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COLLEGIO DI BOLOGNA. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa degli intermediari.

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COLLEGIO DI BOLOGNA

composto dai signori:

(BO) MARINARI Presidente

(BO) MARTINO Membro designato dalla Banca d'Italia

(BO) TRENTO Membro designato dalla Banca d'Italia

(BO) SOLDATI Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(BO) PERLINGIERI Membro di designazione rappresentativa dei clienti

Relatore MARCO MARTINO

Seduta del 01/03/2022

FATTO La società ricorrente formula le seguenti richieste:

1. cancellazione della segnalazione a sofferenza nella Centrale dei Rischi della Banca D’Italia;

2. rimborso delle spese di commissione, indebitamente prelevate dal conto corrente.

Deduce, a fondamento della domanda, le seguenti circostanze:

 il rapporto di conto corrente n. ***420 (aperto l’11/08/2016) ha lavorato a saldi attivi, senza alcun affidamento per oltre due anni, fino alla concessione di un affidamento di € 10.000 avvenuto il 22/02/2018; nel contratto di affidamento a revoca, sottoscritto il 26/2/2018 vengono dettagliate le “condizioni economiche”, modificate immediatamente lo stesso giorno con ulteriore documentazione non sottoscritta dalla società;

 in data 5/5/2017 è stato sottoscritto un contratto servizi incassi per incassi RID, con accredito alla scadenza;

 il 17/12/2018 si vedeva revocare il fido, senza alcuna motivazione e senza preavviso scritto, ma semplicemente disattivando ogni collegamento; con

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raccomandata ricevuta il 3/1/2019 veniva comunicata la variazione del contratto con modifica del termine da revoca a scadenza; la scadenza del contratto di affidamento era stata identificata dall’intermediario nel termine del 10/02/2019, con comunicazione datata 15/02/2019 e ricevuta il 27/02/2019, dichiarando di fatto lo sconfinamento del conto dal 10/02/2019; con ovvia censurabilità della condotta per mancato rispetto del termine di preavviso;

 il saldo del conto corrente al 31/12/2018 (affidato per € 10.000) era di € 9.150; con la revoca di fatto lo stesso è stato trattato come conto corrente sconfinato; la società ha comunque canalizzato bonifici per ridurre l’esposizione;

 in data 11/01/2019 riceveva un documento di sintesi del 18/12/2018, con cui era comunicato l’azzeramento dell’affidamento;

 in relazione alla carta di credito n. ***466 evidenzia il comportamento contrario a buona fede, stante la sospensione senza preavviso di blocchi né alcuna giustificazione;

 la segnalazione in Centrale dei Rischi è stata compiuta prima della comunicazione, avvenuta con raccomandata ricevuta l’8/4/2021, a fronte di una segnalazione registrata a marzo 2021, in violazione dell’obbligo di preavviso di cui alla circolare della Banca d’Italia n. 139/1991 (cap. 2, sez. II, par. 1.5);

 inoltre, la segnalazione è stata compiuta in difetto di qualsivoglia stato di insolvenza della società (che richiederebbe una valutazione della complessiva situazione patrimoniale) e, comunque, di qualsivoglia inadempimento imputabile alla stessa;

 la società non è in alcun stato di insolvenza, né come patrimonio netto (capitale sociale € 50.000) né come volume di affari (media fatturato € 250.000);

 tramite una serie di tabelle, evidenzia come l’intermediario (dal 2017 al 2021) abbia addebitato spese e commissioni non pattuite in contratto ed addebitato le commissioni di istruttoria veloce, senza nessuna istruttoria (es. 4/1/2017 € 234 CIV a fronte di nessuna istruttoria: il conto lavorava in attivo);

 è significativo che la banca abbia addebitato e accreditato la stessa somma di € 1.225,97 nel mese di maggio 2020 e di nuovo addebitato la somma stessa con giroconto da conto collegato ***43D (conto totalmente sconosciuto alla società ricorrente).

