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Aristotele, De Motu Animalium. Introduzione, traduzione e studi filosofici

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(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN FILOLOGIA E STORIA

DELL’ANTICHITÀ

TESI DI LAUREA

Aristotele, De Motu Animalium.

Introduzione, traduzione e studi filosofici

CANDIDATO

RELATORE

Lara Trivellizzi

Prof. Bruno Centrone

CONTRORELATORE

Dott. Francesco Pelosi

(2)

I

NDICE

INDICE ... p. 2

PREMESSA ... p. 4

INTRODUZIONE ... 1. Autenticità e datazione relativa del trattato ... 2. Collocazione del De Motu all’interno del corpus ... 3. Struttura dell’opera: unità, coerenza interna e obiettivi ... 4. Un bilancio: interazione di MA con altre opere e suo ruolo nel progetto filosofico aristotelico ... 5. Appendice filologica: un nuovo testo critico ...

p. 6 p. 6 p. 8 p. 10 p. 29 p. 32 TRADUZIONE ... 1. 698a1-698b7 ... 2. 698b8-699a11 ... 3. 699a12-699b11 ... 4. 699b12-700a25 ... 5. 700a26-700b3 ... 6. 700b4-701a6 ... 7. 701a7-701b32 ... 8. 701b33-702b11 ... 9. 702b12-703a3... 10. 703a4-703b2 ... 11. 703b3-704b3 ... p. 36 p. 36 p. 37 p. 37 p. 39 p. 40 p. 40 p. 41 p. 43 p. 44 p. 45 p. 46 CAPITOLO I

Meccanica e fisica nel De Motu: modelli e problemi ... 1. La dimostrazione delle due leggi meccaniche fondamentali ... 2. L’excursus sui moti celesti: Atlante ...

p. 47 p. 47 p. 55

(3)

3. La locomozione animale e la locomozione degli automi ... 4. Motori immobili, motori mobili e strumenti di movimento:

l’applicazione del modello fisico alla fisiologia della locomozione ...

p. 64

p. 73

CAPITOLO II

Facoltà dell’anima in contesto fisiologico: αἴσθησις, φαντασία, νοῦς in MA ... 1. MA 6 e la presentazione dei κριτικά ... 2. Il ruolo della φαντασία e dell’αἴσθησις ... 3. La φρόνησις animale ... 4. Il νοῦς πρακτικός e il sillogismo pratico ... p. 82 p. 82 p. 84 p. 104 p. 108 CAPITOLO III

La dottrina dell’ilemorfismo e la psico-fisiologia del De Motu ... 1. Cardiocentrismo e ilemorfismo ... 2. MA 10: la dottrina del σύμφυτον πνεῦμα ... 3. L’ὄργανον della locomozione: MA e DA allo specchio ...

p. 119 p. 119 p. 124 p. 128 CONCLUSIONI ... p. 144 BIBLIOGRAFIA ... p. 147

(4)

P

REMESSA

Il trattato oggetto dell’analisi di questo lavoro è ormai da qualche tempo al centro delle attenzioni dei più illustri studiosi di Aristotele, da quando un intero, inesplorato ramo della tradizione manoscritta del De Motu Animalium è stato scoperto e studiato, fino alla costituzione di un nuovo testo greco, la cui edizione è stata tanto importante in quanto ha implicato in qualche caso una riconsiderazione di problemi filosofici di rilievo, centrali per la comprensione del trattato nel suo complesso.

Si è dunque deciso si affrontare lo studio di quest’opera proprio in ragione dell’attrattiva di confrontarsi con un nuovo testo, fresco di problemi filosofici nuovi o recentemente rinnovati da una ulteriori studi critici. Per questo motivo, l’indagine filosofica sui contenuti dell’opera aristotelica sarà affiancata da una traduzione condotta sul nuovo testo, indagato in questo senso nel dettaglio linguistico, sintattico e lessicale. Premessa a questa traduzione, e tesa allo stesso modo a comprendere l’ispirazione, l’obiettivo, e pertanto la struttura, la coerenza argomentativa ed il taglio scientifico asserviti al raggiungimento dello σκοπός prefigurato dall’autore, sarà presentata un’introduzione che rifletta su questi argomenti: si tratta di questioni solo apparentemente preliminari e di scarso rilievo, in generale rispetto a qualsiasi opera aristotelica, ma in particolare con riferimento ad un testo che si presenta come tanto enigmatico e sfuggente, di non immediata interpretazione e “catalogazione”; per l’appunto, solo attraverso una definizione chiara e il più possibile fedele al progetto scientifico di Aristotele delle peculiarità contenutistiche, metodologiche e strutturali del De Motu può essere poi affrontato il complesso dottrinale del trattato in tutta la sua complessità, per pervenire ad una completa e profonda comprensione di quello che è il suo portato filosofico.

La seconda parte del lavoro, successiva alla traduzione, approfondisce nel corso di tre capitoli le più significative tematiche filosofiche che percorrono il De Motu Animalium: obiettivo di ciascuno di essi è un riesame delle principali questioni sollevate dalla critica attraverso un commento testuale che, pur non nella consueta forma corrente, coprirà essenzialmente tutto il testo greco; l’obiettivo di questo commento, tuttavia, sarà quello di porre in dialogo le varie sezioni del testo e in questo modo di costruire lo scheletro argomentativo con cui saranno affrontati i problemi e gli elementi di interesse filosofico sollevati dal De Motu. La suddivisione degli argomenti trattati seguirà l’enucleazione di tre grandi temi.

Il primo di essi riguarda i seguenti argomenti: elementi di dottrina fisica e di meccanica contenuti nel testo; l’interazione di questi contenuti con il contesto argomentativo più generale, di carattere fisiologico, e le modalità con cui essi vengono introdotti nel discorso, per mezzo di esempi, analogie e rimandi; le ragioni che hanno spinto Aristotele ad inserire tali elementi nel

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perviene; infine, un confronto tra il modello che informa il rapporto tra motore e mobile e la produzione del movimento in questo trattato e quello proposto nell’ultimo libro della Fisica, volto a reperire analogie, differenze, congruenze e motivi di novità nel nostro testo, anche alla luce di come il medesimo modello viene inserito nel contesto psicologico di un trattato particolarmente vicino al nostro, anch’esso oggetto di grande attenzione in questa sede, ovvero il De Anima.

Il secondo nucleo tematico difatti vedrà l’attenzione focalizzarsi su quegli agenti, protagonisti della fisiologia della locomozione, rappresentati dalle medesime facoltà dell’anima che Aristotele ha presentato in DA Γ.10 in relazione al processo di κίνησις κατὰ τόπον, ovvero αἴσθησις, φαντασία, νοῦς e ὄρεξις. Il ruolo di questi attori sarà indagato alla luce del contesto fisiologico caratteristico di MA e quindi in stretta relazione con l’insorgere del desiderio orientato a un τέλος il cui raggiungimento innesca il movimento locale nel semovente animato e con le alterazioni qualitative che ne costituiscono il primo step. Si approfondirà in particolare il contributo che le facoltà cognitive arrecano al processo in questione, la validità e l’estendibilità del modello “cognizione + appetizione” a tutto il regno animale, la possibilità di articolare gradazioni e gerarchizzazioni all’interno di questo modello, in termini di efficacia ed accuratezza degli strumenti cognitivi messi in campo.

Da ultimo, e una volta scandagliati i legami con il De Anima, il capitolo conclusivo sarà dedicato al delicato tema dell’ilemorfismo nel De Motu: il paradigma elaborato nel trattato di psicologia sarà dunque calato nel contesto fisiologico, fisico-meccanico e biologico della nostra opera e si cercherà di verificare l’assunto, condiviso con larga parte della critica e ribadito anche nella sezione introduttiva a questo lavoro, secondo il quale il De Motu Animalium rappresenti il necessario completamento del De Anima, il saggio metodologicamente complementare al lavoro sulla ψυχή, nonché una prova dell’ispirazione biologica che permea in maniera significativa e di certo non trascurabile un testo che pure, per il suo forte impianto teorico improntato alla metafisica dell’ilemorfismo e della dottrina del νοῦς è stato sinora maggiormente studiato da una prospettiva non sempre attenta a questi aspetti.

