2. La diffusione dell’italiano nei paesi madrelingua slava
3.3. La competenza linguistica
3.3.2. Come insegnare la grammatica
Quando si tratta delle modalità di insegnamento della grammatica è opportuno sempre ponderare attentamente chi sono i soggetti dell’acquisizione. Considerati di interesse primario in questo studio, gli adulti con le loro capacità linguistico-cognitive ormai sviluppate, hanno la necessità di stimolare su differenti livelli di profondità i propri interessi e di esplorare elementi a loro nuovi (Balboni, 2014).
Vi sono molti modi in cui la grammatica può essere insegnata ad un gruppo di adulti, che vada oltre al mero insegnamento di regole ed esercizi della tradizione classica.
Nello svolgimento di tipologie di esercizi quali la lettura di testi o esercizi di riempimento, gli studenti si focalizzano prevalentemente sulle attività proposte in sé e la grammatica segue un processo di acquisizione inconscio e talvolta meccanico. Va da sé, dunque, che con l’esistenza di due metodi, induttivo e deduttivo, le attività sono differenziate (Harmer, 1995). Nel presente paragrafo si osserveranno, tuttavia, esempi di attività con cui la grammatica viene insegnata, che si avvicinano alla sfera più creativa e stimolante dell’acquisizione linguistica. In questi casi, il metodo a cui viene fatto
95 riferimento è quello induttivo. Per tale approccio, verranno impiegate soprattutto attività comunicative, orali o scritte e attività funzionali e pratiche, quali dibattiti, giochi, progetti e giochi di ruolo. Un punto fondamentale che sembra condiviso da molti è, oltre alla presentazione pratica di elementi grammaticali e di regole morfos intattiche, la possibilità di esporre gli studenti ad input comprensibili, anche artificiali e realizzati dal docente, che provengano soprattutto dalla vita quotidiana o dalla lingua tipicamente parlata (Ellis, 2006).
Considerate suddette premesse, le attività che qui si prenderanno in considerazione possono essere inserite nella progettazione didattica sia nella fase introduttiva sia nelle fasi più avanzate della lezione, dove gli studenti hanno già a che fare con le regole grammaticali. Sono mezzi più inusuali, che mirano alla motivazione degli apprendenti e riflettono anche la creatività stessa del docente che li realizza.
Sebbene sottovalutati e spesso non inclusi nelle attività per adulti, i giochi sono al contrario uno strumento molto valido per tutti i tipi di destinatari. Grazie alla loro capacità di generare poca ansia negli apprendenti, abbattono il loro filtro affettivo, migliorano l’interazione tra pari e consentono loro di entrare in un’ottica di problem solving impiegando attivamente la lingua straniera (Balboni, 2008).
Nella società contemporanea più che mai si assiste all’utilizzo della tecnologia, e anche le piattaforme social, per acquisire le lingue straniere. Incorporando l’uso di questi potenti mezzi nel processo di insegnamento gli studenti possono sentirsi maggiormente coinvolti e motivati, poiché vi è sempre la possibilità di realizzare contenuti che siano personalizzabili e personalizzati (Mufidah, 2017). Molte di queste moderne tecnologie sono strettamente legate ai giochi e spesso rendono ludico l’apprendimento.
Si focalizzi infine l’attenzione su una delle attività e tecniche che più interessano il presente studio, la traduzione. Prima di analizzare come questa tecnica dimostri la manipolazione linguistica, è opportuno considerare l’importanza dei testi autentici nella comunicazione. I testi autentici sono testi che sono stati prodotti per soddisfare uno scopo sociale all’interno di una comunità linguistica, creati appositamente per madrelingua e non per scopi didattici. Includono un’ampia gamma di testi diversi, che spaziano dalle conversazioni alle trasmissioni televisive ai racconti e così via. Il loro uso nell’insegnamento della grammatica è altamente raccomandato, poiché supportano un approccio oltre che creativo anche vantaggioso per l’accrescimento della competenza culturale (Mestari, Malabar, 2016). La traduzione, nello specifico, è stata per decenni al centro delle teorie glottodidattiche perché rappresentava lo scopo primario
96 dell’apprendimento di una lingua straniera. Con i metodi audio-orali quest’importanza decadde e molti teorici videro in questa tecnica la fonte principale di errori e interferenze tra la L1 e la LS: “[…] era comunque diffusa la convinzione che si trattasse di un esercizio dannoso e retrogrado, adatto solo per la formazione di specifiche abilità traduttive” (Calvi, 2000: 327). A seguito di numerose riconsiderazioni, la traduzione a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso è tornata attiva nei corsi di lingua come mezzo vero e proprio di apprendimento, seppur considerando il fatto che nelle competenze descritte dal Quadro Comune Europeo di Riferimento non figura come competenza.61 Al giorno d’oggi, tuttavia, è percepita come una tecnica desueta e noiosa in quanto degenerata in un esercizio monotono e di routine. Questa concezione risiede nella fossilizzazione della traduzione, condotta verso questo abisso dagli stessi studenti e insegnanti, non rendendosi conto che in realtà ha molte più opzioni e opportunità da offrire. Soprattutto per la comprensione testuale, la traduzione è spesso utilizzata dalla L2 alla L1, ma anche viceversa e in forma scritta o orale, il che permette il riconoscimento della tipologia testuale e l’attivazione di relativi schemi linguistici (Calvi, 2000). A seconda delle lingue, la traduzione fa emergere o meno alcune problematiche interferenziali: tradurre da una lingua romanza ad una slava, per esempio, equivarrebbe a considerare la questione dell’aspetto, che per le lingue slave è grammaticalizzato e intrinseco nel verbo; tradurre invece da una lingua slava ad una romanza, equivarrebbe al contrario avere a che fare con una moltitudine di tempi verbali che nella L1 non sono presenti né contemplati se non nelle fasi antiche delle lingue.
