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55,19% 68,91% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 1991 2001 Maschi Femmine

FONTE: NOSTRA ELABORAZIONE DATI ISTAT

Coloro che maggiormente soffrono la difficoltà di trovare lavoro sono i

disoccupati in senso stretto e le persone in cerca di prima occupazione, in

particolare giovani e tra questi soprattutto giovani donne. Il tasso di

disoccupazione giovanile in città è pari al 60,46%. Uno scarto di circa 15 punti

percentuali distingue il tasso di disoccupazione delle giovani donne (68,91%) da

quello dei loro coetanei maschi (55,19%)

50

.

Ai dati ufficiali qui riportati e corrispondenti alle indagini che l’Istat svolge

periodicamente sul territorio, occorre aggiungere un’ulteriore quota invisibile di

popolazione scoraggiata, che si autoesclude dal mercato del lavoro perché

sfiduciata dalla lunga attesa necessaria per trovare un’occupazione, inoltre, la

mancanza di adeguate politiche di sostegno alla famiglia e lo stesso

50La città ben rispecchia le caratteristiche del mercato del lavoro del contesto regionale di appartenenza,

caratterizzato da un alto tasso di disoccupazione e un tasso di occupazione tra i più bassi del paese (valori che peggiorano per la componente giovanile e femminile della popolazione), larga diffusione del lavoro irregolare e informale, fanno della Calabria una regione a disoccupazione estrema [Nisticò 2003] e tracciano i contorni di grave fragilità del mercato del lavoro regionale e in esso, di quello della città.

funzionamento del mercato del lavoro, rendono la partecipazione al lavoro

particolarmente gravosa per le donne. Per loro, gli «effetti di scoraggiamento»

prodotti dalla già difficile situazione occupazionale risultano amplificati dal carico

familiare di cui sono spesso le uniche portatrici.

Il grafico 3.3 riporta la condizione del mercato del lavoro della città in

un’ottica di confronto territoriale.

graf. 3.3. Il mercato del lavoro: confronti territoriali

22, 64% 60, 46% 43, 78% 33, 87% 23, 10% 58, 48% 43, 42% 33, 39% 24, 48% 61, 27% 42, 67% 32, 22% 22, 25% 55, 70% 43, 96% 34, 17% 11, 58% 33, 28% 48, 56% 42, 94% 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00%

tasso di disoccupazione tasso di disoccupazione giovanile tasso di attività tasso di occupazione

CITTA' PROVINCIA REGIONE MERIDIONE ITALIA

FONTE: NOSTRA ELABORAZIONE DATI ISTAT

La comparazione con il dato nazionale mette in luce la particolare

condizione di fragilità e debolezza della città e del contesto provinciale e

regionale nei quali è inserita. I valori assunti dagli indicatori, distanti molti punti

percentuali dalle medie nazionali connotano la particolare gravità e lo

scollamento del contesto urbano e regionale rispetto a quello del paese. Quello

che abbiamo tentato di mettere in evidenza attraverso il ricorso ai dati censuari è

la grave crisi che attraversa la città nei suoi anni più bui. La stagnazione

economica e gli alti livelli di disoccupazione dal un lato, e dall’altra, l’instabilità

politica ed amministrativa si coniugano nel definire un panorama di ampia

debolezza sociale ed economica del contesto urbano.

Il peggioramento degli indici della qualità della vita e una recrudescenza

della realtà criminale si riflettono in un accentuato degrado urbano e sociale del

territorio: Solo la gestione clientelare e assistenziale delle politiche pubbliche

consente di sostenere un certo livello di benessere e dei consumi privati, ma solo

per le fasce di popolazione garantita, mentre più ampie diventano le sacche di

povertà dei non garantiti e di chi resta escluso dai meccanismi di regolazione

clientelare. Debolezza sociale e degrado urbano sono fenomeni che esplodono

nel loro manifestarsi negli anni Ottanta ma che trovano origine ben più lontano

nel tempo, negli anni della grande trasformazione urbana e dell’abuso del

territorio e della logica escludente perpetuata ai danni di tutta la città nei decenni

precedenti.

Come vedremo nel capitolo seguente, saranno i segni della crisi, del

disagio sociale e del degrado urbano, particolarmente concentrati nel centro

storico cittadino e nei quartieri periferici, a richiamare l’attenzione sulla città, sia

a livello politico che sociale. Attraverso i temi del recupero e della riqualificazione

prenderà l’avvio una nuova stagione di politiche urbane e sociali nell’ottica del

contrasto alla povertà e all’esclusione di luoghi e persone, che ridisegneranno

nuovamente il volto della città e sulla cui base si articolerà ancora una volta il

potere politico delle élites cittadine.

