Terza parte: L’autore e il romanzo
6. Riassunto dei capitoli
Prima notte: Onomichi
Nel primo capitolo, Nakai racconta del suo incontro con la prima delle serie di stampe: “Viaggio notturno -‐ Onomichi”. Amico intimo di Ōhashi – il narratore principale – ai tempi della scuola di lingua era uno studente delle magistrali e per questo considerato il senpai del gruppo.
Un giorno, quando tornò a casa dal lavoro, sua moglie era sparita. Telefonandole, scoprì che si trovava a Onomichi ad aiutare un’amica; ultimamente i due non erano in buoni rapporti, litigavano di continuo, così lei decise di andarsene per qualche tempo. Tuttavia, Nakai decise di partire per riportarla a casa, ma, una volta arrivato, la ragazza che gli aprì era identica a sua moglie, ma sembrava non conoscerlo affatto; confuso, si diresse verso l’hotel che aveva prenotato e lì vi trovò lo strano individuo che aveva incrociato poco prima che gli raccontò che quella casa era sua ed era il marito della donna che aveva incontrato. Tuttavia, gli disse che era impossibile che l’avesse incontrata perché un anno prima si era gettata sotto il treno notturno, non lasciando però traccia di sé. In quel momento, Nakai si ricordò del viaggio fatto con la moglie a bordo di un treno notturno che passò proprio per Onomichi: in quel momento, entrambi videro la figura di una ragazza dal volto indefinito salutarli, su uno sfondo buio come di notte eterna, scena identica a quella rappresentata dalla stampa. In quel momento, saranno forse stati catturati dalla stampa e imprigionati nel mondo dell’artista?
Nakai decise di recarsi di nuovo in quella casa, ma venne fermato dall’ “albergatore” che non aveva intenzioni di farli scappare e lo attaccò; soltanto dopo averlo ucciso poté riabbracciare sua moglie, rimasta prigioniera per tutto il tempo in quella casa. Ma chi era veramente la ragazza che avevano incontrato?
Seconda notte: Okuhida
Il secondo a raccontare la propria storia è Takeda; ai tempi della scuola di inglese era solo una matricola e, al momento del racconto, lavorava per una casa editrice; sul luogo di lavoro aveva fatto amicizia con un certo Masuda che un giorno lo invitò ad andare a Okuhida con lui; insieme a loro sarebbero venute anche la sua ragazza, Kawakami Miya e la sorella minore di quest’ultima, Ruri.
Durante il viaggio vennero fermati da un’auto in panne e decisero di dare un passaggio ad uno dei passeggeri, una vecchia signora di nome Mishima. Ma questo non fece altro che peggiorare la situazione e a dare al viaggio un risvolto inaspettato: la vecchia disse di essere una veggente e che, sul volto di uno di loro, vedeva la morte. Dei quattro, l’unica a prendere sul serio la cosa fu Ruri, che stette in silenzio per tutto il tempo. Decisero di fermarsi a fare una sosta e, nel locale dove si fermarono, la prima cosa che attirò la loro attenzione fu una stampa dal titolo “Viaggio notturno -‐ Okuhida”: vi era dipinta una notte buia, infinita e, in primo piano, vi era una ragazza dal vestito bianco e dal volto indefinito che salutava nella direzione dello spettatore.
Una volta arrivati all’hotel si separarono e la profezia della vecchia sembrò avverarsi: Miya sparì e la sorella non faceva altro che gridare che era morta, che la profezia era vera. Poco dopo anche lei e Masuda sparirono nel nulla e, al loro posto, Miya ricomparve. Ma chi era in realtà? Era veramente lei, o era la ragazza del quadro? Quando la vide, Takeda si accorse di quanto assomigliasse ad Hasegawa.
Terza notte: Tsugaru
La terza storia è raccontata da Fujimura, l’unica ragazza del gruppo oltre a Hasegawa; appassionata d’arte, lavora in una galleria nel quartiere di Ginza.
