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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.23 (1896) n.1169, 27 settembre

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I ’ ECONOMIST A

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXIII - Voi. XXVII

Domenica 27 Settembre 1896

N. 1169

PROVVEDIMENTI PER LE BANCHE DI EMISSIONE

I provvedimenti presi dal Ministero del Tesoro circa il Banco di Napoli, hanno destato naturalmente una discussione vivace nella stampa periodica e sono evidenti i segni che i giudizi non sono scevri dalla passione politica. Volendo essere imparziali non si può a meno di riconoscere che le misure prese dal Ministro andrebbero giudicate soltanto conoscendo le cause che le hanno determinate e lo scopo a cui mirano ; ora per il momento nè 1’ una, nè 1’ altro sono noti e in materie così delicate è pericoloso il procedere per congetture.

L ’ on. Luzzatti, assumendosi il compito di fare un altro passo nella riforma delle Banche di emis­ sione, ha certamente risollevata una questione molto grossa, che, come già si è visto nel passato, ha dato del filo da torcere a molti Ministri ; ma fon. Lu z­ zatti è tra i pochi, che conosce la importanza del problema e le difficoltà di ogni genere che presenta; onde è a credersi, che, se ha preso a discuterlo e ne ha promessa una soluzione od almeno un nuovo passo verso la soluzione, sappia quale via intende seguire ed abbia concretati i suoi piani.

Certo la scelta del comm. Miraglia a direttore è sotto molti aspetti commendevole, tanto per la sua vasta coltura, come per le prove di acume ed in ­ telligenza che ha date al Ministero di agricoltura industria e commercio e nelle diverse missioni a cui fu destinato.

Ma giova ripeterlo, ogni giudizio sarebbe affrettato ed è necessario attendere che i propositi del M in i­ stro sieno noti per apprezzare convenientemente la situazione quale è, e quale potrebbe diventare.

Qualcuno ha accennato a due punti come fonda- mentali delle riforme che si stanno studiando.

II primo sarebbe una diminuzione in larga misura della tassa di circolazione almeno sulle somme rap­ presentate da immobilizzazioni. E se questo fosse veramente il concetto del Ministero non potremo che lodarlo. Le immobilizzazioni sono state giudicate re- plicatamente in Parlamento e fuori, come la parte non sana delle operazioni fatte dalle Banche di emis­ sione ; e furono giudicate così, non solo perchè non rispondono alle esigenze di Istituti, che hanno il pri vilegio della emissione, ma anche, e più, perchè sono impieghi che non rendono o rendono pochissimo e perchè sono di difficile realizzazione. È quindi per Io meno assurdo che lo Stato, il quale ha pur escogitati tanti provvedimenti per risanare gli Isti­ tuti di emissione, esiga una larga compartecipazione su quegli impieghi, che sono condannati, perchè non

utili agli Istituti stessi, nè come reddito, nè come in ­ vestimento di capitale. Se le immobilizzazioni rap­ presentano - come molti scrittori hanno asserito - il fatto più deplorevole di un’ epoca di follia ; e se azionisti e pubblico direttamente od indirettamente sono chiamati a concorrere per affrettare l ’ammor­ tamento di quelle operazioni, è inconcepibile che lo Stato approfitti anche di questi disastri a cui « la follia » ci ha condotti, per defalcare una parte con­ siderevole di quegli scarsi redditi che dovrebbero servire all’ ammortamento.

Sarebbe tempo quindi, che una voce autorevole e coraggiosa sostenesse in Parlamento essere non solo utile ma giusto cessare da questa specie di « spo­ gliazione di cadaveri », a cui la tassa esorbitante della circolazione sulle immobilizzazioni rassomiglia.

P iù volte furono presentate al pubblico le enormi differenze di tributo, a cui sono soggetti gli Istituti di emissione italiani a paragone di quelli degli altri paesi. E più volte si è rilevato la contraddizione che mentre i M inistri in Parlamento lamentavano l’ alto saggio dello sconto in Italia, il fisco di questo saggio ne prendesse una parte cospicua. Perciò ci aster­ remo da qualunque citazione, ed attenderemo che il provvedimento sia preso, per applaudire il Ministro che lo proponesse e sostenesse.

Meno sicuri nel giudizio nostro saremmo per il secondo concetto, che si attribuisce al Ministro, come fondamentale della sua riforma bancaria, quella cioè di separare nella Banca d’ Italia la gestione delle immobilizzazioni da tutto il rimanente ; lasciare ai vecchi azionisti la liquidazione del passato e chia­ marne di nuovi per fondare una banca nuova. A parte le disposizioni speciali dirette alla attuazione di simile concetto sulle quali non è luogo ora di discutere, ci pare però che nelle linee generali questo progetto che si attribuisce - crediamo senza fondamento - al Ministro, somigli molto alla con­ clusione, a cui si giunge nell’ articolo pubblicato nella Nuova Antologia dal comm. Frascara. E gli infatti propugnava la istituzione di una nuova Banca con capitale in oro, a cui fosse affidata la emissione ; e proponeva che alla Banca attuale d’ Italia fosse lasciata la liquidazione delle immobilizzazioni.

Tale progetto può anche essere ingegnoso e fino ad un certo punto radicale ; ma stanno contro di esso alcune obiezioni di qualche importanza, sulle quali è utile fermarsi alquanto.

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610 L ’ E C O N O M I S T A 27 settembre 1896 avere tra noi. La Banca Romana per il lungo pe­

riodo, durante il quale le irregolarità più gravi, an­ che note, hanno potuto mantenersi; — il 'Banco di Napoli e la Banca d’ Italia per l ’ ammontare delle operazioni non felici e non conformi nè alle leggi nè alla pratica bancaria, rappresentano fatti che non possono per ora e per molto tempo ancora, se non distogliere il capitale da applicarsi in quella indu­ stria. I lettori ricorderanno che ora non è molto le più cospicue personalità finanziarie si sono riunite, allo scopo di raccogliere alcuni milioni per man­ tenere in vita ¡a Società di Credito Mobiliare, e non sono riusciti tutti insieme a sottoscrivere una cifra, che fosse decentemente presentabile al pub­ blico. Da questo lato quindi crediamo una utopia, per ora almeno, il pensare alla possibilità di rac­ cogliere un importante nucleo finanziario nazionale e meno ancora crediamo possibile per ora 1’ inter­ vento del capitale estero a tale scopo.

E tanto meno è a ritenersi possibile la istituzione di un nuovo Istituto bancario, quando i fatti dimo­ strano già la mancanza di affari sufficienti per ali­ mentare un buon portafoglio. Le Casse di Rispar­ mio, le Banche popolari e quei pochi Istituti di cre­ dito ordinario, d ie sono rimasti in vita o che si sono recentemente costituiti, assorbono essi ormai una parte così ragguardevole alla buona clientela, da non lasciare agli Istituti di emissione, meno liberi, e più riguardosi, per l’ esperienza fatta, nei loro fidi, una massa sufficiente di affari. E d’altra parte nella necessità in cui si trovano le casse di Risparmio, le Banche popolari e gli Istituti di credito ordinari, di impiegare il loro capitale disponibile, che afflui­ sce abbondante agli sportelli appena appena l ’Istituto ispiri una sufficiente fiducia, non è a credersi che, costituendosi una Banca nuova di emissione, questa riuscirebbe a strappare la clientela, la quale sarebbe tenacemente tenuta vincolata dai minori Istituti.

Per ora quindi la costituzione di una nuova Banca non avrebbe nemmeno la attrattiva della abbon­ danza degli affari; ed è noto che non ¡spetta ad una Banca di emissione il compito di stimolare gli affari nuovi, ma invece è suo ufficio sorreggere i migliori, tra quelli che gli altri Istituti di credito hanno contribuito a far sorgere.

In ogni modo, anche se queste obiezioni non avessero tutta la importanza che appare ai nostri occhi, un’ altra considerazione ci spingerebbe a non accogliere un simile provvedimento ; ed è che esso sarebbe ingiusto verso gli azionisti della Banca d’ Ita­ lia. Non si ripeterà mai abbastanza, che se la Banca d’ Italia si trova ora in condizioni tali da essere in grandi difficoltà nel dare ai suoi azionisti un pic­ colo dividendo ; se ha tutto il suo capitale e qual­ che cosa di più incagliati ; se infine le sue azioni stanno al disotto della pari, in gran parte è dovuto a) Governo, che ha non solamente tollerato, contro ciò che era suo dovere, gli atti irregolari, che hanno condotto a tali conseguenze, ma, quanto ha potuto, ha spinto la Banca sulla via non legale.

