasse, e si com ­ prende la necessità di porvi un rim ed io pronto ed energico.

P er ciò a nom e della m aggioranza della Commis- sione il F ranchetti propone la approvazione del de creto r e a l e , che istituisce il C om m issario R em o e propone a lc u n e m odificazioni, che lo com pletano e m igliorano. Così viene esclusa la ev en tu alità che ii R. Com m issario potesse re g g e re la Prefettura di Palerm o, per non sovraccaricarlo di lavoro e prò

pone di conferirgli l’autorità spettante al Ministro dell’ interno, anche sulle Opere pie — m eglio ehia lisce la facoltà di d ero gare a lle disposizioni ili |e£rel sulle spese locali obbligatorie — vincola a lui solo la revisione dei bilanci, d elle tariffe, dei reso la menti e la com pilazione dei ruoli — fissa le quote minim e esenti da tassa, oltre che per la tassa su! bestiam e, anche sul fuocatico, e sulle bestie da tiro’ da sella e da som a - propone altri m iglio ram en ti di minore importanza e infine, nel timore che il R. C om m issario non riesca in un solo anno a co m ­ piere I opera su a, propone di concedere la facoltà al Governo, ove lo creda necessario, di prorogarne per un anno i poteri, e a ren d ere efficace e d u r a ­ tura I opera sua propone l’ a ggiu n ta di questi articoli • « 1 bilanci com unali e provinciali, le tariffe da- zm ne ed i rego lam en ti su lle tasse com unali riveduti dal Regio C om m issario rim a rra n n o per regola in­ variati fino a tuito il 1 8 9 1 . Q u alu n q u e modificazione occorresse introdurvi per circostanze straord inarie sopravvenute, dovrà essere approvata dal Ministro dell interno m ediante Regio Decreto, previo parere favorevole del Consiglio di Stato »

« Entro il 1 8 9 7 iì Governo del Re presenterà al pai lamento un (1|segno di legge per disciplinare nel Regno le spese obbligatorie locali e l’ equa rip a rti­ zione dei tributi locali. »

La relazione si chiude con due ordini del ofiorrio. primo invita il Governo a presentare una'leoge, die regoli i contratti agrari nel Regno e a prendere piovvedimenti intesi ad iniziare un largo esperi­ mento di colonizzazione interna.

Quest’ordine del giorno — avverte il Franchetti — e stato votato dalla Commissione per divisione e la seconda parte, quella della colonizzazione, ebbe una

^ f gl0,M ,IZa più ril®v a n te> è vero, ma alquanto di­ versa dalla prim a. E si capisce I

secondo ordine del giorno invita il Governo a sollecitare la costruzione della C astelvetrano — Porto cunpedocle per i vantaggi econom ici che ne avreb- uero alcun e provincie d ell’ [sola.

utt’ affatto differente, non solo per le conclusioni, ■ j a Pe r , Ilatui'a su a, è la relazione dell’ on. Spirito

quale e soltanto preoccupato e im paurito di q u e ­ sto trattamento p articolare fatto a lla S ic ilia , e ved e

nem ici della patria lieti e contenti di questo prin- 'pio di federalism o favorito, anzi iniziato dal Governo, on. Spirito d im entica com e appunto i m ali della lu i a Slian ° s la l ' ,causa dei disordini e il fomite oei a tendenza separatista manifestatasi n e ll’ iso la ,sc am - • 'a 1 r|medio per la causa del m ale, v ed e già l’Italia Pdmle e invoca il patriottismo, i m a rtiri, il san- gue sparso, la poesia della rivoluzione, l’altare della ‘J n a > 1 t e m p i o d elle donne ro m a n e e non so quante

altre cose, p erch è il decreto non v en ga approvato, giacché I’ unità d’ Italia è un « sacro deposito a noi affidato » che dobbiamo consegnare intatto e in ta n ­ gibile alla nuova generazione. »

