• Non ci sono risultati.

Nonostante la critica sia concorde nel ritenere che gli unici κριτικά disponibili agli animali siano l’αἴσθησις e la φαντασία, e che entrambi esibiscano un livello di capacità e affidabilità cognitiva di certo non considerevole, ci si è domandati in che modo, ciononostante, gli animali si mostrino in grado di svolgere compiti anche abbastanza complessi in relazione alle proprie funzioni vitali e sembrino quindi disporre di capacità di organizzazione e “pianificazione” del proprio comportamento in vista della realizzazione di un obiettivo: di qui è sorto l’interrogativo circa la liceità di una recisa e totale negazione dell’esistenza di un “intelletto animale” agli esseri che pure Aristotele definisce chiaramente ἄλογα.

R. Sorabji è autore di un’affermazione molto decisa a proposito del ruolo dell’intelletto e del ragionamento raffigurato nel capitolo 7 di MA, nel corso della descrizione del cosiddetto sillogismo pratico, e dei risvolti teorici che tale esposizione può avere rispetto al caso degli animali irrazionali: il critico scrive infatti che in queste pagine Aristotele raggiunge il momento in cui, forse neppure con piena consapevolezza, è più vicino ad attribuire una forma di intelletto anche agli animali irrazionali276. Naturalmente, è lo stesso Sorabji poi a ricordare come la negazione da parte dello Stagirita della νόησις o del λογισμός agli animali diversi dall’uomo sia netta ed irrefutabile (DA Γ.10.433a11-12: ἐν τοῖς ἄλλοις ζῴοις οὐ νόησις οὐδὲ λογισμὸς ἔστιν, ἀλλὰ φαντασία)277. E tuttavia, pur concedendo l’esistenza di una importante differenza tra

φαντασία e νοῦς, Sorabji si interroga sul senso di attività che vedono protagonisti gli animali e che non gli sembrano sfuggire ad una possibile assimilazione con atti di pensiero. Di certo, secondo lo studioso, Aristotele rimarca la differenza evidente tra φαντασία e δόξα: infatti, all’immaginazione è preclusa – come si affermava sopra – ogni possibilità di formulare un giudizio valutativo e costruito in modo discorsivo278. Tuttavia, continua il critico, ciò non

275

Cf. anche le riflessioni conclusive tratte su questa struttura di J.B. Skemp nel suo contributo «ὄρεξις in De Anima III 10» in LLOYD-OWEN 1978, 181-189: “The conclusion of this rather tangled argument would seem to be that there exists in man and animals a basic appetency guided by reasoning or by what we should unscientifically call ‘instinct’ to acts of choice or avoidance based on outside causes of stimulation. These impel it to purposeful movement tending to its effective development: the basic case is that of the animal seeking its proper food an so achieving its τέλος. We come therefore to a general view of pursuit of its own fulfilment biologically or (in man’s case) morally by the conditioning of basic desire either unconnsciously or consciously.” (187-188).

276 SORABJI 1993, 16-17 e DA Γ.3.428a18-22: λείπεται ἄρα ἰδεῖν εἰ δόξα· γίνεται γὰρ δόξα καὶ ἀληθὴς καὶ ψευδής, ἀλλὰ δόξῃ μὲν ἕπεται πίστις (οὐκ ἐνδέχεται γὰρ δοξάζοντα οἷς δοκεῖ μὴ πιστεύειν), τῶν δὲ θηρίων οὐθενὶ ὑπάρχει πίστις, φαντασία δὲ πολλοῖς. 277 Cf. anche 427b27ss. 278

SORABJI 1993, 39-40: “In One the Soul and On Memory, Aristotle discusses the idle contemplation of pleasant or frightening things and the contemplation of mental images (phantasmata) which we have placed before our eyes (pro

ommatôn). Such contemplation can be described as thinking (noein, noêsis, noêma, nous, dianoeisthai). But it is

unlike thinking that something is the case, and is therefore unlike belief. Indeed, Aristotle contrasts it with belief. He can therefore safely attribute it to animals, and he can equate it, when speaking in the popular way, with one kind of appearance […] It is of such appearance that, he says, no combination of concepts and no affirmation or negation is

sarebbe ancora equivalente a negare del tutto al regno animale una forma di “pensiero” ad esso peculiare; in particolare, MA 7 sembrerebbe quasi voler attribuire agli animali una forma di ragionamento per inferenza, in particolare mediante l’esempio dell’agente assetato che – come a più riprese è stato notato – calza perfettamente sia con il caso dello ζῷον irrazionale sia con quello dell’essere umano: “When two premises fuse into one (mia genêtai) it is necessary (anagkê) to draw the conclusion. No reason is apparent why animals should not be capable of such a causal process”279

. A maggior ragione, conclude Sorabji, ciò è vero se si tiene conto del fatto che συμπέρασμα del sillogismo non è un giudizio, una δόξα appunto, ma un’azione280.