Kojima, un caro amico del marito, è un appassionato di treni – in particolare quelli notturni – e i tre decidono di partire insieme verso Tsugaru, nella prefettura di Aomori. Durante il viaggio si raccontano varie cose quando, poco prima di arrivare a destinazione, dal finestrino vedono una grande casa bruciare. Una volta arrivati, quella casa sembrava essersi spostata in quella città; non era la prima volta che Fujimura vedeva una scena simile: nella galleria in cui lavorava vi era una stampa dal titolo “Viaggio notturno -‐ Tsugaru” che raffigurava esattamente quello che aveva davanti agli occhi. Come se non bastasse, Kojima affermò di aver visto una ragazza vestita di bianco ferma davanti alla finestra al secondo piano e sembrava guardare nella loro direzione. Kojima si avvicinò e bussò alla porta, mentre Fujimura e suo marito si rifugiarono in un porticato vicino per ripararsi dalla pioggia; quando si voltarono, lui era sparito. Che quella casa sia un altro ingresso al mondo della notte eterna?
Quarta notte: Tenryūkyō
Tanabe è l’ultimo a raccontare la propria storia; dei cinque protagonisti, è l’unico ad aver conosciuto di persona l’autore delle stampe, Kishida Michio ed è a conoscenza dell’unica opera che potrebbe salvarli tutti, “alba”.
Di ritorno da un viaggio nella città di Ise, durante la traversata in treno incontra due strani personaggi: una ragazza liceale e un vecchio signore. Quest’ultimo è una sua vecchia conoscenza; anche lui frequentava il “Kishida Salon” che altro non era che la casa dell’artista. Per poter dipingere quei paesaggi notturni, aveva deciso di cambiare la propria vita e vivere di notte piuttosto che di giorno. Così la sua casa era sempre aperta a qualsiasi ora della notte e chiunque poteva andare nello studio e scambiare due chiacchiere. Tuttavia, vi era una stanza, la “camera oscura”, dove nessuno poteva entrare senza il suo permesso; quello era il luogo dove aveva realizzato tutte le sue opere, e lo custodiva gelosamente. Non era mai andato a
visitare i luoghi che ritraeva nei quadri, ma entrando in quella stanza riusciva ad immaginare tutto ciò di cui aveva bisogno.
Saeki -‐ questo il nome del vecchio – nascondeva però un segreto: era stato lui a trovare per primo Kishida senza vita ma, invece di chiamare i soccorsi, prese con sé una delle stampe e fuggì. Poco dopo fu Tanabe ad arrivare all’atelier, e a scoprire il corpo; in quel momento sentì un rumore di passi provenire dalla “camera oscura”, entrò e venne avvolto dall’oscurità, da una notte infinta. Quando si risvegliò, erano arrivati i soccorsi, e non ricordava nulla. Nel momento in cui la ragazza si allontanò Saeki confessò a Tanabe di avere la sensazione di averla già vista, sembrava la ragazza del quadro. Poco dopo scese in una stazione deserta e la ragazza tornò a sedersi di fianco a Tanabe; in quel momento egli si ricordò dell’esperienza che aveva vissuta all’interno della “camera oscura ” e all’improvviso lei disse: « Ti stai chiedendo come faccio a sapere tutte quelle cose? Perché siamo sempre stati insieme...». Chi è veramente quella ragazza? Che relazione ha con Kishida?
Ultima notte: Kurama
Nell’ultimo capitolo, Ōhashi ritorna ad essere il narratore.
Finalmente i cinque arrivano a Kurama, ma il Matsuri si è già concluso; mentre ritornano alla stazione, Ōhashi si allontana dal gruppo e non riesce più a raggiungerli.
Raggiunta la stazione decide di chiamare Nakai, ma la sua risposta lo lascia sbalordito: «Ōhashi, sei veramente tu?». Pensando si trattasse di uno scherzo, decide di telefonare anche a Fujimura, che però ha la stessa reazione. Nakai lo contatta di nuovo e decidono di incontrarsi a Kawaramachi Sanjō dove, grazie al racconto dell’amico, scoprirà che dieci anni fa non era stata Hasegawa a sparire, ma lui; inoltre, Hasegawa era viva e si era sposata. Ōhashi raccontò quello che era successo, del fatto che fino a poco prima erano tutti insieme a Kurama e il mistero che circondava la serie di stampe e Kishida Michio. Improvvisamente si ricordò della galleria d’arte lì vicino, dove aveva visto per la prima volta la stampa “Viaggio notturno -‐ Kurama”; i due decisero di andare a controllare ma, al posto dell’opera che raffigurava una notte eterna, videro un’opera che rappresentava un’effimera alba: “Alba -‐ Kurama”. Il mondo in cui stava vivendo, era quello dell’alba o della notte?