L’intermediario, nelle proprie controdeduzioni, eccepisce, tra l’altro, che:

 in data 26/02/2018 la società ricorrente ha sottoscritto un contratto di apertura di credito valido sino a revoca dell’importo di € 10.000; il contratto prevedeva la facoltà della banca di recedere, ridurre o sospendere l’apertura di credito in qualsiasi momento anche con comunicazione verbale e chiedere il pagamento di quanto dovuto con lettera raccomandata e preavviso non inferiore ad un giorno;

 deposita la copia del modulo di variazione delle condizioni economiche del 26/02/2018, recante la sottoscrizione della società ricorrente; variazione peraltro favorevole alla cliente;

 a seguito di vicende creditizie relative alla sig.ra SB, socia al 99% della società e all’epoca amministratrice unica, la banca ha valutato di ridurre il rischio complessivo, compreso quello riconducibile alla posizione della società ricorrente;

 la società è stata informata della scadenza de fido con lettera del 21/12/2018,

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recapitata il 3/01/2019, nella quale si comunicava che il fido sarebbe rimasto in essere sino alla scadenza fissa del 10/02/2019; sino a tale ultima data sono state applicate le condizioni economiche previste dal contratto del 26/02/2018;

 dal 10/02/2019, giunto a scadenza il fido, il conto corrente ha iniziato a presentare uno sconfino;

 seguiva un lungo scambio di corrispondenza, in cui veniva anche offerta la possibilità di definire la posizione con un pagamento a saldo e stralcio (il che avrebbe comportato una segnalazione in CR), peraltro non accettata; l’offerta di un saldo e stralcio di € 1.000 a fronte di un debito di € 3.825,31 ha reso evidente l’impossibilità di recuperare il credito; ciò che ha comportato la segnalazione a sofferenza in CR;

 rispetto alla carta di credito, è stata data comunicazione della sospensione con le modalità contrattualmente previste;

 circa gli addebiti in conto corrente contestati dalla ricorrente osserva:

(a) commissioni di istruttoria veloce: la stessa è stata pattuita con la società ricorrente; a dimostrazione dell’istruttoria allega evidenza dell’attività di valutazione effettuata per ciascun sconfino;

(b) gestione liquidità/canone del conto: si tratta di un costo contrattualmente concordato;

(c) valori bollati: si tratta dell’imposta di bollo contrattualmente contemplata;

(d) commissioni aggiuntive: dovute per certe operazioni effettuate tramite succursale o banca telefonica;

(e) interessi debitori: sono stati determinati secondo le condizioni contrattualmente stabilite;

(f) commissione omnicomprensiva: contrattualmente concordata ed applicata nella misura dell’0,5% ed addebitata trimestralmente;

(g) remote banking: il doppio addebito contestato si riferisce in realtà a voci differenti;

 sulle operazioni di giroconto, osserva che il conto disconosciuto dalla ricorrente è un “conto infruttifero” utilizzato per evitare che vengano generati ulteriori interessi sugli interessi debitori già maturati, ma non ancora esigibili, o sulle competenze maturate dal momento in cui la banca predispone l’iter di revoca del rapporto, come spiegato nella nota del 19/10/2020;

 chiede pertanto il rigetto del ricorso.

Nelle repliche, il ricorrente ha eccepito a sua volte che:

 l’intermediario tenta di giustificare la revoca del conto corrente intestato alla società sulla base dello stato di insolvenza della socia di maggioranza; tal giustificazione non regge, stante la chiusura del mutuo intestato alla socia di maggioranza nel dicembre 2019, con versamento della somma di € 4.000, parti al 50% del dovuto, con accordo di saldo e stralcio dopo contestazione di addebito di interessi;

 l’intermediario si è comportato in assenza di buona fede, anche dopo aver revocato l’affidamento in data 10/02/2019, ponendo di conseguenza il conto nella condizione di sconfinamento, quando di fatto ha trasmesso in data 19/10/2020, oltre un anno

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dopo, la revoca del contratto e la disdetta degli affidamenti;

 dagli estratti conto degli esercizi 2019-2020-2021 si evince che la società, dopo la revoca di affidamenti “impropria” in data 10/02/2019, ha ricevuto bonifici in accredito riducendo di fatto l’esposizione.