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I

NTRODUZIONE

1. Autenticità e datazione relativa del trattato

Prima del 1913 l’opinione più largamente condivisa tra gli studiosi di Aristotele considerava il trattato De Motu Animalium come non attribuibile al filosofo, in quanto piuttosto assimilabile a una sintesi del pensiero aristotelico, compilata da esponenti della scuola peripatetica dopo la morte del suo fondatore. Fu W. Jaeger1, in un articolo apparso appunto nel 1913, ad argomentare per la prima volta in modo puntuale e completo in difesa dell’autenticità di questo breve testo, da annoverarsi a pieno titolo tra gli scritti aristotelici di scienza naturale (nello specifico, nell’ambito del progetto relativo a un’indagine sulla relazione esistente tra σῶμα e ψυχή, a livello principalmente fisiologico, rappresentato anche dalla “raccolta” dei Parva Naturalia). In conseguenza di questo e di altri interventi di rilievo, l’orientamento generale della critica è mutato in direzione di una riconsiderazione in senso positivo del trattato, e questa tendenza ha visto il suo culmine nel lavoro di M.C. Nussbaum, che dedica la prima parte del suo studio a una discussione sulla questione dell’autenticità del trattato. Qui si trova un elenco completo degli argomenti sollevati a sostegno dell’inautenticità e una discussione su di essi: 1) assenza di testimonianze esterne relative alla presenza del trattato nel corpus; 2) inconsueta (presunta) eterogeneità degli argomenti trattati; 3) sospetto riferimento ad un trattato sicuramente spurio (De Spiritu); 4) (presunta) incoerenza del sistema psicologico del De Anima rispetto a quello del De Motu, con particolare riferimento alla dottrina del πνεῦμα e alla collocazione della sede dell’anima nel cuore2

. Numerose e convincenti argomentazioni sono state però addotte contro la decisività di ciascuno di questi argomenti: nel corso di questo lavoro, in particolare, si tornerà più dettagliatamente sui punti 2)3 e 4)4, la cui discussione risulta assai preziosa ai fini di una valutazione complessiva dei contenuti e del portato filosofico del trattato; per quanto attiene ai rimanenti punti 1) e 3) si considerano completamente esaustive le considerazioni già sviluppate dalla critica a proposito della loro scarsa rilevanza ai fini di una valida dimostrazione dell’inautenticità del De Motu5. A favore dell’autenticità dello scritto, invece, si pone come prova decisiva un passo di DA che si riferisce direttamente a MA, e che quindi testimonia chiaramente la volontà da parte di Aristotele di connettere in qualche modo

1

JAEGER 1913, 29-42. 2

NUSSBAUM 1978, 3-10.

3 In questa stessa introduzione, più avanti. 2

NUSSBAUM 1978, 3-10.

3 In questa stessa introduzione, più avanti. 4

Nel capitolo III, dedicato alla presentazione del tema dell’ilemorfismo in DA e MA e delle problematicità connesse ad esso.

5

TORRACA 1958A, DÜRING 1976, 340-341; NUSSBAUM 1978, 3-8; infine, si veda anche il capitolo introduttivo di Rapp in PRIMAVESI-RAPP FORTH. per una sintesi dei principali interventi critici su questi argomenti: in particolare, alla luce di bibliografia più recente Rapp sottolinea la piena coerenza tra i contenuti di MA 10 e alcuni luoghi di GA, nonché l’effettiva conoscenza del De Motu già da parte di Alessandro di Afrodisia, che ne parafrasa una sezione

(7)

queste due opere. Il passo in questione, richiamato per la prima volta dallo stesso Jaeger e recentemente riconsiderato dalla critica in tutta la sua importanza, è il seguente:

ᾧ δὲ κινεῖ ὀργάνῳ ἡ ὄρεξις, ἤδη τοῦτο σωματικόν ἐστιν – διὸ ἐν τοῖς κοινοῖς σώματος καὶ ψυχῆς ἔργοις θεωρητέον περὶ αὐτοῦ. νῦν δὲ ὡς ἐν κεφαλαίῳ εἰπεῖν, τὸ κινοῦν ὀργανικῶς ὅπου ἀρχὴ καὶ τελευτὴ τὸ αὐτό – οἷον ὁ γιγγλυμός· ἐνταῦθα γὰρ τὸ κυρτὸν καὶ τὸ κοῖλον τὸ μὲν τελευτὴ τὸ δ' ἀρχή (διὸ τὸ μὲν ἠρεμεῖ τὸ δὲ κινεῖται), λόγῳ μὲν ἕτερα ὄντα, μεγέθει δ' ἀχώριστα. πάντα γὰρ ὤσει καὶ ἕλξει κινεῖται· διὸ δεῖ, ὥσπερ ἐν κύκλῳ, μένειν τι, καὶ ἐντεῦθεν ἄρχεσθαι τὴν κίνησιν. ὅλως μὲν οὖν, ὥσπερ εἴρηται, ᾗ ὀρεκτικὸν τὸ ζῷον, ταύτῃ αὑτοῦ κινητικόν· ὀρεκτικὸν δὲ οὐκ ἄνευ φαντασίας· φαντασία δὲ πᾶσα ἢ λογιστικὴ ἢ αἰσθητική. ταύτης μὲν οὖν καὶ τὰ ἄλλα ζῷα μετέχει.6

Jaeger per primo sottolineò l’importanza dell’espressione ὡς ἐν κεφαλαίῳ εἰπεῖν: sulla base di questa, egli considerò infatti tutta la porzione successiva di testo come un indice, in particolare come l’indice di quel testo cui si allude con l’espressione ἐν τοῖς κοινοῖς σώματος καὶ ψυχῆς ἔργοις. Come è noto, tale progetto è comune anche a tutti gli scritti aristotelici traditi sotto il nome di Parva Naturalia; tuttavia, l’affermazione iniziale (ᾧ δὲ κινεῖ ὀργάνῳ ἡ ὄρεξις, ἤδη τοῦτο σωματικόν ἐστιν) restringe notevolmente il campo delle possibilità: deve trattarsi di un’opera che si occupa di investigare il moto, e che lo faccia in vista dell’identificazione dell’ὄργανον σωματικόν tramite il quale tale moto si produce. Ora, nell’ambito delle opere biologiche, oltre al De Motu, solamente il De Incessu Animalium si occupa di κίνησις; tuttavia, che non possa trattarsi di questo secondo scritto sembra essere suggerito dal fatto che ὄργανον è al singolare: questo significherebbe, dunque, che il riferimento non è ad un’indagine capillare della fisiologia del movimento animale, quale quella che viene presentata in IA sulla scorta di una puntuale ricognizione degli organi adatti al movimento di ciascuna specie, bensì ad uno studio generale su quell’unico strumento che rende possibile il movimento della totalità degli animali. Nel corso di questo lavoro sarà interessante considerare tutte le ipotesi che sono state avanzare in vista dell’identificazione dello strumento corporeo qui rapidamente presentato con uno degli ὄργανα protagonisti dei processi psico-fisiologici descritti in MA7; per ora, ci si limiterà a ribadire che il trattato cui DA 433b fa riferimento non possa che essere il De Motu: in effetti, i paralleli rintracciati da Jaeger sono inequivocabili e confermano in modo netto il collegamento tra le due opere8, andando ad associarsi alle già numerose allusioni al trattato sull’anima presenti in MA stesso (p.e. a 700b5-6, 21-22).

6

433b19-30: “lo strumento con cui la tendenza muove è senz’altro corporeo, e perciò lo si deve esaminare tra le funzioni comuni al corpo e all’anima. Ora, per esprimerci sommariamente, ciò che muove in quanto strumento si trova lì dove principio e fine s’identificano, com’è, ad esempio, la giuntura; qui infatti il convesso e il concavo costituiscono la fine e il principio (per questo il secondo è in quiete, mentre il primo si muove), essendo diversi logicamente, ma inseparabili per la grandezza. Infatti tutte le cose si muovono per spinta e per trazione, e perciò, come in un cerchio, dev’esserci un punto che rimanga fermo e da cui abbia inizio il movimento. In generale dunque, come si è detto, è in quanto ha la facoltà di tendere che l’animale è capace di muovere se stesso, e non possiede questa facoltà senza l’immaginazione; ogni immaginazione poi è razionale o sensitiva, e di quest’ultima sono forniti anche gli altri animali” (tr. G. Movia).

