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Riassunto: La cooperazione tra istituzioni, studiosi, operatori dei beni culturali e la difesa del

patrimonio archeologico sono stati capisaldi nell’attività del grande studioso e maestro Giovanni Lilliu. Fin dalla prima notizia della scoperta di Mont’e Prama e delle interpretazioni insuperabili sul valore documentario nell’ambito della civiltà nuragica, ne ha auspicato il restauro. Il progetto del Centro di Restauro dei beni culturali della Sardegna è stato ideato e condotto con obiettivi di salvaguardia e conservazione nel territorio e in laboratorio. Il progetto di conservazione delle sculture di Mont’e Prama, programmato, progettato e realizzato in Sardegna costituisce attestato di impresa possibile e di riscontrata validità; i risultati raggiunti sono ricchi di prospettive e di ulteriori scoperte. Le sculture hanno rivelato personalità specifica e a buon titolo contribuiscono a testimoniare e qualificare l’attività della Sardegna, collocata a livelli alti nella storia della Conservazione.

Parole chiave: Giovanni Lilliu, Mont’e Prama, conservazione dei beni archeologici, restauro. Abstract: The cooperation between institutions, scholars, operators of cultural heritage and the

defense of archaeological heritage have been cornerstones in the work of the great scholar and teacher Giovanni Lilliu. Since the first news of the discovery of Mont'e Prama statues and of the insurmountable interpretations on their documentary value in the context of the nuragic civilization, he has hoped for their restoration. The project of the Center for the Restoration of Cultural Heritage of Sardinia was conceived and conducted with objectives of conservation and conservation in the territory and in the laboratory. The project of conservation of the Mont'e Prama sculptures, planned, designed and produced in Sardinia, is evidence of an operation of proven validity; the results achieved are full of perspectives and further discoveries. The sculptures have revealed a specific personality and with good title contribute to testify and qualify the activity of Sardinia, placed at high levels in the history of Conservation.

Keywords: Giovanni Lilliu, Mont’e Prama, conservation of archaeological heritage, restoration.

Fra i numerosi meriti del Professore se ne evidenziano alcuni. In tutti gli incontri e in tutti gli scritti le manifestazioni di umiltà e rigore metodologici di fronte ai dati della scienza e l’intelligenza di revisione delle prime teorie e delle iniziali affermazioni ha caratterizzato il

cursus scientifico dello studioso e dell’uomo Lilliu, sempre interessato ai beni archeologici e

ai beni culturali tutti, al paesaggio e all’ambiente, con impareggiabile entusiasmo e serenità di spirito.

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Il testo che si presenta è la sintesi di una riflessione, che scaturisce dall’attività di 40 anni in trincea per la tutela del patrimonio archeologico, che ha registrato programmi, rimodulazioni, revisioni, tesi ad individuare soluzioni prioritarie ed incisive per la salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei beni archeologici. È anche l’espressione di un metodo di lavoro, che ha ottenuto risultati nel tempo e che meriterebbe maggiore esplicitazione, da sottoporre ad analisi e discussione.

La presentazione della Sardegna in un lavoro per l’Accademia dei Lincei, elaborata dal Professore nel 2002, delinea i caratteri essenziali dell’Isola; con due semplici pennellate illustra il paesaggio marcato dalla consistente presenza archeologica: «La Sardegna è una terra antica, la più antica, geologicamente, d’Italia. Una terra di pietra e vento, con paesaggi attraenti per la diversità, belli taluni pur nella loro desolazione. E migliaia di monumenti del passato glorioso».1 Anche nel paesaggio, soltanto apparentemente desolato, le attestazioni

lasciate dall’uomo nel corso dei millenni si manifestano con forme imponenti o modeste, ma sempre numerose e ampiamente diffuse.

Tutti i monumenti e tutti i reperti sono singolari e unici nella struttura costitutiva e nei contesti di appartenenza. In relazione alla quantità e complessità del patrimonio archeologico devono schierarsi proporzionate energie, sostenute da rigore di metodo scientifico, archeologico e giuridico, e da coerenza amministrativa. Le fasi di pianificazione, programmazione e progettazione degli interventi sul patrimonio culturale e archeologico non possono subire interruzioni, né facili alternative, né tanto meno applicazioni personali. Individuare una continuità metodologica e temporale comporta responsabilità, che rendano trasparenti motivazioni e interventi, nella consapevolezza della singolarità e irriproducibilità di ogni segno del tempo e dell’uomo e dei contesti di appartenenza.