Sullo stesso argomento, qualche tempo prima, aveva riflettuto anche J.-L. Labarrière, il quale, però, affronta la questione del “ragionamento” negli ἄλογα utilizzando la più cauta denominazione di φρόνησις animale. Secondo Labarrière, nei trattati biologici Aristotele farebbe uso di questo termine, insieme al sinonimo σύνεσις, per definire l’”intelligenza pratica” degli animali irrazionali, fondata eminentemente sulle operazioni critiche svolte dalla αἴσθησις. Tuttavia, sottolinea lo studioso, Aristotele non manca di adoperare anche termini più forti per alludere a questa caratteristica degli animali: HA 9.7.612b20 e HA 9.3.610b22 non esitano ad attribuire a quelli rispettivamente una forma di διάνοια e di νοῦς che vengono esplicitamente posti in correlazione (in qualità di μιμήματα) delle stesse facoltà negli uomini. L’emergere dell’ambito semantico della mimesi lascia intendere, infatti, che un simile discorso venga sviluppato da Aristotele in forma analogica (cf. anche HA 9.48.631a27, ὥσπερ ἀναλογισάμενοι): difatti, Labarrière introduce a questo proposito la possibilità che Aristotele stia parlando in senso molto lasco di simili proprietà cognitive nell’animale, quasi come per metafora281 – del resto, lo straordinario afflato di antropomorfismo che caratterizza proprio i libri VIII e IX dell’Historia Animalium non ha mancato di destare sospetti circa la loro inautenticità, pertanto gli stessi elementi che vengono estrapolati da questi libri devono essere sempre trattati con accortezza e contestualizzati con precisione. Al di là di questo, però, un dato prezioso elaborato da Labarrière è quello relativo all’esistenza di una gerarchia all’interno del regno animale, in base alla quale è dato distinguere animali più complessi e capaci di operazioni intellettive più avanzate da un lato, e animali più semplici, i cui strumenti cognitivi si collocano a livelli più elementari e limitati: questa gerarchia, nota lo studioso, è inferibile direttamente

prompting animal behaviour. Aristotle tells us that it stirs our bodies, although in the human case it does not necessarily lead to action. To grant that animals may engage in thinking in this sense is not yet to accord them anything like belief”. Ma si veda quanto si è già detto sulla natura non discorsiva e non inferenziale del sillogismo pratico alla n. 274, nonché quanto si ribadirà più avanti.

279

SORABJI 1993, 88. 280

Cf. SORABJI 1993, 88: “So even if animals do not ‘explicitly’ go through a practical syllogism (and it may call for clarification what that means), I do not think that it is enough to justify the denial that they reason”. Secondo lo studioso, anche quando a DA Γ.11.434a5ss. Aristotele nega capacità deliberative agli animali non sembra essere troppo efficace nello spiegare le ragioni di questo diniego.

281

LABARRIÈRE 1990, 408: “il n’est pas interdit d’en parler métaphoriquement, c’est-à-dire en un sens moins strict, ce que fait précisément Aristote dans sa zoologie”.

dall’analisi degli ἤθη propri di ciascun animale282

e ricostruibile sulla base degli strumenti della gradazione e dell’analogia283; in particolare quest’ultima è essenziale anche per porre un sensato

raffronto tra le capacità intellettive dell’essere umano e quelle attività che fungono da omologo di queste negli animali284. Uno dei tratti che maggiormente concorrono allo sviluppo di una certa φρόνησις pratica negli animali sarebbe, secondo lo studioso, l’essere dotati di un ἦθος sociale, che spinge l’animale ad aggregarsi in gruppi compositi ed organizzati, oltre all’essere dotati del senso dell’udito, che è la chiave per la μάθησις e la διδασκαλία285

. Secondo Labarrière, inoltre, “ce qui caractérise la phronèsis animale c’est un certain usage des sensations et de l’habitude en vue d’un certain mieux-vivre et non du seul survivre”286