Tutto questo è noto ed è stato riconosciuto ufficial­ mente in molti atti del Parlamento e del Governo ; - sarebbe pertanto addirittura iniquo togliere ora a questi azionisti, ai quali or non è molto si sono do­ mandati trenta m ilioni a fondo perduto, il privile­ gio della emissione, per lasciar loro soltanto la li­ quidazione delle immobilizzazioni, cioè quelle soie operazioni che, secondo la legge, il Governo aveva

1 lo stretto obbligo di impedire che fossero compiute. Non abbiamo fatte queste considerazioni per dare importanza soverchia alla voce che corre essere il Ministro Luzzatti entrato in quest’ ordine di idee; noi crediamo anzi che altra e molto diversa sia la via, nella quale sono stati rivolti i suoi studi. Ma la voce stessa ci ha offerto così la occasione di espri­ mere il nostro parere anche sulle conclusioni, a cui nel citato articolo della Nuova Antologia viene il comm. Frascara.

LA ORGANIZZAZIONE DEGLI OPERAI

nel « MEMORANDUM » dei Socialisti Siciliani

Dopo ciò che riferimmo nei nostri precedenti ar­ ticoli *) circa la crisi agricola e degli zolfi, il Me­

morandum dichiara non volersi dilungare su altre

crisi minori, come quelle delle industrie dei vini e degli agrumi, giacché procedono aneli’ esse dalle me­ desime cause, e passa ad accennare brevemente alla condizione degli operai nelle città.

E prima di tutto avverte che la miseria delle cam­ pagne determinò una grande immigrazione, che non è cessata, di lavoratori verso i grossi centri, dove perdura la fama che si viva meglio. Nessuno dimo­ strando loro che ciò era un’ illusione, l’ immigrazione seguitava pazza, disordinata. — « Non vi è un locale un ufficio dove si raccolgano e si annunzino le notizie statistiche del mercato del lavoro. Non tro­ vandosi nemmeno un luogo, un ricovero dove in ­ tendersi, dove vendere la persona con la piena co­ noscenza di quanto vale nel momento dell’ offerta, si affidavano e si affidano a bassi speculatori, a sen­ sali senza scrupoli, a schiavisti, che li ballottano da un impresario all’ altro, riducendo i loro salari e spe­ culando sul loro digiuno. Non una autorità del paese ascoltò i reclami dei lavoratori, chiedenti una Ca­ mera di lavoro, che pur esiste nelle maggiori città del Regno, senza produrre il finimondo, riuscendo anzi a spegnere la maligna razza dei sensali di carne umana, a livellare i salari, a proporzionarli equa­ mente con la richiesta di lavoro, e a mettere gli operai in condizione di misurare le condizioni del mercato e di intendersi fra loro nel comune interesse,. » Queste premesse perciò fanno capo ad un’ altra richiesta : Le Camere di Lavoro. E noi la troviamo giustissima e opportuna, senza aver bisogno di dimo­ strarlo, perchè la motivazione che precede lo dim o­ stra egregiamente. Del resto un’ istituzione siffatta esiste ormai in Italia nei più importanti e più pro­ grediti fra i centri di popolazione. In qualche luogo, è vero, ha il torto di occuparsi un po’ troppo di politica, ma ciò difficilmente, per molte ragioni, suc­ cederebbe in S icilia, almeno per un pezzo. E d’al­ tronde non è detto che non si debba volere una cosa buona, soltanto perchè può venire male appli­ cata. Però intendiamoci. Camera di lavoro significa tanto il corpo dei lavoratori che v i appartengono organizzati, quanto il loeale ove si riuniscono o fanno capo per informazioni e per discutere de’ propri in ­ teressi. L ’ associazione gli operai devono formarsela da sè. Da chi ne aspetterebbero mai l’ iniziativa? In quanto al locale puro e semplice, che non

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27 settembre 1896 L’ E C O N O M I S T A 611 sogna nè vasto nè sontuoso, nè già fornito di mate­

riale ad hoc o di impiegati, i Municipi, a cui ben poco costerebbe, dovrebbero avere l’ avvedutezza e la filantropia di concederlo senza difficoltà. Se, come pare, in Sicilia finora non vi hanno consentito, hanno avuto torto, e in questa faccenda, lutt’altro che ardua, il Commissario Civile sarebbe veramente il caso che esercitasse la propria autorevole influenza.

Una volta così associatisi gli operai, si trovereb­ bero non diciamo in condizione di dettar sempre legge, essi soli, circa i patti del lavoro, il che non sarebbe poi neanche giusto, ma di essere elemento cosciente e ragguardevole nel rapporto tra l’ offerta e la domanda. Non intendiamo dunque il perchè della proposta che segue :

Fissare le condizioni di salario e di lavoro in tutti i lavori delle pubbliche amministrazioni, co­

munque eseguiti. Forse che la legge economica del -

l’ offerta e della domanda vale soltanto fra i privati ? Non devono sottostarvi, nei lavori che intraprendono, anche le Provincie e i Comuni? Eppoi, se si guarda bene, sarebbe un’ arme a due tagli. Quando le con­ dizioni di salario fossero prestabilite, gli operai sa­ rebbero sicuri, è vero, di non vedersene imporre di meno buone neppure se un Comune iniziasse certi lavori pubblici in un momento in cui la mano d’ opera abbonda e il suo prezzo medio è basso. Ma è altrettanto vero che dovrebbero rinunziare a ve­ dersene fatte di m igliori, se, per la molta ricerca di braccia, cotesto prezzo medio fosse invece alto. E siffatta inflessibilità nella misura dei salari, è strano sia desiderata da coloro stessi che un momento fa, come abbiamo visto, chiedevano la Camera di lavoro, e non a torlo, per « proporzionarli equamente con la richiesta di lavoro, e per mettere gli operai in grado di misurare le condizioni del mercato. » Qui, o ci inganniamo, o v ’ è contradizione.

Colle riserve e limitazioni che siamo per dire, troviamo piuttosto del buono in quest’ altra proposta:

Protezione maggiore delle cooperative vere, affidando ad esse esclusivamente tutti i pubblici lavori, che oggi si dònno in appalto.

Per parte nostra cominceremo col dare subito di frego alla parola esclusivamente. I privilegi non ci piacciono a favore di nessuno. E se in un dato luogo fossero urgenti parecchi lavori pubblici ad un tempo, e ivi le Cooperative non abbondassero, oppure aves­ sero pel momento vincolati in cauzioni tutti i fondi di cui dispongono ? Sta’ a vedere che i lavori, per ipotesi necessari, si dovrebbero per questo indugiare! Dunque, esclusivamente no.

Ma il Memorandum ricorda gli sforzi fatti dagli operai più coscienti con la creazione di cooperative di lavoro e di produzione; e si vuole non sieno state esaudite le loro istanze, motivate coll’ insufficienza dei salari, che le aggiudicazioni fossero a licitazione privata senza ribassi o con ribassi mediocri. « E così le cooperative o morirono sul nascere, o in ti­ Sichirono per le scale delle pubbliche amministra­ zioni e nelle anticamere degli assessori e deputati provinciali, perchè non disponevano di quel numero di elettori, di cui disponeva 1’ appaltatore di profes­ sione ingrassante a danno della salute e della vita degli operai. E quando il paese davvero accentuò le sue simpatie e la sua protezione per le Coope­ rative, gli appaltatori se ne premunirono, creandone di proprie, aventi l’ apparenza dell’ istituzione, e con­ servando il loro potere di sfruttamento divenuto più

esoso, perchè più ipocrita. L ’ agitazione non servì che a dar loro il mezzo di ottenere i lavori pubblici a licitazione privata e senza ribassi. I lavoratori re­ starono quello che erano sempre stati. »

Qui la questione diventa un tantino più complicata. È vero: dopo che le leggi vigenti hanno concesso alcuni privilegi, sebbene non grandi, alle Cooperative, parecchie Società e Associazioni commerciali, per goderne, si mascherano appunto da Cooperative. Non ci fa specie dunque che i socialisti siciliani parlino di Cooperative vere. Hanno ragione; soltanto non cre­ diamo che qui possa provvedere nè il Commissario Civile, nè una legge speciale, che non sarebbe giusto venisse emanata per la sola Sicilia. Fra le molte parti del Codice di Commercio, la cui riforma è in corso di studio, v’ è quella che concerne le Società Cooperative. Su questo punto non sapremmo consi­ gliare altro se non che aspettare che il frutto ma­ turi. Ma nel frattempo, conveniamo anche noi che le Provincie e i Municipi, se si ispirassero a sensi di provvida benevolenza pei meno agiati, il che troppo spesso non fanno, una certa preferenza, nell’ affidare i lavori alle Cooperative vere, potrebbero usarla: semprechè, badiamo, queste non solo fossero vere, nel senso d’ essere composte di operai, ma fossero e provassero di essere anche solide, ben costituite e bene amministrate.