L’intermediario, in sede di controrepliche, ha ulteriormente controdedotto nei termini che seguono:

 stante la morosità nei pagamenti da parte della SB, socia al 99% della società ricorrente ed all’epoca anche amministratrice unica, l’intermediario non ha esercitato il recesso dal conto corrente della società ma ha valutato la riduzione del rischio complessivo del rapporto, intervenendo quindi sul fido accordato e dandone ampio preavviso alla società; le perplessità della banca erano evidentemente fondate, tant’è che la stessa società ricorrente evidenzia nelle repliche che la Sig.ra SB ha sanato solo in parte il debito, versando la somma di euro 4.000,00 a saldo e stralcio, soluzione che per la Banca ha comportato la perdita del restante proprio credito pari ad euro 4.577,74;

 non si comprende il motivo per cui la società ricorrente sostenga di non aver ricevuto comunicazione della scadenza del fido del 10/02/2019, quando già nel ricorso lei stessa afferma che la società il 03/01/2019 ha ricevuto la lettera del 21/12/2018 che gliene dava notizia. La ricorrente era pertanto a conoscenza dal 03/01/2019 della necessità di sanare il debito di conto a partire dal 10/02/2019; ed è pertanto solo alla ricorrente da ricondurre la responsabilità dell’aver mantenuto ad oltranza lo sconfino di conto. La missiva del 19/10/2020 è stata invece inviata dall’Ufficio Contenzioso al fine di comunicare la presa in carico dell’esposizione per il relativo recupero e l’attivazione delle necessarie azioni legali, e notificare il recesso dal conto corrente e dagli eventuali contratti/servizi al medesimo correlati:

affidamenti, convenzione assegni e carte di credito;

 prende atto del fatto che la ricorrente, ricevuta la missiva del 21/12/2018, abbia ridotto l’esposizione debitoria canalizzando sul conto sino a marzo 2020 l’accredito di alcuni bonifici, ma il fido si era azzerato dal 10/02/2019, pertanto l’esposizione, seppur ridotta, non era entro il fido come invece sostenuto nelle repliche;

 conferma infine la legittimità della segnalazione a sofferenza effettuata dalla Banca dal 31/03/2021, stante il protrarsi dello sconfino e di un sostanziale immobilizzo del conto (assenza di versamenti da un anno), e l’evidente impossibilità della società ricorrente di sanare il proprio debito, che tutt’oggi ammonta ad euro 3.982,86

Questa in conclusione la domanda del ricorrente:

In sede di repliche così conclude:

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Parte resistente chiede rigettarsi il ricorso.

DIRITTO

Parte ricorrente, in sede di reclamo, lamenta la revoca dell’affidamento.

Preliminarmente, si osserva che parte ricorrente non chiede la riattivazione dell’affidamento; inoltre, non è argomentato se e come la revoca abbia rilievo rispetto alle richieste di restituzione, giacché gli importi contestati non sembrerebbero essere stati influenzati dalla stessa.

Tanto premesso, parte ricorrente lamenta che il fido le sarebbe stato sospeso prima di ogni comunicazione in data 17/12/2018, come scopriva accedendo all’home banking.

Con comunicazione che parte ricorrente afferma aver ricevuto in data 27/12/2018, la banca comunicava la variazione dell’affidamento da “a revoca” a “scadenza fissa 10/02/2019”; la revoca era motivata in ragione della “emersione di insolvenza personale nei confronti della Banca del Vostro socio di maggioranza ed Amministratore Unico”.

Con successiva nota, che la società dichiara aver ricevuto il 27/2/19, veniva confermato che la posizione era sconfinante dal 10/02/2019 e si invitava la parte a prendere contatti per concordare un piano di rientro.

A livello negoziale, era prevista la facoltà di recedere dal contratto di apertura di credito ad nutum.

Ciò premesso, l’art. 1845 c.c. prevede: “[1] Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. [2] Il recesso sospende immediatamente l'utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori. [3] Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.”

Nel reclamo, parte ricorrente afferma che le condizioni economiche del contratto di affidamento a revoca sottoscritto il 26/02/2018 venivano immediatamente modificate in pari data con documentazione ulteriore non sottoscritta dalla società.

A riguardo si rileva che: (a) in tale documentazione vi era solo una modifica in senso favorevole alla società ricorrente del tasso debitore intrafido; (b) l’intermediario produce copia dell’accordo di modifica sottoscritto dalla società ricorrente.

Parte ricorrente lamenta la sospensione della carta di credito; da tale censura discenda alcuna precisa richiesta all’Arbitro.

Anche, in relazione alla richiesta di rimborso delle spese di commissione (in sede di repliche richiede il “rimborso di spese, interessi e commissioni indebitamente prelevate”), parte ricorrente non indica il quantum richiesto, né esplicita, se non in parte, le ragioni per cui ritiene illegittimi i singoli addebiti.