Nessuno studio, in questa relazione, delle condi­ zioni della S ic ilia , ma speciale preoccupazione per una questione di dettaglio, cioè il fatto che l’ on. Codronchi sia oltre che R. C om m issario anche M i­ nistro senza portafogli, e ciò non solo p er i con­ flitti che possono eventualm ente m anifestarsi fra le due funzioni di cui è investito, ma perchè questo dà potenza al Com m issario tanto che — lo dice il relatore — « è in via di costituirsi un vero governo siciliano poiché ogni giorno abbiam o notizia di fu n ­ zionari, che da tutti gli uffici del R egno sono chia­ m ati a co a d iu v a re il R. Com m issario. » È un p ec­ cato che l’on. Spirito non ci dica q u a li straordinari provvedim enti ha preso il Governo per il trasporto di questi eserciti di im piegati.

Ma la più bella delie preoccupazioni d ell’on. S p i ­ rito a nom e della m inoranza è u n ’ altra ancora : la eccezionalità del provvedim ento.

Egli dà per pessim e le condizioni della S icilia , m a le vuol cu ra te dai sistem i a m m in istrativi in v i ­ gore in tutto il R egno, dim enticando la d iversità della causa dei m ali siciliani da quelli dei m ali di altre regioni e non pensando che appunto con gli organi e i sistem i com uni i mali potranno in gigan tire. Cita il C avour, ch e non voleva leggi eccezionali e contro le leggi eccezionali fa una diatriba trem en d a, dopo della q u ale ho voluto proprio r iv e d e re — per timore di esserm i sbagliato - i nomi di quanti liberali formano parte della m inoranza della Com m issione, così fieri contro le leggi eccezionali, così, com e è detto nella relazione, amanti della legge e della libertà, odia­ tori A&Warbitrio di un solo.

E sapete chi ci ho tro vato ? F o riis , Saporito, P u lc i N., cioè, col relatore, quattro dei più feroci crispini, che sostennero il C rispi fino a ll’ ultim o giorno, che lavorarono fino a ieri per rim etterlo in piedi, che dicono oggi questo solo per tentare sia pure invano, di d ar molta noia al Ministero, e rito rn are col Crispi e col Sonnino agli «tati d’ assedio, ai tri­ b un ali m ilitari, ai dom icili coatti, ai d ecreti-legge, a lla ch iu su ra del P arlam ento !

E spingono il loro n e o - lib e r a lis m o al punto da trovar a rid ire che il Governo - p er deferenza alla C a m e ra sola g iu d ic e del bilancio - abbia nel decreto stabilito che i provved im enti del R . C om m issario, « non possono in q u a lsiasi modo im p egn a re il bilancio dello Stato ! ».

— Un’ altra Com m issione p a rla m e n tare ha finito il suo lavoro, quella del catasto. — In una adunanza tenuta giorni fa intenvennero anche, espressam ente pregali, i M inistri Branca e Colombo, ni quali la C om m issione stessa avea presentato un lun go m e ­ m oriale contenente le dom ande di modificazione a! progetto B o selli-S o n n in o , che erano state fatte dai deputati e dalle rappresentanze di q u e lle provincie, che per la m a g g io re sperequazione e per a v er c h ie ­ sto l’a ccelera m e n to , m ag g io rm en te da q u e l progetto si sentivano d an n eg g iate . — Gli onorevoli Branca e Colombo acconsentirono a q u e lle modificazioni, ch e sarebbe in u tile che vi ripetessi tanto sono note, e così il progetto facilm ente potrebbe senza ostacoli e s se re approvato.

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370 L’ E C O N O M I S T A 14 giugno 1896

Gli onorevoli Branca e Colombo, p u r mantenendolo, non sentono per esso troppo vivo affetto, e neanche quella m isericordiosa sim patia, che fece sostenere a ll’ on. G uicciardini la legge su gli infortuni presen­ tata dal pred ecessore, p e r 'c u i , dato che la C am era ha appena il tempo per d iscutere i b ilanci, il p ro ­ getto p er la S icilia , l’ordinam ento m ilita re e qualche altra leggin a, la ch iu su ra della sessione (e probabil­ m ente della C am e ra), di cui vi parlai prim a, farà ca d e re anche questo progetto, che a v eva fatte s o r­ g e re tante agitazioni e di cui non resterà che la infelice m e m o ria.