Altra richiesta : L'incameramento dei pubblici ser­

vizi municipali. Qui è inutile discutere. È la solita

ubbia dei socialisti, che vorrebbero riserbate le atti­ vità generali tutte allo Stato, quelle locali tutte al Comune ; insomma tutto alle Autorità, centrali o lo ­ cali che sieno. Ma per vedere quanto sieno in er­ rore, e quanto coloro, il cui scritto stiamo esaminando si dieno la zappa sui piedi, basta citare le loro stesse parole.

« In queste amministrazioni, dove non reggono i partiti, ma gli eletti dal favore e dalla protezione degli influenti e dei facinorosi, tutto diventa favore e protezione. La cosa pubblica fu l’ albero della cuc­ cagna. L ’ illuminazione, l’ acqua, i tramways, gli omnibus, i telefoni, furono lasciati a privati specu­ latori accumulanti per sè ingenti guadagni, e ingenti debiti con le amministrazioni, dove compiacenti con­ sigli eri fanno da anni votare e rivotare dilazioni e transazioni. I servizi mandati nell’ esclusivo interesse privato, furono fatti pagare carissimi — il gas in Palermo costa ai privati cent. 48 al me. — furono gestiti senza controllo nell’ interesse della pubblica incolumità, e si resero anzi pericolosi con affidarli a impiegati mal rimunerati e incatenati a un lavoro esauriente di quattordici, sedici e più ore al giorno. » E d è con questa bella riputazione che fate al Co­ mune, magari giustamente, che lo vorreste perfino conduttore di omnibus e direttore di telefoni ? Lo dipingete insapiente e partigiano, e gli vorreste ve­ dere mettere le mani da per lutto, impiantare, re­ golare, amministrare e stipendiare ogni cosa? Stareste freschi 1

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612 L’ E C O N O M I S T A 27 settembre 1896 tale bene a denunziarlo. Siete anche troppo miti

quando chiamate compiacenti ¡ consiglieri, che fanno votare dilazioni e transazioni a favore di appaltatori indebitati col Comune. Chiamateli addirittura diso­

nesti. Ma non spingete I’ odio contro gli appalti fino

a chiedere che il Comune, così disadatto, amministri in economia anche i servizi che a ciò non si pre­ stano. Vogliate piuttosto appalti ben fatti; questo si. E poi pretendetene l’ applicazione scrupolosa da tutte le parti. E all’ uopo adoperatevi, perchè si eleggano consiglieri comunali probi e valenti. Il corpo elet­ torale vai poco? Scuotetelo, istruitelo, fate propa-

anda. (Epperò, pur giudicandolo liberamente, ait­ iamo applaudito alla pubblicazione del vostro Me­

morandum). — C’ è adesso un Commissario C ivile ?

Benissimo, rivolgetevi a lui, come avete fatto, acciò col reprimere gii abusi dissuada altrui dal perpe­ tuarli.

Grandi verità sono quelle enunciate come segue : « E nelle istituzioni di beneficenza si crearono dei corpi d’ esercito di impiegati, aventi l’ obbligo nominale di prestare servizio tre volte sole alla set­ timana e per poche ore al giorno, salvo a non ren­ derne alcuno, riuscendo solamente a consumare nel loro interesse il patrimonio di esse. E attorno alle maggiori si formò come una catena fitta di fornitori in credito raddoppiami per gli anticipi fatti il prezzo delle forniture, e di usurai, che resero la loro esi­ stenza, già difficile per deficienza di mezzi, quasi impossibile. — Intendiamo parlare principalmente dell’ ospedale civico di Palermo, alla cui porta hanno battuto inutilmente gli ammalati, morti qualche volta nella pubblica via, e che pure avevano contribuito in vita a elevare sontuosi teatri, a piantare ville pub­ bliche e a decorare con milioni di spesa poche sale al palazzo comunale. — Nessuno si arrischiò di met­ tere mano alle altre Opere pie, aventi uno scopo di beneficenza non più rispondente ai bisogni del tempo. Nessuno pensò di trovare il modo di in d i­ rizzarle verso la beneficenza ospedaliera, verso l’ isti­ tuzione di case di ricovero o di altre di símil genere. » Noi pure sottoscriviamo senza riserva alle due r i ­ chieste :

Risanamento delle città ;

Sviluppo e creazione degli istituti di lene intesa beneficenza.

Esse chiudono la serie non breve che Siam venuti commentando. E il Memorandum si chiude con un piccolo riassunto, di cui diremo in un prossimo ar­ ticolo, che sarà l’ ultimo.

L’ EMIGRAZIONE SARDA1)

IH.

P e r c h è s i e m i g r a .

A ll’ Onor. Direttore dell' Economista.

FIRENZE

Chi mi ha seguito fino a questo punto, sa già perchè si emigra dalla Sardegna. Ragione precipua ne è quel sentimento naturale, prima che umano, della propria conservazione; e quella previdenza,

*) V e di il N . 1167 dell 'Economista.

eminentemente umana che, per soddisfare al bisogno istintivo della natura, ci conduce alla ricerca di una residenza stabile diversa, quando si disperi di m i­ gliorare, là dove ci troviamo.

È una verità palmare codesta, formulata non dalla « economia classica », ma dalla costante osservazione ed esperienza universale, in tutti i tempi ed in tutti i popoli, da’ più c iv ili a’ più selvaggi.— Dissero che si emigra in traccia di avventure; no: lo smentisce la storia in generale e, nel caso, l’ emigrazione sarda : 10 spirito di avventura non ci appartiene. Noi non avremmo avuto mai un Colombo, un Vespucci, un Vasco di Gama. Il sardo non si è mosso mai a sco­ perte lontane, nè ha abbandonato nel passato il suo paese neppure per sfuggire governi pessimi. Com­ battuto dai romani, o depredato dai saraceni, si è ritirato ne’ suoi monti, non ha passato i mari. Se è vero, come ricordo d’aver letto, che nelle piramidi o sarcofaghi egizi si vedono sculti sardi costumi, sa­ ranno ivi ricordati prigionieri, schiavi o gregari, certo non invasori.

Quindi ora si emigra perchè si sfugge alla fame, perchè si dispera di una migliore condizione eco­ nomica, come in alcuni altri paesi di emigrazione. E se i governi europei continuano nella politica di affamare i popoli, questi, finché sia possibile, con­ tinueranno ad emigrare, salvo a ricorrere ad altri spedienti più disperati, se quella politica non cambia.

*

-V- *

V i scrivo da un paese posto sulle pendici delle montagne, che stanno a N. 0. di Cagliari, donde appunto, in giornate serene, questo villaggio è v i­ sibile e vi si distingue una bianca macchietta, la Chiesetta del Carmine, che sta un cento metri sopra l’ abitato, in mezzo ad un ridente colle coperto di giovani pini, a cura del Comune, che ripara così alla incosciente distruzione delle foreste fatta dagli avi, dando un esempio, più unico che raro nell’ isola, di rimboschire a sue spese, piantando, finora, più di trentamila alberetti, senza aver potuto ottenere un obolo dallo Stato, che ha preferito spendere centi­ naia di mila lire ne’ saggi agricoli della Eritrea !

Il paese dista da Cagliari K il. 33, dodici da San Gavino, la più prossima delle stazioni ferroviarie delle

Reali. Contava 3191 abitanti di popolazione censita ;

11 Segretario del Comune m’ informa che ora ne ha 3800 di calcolata; la massima parte è in paese alcuni sono fissi a lavorare in poche miniere ancora aperte. Il popolo è intelligente, sano, abbastanza ro­ busto, ed anche abbastanza operoso.