7

Nello specifico, di nuovo nel capitolo III, dedicato alla dottrina dell’ilemorfismo e alle sue implicazioni. 8

(8)

Se a ciò si aggiungono tutti gli altri riferimenti presenti nella nostra opera ad altri scritti aristotelici9, ci si rende conto di una volontà di agganciare solidamente MA non solo al progetto complessivo di PN, ma anche ad un ventaglio molto più ampio di opere che affrontano, pur da prospettive diverse e non esclusivamente biologiche, temi quali la relazione tra motore e mobile e la produzione del movimento10. In linea con le considerazioni sviluppate da Nussbaum, è possibile avvalersi di questi riferimenti incrociati al e nel De Motu per avanzare un’ipotesi di datazione relativa del trattato: nonostante restino sempre più che validi gli inviti alla cautela espressi da Jaeger sull’uso di queste informazioni ai fini della datazione precisa di un testo aristotelico, è infatti ragionevole intendere alcuni trattati come presupposti nel bagaglio di conoscenze del lettore ideale di MA: in particolare, sembra che questo possa affermarsi sia di Phys. Θ sia di Metaph. Λ, nonché ovviamente di DA Γ (in ragione della citazione sopra riportata, che si riferisce al nostro trattato come ad un qualcosa di là da venire)11; nell’ambito degli scritti biologici, inoltre, sembra che solo GA (una delle ultime opere redatte dallo Stagirita) possa essere postdatato rispetto a MA. In particolare, la vicinanza tra le due opere è da ricondursi alla centralità assegnata alla dottrina del πνεῦμα: è infatti in GA le sue caratteristiche e le sue funzioni vengono descritte con la massima completezza12. In conclusione, in considerazione degli argomenti qui presentati nonché di alcuni elementi contenutistici che evidentemente tradiscono l’appartenenza di questo testo agli scritti dell’ultimo Aristotele (e.g. l’impiego della dottrina di atto e potenza, il costante riferimento al modello ilemorfico già caratteristico del De Anima, la comparsa della dottrina del pneuma), una collocazione del De Motu Animalium tra le ultime opere redatte da Aristotele nel corso del suo secondo periodo di studio e insegnamento ad Atene sembra essere più che plausibile13.

2. Collocazione del De Motu Animalium all’interno del corpus

A corollario delle riflessioni su autenticità e datazione relativa è possibile costruire un discorso più generale relativo alla collocazione che il De Motu trova all’interno del progetto portato avanti dallo Stagirita nell’ambito della fisica e biologia del mondo sublunare. È molto

9

Per i quali si veda NUSSBAUM 1978, 9-11. 10

Per un secondo riferimento al MA, si veda il punto 2 di questa introduzione, con la relativa menzione delle ultime righe di Div.

11 Rapp, nella sua introduzione a PRIMAVESI-RAPP FORTH., si esprime così sulla peculiarità di questo scritto di raccogliere un numero di riferimenti incrociati particolarmente elevato rispetto ad altre opere aristoteliche: “The marked synoptic interest of the treatise might be seen (although it is fairly speculative) as the mark of a mature author who is happy to see results from different angles”.

12

La qual cosa rappresenta, secondo JAEGER 1913, un’ulteriore prova di autenticità del nostro MA. Cf. anche NUSSBAUM 1978, 12, sulla collocazione cronologica dello sviluppo di questa dottrina da parte di Aristotele: “This theory seems to be one that Aristotle began to develop relatively late in his biological writings, and that he was still in the course of developing.”

13

Nella stessa direzione anche le riflessioni di JAEGER 1955, 381-383, dove si pone l’accento in particolare sulla prospettiva meccanica caratteristica di questa indagine, certamente nuova per Aristotele e (nell’ipotesi evolutiva difesa da Jaeger stesso) in linea di continuità con lo studio (tardo) dei motori immobili di Λ.8, nel quale problemi metafisici vengono ugualmente affrontati a partire da considerazioni provenienti dalla scienza contemporanea. Cf. anche DÜRING 1976, 386-394 secondo cui si assiste in questo trattato, di certo successivo a Phys. Θ e a DA Γ, ad una

(9)

interessante, a questo proposito, soffermarsi sulla posizione che il trattato occupa nella serie degli scritti biologici aristotelici: come gli studi filologici condotti in merito da M. Rashed14 confermano, la struttura di questa sezione del corpus può offrire spunti di riflessione sul carattere e l’obiettivo del trattato qui oggetto di indagine. Particolarmente interessante risulta infatti la tendenza, da parte di tutti i manoscritti non andati incontro a rielaborazioni erudite, a collocare MA proprio nel cuore dei Parva Naturalia, con i quali – come si è già accennato – è condiviso il programma di investigazione sulle funzioni psico-fisiologiche comuni ad anima e corpo. Per la precisione, scrive Rashed15, il nostro testo si trova collocato in questi testimoni subito dopo il De divinatione per somnum; inoltre, la collocazione del passaggio che annuncia il contenuto di MA posto all’inizio di questo scritto è fluttuante, nel senso che in alcuni testimoni (non tutti di prim’ordine) è collocata proprio alla fine di Div. piuttosto che all’inizio di MA; dal momento che queste frasi di raccordo erano tipicamente funzionali a segnalare la continuità tra due rotoli di papiro, argomenta lo studioso, sembra molto plausibile che “DMA succédait immédiatement à Div. dans au moins une édition antique d’Aristote”16. Certamente questa integrazione in PN del nostro trattato deve essere stata successiva (Rashed ipotizza una sequenza PN > PN1 + PN2), in quanto il primo trattatello di PN2, De longitudine et brevitate vitae, presenta due prologhi, dal contenuto simile ma forse l’uno posteriore all’altro: il che si potrebbe spiegare proprio con un tentativo, non necessariamente fruttuoso, di riorganizzare il materiale dei PN alla luce della nuova aggiunta. Come evidenzia Rashed, questa manipolazione del corpus da parte di Aristotele potrebbe suggerire più di un’incertezza nell’autore in merito alla struttura e al senso complessivo delle opere a contenuto psicologico, fisiologico e biologico: il che potrebbe dirsi anche a proposito della ristrutturazione della prima parte di questa sezione di scritti, con l’aggiunta di IA e DA al terzetto di opere biologiche HA – PA II-IV – GA, la quale sembra rappresentare uno stadio di elaborazione ancora precedente rispetto all’inclusione dei PN nel complesso delle opere psico-fisiologiche17. Le due rielaborazioni successive con cui Aristotele allarga il corpus di opere biologiche a DA prima e MA poi (secondo Rashed, questa seconda integrazione risale proprio all’ultimissima fase del lavoro di revisione del filosofo) sembrano andare nella direzione dell’accoglimento della dottrina ilemorfica anche in contesto fisiologico/biologico – la qual cosa appare a Rashed come una conclusione cui Aristotele non pervenne a cuor leggero, ma solo a seguito di molteplici esitazioni.

Due esiti sembrano essere rilevanti a seguito di una riflessione sulla struttura di questa sezione del corpus aristotelico: (1) il fatto che Aristotele decida di ristrutturare il complesso dei

14 Rashed M., «Agrégat de parties ou vinculum substantiale? Sur une hésitation conceptuelle et textuelle du corpus aristotelicien», in LAKS-RASHED 2004, 185-202. 15 Rashed in LAKS-RAHED 2004, 191-193. 16 Rashed in LAKS-RAHED 2004, 194. 17

Rashed in LAKS-RASHED 2004, 189-190 e 201. In questo senso, è bene notare con lo studioso come PN2 risulti essere tutt’altro che unitario rispetto al complesso PN1 + MA, e quindi vada considerato come a sé stante; il che sembra confermato anche dalla collocazione di Plant. nonché dai contenuti del primo (ma posteriore) prologo di

(10)

PN inserendovi tardivamente MA, il quale andrà a costituire un’unità compatta con PN1, sembra essere un significativo indizio circa il carattere e l’orientamento contenutistico del trattato: vale a dire, il nostro testo vuole essere un’indagine di natura spiccatamente biologico-fisiologica, avente l’obiettivo di descrivere le modalità e gli strumenti attraverso cui il principio motore, ovvero la ψυχή, entra in relazione con la dimensione corporea dell’organismo e si adopera per convertire tale interazione nel complesso dei processi, psico-fisiologici appunto, necessari alla produzione del movimento; quest’ultimo è inteso come solo un aspetto di una più ampia serie di funzioni vitali poste in essere dall’anima attraverso il corpo, in vista dell’autoproduzione, conservazione e realizzazione dell’organismo vivente18

; (2) l’indubbia vicinanza di MA a DA, di cui la stessa storia di rielaborazione editoriale del corpus reca traccia, si giustifica proprio in ragione del progetto allusivamente citato nel secondo trattato e sviluppato nel primo, e si lega a doppio filo alla presenza nel De Motu dell’ilemorfismo19, presenza necessaria ad Aristotele se egli vuole restare fedele al suo intento di studiare come e perché psicologia e biologia interagiscano e contribuiscano a presentare l’organismo vivente come un ὅλον dotato di una struttura fisiologica orientata in senso teleologico all’espletamento delle proprie funzioni20.