Le tipologie costruttive, le caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali, i singolari contesti richiedono strategie opportune, perché il patrimonio ereditato possa essere consegnato, potenziato, alle generazioni future.

Non si possono accampare diritti personali sui singoli beni archeologici e i loro contesti, perché sono beni comuni, nel senso esaurientemente illustrato da Gustavo Zagrebelsky, già Presidente della Corte Costituzionale e docente di Diritto Costituzionale all’Università di Torino2. Nei loro confronti si devono assumere doveri, che comportano un’attività

continua, coordinata e coerente di ricerca per assicurarne la conservazione.

Purtroppo in archeologia si registra una tendenza allo scavo-centrismo, isolazionista, che spesso si conclude in operazioni che non recano beneficio né al sito/monumento né alla scienza dei beni. Lo scavo altera comunque un equilibrio di nessi e relazioni, costituito nel corso dei secoli e dei millenni. Un progetto motivato, articolato nel ciclo di salvaguardia- conservazione-valorizzazione, probabilmente attiva una garanzia maggiore per la sicurezza

1LILLIU 2002.

dei risultati. L’alterazione, o la dilazione della sequenza logica e temporale delle componenti del processo di garanzia, crea uno squilibrio tra l’esigenza di ricerca e il dovere di conservazione. Soltanto nella pianificazione, nella programmazione, nella redazione e nella gestione del progetto possono essere convogliate le dinamiche di conservazione del monumento e del contesto.

Se i beni archeologici sono, come sono, beni comuni, non si può permettere che diventino materia di azioni perniciose per i beni e per il futuro della ricerca. Vigilare perché vengano rispettate le regole è compito morale di tutti e occorre scrollarsi i corteggiamenti di incantatori professionisti, ammantati di apparente interesse scientifico.

A conclusione di una disamina sulla storia della Sardegna in età storica il Professore Lilliu sottolinea la considerazione, soltanto apparentemente pessimista: «Infatti dalla dipendenza, per quanto si vadano cogliendo annunzi e attese liberatorie, i Sardi non ne sono ancora usciti, interamente»3. A distanza di 22 anni il monito risulta quanto mai attuale.

La fase storica che si attraversa registra risultati, dispone di suggerimenti da adottare e da tradurre in operatività. Nelle norme è compreso lo strumento delle Intese interistituzionali per la definizione delle forme di collaborazione. Gli Accordi in tal senso assumono un rilevante ruolo per l’individuazione delle risorse e per precisare funzioni e compiti specifici delle Istituzioni che sottoscrivono. L’articolazione e il coordinamento dei soggetti pubblici consentono il coinvolgimento dei privati. Il percorso di concertazione è valido se è fondato sulla reale ed efficace collaborazione istituzionale e non può prescindere dalla approfondita conoscenza dei beni archeologici e del territorio su cui insistono, oltre che dall’analisi del contesto culturale, sociale ed economico. L’armonizzazione fra le esigenze della conservazione, salvaguardia e valorizzazione, sostenute dalla ricerca, contribuisce a creare piani di sviluppo territoriale con ampia condivisione degli obiettivi.

La ricerca promossa per esaminare gli Accordi sottoscritti tra il 2005 e il 2011 ha constatato che in molti casi l’integrazione delle finalità per la conservazione ha prodotto rilevanti risultati anche per la tutela e la valorizzazione, a testimoniare la centralità della funzione della conservazione, che si riversa in esiti positivi anche nel vasto contesto dei beni. L’attività continuativa, coerente e coordinata della conservazione, nei termini delle norme e dei principi nazionali e internazionali, costituisce una prova importante per verificare funzioni e risultati nell’ utilizzazione di risorse finanziarie pubbliche. La strategia della pianificazione, per rinsaldare le relazioni tra patrimonio archeologico con il contesto di appartenenza e con il paesaggio pertinente, si sviluppa nella programmazione e nella progettazione derivante, in un quadro da sottoporre alla più ampia diffusione possibile. Le Intese definiscono gli impegni e i tempi dei singoli soggetti sottoscrittori, per strutturare anche le modalità di gestione, che comprendono verifiche e strumenti di monitoraggio sullo stato di conservazione, che indirizzano anche per gli interventi successivi e

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compatibili di valorizzazione e di gestione.