Per la sua posizione, per la natura del suolo, per le sue condizioni orografica, idrografica ed in ge­ nerale climatica, il paese si presta eccellentemente alla coltivazione della vite, degli olivi, de’ mandorli, de’ ciliegi, de’ peschi, de’ peri e, in generale, di tutte le frutta. I sugheri, gli olivastri, i peri selvatici vengono spontanei; parimente il leccio, in alcuni siti il castagno, nelle vallate, comprese quelle del paese, vi prosperano gli agrumi.

*

Ne’ tempi andati il paese seminava pochissimo, essendo le terre senza concime, inadatte alla coltura de’ cereali ; tant’ è che i terreni seminativi aperti, a

viddazzone, erano sotto la giurisdizione di altri feudi

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27 settembre 1896 L’ E C O N O M I S T A stiame numerosissimo, fra interne e lontane foreste

vergini di elei, atte specialmente alla grassa de’ suini ed alla produzione delle vaccine e delle capre. Si coltivava bene in esteso la vigna, ricavandone dal vino l’ acquavite, percui Villacidro ebbe ed ha una reputazione meritata; — e si vendeva, in parte a contanti, nel paese, in parte si barattava ne’ paesi della pianura.

Allora la donna villaeidrese, dal maggio a settem­ bre, co’ suoi bambini si recava nel Campidano, nella Trexenta, nella Marmilla ecc., impiantando ne’ v il­ laggi di queste regioni una botteguccia per lo spaccio del liquore alcoolico, in cambio di frumento, fave, ceci, orzo, lenti, cicerchie, trasportati al paese da carri, che li fornivano dell’ acquavite. — Si conta­ vano allora in Villacidro più di 160 alambicchi, alcuni impiantati nelle stesse regioni montane, ove trova- vansi le viti, non soggetti ad altra tassa, tranne mezzo scudo sardo (L . 2,40) a favore del protomedicato di Cagliari, che dovea sorvegliarne la fabbricazione sotto l’ aspetto igienico,ed esatta dal medico locale, senza spesa del fabbricante. — Il viandante villaci- drese a cavallo — in Sardegna le strade rotabili si iniziarono nel -1877 — carico di otri, provvedeva l'acquavite a tutto il Sulus, regione allora ricchis­ sima, a tutta la parte superiore dell’ isola, inoltran­ dosi, talvolta, sino a Sassari.

Tutto questo ora è distrutto: prima la natura col crittogama, poi le leggi di finanza, crittogama peg­ giore, hanno quasi reso impossibile la produzione dell’acquavite, sottoposta dal Magliani alla stessa tassa dell’alcool, mentre qui, fabbricata a caldo, facendo bollire il vino coll’anice, ha una graduazione inferiore di più della metà dell’ alcool anidro. Poi si scara­ ventarono leggi, regolamenti, istruzioni, circolari e guardie, con vincoli e tasse sulla circolazione, ven­ dita e produzione, da far sì che non rimanessero in esercizio due o tre piccoli alambicchi agrari ed una fabbrica, spesso chiusi, mentre lo Stato mantiene nel paese una stazione di guardie di finanza, per impe­ dire ai cittadini di lavorare. Ed anche questo è un sistema di buon governo!

E si noti che contemporaneo fiorì il nuovo si­ stema doganale, che ha tolto ai vin i sardi la richiesta della Francia, mentre si. favoriva la distillazione dell’ alcool nelle grandi fabbriche, tratto da cereali importati dall’ estero. Una politica economica vera­ mente ammirabile ! E ci fu un Ministro, veramente non di finanze, il quale, rispondendo in Parlamento a chi dolevasi dell’ ingorgo de'vini nell’ Italia m eri­ dionale, per effetto di cattive leggi, rispondeva che l’eccesso dipendesse da una sovraproduzione e con­ chiudeva con questa eresia economica, a cuor leg­ gero : « Se v i sono troppe viti, estirpatele » — e sono questi che hanno fatto l’ Italia !

Deve allora sorprendere che si sia abbandonata, in massima parte, la cultura della vigna, che richiedea tanto lavoro di braccia — diventate ora una sopra-

produzione inestirpabile — lasciando il terreno a

pascolo, che ne domanda pochissime ? Nonpertanto mutalo così radicalmente il sistema agrario ed il reddito, restò immutata la tassa fondiaria, ed il con­ tribuente vessato abbandonò la sua proprietà al fisco. La finanza, l’ esattore, sono l’ idra, la bestia nera del sardo. Su Ctimmissariu — messo alle esazioni — è continuamente nel cervello di ogni agricoltore sardo

613 o vegli o dorma. Quello di questo paese mi informa che nell’anno scorso di 66 subaste, sole 10 si r i­ sparmiarono col saldo debito de’contribuenti, e delle altre 56 la maggior parte finì con la devoluzione al demanio ; quest’ anno non frutta fresche, non man­ dorle, non olive, non cereali, probabilmente scarso il raccolto de ll’uva, rinvilito il prezzo di tutti i pro­ dotti agrari, le subaste saranno più numerose ancora. Un contribuente in siffatte condizioni, senza lavoro, o male rimunerato non dovrebbe emigrare?

*

* *

S i badi, che se è poco florida la condizione degli emigranti suddescritti, peggiore assai è quella di co­ loro che hanno il carico di due, tre, o più bambini, e non sono pochi.

Un tempo — ed io l’ho conosciuto — i figli, specie maschi, erano per il lavoro della terra una benedi­ zione di Dio. Superata 1* infanzia, venivano occupati in lavori agrari, talvolta anche superiori alle loro forze — lo sanno i registri di leva per la cifra dei coscritti di V illacidro inabili al servizio militare ; — diventavano boari, famigli, e si accasavano, dopo lungo servizio, quando col lavoro e co’ risparmi aveano contribuito alla famiglia e si erano prepa­ rato la casa, la vigna, un frutteto e, talvolta, un paio di buoi col carro : matrimoni imprevidenti allora rarissimi.

Oggi la previdenza è cacciata via dalla povertà, che ha procreato gli scettici : e per molti, vada come vuole l’ avvenire, sfoghi il maschio la sua momenta­ nea passione, e nasca quel che sa nascere ! Le bet­ tole sono sempre in aumento, non ostante la tassa di esercizio, gl’impacciosi regolamenti di polizia e la ricchezza mobile. Ivi, non di rado, fra un bicchiere e l’ altro si combinano le grassazioni e, nelle Assise di quest’ anno, a venti e più villacedresi furono l i ­ quidati parecchi secoli di reclusione.

E talvolta la previdenza, riesce pure insufficiente. Interpellato da me un giovane adulto, di bella taglia, forte e buono agricoltore perchè partisse spen­ dendo anche del proprio, mi ha risposto : — « Che resto a fare? il puro bracciante, no; qua, lo potessi, non voglio farlo; lo farò altrove e, se Dio mi aiuta, tornerò ancora per fare l’ agricoltore. Senta - mi disse - due anni fa aveva quattro buoi, co’ quali seminava a conto mio e lavorava a’ trasporli del carbone dalle foreste alle stazioni ferroviarie di Siliqua e Domus- novas. Nel 1894 l’ epizoozia mi ha tolto via due buoi. Ridotto a due, mi limitai ai lavori agrari ; seminai nel 1895 tre ettolitri di frumento o ne raccolsi ap­ pena dodici ; ne ho avuti quattro di fave e due d’orzo. Di peggio, nell’ inverno mi è morto un altro bue ; allora ho venduto 1’ ultimo, non potendo comprarne altro che a credito, quindi molto più caro e crean­ domi un debito, che non era sicuro di pagare. Me ne vado affittando la casa ed incaricando un altro di lavorare i pochi miei beni per pagare le imposte. Quindi parto senza debiti, pagando 125 lire di nolo sino al Brasile, perchè sono celibe. Se avessi avuto fortuna mi sarei accasato, scegliendo una buona ra­ gazza per costituire una famiglia; ma creare, nelle condizioni mie attuali, una sventurata di più, mi ripugna. Se nelPAmerica potrò fare una piccola for­ tuna, bene, se no, avvenga quel che vuole avvenire.