Resta, a questo punto, da considerare se e in che misura la struttura interna e l’organizzazione dei contenuti del De Motu confermino tale interpretazione della collocazione del testo nel quadro del progetto scientifico aristotelico. Ciò sarà possibile affrontando due ulteriori problemi: (1) come si spieghi l’unità complessiva dell’opera a dispetto di una sua innegabile ispirazione “pluridisciplinare”; (2) quale sia l’obiettivo teorico di un tale approccio multidisciplinare e come possano inquadrarsi dal punto di vista scientifico le conclusioni tratte da Aristotele nel De Motu.

3. Struttura dell’opera: unità, coerenza interna e obiettivi

Non è affatto semplice determinare con sicurezza l’argomento e lo scopo complessivi del De Motu Animalium, né tantomeno lo è ridurre ad un unico ambito disciplinare un testo così spiccatamente eterogeneo. In primo luogo, risulta facilmente riconoscibile un’articolazione del trattato in due macro-sezioni: una prima, dal capitolo 1 al capitolo 5, è dedicata alla descrizione delle condizioni meccaniche generali, esterne ed interne, che regolano la produzione del movimento in un corpo animato; una seconda sezione, che si estende dal capitolo 6 alla

18

Nella stessa direzione vanno anche le conclusioni tratte da MOREL 2002, 64-68, circa la collocazione del nostro trattato nell’insieme dei PN e le riflessioni di Laks in PRIMAVESI-RAPP FORTH. Uno studio filologico della collocazione del trattato nel corpus di PN si trova anche nell’introduzione di Primavesi a PRIMAVESI-CORCILIUS 2018, LXIV ss.

19

Cf. più avanti in questo lavoro. 20

La qual cosa sembra a Rashed trasparire ancora in MA con una notevole esitazione da parte di Aristotele: cf. Rashed in RASHED-LAKS 2004, 202: “Le mouvement de l’animal atteste éminemment qu’il serait impossible de traiter des aspects non moriologiques du vivant en adoptant un plan dicté par l’étiologie. Si un tel plan s’adapte à une conception du vivant comme agrégat de parties, il ne peut en revanche qu’échouer dès lors qu’on considère l’animal comme un faisceau d’activités, et l’âme comme le vinculum substantiale qui en assure l’unité”. Si cercherà però di

(11)

conclusione dell’opera, inquadra più da vicino il caso dell’essere animato, il quale si muove di moto locale (in qualità di semovente) proprio in obbedienza alle leggi meccaniche enunciate e dimostrate nella prima parte del trattato. Di seguito, una descrizione maggiormente articolata dei contenuti di ciascun capitolo:

cap. 1 affermazioni programmatiche e metodologiche; enunciazione della prima legge meccanica generale, relativa al punto d’appoggio (immobile) interno al corpo in movimento + dimostrazione geometrica

cap. 2 enunciazione della seconda legge meccanica generale, relativa al punto d’appoggio (immobile) esterno al corpo in movimento + dimostrazione fisica

cap. 3 applicabilità (analogie e differenze) della seconda legge al κόσμος nel suo complesso; confutazione delle ipotesi dei predecessori

cap. 4 conclusione del ragionamento sul κόσμος; collocazione peculiare dell’automovimento animale rispetto alla totalità dei movimenti (celesti e sublunari)

cap. 5 precisazione sulla tipologia di movimento oggetto d’esame: si tratta della κίνησις κατὰ τόπον, alla quale tutti gli altri movimenti si lasciano ricondurre e dalla quale risultano dipendenti

cap. 6 scopo della trattazione qui introdotta: comprendere come l’anima muove il corpo animale e qual è il principio del movimento animale. Analisi dei principi motori nell’animale: ancora analogie e differenze con il κόσμος e il suo Motore

cap. 7 il principio di innesco del movimento animale: il dato sensibile esterno e la sua rielaborazione in vista della generazione del desiderio – il sillogismo pratico

cap. 8 l’innesco del movimento animale: rielaborazione psico-fisiologica dell’input esterno; estensione del modello articolatorio al caso dell’automovimento animale

cap. 9 ancora sull’analogia articolazione-movimento animale: il principio dell’anima quale perno del meccanismo; dimostrazione geometrica dell’assunto

cap. 10 introduzione del πνεῦμα nel quadro analogico sin qui composto: caratteristiche e ruolo meccanico-fisiologico nella produzione del movimento. Conclusione sul funzionamento fisiologico dell’animale: analogia città-individuo

cap. 11 eccezioni al meccanismo generale e precisazione sul tipo di movimento locale indagato: il caso dei moti non volontari. Bilancio conclusivo: rappresentazione geometrica della fisiologia del movimento animale

Nonostante ad uno sguardo complessivo la struttura del trattato possa apparire fluida e scorrevole, non è banale conciliare la prima sezione dell’opera, dominata da argomenti di carattere fisico-meccanico, con la seconda, che rappresenta piuttosto un’elaborazione in campo fisiologico di dottrine elaborate e presentate in veste diversa all’interno del terzo libro del De Anima. In ragione di queste innegabili difficoltà, risulta opportuno prendere in considerazione la riflessione sviluppata da S. Fazzo intorno alla composizione del trattato e orientata a proporre una soluzione al problema dell’eterogeneità del nostro testo. Punto di partenza imprescindibile è il riconoscimento dell’irrefutabile e non trascurabile multidisciplinarità del De Motu: benché infatti più di un’opera aristotelica si segnali per un approccio non unidirezionale alla materia trattata, un così serrato dialogo tra discipline diverse è inconsueto per un testo peraltro di

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modesta lunghezza quale quello che si analizza in questa sede. M.C. Nussbaum ha a tal punto enfatizzato l’importanza di tale peculiarità da farne l’indizio di una radicale revisione, da parte dello Stagirita, del proprio metodo scientifico, in direzione opposta a quella tracciata negli An. Post.21

La proposta avanzata da Fazzo, invece, investe un problema di ordine diverso, relativo alla possibilità che il De Motu rappresenti il risultato di una composizione ed elaborazione di diversi nuclei contenutistici autonomi, posti in relazione da Aristotele solo in una fase successiva di edizione e revisione di materiale eterogeneo22. La studiosa ritiene infatti riduttivo considerare questo testo come un puro e semplice trattato di biologia, in ragione della vastità e profondità delle riflessioni concentrate su argomenti non biologici, che andrebbero altrimenti troppo semplicisticamente ridotti allo status di excursus; argomenta a sostegno della sua ipotesi facendo riferimento a delle cesure testuali e a formule di transizione e presentazione di nuovi argomenti che lascerebbero ricostruire il processo di progressiva “stratificazione” di nuclei originariamente indipendenti. Il fil rouge che avrebbe la funzione di saldare tra loro tali nuclei sarebbe rappresentato dalla dottrina del Motore Immobile, argomento d’importanza capitale per il pensiero aristotelico e trasversalmente presente in tutte le opere principali dello Stagirita. Il carattere molto generale del testo è invocato più volte dalla studiosa e viene associato ad una tendenza dell’ultima fase produttiva di Aristotele, volta alla realizzazione di una sintesi del proprio pensiero filosofico23. Alla luce di questo carattere, Fazzo cerca di racchiudere sia la discussione sulla regione celeste sia quella sul movimento animale all’interno di un unico e comune modello di movimento: per questo, viene rigettata la definizione del De Motu, appunto, come trattato eminentemente biologico, e viene piuttosto prediletta una lettura dell’opera che ne faccia un testo di carattere generale e sintetico sul movimento, del quale sia il moto celeste che quello animale rappresentano delle istanze specifiche, e all’interno del quale anzi i contenuti cosmologici avrebbero un ruolo preminente rispetto a quelli dedicati agli ζῷα sublunari24. Molto interessante è il discorso sviluppato da Fazzo circa le dichiarazioni programmatiche ed incipitarie contenute sia all’inizio dell’opera sia all’inizio del capitolo 6 – a testimonianza della forte bipartizione e cesura di cui si parlava sopra25. Innanzitutto, la studiosa ritiene scorretto

21

A questo argomento è dedicato per interno l’Essay 2 del volume del 1978, nel quale si discutono paralleli con alcuni contenuti di Phys. Θ relativi ad una possibile (dis)analogia tra il moto celeste delle sfere animate e l’automovimento animale. Nussbaum argomenta a favore di una lettura incrociata dei due testi, la quale porterebbe a concludere da una parte che Aristotele impiegasse elementi della propria dottrina cosmologica per fondare e dimostrare contenuti di teoria biologica (in particolare la dottrina della ὄρεξις) e dall’altra che l’accostamento del caso dell’automovimento animale sia necessaria a completare e legittimare la dimostrazione intorno al Motore Immobile di Phys. Θ. Più avanti si discuteranno le critiche seguite alla formulazione di questa ipotesi e le motivazioni che rendono più plausibile una lettura meno forte di questa “pluridisciplinarità”.