Nel dettaglio, nel proprio reclamo, afferma quanto segue: «Nelle tabelle seguenti, suddivise per annualità dal 2017 al 2021 si è posto in evidenza di come [l’intermediario]

abbia operato in totale inosservanza dei contratti sottoscritti ed abbia agito in totale assenza di trasparenza e buona fede, addebitando spese e commissioni non pattuite in

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contratto ed addebitando le commissioni di istruttoria veloce, senza nessuna istruttoria avvenuta (come prevede il contratto), (es. 4/1/2017 €.234 CIV a fronte di nessuna istruttoria, il conto lavorava in attivo!!)».

Segue una serie di tabelle, nelle quali vengono elencate una serie di costi addebitati (alcune dei quali segnati in giallo); parte ricorrente sembrerebbe chiedere la restituzione di tutte le commissioni, giacché l’ultima colonna delle tabelle (“condizioni contratto”) è valorizzata con “0,00€” ovvero con l’importo considerato corretto ovvero ancora con una breve motivazione.

Si analizzano di seguito le singole voci di costo addebitate, raggruppandole in base alla loro causale (come indicata nelle tabelle di parte ricorrente).

1/Commissioni di istruttoria veloce (CIV)

Parte ricorrente contesta una serie di 5 addebiti a titolo di CIV (€ 234 il 4/01/17; € 78 il 6/4/17; € 78 il 6/7/17; € 39 il 05/01/18; € 39 il 6/04/18), tutti risalenti al periodo precedente la revoca dell’affidamento. In particolare contesta che l’intermediario non avrebbe effettuato alcuna istruttoria e, per l’addebito del gennaio 2017, che il conto era in realtà in attivo.

L’intermediario, da parte sua, afferma che la CIV era contemplata in contratto; che l’applicazione è stata determinata da situazioni di sconfino e che è stata condotta una istruttoria in tutte le occasioni.

Orbene, il c. 2 dell’art. 117-bis TUB, introdotto dal D.L. n. 201/2011, dispone che «[a]

fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento».

La delibera CICR n. 644/12 ha ulteriormente precisato (art. 4) che «ai fini della quantificazione e dell’applicazione della commissione di istruttoria veloce, gli intermediari definiscono: a) procedure interne, adeguatamente formalizzate, che individuano i casi in cui è svolta un’istruttoria veloce; la commissione viene applicata esclusivamente in questi casi. A fronte di più sconfinamenti nel corso della stessa giornata non può comunque essere applicata più di una commissione; b) i costi dell’istruttoria veloce, eventualmente differenziati secondo quanto previsto dal comma 2. La quantificazione è formalizzata e adeguatamente motivata».

Secondo l’orientamento espresso dall’Arbitro, «quanto alla legittimità dell’applicazione della CIV, l’ABF ha a più riprese stabilito che laddove la banca pretenda di essere remunerata per l’attività istruttoria svolta avrà l’onere di dimostrare l’effettivo svolgimento di tale attività con riferimento ad ogni singola applicazione della commissione (cfr. ex multis: Collegio di Roma, decisione n. 16673 del 2018 e Collegio di Bari, decisione n. 8349 del 2018)» (così, ex multis, Coll. Bologna, n. 2779/20).

Ciò premesso, si rileva che sia il contratto di c/c dell’11/08/2016 che il contratto di apertura di credito in c/c del 26/02/2018 contenevano disposizioni negoziali relative alla commissione di istruttoria veloce.

Inoltre, onde provare l’effettivo svolgimento di una attività istruttoria, l’intermediario produce due prospetti: il primo che indica le “giornate in cui vi sono state operazioni in sconfino che sono state autorizzate dalla Banca previa istruttoria di valutazione, ed indicazione dell'eventuale applicazione della CIV”; il secondo contenente quelle che si

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direbbero alcune annotazioni interne a dimostrazione della concreta attività di valutazione degli sconfini.

Parte ricorrente nulla osserva in proposito nelle proprie repliche.

Ad avviso del Collegio, la documentazione prodotta può ritenersi adeguata ai fini della prova dell’effettivo svolgimento dell’attività istruttoria.

Con riguardo alla CIV applicata a gennaio 2017, rispetto alla quale parte ricorrente nega che il conto fosse in sconfino, si osserva che l’addebito – secondo i prospetti allegati dall’intermediario - sembra da riferire a 6 diverse CIV da € 39,00 ciascuna, addebitati per sconfinamenti avvenuti in varie giornate del IV trim. 2016.

