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Angela Antona, Vittorio Angius

18 A NTONA 1997: 91 19 L ILLIU 2003: 45.

20 ANTONA 2013: 10-15. 21CICILLONI 2009.

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lo svolgimento del nuragico in Gallura. I forti legami con la Corsica torreana che lo studioso vi riconosce lo inducono ad asserire l’esistenza di «un’unica e unitaria cultura gallurese/torreana, sia pure con accenti un po’ distinti, come di dialetti nella lingua». In un rapporto di competizione fra le due isole, ma anche con pause di dialogo, spiega impulsi o “presenze costruttive” attribuite alla II fase nuragica in Gallura. Riconosce anche qui il fenomeno della regionalizzazione dell’insediamento, visibile nella diffusione dei nuraghi e delle tombe di giganti che prolungano le allées. Ma è soprattutto la presenza altrove sconosciuta, delle colline fortificate, dei circoli B e della sepoltura in tafone a caratterizzare lo “specifico” gallurese. A parere dello studioso, la Gallura in questa età continua ad essere una specie di “ridotta”, raccordabile alla Corsica meridionale e poco permeabile agli stimoli e moduli di novità correnti nel resto della Sardegna.

L’architettura in Gallura non si riscatta neppure con l’apporto “extragallurese” della tholos che nel nuraghe La Prisgiona si svolge nella sua forma integrale. Ne riferisce la costruzione a maestranze specializzate, provenienti dai luoghi nuragici a Sud del Limbara22. Resiste,

invece, nella generalità della Gallura, il tipo del nuraghe a corridoio perché, osserva giustamente, lo condizionano le forme rocciose del granito, ma sottolinea soprattutto l’attaccamento alla tradizione costruttiva dolmenica. “Strana e recessa costruzione” è quella del nuraghe Albucciu, che ricalca il gusto dolmenico di matrice occidentale propria del substrato.

A questo punto, occorre chiedersi se la ricerca degli ultimi decenni possa confermare una Gallura così chiusa nei mille anni dell’età del Bronzo, quasi spettatrice del dinamico vortice della civiltà nuragica. Questa visione non sembra certo confermata dallo scavo del complesso di La Prisgiona di Arzachena23, nè da quello del villaggio con nuraghe di Lu

Brandali di Santa Teresa Gallura24, né dal villaggio delle tre cime di Luogosanto25.

Soprattutto, diverse fasi di vita, di costruzione e ristrutturazione dei nuraghi e dei villaggi contrastano con la staticità che si vorrebbe attribuire al nuragico della Gallura. Il percorso evolutivo degli insediamenti appare, infatti, perfettamente in linea con quanto gli scavi e studi in corso nel resto dell’isola stanno evidenziando. La conferma avviene anche dalla presenza, negli ultimi due siti citati, della capanna delle riunioni, l’edificio più emblematico dei villaggi, quasi un segno dell’evoluzione politico-sociale, ma anche “urbanistica” del Bronzo finale. Vale la pena, però, di riferire un recentissimo elemento cronologico in merito alla fine della vita dell’insediamento di La Prisgiona, il cui scavo è ancora in corso. Il dato proviene dalla capanna 22, facente parte di uno degli isolati più prossimi al nuraghe. Il deposito archeologico era sigillato da uno strato di incendio che segnava l’abbandono dell’ambiente. Questo ha restituito una trentina di forme ceramiche, ivi comprese 9 brocche, attualmente in fase di restauro. Della fine dell’isolato in questione abbiamo una

22 LILLIU 1988: 340.

23ANTONA et alii2010;ANTONA 2012. 24ANTONA 2005;ANTONA,PUGGIONI 2009. 25ANTONA 2004:71-78;ANTONA,PUGGIONI 2009.

datazione calibrata che ci riporta al 920 a.C. con un livello di confidenza del 95,4%. Il momento dell’abbandono è segnato anche nel mastio da materiali di estremo interesse, con la presenza, fra l’altro, di due pugnaletti votivi miniaturistici contenuti all’interno di una brocca.

Soffermarsi sui risultati degli scavi suddetti sarebbe di estremo interesse, ma non appropriato al nostro assunto: la verifica dello stato di isolamento culturale che alla Gallura è stato attribuito. A questo fine sembra particolarmente efficace porre l’attenzione sulle dinamiche dell’insediamento che interessa tutto il territorio in argomento26.

In occasione del Congresso dell’IIPP del 2009, insieme a Vittorio Angius e Sara Puggioni, abbiamo già evidenziato come il modello di organizzazione cantonale ipotizzato dal Lilliu sia pertinente anche alla Gallura. L’avanzare della nostra ricerca, oltre a dare conferma di una certa strutturazione gerarchica dei siti evidenziata all’interno del cantone27, ci ha spinto

nell’approfondimento di interessanti spunti di ricerca.

