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è abbandonata progressivamente nei codici posteriori; nello stesso però,

4 Problemi relativi alle Chiose al Teseida

L, è abbandonata progressivamente nei codici posteriori; nello stesso però,

non è estesa alle Chiose l’attenzione all’uso della grafia diacritica prestata al

Teseida, e h compare in modo sporadico e prevalentemente in contesti connotati.

4.3.2.2 z / ç

Gli spogli di Corradino relativi alle realizzazioni grafiche dell’affricata dentale individuano chiaramente due tendenze: l’abbandono del segno doppio per la realizzazione dell’affricata dentale e, parallelamente, l’abbandono del segno z. Questa evoluzione nella grafia dell’affricata dentale è uno dei tratti caratteristici dell’uso Boccaccio, definiti da Corradino come tratti di «diacronia interna». Più nel dettaglio, gli spogli mostrano l’uso quasi esclusivo in Tes della grafia çç, pre- sente una sola volta in TrT e mai nei manoscritti successivi. Individuano inoltre due sole occorrenze della grafia zz, entrambe del solo Tes, mentre non rilevano nessun caso di z semplice39.

Per quanto riguarda l’abbandono del segno doppio, lo spoglio condotto in

TeC mostra come la grafia ç, l’unica usata nei manoscritti posteriori ad L, sia

quella prevalente anche in TeC, dove occorre nel 92,93% delle realizzazioni del suono (contro il 5,60% del Teseida, cfr. i dati di Tabella 4.3.1.3). Per quanto riguarda l’utilizzo del segno z, in TeC non è mai attestata la grafia zz, ma sono presenti due occorrenze di z semplice40.

Confrontati con l’evoluzione delineata sui quattro autografi considerati da Corradino, gli usi delle Chiose hanno le caratteristiche di una fase di passaggio: si è compiuto quasi del tutto l’abbandono della doppia consonante (con una per- centuale di realizzazioni per mezzo del solo ç già molto simile a quella di TrT), compare ancora il segno z ma scempio (secondo un uso subito abbandonato dal- l’autore).

39

Cfr. Corradino 1994, pp. 19-21, p. 56 e supra Tabella 4.3.1.3. 40

Si trova in TeC una terza occorrenza di z semplice, in posizione postconsonantica: danzare 75vs 48.

L’analisi delle grafie in uso per la realizzazione del suono affricato dentale suggerisce l’ipotesi di una distanza temporale fra la copia in L del Teseida e la messa per iscritto in esso delle Chiose.

4.3.2.3 Trigrammi

Il progressivo abbandono dei trigrammi ngn e lgl è uno degli usi grafici che Boccaccio condivide con gli scriventi fiorentini del suo tempo. Dagli spogli di Corradino risulta un’unica occorrenza del trigramma lgl, in Tes; la sequenza

ngn è invece variamente attestata41. Nella seguente Tabella 4.3.2.3 sono riassunti (e integrati con i dati relativi a Dec) i dati relativi all’incidenza di ngn nella rap- presentazione grafica del suono nasale palatale (per cui cfr. anche supra Tabella

4.3.1.4).

Tabella 4.3.2.3 - Occorrenze della grafia ngn

TeC Tes TrT TrC Dec

grafia ngn 24 73 26 0 3

grafia gn 151 0 193 124 1569

tot 175 73 219 124 1572

% grafia ngn 13,71% 100% 11,87% 0% 0,19%

La grafia ngn è l’unica attestata in Tes per la realizzazione del suono nasale palatale, mentre in TeC si ha una percentuale di relizzazioni con tri- gramma ben più bassa, di poco maggiore a quella riscontrabile in TrT; la grafia

ngn tende poi a scomparire nei manoscritti successivi, in linea con gli usi coevi.

4.3.2.4 I nella realizzazione di suoni palatali

Corradino colloca fra i tratti di diacronia interna l’incremento dell’uso di i nella realizzazione grafica dei nessi palatali42. Questa tendenza generale cela però grande differenza di comportamenti; i dati relativi alla notazione di i nella realiz- zazione di suoni palatali delineano un percorso diverso per ciascun suono, e per ognuno di questi percorsi la situazione di TeC può essere interpretata in modo diverso. Nella Tabella 4.3.2.4.a sono riassunti i dati relativi alle grafie per tre dei

e, [ ] e [ ] + e; non si considerano le forme

palatale data l’estrema rarità delle grafie prive di

i nella resa di questo suono (cfr. supra § 4.3.1.5). 41

Cfr. Corradino 1994, pp. 55-56. 42

Tabella 4.3.2.4.a - Riepilogo grafie per suoni palatali

TeC Tes TrT TrC Dec

i i % i i i % i i i % i i i % i i i % i

148 6 3,90% 54 1 1,18% 96 23 19,33% 53 12 18,46% 1297 275 17,49%

+ e 3 32 91,43% 24 19 44,19% 2 15 88,16% 1 17 94,44% 4 528 99,25%

[ ]

+ e 41 5 10,87% 114 1 0,87% 38 10 20,83% 19 7 26,92% 201 240 54,42%

I valori relativi alle grafie con i nei suoni palatali in TeC riassunti in tabella individuano due tendenze diverse:

per due dei suoni considerati la percentuale di grafie con i è sensibilmente più elevata che in Tes ma più bassa rispetto a quanto riscontrato in TrT:

] e [ ] + e;

un terzo suono ha percentuali di grafie con i non solo più elevate che in Tes ma superiori anche a quelle di TrT e.