La circostanza trova conferma nell’estratto conto scalare allegato dall’intermediario.

Anche in questo caso, parte ricorrente nulla osserva sul punto nelle proprie repliche.

2/Interessi debitori

Parte ricorrente contesta poi alcune voci, di vario importo, denominate nelle proprie tabelle come “Interessi Liquid. Prec.” o “Interessi a debito”; l’intermediario riconduce a tale gruppo anche l’addebito di € 20,54 del 03/03/2017 indicato da parte ricorrente come “Comm. non specificate”.

Orbene, l’intermediario afferma che si tratta degli interessi debitori, esigibili dal 1° marzo dell’anno successivo e che non producono interessi; i medesimi sono pertanto contabilizzati separatamente rispetto al saldo del conto.

Non è peraltro del tutto chiaro perché, se tale era il meccanismo, nel corso del 2020 sono avvenuti una pluralità di addebiti. Anche in questo caso, parte ricorrente nulla osserva sul punto nelle proprie repliche; nel proprio reclamo non contesta le tempistiche di addebito degli interessi, ma si limita ad inserirle nelle tabelle da lei elaborate, senza specificare il motivo preciso di contestazione.

3/Commissioni prelievo - commissioni non specificate

Parte ricorrente contesta una serie di addebiti negli anni 2017-2018, tutti di € 5,00, descritti nelle tabelle del ricorrente come “Comm. Prelievo” (40 prelievi) o come “Comm. non specificate/definite” (5 prelievi) ed in un caso “Comm. Op. Altre banche” (per la quale ritiene addebitabili € 3,50 anziché € 5,00). Inoltre, l’intermediario riconduce a 4 addebiti di

€ 5 la voce di € 20,00 indicata al 04/04/2017 come “Comm. non specificate” nelle tabelle del ricorrente.

L’intermediario eccepisce che si tratta di addebiti per operazioni allo sportello, previsti nel contratto di c/c dell’11/08/2016; allega un prospetto riepilogativo di tali addebiti e delle relative prestazioni da essi remunerati. Parte ricorrente nulla osserva sul punto nelle proprie repliche.

4/Gestione liquidità

Parte ricorrente contesta infine una serie di 14 commissioni, applicate dal 2017 al 2020 (una volta a trimestre), indicate nelle proprie tabelle come “Gestione liquidità”, “Canone conto”; “Spese tenuta conto” et similia, tutte di € 24,00.

L’intermediario afferma che si trattava del “canone annuo in alternativa alle spese per singole scritture”, contemplato dal contratto di c/c dell’11/08/2016.

Dalla documentazione contrattuale a disposizione si ricava effettivamente la previsione di un canone annuo di € 96,00 (non sembra essere esplicitata la modalità di addebito

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trimestrale).

5/Valori Bollati

Parte ricorrente contesta poi una serie di 35 addebiti avvenuti tra il 2017 e il 2020, di vario importo, descritti nelle tabelle del ricorrente come “VB C/C ***420”, “V. Bollati” o simili;

l’intermediario riconduce a tale gruppo anche un addebito di € 8,49 descritto dal ricorrente come “Comm. non specificate”.

L’intermediario afferma che si trattava dell’imposta di bollo per la produzione dell’estratto di conto corrente, come specificato nella sezione relative alle condizioni economiche del contratto di c/c dell’11/08/2016.

La circostanza trova conferma negli estratti conto (disponibili per il periodo 2019 – 2020).

Parte ricorrente nulla osserva sul punto nelle proprie repliche.

6/Commissione apertura credito

Parte ricorrente contesta poi una serie di 5 addebiti avvenuti tra il 2018 e il 2019, di vario importo, descritti nelle tabelle del ricorrente come “Comm. apertura credito”.

L’intermediario riconduce tali addebiti alla “commissione onnicomprensiva”, contemplata dal contratto di apertura di credito in c/c del 26/02/2018, nella misura dell’0,50% per trimestre.

La circostanza è confermata dagli estratti conto del 2019, dove la commissione è indicata come “Comissione onnic. apert. cred. cc”.

Si rammenta che l’art. 117-bis TUB, in tema di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, e ss.mm., ha così stabilito: «1.