— L ’ on. Pais ha presentato al P resid en te del Con­ siglio la relazione sulla sua inchiesta sulla S a r d e ­ gna. — F ig u ra to v i : un affare com e 5 0 0 pagine ch e speriam o non pesino troppo negli A rchivi del M inistero, dove saranno destinate a r im a n e re a s ­ sie m e a tutte q u elle m ig lia ia di stud i, relazioni, proposte, progetti ecc. attraverso i q u a li la S a r d e ­ g n a ... continua a vedersi a n d a r sem p re peggio.

— P e r il censim ento tutto tace, o, m eglio, molti lo d om andano, m a il Governo fa il sordo. E nei d e ­ putati o re g n a l’ indifferenza o si fa strada I’ opi­ nione che, g ia c c h é non s’ è fatto nel 9 1 , è m eglio ad d irittu ra aspettare che passi il d ecennio per ri m etterci in c a rre g g ia la .

Riferisco senza far com m enti, e solo, a proposito di statistica, vi darò u n a notizia e x tr a - p a r la m e n ta r e , m a che vi si riferisce : il com m . Bodio sta a tte n ­ dendo ad u n a nuova edizione, che u s c irà fra breve, dei suoi Indici misuratori del movimento economico in Italia.

L ’ annuncio è dato per gli scettici del eensim ento e della statistica in gen ere , e p a rtico larm en te poi p er gli onorevoli rapp resen tan ti della Nazione.

S e lo leggessero e lo studiassero il prezioso libro del Bodio, q u a n t e . . . . belle cose di più direbbero !

RIVISTA DEGLI ATTI DEL PARLAMENTO

Colonie, Colonie, Colonie e.... Influenza!'

I lettori non si spaventino, non passerò in rassegna tutti i discorsi su questo agitato tem a, destinato finora a ll’ equivoco, sotto uom ini e m inisteri di colori d i ­ v e rs i, dei q u a li nessuno volle d ire al paese quello che colle Colonie si v u o le o si e s c lu d e , per la ra ­ gione sem p lic is s im a, che probabilm ente non si sa nè l ’ uno, nè l ’ altro.

Ed è c o s ì : il popolo pensò alle Colonie, com e on possibile lontano ristoro a g li affamati, che scappano terrorizzati dal fisco; i politicanti le riten n ero un tema da ga b b are il popolo, aprendo le v a lv o le alla poli­ tica d elle a v v e n t u r e ; i go v e rn i, dopo l’ invenzione del trasform ism o, vi rin v en n ero u n mezzo di r e g ­ gersi nei tram poli n e ll’ acrobatism o po litico ; i m i l i ­ tari, una v ia meno difficile alle promozioni ; e gli appaltatori, i provveditori, i m e rca n ti d elle pubbliche m iserie, u n ’ alea da a v v e n tu ra re contro la penuria d e lle crisi. — A b b a -G a rim a a v v e rtì tutti che l ’e q u i­ voco stava p e r cessare, con va ria responsabilità di tutti. Solo la diplom azia p arv e esservi stata estranea ; tanto è che l’ on. B lanc non ne a v e v a capito n u lla .