Un discorso a parte è necessario per le grafie cie e gie. Gli spogli condotti su TeC mostrano che la presenza di i in questi due gruppi grafici è influenzata da fattori culturali o paradigmatici: il mantenimento della grafia etimologica in parole derivate dal francese (arciera, leggiere, leggieri, leggierissimamente, leg-

giermente) o in cultismi (effigie), l’analogia nei sostantivi plurali sulle forme sin-

golari in -ia (caccie, minaccie, quercie, loggie) o su altre forme del paradigma verbale (veggiendo, veggiendosi43). In effetti, anche la quasi totalità delle forme con grafia cie e gie spogliate sugli altri testi sono legate a questi fattori44; unica eccezione è un’occorrenza di leggier nel Teseida (T 13v 25), che è voce del verbo leggere45.

Per analizzare il fenomeno in diacronia si riuniscono in Tabella 4.3.2.4.b i dati relativi all’alternanza fra le grafie ce e cie e ge e gie per i quattro tipi quanti- tativamente più significativi:

tipo 1: sostantivi al plurale con singolare terminante in -cia; tipo 2: sostantivi al plurale con singolare terminante in -gia; tipo 3: forme dei lemmi leggero e derivati;

tipo 4: forme del verbo veggiare.

43

Per le forme del tipo veggio nell’italiano antico cfr. Rohlfs 1966, § 276. 44

Cfr. Corradino 1994, pp. 23-24 e supra §§ 4.1.3.7, 4.1.3.8. 45

«“Signori, le donne amazzoni / queste letter mandan veramente; / però l’udite, e con belle ragioni / lor si risponda”. E poi le fe aprire, / e legger sì ch’ognun poteva udire» (Limentani 1964, p. 284).

Tabella 4.3.2.4.b - Distribuzione grafie cie e gie

TeC Tes TrT TrC Dec

i i i % i i i % i i i % i i i % i i i %

tipo 1 4 3 42,86% 11 7 38,89% - 3 100% - - - 17 18 51,34%

tipo 2 - 1 100% 3 - 0% - 1 100% - - - 4 6 60%

tipo 3 1 6 85,72% - 7 100% 1 7 87,5% - 7 100% 2 47 95,92%

tipo 4 15 2 11,76% 7 - 0% 8 - 0% 4 - 0 % 203 - 0%

Per questo gruppo di fenomeni non è possibile individuare una tendenza univoca, sia per la difformità dei dati sia per il basso numero di attestazioni dei fenomeni considerati. Sono però utili tre osservazioni qualitative relative ai dati illustrati in Tabella 4.3.2.4.b. La prima è che ricorrono solo nelle Chiose le forme di veggiare con grafia gie. La seconda osservazione è che le 4 occorrenze del tipo 2 nel Decameron prive di i sono della forma piagge, che ricorre solo in questi casi e, quindi, sempre con grafia -ge. La terza osservazione è che l’unica forma del tipo 3 con grafia ge attestata nelle Chiose è arizotonica (leggereça 67vd 32), mentre le altre sono rizotoniche o, come gli avverbi, composti di forme rizotoni- che; nello stesso modo, nel Trattatello toledano è priva di i la forma leggerissime (10r 30), e solo in Dec la grafia senza i occorre nelle forme, rizotoniche, dell’ag- gettivo.

4.3.3 Conclusioni

Lo studio diacronico di alcune scelte grafiche di Boccaccio condotto nei paragrafi precedenti ha individuato due linee di sviluppo diverse.

La prima linea di sviluppo vede una forte diffusione in TeC di un uso gra- fico più raro in Tes, dominante negli autografi successivi (e spesso in TrT, tal- volta anche in TrC, testimoniato in maniera minore che nello stesso TeC); i tratti che seguono tale percorso sono due: l’abbandono della notazione di h diacritico per suoni occlusivi velari seguiti da vocale non palatale e la notazione di i nel

e. Una simile linea di sviluppo si era individuata in precedenza

(cfr. supra § 4.2) nella sostituzione della scrittura corsiva a alla scrittura libraria

a . Le differenze fra gli usi grafici (e la scrittura di a) in Tes e TeC non si pos- sono considerare indizi di un intervallo di tempo intercorso fra la copia dei due testi in L, perché richiederebbero uno spostamento di TeC verso gli anni ’60, in maniera incompatibile con gli altri usi grafici (e con le considerazioni espresse all’inizio di questo § 4); saranno piuttosto da imputare ad una diversa considera- zione da parte di Boccaccio delle chiose rispetto all’opera centrale (testimoniata anche dalle stesse parole dell’autore nella Prefazione alla Vita Nuova, 9-11:

«chiosa l’ò poste, non testo, non stando l’uno con l’altre bene mescolate»; cfr. supra § 2.1), con una conseguente diversa attitudine alla scelta di rappresentazioni grafiche e scrittorie percepite come più pregiate.