I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. L’ammontare della commissione, determinata in coerenza con la delibera del CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di credito e con particolare riguardo per i conti correnti, non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente».

Parte ricorrente nulla osserva sul punto nelle proprie repliche.

7/Canone R Banking

Con riguardo alla contestazione relativa al “Canon R Banking” addebitato in data 17/01/2019, parte ricorrente afferma che lo stesso era già stato addebitato il 02/01/2019.

L’intermediario afferma che l’addebito di € 45,00 il 2/01/2019 era relativo al canone per il Remote Banking dei tre mesi precedenti (€ 15,00 al mese addebitati trimestralmente in via posticipata), mentre l’importo addebitato in data 17/01/2019 era relativo al mese di gennaio 2019 (15,00 € di canone più € 2,84 per traffico informativo).

Dall’estratto del contratto di remote banking del 27/04/2017 (allegato dall’intermediario) nonché dal dettaglio dei costi addebitati non emerge la ragione per cui il canone di gennaio 2019 sia stato addebitato a gennaio 2019 e non invece in via trimestrale posticipata; parte ricorrente comunque nulla osserva sul punto nel reclamo, né alcunché osserva in argomento nelle repliche.

8/Giroconti

8/a Con riguardo a tre giroconti, parte ricorrente osserva come sia «significativo che

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[l’intermediario], in totale assenza di trasparenza e correttezza abbia addebitato e accreditato la stessa somma di € 1225,97 nel mese di maggio [2020] e di nuovo addebitato la somma di € 1225,97 con “Giroconto da conto collegato n. ***342D”. Il numero del conto “collegato” è totalmente sconosciuto da [la società ricorrente]».

L’intermediario afferma che il conto disconosciuto dalla ricorrente è un “conto infruttifero”

utilizzato per evitare che vengano generati ulteriori interessi sugli interessi debitori già maturati, ma non ancora esigibili, o sulle competenze maturate dal momento in cui la banca predispone l’iter di revoca del rapporto.

Per quanto riguarda il giroconto di € 1.225,97, si osserva questa sequenza: prima un addebito di tale importo per “interessi a debito” (v. retro sub § 2) in data 14-18/05/20, subito girocontato sul “conto collegato”; il medesimo importo veniva quindi addebitato in data 23/06/20.

A prescindere dalla trasparenza del meccanismo e della relativa spiegazione offerta dall’intermediario, l’imposto definitivamente addebitato al cliente appare da ricondurre agli interessi debitori, sui quali si rimanda al precedente § 2.

Per quanto riguarda l’addebito di € 8,47, l’intermediario offre la medesima spiegazione, pur se non è chiaro a quale periodo tali interessi - se di interessi si tratta - si riferivano.

Ad ogni modo, ancora una volta, parte ricorrente nulla osserva nelle proprie repliche con riguardo alla questione dei giroconti.

Con riguardo alle pretese infime/irrisorie (d’importo inferiore alla soglia di 10 euro), gli orientamenti condivisi dei Collegi ritengono peraltro che il cliente debba considerarsi sostanzialmente soddisfatto quando l’importo pari o inferiore a 10 euro rappresenta il risultato residuo delle pretese azionate (ad esempio per effetto di rimborsi e restituzioni intervenuti in corso di procedura).

In conclusione, con riferimento alle domande aventi ad oggetto gli addebiti, il Collegio ritiene che non sussistano profili di illegittimità.

In relazione alla richiesta di cancellazione della segnalazione in CR, la società ricorrente produce un estratto di una visura CR, aggiornata al agosto 2021, dalla quale si può evincere che la stessa è stata segnalato “a sofferenza” dall’intermediario convenuto almeno dal marzo 2021.

Orbene, la segnalazione è contestata sia sotto il profilo formale che sotto il profilo sostanziale. Non è tuttavia formulata alcuna richiesta risarcitoria: ciò detto, sotto il profilo formale, si fa presente che:

(i) la Circolare n. 139/1991 prevede l’obbligo di informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati in occasione della prima segnalazione a sofferenza;

(ii) secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro, l’invio dell’informativa al cliente di imminente segnalazione in Centrale Rischi costituisce un obbligo di trasparenza, ma non un presupposto di legittimità della segnalazione; la relativa violazione può giustificare soltanto una pretesa risarcitoria e non la richiesta di cancellazione (ex multis Coll. Bologna, n. 4784/17; Coll. Roma, n. 1927/17).