22

Il contributo di Fazzo cui si fa qui riferimento è «Sur la composition du traité dit de motu animalium: contribution à l’analyse de la théorie aristotélicienne du premier moteur» in LAKS-RASHED 2004, 203-229.

23

Fazzo in LAKS-RASHED 2004, 204-205. 24

La forza di tale affermazione, però, andrebbe forse smorzata, in considerazione del fatto che i contenuti spiccatamente cosmologici sono presenti nei soli capp. 3-4, mentre anche i primi due capitoli del trattato, di carattere non biologico, sono fin troppo generali ed astratti per poter essere catalogati come cosmologici.

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attribuire a questo trattato un titolo fuorviante – quale sarebbe Sul moto degli animali – sulla sola base dell’impiego dell’espressione Περὶ δὲ κινήσεως τῆς τῶν ζῴων nella primissima riga dell’opera: essa infatti va vista in riferimento non alla materia da trattare, bensì a quanto si era già argomentato in altra sede a proposito del movimento degli animali26; in secondo luogo, nel momento in cui Aristotele afferma la necessità di affrontare il nuovo argomento a partire dall’evidenza sensibile e non, piuttosto, con il λόγος astratto, lo Stagirita starebbe ribaltando il metodo logico-dialettico prediletto in Phys. Θ a vantaggio di uno maggiormente empirico, proponendo questo nuovo trattato come una prosecuzione del lavoro svolto proprio nell’ultimo libro della Fisica a proposito del Primo Motore. Di ben diverso tenore, invece, il secondo incipit, presente all’inizio del capitolo 6, il quale avrebbe la funzione di introdurre il discorso sulla relazione anima-corpo e sul principio del movimento caratteristico degli animali. Pertanto, nell’ipotesi di Fazzo solo il secondo dei due nuclei autonomi presenterebbe un programma coerente con il progetto complessivo di PN, mentre il primo nucleo, considerato più antico, rappresenterebbe ancora una riflessione sul Motore Immobile, sulla falsariga dei risultati ottenuti da Phys. Θ ma alla luce di un metodo diverso. Le primissime righe introduttive, contenenti la dichiarazione programmatica circa l’esame della causa comune del movimento, rappresenterebbero invece la traccia della cucitura ultima e definitiva dei due nuclei, saldati appunto nella decisione di studiare la κίνησις in forma generalissima e con intento sintetico27.

Una prospettiva concorrente a entrambe le proposte precedenti è invece quella adottata da P. Morel, autore di una recente traduzione francese del trattato. Contrariamente a quanto afferma Fazzo, il critico sostiene l’esistenza di un profondo legame tra il progetto di MA e quello di PN, in particolare relativamente all’intento di rappresentare l’essere animato quale unità dinamica complessa28. Secondo l’interpretazione dello studioso, il focus della nostra opera è principalmente zoologico, biologico e fisiologico, e si inserisce appieno nell’idea di porre in interazione la dimensione psicologica e fisiologica dell’essere animato, l’anima e il corpo entro il quadro teorico dell’ilemorfismo: MA sarebbe, pertanto, il complemento necessario a DA e PA per quanto attiene alla dottrina del desiderio e del moto volontario. Il prezzo da pagare per una siffatta lettura del De Motu consiste, appunto, nel ridimensionare al ruolo di digressione la sezione cosmologica dei capitoli 3-4, e di rendere tale digressione funzionale a mostrare non tanto la presenza di un unico modello meccanico soggiacente tanto allo ζῷον quanto al κόσμος,

26 Sulla scorrettezza del titolo a partire dall’errata interpretazione dell’espressione incipitaria, da leggersi come una

back reference e non come la presentazione di un nuovo argomento da trattare, si veda anche FAZZO 2016, 218. 27

Cf. ancora Fazzo in LAKS-RASHED 2004, 209-217. Il bilancio conclusivo proposto dalla studiosa è il seguente: “Aristote, semble-t-il, a voulu rassembler et réorganiser, à un moment donné, ses études relevant du problème général du principe du mouvement. Dans celles ci comme ailleurs dans le corpus, l’argument principal est de nature logique, fondé sur la nécessité d’une cause première et non causée pour toute série finie d’éléments en relation causale. Un tel principe, dit Aristote à plusieurs reprises, s’articule à travers l’analogie entre le vivant et l’univers: car l’observation de celui-là constitue la seule voie possible pour surmonter la difficulté à atteindre les principes de celui-ci.” (228-229).

28

Morel declina la sua posizione a tal proposito non solo nel volume dedicato interamente al trattato, ma anche in altri interventi, quali MOREL 2002 e quello più recente, «The Practical Syllogism in Context: De Motu 7 and Zoology», in RAPP-BRÜLLMAN 2008, 185-196 (in partic. 186-189).

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ma piuttosto l’esistenza di una discontinuità importante tra i due e quindi l’impossibilità di dedurre un’analogia completa tra il primo e il secondo.

Per uscire da tale impasse e sfruttare i suggerimenti più fruttuosi di entrambe le ipotesi si può tentare di porle in dialogo, mediando tra le rigidità dell’una e dell’altra. Questo obiettivo può essere raggiunto per mezzo di un’analisi testuale dei passi incipitari precedentemente menzionati. Partiamo allora dal primo degli incipit, cronologicamente più recente nell’ipotesi di Fazzo: Περὶ δὲ τῆς τῶν ζώιων κινήσεως, ὅσα μὲν αὐτῶν περὶ ἕκαστον ὑπάρχει γένος – καὶ τίνες διαφοραὶ καὶ τίνες αἰτίαι τῶν καθ’ ἕκαστον συμβεβηκότων αὐτοῖς –, ἐπέ-σκεπται περὶ ἁπάντων ἐν ἑτέροις. ὅλως δὲ περὶ τῆς κοινῆς αἰτίας τοῦ κινεῖσθαι κίνησιν ὁποιανοῦν – τὰ μὲν γὰρ πτήσει κινεῖται τὰ δὲ νεύσει τὰ δὲ πορείαι τῶν ζώιων τὰ δὲ κατ’ ἄλλους τρόπους τοιούτους – ἐπισκεπτέον νῦν.29

La constatazione di Fazzo, polemica nei confronti dell’assunzione del primo sintagma del periodo quale titolo dell’opera, è irreprensibile: bisogna però chiedersi se il titolo “posticcio” attribuito al nostro testo sia, alla luce delle righe successive, totalmente incoerente con il proposito del trattato: leggendo questo primo incipit, sembrerebbe comunque che l’obiettivo teorico dello scritto sia ben rappresentato da un’indagine, di carattere generale e complessivo, sulla κοινὴ αἰτία del movimento; ciò che risulta utile comprendere è in riferimento a cosa la causa di movimento qui investigata possa dirsi comune. Stando all’ipotesi di Fazzo, il modello meccanico presentato (fondato sulla presenza di un punto d’appoggio interno e uno esterno) sarebbe comune agli animali e all’universo intero; tuttavia, ponendo il sintagma in relazione al suo contesto prossimo, si potrebbe anche ipotizzare che il modello causale comune a ogni tipo di movimento sia da porsi in relazione agli elementi della parentetica: quindi, le specie animali condividono tutte, a dispetto di caratteristiche anatomiche e organi deputati al moto locale differenti, un medesimo modello meccanico in base al quale tutti i loro movimenti sono realizzabili e, da un punto di vista teorico, analizzabili e spiegabili. Secondo questa lettura, non sarebbe scorretto affermare che, a prescindere da qualsiasi equivoco evocato dal falso titolo, comunque il focus del trattato (almeno stando a questa prima affermazione programmatica) sia sulla totalità del fenomeno della κίνησις nel reame biologico e zoologico, che è sì composta di un mosaico di forme di locomozione diverse, ma che pure può essere ridotta ad un unico modello comune (κοινὴ αἰτία) capace di spiegare tutta la gamma dei vari movimenti realizzabili (τοῦ κινεῖσθαι κίνησιν ὁποιανοῦν)30: non a caso, quando Aristotele enumera i casi particolari

29 698a1-6: “Si è già riflettuto in altra sede a proposito del movimento degli animali, con riferimento a tutto ciò che è caratteristico di ogni loro genere (ovvero: quali sono le loro differenze specifiche e quali le cause degli accidenti tipici di ciascuno). Invece, posto che alcuni animali si muovono volando, altri nuotando, altri incedendo, altri ancora in qualche altro modo simile, bisogna ora riflettere in linea generale sulla causa comune soggiacente a un movimento qualsiasi”. Il testo greco proposto è quello stabilito da O. Primavesi nella nuova editio minor edita da F. Meiner. Le traduzioni, dove non segnalato diversamente, sono mie.