: cita poi a questo proposito le affermazioni contenute in DA Γ.31 circa il valore teleologico di ciascuna delle facoltà psicologiche indagate nel trattato in relazione al vivere bene e le correlate riflessioni contenute in Sens. 436b12-437a17. A questo punto, anche Labarrière chiama in causa i κριτικά menzionati da Aristotele in MA 6 relativamente agli esseri irrazionali, ovvero la percezione, la μνήμη e la φαντασία, rilevando come quest’ultima sia prerogativa solo di un certo numero di animali i quali sono in grado di sviluppare una sorta di “ragionamento”: a differenza di quanto argomentato da Lorenz, tuttavia, Labarrière ritiene che questa facoltà possa sostenere l’animale solo nel determinare i contenuti delle “premesse” del “sillogismo pratico” in base alla ἐμπειρία, ovvero in base alla messa a frutto delle esperienze passate rievocate in forma di μνῆμαι, mentre non sia in grado di previsioni relative al futuro, le quali sarebbero realizzabili solo se l’animale fosse anche dotato di δόξα – pertanto, lo studioso francese non tiene conto della possibilità che l’animale sia in grado di associare immagini presenti e passate e di andare incontro, sulla base di simili associazioni, ai cosiddetti “anticipatory pleasures” che abbiamo visto giocare un ruolo non marginale anche nel modello CIOM proposto da Corcilius e Gregoric Ma in effetti è poi lo stesso a Labarrière a parlare di una “faculté de prévoyance” (δύναμις προνοητική) caratteristica

282 Cf. p.e. HA 608a11-21: Τὰ δ' ἤθη τῶν ζῴων ἐστὶ τῶν μὲν ἀμαυροτέρων καὶ βραχυβιωτέρων ἧττον ἡμῖν ἔνδηλα κατὰ τὴν αἴσθησιν, τῶν δὲ μακροβιωτέρων ἐνδηλότερα. Φαίνονται γὰρ ἔχοντά τινα δύναμιν περὶ ἕκαστον τῶν τῆς ψυχῆς παθημάτων φυσικήν, περί τε φρόνησιν καὶ εὐήθειαν καὶ ἀνδρείαν καὶ δειλίαν, περί τε πραότητα καὶ χαλεπότητα καὶ τὰς ἄλλας τὰς τοιαύτας ἕξεις. Ἔνια δὲ κοινωνεῖ τινὸς ἅμα καὶ μαθήσεως καὶ διδασκαλίας, τὰ μὲν παρ' ἀλλήλων, τὰ δὲ καὶ παρὰ τῶν ἀνθρώπων, ὅσαπερ ἀκοῆς μετέχει, μὴ μόνον ὅσα τῶν ψόφων, ἀλλ' ὅσα καὶ τῶν σημείων διαισθάνεται τὰς διαφοράς. 283 HA 588a16-b3: Τὰ μὲν οὖν περὶ τὴν ἄλλην φύσιν τῶν ζῴων καὶ τὴν γένεσιν τοῦτον ἔχει τὸν τρόπον· αἱ δὲ πράξεις καὶ οἱ βίοι κατὰ τὰ ἤθη καὶ τὰς τροφὰς διαφέρουσιν. Ἔνεστι γὰρ ἐν τοῖς πλείστοις καὶ τῶν ἄλλων ζῴων ἴχνη τῶν περὶ τὴν ψυχὴν τρόπων, ἅπερ ἐπὶ τῶν ἀνθρώπων ἔχει φανερωτέρας τὰς διαφοράς· καὶ γὰρ ἡμερότης καὶ ἀγριότης, καὶ πραότης καὶ χαλεπότης, καὶ ἀνδρία καὶ δειλία, καὶ φόβοι καὶ θάρρη, καὶ θυμοὶ καὶ πανουργίαι καὶ τῆς περὶ τὴν διάνοιαν συνέσεως ἔνεισιν ἐν πολλοῖς αὐτῶν ὁμοιότητες, καθάπερ ἐπὶ τῶν μερῶν ἐλέγομεν. Τὰ μὲν γὰρ τῷ μᾶλλον καὶ ἧττον διαφέρει πρὸς τὸν ἄνθρωπον, καὶ ὁ ἄνθρωπος πρὸς πολλὰ τῶν ζῴων (ἔνια γὰρ τῶν τοιούτων ὑπάρχει μᾶλλον ἐν ἀνθρώπῳ, ἔνια δ' ἐν τοῖς ἄλλοις ζῴοις μᾶλλον), τὰ δὲ τῷ ἀνάλογον διαφέρει· ὡς γὰρ ἐν ἀνθρώπῳ τέχνη καὶ σοφία καὶ σύνεσις, οὕτως ἐνίοις τῶν ζῴων ἐστί τις ἑτέρα τοιαύτη φυσικὴ δύναμις. Φανερώτατον δ' ἐστὶ τὸ τοιοῦτον ἐπὶ τὴν τῶν παίδων ἡλικίαν βλέψασιν· ἐν τούτοις γὰρ τῶν μὲν ὕστερον ἕξεων ἐσομένων ἔστιν ἰδεῖν οἷον ἴχνη καὶ σπέρματα, διαφέρει δ' οὐδὲν ὡς εἰπεῖν ἡ ψυχὴ τῆς τῶν θηρίων ψυχῆς κατὰ τὸν χρόνον τοῦτον, ὥστ' οὐδὲν ἄλογον εἰ τὰ μὲν ταὐτὰ τὰ δὲ παραπλήσια τὰ δ' ἀνάλογον ὑπάρχει τοῖς ἄλλοις ζῴοις. 284