Che doveva io rispondere a chi ragionava così assennato? G li augurai buon viaggio e buona fortuna.

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014

V

E C O N O M I S T A 27 settembre 1896

fra nostri quelli della Sardegna Cattolica —• i quali con molto fervore ci dicono: Create delle Casse Rurali, istituite mezzi di previdenza, assicurazioni sul bestiame etc., per ovviare alle tristi evenienze. Desidero di cuore che riescano nel loro intento; ma perchè Istituti di credito, applicati all’ agricoltura — il cui reddito è sempre incerto — sussistano e fio­ riscano, bisogna sia probabile che i mutuatari pos­ sano far fronte a’ propri impegni, tanto più se si tratta di obbligazione solidaria, come nelle Casse Rurali o Cooperative della Germania. Ed è pur ne­ cessario che la proprietà fondiaria abbia un valore indiscusso. Si provino in alcuni nostri villaggi col nostro organismo legale, co’ nostri codici, con la tassa sugli affari ed altre; e, se non mutano le con­ dizioni economiche presenti, i mutui agrari servi­ ranno a tappare i buchi di altri chiodi ; ed allora figurarsi la certezza della restituzione de* mutui e la floridezza degl’ Istituti !

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Perchè l'emigrazione sia impedita realmente in questo come in altri paesi della Sardegna, occorre ben altro che circolari prefettizie e ministeriali; oc­ corrono riforme molto serie, radicali e pronte nelle varie amministrazioni dello Stato, delle provineie e de’ Comuni. La questione è complessa e sempre più urgente; — non si dirà da gente seria e pratica che tutto si ha da fare in un attimo, ma bisogna principiare col deliberato proposito di far bene è con un pro­ gramma ben fissato, dopo conosciuto lo stato vero del paese.

Urgenti sono più che mai le riforme nelle leggi di finanza concernenti le tasse dirette ed indirette, che colpiscono gli umili per creare la vita a buon mercato, supremo intento dell’ Economia classica, realizzato, in gran parte, dalla finanza inglese. B i ­ sogna sopprimere tutti gli ostacoli al lavoro, i quali favoriscono certe classi a detrimento delle altre, come avviene con le tariffe doganali e co’ premi a certe industrie e co’ vincoli creati da pretesti esagerati, disotterrando così il vecchio arsenale del sistema proibitivo e protettivo e modellando leggi sulla car­ cassa delle antiche corporazioni di arti è mestieri.

L e leggi doganali hanno una influenza così pro­ fonda, da sentirsene gli effetti, anche laddove non si pensi. La speranza di un alto prezzo del frumento ha determinato qua, dove mi trovo, il maggiore abbandono della coltura intensiva della vite, già per­ seguitata dal fisco, per sgherbire terre vergini nelle pianure di Yillasor ed altrove, ove, dopo i primi raccolti, i coltivatori s’ impoveriscono con le spese di una coltivazione devastatrice e lontana e con scar­ sissimo prodotto. Ringrazino i politicanti agrari.

L e riforme amministrative s’ impongono per sce­ mare le spese obbligatorie e le fastose a provineie e Comuni. Il così detto riordinamento de’ tributi locali bisogna abbia l’ intento di diminuire le tasse e di amministrare le spese con maggiori garanzie dei contribuenti. Checché si declami, non la sola Sardegna, ma tutta P Italia insulare, meridionale e media, ed anche la settentrionale, tranne ne’ raggi de’ grandi centri, non ponno sopportare i pesi im ­ posti a cuor leggero per spese obbligatorie, di utilità talvolta discutibile; e non è possibile e meno savio applicare a tutti i Comuni d’ Italia un identico re­ gime nelle spese.

È oramai convinzione universale in Sardegna che

se sorgerà un nuovo Sella da potere studiare ed applicare un contatore ai polmoni, si tasserà anche l’ aria che si respira.

Inoltre l’ interesse seduttore di una falsa politica personale e partigiana, che domina le alte regioni, non dovrebbe corrompere l’ interesse vero di una assennata amministrazione. Abbiamo invece veduto consentito spésso, più che tollerato, che si mano­ mettessero interessi locali per assicurare l’esito della urna politica ed il trionfo de’ politicanti a danno delle finanze comunali e della buona economia rurale. Il suffragio allargato non recò i vantaggi che potea, laddove la povertà favorisce la corruzione, e la morale pubblica si è pervertita a misura che si è voluta diffondere l’ istruzione, senza che, per altro, questa sia la causa de’ mali che si deplorano, come vanno inculcando gli oscurantisti, avversari della libertà.

* * *

M i sono altre volte occupato de’ bisogni urgenti della Sardegna in precedenti pubblicazioni relative allo Stato de’ nostri Comuni e dell’ isola, specie in una serie di articoli Ab\V Unione sarda del 189 4-, ed in quelli che voi aveste la bontà di accogliere

ne\\'Economista nella estate 1893 sulle condizioni

economiche della Sardegna, benché ne sperassi poco frutto. Tuttavia scorgo con piacere che alcune ve­ rità si fanno strada. Ma mi persuado difficilmente che le autorità locali possano prendere sul serio, specie in alcuni momenti, il proprio compito, che sarebbe di fare applicare le leggi, quando lo possono, nel loro vero spirito, colpendo le ingiustizie ne’ d i­ versi rami della cosa pubblica.

Nel passato autunno, scosso dalle doglianze fon­ date di contribuenti pauperrimi, indirizzai in nome mio un ricorso in carta da bollo al prefetto di Ca­ gliari, allora comm. Sciacca, dimostrandogli l’ errore di riparto della tassa fuocatico, fatto qua con una cassazione da vero socialismo borghese rurale; in­ dicai i nomi ed annettei le bollette di alloggio mi­

litare spedite a veri pezzenti. Invano. Il governo

allora aveva in capo di foggiarsi una Camera a suo modo ed a crescere lo spreco della fortuna pubblica.

Il prefetto era stato inviato in Sardegna per com­ battimento, a demolire un deputato avversario e fa­ vorire I’ amico del governo : non poteva naturalmente occuparsi della miseria de’ veri miserabili. Il pre­ fetto era stato altra volta qua (come andò in più Comuni in pattuglia elettorale) e vi elargì un cen­ tinaio di lire da distribuirsi ai poveri, traendo non saprei da dove quei fondi. Ripartiva sicuro dell’ urna, sebbene, dopo le elezioni, la ciambella gli riuscisse senza buco. Se di quella tenue somma avesse usato a saldare le quote fuocatico de’ miserabili, costoro gli sarebbero stati grati e l ’avrebbero benedetto. In ­ vece non lo benedirono gli elettori, neppure per la distribuzione che egli fece de’ sigari dama da cinque centesimi.

Si dirà: era un governo diverso ed è caduto. Lo intendo. Ma quello stesso prefetto il nuovo governo lo ha tramutato in altra sede, ed all’ occorrenza, anche con un governo diverso, farà lo stesso. Di peggio, il parlamento ha sostenuto quel cattivo go­ verno, finché non lo fece cadere un disastro nazionale Quindi le cause de’fenomeni sono più alte che non si vedono.

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27 settembre 1896 L ’ E C O N O M I S T A 615 elettorale, ma per informarsi davvero delle condi­

zioni loro, del modo con cui si amministra la cosa pubblica, ed assumessero informazioni sul posto da coloro che pagano, la condizione economica de’ paesi ru ­ rali sarebbe messa nella via della guarigione; talvolta si risparmierebbero tasse, perchè si farebbe meno sperpero nel fasto a vantaggio di spese utili. Ma, a parte l’ esempio megalomane di uno Stato grandioso e monumentale, così assennalo nelle costruzioni di opere pubbliche a doppio fondo, e nello spreco conti­ nuo, prodotto dal socialismo di Stato — sarebbero contenti i deputati de’ collegi di questa intromessione prefettizia, che toglierebbe ad essi I’ ambito onere di rendersi il procuratore noto de’Comuni e degli elettori?