L ’ E co n o m ia, fino da S m ith , a v ev a dim ostrato coi fatti ciò ch e p areva gu a d a g n o , si poteva p erd ere

colle C o lo n ie : ma chi bada più nei tempi nostri alle fisim e di questa vecchia brontolona, l’ Econom ia clas­ sica, di fronte ai nuovi doveri dello Stato, alle in ­ dispensabili sue funzioni in prò d elle classi d is e r e ­ date, al di cui b euessere bisogna p ro v v ed ere colla espansione a ll’ estero, e col re g im e-p ro v v id en z a allo in te r n o ? Perciò l’ Italia fu spedita a ric e rc a re in fondo al M ar Rosso le c h ia v i del suo a v v e n ire perdute nel M ed iterra n eo ; e l’ illustre P. S . M ancini, il q uale da professore di diritto Internazionale, in splendide le ­ zioni contro il preteso « diritto a ll ’ intervento », lo n eg a v a anche per il pretesto di im p o rtare la libertà e la civiltà ai popoli, staccandosi dalle teoriche posto su da Cousin e da P. Rossi — ebbe la sv en tu ra di farsi padrino d elle nostre im p rese african e, battez­ zando la Colonia E ritrea !

Nel n. 4-67 degli A tti della C a m e ra si legge che l ’ illustre professore « a v eva condisceso » a l l ’ impresa coloniale « per u n ’ azione parallela coll’ In g h ilterra » - D eplorevole condiscendenza, in v e rità , ad un a politica coloniale parallela tra una g ra n d e nazione, che fa i suoi conti a sterlin e d’ oro, con u n ’ altra, che vuole

diventare, ch iuden do i suoi sbilanci passivi a lirette di carta !

Da ciò la g ra n d e confusione delle lingue, per cui non è mai stato possibile fra noi un concetto chiaro, intelligibile quello che colle Colonie si potesse, si volesse, si dovesse fare per g u a d a g n a r v i.

Q ualche oratore voleva eccitare la fibra di codesta generazion e procacciante, rico rren d o à g li esem pi dei gra n d i antichi ro m a n i.... a proposito di C olonie !

S istem a coloniale rom ano, v e ra m en te la storia non ne riv e la ; anzi, I’ urto con C a rtagin e — ered e dei fenici — pare dica l’ opposto. Lo spirito di conquista risalta m eglio dalla storia di R o m a. — I nostri pro­ genitori latini colonizzavano le p lagh e v ic in e e poi le lontane, com e M enelik colonizzò i Galla, i Lasta, gli Uollo, traendone sch iavi popoli e re, a decoro d elle feste trio n fa li: essi portavano la civiltà, peggio di Cortes nel M essico, d om inand o, più che coi com ­ m e rc i, colle a rm i, ta glieggian d o i vinti, soggetti ai loro proconsoli predoni, i quali trovavano, se a c c u ­ sati, avvocati difensori in Roma n e ’ deputati del tempo, com e l'illu s t r e M. T. C icero n e in favore dei pred atori della S a rd e g n a .

Q uelle erano belle C olonie!

E la storia ci insegna ancora ch e a colonizzare così non ci si lu c ra , perchè vien e il giorno della vendetta a favore dei v in ti: e allora A nnibaie si ac­ cam pa in Italia, ed i b arbari vanno poi a loro volta a colonizzare le ca m p a g n e rom ane.

Ma i ro m a n i alm en o sapevano di razziare, e lo d icevano, proporzionando i mezzi a ll’ opera, come l’ on. Bovio d im ostrò, confutando i conquistatori pigm ei d e ’ tempi nostri, i quali reg a la n o ai barbari d en ari ed a rm i, e preparano i mezzi a lle grandi conquiste, tassando le scatole de’ fiam m iferi.

In tutta questa faccenda d ell’ E ritrea l’ economista lib erale vi sco rge la conferm a della incapacità dello S ta to , a llo rch é ecced e l’ azione sua necessaria di g o ­ verno, e le difficoltà, cui si va incontro in queste stesse funzioni, quando esse' im portino qualcosa oltre il s em p lice e puro governo.

