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Gli ordini di protezione 人身保护令 Rénshēn bǎohù lìng

Capitolo II: La violenza domestica in Cina

2.8 Gli ordini di protezione 人身保护令 Rénshēn bǎohù lìng

Come sottolineato nel paragrafo precedente, la Cina negli ultimi anni si è occupata del problema violenza domestica emanando delle leggi e regolamenti contro questo tipo di fenomeno.

Sebbene ci siano articoli a tutela della protezione della violenza domestica, delle vittime e degli ordini di protezione all’interno della Legge sulla violenza domestica, alcuni dei quali nominati nei paragrafi precedenti si pongono proprio l’obiettivo di tutelare le vittime. Ad esempio all’interno della Legge sul matrimonio, due sono gli articoli più importanti analizzati: articolo 43, cioè l’obbligo delle vittime di rivolgersi al Comitato di villaggio o di vicinato per la mediazione tra vittima e abusante e poi presentare un esposto alla polizia; l’articolo 45 sostiene che la violenza debba essere perseguitata legalmente se essa costituisce un crimine nei confronti della vittima.

In accordo alla Legge sulla violenza domestica, chiunque sia vittima di violenza o venga minacciato, può presentare una domanda di ordine di protezione che la Corte decide di accettare o respingere entro 72 ore, se invece si tratta di una questione urgente, le ore massime a disposizione affinché il giudice possa decidere se accogliere o rigettare l’istanza sono 24.

È la sezione 4 ad occuparsi degli ordini di protezione: l’articolo 23, infatti, sottolinea proprio come in caso di violenza, il giudice debba accordare l’ordine di protezione per proteggere la vittima.

Se l’abusante viola l’ordine, ha l’obbligo di pagare una multa di 1000 yuan ed può essere sottoposto a 15 giorni di detenzione; l’ordine rimane effettivo per 6 mesi, prima del termine può essere revocato o esteso. Per la vittima che non può presentare la domanda o ha paura di qualche ripercussione, la famiglia e i servizi sociali, gli organi di pubblica amministrazione o la federazione delle donne possono andare in soccorso alla vittima, presentando domanda.

68 Il primo ordine di protezione è stato emesso in Cina il 6 agosto del 2006 a Wuxi nel distretto di Chong’an a favore di Zhang Lifang nei confronti di suo marito Chen – i nomi, ovviamente sono fittizi, per tutelare la privacy dei soggetti – per evitare l’intimidazione e le percussioni violente. È il primo esempio di ordine di protezione giudiziaria in un caso di disputa civile.135

Uno dei primi ordini di protezione ed anche quello che ha ricevuto più attenzione mediatica è stato quello tra Li Yang e sua moglie, Kim Lee.136

Ella si trasferisce alla fine degli anni ’90 in Cina per studiare i metodi di insegnamento delle lingue straniere in Cina ed essendo americana, decide di specializzarsi proprio nell’insegnamento dell’inglese ai cinesi. Quando negli anni successivi incontra

Li Yang, idea un piano ambizioso per poter insegnare l’inglese in modo innovativo e così

lo portano sul palco inscenando Crazy English che riesce in poco tempo ad attirare milioni di spettatori. Si sposano ma la felicità matrimoniale non dura tanto, si arriva al punto di rottura alla fine di agosto nel 2011 quando Kim Lee decide di usare sia la sua celebrità sia la piattaforma social 新浪微博 Xīnlàng Wēibó pubblicando online delle fotografie che ritraggono sé stessa ed i lividi causati dalle percosse inflitte dal marito. Questo gesto ha fatto in modo che ne risultasse vincente poiché essendo la Cina una nazione evidence- based, l’aver mostrato le prove, ha significato che lei non stesse inventando nulla.

Il Tribunale Popolare del distretto di Chaoyang dopo varie indagini e dopo aver analizato le prove contro l’abusante, ha scoperto che il comportamento di Li Yang era un pattern che si stava ripetendo, un comportamento abituale che mirava a far del male alla donna. Kim Lee decide di presentare una denuncia alla polizia ma come scritto nei paragrafi precedenti deve passare per uno step molto importante che è la mediazione ed in teoria la riconciliazione. La mediazione non ha funzionato, Kim Lee ha resistito, stretto i pugni e lottato fino ad arrivare alla fine a portare il marito davanti alla corte: si tratta del primo ordine di protezione emesso dal Tribunale di Pechino, Li Yang non può picchiare o minacciare la moglie ed in caso lo facesse, ci sono delle conseguenze a cui andrebbe incontro quali multa, detenzione o denuncia in base all’entità ed alla gravità delle azioni commesse. La coppia ha 3 figlie che vengono affidate alla madre ed il padre è obbligato mensilmente a versare ad ognuna di loro 100000 yuan l’anno fino al raggiungimento della

135 Cfr http://www.womenofchina.cn/womenofchina/html1/features/rights/9/4900-1.htm 136 Cfr https://www.npr.org/2013/02/07/171316582/american-woman-gives-domestic-abuse-a-

69 maggiore età ed in più dover pagare una somma di 50000 yuan per i danni mentali arrecati. Il 3 febbraio 2013, il lungo caso di divorzio di Li Yang e Kim Lee che andava avanti da più di un anno termina con la pronuncia di divorzio sulla base della fattispecie della violenza domestica.

Il caso Li Yang – Kim Lee è un caso difficile poiché si tratta dell’unione di due culture diverse: Li Yang ha dichiarato in alcune occasioni che riconosce di aver sbagliato e che non è giusto picchiare una donna ma dall’altra parte invece incolpa la moglie poiché in Cina ci si difende dicendo che i panni sporchi si lavano in casa e che quindi invece di esporlo e rischiare di rovinare la sua carriera, da brava donna cinese di adozione, aveva il compito di non raccontare al mondo i suoi problemi. Sempre nelle stesse interviste, però, sottolinea che se fosse una delle sue figlie una vittima di violenza domestica, suo obiettivo sarebbe alzare la voce e farsi sentire.137

Le differenze culturali hanno aiutato da una parte il pubblico cinese a sensibilizzarsi su un argomento tanto delicato ma dall’altra parte hanno gettato un’ombra su quella Cina tradizionale che è radicata profondamente all’interno della società.

Come ci si comporta quando però lo Stato non aiuta le vittime? Where States are not fulfilling their obligations under human rights law, non-governmental organisations have utilised a human right discourse to campaign and apply pressure on the state to make greater efforts to address the issues in question.138

Le ONG hanno messo a disposizione dei luoghi in cui le vittime possono sentirsi a casa e protette ma soprattutto non pensare che sia colpa loro né tantomeno che meritino la violenza subita.

137 Cfr http://shanghaiist.com/2011/09/14/li_yang_of_crazy_english_not_quite/

138 Hilder S, Bettinson V. (eds.) Domestic violence interdisciplinary perspectives on protection,

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Capitolo III: La violenza domestica nei confronti dei