3.5L’

AREA URBANA

A partire dalla fine degli anni Ottanta, il ridimensionamento della centralità

territoriale, economica e sociale della città capoluogo da un lato, e la crescita

dei comuni limitrofi dall’altro mettono al centro dell’attenzione del dibattito

pubblico la realtà dell’area urbana. L’espansione di Cosenza durante gli anni

della grande trasformazione cancella la separazione fisica con i comuni ad essa

immediatamente contigui e crea le premesse per la nascita di un unico core

urbano

51

, un unico sistema urbano saldato dall’innescarsi di dinamiche di natura

economica e sociale. Varato presso il Ministero delle Aree Urbane nel 1991 il

progetto dell’ area urbana diventa il nuovo nodo del dibattito politico ed

economico avente per oggetto il territorio, le prospettive del suo sviluppo e la

nuova prospettiva per il governo di processi e dinamiche sempre più complesse.

Nell’ambito della Calabria senza città l’area urbana cosentina rappresenta

un’area relativamente dinamica sotto il profilo economico e sociale grazie alla

presenza di fattori di attrazione connessi al sistema universitario e della ricerca

scientifica e al patrimonio culturale e storico-architettonico. L’Area Urbana ha

ottenuto un forte impulso di crescita sia in termini qualitativi che quantitativi

51 L’area urbana, intesa in senso stretto comprende esclusivamente i comuni contigui alla città (Co-Re-Ca)

e raggiunge una popolazione di circa 120mila abitanti. La popolazione raddoppia se ci si riferisce all’accezione più estesa dell’area urbana, ossia l’area con limite Montalto a nord e Rogliano con la Valle del Savuto a sud.

dall’Università della Calabria, localizzatasi a partire dagli anni Settanta a nord del

territorio Cosenza-Rende. L’Università ha giocato, infatti, un ruolo fondamentale

nei processi di mobilità locale, ha stimolato nuovi mercati e nuove domande ed

ha contribuito a dotare il territorio di nuove professionalità e competenze.

Nonostante la necessità di intervenire in modo non campanilistico nel

governo del territorio per gestire processi economici e sociali complessi che

interessano l’area il peso concreto del tema area urbana nell’agenda della

politica locale è sempre stato molto ridotto. Altrettanto ridotte sono state le

occasioni di confronto e di networking tra gli attori locali diversamente coinvolti.

L’elemento di novità che riguarda l’ormai annosa questione dell’area urbana fa

riferimento alla massiccia ondata di investimenti previsti per il biennio 2005-2007

che andranno ad interessare il comune capoluogo e i due centri limitrofi di Rende

e Castrolibero (area denominata Co-Re-Ca). Come abbiamo visto pur

riguardando l’area Urbana confini ben più estesi rispetto ai tre comuni

considerati, la gran fetta degli investimenti infrastrutturali previsti interessa

invece i due centri immediatamente contigui al territorio della città capoluogo.

Come si legge dal programma «Un idea di città» lo scopo degli interventi è

molteplice: esso si prefigge di «costruire una città ricca di funzioni urbane

superiori, un’area urbana di rango meridionale ed europeo», attraverso uno

strumento di governo del territorio multidimensionale, multisettoriale e

multimisura.

La dotazione di infrastrutture pubbliche gioca un ruolo centrale nella

definizione della qualità della vita e del benessere sociale nonché nelle

opportunità di crescita economica. Questo nesso però spesso assunto in maniera

dogmatica nella visione e progettazione della crescita economica e sociale del

territorio, non è affatto automatico né ha esiti scontati. Le politiche pubbliche in

infrastrutture siano esse di tipo materiale che immateriale, assumono una

valenza positiva ampia per i territori in cui esse sono predisposte se e quando

rispondono ad una logica progettuale improntata alla partecipazione e

condivisione tra gli attori coinvolti e all’integrazione degli interventi previsti.

Come mette in evidenza uno studio condotto per conto dell’Ance e

dell’Assindustria la massiccia dimensione degli interventi infrastrutturali

52

si

52 Le cifre relative agli interventi infrastrutturali previsti per il biennio 2005-2007 sono altissime, sia in

connota per alcune caratteristiche che ne inficiano la potenzialità nel processo di

crescita dell’area urbana. Si tratta infatti di interventi puntiformi non integrati tra

loro

53

, progettati in assenza di una vera logica di concertazione e networking.