Dal 16 febbraio 2017, la casa editrice del libro, Shogakukan, ha donato in omaggio ai fan di Morimi cinque cartoline raffiguranti i luoghi ritratti nella storia:
-‐ Figura b: Okuhida; -‐ Figura c: Tsugaru; -‐ Figura d: Tenryūkyō; -‐ Figura e: Kurama.
Figura a. Onomichi
Figura c. Tsugaru
7. Traduzione54
Tutto ebbe inizio quando io e i miei ex-‐compagni della scuola di inglese decidemmo di visitare il “Festival del Fuoco di Kurama” e alla fine di ottobre lasciai Tokyo per arrivare a Kyōto. Partii prima di mezzogiorno e arrivai verso le due di pomeriggio. Dalla stazione arrivai fino a Shijō Kawaramachi e, dopo aver camminato un po’ per il centro, salii sull’autobus verso la stazione di Demachiyanagi e, quando il bus attraversò il ponte sul fiume Kamo, vidi dei nibbi ballare nel tipico cielo limpido autunnale.
La biglietteria dei treni Eizan stava già iniziando a riempirsi di turisti. Mi appoggiai ad una colonna e, mentre pensavo di essere arrivato in anticipo all’incontro, sentii una voce proveniente dall’altro lato della folla chiamare «Ōhashi!»; guardai in quella direzione e Nakai mi venne incontro agitando la mano.
«Sei arrivato presto eh!» «Anche tu»
«Non mi piace arrivare in ritardo. E poi, prima di trovarci, ho pensato di dare un’occhiata alla scuola»
«C’è ancora? »
«Certo! Mi è venuta un po’ di nostalgia…»
La scuola di inglese era un edificio in legno che si trovava in fondo ad una stradina secondaria, alla quale si accedeva passando per la strada che va verso l’incrocio di Hyakumanben dalla stazione di Demachiyanagi. Un solo professore straniero aveva preso in carico un certo numero di studenti e insegnava per circa un’ora. C’erano molti universitari e ricercatori; io iniziai a frequentarla al secondo anno dell’università e Nakai frequentava le mie stesse lezioni serali. All’epoca era uno studente delle magistrali.
«Sono arrivato qui ieri con mia moglie» disse Nakai. Ieri sera si erano fermati in un hotel a Kawaramachi; da stamattina sua moglie era in giro per templi con una sua vecchia amica di Kyōto e sarebbe poi tornata a Tokyo prima di lui. Io l’avevo già incontrata parecchie volte, dato che ero stato invitato al ricevimento nunziale ed ero andato a trovarli nella loro casa a
54 Di seguito viene presentata la traduzione del primo e dell’ultimo capitolo del romanzo, capitoli in cui la città di
Suidobashi55.
Mentre parlavamo, aspettavamo l’arrivo di un altro nostro compagno. «Ci incontravamo spesso eh» mormorò Nakai.
«Da allora sono passati dieci anni, vero?»
Dieci anni…non capisco se siano tanti o pochi. Passando le giornate a Tokyo, i ricordi di Kyōto mi sembrano qualcosa di lontanissimo nel tempo; eppure, ad essere qui ora e parlare con Nakai, il tempo sembra non essere passato poi così tanto.
«Ōhashi sono contento di averti chiamato. Se non l’avessi fatto, non so se sarei riuscito ad andarci una seconda volta». Nel momento in cui Nakai mormorò queste parole, dal fondo delle scale della stazione comparve Takeda. Nella nostra compagnia era il più giovane e, quando lo incontrai per la prima volta, era uno studente del primo anno. Quando Takeda ci vide si avvicinò e sorridendo disse: «Senpai56! Da quanto tempo!»
!