La rilevanza e la singolarità del patrimonio archeologico della Sardegna, sia dal punto di vista quantitativo, tipologico, qualitativo e di contesto, sia immobile che mobile, impongono delle valutazioni e delle azioni, che non possono essere rimandate sine die. Sulla preparazione e sulla coscienza dei Responsabili gravano in primis scelte strategiche, che perseguano la conservazione dell’eredità loro affidata. Sull’etica dei responsabili e di ciascuno dei cittadini è innestato il dovere di conoscenza, di consapevolezza, di partecipazione e di sostegno nel condividere gli oneri e, se necessario, nel contrastare scelte e decisioni non chiare e non coerenti con la pianificazione trasparente e aggiornata.

Se si intende un’esemplificazione dell’attività archeologica nel territorio con un termine identificativo si dovrebbe confinare l’operazione di scavo soltanto nei casi di programmazione e di progettazione riconosciute, per ampliare l’impegno nella ricerca indirizzata alla salvaguardia, alla conservazione e alla valorizzazione. La doverosa presentazione e illustrazione rivolte ai cittadini, che contribuiscono anche a rendere disponibili le risorse finanziarie, sono le scoperte, non solo materiali, ma di conoscenza sulla conservazione, perché dalla qualità e quantità strutturata della conservazione, in un processo continuo delle dinamiche proprie, dipende la sicurezza e il futuro del patrimonio archeologico.

Condividendo i principi della Legge Regionale, Norme in materia di beni culturali, istituti e luoghi

della cultura, nr.14 del 2006, che pone il patrimonio archeologico al centro delle politiche di

sviluppo del territorio, perché patrimonio di identità della Regione, si richiama l’attenzione sull’applicazione dei presupposti normativi per garantire un’attività rispondente. Il fulcro delle soluzioni è nella conservazione, che determina sicurezza del patrimonio e garanzia per il futuro.

Il processo, articolato nella salvaguardia, con il fulcro della conservazione e fino alla valorizzazione, attiva interrelazioni, che si autoalimentano e che si proiettano nel tessuto sociale ed economico. La conservazione di un sito/monumento e del suo contesto archeologico inizia con lo scavo, continua con le scoperte e si completa con la valorizzazione e gestione dell’area, compresi la manutenzione e il monitoraggio continui, nel loro contesto sociale. La scoperta rappresenta la ri-nascita del bene, sia materiale sia culturale. Assegnare o accettare un’interruzione per l’azione di conservazione determina l’abbandono del monumento/sito e gravi danni, talvolta anche la distruzione, se non immediatamente e visibilmente materica, sicuramente culturale.

Gli atti della cura, per riparare e ridurre gli effetti dell’azione del tempo, crea il contesto della conservazione, finalizzato anche a scoprire il pieno valore dell’opera. Considerare la conservazione come azione successiva alla scoperta è l’errore più frequente che viene compiuto. La protezione delle strutture rinvenute e del sito modificato, invece, deve attuarsi già durante la scoperta, proprio perché le strutture e i manufatti che si rinvengono subiscono un cambiamento del loro status; vengono repentinamente privati della terra che

per centinaia di anni li ha coperti, creando un ambiente gradualmente stabile, e vengono inseriti in un nuovo contesto del tutto nuovo e spesso non compatibile. La scoperta produce, anche senza la volontà degli scopritori, un danno alle strutture e ai materiali e una condizione di instabilità, che, se non si argina con azioni contestuali alle operazioni sul campo, genera danni, molto spesso irreversibili. Comunemente i provvedimenti di conservazione vengono rimandati ad una indefinita fase successiva allo scavo archeologico; da tale separazione derivano molti dei danni e delle perdite rilevabili sulle strutture e sugli oggetti.

I problemi non risolvibili, depauperanti per il valore documentario, riscontrati nell’intervento di conservazione delle sculture di Mont’e Prama, sono riconducibili allo stacco temporale tra il rinvenimento e l’intervento di conservazione.

Un esempio eloquente è dato dalla presenza del colore, che, a causa del grande intervallo temporale e degli interventi pregressi per l’esposizione di alcuni frammenti, è ridotta a tracce limitatissime, lasciate intatte e non sottoposte a prelievi, per non modificare e ridurre le attestazioni riscontrate.

Alla luce di quanto confermato da autorevoli studi, anche per sculture di epoche successive, le tracce di colore sono presenti, ma nel caso specifico labili ed evanidi, vulnerabilissime; la prudenza metodologica suggerisce di attendere le nuove scoperte, che, ci si augura, non siano sottoposte ad affrettati e impropri interventi.