Un limite fondamentale nel processo di costituzione dell’area urbana può

essere quindi rintracciato nelle carenze del quadro istituzionale e nella bassa

capacità degli attori pubblici di regolare processi complessi e multidimensionali.

È la mancanza di una vera logica di governance del territorio che impedisce agli

interventi di fungere da soluzioni ottime e vere opportunità di crescita economica

e sociale dei territori interessati. A questo deficit di governance, allo scarso peso

del policy network sono da attribuire molte delle criticità del programma di

intervento previsto per il biennio e la possibilità che questo si traduca in una

nuova occasione di sviluppo mancato e in interventi autoreferenziali a scapito di

vantaggi collettivi e generalizzati. L’analisi degli interventi previsti consente di

evidenziare alcuni elementi. Da un lato una polverizzazione degli interventi in

pochi grandi progetti che assorbono il grosso delle risorse impegnate, dall’altro la

concentrazione di questi in alcuni settori specifici, quali l’edilizia pubblica

54

e la

gestione del patrimonio abitativo, la riqualificazione urbana e la mobilità. Quello

che è necessario mettere in evidenza è che se da un lato con gli interventi

previsti cresce la complessità del sistema urbano cosentino dall’altro, i processi

di governance istituzionale necessari per regolarla sono ancora molto deboli e

frammentari.

La dimensione intercomunale del governo del territorio chiama in causa

capacità di regolazione nuove che incentivino il lavoro di rete tra gli attori locali

coinvolti e superino l’approccio solitario e auto-referenziale alla pianificazione

degli interventi per lo sviluppo locale. Al riguardo uno strumento importante in

questa direzione è costituito dal Programma Integrato Territoriale (PIT) «Serre

concentrazione degli stessi sul territorio della città capoluogo (circa 7,15 milioni di euro per Kmq) e uno sviluppo dell’area urbana lungo l’asse sud – nord verso il polo universitario di Rende.

53 Si tratta in particolare di beni pubblici infrastrutturali non direttamente rivolti a supportare l’attività

produttiva ma hanno lo scopo di accrescere benessere sociale e qualità della vita nei territori interessati e che solo in via indiretta quindi possono avere un riflesso positivo sulla competitività del sistema economico e produttivo. Si tratta di opere nel campo dei trasporti e della viabilità, della riqualificazione urbana, delle reti idriche e dell’edilizia pubblica.

54 Nell’ambito della macrocategoria dell’Edilizia Pubblica particolarmente significative risultano essere le

voci relative all’edilizia scolastica, sanitaria e abitativa. Se la maggior parte delle opere programmate riguarda nuove costruzioni, occorre mettere in evidenza che l’Aterp e il Comune di Cosenza sono gli enti che impegnano maggiori risorse in interventi di ristrutturazione e recupero del patrimonio edilizio e abitativo esistente.

Consentine». Esso interessa oltre ai territori di Cosenza e Rende altri sedici

comuni della provincia cosentina e costituisce il più esteso programma di

sviluppo locale a livello intercomunale. Il PIT, definito il «progetto dei progetti» si

struttura attraverso interventi d’area basati a loro volta su strategie e operazioni

interconnesse allo scopo di intervenire sulle problematiche, ma anche sulle

potenzialità del territorio considerate nel loro complesso puntando alla

valorizzazione delle risorse identitarie e delle potenzialità di innovazione presenti

sul territorio. La logica cooperativa che formalmente ispira il Programma

spingendo verso una partnershp plan tra livello istituzionale e attori locali non

garantisce contro la riproduzione di comportamenti particolaristici e opportunistici

da parte dei soggetti coinvolti.

Come abbiamo già messo in evidenza precedentemente, infatti, i punti di

debolezza nell’azione concertata per lo sviluppo locale sono diversi e ancora

troppo fragile il lavoro di rete necessario per cogliere e razionalizzare opportunità

di crescita del territorio. Questi, tuttavia sono elementi che esulano dalla nostra

analisi.