Quando frequentavamo la scuola di lingua la nostra compagnia ruotava intorno a Nakai: poiché si faceva sempre in quattro per tutti, spesso molti lo invitavano fuori a mangiare e, se io ho potuto conoscere altri studenti della classe, è stato grazie a lui. Anche l’autunno di dieci anni fa quando insieme siamo saliti sul treno dell’Eizan e siamo andati a Kurama a vedere il Festival del Fuoco era stato lui a farci riunire. Mentre stavamo parlando con Takeda delle nostre cose arrivò anche Fujimura – sua coetanea -‐ e in questo viaggio verso Kurama era l’unica ragazza. Quando ci vide si mise a ridere.
«Non mi sembra passato così tanto tempo!»
«Però in effetti è così» rispose Takeda. «Io sono cambiato molto. Come persona sono diventato grande»
«Sei sicuro?»
«A me invece sembra che tu ti sia ristretto»
«Dunque signori» disse Nakai «Intanto, che ne dite di andare verso l’ albergo a Kibune?» Poiché Tanabe, il più grande di noi, sarebbe arrivato in ritardo a causa di un impegno lavorativo, decidemmo di passare i tornelli e di salire sull’Eizan. Il treno lasciò la città e si diresse verso Nord. Ai tempi della scuola, per me l’Eizan era qualcosa di molto romantico;
55 Quartiere di Tokyo [N.d.T.]
vedere la città sprofondare nel crepuscolo mentre ci si muoveva... sembrava che il treno si dirigesse verso il “Paese delle Meraviglie”. Ogni tanto, quando ci salivo, avevo la sensazione di fare un viaggio verso un luogo lontanissimo. Mentre pensavo a queste cose e guardavo fuori dal finestrino, Fujimura mi disse: «Grazie per avermi chiamata, Ōhashi»
«Per fortuna avevo ancora il tuo numero»
«Quando tornerai a Tokyo, vieni a visitare la mia galleria d’arte, per favore. È vicino a dove lavori, vero?»
«Però sai, io non ho l’hobby di comprare quadri»
«Non importa, vieni anche solo a trovarmi». Detto questo si voltò verso il finestrino e rimase in silenzio; forse stava ricordando i momenti della scuola, ma poco dopo disse:
«Stavo pensando perché mi hai chiamato?» «Ma, perché…»
«C’è un motivo?»
«Un motivo no, ho pensato che ormai era ora…»
«…ah, sì, anch’io lo penso» Fujimura annuì e guardò fuori dal finestrino.
La notte di dieci anni fa noi sei amici della scuola di lingua andammo a Kurama per vedere il matsuri. Una di noi, quella notte, scomparve. All’epoca era uscito un piccolo articolo sul giornale, ma non c’era scritto granché: gli sforzi delle persone coinvolte erano stati vani e nessuno aveva dato un aiuto. Sembrava davvero che fosse sparita, risucchiata nel nulla. Al momento della scomparsa Hasegawa aveva la mia stessa età. All’improvviso pensai fra me: «Il fatto che io abbia chiamato gli altri, non è forse perché è stata lei a chiamarmi?» Non appena vidi dal finestrino che ci stavamo addentrando sempre più nella montagna, la fila di cipressi coprì di ombre le rotaie e mi ricordai di quando dieci anni fa lei scomparve. In quel momento mi venne in mente quel paesaggio che vidi nella galleria d’arte che visitai poco prima.
!
Al pomeriggio, quando arrivai alla stazione di Kyōto, poiché avevo ancora tempo prima dell’incontro, andai verso Shijō e camminai per quella strada affollata; la città straripava di turisti, c’erano anche tantissimi stranieri. Evitai la folla nella via principale ed entrai in una via secondaria, dirigendomi a nord verso Takakuradori. Il cielo autunnale che si stagliava al di sopra dei palazzoni, ricordandomi il cielo che vedevo quando ero ragazzo mi fece venire un po’ di nostalgia. Mentre camminavo, venni attirato all’improvviso dalla figura di una ragazza
che camminava davanti a me: quella figura aveva un’aria strana, camminava con spalle e schiena diritte e sui capelli neri si rifletteva la luce del sole. Avevo la sensazione di averla già vista, un giorno, in un posto lontano; chissà perché sentivo quella nostalgia. La ragazza entrò in un negozio e vidi la sua figura di profilo per un istante: era uguale a Hasegawa.