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che possono essere sussunti sotto l’etichetta di κίνησις utilizza il termine τρόπος, forse in un’accezione non dissimile da quella tecnica, che indica un’istanza particolare che corrisponde, pur nella sua peculiarità, ad un fenomeno di carattere generale in cui essa è da annoverarsi in ragione di una comune natura31. Nulla sembrerebbe allora indicare, in questo primo incipit, un intento radicalmente incompatibile con un’analisi generica (vale a dire non interessata alle differenze specifiche ma alla struttura comune a tutto il genere animale) del movimento quale caratteristica comune al reame degli ζῷα32.

Maggiormente indicato ad allargare l’orizzonte anche al di là della dimensione biologica e zoologica è il portato teorico implicato dal secondo incipit, immediatamente successivo al primo, che secondo Fazzo introduce il nucleo cosmologico e fisico dedicato all’approfondimento sul Primo Motore. Qui si legge infatti:

ὅτι μὲν οὖν ἀρχὴ τῶν ἄλλων κινήσεων τὸ αὐτὸ αὑτὸ κινοῦν, τούτου δὲ τὸ ἀκίνητον, καὶ ὅτι τὸ πρῶτον κινοῦν ἀναγκαῖον ἀκίνητον εἶναι, διώρισται πρότερον, ὅτε περ καὶ περὶ κινήσεως ἀϊδίου, πότερόν ἐστιν ἢ οὐκ ἔστιν, καὶ εἰ ἔστιν, τίς ἐστιν. δεῖ δὲ τοῦτο μὴ μόνον τῶι λόγωι καθόλου λαβεῖν, ἀλλὰ καὶ ἐπὶ τῶν καθ’ ἕκαστα καὶ τῶν αἰσθητῶν, δι’ ἅπερ καὶ τοὺς καθόλου ζητοῦμεν λόγους καὶ ἐφ’ ὧν ἐφαρμόττειν οἰόμεθα δεῖν αὐτούς.33

Il riferimento contenuto in queste righe è – come rilevato da Fazzo – all’ultimo libro della Fisica, nel quale si discute del movimento eterno e si affrontano i temi relativi al semovente quale causa di tutti gli altri moti e alle caratteristiche fisiche del primo motore, tra le quali spicca la sua immobilità. In ragione di questa sintetica citazione, la studiosa argomenta a favore dell’esistenza di un legame forte tra Phys. Θ e MA, con quest’ultimo che rappresenterebbe una prosecuzione dell’indagine avviata nell’altro scritto. A proposito della dottrina del Motore Immobile qui menzionata, Nussbaum sostiene addirittura che nel nostro trattato si debba dimostrarne la validità applicandola al caso specifico del movimento degli animali34. Il testo continua poi in questo modo:

31

Cf. Index Aristotelicum s.v., “eadem est natura ac notio, sed dicendi forma ac ratione differunt” con tutti gli esempi; Bonitz precisa anche come il termine possa assumere un significato simile a quello di εἶδος nel senso di

specie sussunta insieme ad altre nel comune γένος. Cf. anche quanto scrive Corcilius nel capitolo dedicato a MA 6 in

PRIMAVESI-RAPP FORTH.: “natural philosophy, as the scientific project of explaining the world qua moved, ought to cover all kinds of origins of motion in the universe (cp. tropon, 700b7)”.

32

Discorso diverso potrebbe essere quello relativo alla possibilità di etichettare con questo termine anche le sfere celesti. Il che punterebbe a rivalutare ulteriormente il ruolo dei capitoli 3-4 nell’economia del trattato. Di tale questione si tornerà a parlare più avanti.

33 698a6-14: “Si è precedentemente stabilito che l’origine degli altri movimenti è il semovente, e di quest’ultimo ciò che è immobile, e ancora che è necessario che il primo motore sia immobile – ciò è stato determinato, per la precisione, quando si stabiliva anche a proposito del movimento eterno se esso esiste oppure no e, se sì, qual è la sua natura. E tuttavia ciò va compreso non solo col ragionamento generale, ma anche andando a considerare le cose particolari, ovvero i sensibili: sia, infatti, è per mezzo dei dati sensibili che elaboriamo i ragionamenti generali, sia – noi crediamo – proprio alle realtà sensibili le leggi generali devono aderire”.

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Sulle perplessità relative a questa ipotesi, oltre a quello che si dirà più avanti, cf. anche la recensione al volume di Nussbaum in BURNYEAT 1981.

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φανερὸν γὰρ καὶ ἐπὶ τούτων, ὅτι ἀδύνατον κινεῖσθαι μηδενὸς ἠρεμοῦντος, πρῶτον μὲν ἐν αὐτοῖς τοῖς ζώιοις· ἀεὶ γάρ, ἂν κινῆταί τι τῶν μορίων, ἠρεμεῖ τι· καὶ διὰ τοῦτο αἱ καμπαὶ τοῖς ζώιοις εἰσίν.35

Il forte legame riscontrato in questo incipit tra Phys. Θ e MA sembra appunto essere riassunto da questa proposizione: esiste un’affermazione di carattere generale ed astratto (ἀδύνατον κινεῖσθαι μηδενὸς ἠρεμοῦντος, cf. Phys. Θ.1), e questa corrisponde ad una realtà di fatto evidente, φανερόν, ed esperibile nel regno dei particolari, nel mondo animale (καὶ ἐπὶ τούτων, πρῶτον μὲν ἐν αὐτοῖς τοῖς ζώιοις). Sono questi due elementi che devono “armonizzarsi”, nel senso di corrispondersi, l’un l’altro: anche ἐφαρμόττειν, dunque, esibisce qui un significato quasi tecnico, corrispondente all’idea di uno schema generale (o astratto?) che si applica poi a dei casi particolari36. Tuttavia, affermare che il secondo incipit contenga un riferimento al modello cinetico “motore immoto – motore mobile – mobile non motore” (che Phys. Θ condivide sia con Metaph. Λ sia con DA Γ) è diverso da sostenere che con queste righe Aristotele stia indicando nel Motore Immobile il soggetto principale di tutta la trattazione dei successivi quattro capitoli: la menzione delle καμπαί quali modello cinetico in grado di dimostrare l’assunto sul ruolo dell’ἠρεμοῦν sembra infatti puntare in tutt’altra direzione; la centralità del modello della καμπή nel corso dell’intero trattato, di fondamentale importanza ai fini del riconoscimento dell’unità intrinseca del De Motu, non risulta essenzialmente legata alla dottrina del Motore Immobile, né a partire da questa frase né stando a quanto si dice nei capitoli 3-4, dedicati appunto alla dimensione cosmologica. Risulta complesso condividere quanto afferma Nussbaum quando sostiene che la dottrina metafisica del Motore Immobile debba essere dimostrata e fondata attraverso la discussione presentata in MA in quanto applicazione di una teoria generale ad un caso particolare37: Aristotele afferma chiaramente che l’esame dei casi particolari viene invocato in sede euristica (ζητοῦμεν al secondo paragrafo di MA 1), ovvero al momento dell’elaborazione delle leggi generali, non certo nella fase di verifica e fondazione delle stesse. Questo uso del verbo ζητέω in riferimento alle leggi astratte rende difficile concordare con l’ipotesi sviluppata da Nussbaum a partire da queste righe. È certamente accoglibile, invece, l’idea stando alla quale uno degli obiettivi teorici di MA consista nell’applicare il modello cinetico tripartito ai dati empirici provenienti dall’osservazione del moto animale. Tale obiettivo rappresenta sicuramente un approfondimento del programma

35 698a14-17: “Infatti, anche in quelle [scil. nelle realtà sensibili] è evidente che non si produce movimento senza qualcosa che stia in quiete, prima di tutto negli animali stessi – perché sempre, qualora una delle loro parti si muova, un’altra resta ferma: ed è per questo che gli animali sono dotati di articolazioni”.