L’osservazione delle carte (vedi oltre) ci mostra meglio la fisionomia e la dimensione del cantone, all’interno del quale i siti si dispongono in relazione alla qualità dei suoli e quindi allo sfruttamento e al controllo dei bacini delle risorse. L’osservazione della carta dei costi di percorrenza (Fig. 5) fa notare l’interessante situazione dei cantoni distinti da barriere che corrispondono ad aree montuose, inospitali perché prive delle risorse necessarie anche per il solo sostentamento.

Un’altra considerazione riguarda la disposizione dei siti dalla quale emerge una continuità di espansione dell’insediamento in stretta correlazione con le regioni limitrofe (Fig. 2). L’osservazione complessiva, sembra mostrare una continuità omogenea dell’insediamento fra la Gallura e quelle aree. ma articolata su due direttrici di distribuzione: quella più a Nord, passante per i territori di Tempio, Luogosanto, Aglientu, Santa Teresa Gallura, Vignola e culminante col territorio di Arzachena prende le mosse dall’Anglona e dal Monte Acuto; quella della bassa Gallura, culminante col territorio di Olbia, trova invece una direttrice dall’area del Meilogu. (A. A.)

ANALISI TERRITORIALE (ARCHEOLOGIA DEI PAESAGGI)

L’analisi territoriale rientra pienamente nel contesto scientifico archeologico che deve essere riassunto nelle metodologie utilizzate nell’archeologia dei paesaggi. Nasce perciò la necessità di ricostruire paleoambienti, seppure ancora imprecisi per l’assenza di paleodati, che permettano di capire meglio e interpretare le dinamiche insediative nella Gallura nuragica.

L’archeologia dei paesaggi, vista come metodologia di ricostruzione stratigrafica di quelli antichi, applicata ai contesti sardi non è di facile utilizzo. Le prime difficoltà nascono fin

26ALBA 2005;PUGGIONI 2009;ANGIUS et alii2010;ANGIUS et alii2012. 27ANTONA 2013:19-25.

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dalla fase di ricognizione territoriale: molti siti sono irraggiungibili, altri introvabili per la stessa ragione e per questo spesso ritenuti scomparsi. In realtà in Gallura pensare di applicare la field survey secondo le linee tipiche della landscape archeology o dell’archeologia dei paesaggi28, è impensabile per il semplice fatto che le condizioni di percorrenza a piedi del

territorio gallurese, in maniera sistematica e garantendo la totale copertura del territorio, è pressoché impossibile: le procedure da seguire sono quelle relative alla migliore pianificazione possibile, avvalendosi dell’esperienza per poter identificare e riconoscere, almeno nelle aree più selvagge e impenetrabili, il maggior numero di insediamenti.

I risultati della presente nota nascono da uno studio puntuale del territorio gallurese. Atteso che più le informazioni sono precise e dettagliate, maggiore è l’attendibilità della ricostruzione del territorio antico, i dati preliminarmente raccolti in bibliografia, spesso risultati poco attendibili quando non errati o dettati da suggestioni, sono stati verificati e corretti29. Si è così costruita una base cartografica affidabile, sulla quale si è impostata una

campagna di censimento diretto delle Unità Topografiche (UT). La georeferenziazione ci ha permesso di ridurre il margine di errore nella ricostruzione paleogeografica, semplicemente ponendo in rapporto l’ubicazione precisa di un sito con una potenziale risorsa, quest’ultima definita e condizionata dalla geologia e geomorfologia dell’area30. È

noto, infatti, come le caratteristiche ambientali, geomorfologiche, geologiche e idrografiche abbiano fortemente condizionato le dinamiche insediative e le scelte dei territori col loro bacino di risorse.

Il censimento delle UT ha messo in evidenza diversi aspetti non trascurabili: in primo luogo, va evidenziato che il numero di siti archeologici galluresi censiti è decisamente maggiore rispetto ai dati precedentemente noti. Questa condizione è principalmente legata alla mancanza di un’adeguata ricognizione del territorio per la palese difficoltà di percorrerlo in tutta la sua estensione. Le caratteristiche ambientali tipiche della macchia mediterranea in Gallura impediscono il ritrovamento di molti siti che rimangono spesso nascosti agli occhi del ricercatore. Proprio per questa ragione il numero delle UT è aumentato considerevolmente da quando si è adottata una metodologia di ricerca più adeguata alle caratteristiche morfologico-ambientali della Gallura (analisi non sistematica)31.

La distribuzione dei nuraghi evidenziata dall’analisi GIS permette di osservare una particolare tendenza ad occupare aree specifiche del territorio in relazione a caratteristiche che sembrerebbero di non facile lettura ed interpretazione. La carta di distribuzione dei siti (Fig. 1) consente di osservare l’esistenza di allineamenti NE- SW che non sembrano casuali: il primo si sviluppa fra l’attuale area di Oschiri e quella di Olbia; il secondo viene

28 CAMBI 2011: 157-177.