2.4 Il periodo Tokugawa (1600-‐1867)
2.5.3 Kappa 河童(1927)
In Kappa, Akutagawa mette in atto una critica severa, ma al tempo stesso ironica, della società e dell’economia giapponese dell’epoca, creando un mondo-‐specchio popolato da una delle creature più conosciute e amate del folklore: i kappa. Secondo le leggende -‐ e gli avvistamenti -‐ essi sono creature acquatiche, alte come un bambino di circa dieci anni, con la pelle squamosa, dita di mani e piedi palmate, dotate di becco e di un guscio come quello delle tartarughe. L’aspetto più curioso è la testa: sulla sommità, circondata da capelli ispidi, vi è una chierica, una sorta di rientranza che ricorda un piatto (chiamata appunto sara 皿), la cui funzione è raccogliere acqua, elemento di vitale importanza. Negli antichi testi viene spesso descritto come una creature dispettosa, a volte malvagia e persino mortale, mentre nella contemporaneità è un essere benevolo, amico dell’uomo.
Questo «salto di qualità» (Miyake, 2014, p. 87) avrebbe avuto origine proprio dal breve romanzo di Akutagawa: il protagonista, un giovane ricoverato in una clinica per malati mentali, racconta la sua avventura nel Paese dei kappa a chiunque vada a trovarlo; N° 23 (così ci si riferisce al giovane) accede a questa terra cadendo in un buco mentre stava inseguendo una di queste creature nelle montagne di Nagano. Con sua grande sorpresa, il posto in cui atterra non è la riva di un fiume o una palude, come narrato nelle antiche leggende, ma è una città simile in tutto e per tutto a quelle moderne: case, palazzi, fabbriche, un moderno sistema di trasporti, linguaggio che assomiglia al verso delle papere, sistema parlamentare, polizia e addirittura un quartiere che ricorda la lussuosa Ginza15; è, in poche parole, una miniatura del
Giappone reale.
Il racconto rivolge tre principali critiche alla società:
1. Critica al capitalismo: il capitalismo è personificato da Gael (ゲエル), “kappa d’affari”,
proprietario di un’impresa produttrice di vetro e carbone; questo dettaglio non è inserito a caso: durante la Restaurazione Meiji carbone e vetro furono i prodotti maggiormente lavorati dalle industrie giapponesi. Gael invita spesso i suoi amici e n° 23 a cena nella sua lussuosa casa, ma finisce per impressionare il protagonista in senso contrario, al punto di disgustarlo: il suo ostentare ricchezza e l’enorme pancia (non si era mai visto un kappa tanto grasso) altro non sono che avarizia e
15 「僕の両側に並んでいる町は少しも銀座通りと違いありません。」(Boku no ryōsoku ni narandeiru machi
ha sukoshimo ginzadōri to chigai arimasen – il quartiere che si vedeva su entrambi i lati era senza dubbio Ginza) Testo in lingua originale disponibile al link: http://www.aozora.gr.jp/cards/000879/files/45761_39095.html
sfruttamento dei lavoratori, costretti a vendere la propria forza-‐lavoro pur di sopravvivere. Durante una conversazione con Gael, N° 23 scopre un fatto ancora più raccapricciante: i kappa che non lavorano o che sono stati licenziati vengono uccisi e mangiati dagli altri. Tale situazione è un’esagerazione utilizzata dall’autore per criticare lo sfruttamento della classe operaia a causa del capitalismo dell’epoca Taishō: esso può portare gli operai alla morte per il troppo sfruttamento o perché, grazie ai passi da gigante del settore della meccanizzazione, vengono sostituiti dalle macchine e non sono più “utili”.
2. Critica alle mire espansionistiche: ad un certo punto della storia i kappa dichiararono guerra al limitrofo Paese delle Lontre, loro nemici giurati e, grazie a Gael, N°23 capisce che questo non fu un episodio isolato, ma che la guerra durava da parecchio tempo. Questo episodio è un’allegoria delle mire espansionistiche giapponesi, con particolare riferimento alla guerra con la Cina (1894-‐1895) e con la Russia (1904-‐1905). In entrambi i casi, il numero di vittime è giustificato dalla gloriosa vittoria della Patria e dalla conquista di territori ricchi di materie prime:
N°23: “Quale Paese ha vinto la guerra?”
Gael: “Ovviamente, ha vinto il nostro! Per essa sono caduti valorosamente trecento sessantanove mila cinquecento kappa. Tuttavia, non è nemmeno paragonabile alla perdita subita dal Paese nemico. La maggior parte della pelliccia presente in questo Paese, è tutta pelliccia di lontra. All’epoca, io stesso ho inviato sul campo di battaglia vetro e carbone.” N°23: “E cosa ci facevano con il carbone?”
Gael: “Ovviamente, lo mangiavano! Se i kappa avevano fame, erano costretti a mangiare qualsiasi cosa […]”
N°23: “Bhe…Vi prego, non vi arrabbiate, ma per i kappa sul campo di battaglia…per il nostro Paese, questo è uno scandalo […]”
Gael: “Su questo non vi è dubbio[…]. Ma oltre ai profitti, si era infiammato nel mio cuore il patriottismo […]”16
3. Critica alla censura: una caratteristica del Paese dei kappa, è la presenza di un governo e dell’esercito. Durante il concerto di Krabac, il kappa musicista, un poliziotto si alza in piedi e gli intima di fermare tutto, ma egli non si ferma e inizia il caos: spettatori che urlano e protestano contro i poliziotti, questi ultimi che cercano di fermare il concerto
e calmare la situazione. Quando N° 23 chiede il perché di tale confusione, Mag (il kappa filosofo) gli spiega che il governo ha proibito qualsiasi tipo di arte, sia essa musica, teatro, pittura o letteratura che non esprima chiaramente il proprio intento e significato, in quanto potrebbe nascondere sentimenti negativi nei confronti della politica. La censura colpì in egual modo il Giappone dell’epoca e quindi il termine “democrazia Taishō” risulta essere inappropriato: gli intellettuali iniziarono ad interessarsi sempre di più alle influenze politiche provenienti dall’Europa e il governo, per evitare che diffondessero tali ideali, mise in atto una dura repressione ed esercitò la censura su tutti i mezzi di comunicazione, sul controllo delle attività politiche e di quelle religiose. La situazione fu portata alla normalità solo nel 1945, quando lo SCAP sciolse tale regime17.
Il kappa risulta quindi diverso dagli esseri umani solamente per la sua fisionomia esteriore; anzi, in alcuni casi risulta essere “più umano” proprio per la sensibilità che mostra verso le contraddizioni sociali del suo mondo, specchio del reale. Esso funge così da mediatore fra un mondo antico e nostalgico e un futuro «totalitario, massificato e tecnologico» (Miyake, 2014, p. 95).
2.6 Elementi fantastici nella letteratura femminile del dopoguerra: Enchi Fumiko (1905