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Nella sua formulazione più esplicita a DA B.3.414b22-24: γένοιτο δ' ἂν καὶ ἐπὶ τῶν σχημάτων λόγος κοινός, ὃς ἐφαρμόσει μὲν πᾶσιν, ἴδιος δ' οὐδενὸς ἔσται σχήματος. Ma un uso tecnico è proprio in particolare degli Analitici

Posteriori: cf. APo 75b41-76a3: κατὰ κοινόν τε γὰρ δεικνύουσιν οἱ τοιοῦτοι λόγοι, ὃ καὶ ἑτέρῳ ὑπάρξει· διὸ καὶ ἐπ'

ἄλλων ἐφαρμόττουσιν οἱ λόγοι οὐ συγγενῶν. οὐκοῦν οὐχ ᾗ ἐκεῖνο ἐπίσταται, ἀλλὰ κατὰ συμβεβηκός· οὐ γὰρ ἂν ἐφήρμοττεν ἡ ἀπόδειξις καὶ ἐπ' ἄλλο γένος, e anche APo 75b4, 88a32-33.

37

Cf. le riflessioni di Corcilius in PRIMAVESI-CORCILIUS 2018, 70-71 ad loc. Inoltre, il fatto che anche dall’evidenza sensibile le leggi in questione risultino vere non significa che il dato particolare verifichi una legge generale, ma solo che esistono due approcci distinti (e indipendenti tra loro) ma ugualmente validi per pervenire a delle verità su

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declinato in DA Γ in occasione della presentazione della dottrina della ὄρεξις, nonché delle assunzioni astratte e generali ricavate dalla discussione in Phys. Θ – anche se resta sempre aperto lo scenario per cui l’impiego del modello tripartito sul caso del semovente animale in MA non sia perfettamente sovrapponibile a quello presentato in DA stesso nonché al modello di Phys. Θ38.

Ulteriori elementi che puntano verso questa direzione possono essere desunti dalla lettura del terzo incipit, quello all’inizio del capitolo 6:

Περὶ μὲν οὖν ψυχῆς, εἴτε κινεῖται εἴτε μή, καὶ εἰ κινεῖται, πῶς κινεῖται, πρότερον εἴρηται ἐν τοῖς διωρισμένοις περὶ αὐτῆς. ἐπεὶ δὲ τὰ ἄψυχα πάντα κινεῖται ὑφ’ ἑτέρου, περὶ δὲ τοῦ πρώτου κινουμένου καὶ ἀεὶ κινουμένου, τίνα τρόπον κινεῖται καὶ πῶς κινεῖ τὸ πρῶτον κινοῦν, διώρισται πρότερον ἐν τοῖς περὶ τῆς πρώτης φιλοσοφίας, λοιπὸν δ’ ἐστὶν θεωρῆσαι πῶς ἡ ψυχὴ κινεῖ τὸ σῶμα καὶ τίς ἀρχὴ τῆς τοῦ ζώιου κινήσεως.39

Questo “secondo inizio” richiama, assumendole come note, le conclusioni tratte in DA a proposito del movimento dell’anima e in Lambda a proposito del rapporto cinetico esistente tra Motore Immobile e primum mobile. Addirittura, è presente un rimando all’analisi del movimento degli ἄψυχα (ὑφ' ἑτέρου), funzionale a ripetere quanto affermato anche all’inizio del trattato: dal momento che, in generale, tutti i movimenti hanno luogo in presenza di un qualcosa di immobile, bisogna ora considerare come il caso dell’anima si inserisca in questo quadro generale. Secondo Fazzo40, questo prologo rappresenta la spia principale di un carattere generalizzante del trattato, e la sua presenza all’inizio di MA 6 è legittimata dal fatto che Aristotele avesse precedentemente aggiunto il secondo prologo come introduzione a MA 1. Giustamente la studiosa osserva come l’argomento da esporre venga selezionato per esclusione: vengono presentate tre questioni relative al rapporto mobile-motore; di queste, si ricorda come alle prime due sia già stata dedicata una trattazione ad hoc, mentre ora il focus si sposta (proprio nella prospettiva della completa esaustività sull’argomento) sulla ἀρχὴ τῆς τοῦ ζῴου κινήσεως, significativamente collegata alla domanda su come l’anima muova il corpo (πῶς ἡ ψυχὴ κινεῖ τὸ σῶμα), quindi su come la dimensione psicologica e quella fisiologica interagiscano nella realizzazione di attività vitali complesse. Fazzo conclude pertanto che questo terzo incipit conferma ulteriormente sia la natura composita del trattato, risultante dall’aggregazione di nuclei autonomi, sia il taglio generalizzante che consegue da questa operazione. Ora, è certo che con questo incipit Aristotele voglia inserire la sua discussione sul movimento degli animali in

38

Si chiarirà più avanti il senso di questa affermazione, nel capitolo I, dedicato al modello aristotelico di spiegazione della locomozione animale. Secondo Fazzo in LAKS-RASHED 2004, 215-219, una relazione forte tra i modelli cinetici di Phys. Θ e MA è innegabile.

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700b4-11: “Si è precedentemente parlato, negli scritti espressamente dedicati ad essa, dell’anima – se essa si muove oppure no e, se sì, in che modo; dato che tutti gli enti inanimati si muovono ad opera di altro e che si è già stabilito negli scritti sulla filosofia prima in che modo il primo mobile, eternamente mosso, è in movimento nonché come il primo motore muove, resta da esaminare come l’anima muova il corpo e quale sia il principio del movimento animale”.

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quanto tali (ovvero, enti dotati di anima) nel complesso teorico relativo alla dottrina dell’(auto)movimento proposto in tutte le opere richiamate in queste righe; è anche vero che la trattazione sull’automovimento animale e le sue specificità viene qui introdotta per esclusione e presentata come l’ultimo argomento che resta da trattare (l’uso del λοιπόν è esplicito in questo senso) sulla scorta di tutte le riflessioni precedenti. Tuttavia, forse non è da sottovalutare il fatto che a questi dati testuali possa essere imposta una lettura un po’ diversa: una cosa, infatti, è dire che il trattato nel suo complesso esibisca un taglio generalizzante e comprendente in sé il risultato di tutti gli studi aristotelici sul movimento del cosmo e degli animali, in relazione alla dottrina del Primo Motore verso cui entrambi convergono; altra cosa è invece sostenere che il trattato contenga una riflessione sul rapporto psico-fisiologico tra anima e corpo e sul ruolo che questo rapporto svolge in relazione alla produzione dell’automovimento animale, e che questa riflessione sia condotta adottando una prospettiva di largo respiro, che si avvale di collegamenti tra tutte le altre opere dedicate a diversi modi e forme di esposizione di un’unica scienza, che è la scienza del movimento. In riferimento al De Motu, sembra di poter affermare che quest’opera sia e rimanga un trattato di biologia, concentrato sul movimento degli animali; poi, dato che il movimento degli animali fa parte ed è contenuto nella più generica scienza del movimento, nulla vieta ad Aristotele di compiere paralleli con il caso del cosmo per meglio comprendere il caso specifico degli animali, le peculiarità ed analogie del loro modello di movimento con altri casi altrove investigati, e di verificare la completa aderenza del modello cinetico proprio degli ζῷα alle leggi generali della fisica rintracciate nel trattato ad essa dedicato. In conclusione, il fatto che un trattato assuma una determinata prospettiva euristica e si avvalga di elementi tratti da “scienze sorelle” per affrontare lo studio di contenuti di un’altra scienza41

non compromette minimamente la possibilità che gli esiti di questo studio risultino, dal punto di vista contenutistico e degli obiettivi raggiunti, perfettamente radicati in quella scienza al cui esame ci si è accostati facendo uso di strumenti provenienti da scienze affini.