3.6L

E CARATTERISTICHE DEL WELFARE LOCALE

La riqualificazione urbana passa anche e soprattutto attraverso una

riqualificazione dei luoghi intesi come ambiti di relazione che in quanto tali sono

recuperabili non solo attraverso interventi strutturali e di edilizia, ma anche e

soprattutto mediante la promozione della socialità di cui i luoghi stessi sono

portatori. Il Progetto Urban, depositario ufficiale di una gestione politica ampia e

pluridimensionale del territorio, ha il suo impatto minore proprio su questo

ambito, ovvero sulla riqualificazione sociale dei luoghi che avrebbe dovuto

accompagnare quella fisica e strutturale. Se la riqualificazione delle aree in crisi

della città è stata portata avanti sotto la bandiera del «mai più periferia», per

molti aspetti i quartieri interessati dai vari interventi, periferia lo sono ancora. In

questi territori operano concretamente diverse realtà di terzo settore che

costituiscono soggetti attive nel restituire vivibilità e socialità agli spazi urbani. Al

di fuori degli ambiti ufficiali dei progetti dell’Ue, spesso in sostituzione degli attori

pubblici e istituzionali operano da tempo soggetti del provato sociale che fanno

della territorialità e del radicamento nello spazio del quartiere una componente

essenziale della loro attività, rendendosi protagoniste di iniziative di inserimento

e di rottura dell’isolamento nei centri e nei quartieri degradati. Sono le numerose

associazioni attive nei quartieri della città che, per la caratteristica della

territorialità dei loro interventi, restituiscono e danno valore alla dimensione

locale e comunitaria del territorio. La comunità (locale) diventa il contesto

concreto di riferimento, in essa prendono forma specifica sia legami sociali che

relazioni interpersonali, sia aspetti problematici, ma anche risorse e potenzialità:

«è all’interno di quel territorio, con quelle caratteristiche e con quelle risorse, che

è possibile sviluppare, oppure, al contrario, ostacolare legami sociali, iniziative

collettive, così come innescare forme di segregazione e discriminazione tra

gruppi» [De Piccoli, Colombo, Mosso 2003: 11].

Rispetto al «modello Cosenza» che prende forma istituzionalmente con

Urban, attori sociali e politici diversi si rendono protagonisti di un modello di città

diverso attento, innanzitutto, ad una politica degli spazi differente:

L’esito più rilevante delle politiche urbane sul fronte «sociale» degli

interventi può essere ricondotto, infatti, alla crescita del peso e dello spazio di

azione del terzo settore e nel maggior riconoscimento del privato sociale

nell’ambito dei servizi sociali alla persona. Il riconoscimento di un ruolo più attivo

dei soggetti del terzo settore nell’ambito sociale è un dato importante delle

politiche urbane sviluppatesi a partire dall’esperienza integrata della

riqualificazione avviata nella nostra città sulla base dei programmi comunitari.

Negli anni di Urban a Cosenza l’ambito del privato sociale riceve particolare

impulso grazie agli incentivi dell’amministrazione locale, che stabilisce con

cooperative ed associazioni preesistenti o costituitesi ad hoc rapporti di

collaborazione nel campo dei servizi pubblici e delle politiche sociali

55

. Il ruolo

assegnato alla comunità locale dalla nuova prospettiva delle politiche urbane, si

è tradotto in un maggior riconoscimento e coinvolgimento di soggetti del privato

sociale nel recupero dei luoghi e nella promozione sociale dei suoi abitanti. La

co-gestione di alcuni importanti servizi alla persona tra comune e privato sociale

si inscrive nella prospettiva della realizzazione di un welfare locale capace di

superare i limiti storici che hanno contraddistinto il sistema pubblico dei servizi

sociali della città come tipicamente assistenzialista e istituzionalizzante. A livello

comunale, infatti, il contrasto del disagio sociale è stato per anni identificato con

la sola problematica della povertà economica. Contro il disagio economico di

individui e famiglie erano previste in maniera esclusiva misure di tipo

55 Tra questi si ricordano l’assistenza domiciliare agli anziani, il trasporto dei disabili, la gestione delle

assistenziale che si esplicitavano nella concessione una tantum (due volte

l’anno, in corrispondenza del Natale e della Pasqua) di un sussidio monetario.

Data l’assegnazione diffusa e a pioggia del sussidio, il contributo monetario ex-

ECA (Ente Comunale Assistenza), nonostante l’esiguità dell’importo assorbiva

quote ingenti del bilancio comunale e dei fondi per le politiche sociali, pur

risultando la misura completamente inefficace nell’affrontare le difficoltà di coloro

che ne facevano richiesta. Questa forma consolidata di intervento residuale sul

disagio ha assorbito per lungo tempo la gran parte delle esigue risorse destinate

dal bilancio comunale agli interventi nel sociale configurandosi soprattutto come

uno spazio di discrezionalità che l’élite politica cittadina si è ritagliata nella

gestione della politica sociale cittadina per la regolazione del consenso e la

riproduzione del suo potere politico.

La visione strettamente economicistica e assistenzialistica del disagio

degli individui costituisce un fattore capace di influire sulla sua cronicizzazione.