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14 giugno 1896 L’ E C O N O M I S T A 377

deva il nem ico distante da 3 a 4 0 0 chilom etri e lo si -trovò v i c in o ,. quando era appena a 2 0 . — Lo si credeva arm ato in gra n parte ancora di lancio e lo si trova con più di 8 0 m ila fucili Rem irigton, W e lte rly , e di ultim o m od ello: non doveva posse­ dere a rtiglie rie , e m and ava le palle da cannone a spazzare il piazzale di M nkailò: si facevano avanzare le nostre truppe, senza possibili vettovaglie e senza munizioni da g u e r r a . — Ci vuole di più per s ta ­ bilire l’ insufficienza dello S t a t o ?

Peggio se lo considerate alla prova di colonizza­ tore, allorché paga i coloni a giornata, com e paga gli askari, e li pone a coltivare i sassi p er perdervi anche le sem enti, anticipando ogni cosa il pubblico tesoro, cbe avrebbe fatto opera più benefica e p ro­ ficua, sussidiando i poveri contadini calabresi, siculi e sardi.

Ed i coloni ci d ichiarano che se rica v av a n o q u a l­ che profitto d all’ opera loro, proveniva dal lavoro di terrazziere alle fortezze; ritornando in Italia perfet­ tamente m endichi. Così sono sciupati da un paese povero circa 4 0 0 milioni, per la intrapresa colo­ niale, o p e ra -e funzione di Stato.

Quindi neppure per le com petenze in discusse — quali quelle della g u e rra — pare che lo Stato in Italia abbia una preparazione sufficiente : tutte le relazioni accertano il difetto dei mezzi logistici, tanto da far tem ere, p er una nuova g u e rra , im perdonabili im previdenze.

Ora, che ne dicono i socialisti di questo Stato che non sa o non può fare quello che d eve, se m ai nel loro vaporoso collettivism o dovesse provved ere a tutte le funzioni, che noi privati ora gli r is p a rm ia m o ? F iguratevi, il giorno in cui gli Intendenti lasciassero m ancare i viveri nei magazzini socializzati; che a l­ legria per gli affamati del socialism o !

Non pertanto, contro a vven im en ti così funesti del nostro sistema coloniale, ci fu chi vide con risen ­ timento il pericolo di sm etterlo. — Y i p a r e : r i n u n ­ ciare al trattato d’ U ccialli, dopo che lo abbiam o d e ­ nunziato a ll’ E u ro p a, ed essa ne ha preso a tto ! Ma come non si sente il dover:', di m a n ten erlo ?

Dovere di fare il curatore, per chi dim ostra che è m a g g io re n n e ; e di farlo a chi da prim a dell’ era volgare ha saputo farne a meno di cu ra tele d’ ogni specie ?

Nessuno ha poi spiegato quali sarebbero stati i nostri doveri verso gli Etiopi : dovevam o in se gn a rli forse a fare la g u e r r a ? o costringerli alle arti della pace che conoscono, ma non credono per ora d i­ gnitoso per essi di e s e rc ita re ?

Ai doveri verso gli altri antecedono sem p re qu elli verso sè stessi, e la nostra pretesa m issione di c i­ viltà contro popolo così belligero in A frica costituiva e costituisce motivo di nostra debolezza in Europa, dove abbiamo il dovere di d ifendere la nostra esi­ stenza econom ica e politica.

E ppure non ostanti ragioni così evidenti vi fu chi nella C am e ra deplorò l’abbandono della colonia, sicuro che la suprem azia d e ll’Abissinia ci cond ur­ rebbe a q u ella del M ar Rosso, perchè l’a v v e n ire del mondo sta ad ovest di quel m a re, su ll’ alta v a lle del Nilo, verso i gra n d i laghi dell’ E quatore, dove, pare, si vorrebbe farci a rriv a re per via M a ssa u a -C a s- sala ecc.

È un po’ lu n ga, e per a rriv a rv i d ovrem m o tra ­ scinarci appresso una turba di m iserab ili, quali pos­ sono p resu m ersi da a lc u n e cifre di m orti del 4 8 9 4

— per pellagra 3 , 0 2 8 ; per febbri m a la ric h e 4 3 ,2 9 6 ; per tifo 4 3 ,5 2 7 ; per diverse m alattie infettive 27 ec. circa — e tutto ciò si sospetta, perchè incarito da tassa il sale, il pane, il vino, la c a rn e , il caffè ecc.