Lo si vede, la questione della emigrazione è più profonda ohe non s'immaginino ; e, dopo tutto, nella spaventosa condizione fatta alla Sardegna e nella prostrazione degli animi che ne seguì, riducendo il sardo alla rassegnazione dell’ arabo, questa gente che si agita, questa emigrazione vera, questo fenomeno affatto nuovo, a me che sono vecchio se non mi consola mi conforta, poiché non sperava che povera gente, prostrata dalla miseria, dovuta, in gran parte a cattive leggi e pessimi amministratori avesse ancora tanta energia da fuggire agli strazi della fame ed alle seduzioni della delinquenza.

Villacidro, 1° Settembre 1896.

G. Todde.

P. S. Quando stava per mettere in posta questi

articoli mi arriva la Relazione dell’ on. Pais sulla inchiesta per la Sardegna, nella quale mi onora di una larga confutazione, egli uomo pratico, sui prov­ vedimenti suggeriti da un idealista come me, nello interesse della scienza, negli articoli pubblicati nello

Economista sulle condizioni economiche della Sar­

degna.

Farei torto alla cortesia dell’ on. deputato inqui­ rente se non curassi le sue critiche; ciò che, se ia salute me lo consentirà, intendo fare, poiché avrò riandato per bene il suo studio, in un breve arti­ colo, cui VEconomista sarà cortese di ospitalità, af­ finchè, dimostrata la condizione degli emigranti della Sardegna, che ho già compiuto a larghi tratti, mi venga fatto chiarire quella de’ : Sardi che restano.

G. T.

Il SOCIALISMO DI STAIO APPLICATO IN AUSTRALIA

È nelle colonie inglesi deli’ Australasia che il socia­ lismo di Stato e il protezionismo, fratelli gemelli, quan­ tunque spesso nemici, sono stati applicati con maggior vigore e passione. Il socialismo di Stato vi ha dato r i­ sultati così degni di studio che s’impone il dovere di farli conoscere e opportunamente il Sig.Pietro Leroy- Beaulieu, figlio del noto economista francese, visitando quei paesi si è interessato alle applicazioni del socia­ lismo di Stato e ai loro effetti e ne ha reso conto nella « Rivista dei due mondi » del 1° agosto. Egli ha ve­ duto sul posto gli effetti di tutta quella legislazione che i socialisti di Stato vanno esponendo nei giornali e nei loro congressi e il quadro che ne ha fatto do­ vrebbe essere studiato da tutti i partiti per non la­ sciarsi sfuggire T insegnamento che ne sgorga.

Il favore che le idee socialiste hanno incontrato in Australia a primo aspetto sorprende. L ’America invece ha dimostrato fino a questi ultim i tempi una tendenza opposta ; ma l’Australia non ha avuto quella immigrazione di puritani, che formò una solida base nel paese e grazie alla quale esso potè sopportare, senza gravi squilibri, l’afflusso dei coloni europei in quest’ ultimo mezzo secolo. L ’ immigrazione nell’A u ­ stralia fu numerosa e per così dire caotica ; le mi­ niere d’ oro che agli Stali Uniti non hanno avuto in sostanza se non una parte secondaria sono invece il fatto preponderante della colonizzazione australia­ na. G li avventurieri di ogni professione o senza pro­ fessione, le persone nemiche del lavoro regolare sono state attratte dalla grande lotteria, che è la ricerca dell’ oro e si sono precipitati su di essa. L e idee socialistiche dovevano naturalmente essere accolte con favore dai cercatori di oro sfortunati, o rovinati dopo una fortuna momentanea, che popolavano le grandi città, dagli operai numerosi e per ciò stesso potenti, i cui salari erano stati in aumento durante il primo periodo della industria mineraria e che non volevano a nessun patto vederli diminuire. Dalle stesse cause è nato il protezionismo a oltranza ; per far vivere tutti quegli operai di città bisognava creare delle industrie, che poste in condizioni sfa­ vorevoli non potevano sostenere la concorrenza estera, se non circondandosi di alte barriere: la sola co­ lonia che gli sia sfuggita, la Nuova Galles, è preci­ samente quella in cui l’ industria, grazie a impor­ tanti miniere di carbone, poteva nascere e mante­ nersi naturalmente.

Lo Stato si è del resto trovato fin dall’ origine assai potente in Australia. La politica della vendita delle terre ad alto prezzo, che ha tanto contribuito alla prosperità di quel paese, ancor prima delle sco­ perte di miniere, gli procurò in ogni tempo risorse assai importanti. Oggidì ancora le entrate che le varie colonie traggono tanto dalle terre locate per la pastorizia, quanto da quelle che sono vendute, rag­ giungono in media più dell’ ottava parte della loro entrata totale. Disponendo di somme importanti, mentre i capitali privati erano ancora scarsi lo Stato fu indotto a incaricarsi di grandi lavori pubblici e sopratutto delle costruzioni ferroviarie.

Fin iti però i lavori sorse la questione dei disoc­ cupati e il principale rimedio che vi si apprestò con­ sistette nell’ intraprendere continuamente nuove linee sempre meno produttive. Le masse si abituarono così sempre più a considerare lo Stato come il vero patrono degli operai e i relief works, i lavori intra­ presi per venire in aiuto agli operai senza lavoro, come una funzione essenziale del governo. Si aggiun­ gano le pessime relazioni delle classi della popo­ lazione tra loro, derivanti dai sentimenti tutt’ altro che benevoli, di cui sono animati gli operai verso gli squatters ossia i grandi proprietari e i grandi lo­ catari di terreni per la pastorizia.

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616 L’ E C O N O M I S T A 27 settembre 1896 affari che ha contraddistinto il periodo di grande

prosperità, in parte fittizia però,dell’Australia dal 4871 at 1892. Durante questo periodo non sono stati in­ trodotti in quel paese meno di 7200 milioni di ca­ pitali europei, di cui più della metà per prestiti pub­ blici. I salari sono rimasti assai alti malgrado le brevi giornate, il più semplice manovale guadagna da 8 a 9 franchi al giorno. I sindacati incontravano poca resistenza e ne profittarono per consolidare la loro potenza.

L ’influenza delle dottrine socialiste si fa sentire in Australia in tutte le parti della sua legislazione; leggi sulle terre e sul lavoro nelle manifatture, sistema d’ imposte, tendenza generale dello Stato a farsi in dustriale e commerciante e invadere sempre più il campo della iniziativa privala. È la legislazione fondia­ ria, però, che ha specialmente richiamata l’ attenzione dei governi, desiderosi di risolvere l’ eterna questione dei disoccupati, sempre acuta in Australia. Per lungo tempo si era applicato il rimedio dei lavori pubblici inutili, che peraltro non facevano se non mantenere il male. Per togliere l’eccesso della popolazione u r­ bana si cercò di attrarre la gente sulla terra e spe­ cialmente con la legge del 1892 si volle combinare la proprietà dello Stato con la locazione perpetua del­ l’ occupante. Per conseguenza la maggior parte delle terre della Nuova Zelanda ad es. non sono vendute, ma locate col sistema dell’enfiteusi per 999 anni, ossia pra­ ticamente in perpetuo. Ma il diritto di proprietà p ri­ mordiale, che viene attribuito allo Stato sopra tutte le terre è un ritorno ai principi dei dispotismi orien­ tali, in cui il sovrano ha un diritto assoluto sui beni dei suoi sudditi; che il sovrano sia uno o la metà più uno, come nelle democrazie, non è meno per questo una massima detestabile. Quel che è peggio è che il governo, giudicando che il demanio pubblico non comprendeva più a sufficienza buone terre, si fece autorizzare con una legge del 1894 a espropriare qualsiasi persona, che possedesse una proprietà di oltre 100 ettari, se la terra è adatta alla coltura, e di 800 ettari, se essa è per metà coltivata e per metà riservata alla pastorizia. Se il prezzo offerto dal go­ verno non è accettato, una Corte speciale lo deter­ mina dopo una perizia. Con ciò si è venuti a fis­ sare un massimo alla estensione della proprietà fon­ diaria, il quale è poco alto in un paese nuovo come la Nuova Zelanda. È un primo passo verso la d ivi­ sione eguale del suolo.