Il clima, infondatamente avverso e ingiustamente indirizzato ad alcuni servitori del bene comune, che si è venuto a creare all’inizio degli anni 2000 e per gli anni successivi, spesso alimentato da chi avrebbe dovuto assumere responsabilità per stroncarlo, è stato descritto con acutezza di ingegno e di onestà culturale da Giulio Angioni nel testo “Il dito alzato”4,

anticipato in un articolo su L’Unione Sarda del 1.08. 2005.

Per l’individuazione immediata del valore archeologico delle sculture le descrizioni del Professore Lilliu restituiscono un quadro d’insieme, che, a distanza di 40 e 27 anni, conferma che l’illustre studioso ha penetrato l’essenza delle sculture, esplosa con i lavori di restauro.

«Nel novero di 17 statue…Si nota (in queste sculture) un tocco leggero e spedito, un gusto di geometria pura, salva però l’unità stilistica nella quale si racchiude la produzione statuaria di Monti Prama nel suo insieme»5. «La costruzione geometrica delle figure, l’aspetto severo

del viso, la fine decorazione delle vesti di gala, l’astrazione concorrono a realizzare il segno stilistico coerente all’umore del tempo, il “geometrico” e il “primo orientalizzante”»6.

«Lo stile delle sculture di M.Prama si esplica in forme compatte ed essenziali, di grande vigore, che passano a superfici chiare e distese alternate a ricami geometrici, rigorosi e

4ANGIONI 2012. 5LILLIU 1997. 6 LILLIU 1997.

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calligrafici nelle vesti e nelle armi. Arcate sopraccigliari e nasi duramente scolpiti e rilevati, giocano in chiaroscuro con gli occhi incisi a disegno. Prevale nell’insieme una visione planare del corpo, una misura stilistica ed ideologica frontale che, però, in alcune statue cedono a una certa plastica rotondità. Il colore rosso, presente in un torso di arciere, ravviva il tono basso e neutro della superficie corporea, ma non annulla l’aspetto severo, astratto e temporale della scultura»7.

«I “colossi” sono il prodotto di una grande e spontanea forza creativa delle genti sarde. In essi si rispecchia una civiltà artistica supportata da un blocco sociale compatto e compreso dei suoi valori e dell’appartenenza ad un’area estranea alla “classica”, fondamento della propria identità»8.

Nel governare il programma e il progetto di conservazione delle sculture di Mont’e Prama, al rigore metodologico applicato negli interventi diretti e nella documentazione per registrare le operazioni, soprattutto nei momenti più difficili e critici, è stato sempre presente il ricordo del Professore, in particolare con gli incontri nei cantieri di Logomake e Gremanu di Fonni, ove ha tenuto scuola anche per le modalità di presentazione delle progressive scoperte, e di sollecitazione di pareri, con singolare disponibilità ad ascoltare. Affermava sempre “non ho mai inteso difendere dogmi, ma mi sono sempre aperto al confronto leale, mi

auguro che le mie idee possano aver contribuito a sviluppare il dibattito sulle origini della Sardegna”.

Proprio a Fonni ha voluto conoscere nei particolari il piano ideato per il Centro di Restauro dei beni culturali della Sardegna a Sassari, che è diventato realtà e che ha consentito di realizzare il progetto per le sculture di Mont’e Prama9.

Finalmente, a distanza di vari anni dalla conclusione dei lavori, è stato pubblicato il volume dedicato, che riassume e racconta “l’impresa”, condotta a termine e gli esiti scientifici delle singole operazioni, riportate puntualmente e sempre riscontrabili nelle singole schede dei frammenti e delle sculture: pugilatori, arcieri, guerrieri e modelli di nuraghe10.

Il progetto di conservazione delle sculture di Mont’e Prama non ha costruito un presente, ma il futuro di beni archeologici, è stato promosso da una forte spinta propositiva, ha rimarcato la centralità della conservazione, ha provocato interesse, ha cooptato nuovi sguardi e nuove menti, ha guardato oltre le generazioni contemporanee.

Per questo motivo sono state tradotte in operatività norme, affrontate procedure nuove, elaborati calcoli, navigato anche con le burrasche, percorsi itinerari irti di problemi, ma la responsabilità di aver condotto la nave in porto con tutto il suo carico, salvo, è un dato oggettivo, leggibile attraverso i positivi risultati; la soddisfazione personale e di tutti gli attori e collaboratori perdura nell’ambito dei principi professionali ed etici.