Sull’analogia si è già detto qualcosa nell’introduzione: si veda la n. 72 (a p. 28) per il materiale bibliografico di riferimento.

285

degli animali, la quale sarebbe in grado di guidare nel modo più opportuno la vita degli ζῷα nel modo che meglio risulta conforme al loro ἦθος287.

Proprio nel trarre questa conclusione lo studioso afferma qualcosa che risulta particolarmente interessante ai fini della presente valutazione sulla raffinatezza delle attività cognitive degli animali rispetto alla locomozione e delle relative facoltà psichiche che ne consentono la realizzazione. Scrive lo studioso: “Si cette phronèsis renvoie bien à un certain type de recherche du bien participant quelque peu à l’expérience et à l’habitude, le tout pouvant être renforcé par l’éducation, il n’en reste pas moins que c’est de façon différente que les divers animaux seront dits phronimoi. Non seulement ils accomplissent différemment leurs actes vitaux, mais encore ils ne sont pas également intelligents dans ces trois types d’actes [scil. gli atti vitali: riproduzione, nutrizione, riparo dal caldo e dal freddo, cf. HA 596b20-23]”288. Gli elementi di interesse contenuti in questa asserzione sono due. Il primo di essi è questo: non esiste un unico esemplare animale al quale ricondurre paradigmaticamente il complesso delle caratteristiche e delle peculiarità che animano il regno animale nella sua totalità; al contrario, esiste una varietà gerarchicamente organizzata di individui e di specie che vivono secondo un γένος ben preciso di esistenza e che si confrontano con situazioni e necessità altrettanto variegate e gerarchicamente organizzate, le quali li conducono a maturare esperienze e a sviluppare capacità di raffinatezza e complessità differenti; il che ben si sposa con l’idea che non esista un unico modo attraverso il quale gli animali debbano paradigmaticamente operare la κρίσις di cui si è discusso nel paragrafo precedente. Pertanto, la via della percezione e quella dell’immaginazione non devono essere concorrenti o esclusive l’una dell’altra: invece, situazioni diverse possono richiedere strumenti diversi nello stesso animale così come diversi γένη animali, più o meno complessi, affrontano la medesima situazione in modalità più o meno articolate e con strumenti cognitivi più o meno sviluppati; per questa ragione, né l’ipotesi minimalista né quella interpretativista risultano complete, nella misura in cui la prima non tiene conto dell’attività della φαντασία in presenza dell’oggetto percepito e la seconda minimizza il ruolo critico dell’αἴσθησις riversandolo interamente sulla φαντασία, e peraltro sovra-interpretando la sua funzione, attribuendole un compito che essa non è costitutivamente in grado di svolgere, ovvero la valutazione e l’interpretazione di dati sensoriali. Il secondo elemento rilevante agli scopi di questo ragionamento è quello relativo a ciò che Labarrière chiama “l’expérience et l’habitude”, le quali concorrono alla definizione della φρόνησις animale. Esperienza ed abitudine sono termini che si lasciano agevolmente collegare a quelle operazioni di associazione mentale e di confronto tra immagine della φαντασία e dato esperito che si sono precedentemente descritte: se è vero, come si è cercato di dimostrare, che questo processo presiede alla determinazione del contenuto del desiderio negli animali irrazionali, non è allora implausibile affermare che siffatte