Questa visione comparativa tra famiglie linguistiche diverse aumenta la consapevolezza degli studenti per far sì che evitino di commettere gli errori più comuni.
Tornando alla traduzione come tecnica e ai testi autentici, un docente deve fornire il background culturale del testo di riferimento che si sta traducendo (cfr. competenza interculturale) (Romanelli. 2009). In questo modo vengono chiarite questioni linguistiche come il lessico, il registro, le varietà linguistiche che spesso a livelli linguistici bassi non sono percepite. Didatticamente parlando, la traduzione è necessario che rientri negli obiettivi dell’insegnamento in differenti percorsi formativi e che consideri vari ambiti, quali il turismo, la letteratura, la cultura. In classe, così come vengono sviluppate le altre abilità linguistiche, anche l’abilità traduttoria deve avere la sua parte ed essere sviluppata di pari passo con le restanti. Non sempre la traduzione è
61 Non si discorrerà qui della storia della traduzione nell’insegnamento. Per la bibliografia di riferimento si consiglia la consultazione dei seguenti autori: Calvi (2000), Di Sabato (2007), Romanelli (2009).
97 di facile risoluzione: gli studenti per questo non devono scoraggiarsi ma sforzarsi di trovare una soluzione o un equivalente strutturale usando le conoscenze linguistico- grammaticali di cui già sono in possesso (Atkinson, 1993).
La traduzione può dunque sembrare un processo di apprendimento complesso, senza una fine, che deve fronteggiare sempre nuove problematiche. In verità, con i giusti mezzi, come l’impiego delle diverse abilità in maniera simultanea, vengono in parte risolte suddette problematiche, producendo un risultato qualitativamente buono.
Affinché il lavoro sia ulteriormente efficace, occorre che il docente selezioni testi stimolanti in base alle abilità e competenze da sviluppare negli studenti. Come spunto riflessivo si potrebbe indicare che un ottimo approccio per testare questa tecnica è, ad esempio, la possibilità di riconoscere e realizzare testi di tipologie differenti, letterari o culturali, per attivare le competenze non solo linguistiche ma anche comunicative degli studenti.
98 Capitolo 4
Il sistema verbale nella didattica dell’italiano a studenti cechi: case study
Nel presente capitolo verranno esposti i risultati di un’indagine svolta attraverso lo strumento di Google Moduli sulle modalità di insegnamento e apprendimento del sistema verbale italiano. In questo case study i questionari sono stati somministrati a docenti e studenti cechi delle università di Praga, Brno, Olomouc, České Budějovice, Opava e Plzeň.
Nella prima parte verrà analizzata la presenza della lingua italiana sul territorio della Repubblica Ceca, riprendendo anche il fenomeno delle migrazioni ill ustrato in § 2.2., con un focus sulla struttura scolastica ceca e sull’inclusione dell’italiano nei programmi di studio, dalle scuole elementari fino a corsi di dottorato. Nella seconda parte si analizzeranno i risultati dei questionari, descrivendone la composizione e le domande in esso presentate. Inoltre, i risultati verranno comparati con studi simili già effettuati, estendendo l’analisi anche alle altre lingue slave occidentali qui considerate, lo slovacco e il polacco.
4.1. L’insegnamento dell’italiano in Repubblica Ceca
Paese di recente costituzione, la Repubblica Ceca vanta una tradizione notevole dell’insegnamento dell’italiano. Nei paragrafi a seguire, per illustrare la situazione dell’italiano, si analizzeranno l’istruzione vigente in Repubblica Ceca e la sua organizzazione didattica inerente alla scuola dell’obbligo, così da inserirlo al meglio nel contesto ceco. Tale analisi verrà seguita dalla diffusione della lingua italiana sul territorio ceco, a partire dalle scuole inferiori e superiori, per arrivare a descrivere le università e, infine, i corsi singoli di lingua, gestiti dalla maggior parte dei casi, da associazioni promotori della lingua italiana.
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