La seconda linea di sviluppo vede la diffusione in TeC in maniera sensibil- mente superiore che in Tes di tratti destinati a imporsi negli autografi tardi, e pre- senti già in TrT in misura maggiore che in TeC. Questo accade per il passaggio dalla grafia çç (e zz) alla grafia ç per il suono affricato dentale, per l’abbandono dei trigrammi ngn e lgl a favore delle grafie ng e lg, e per la notazione di i per [ ] + e e [ ], [ ] + e. I dati relativi a questi fenomeni sono cioè compatibili con l’ipotesi di una distanza temporale fra la copia in L del Teseida e la messa per iscritto di TeC, individuando in questo testo degli usi intermedi fra quelli di Tes e

TrT.

Le differenze individuate dagli spogli di Corradino fra Tes e TrT sono numerose, ma il periodo di tempo trascorso fra la copia dei due testi è breve, ipo- tizzato in circa dieci anni. Questi due elementi lasciano intendere che le diffe- renze citate si siano sviluppate in maniera abbastanza rapida; è quindi possibile ipotizzare che il periodo di tempo intercorso fra la copia di Tes e la messa per iscritto di TeC in L sia stato piuttosto breve.

A sostegno dell’ipotesi della brevità di questo intervallo si possono citare i dati relativi alle diverse percentuali di a fra il testo centrale e il commento in un

manoscritto autografo di Boccaccio attribuito agli stessi anni di L, il BML XXXVII 17 delle commedie di Terenzio (per cui cfr. supra § 4.2.1 e Tabella

4.2.1.a). Nelle carte spogliate le percentuali di a del commento sono infatti

molto vicine a quelle di TeC, mentre quelle del testo sono anche più basse di quelle di Tes; per questo manoscritto non esistono indizi del fatto che la copia del commento sia stata di molto successiva a quella del testo, e le diverse percentuali di a sono quindi imputabili all’influenza dello spazio di scrittura sulla sensibilità

dell’autore. Altre differenze di uso fra Tes e TeC, in particolare quelle di carattere grafico, possono inoltre essere condotte all’influenza dell’antigrafo, che si può ragionevolmente supporre autografo e di poco precedente a L.

Si è già notato, nel corso di questo capitolo, come lo sviluppo della scrittura di TeC, dal tracciato tendenzialmente più curato fino a c. 27 (per cui cfr. § 4.1), e l’aumento progressivo delle percentuali di a nel corso sia di Tes che di TeC (per

cui cfr. § 4.2.1 e Tabella 4.2.1.L) suggeriscono che la messa per iscritto dei due testi sia avvenuta in maniera prevalentemente sequenziale, interessando prima l’intero poema, poi il commento; anche il commento sembra essere stato scritto sequenzialmente, anche se non in modo sistematico, con l’inserimento di nuove annotazioni in mezzo alle parti già chiosate. Sulla base di queste osservazioni non si può escludere che le Chiose al Teseida in L costituiscano la prima stesura

in bella copia degli appunti e delle osservazioni che Boccaccio aveva raccolto con la prospettiva di commentare il suo poema.

4.4 Acquisizioni critiche

I dati raccolti e l’analisi delle differenze di usi grafici e scrittòri fra

Teseida e Chiose condotta nel presente capitolo permettono di elaborare due ipo-

tesi di lavoro.

1. Esistono delle differenze che suggeriscono il trascorrere di un intervallo di tempo fra la copia di Tes e quella di TeC. Le differenze sono però compatibili con un intervallo breve: dagli anni 1341-1342, cui è datata la copia in L del

Teseida, non è possibile salire oltre il 1350, risultando le Chiose precedenti a T;

inoltre i confronti con manoscritti autografi coevi a L suggeriscono che l’inter- vallo nella copia sia stato ancora più breve. Nel corso del presente lavoro TeC sarà quindi considerato di poco posteriore a Tes.

2. Altre differenze riscontrate in L fra gli usi grafici del Teseida e quelli delle Chiose non sono interpretabili alla luce del supposto breve intervallo di tempo intercorso fra la copia delle due opere; in alcuni casi gli usi di TeC non sembrano cioè definire uno stadio intermedio fra quelli di Tes e quelli di TrT. Per spiegare queste differenze è possibile ipotizzare un differente atteggiamento da parte dell’autore nei confronti del testo centrale e nei confronti delle chiose. Que- sta ipotesi è supportata dalle stesse parole di Boccaccio nella Prefazione alla Vita

Nuova (per cui cfr. § 2.1) e dai confronti con altri manoscritti compiuti nel corso

di questo capitolo. Come prospettiva di lavoro questa ipotesi, nata nell’ambito dello studio di fatti grafici e scrittòri, è ragionevolmente estendibile anche ad altri fatti linguistici.