287

LABARRIÈRE 1990, 422. 288

operazioni associative siano, di fatto, regolate e in certa misura dipendenti dalla ripetizione di esperienze pregresse, ovvero dall’abitudine che un simile processo di rievocazione ingenera nell’animale la tendenza a reiterare quelle esperienze che si sono rivelate fruttuose e positive rispetto al τέλος perseguito, e che quindi si è abituati ad aspettarsi che continuino ad essere tali. Emblematico in questo senso è il passo, già citato, relativo all’esperienza abitudinaria del cervo rispetto al suo rifugio descritta in HA 8.5289. Il meccanismo di associazione di immagini e di confronto tra εἶδος e situazione presente si svolge in maniera completamente automatica ed immediata, proprio perché è un processo integralmente dettato dall’abitudine: è quindi decisamente implausibile che esso possa implicare o contenere momenti di carattere interpretativo e valutativo rispetto alla realtà esterna. Al contrario, l’elevato tasso di errore nell’esperienza animale, che si distingue negativamente rispetto all’uomo e all’affidabilità delle sue capacità cognitive, è motivato anche dall’automaticità di un accostamento tra oggetto presente e immagine evocata che potrebbe, al momento della realizzazione della locomozione, rivelarsi illusorio: potrebbe venir meno, cioè, la consueta corrispondenza tra i due elementi confrontati e la φαντασία potrebbe rivelarsi inadeguata a rilevare tale mancanza di corrispondenza in quanto aderente al solo φαινόμενον e non in grado di identificare con precisione, a differenza del νοῦς, l’essenza dell’oggetto che si ha davanti. Diverso è invece il caso degli esseri umani che, avendo a disposizione questo strumento cognitivo, riescono ad operare un più preciso confronto tra l’oggetto presente e il νόημα proiettato nella dimensione del ricordo o dell’aspettativa futura290

.

Queste riflessioni, tuttavia, sono significative anche in relazione all’asserzione di Sorabji citata in precedenza circa la possibilità che gli animali possano in qualche misura rendersi protagonisti di una forma di ragionamento anche solo vagamente accostabile a quella che è il proprium dell’essere umano. Quello che si è cercato di mostrare in queste righe non sembra andare incontro all’interpretazione dello studioso, e pare piuttosto negare l’ipotesi dell’esistenza di un quasi-ragionamento negli animali irrazionali: l’immediatezza e il carattere a-razionale (istintivo) tipici della κρίσις sinora descritta, nonché il fatto che essa si basi esclusivamente su contenuti sensoriali e desunti dalla sfera del φαινόμενον, rendono alquanto difficile ipotizzare che a partire da queste premesse gli animali irrazionali possano sviluppare una forma rudimentale di “reasoning” (λόγος), pure efficace ai loro scopi291.

289

611a19-21: Ἔτι δὲ τὰ τέκνα ἄγει ἐπὶ τοὺς σταθμούς, ἐθίζουσα οὗ δεῖ ποιεῖσθαι τὰς ἀποφυγάς.

290 Ancora una volta, però, il φάντασμα ritorna in quanto riempie di contenuto il νόημα, il ricordo stesso – si veda quello che si è detto sopra a tal proposito. A questo livello, però, bisogna notare come sia il νοῦς a rielaborare, e dunque a fornire una valutazione ed interpretazione del φάντασμα: pertanto, il compito di interpretare è riversato tutto sull’intelletto, mentre il contenuto dell’immaginazione è esso stesso il contenuto interpretato. Anche su questa base, pertanto, il ruolo cognitivo interpretativo che Nussbaum riserva alla φαντασία andrebbe posto in discussione. 291

Il che, peraltro, non significa affatto che gli animali non possiedano alcuna intelligenza pratica; semplicemente, si vuole ribadire come questa intelligenza non possa sostenersi su strumenti inferenziali, di deduzione o di

4. Il νοῦς πρακτικός e il sillogismo pratico

È ora opporutno analizzare le peculiarità del ruolo giocato dal νοῦς negli esseri umani con riferimento alle attività fisiologiche, protagoniste di questo trattato, connesse con la produzione del movimento. Il fatto che il pensiero indichi, in qualità di κριτικόν e al pari dell’immaginazione e della percezione, il contenuto particolare e specifico di una ὄρεξις, e qualifichi dunque un oggetto esterno, percepito o meno, come un ὀρεκτόν, è già stato in parte investigato. Resta da capire se, nel caso di azioni condotte secondo ragione dagli esseri umani, esista la possibilità che il contributo del νοῦς travalichi questi confini e risulti pertanto ancora più corposo. Ancora una volta, la fonte principale a partire dalla quale indagare questo tema è il capitolo 7 del nostro trattato: qui infatti lo Stagirita affronta la questione del nesso ricostruibile tra pensiero ed azione.