«È impossibile che sia lei» pensai e, con il cuore che mi batteva all’impazzata, aumentai il passo. Quel negozio era una piccola galleria d’arte e fuori aveva appesa una targa in rame con scritto “Galleria Yanagi”. Nella vetrina era esposta una stampa in rame con una targhetta: “opera di Kisida Michio”. Era un’immagine che rapiva in modo strano: in una notte buia al di là di un boschetto correva un luminoso treno notturno; in primo piano c’era una ragazza e sembrava che salutasse con la mano destra; era girata di spalle, quindi non le vedevo il viso. Il titolo era “ Viaggio notturno – Kurama”. Aprii la pesante porta di vetro ed entrai nella galleria: più si andava verso il fondo, più diventava scura e c’era un leggero odore di bruciato. Sul muro bianco erano appese qua e là delle stampe tutte dalle tonalità cupe, come se sul muro bianco ci fossero delle finestre che si aprivano su un mondo notturno. L’interno della galleria era silenzioso, sembrava di essere in un mondo lontano dalla città caotica al di là della porta. Tuttavia, non c’era traccia della ragazza che era entrata poco prima. Ero confuso quando da un paravento in fondo alla sala comparve l’ombra di quello che sembrava essere il gallerista.
«Benvenuto»
«Non è forse entrata una ragazza?»
«...No» rispose con una faccia perplessa. Pensai quindi di essermi sbagliato. La tensione di tornare a Kurama dopo dieci anni mi avrà sicuramente fatto vedere qualcosa d’illusorio. Nonostante abbia chiamato gli altri per andare a Kurama e mettere fine a questo intervallo, sembra che non riesca a togliermi dalla testa che Hasegawa stia ancora vivendo da qualche parte in questo mondo. Poiché mi sentivo a disagio ad andare in queste condizioni, e poiché c’era ancora tempo prima dell’incontro, decisi di guardare ancora per un po’ le stampe. Il giovane gallerista mi spiegò, con modi gentili, la tecnica di incisione detta “mezzatinta” e alcune cose sull’incisore Kishida. L’artista aveva abbandonato gli studi all’università d’arte di Tokyo per andare in Inghilterra come apprendista di un incisore e fare esperienza e, una volta tornato, aprì un atelier a Kyōto sua città natale. Quando ero uno studente vivevo quindi nella sua stessa città, ma nella primavera di sette anni fa egli morì. Quando era ancora in vita, aveva affidato le sue opere al suo amico gallerista Yanagi.
«…e così esistono quarantotto opere della serie chiamata Viaggio notturno.» In un paesaggio nero come velluto vi erano delle sfumature bianche che facevano pensare ad
una notte infinita. In tutte le opere c’era una ragazza senza occhi né bocca, con il viso liscio e bianco come quello di un manichino. Onomichi, Ise, Nobeyama, Nara, Aizu, Okuhida, Matsumoto, Nagasaki, Tsugaru, Tenryukyō… Guardando ogni singola opera si veniva rapiti dalla strana sensazione che la stessa notte si diffondesse ovunque.
«Chissà perché la notte» mormorai e il gallerista sorridendo piegò il capo e disse: «Chissà se è il viaggio notturno di un treno o un viaggio notturno di demoni57…»
!
Il posto dove decidemmo di pernottare era uno dei tanti edifici lungo il corso del fiume Kibune e dalla stazione si raggiungeva in dieci minuti in macchina salendo per una stradina di montagna. Nel soggiorno con tatami diviso in due da un fusuma58 si sentiva il suono dello
scorrere del fiume e c’era un nostalgico profumo. Poiché il rumore di Kurama non poteva in alcun modo arrivare al di là delle montagne, tutto intorno vi era un profondo silenzio. Mentre aspettavamo l’arrivo di Tanabe decidemmo di fare il bagno e iniziò a cadere una pioggerellina leggera.
Takeda si sporse dalla finestra e guardò il cielo.
«Il Matsuri non verrà rimandato a causa della pioggia, vero?»
«Non è sufficiente la pioggia a farlo sospendere» disse Nakai ridendo mentre si rotolava sul tatami.
«Quelle grandi torce penso che riescano a bruciare anche con la pioggia»
In quel momento si sentì il rumore di qualcuno che saliva la scala: «Scusate il ritardo» disse