Ancora una volta, a giudicare da queste righe e dalla loro interazione con i due incipit precedenti, il progetto presentato sembra essere quello di una esposizione di carattere generale e di impronta biologico-fisiologica a proposito di una funzione vitale specifica, il movimento. Da ultimo, nonostante l’idea dei due nuclei originari con i propri rispettivi incipit sia affascinante, non è necessario intendere il “terzo incipit” al capitolo 6 quale spia inequivocabile dell’iniziale autonomia dei capitoli 6-11 rispetto a 1-5: non tutte le formule di passaggio e di ricapitolazione devono necessariamente segnalare un intervento di “cucitura” di nuclei testuali riconducibili analiticamente a scritti autonomi poi riversatisi in un’unica opera; questo è vero specialmente in casi come questo, in cui Aristotele sembra proprio richiamare l’attenzione del lettore sugli obiettivi proposti all’inizio del trattato dopo una sezione del testo a carattere digressivo. Il focus

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dell’esordio di MA 6, come si vede, è lo stesso dei primi due incipit: la κίνησις τοῦ ζῴου (al singolare proprio per rimarcare la generalità dell’analisi, condotta sull’animale in sé al netto delle sue specificità anatomiche, come già ben sottolineava l’impiego del termine generico ζῷον) e la sua ἀρχή (= αἰτία).

Inoltre, la stretta correlazione logica di implicazione tra prima e seconda parte del trattato, rilevabile sul piano dei contenuti e dei principi dottrinali, rende sospetta l’ipotesi di una giustapposizione a posteriori di due nuclei precedentemente del tutto autonomi42: pur essendo innegabili sia un cambio di prospettiva nell’argomentare aristotelico sia una conseguente soluzione di continuità tra i primi quattro capitoli e la seconda parte del trattato, non sembra dunque necessario ipotizzare la convergenza di due nuclei tematici estranei l’uno all’altro per spiegare il particolare taglio dato al ragionamento da parte del filosofo. Non resta allora che chiarire quale sia il ruolo giocato, rispetto ai capitoli 6-11, dalla notevole porzione del trattato dedicata all’enunciazione e dimostrazione delle due leggi meccaniche generali da una parte, e dalla sezione cosmologica inserita nella discussione della seconda legge, quella relativa al punto d’appoggio esterno, dall’altra.

La lunga sezione cosmologica del trattato (all’incirca, nei cc. 3-4) è inserita in una più ampia porzione di testo coincidente con i primi cinque capitoli dell’opera che, come si diceva, presentano una prospettiva più generalizzante rispetto alla discussione contenuta in 6-11, ed espongono difatti due leggi astratte e generali della fisica (o meglio, meccanica) aristotelica. Queste due leggi riguardano il punto fermo (in greco ἠρεμοῦν), rispettivamente interno ed esterno al corpo mobile, necessario alla realizzazione del movimento in quanto punto d’appoggio (ἀπερείδω) del mobile su cui imprimere la spinta che innesca il moto. Quando introduce il caso del moto celeste rispetto alla Terra, Aristotele spiega chiaramente perché prende questa strada, ovvero perché la legge del punto d’appoggio esterno ha implicazioni che vanno al di là del discorso relativo all’animale, ma che anzi riguardano anche il caso dei cieli (698b9-11): è lo stesso filosofo a dichiarare esplicitamente il carattere di excursus, in un certo senso, della discussione che sta per intraprendere, spiegando le motivazioni di questa deviazione dall’argomentazione principale; allo stesso tempo, in più occasioni (MA 4.700a5-11 e 700a21-25; MA 6.700b29-32) il caso dell’οὐρανός viene riportato al discorso sugli animali, evidenziando analogie o differenze tra i due casi: il che significa che, anche considerando i capitoli 3-4 come digressivi rispetto al tema centrale, in ogni caso tale digressione risulta fruttuosa ai fini dello studio dell’automovimento animale, proprio perché cosmologia e

42

È vero, come sostiene Fazzo in LAKS-RASHED 2004, 214-215, che tali frasi di raccordo sono spesso inserite in una successiva fase di revisione o riedizione del testo; tuttavia, non necessariamente essi vanno interpretati come strumenti di “cucitura” improvvisati e pensati a posteriori a causa di repentini ripensamenti da parte di Aristotele sulla collocazione delle proprie opere nel corpus. A 221, a proposito degli esempi presentati a MA 1-2, Fazzo scrive: “Ils ne contribuent nullement à la compréhension du fonctionnement de l’âme comme principe du mouvement dans le vivant”. Nelle righe che seguono si cercherà invece di dimostrare il contrario. Per una ricapitolazione generale, cf. l’introduzione di Rapp a PRIMAVESI-RAPP FORTH. a 3(iii) e il contributo di Laks allo stesso volume.

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fisiologia si muovono sullo stesso comune terreno rappresentato dalle leggi fisiche (cinetiche) che regolano entrambe le scienze.

Risulta inoltre di notevole rilievo il ruolo giocato, in queste due dimostrazioni, dalla καμπή, ovvero dall’articolazione, intesa come: 1) luogo in cui inizio e fine coincidono; 2) uno in atto ma due in potenza; 3) retto e curvo allo stesso tempo; 4) punto in quiete e in movimento allo stesso tempo43. Il concetto di καμπή è pervasivo di tutto il trattato, in quanto compare sia nella prima sia nella seconda sezione del De Motu, con un ruolo la cui significatività si cercherà ora di spiegare. Quando, alla fine di MA 1 (698b2-6), il filosofo conclude il suo discorso sull’articolazione e sul perché essa funga da punto di appoggio interno per il corpo mobile, enumera una serie di articolazioni corporee (gomito, spalla, anca) che, a titolo esemplificativo, rappresentano delle istanze del modello cinetico descritto qualche riga prima in termini astratti, geometrici. In MA 8 (702a22ss.), quando Aristotele descrive la serie di alterazioni fisiologiche che portano alla produzione di energia cinetica e quindi di movimento, di nuovo i medesimi esempi di articolazione corporea tornano a presentarsi, questa volta in relazione a una struttura interna all’essere animato, ovvero al complesso al cui centro sta il principio psichico, l’ἀρχή della locomozione; di rilievo, inoltre, anche il fatto che torni a presentarsi una delle caratteristiche della καμπή precedentemente menzionate, ovvero il fatto che essa funga in potenza da uno, ma in atto da due, e che una sua parte sia in quiete ed un’altra in moto: proprio a questo punto, peraltro, Aristotele stesso richiama la discussione avvenuta nella prima parte del trattato, evidentemente per stabilire un legame tra quella e questo discorso:

τὸ δὲ κινοῦν πρῶτον τὸ ζῶιον ἀνάγκη εἶναι ἔν τινι ἀρχῆι. ἡ δὲ καμπὴ ὅτι ἐστὶν τοῦ μὲν ἀρχὴ τοῦ δὲ τελευτή, εἴρηται. διὸ καὶ ἔστιν μὲν ὡς ἑνί, ἔστιν δὲ ὡς δυσὶ χρῆται ἡ φύσις αὐτῆι. ὅταν γὰρ κινῆται ἐντεῦθεν, ἀνάγκη τὸ μὲν ἠρεμεῖν τῶν σημείων τῶν ἐσχάτων, τὸ δὲ κινεῖσθαι· ὅτι γὰρ πρὸς ἠρεμοῦν δεῖ ἀπερείδεσθαι τὸ κινοῦν, εἴρηται πρότερον.44

Da ultimo, MA 10 (703a11-16) vede di nuovo la menzione della καμπή con riferimento alle modalità attraverso le quali l’anima muove il corpo: questa volta, il filosofo propone una proporzione tra il ruolo del principio psichico e quello del perno nell’articolazione, da una parte, e tra il ruolo del πνεῦμα e quello del mobile nell’articolazione, dall’altra:

τοῦτο δὲ πρὸς τὴν ἀρχὴν τὴν ψυχικὴν ἔοικεν ὁμοίως ἔχειν ὥσπερ τὸ ἐν ταῖς

καμπαῖς σημεῖον, τὸ κινοῦν καὶ κινούμενον, πρὸς τὸ ἀκίνητον.45

43 Cf. MA 1.698a18-698b1. 44

702a22-27: “È necessario che ciò che muove primariamente l’animale sia in un qualche principio; ora, si è detto che l’articolazione è principio di una parte e fine di un’altra: per questo la natura si avvale di essa ora come di uno e ora come di due. Quando, dunque, si verifica un movimento a partire da lì, è necessario che l’uno dei due punti estremi stia fermo e che l’altro si muova – perché si è già detto prima che ciò che muove deve appoggiarsi a ciò che è in quiete”.

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