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È in questo ambito che entra in gioco la centralità dei servizi pubblici e

sociali per l’infanzia nel garantire da un lato, il sostegno alle capacità genitoriali,

e dall’altro il riconoscimento e l’affermazione dei diritti di cittadinanza per donne

e bambini poveri, meno mobili e quindi più vincolati alle risorse o alla povertà del

territorio. Quando i figli sono ancora piccoli e in età scolare, la scuola è

determinante nelle strategie di molte donne per allontanare i figli dal quartiere,

per riempire il tempo dei loro bambini e ragazzi. Al riguardo Annetta ci dice:

I figli nel quartiere ci sono stati pochissimo, nel senso che io li ho mandati a scuola a tempo pieno, quindi rientravano alle quattro e mezza e non avevano tempo di uscire qua fuori così hanno avuto poco a che fare con il quartiere (Annetta)

La scuola rappresenta il servizio pubblico più importante e anche quello

rispetto al quale le nostre intervistate nutrono maggiori aspettative di aiuto e

sostegno, non è solo per impegnare i figli e tenerli lontani dal quartiere ma anche

per garantire che possano essere seguiti nello svolgimento dei compiti, assistiti

in un’attività per le quali loro si sentono del tutto inadeguate. Annetta , per

esempio considera che:

Per me il doposcuola è molto comodo, perché poi quando i figli tornano a casa non hanno più problema di studiare e li seguono, io sinceramente non avendo scuola, non mi posso mettere e seguire mio figlio, perché non ne capisco io, posso imparare a lui?(Annetta)

simili sono anche le considerazioni di Patrizia.

Alle mie gemelline le mando a una scuola che se le tengono fino alle quattro e gli fanno fare anche i compiti il pomeriggio non perché non le voglio avere io fino alle quattro ma perché ti fanno anche i compiti. Io ho fatto la scuola tempo fa e trovarti con gli studi del 2006, io determinate cose, sono diverse che non mi trovo, onde evitare che non so come dirglielo io e ne le posso mandare dai compagnetti di qua perché non mi piace, preferisco mandarle a una parte dove possono fare i compitini perchè io non mi sento pronta a guidarle, loro sono femminucce, non voglio che si trovano male. (Patrizia)

Gli estratti di intervista riportati mettono in evidenza il ruolo centrale

assunto dalla scuola nelle loro strategie di fronteggiamento. Tuttavia, proprio nei

contesti più deprivati la scuola non è sempre un punto di riferimento cui poter

fare affidamento configurandosi in alcuni casi come il servizio sociale più carente

data la sua incapacità accogliere bambini e ragazzi e promuovere la costruzione

di tessuto sociale intorno alle famiglie. Come ci raccontano i nostri testimoni

privilegiati, da circa un ventennio impegnati in attività di lavoro di strada e contro

la dispersione scolastica nel quartiere, le scuole del centro storico si

omogeneizzano dal punto di vista sociale. Le famiglie benestanti della zona

tendono a trasferire i propri figli verso le scuole del centro città, nelle quali si

realizza una sorta di selezione che compone le sezioni e le classi sulla base

delle caratteristiche sociodemografiche degli iscritti.

Le scuole di Cosenza Vecchia sono scuole che diventano sempre più omogenee dal punto di vista della composizione sociale. La scuola media (…) è frequentata solo da ragazzi del centro storico con situazioni problematiche alle spalle (…) Le famiglie più benestanti e quelle che ritengono di avere minori problemi mandano i figli alle scuole del centro, oppure in altre scuole che si presentano più funzionali. Inoltre, all’interno di alcune scuole si procede con la differenziazione in base alla provenienza territoriale con la dirigenza scolastica che si rende responsabile a tutti gli effetti di quelle composizioni ragionate della classe». (Mario, responsabile di associazione)

Il racconto del nostro testimone privilegiato ci consente di sottolineare il

ruolo del sistema istituzionale nell’ambito dei processi di strutturazione della

povertà e dell’esclusione sociale e come tali processi siano «sempre più decisi,

oggetto di decisioni» [Scamuzzi 1990: 32]. La regolazione sociale della povertà

infatti, procede su livelli diversi che vanno da quello macro delle grandi decisioni

strategiche e politiche e che vanno a costituire i modelli di equità vigenti in una

società fino al livello delle micro decisioni, a quei processi decisionali routinari

che producono effetti distributivi che rimangono spesso latenti e celati. Tra i tanti

possibili, l’ esempio che abbiamo raccolto presso il nostro testimone privilegiato

muove in questa direzione.

La debolezza nel numero e nella qualità di servizi pubblici e sociali

dedicati alla cura e al tempo libero dei bambini, la carenza di spazi verdi e

comuni per il gioco se è un dato che va a svantaggio dell’intero contesto urbano,

nei contesti della ricerca pare assumere un rilievo particolare. L’impoverimento

dei luoghi che passa per una profonda incuria per gli spazi comuni nei quartieri

e/o la mancata predisposizione di adeguati servizi sociali deprivano ulteriormente

la vita delle nostre intervistate prima come donne e poi come madri. Il

malfunzionamento dei servizi, la loro carenza e la scarsa qualità di quelli

esistenti si traduce in una cittadinanza dimezzata per i bambini e le donne perché

ai primi attraverso la violazione del diritto ad un ambiente sicuro e confortevole

restringe la loro libertà e possibilità di gioco, alle seconde negando la possibilità

di poter usufruire di risorse aggiuntive in termini di sicurezza, tempo a

disposizione per sé e per i propri figli. Il sistema dei servizi pubblici, quindi,

assomma delle carenze che producono svantaggi su piani e livelli diversi che

vanno dalla gestione del tempo quotidiano, alle concrete opportunità di

incrementare le proprie risorse materiali e relazionali.