Le altre colonie australiane seguono l’ impulso dato da quella; e i frequenti cambiamenti nella legisla­ zione fondiaria, ai quali si abbandonano da alcuni anni le colonie d’Australia sono in sè medesimi un gran male. Qualunque opera agricola è un’ opera di lunga lena, che necessita l’ impiego dei capitali, i quali non possono essere ammortizzati che dopo un certo numero di anni; più che altre leggi quelle sulla terra dovrebbero avere una stabilità quasi as­ soluta. Invece in Australia si verificò tutto l’opposto. Ancora, sono state istituite nell’ Australia del Sud delle comunità agricole ( villages settlements), alle quali il governo ha locato delle terre, ed esse, mentre hanno richiesto spese considerevoli, non poterono formare una condizione economica tollerabile pei lavoratori. Non si è potuto ottenere un lavoro regolare, nè man­ tenere 1’ ordine in quelle comunità agricole, le quali si sono enormemente indebitate e hanno fallito al loro scopo.

Parimente i governi delle colonie australiane si

sono occupati degli operai di città. Però le leggi operaie hanno voluto specialmente regolare il lavoro delle donne e dei fanciulli ed è ancora nella Nuova Zelanda che si può meglio rendersi conto delle ten­ denze dominanti in Australia. Il lavoro dei fanciulli al disotto di 14 anni è assolutamente vietato, fino a che non hanno 16 anni devono giustificare, per poter lavorare, che la loro istruzione ha raggiunto un certo livello. Nessuna donna, nè alcun fanciullo di età inferiore ai 16 anni, non può essere impiegato per più di 8 ore per giorno, nè fra 6 ore della sera e 8 ore del mattino in alcuno opificio o laboratorio. Il lavoro di domenica è interdetto e le donne e i giovani devono avere almeno una mezza giornata di congedo per settimana. E molte altre disposizioni minutissime, che per brevità omettiamo, rendono insopportabile al commercio e all’ industria l’ inge­ renza governativa. Malgrado queste misure, nella Australia non manca la miseria e si notano gli eccessi del cosidetto sweating system, proprio come nell’ East End di Londra. Esso si avverte specialmente nelle industrie della confezione e della ebanisteria, in cui si pratica in grande il lavoro a cottimo a domicilio. Cosa curiosa, a notarsi quando si rifletta alle de­ clamazioni di certuni contro la grande industria, il governo di Vittoria ha creduto dover proporre, per rimediare al male, di interdire il lavoro a domicilio in un gran numero di casi e di obbligare a con­ centrarlo nelle manifatture; si sono pure adottate disposizioni draconiane contro i Chinesi per forzarli a lavorare meno e guadagnare di più, affinchè non facciano concorrenza agli altri operai.

Il regime fiscale delle colonie australiane, porta, come le leggi sul lavoro e sulle terre, le traccie delle tendenze socialiste dei loro governi. A i dazi di do­ gana, alle locazioni e vendite di terre demaniali, alle entrate dei vari servizi pubblici — poste, ferrovie dello Stato e altri che avevano formato per lungo tempo coi diritti di successione e qualche altra im­ posta indiretta la quasi totalità dei diritti dello Stato — sono venuti ad aggiungersi da 1S anni a questa parte altre imposte; quella fondiaria e l’ altra sul reddito esistono nelle più importanti fra le colonie austra­ liane. Ciò che le distingue è l’applicazione del prin­ cipio della progressività e soprattutto le numerose esenzioni. Tutti i redditi inferiori a 5000 franchi sono esenti dalla imposta nell’ Australia del Sud e nella Vittoria ; tutti quelli al disotto di 7500 nella Nuova Galles e nella Nuova Zelanda. Per l'imposta fondiaria, le esenzioni in quest’ultima colonia si ap­ plicano ad ogni proprietario, che non possiede più di 12500 franchi di immobili, le ipoteche sono de­ dotte dal valore del fondo, mentre i crediti ipotecari vi sono aggiunti. Sopra 90000 proprietari della co­ lonia, 12000 soltanto pagano l ’ imposta fondiaria. Ancora è da notare che l ’ introduzione dell’ imposta fondiaria e di quella sul reddito avvenuta, nel 1895, nella Nuova Galles del Sud, con le stesse esenzioni a un dipresso di quelle della Nuova Zelanda, non deve colpire che 60,000 contribuenti per un paese di 1,200,000 abitanti. Questo dimostra quanto deb­ bano essere numerose le esenzioni.

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27 settembre 1896 L’ E C O N O M I S T A 617 olire 1,250,000 franchi anche nelle successioni in j

linea diretta. Nella Vittoria si va fino al 10 per cento al disopra di 2 milioni e mezzo. E dapper­ tutto vi è una tendenza ostile al principio stesso della eredità.

Il rispetto delle tradizioni non potrebbe trattenere le colonie australiane nella via delle novità arrischiate; esse sembrano credere che hanno la missione di gui­ dare il mondo verso il progresso. Ma ormai alcuni dei loro esperimenti, come quello delle comunità agricole, sono giudicati e in modo sfavorevolissimo. Altre leggi sono ancora di data troppo recente, perchè abbiano potuto recare tutti i frutti di cui sono ca­ paci ; ma è certo fin d’ ora che la ostilità contro il capitale e la proprietà che le ispira contribuisce a mantenere l’ Australia in uno stato di depressione economica.

Rivista Economica

La revisione del Codice di Commercio in Germania -II prossimo “ referendum „ in Svizzera - Casse po­ stali di risparmio in It a lia -L e Agenzie commerciali italiane a ll’ estero.

La revisione del Codice di Commercio in Ger­ mania, — Dopo aver proceduto alla unificazione e alla riforma del Codice Civile, la Germania pensa ora a modificare il Codice di Commercio dopo trenta anni dacché è in vigore. Dodici anni or sono la parte relativa alle Società per azioni ha formato oggetto di una revisione e di una legge speciale (18 giugno 1884). Il bisogno si è fatto sentire di far da capo nuove cor­ rezioni, ed è interessante conoscere le proposte, le suggestioni del progetto elaborato per cura del go­ verno. Questo progetto è accompagnato da una re­ lazione che riconosce anzitutto che è impossibile evi­ tare lutti gli inconvenienti, tutti gli abusi, sotto pena di togliere ogni vitalità all’ associazione di capitalisti. La lègge del 188-1 ha cercato di combattere gli abusi introducendo il principio della pubblicità la più larga, concernente la fondazione e l’ amministrazione delle Società anonime e rinforzando la responsabilità pe­ nale e civile. 11 governo si lusinga d’esser riuscito in parte; gli abusi commessi negli ultimi anni sono meno scandalosi; i colpevoli hanno potuto essere più facilmente raggiunti. Il nuovo regolamento delle Borse permetterà, esso crede, di reprimere la frode in ma­ teria di corsi fittizi e d’emissioni. C i si trova quindi in presenza di miglioramenti progettati, che non hanno nulla di radicale.

I! progetto propone di mantenere l’ammontare di 1000 marchi per le azioni; quello di 200 marchi per le Società aventi uno scopo d’ interesse generale o di cui le azioni nominative non sono trasferibili che coll’ approvazione dei soci. Si è respinta l’ idea di elevare ancora l’ ammontare minimo, perchè ciò non impedirebbe la speculazione, rendendo però più difficile la partecipazione dei piccoli capitalisti, ma non si toccò la questione d’ abbassare la cifra della azione. La Gazzetta di Francoforte perora la causa di una modificazione nella legislazione in senso liberale.

Nell’ avvenire tutte le volte che il contratto (sta­ tuto) delle Società non ammetterà esplicitamente le Azioni al portatore, dovranno essere nominative. Per ciò che riguarda la fondazione della Società, i

fondatori saranno obbligati a fornire degli schiari­ menti sul valore degli oggetti, di cui fanno rapporti alla Società più che essi non sono tenuti oggi. Pa­ rimente essi dovranno far conoscere il prezzo di costo e di vendita non solamente dei due ultimi anni, ma particolarmente dei due anni che precedettero la trasformazione. Si tende a penetrare sempre più al fondo delle cose. Si sa che presentemente la ve­ rifica è fatta dai revisori indicati dalle Camere di Commercio. Qualcuna di queste controlla 1’ opera dei revisori che si limitano troppo spesso a esami­ nare l’ esattezza formale dei documenti che sono loro sottoposti, senza andare più oltre. Sembra non sia facile di trovare revisori competenti. Si propone di migliorare le Condizioni nelle quali s’ opererà la re­ visione, come pure gli emolumenti di coloro che ne saranno incaricati.