Curiosi poi coloro che asserivan o necessaria la g u e r r a a fondo per l’ E ritrea , alla salvezza delle istituzioni ; ciò che lascia supporre la m onarchia r a p ­ presentativa sostenuta e difesa in cam pi trincierati ! Ci fu chi disse la pace- un disonore ; com e se a m an­ tenersi onorati gli uomini debbano sgozzarsi re c i­ p ro c a m e n te ; e così si vuole in civilire l’ A bissinia t — S i proclamò la pace com e il fallim ento della nazione, da riv erb era re luce fosca in Europa ; la q u a le , penso, che avrà da ra lle g ra rs i, vedendoci possibilm ente r i n ­ saviti, coltivando le nostre terre incolte, anziché co n cim are a carn e u m an a le brulle roccie d ell'A ltis­ s im a. Ci fu finalm ente chi deplorò si rinunziasse al risarcim en to d elle g ra vi perdite, m e rc è il tanto s v i­ luppo del continente coloniale. E non si è m ai detta corbelleria più m a rch ia n a di questa ; da che non yi è caso n ella storia coloniale che la m a d re -p a tria possa dirsi rim borsata d elle spese di conquista e m antenim ento della conquista. C hiedetene a ll’ Olanda e a ll’ In g h ilterra , popoli colonizzatori, non che al Portogallo, alla S p a g n a ed alla F ra n c ia .

Intanto, colonie si m antengono, perchè q u e lli che pagano sono diversi da coloro che le sfruttano : il popolo che subisce le s p e s e ; la burocrazia m ilitare, a m m in istra tiv a , politica ne profitta — i provveditori di derrate o munizioni da g u e rra vi gu adagnano e P antalone paga.

Sono questi i g u a d a g n i d elle c o lo n ie: S a re m o r in s a v iti?

È difficile con una cultura econom ica così poco diffusa, e con i polipi, di cui gli interessi individ uali sanno attorniare Stato e colonie in un re g im e g o ­ vernativo intromettente. Così vero , che, non ostante i disastri coloniali, non si vuole rin u n z ia re decisa­ m ente alle colonie e tanto meno a lle Influenze.

Curioso questo vocabolo : Influenza ! Con esso soleva esprim ersi quel brutto m alanno che, partito d alle regioni nord ich e, non sono molti anni, ha pro­ gredito, allagand o tutte le regioni di E urop a, colle sue degenerazioni bronchiali e polm onari, m ic id ia ­ lissimo, noioso sem p re. Invece nella politica in te r­ nazionale oggi s’ intende per Influenza uno speciale diritto di sorveglianza sovra un determ inato te rri­ torio d i e non ci appartiene, ma che vogliano non possa ap p arten ere ad altri. L a nazione influenzante

fa, a buon conto, la g u a rd ia , com e fa il cane n e l­ l’orto, che non m angia i cavoli, m a non li lascia m a n g iare . E con questo titolo le nazioni c iv ili della razza bianca, avendo rinunziato a lla s ch iav itù delle razze colorate, si sono costituite recip ro cam en te q u a li carab in ieri o g u a rd ie , sorte per in civilire , si intende, coloro che non sarebbero più sch iavi, m a sem plice- m ente influenzati, soggetti, obtorto collo, a ricev ere le m anifatture ed a co n segn are le loro d errate al- l’influenzante od a chi per esso. S a in questo ter­ ritorio però si com pra q u a lc h e s p iaggia da u n s u l­ tano, o se ce lo ced e m e rc è un a ren d ita annua, allora si ha u n ju s in re, si d iven ta padroni, si ha un a piccola a rm a ta per difendersi, si capisce, dai predoni barb ari, spendendo i denari nostri, esaurendo i contribuenti, e fom entando colla m iseria le rapine nel territorio italiano. Il dazio inform i.

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