Uno degli ultimi contributi prodotti sul tema del sillogismo pratico292 presenza anche una sezione nel corso della quale viene presentata una rassegna delle principali posizioni critiche rispetto alle aporie sollevate da questo argomento. In particolare, si darà qui per presupposta la lettura, attualmente maggioritaria tra gli studiosi, che vede nei nessi istituiti da Aristotele tra le “premesse” del “sillogismo” e le sue “conclusioni” dei rapporti di natura causale (causa- effetto)293 e non logici (logico-proposizionali, deduttivo-inferenziali)294. Inoltre, riguardo alla questione dell’unitarietà della descrizione aristotelica rispetto al caso degli animali irrazionali e degli uomini razionali, si ritiene condivisibile l’ipotesi avanzata da Fernandez, che fa del caso degli esseri umani un esempio determinante di un unico schema valido a livello generale, e secondo specificità diverse applicabile anche al movimento degli animali irrazionali, definito pertanto determinabile; tra i due schemi, dunque, vi sarebbe un rapporto gerarchico specie- genere, ed un’unità o omogeneità funzionale di carattere analogico295

. Ciò premesso, è possibile addentrarsi in questa sezione di MA e affrontare la questione del ruolo dell’intelletto rispetto alla direzione e gestione dell’agire pratico umano. Il cosiddetto sillogismo pratico viene introdotto da Aristotele per rendere conto delle modalità e delle ragioni in base alle quali gli esseri animati agiscono e si muovono: Πῶς δὲ νοῶν ὁτὲ μὲν πράττει ὁτὲ δὲ οὐ πράττει, καὶ κινεῖται ὁτὲ δ’ οὐ κινεῖται; ἔοικε δὲ παραπλησίως συμβαίνειν καὶ περὶ τῶν ἀκινήτων διανοουμένοις καὶ συλλογιζομένοις. ἀλλὰ ἐκεῖ μὲν θεώρημα τὸ τέλος (ὅταν γὰρ τὰς δύο προτάσεις 292 FERNANDEZ 2014. 293

È la posizione sposata da COOPER 1975, CORCILIUS 2008, Corcilius («Two Jobs for Aristotle’s Practical Syllogism?», 163-184), Price («The practical Syllogism in Aristotle: A new Interpretation», 151-162) e Morel in RAPP-BRÜLLMAN 2008 e, in buona sostanza, anche da FERNANDEZ 2014.

294 Rappresentata da CHARLES 1984 e Crubellier, «Le «syllogisme pratique» ou comment la pensée meut le corps», in LAKS-RASHED 2004, 9-26.

295

FERNANDEZ 2014, 177-199. Questa ipotesi neutralizza quella, più controversa, detta dei “two jobs” e avanzata per la prima volta da Nussbaum 1978, Essay 4, 165-220, secondo la quale il sillogismo pratico interverrebbe a spiegare

tanto i legami causali determinati dalla fisiologia animali quanto quelli logico-proposizionali implicati nel

ragionamento pratico negli esseri umani. Inoltre, essa pone dei paletti a quelle interpretazioni, che si approofondiranno più avanti, che impongono un ruolo da protagonista all’intelletto pratico umano e dunque una distanza maggiore tra il caso degli esseri umani e quello degli animali irrazionali.