Quest’ultima può essere l’esito dell’incapacità del soggetto pubblico di fornire

delle risposte ai bisogni sociali in termini di prevenzione e pianificazione di

interventi per la presa in carico e la cura dei beneficiari delle misure erogate

contrastando la loro segregazione istituzionale [Micheli 1997; 1999]. I rapporti di

ricerca che si sono concentrati sugli aspetti del welfare locale nella città di

Cosenza, svolti a circa un decennio di distanza l’uno dall’altro, hanno risentito

della carenza e frammentarietà delle informazioni dovuta all’assenza di un

sistema informatizzato di gestione degli interventi. Nonostante la mancanza di

informazioni chiare e organiche in merito ai destinatari delle misure di intervento

e l’estrema eterogeneità nelle tecniche di rilevazione e di gestione dei dati

emerge un quadro sconfortante del sistema di welfare cittadino. Nel rapporto

della Commissione di indagine sulla povertà e l’emarginazione che ha curato la

prima indagine nella città di Cosenza, il welfare a livello comunale presenta gravi

debolezze e si caratterizza soprattutto per l’assenza di una visione organica degli

interventi e di una vera e propria politica sociale comunale. Sono gli anni in cui si

accentua la dipendenza del sistema socio-assistenziale dalla classe politica e la

penetrazione sempre più pervasiva di una cultura passiva dell’assistenza. I tipi di

intervento realizzati si inscrivono nella logica emergenziale ed assistenziale-

clientelare di tipo curativo- riparatore mancando una strategia complessiva di

programmazione organica degli interventi, che si caratterizzano per la loro

estrema frammentarietà. L’assenza di qualunque forma di pianificazione ha

comportato una realizzazione degli interventi sulla base di un «meccanismo

inerziale». La scarsa qualificazione del personale addetto alle strutture dei

servizi sociali la cui logica prevalente è quella «burocratica dello svolgimento

della pratica» completa il quadro di fragilità delle politiche sociali a livello

comunale. All’epoca del primo rapporto a cura della Commissione di indagine

sulla povertà e l’esclusione sociale, la frammentarietà e settorialità degli

interventi era testimoniata anche dall’assenza di un Ufficio per le Politiche

sociali, quindi, dalla mancanza di un coordinamento generale tra i diversi settori

delle attività sociali frammentate in uffici differenti: l’Ufficio Igiene e Sanità,

l’Ufficio Programmazione-Studio-Ricerca, l’Ufficio Decentramento, l’Ufficio Casa.

Scarsa capacità progettuale e risorse finanziarie ristrette hanno caratterizzato le

politiche sociali portate avanti dall’amministrazione della città negli ultimi

decenni. Ad una programmazione seria di politiche articolate sui bisogni sociali

della città, si sono spesso sostituiti interventi di «emergenza» che si sono risolte

in misure prettamente finanziarie attraverso l’erogazione di sussidi in denaro che

hanno alimentato un welfare clientelistico [Fantozzi 1994].

A circa dieci anni di distanza dalla realizzazione del primo rapporto sul

welfare locale diverse sono state le innovazioni normative introdotte per conferire

organicità al settore dei servizi sociali e alle politiche sociali. La ratio degli

strumenti legislativi introdotti è quella di favorire il passaggio da una «cultura

dell’assistenza» a una «cultura del servizio» per l’affermazione di una prospettiva

di intervento fondata sull’ incentivazione e la propulsione delle opportunità dei

soggetti più deboli. Nonostante l’introduzione di innovativi strumenti legislativi, ci

riferiamo innanzitutto alla legge regionale 23/2003 in attuazione della 328/2000 il

sistema dei servizi sociali a livello regionale e comunale è interessato da una

transizione permanente, ovvero da una situazione caratterizzata da un elevato

grado di precarietà e incertezza: all’ innovazione normativa è seguita infatti una

pressoché totale stagnazione dei servizi organizzati e offerti che ha comportato

una sostanziale riproposizione di modelli di intervento socio-assistenziale

inefficienti

56

.

56 Nel territorio regionale l’offerta di servizi alla persona e alla collettività presenta punti di notevole

debolezza. Il mancato recepimento e la mancata attuazione della 328/2000 rende il sistema dei servizi alla persona particolarmente fragile e debole. I punti più problematici sono rappresentati dalla mancanza nella maggior parte degli enti locali del servizio sociale professionale; dalla preminenza dei servizi di ricovero rispetto a quelli basati sulla promozione sociale; da una forte disparità territoriale che si manifesta nella concentrazione dei servizi in pochi comuni, mentre la gran parte del territorio regionale ne risulta