Ne deriva che, in assenza di una richiesta risarcitoria, non occorre procedere alla verifica formale della corrispondenza intercorsa.

Di contro, sotto il profilo sostanziale, parte ricorrente contesta sia (i) la presenza di un inadempimento imputabile alla stessa sia (ii) la configurabilità di un proprio stato di

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sofferenza.

Per quanto riguarda il punto (i) si rimanda a quanto detto in precedenza: in particolare, va condivisa la ricostruzione dell’intermediario che evidenzia come lo sconfinamento, in conseguenza della variazione del fido “a scadenza”, il 10 febbraio 2019 (raccomandata del 21.12.2018, ricevuta il 3.1.2019), sia stata legittimamente effettuata e comunicata

Per quanto riguarda la configurabilità di uno stato di sofferenza, in punto di diritto, si riporta un estratto dalla predetta Circolare n. 139/1991 (19° aggiornamento del febbraio 2020), cap. II, sez. II, § 1.5:

1.5. Sofferenze

Nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'intermediario. Si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse le posizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio Paese.

L'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore.

A tal proposito, il Collegio di Coordinamento (decisione n. 611/14) ha posto in luce che

“costituisce orientamento costante di questo Arbitro Bancario e Finanziario quello secondo il quale, ai fini della segnalazione a sofferenza, l’intermediario è tenuto ad operare una valutazione complessiva dell’esposizione debitoria del cliente, finalizzata a verificare se quest’ultima possa considerarsi alla stregua di una stabile e consolidata incapacità di costui di onorare i propri debiti (cfr., tra le molte, Collegio di Milano 18 gennaio 2011, n.

136; Collegio di Roma 15 febbraio 2013, n. 888).

Ebbene, nel caso in esame – oltre a non risultare in alcun modo che l’intermediario segnalante abbia compiuto siffatta doverosa verifica – l’unico dato emergente è costituito da un debito (peraltro, come si è detto, in concreto insussistente) di importo del tutto trascurabile, che in sé e per sé considerato, in nessun caso può giustificare una valutazione globalmente negativa della capacità del cliente di far fronte alle proprie obbligazioni, quale quella richiesta ai fini della appostazione a sofferenza alla Centrale Rischi della Banca d'Italia.

Deve, quindi, concludersi sul punto che la segnalazione a sofferenza, comunicata al ricorrente con la missiva di data 14 novembre 2011, era ab origine priva di idonea ragione giustificativa e, come tale, del tutto illegittima.”

Orbene, nel caso di specie, l’intermediario ha ricondotto la propria valutazione della sofferenza alla circostanza che il rifiuto dell’offerta a saldo e stralcio per € 1.000, a fronte di un debito di oltre € 3.800, avrebbe reso evidente l’impossibilità di recuperare il credito.

Non viene invece data notizia di una complessiva valutazione della situazione finanziaria dell’impresa.

A quest’ultimo riguardo, la società ricorrente afferma che il fatturato medio nel periodo

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2016 – 2020 era superiore ad € 250.000; il che dimostrerebbe l’assenza di uno stato di insolvenza, rispetto ad un debito di importo contenuto. L’intermediario nulla osserva sul punto.

L’intermediario si rifà altresì al § 5.5. (cap. II, sez. II) della Circolare n. 139/1991, ove si prevede che “Devono essere segnalati nella categoria di censimento “sofferenze -crediti passati a perdita” i crediti in sofferenza che l'intermediario, conspecifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”.

Si osserva tuttavia che: (i) da quanto rappresentato dall’intermediario stesso, non vi è stato alcun accordo transattivo “a saldo e stralcio”; (ii) la previsione di cui al § 5.5 riguarda la “sezione informativa” delle segnalazioni in CR e dunque non la sezione in cui è stata segnalata la società ricorrente; (iii) inoltre, il medesimo § 5.5. prevede che “[l]a segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita”

mentre dalla visura prodotta dalla società ricorrente la segnalazione è stata effettuata almeno anche nel mese di aprile 2021.

In conclusione, il ricorso deve trovare accoglimento limitatamente alla domanda di cancellazione della segnalazione a sofferenza, che appare illegittima per carenza dei suoi presupposti sostanziali. Ogni altra domanda, di contro, non appare per quanto detto sopra fondata.

PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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