νοήσηι, τὸ συμπέρασμα ἐνόησεν καὶ συνέθηκεν), ἐνταῦθα δὲ ἐκ τῶν δύο προτάσεων τὸ συμπέρασμα γίνεται ἡ πρᾶξις296

La domanda che viene posta è, in altre parole, in che modo sia possibile che da un atto cognitivo (di pensiero in senso lato) possa scaturire una πρᾶξις o, a livello più generale e in modo tale da comprendere anche il caso degli animali irrazionali, una κίνησις. Viene pertanto istituito un parallelo con il caso del sillogismo teorico297, e viene poi presentata una carrellata di esempi, tutti di carattere discorsivo, che sono attualmente interpretati come una verbalizzazione icastica e vantaggiosa dal punto di vista espositivo per descrivere e dimostrare la qualità dei legami riscontrabili tra premesse necessarie e conclusione pratica. Affinché ciò che vuole essere dimostrato sia chiaro, probabilmente, Aristotele dispiega la sua argomentazione a partire da una serie di esempi in cui l’atto di pensiero in questione sia una vera e propria νόησις, ossia esempi i cui protagonisti sono degli esseri umani razionali. I primi due esempi presentati sono quelli relativi all’uomo in cammino e all’uomo che si costruisce una casa

:

οἷον ὅταν νοήσηι ὅτι παντὶ βαδιστέον ἀνθρώπωι, αὐτὸς δὲ ἄνθρωπος, βαδίζει εὐθέως, ἂν δ’ ὅτι οὐθενὶ βαδιστέον νῦν ἀνθρώπωι, αὐτὸς δὲ ἄνθρωπος, εὐθὺς ἠρεμεῖ· καὶ ταῦτ’ ἄμφω πράττει, ἂν μή τι κωλύηι ἢ ἀναγκάζηι. »ποιητέον μοι ἀγαθόν· ἀγαθὸν δὲ οἰκία«. Ποιεῖ οἰκίαν εὐθύς298

Per come sono strutturate, queste due catene di proposizioni sono accostabili a un complesso di simili proposizioni presentate in DA Γ.11 e in EN VII.1:

τὸ δ' ἐπιστημονικὸν οὐ κινεῖται, ἀλλὰ μένει. ἐπεὶ δ' ἡ μὲν καθόλου ὑπόληψις καὶ λόγος, ἡ δὲ τοῦ καθ' ἕκαστον (ἡ μὲν γὰρ λέγει ὅτι δεῖ τὸν τοιοῦτον τὸ τοιόνδε πράττειν, ἡ δὲ ὅτι τόδε τοιόνδε, κἀγὼ δὲ τοιόσδε), ἢ δὴ αὕτη κινεῖ ἡ δόξα, οὐχ ἡ καθόλου, ἢ ἄμφω, ἀλλ' ἡ μὲν ἠρεμοῦσα μᾶλλον, ἡ δ' οὔ.299 ἔτι ἐπεὶ δύο τρόποι τῶν προτάσεων, ἔχοντα μὲν ἀμφοτέρας οὐδὲν κωλύει πράττειν παρὰ τὴν ἐπιστήμην, χρώμενον μέντοι τῇ καθόλου ἀλλὰ μὴ τῇ κατὰ μέρος· πρακτὰ γὰρ τὰ καθ' ἕκαστα. διαφέρει δὲ καὶ τὸ καθόλου· τὸ μὲν γὰρ ἐφ' ἑαυτοῦ τὸ δ' ἐπὶ τοῦ 296

701a7-13: “Ma come è possibile che un soggetto, contestualmente all’atto del pensiero, ora agisce e ora no, ora si muove e ora no? Ebbene, sembra che ciò avvenga in maniera molto simile a quello che accade a chi riflette e ragiona a proposito, per esempio, delle cose immobili. Però, in quest’ultimo caso il fine è rappresentato da un dato teorico (cioè, una volta che si pensino le due premesse, si pensa e si compone anche la conclusione), mentre nel primo caso dalle due premesse risulta quale conclusione l’azione”.

297 A scopo meramente didascalico (“à des fins pédagogiques”) secondo LABARRIÈRE 2004, 198; ciò in vista della sottolineatura della necessità implicata dai legami causa-effetto paradigmaticamente raffigurati dal sillogismo pratico (199).

298

701a13-17: “ad esempio, quando si pensa che ogni uomo deve camminare – e il soggetto è un uomo – subito cammina; e allo stesso modo, quando si pensa che ora nessun uomo deve camminare – e il soggetto è un uomo – subito si ferma; e fa effettivamente entrambe queste cose, qualora nulla lo ostacoli o lo costringa. “Devo fare una cosa buona; una casa è una cosa buona” – e subito costruisce una casa”.

299

434a16-21: “Invece la facoltà conoscitiva non è mossa, ma rimane in quiete. E poiché un giudizio e una