Le scelte individuali e collettive comportano proporzionali responsabilità, che sono

7 LILLIU 1997. 8 LILLIU 1997. 9 BONINU 2012.

interdipendenti e intersostenibili; entrambe sono potenziate dal volere e dall’operare per il bene comune. Un progetto sui beni culturali e un progetto di conservazione sono un granello nel sistema della comunità sociale, pur sempre è un agire su risorse collettive da porre al centro degli interessi; richiede ricerca, analisi, lavorazioni, e quindi tecnici specializzati, che producono conoscenza di beni, che respingono conflitti di idee, che recuperano documenti da rendere disponibili. La scienza e la tecnica della conservazione, nell’organico sistema dei beni culturali, è una componente essenziale, e partecipa, con le attività di tutela, valorizzazione e gestione, ad un servizio per i beni culturali e per la società. Nel 2009, all’età di 95 anni, nel volume curato da Alberto Contu, “Le radici e le ali”, Giovanni Lilliu scriveva: «Lussu amava la sua terra, ma preferì morire lontano, forse vittima di incomprensioni, senza però mai abbandonare la sua utopia. Ciò prova, ancora una volta, che grandi uomini hanno voluto vedere nell’archeologia non una scienza per iniziati, ma uno strumento per capire il presente e progettare il futuro»11.

Nella prefazione allo stesso volume, Giovanni Lilliu conclude: «Le radici e le ali è forse il titolo più azzeccato per definire la mia inquietudine. Il puro gusto delle radici senza prospettive non appartiene alla mia sensibilità. Ma anche la tendenza a spazzare il passato per ascoltare le false sirene della globalizzazione è un’idea perdente. Chi vola senza radici si schianta al suolo. Ma chi si abbarbica alle proprie radici le inaridisce. La scommessa che lascio ai giovani è allora quella di ripartire dalla Nazione Sarda per imparare a volare nel vasto mondo»12.

Mutuando il concetto espresso con una “sintesi fulminante” e riportandolo al patrimonio archeologico, si richiama l’attenzione sul nesso inscindibile tra salvaguardia-conservazione- valorizzazione, sostenute dalla ricerca continua e coerente, chi si abbarbica ad uno degli elementi lo inaridisce, spezza il ciclo e non crea prospettive. Se si rispetta il fulcro della conservazione, e si cura l’albero concettuale, si costruiscono le ali per il futuro dei beni, che si rafforzano nei principi della partecipazione sociale.

Davanti ad un generalizzato pessimismo sul futuro dei beni culturali e sullo stato di salute del paesaggio dell’Italia, a quale orizzonte mirare? Individuarlo, ricercare per raggiungerlo non è un’utopia, ma è l’unico cammino possibile. Se nel cammino ci si impegna in strategie di programmi e in progetti da realizzare, un puntino dell’utopia può diventare realtà.

Il progetto di conservazione-restauro si colloca tra lo scavo eseguito e lo scavo del futuro per indirizzarlo con gli esiti ottenuti. I risultati si possono riassumere in un’estrema sintesi: il Laboratorio ha ricevuto frammenti e ha restituito sculture e reperti identificati e caratterizzati. Le sculture ricomposte e deducibili corrispondono ad unità definite, che, rispetto alle 20 ipotizzate negli anni Settanta dal Professore Lilliu, e al paio preventivate da alcuni archeologi quando hanno visto per la prima volta la distesa degli oltre 5000

11LILLIU 2009. 12LILLIU 2009.

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frammenti, ammonta al numero di 43, oltre ad indizi, che conducono ad ulteriori tipi scultorei. Gli esiti delle operazioni di conservazione-restauro e le analisi delle caratteristiche tecniche, presenti nelle superfici litiche, suggerirebbero una produzione programmata, progettata e realizzata in una pianificazione unica, dalla scelta della cava, all’estrazione dei blocchi di calcare, all’esecuzione delle singole sculture, statue e modelli di nuraghe, per una finalità che ha coinvolto gli scultori e gli scalpellini in una regia di notevole impegno e profonda motivazione.

Le appartenenze, le pertinenze e le attribuzioni dei frammenti nelle ricomposizioni delle singole unità sono state dettate esclusivamente dalle caratteristiche formali e strutturali rilevate, lasciando aperte possibili verifiche e integrazioni alle scoperte future. La morfologia delle superfici e delle linee di frattura, esaminate nel contesto affidato, rivelano un inseparabile rapporto con i futuri rinvenimenti, che riserveranno sicuramente sorprese rispetto all’attuale stato delle conoscenze, qualora l’approccio metodologico futuro per la