A l fine di impedire di fare una ridarne prema­ tura, non si pubblicherà più nell' avvenire il nome dei revisori. Nell’ avvenire, se la riforma riesce, si potrà prendere conoscenza al tribunale della rela­ zione dei revisori. Sarà necessario pubblicare egual­ mente il prezzo che ha incassato la Società nel caso in c u ij e Azioni venissero emesse al disopra del pari. E un mezzo di controllare i guadagni degli in­ termediari. Il banchiere che emette le Azioni nei due primi anni della fondazione della Società è respon­ sabile delle indicazioni sbagliate.

Il progetto racchiude anche delle norme con­ cernenti il bilancio, il corso al quale deve essere valutato l’ attivo, diverse altre disposizioni interes­ santi. La legislazione tedesca è francamente sfavo­ revole ai diritti dei fondatori. La legge del 1884 li ha soppressi, eppure le lagnanze non sono cessate, vi sono dei malcontenti, ed il progetto di legge ne tien conto. Nell’ avvenire nel caso di emissione di nuove azioni, gli antichi azionisti v i avranno diritto proporzionatamente alla cifra eh’ essi 'possiedono, il prezzo sarà fissato e pubblicato una settimana prima e non sarà che dopo questo intervallo che la So­ cietà potrà disporre altrimenti dei titoli.

Il prossimo

u

referendum

In Svizzera. — La votazione popolare che avverrà il 4 ottobre in Sviz­ zera su tre leggi federali sarà una delle più impor­ tanti e gravi di conseguenze da quando esiste il referen-

dummb da 22 anni a questa parte ! E ciò perchè un

partito politico fonda le sue speranze sul rigetto dei tre progetti e perchè uno di questi, sciogliendo un interessante questione pregiudiziale deve agevolare il riscatto delle ferrovie da parte dello stato che si con­ nette col programma del socialismo di Stato, desi­ derato da una parte della popolazione, mentre l’ altra non ne vuol sapere.

Questo progetto, sul quale si aggirerà principal­ mente la lotta tra i due partiti, riflette la contabilità delle Società ferroviarie. G li altri due progetti, l’ uno che riguarda il regolamento disciplinare e l’ altro il commercio del bestiame, furono compresi nel refe­

rendum, dagli avversari della legge della contabilità

delle Società ferroviarie, soltanto perchè sono im po­ polari, e quelli sperano di ottenere più facilmente il rigetto della detta legge, che come si è detto, deve agevolare il riscatto delle ferrovie da parte dello Stato.

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pre-818 L’ E C O N O M I S T A 27 settembre 1896 sentare poi al Parlamento una relazione e le relative

proposte.

L ’ inchiesta è tuttora in corso ed il primo risultato di essa fu la relazione sulla, posizione legale della Confederazione di fronte alle Società ferroviarie, alla scadenza delle concessioni, il secondo risultato la nuova legge di contabilità. Che lo Stato abbia diritto di impossessarsi delle ferrovie, risulta dal fatto che nei contratti delle concessioni si è riservato il d i­ ritto di riscatto, ma le difficoltà incominciano quando si tratta del modo di riscatto.

Anzitutto il popolo svizzero deve acconsentirvi, e poi da una parte i proprietari delle ferrovie devono essere risarciti e dall’ altra parte devono esser tute­ lati gli interessi dello Stato.

Bisogna quindi fissare il valore dell’ oggetto da ac­ quistare ed aver cura che le inevitabili divergenze tra venditore e compratore sieno appianate in modo equo e razionale. A ciò deve servire la legge sulla contabilità.

La legge in sè stessa non incontra serie opposizioni; soltanto gli avversari di essa sollevano delle obbie­ zioni, principalmente circa la riforma del fondo, co­ sidetto di rinnovazione e di soppressione dell’ arbi­ trato ammesso nelle più vecchie concessioni.

La legge esige che il fondo di rinnovazione rap­ presenti una riserva il cui importo equivalga al minor valore derivante dal consumo del materiale in con­ fronto allo stato pienamente soddisfacente, in cui de­ vono trovarsi le ferrovie al momento nel quale — secondo i contratti della concessione — si consegnano allo Stato.

In ordine alle disposizioni dei contratti relative al riscatto, che le ferrovie debbano consegnarsi in con­ dizioni pienamente soddisfacenti, le Società ferroviarie obbiettano esser sufficiente che le linee al momento della consegna sieno semplicemente atte all’ esercizio, senza tener conto dello necessità immediate della co­ struzione o del materiale rotabile, mentre il Consiglio federale obbietta che se esso deve rifondere alle So­ cietà tutto il capitale rinvestito, per le linee ferro­ viarie, che non rendano più del quattro per cento, e pagarle quindi come se fossero nuove, può esigere benissimo e chiedere alle Società ferroviarie che r i­ sarciscano allo Stato il minor valore o ne compen­ sino il deterioramento.

La fissazione del prezzo del riscatto e l'appiana­ mento di tutte le divergenze che vi si connettono sarebbero, secondo la nuova legge, affidate, se non è possibile un accordo tra lo Stato e le Società fer­ roviarie, al Tribunale federale, che sostituirebbe l’ ar­ bitrato ora esistente.

Il secondo progetto del referendum riguarda il r e ­ golamento disciplinare per l’esercito federale.

Questa legge non crea un nuovo diritto, ma fissa soltanto le norme speciali per le punizioni dei soldati. La principale tra queste è che al condannato è con­ cesso il diritto di appellarsi.

Il terzo progetto riflette l’ estensione della legge sul commercio de! bestiame, legge ohe già esiste in alcuni Cantoni e consiste in una garanzia scritta in tutta la Svizzera.

La legge dice: « Nel commercio del bestiame sus­ siste l’obbligó di garanzia da parte del compratore soltanto dal lato che il venditore ha promesso al compratore la garanzia in iscritto. Se nella promessa scritta di garanzia il termine di questa non è fissato, si intende che il termine è fissato a 9 giorni ecc. »

L ’ obbiezione principale che gli avversari della legge sollevano, è che i contadini, i quali in gran parte non sanno leggere, dovranno ricorrere agli av­ vocali, mentre anche in quei Cantoni, nei quali la garanzia scritta sinora non esisteva, i contadini sanno difendere i loro interessi contro i negozianti di bestiame.

Ma è questa una questione secondaria, mentre l’ essenziale è la legge sulla contabilità delle Società ferroviarie, perchè dall’esito della votazione di essa dipenderà la soluzione dell’ importante questione del riscattto delle ferrovie nella Svizzera.

Casse postali di risparmio in Italia.

Situazione a tutto giugno 1896.

Libretti in corso in line maggio... N. 2, 912,272 Libretti emessi nel giugno... s 24,278 N. 2,936,550 Libretti estinti nel giugno... » 20,520 Erano accesi al 30 giugno libretti... N. 2,916,030

Depositi in fine maggio...L. 449,083,818.48 Id. nel giugno... » 20, 750, 557. 98

L. 469,834,376.46 Rimborsi del giugno... » 19,981,452.58 Rimanenza dei depositi al 31 giug. L. 449,852, 923. 88 Le Agenzie commerciali italiane all’ estero. — A llo scopo di meglio chiarire il carattere delle Agenzie commerciali italiane all’estero, intorno alle quali sembra che il commercio nazionale non siasi ancora formato un giusto concetto, il Ministero di agricoltura e commercio ha comunicato le norme, che regoleranno in avvenire la concessione del sus­ sidio governativo alle Agenzie ed i loro rapporti con il Ministro stesso.

Le Agenzie commerciali istituite da commerciami italiani all’estero possono ottenere dal Ministero a titolo d’incoraggiamento un sussidio temporaneo, che non potrà superare ii massimo di L. 5000 per le piazze d’ Europa e di L . 7000 per le piazze extra­ europee. La concessione del sussidio non autorizza il Ministero ad intervenire in alcun modo, nè nel loro funzionamento.

La concessione del sussidio è inoltre subordinata ad alcune condizioni, delle quali sono principali le seguenti :

1. ° Fornire ai produttori nazionali le informa­ zioni commerciali che potranno essere richieste senza percepire alcun compenso, salvo il rimborso detle spese effettivamente sostenute.

2. ° Curare la vendita di merci nazionali ed assistere le Ditte stesse nella riscossione dei loro crediti.

3. ° F a r conoscere i prodotti nazionali mediante una mostra campionaria.

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